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1-EVOLUZIONE DI UNA SCIENZA

Nell’anno 1860, William James, un diciottenne intelligente e taciturno, amava dipingere e disegnare ma temeva di non avere
abbastanza talento per essere un’artista, egli mise da parte i suoi sogni e scelse di fare qualcosa che suscitava l’approvazione dei
suoi familiari, ma dopo pochi mesi alla Harvard Medical School la sua mancanza di entusiasmo crebbe e decise di mettersi in
viaggio per l’Europa. E lì viene a conoscenza di una nuova scienza chiamata psicologia che stava affrontando con un approccio
moderno e scientifico alcune domande sulla natura umana che gli erano diventate dolorosamente familiari durante la sua
personale ricerca sul significato della vita. James tornò in America, si laureò ma non praticò mai, dedicò la sua vita alla filosofia e
alla psicologia.
La psicologia è lo studio scientifico della mente e del comportamento. Mente si riferisce alla nostra personale esperienza
interiore di percezioni, pensieri, ricordi e sentimenti. Con il termine comportamento si fa riferimento alle azioni osservabili degli
esseri umani e degli animali non umani.
Pensatori greci come Platone e Aristotele furono tra i primi ad affrontare gli interrogativi fondamentali su come funziona la
mente umana. I filosofi greci indagarono molte delle questioni di cui gli psicologi si occupano ancora oggi.  Platone sosteneva
l’innatismo, cioè credeva che certi tipi di conoscenza siano innati o connaturati. Aristotele riteneva la mente di un bambino una
sorta di tabula rasa su cui si scrivono le esperienze, ed era un sostenitore dell’empirismo filosofico, secondo cui tutte le
conoscenze si acquisiscono attraverso le esperienze.
Il cervello e il corpo sono oggetti fisici che possiamo vedere e toccare, i contenuti soggettivi della mente non lo sono. Secondo
René Descartes corpo e mente sono cose di natura differente: il corpo è fatto di sostanza materiale, la mente è fatta da sostanza
incorporea o spirituale. Vi è il problema del dualismo, ovvero di come l’attività mentale possa accordarsi e coordinarsi con il
comportamento fisico. Il filosofo Thomas Hobbes sosteneva che mente e corpo non sono affatto cose diverse, piuttosto la mente
è ciò che il cervello fa. Anche Franz Joseph Gall pensava che cervello e mente fossero collegati e trovò che l’abilità mentale
spesso aumentava con l’aumentare delle dimensioni del cervello e diminuiva se il cervello aveva subito un danno. Tuttavia Gall si
spinse molto al di là delle evidenze di cui disponeva, per arrivare a sviluppare una teoria psicologica nota come frenologia,
secondo la quale specifiche abilità e caratteristiche mentali, dalla memoria alla capacità di essere felici, sono localizzate in
specifiche aree del cervello (ippocampo memoria, amigdala paura). Ma Gall andò oltre, fino ad asserire che la dimensione delle
protuberanze o delle rientranze del cranio rifletteva la dimensione delle aree cerebrali sottostanti, ciò che sfuggì a Gall è che le
protuberanze del cranio non rivelano nulla sulla forma del cervello sottostante. Il biologo Marie Jean Pierre Flourens condusse
esperimenti in cui asportava chirurgicamente parti specifiche del cervello di cani, uccelli e altri animali. In questo modo trovò
che le loro azioni e i loro movimenti differivano da quelli degli animali con cervello intatto. Il chirurgo Paul Broca lavorò con un
paziente che aveva subito una lesione in una piccola area del lato sinistro del cervello, era incapace di parlare e riusciva solo ad
articolare una sillaba, “tan”, tuttavia capiva quel che gli si diceva e comunicava a gesti. Broca ebbe un’intuizione e capì che il
danno subito da una specifica area del cervello comprometteva una specifica funzione mentale.
A metà del XIX secolo la psicologia fece grandi passi in avanti grazie al lavoro degli scienziati tedeschi con una specifica
formazione in fisiologia, ovvero lo studio dei progetti biologici, in particolare del corpo umano.
Helmholtz aveva sviluppato un metodo con cui misurava la velocità degli impulsi nervosi nella zampa di rana che in seguito
adatto allo studio degli esseri umani. Addestra i partecipanti ai suoi esperimenti a reagire quando uno stimolo, cioè un input
sensoriale proveniente dall’ambiente, veniva loro applicato a parti diverse della gamba. Somministrato lo stimolo registrava il
tempo di reazione dei partecipanti, ovvero la quantità di tempo che impiegavano a rispondere a uno specifico stimolo. Andiamo
in questo modo scopri che quando stimolava l’alluce il tempo di reazione era più lungo rispetto a quando stimolava la coscia, e
che le differenzefra i due tempi di reazione gli permetteva di valutare il tempo necessario perché è un impulso nervoso arrivasse
al cervello. Gli scienziati presumevano che i processi neurologici sottostanti agli eventi mentali dovessero essere istantanei dato
che tutto è così ben sincronizzato ma dimostrò che ciò non corrispondeva al vero. Così facendo, egli dimostrò che il tempo di
reazione poteva essere un utile strumento per studiare la mente e il cervello.
 gli storici generalmente attribuiscono il merito per la nascita ufficiale della psicologia all’assistente di Helmholtz , Wundt, che
tenne all’università di Heidelberg quello che probabilmente fu il primo corso di psicologia fisiologica, Apri all’università di Lipsia il
primo laboratorio dedicato esclusivamente agli studi psicologici e riteneva che la psicologia scientifica dovesse concentrarsi
sull’analisi della coscienza, l’esperienza soggettiva che ogni persona fa del mondo e della mente. Wundt sviluppò un approccio
che fu poi detto strutturalismo, ossia l’analisi degli elementi fondamentali che costituiscono la mente. Tale approccio consisteva
nello scomporre la coscienza in sensazioni ed emozioni elementari. Ad ogni dato istante, ogni genere di cose naviga nel flusso
della coscienza e Wundt cercò di analizzare tutto in maniera sistematica utilizzando il metodo dell’introspezione, che implica
l’osservazione soggettiva della propria esperienza personale. In un tipico esperimento si presentava gli osservatori uno stimolo,
poi si chiedeva loro di riferire le proprie introspezioni. I osservatori descrivevano la brillantezza di un colore o l’intensità di un
suono e dovevano riferire la loro esperienza personale senza fornire interpretazioni. Wundt cercò anche di descrivere le
sensazioni associate alle percezioni elementari e cercò di ottenere stime oggettive dei processi di coscienza misurando i tempi di
reazione, attraverso i quali Wundt iniziò ad indagare la distinzione tra  percezione e interpretazione di uno stimolo. I partecipanti
alle sue ricerche venivano istruiti a premere un pulsante non appena udivano un certo suono. I soggetti che si concentravano sul
suono reagirono con circa un decimo di secondo di ritardo rispetto a quelli che si concentrano sull’atto di premere un pulsante. I
partecipanti dovevano registrare il suono a livello della coscienza(percezione) ma solo i partecipanti più lenti dovevano anche
interpretare il significato del suono e poi premere il pulsante.Questo tipo di sperimentazione aprì nuovi orizzonti, dimostrando
che gli psicologi potevano utilizzare tecniche scientifiche per districare processi di coscienza anche molto esclusivi.
Molti psicologi europei e americani si recavano a Lipsia per studiare con Wundt, tra i più eminenti vi fu Edward Titchener  che
portò in America alcuni elementi dell’approccio di Wundt, ma introdusse anche alcuni cambiamenti. L’approccio strutturalista
divenne gradualmente sempre meno influente e la ragione stava soprattutto nel metodo introspettivo. La scienza richiede
osservazioni replicabili. Purtroppo anche osservatori ben addestrati fornivano spesso analisi introspettive contraddittorie delle
loro esperienze coscienti, cosa che rendeva difficile a psicologi diversi mettersi d’accordo sugli elementi fondamentali
dell’esperienza cosciente. In effetti alcuni psicologi mettevano persino in dubbio che fosse possibile, attraverso la sola
introspezione, arrivare ad identificare tali elementi. Uno tra i più importanti tra questi scettici fu William James, secondo James,
cercare di isolare un momento particolare della coscienza per poi analizzarlo voleva dire distorcere la natura della coscienza. Per
James la coscienza era più simile a un flusso continuo che non a un fascio di componenti distinte, perciò decise di affrontare la
psicologia da una prospettiva completamente diversa e sviluppò un approccio che prese il nome di funzionalismo, lo studio di
come i processi mentali consentano alle persone di adattarsi al proprio ambiente. Mentre lo strumentalismo esaminava la
struttura dei processi mentali, il funzionalismo si proponeva di individuare quali funzioni svolgessero quei processi. il pensiero di
James fu probabilmente ispirato dalla lettura del libro sull’evoluzione biologica di Charles Darwin, il quale proponeva il principio
della selezione naturale secondo cui le caratteristiche utili alla sopravvivenza e alla riproduzione dei singoli membri di una specie
hanno più probabilità rispetto ad altre caratteristiche di essere trasmesse alle generazioni successive. Facendo proprio il
principio della selezione naturale, James sostenne che la coscienza dovesse assolvere a qualche funzione biologica importante e
che il compito degli psicologi dovesse essere capire quali fossero queste funzioni.
In breve tempo la psicologia funzionalista di James attrasse numerosi seguaci  e G. Stanley Hall aprì il primo laboratorio per la
ricerca psicologica del Nord America, che si concentrò sull’età evolutiva e l’educazione e fu influenzato dal pensiero
evoluzionista. Secondo Hall, durante lo sviluppo i bambini passano attraverso fasi che ricapitolano la storia evolutiva del genere
umano, quindi le capacità mentali di un bambino piccolo sono simili a quelle dei nostri antichi progenitori, e nell’arco della sua
esistenza ogni bambino ripercorre il cammino evolutivo seguito dalla specie in migliaia di anni. Il funzionalismo diventò più
influente di quanto non fosse mai stato lo strutturalismo.
Circa nello stesso periodo, alcuni psicologi che lavoravano all’interno di ospedali o strutture sanitarie (clinici) iniziarono a
studiare persone con disturbi psicologici. Questi professionisti si resero conto che, anche nel loro settore,spesso il modo migliore
per capire come una cosa funziona è esaminarla quando si guasta, le loro osservazioni sui disturbi mentali furono determinanti
per lo sviluppo della psicologia clinica. I medici francesi Jean - Martin  e Pierre Janet registrarono dati sorprendenti osservando
pazienti che presentavano una condizione allora chiamata isteria, caratterizzata da perdita temporanea delle funzioni cognitive
o motorie, di solito a seguito di esperienze emotivamente sconvolgenti ed era impossibile risalire ad una causa fisica dei loro
problemi. Tuttavia, quando in questi pazienti si induce uno stato di trance mediante l’ipnosi i loro sintomi scomparivano.
Durante l’ipnosi la soglia di coscienza viene abbassata e l’attenzione si concentra su qualcosa di monotono. Ma una volta usciti
dallo stato di trance i pazienti non avevano alcun ricordo di quanto era accaduto durante l’ipnosi e presentavano di nuovo gli
stessi sintomi. William James pensava che questi disturbi avessero implicazioni importanti sulla possibilità di chiarire la natura
della nostra mente ed era convinto si potesse sfruttarli per comprenderne il normale funzionamento. Nello stato normale di
esperienza conscia siamo consapevoli di un unico ‘sé’ o ‘io’, ma le aberrazioni descritte da altri clinic suggeriscono che il cervelli
possa creare molti ‘sé’ consci,  ma inconsapevoli dell’esistenza degli altri.

FREUD

 Queste osservazioni accesero l’immaginazione di Sigmund Freud, il quale ebbe modo di studiare casi di pazienti isterici e di
sviluppare sue personali teorie per spiegarne i sintomi e comportamenti. Freud teorizzò che alla base di molti dei problemi dei
suoi pazienti vi fossero esperienze infantili dolorose che la persona non riusciva a ricordare, e si convinse che il potente influsso
esercitato da questi ricordi in apparenza perduti rivelava l’esistenza di una mente inconscia, allora Freud formulò la teoria
psicoanalitica, un approccio che sottolinea l’importanza dei processi mentali inconsci nel plasmare sentimenti, pensieri e
comportamenti. Secondo la teoria freudiana, è importante far emergere quelle prime esperienze e mettere in luce le ansie e i
desideri inconsci della persona, egli sviluppò una terapia che chiamò psicoanalisi, la quale ha come scopo quello di far emergere
il materiale inconscio e portarlo al livello della consapevolezza cosciente, così da chiarire i disturbi psicologici che affliggono il 
paziente. Nel corso della psicoanalisi i pazienti riportavano alla memoria esperienze passate e riferivano sogni e fantasie. La
psicoanalisi è universale e deterministica. Poi, Freud teorizzò la prima topica, nella quale distinse tre livelli di coscienza: conscio,
substrato mentale superiore, ovvero quello che fa avere la consapevolezza di sé stessi e del proprio rapporto con l'ambiente
circostante, preconscio, appena sotto la consapevolezza, non direttamente accessibili, contenuti mentali non presenti ma
facilmente rievocabili, e inconscio, la parte della mente che opera al di fuori cosciente tuttavia influenza le azioni, i pensieri e i
sentimenti consci. I metodi attraverso i qual abbiamo accesso all’inconscio sono l’ipnotismo, le associazioni libere(fornire un
suggerimento al quale il paziente aggiunge qualcosa in modo immediato) e l’interpretazione del materiale onirico.
Mentre la seconda topica  distingue tra ES, sede dell’inconscio dove hanno luogo le pulsioni, fin dalla nascita, IO, il processo
decisionale che nasce dall’incontro tra ES e realtà, e il SUPER IO, il lato morale, le regole, nasce durante lo sviluppo (5 anni).
Esiste una sostanziale continuità tra normalità e patologia mentale(DHD), il funzionamento patologico insorge quando nei
processi psichici si instaurano dei meccanismi di difesa, di censura, di rimozione, che impediscono ai contenuti inconsci
disturbanti e dolorosi di affiorare a livello della coscienza dando luogo alla sintomatologia patologica(quando non si ha una
spiegazione biologica).
 La personalità adulta si determina dal modo in cui risolviamo i conflitti tra le fonti di piacere e le esigenze imposte dalla realtà.
Quando l’io non è in grado di bilanciare i bisogni dell’es e del super io si genera uno stato di angoscia. Il cambiamento è frutto di
conflitti interni. Contro i conflitti si usano i meccanismi di difesa.
Meccanismi di difesa->il super io rappresenta le norme mentre l’io è il mediatore tra es e super io ed interviene quando l’es non
riesce a soddisfare i suoi bisogni. Rimozione-> l’es ha istanze di aggressività che il super-io non riesce a sopportare, l’io
interviene eliminando i ricordi e le emozioni. Negazione->l’io nega le emozioni associate all’evento che il super io non riesce a
sopportare. Formazione reattiva-> l’io trasforma la valenza dell’emozione provata durante l’evento che il super io non riesce a
sopportare. Lapsus. Atti mancati
Secondo Freud lo sviluppo è inconscio e influenzato dalla sfera emotiva, il determinismo psichico afferma che tutto nella mente
avviene per una ragione e per Freud sono le pulsioni, ogni evento è legato a eventi che lo hanno preceduto o che  lo
precederanno. I comportamenti sono caratteristiche di superficie ma per capirli si devono analizzare i significati simbolici che la
mente da loro.
La mente è vista come un iceberg. La parte emersa dell’iceberg è la vita cosciente, l’elemento straordinario della vita psichica,
l’ordinario è l’inconscio. Oggi la vita psichica inconscia è considerata un processo automatizzato(a cui siamo abituati), intuitivo,
non logico. (per il comportamentismo l’inconscio non si può studiare)
Vi sono tante pulsioni ma la più importante per Freud è la libido(vita sessuale), talmente importante che a seconda di dove si
localizza si determinano le tappe della vita psichica dell’individuo.
Si teorizza quindi la teoria psicosessuale di Freud, in cui lo sviluppo viene concepito per tappe di natura sessuale e l’agire umano
dipende dalla soddisfazione delle pulsioni. C’è un’idea di sviluppo che si ferma all’adolescenza concentrata solo sullo sviluppo
sessuale è uno sviluppo stadiale, non continuo e il passaggio e qualitativo.
Fase orale (nascita-18 mesi)->la principale fonte di piacere è la bocca, caratterizzata dalla suzione, qualsiasi cosa per essere
esplorata viene portata alla bocca
Fase anale(18 mesi-3 anni)->la fonte del piacere diventa l’ano ed è il periodo in cui si raggiunge il controllo
Fase fallica(3 anni-5 anni)-> zona genitale, il bambino inizia a provare attrazione per il genitore del sesso opposto e repulsione
per il genitore dello stesso sesso(complesso di edipo/elettra-> riprende la storia mitologica di edipo re , il quale uccide il padre e
sposa la madre, viene scoperto durante un’autodiagnosi di freud, poi generalizzato universalmente, si ha amore per il genitore
del sesso opposto e gelosia pulsioni aggressiva per il genitore dello stesso sesso, questo si scontra con la morale e viene represso
quindi ci si identifica con il genitore dello stesso sesso e si inizia a socializzare, nelle bambine si ha l’invidia del pene, amore verso
il padre e essere madri e avere figli diventa un sostituto del pene)
Fase di latenza(6 anni-11 anni)-> l’attrazione diventa troppo forte e smette di avere libido, vengono assopiti i desideri sessuali, ci
si concentra sul fare nuove conoscenze, nell’imparare nuove cose, si sperimentano le abilità sociali e intellettuali
Fase genitale(11 anni in poi)->adolescenza,risveglio sessuale, spinta sessuale verso gli altri, raggiungimento sviluppo
In ogni fase ci possono essere dei problemi per eccesso o mancanza di cure->fissazione-> se un individuo arriva alla fase genitale
e ha una perdita di energie regredisce allo stadio nel quale era fissato, se si è bloccati allo stato anale non si arriva al complesso
di Edipo(sviluppo atipico), se manca una figura genitoriale si determina una difficoltà nello sviluppo tipico, non si può saltare una
fase, i disturbi in età adulta(nevrosi->componenti d’ansia forti, comportamenti evitanti, bloccati, somatizzazione problemi
irrisolti, maggiormente nella fase fallica) nascono dalla mancata risoluzione del complesso di Edipo (fase orale= bulimia,
anoressia; fase anale=ritenere troppo, sperperare denaro; fase fallica=partner adulto)
!!LE TEORIE DI FREUD NON SONO FALSIFICABILI!!
Servendosi delle teorizzazioni di Freud gli psicoanalisti interpretavano quello che ai pazienti dicevano. Freud e una schiera
sempre crescente di seguaci fondarono il movimento psicoanalitico, che ebbe in Carl Gustav Jung e Alfred Adler due figure di
spicco. Entrambi questi studiosi erano però pensatori indipendenti e Freud mal tollerava che si mettessero in discussione le sue
idee. La teoria psicoanalitica suscitò molte controversie, in quanto sosteneva che per comprendere pensieri, emozioni  e
comportamenti di una persona si dovessero esplorare le sue prime esperienze sessuali e i suoi desideri sessuali inconsci. Freud e
la maggioranza dei suoi seguaci avevano una formazione medica e non conducevano esperimenti di psicologia in laboratorio. In
generale, gli psicoanalisti non ricoprono incarichi all’interno di università e svilupparono le idee lontano dall’approccio
sperimentale. Nell’ambito della psicologia, la psicoanalisi ha prodotto il suo impatto più forte nella pratica clinica, ma durante gli
ultimi quarant’anni quell’infanzia si è ridotta in misura considerevole. La diminuita influenza di Freud si spiega in parte con la sua
visione abbastanza negativa della natura umana, una prospettiva che poneva l’enfasi sui limiti e problemi piuttosto che su
possibilità e potenzialità. Per Freud le persone erano ostaggi di esperienze infantili dimenticate ed impulsi sessuali primitivi, il
pessimismo intrinseco a tale visione risultava frustrante per quelli psicologi che della natura umana avevano una visione più
ottimistica.
 In America negli anni che seguirono alla seconda guerra mondiale, psicologi come Abraham Maslov e Carl Rogers divennero i
capofila di un nuovo movimento chiamato psicologia umanistica, un approccio alla comprensione della natura umana che
attribuisce importanza soprattutto alle potenzialità positive delle persone. Al centro dell’attenzione degli psicologi umanisti vi
erano le aspirazioni più elevate delle singole persone. Anziché vederle prigioniere di eventi accaduti in un remoto passato, gli
psicologi umanisti vedevano le persone come liberi agenti dotati di un bisogno innato di evolversi, crescere e realizzare a pieno il
proprio potenziale. Questo movimento giunse al culmine del suo sviluppo quando divenne facile per una generazione di “figli dei
fiori” concepire la vita psicologica come una fioritura dello spirito. I terapisti umanistici cercavano di aiutare le persone a
realizzare le proprie potenzialità e per indicarle usavano il termine “clienti” e non “pazienti”. Nella relazione terapeuta-cliente il
rapporto era paritario. Lo sviluppo della prospettiva umanistica fu, di fatto, una delle ragioni che contribuirono al declino
dell’influenza esercitata da Freud.
Con l’avanzare del XX secolo un nuovo approccio fece la sua comparsa, sviluppato da psicologi i quali mettevano in discussione
l’idea stessa che la vita mentale dovesse essere al centro dell’indagine della psicologia. Questo nuovo approccio, detto
comportamentismo, affermava che gli psicologi dovevano limitarsi allo studio scientifico del comportamento oggettivamente
osservabile. Il comportamentismo rappresenta un drastico cambiamento di rotta rispetto alle scuole di pensiero precedenti.
Secondo il comportamentismo l’organismo alla nascita è tabula rasa e la psiche si forma grazie all’interazione con l’ambiente. I
comportamentisti sostenevano l’importanza di studiare solo i fenomeni oggettivi , ciò che poteva essere osservato, quello che
osserva riguarda il comportamento tutto quello che riguarda le funzioni psichiche che non sono direttamente osservabili non
possono essere studiate , di conseguenza il metodo che i comportamentisti utilizzano e la sperimentazione, l’osservazione delle
condizioni di massimo controllo, alcuni principi fondamentali del comportamentismo riguardano l’approccio associazionista,per
il quale possiamo spiegare un fenomeno come un’associazione tra elementi,  il principio di parsimonia, per cui non è necessario
andare a chiamare in causa funzioni psichiche superiori quando posso spiegare un fenomeno in termini più semplici, posso
scomporre il fenomeno per individuare le relazioni causa-effetto(modello deterministico). Il comportamentismo è una teoria
sull’apprendimento e si fonda sulla critica dell’innatismo, viene esclusa la componente ereditaria, tutto è determinato
dall’ambiente, tutto è apprendimento(modificazione degli schemi mentali preesistenti ).

 7- L’APPRENDIMENTO
Apprendimento implica l’acquisizione mediante l’esperienza di nuove conoscenze, abilità o risposte, che provocano a chi
apprende un cambiamento di Stato relativamente permanente. L’apprendimento può avvenire anche in forme più semplici con
il fenomeno dell’assuefazione, un processo generale in cui l’esposizione ripetuta o prolungata a uno stimolo porta ad una
riduzione della risposta. Un’altra forma semplice di apprendimento detta sensibilizzazione si verifica quando la presentazione di
uno stimolo porta un aumento della risposta a uno stimolo successivo. Il comportamentismo è stato l’approccio teorico
dominante nel campo della ricerca psicologica fra gli anni 30 e gli anni 50 del secolo scorso il periodo in cui vi fu la svolta
maggiore da parte del lavoro di ricerca sulla teoria dell’apprendimento . a quanto sosteneva la maggior parte dei
comportamentisti il cambiamento permanente dell’esperienza che scaturisce dall’apprendimento era osservabile in
praticamente qualsiasi organismo. Adottando questo punto di vista, i comportamentisti ritenevano l’apprendimento un’attività
puramente comportamentale che non richiedeva alcuna attività mentale. Tuttavia per capire il processo dell’apprendimento
bisogna tener conto di alcuni importanti fattori cognitivi, ovvero aspetti legati all’attività mentale. 

CONDIZIONAMENTO CLASSICO

Il comportamentismo ebbe inizio con Watson, che riteneva che l’esperienza individuale fosse troppo vaga e soggettiva per
costituire l’oggetto adeguato dell’indagine scientifica. Secondo Watson, la scienza richiedeva misurazioni oggettive e replicabili
di fenomeni accessibile a qualunque osservatore. Egli perciò propose che gli psicologi, anziché descrivere le esperienze coscienti,
concentrassero il loro lavoro unicamente sullo studio del comportamento perché il comportamento è osservabile da chiunque e
può essere misurato in maniera oggettiva.watson traeva sostegno dall’opera di Ivan Pavlov, il quale con i suoi esperimenti rivelò
i meccanismi di una forma di apprendimento che venne definita condizionamento classico, che si ha quando uno stimolo neutro
arriva ad evocare una data risposta , dopo essere stato abbinato ad uno stimolo che spontaneamente suscita quella
risposta.Pavlov dimostrò con i suoi esperimenti che i cani imparavano a salivare a seguito di di stimoli neutri, come il suono di un
campanello, dopo che avevano imparato ad associare quello stimolo con un altro stimolo in grado di per sè di evocare la
salivazione, come il cibo. i cani imparavano a salivare in risposta al suono del campanello e non vi era il bisogno di spiegare il
perchè o cosa l’animale pensasse in quel momento, il paradigma del condizionamento classico non implicava alcun bisogno di
prendere in considerazione la mente e il suo funzionamento. la procedura seguita da Pavlov consisteva nel bloccare
delicatamente i cani in un imbracatura in modo da poter somministrare loro il cibo e misurarne la salivazione, e notò che i cani
che avevano in precedenza partecipato all’esperimento iniziavano a produrre una risposta salivatoria anticipata nel momento in
cui venivano legati all’imbracatura. inizialmente quando si presenta loro lo stimolo incondizionato(cibo)(stimolo che produce
costantemente in un dato organismo una data reazione spontanea) iniziavano a salivare(risposta incondizionata-> reazione
automatica evocata in modo costante da un dato stimolo incondizionato), abbinò poi la presentazione del cibo al suono di un
campanello e chiamò acquisizione la fase del condizionamento classico in cui lo SC e lo SI vengono presentati assieme. non è
normale che un cane salivi al suono di una campanella, ma quando lo stimolo neutro nel tempo viene spesso abbinato ad uno SI
l’animale imparerà a associare il cibo al suono e lo stimolo neutro diventerà uno stimolo condizionato (stimolo inizialmente
neutro che, dopo essere stato ripetutamente abbinato ad uno SI diventa capace di evocare costantemente una data risposta)
(risposta condizionata-> risposta che assomiglia alla risposta incondizionata, ma prodotta da uno stimolo condizionato)dopo che
un condizionamento si è stabilizzato si può osservare un condizionamento di secondo ordine(un tipo di apprendimento in cui
uno stimolo condizionato viene abbinato ad un altro stimolo che si è associato ad uno stimolo incondizionato in una precedente
procedura di condizionamento). mostrare però ripetutamente lo SC senza lo SI produce una diminuzione della risposta
condizionata finchè il cane smette di salivare all’udire il suono della campanella. questo processo si chiama estinzione, Pavlov
estinse la risposta di salivazione dovuta al condizionamento classico quindi lasciò che i cani avessero un breve periodo di pausa ,
dopo che i cani furono riportati nel laboratorio e di nuovo venne presentato loro lo stimolo condizionato, mostrarono un
recupero spontaneo, cioè la tendenza di un comportamento appreso a ripresentarsi dopo l’estinzione, in seguito a un periodo di
pausa, un certo grado di  recupero spontaneo si osserva persino dopo un secondo periodo di pausa. un cambiamento
nell’abbinamento SC-SI può mostrare gli effetti del fenomeno della generalizzazione, in cui la RC ha luogo anche quando lo SC è
leggermente diverso da quello usato durante l’acquisizione originale. ma l’organismo dimostra di riconoscere la somiglianza tra
gli stimoli, mostrando una diminuzione della RC al nuovo stimolo, dicendoci che nota anche la differenza, a prova del principio di
discriminazione.Watson applicò le tecniche di Pavlov a bambini piccoli. In uno studio famoso insegnò ad un bambino, chiamato
in letteratura il Piccolo Albert, ad avere paura di un innocuo ratto bianco che in precedenza non gli suscitava alcun timore.
Watson riteneva che il comportamento umano fosse fortemente influenzato dall’ambiente e gli esperimenti condotti sul Piccolo
Albert gli permisero di dimostrare che tale influenza si esercita fin dalle prime fasi della vita. Né Watson né gli altri
comportamentisti dopo di lui credevano che l’ambiente fosse l’unica forma di influenza sul comportamento ma la ritenevano la
più importante. il condizionamento classico offriva molti vantaggi agli psicologi che cercavano di capire il meccanismo alla base
dell’apprendimento. tuttavia, è stato poi sottoposto ad indagine per capire come, quando e perché funziona. il condizionamento
è qualcosa che accade indipendentemente  da ciò che l'organismo pensa della situazione in cui il condizionamento classico
avviene. ma mentre i cani Iniziano a salivare Nel vedere avvicinarsi gli assistenti  che di solito portavano loro il cibo non lo
facevano nel vedere pavlov, In qualche modo i cani erano sensibili al fatto che pavlov non era un indicatore affidabile dell’arrivo
del cibo, certo era collegato al cibo ma Era collegato anche ad altre attività che con il cibo non avevano nulla a che fare. Rescorla
e Wagner furono i primi a teorizzare che il condizionamento si verifica solo quando l’animale ha appreso a crearsi un’aspettativa.
il modello Rescola-Wagner ha introdotto una componente cognitiva capace di spiegare tutta una serie di fenomeni del
condizionamento classico difficili da capire da una prospettiva tutta comportamentista. secondo questo modello il
condizionamento sarebbe più facile nel caso di uno stimolo sconosciuto invece che già noto, perché stimoli già noti sono legati
ad altre aspettative. Pavlov pensava che la sua ricerca avrebbe potuto essere utile per chiarire il funzionamento del cervello .
una serie di esperimenti condotti sulla risposta condizionata del battito delle palpebre dei conigli ha chiarito come sia essenziale
il ruolo del cervelletto per stabilire il condizionamento. studi condotti su persone con lesioni al cervelletto hanno confermato
questo risultato e , inoltre, degli studi di neuroimmagine hanno trovato che durante il condizionamento della risposta del battito
delle palpebre si attivano diverse aree del cervelletto. anche il condizionamento della paura è stato oggetto di varie ricerche, e si
è stabilito il ruolo fondamentale svolto dall’amigdala. il condizionamento classico svolge un ruolo importante anche a livello
evoluzionistico. le ricerche in questo senso si sono concentrate sulle avversioni alimentari. quando una specie si ciba di vari
alimenti ha bisogno di un meccanismo con cui apprendere ad evitare i cibi che li hanno fatti stare male, e si basa su vari principi:
dovrebbe essere rapido, se richiedesse più esposizioni, l’organismo potrebbe morire; dovrebbe svolgersi su un lungo intervallo
di tempo per poter stabilire un’associazione tra il cibo e il malessere; l’organismo dovrebbe sviluppare un’avversione all’odore o
al sapore di un cibo piuttosto che ingerirlo; l’apprendimento di un avversione deve verificarsi con cibi nuovi. questo principio 
venne usato per i pazienti sottoposti a chemioterapia, che spesso sviluppavano delle avversioni verso i cibi consumati prima dei
trattamenti, proponendogli dei gusti insoliti, così i pazienti svilupparono le avversioni verso questi nuovi gusti piuttosto che per
quelli già noti.Questo fa supporre che l'evoluzione abbia adottato ciascuna specie di una predisposizione biologica cioè Una
propensione ad apprendere particolari di piedi associazioni invece di altri. 

CONDIZIONAMENTO OPERANTE
Lo studio del condizionamento classico è lo studio dei comportamenti reattivi, mentre lo studio del condizionamento operante
consiste nell'esplorazione dei comportamenti attivi. thorndike iniziò i suoi studi negli anni 90 dell'Ottocento concentrandosi sui
comportamenti strumentali  ovvero quei comportamenti che richiedono un organismo di fare qualcosa,condusse i suoi
esperimenti utilizzando una gabbia problema che consisteva in una gabbia di legno con uno sportello che si apriva con una leva
Nascosta,  messo nella gabbia se vai in atto un comportamento per uscire ma solo un particolare comportamento apriva la porta
far scattare la leva nel modo giusto una volta avvenuto ciò i gatti venivano rimessi nella gabbia per riprovare i gatti diventavano
molto bravi e piuttosto in fretta nel far scattare la leva per liberarsi col passare del tempo e comportamenti inefficaci
diventavano meno frequenti in base alla legge dell'effetto per cui i comportamenti cui fa seguito una stato delle cose
soddisfacente tendono a essere ripetuti mentre quelli che producono uno stato delle cose spiacevoli hanno meno probabilità di
essere ripetuti.

Skinner poi coniò il termine comportamento operante per indicare il comportamento di un organismo tale da produrre un
impatto sull’ambiente, secondo la visione di Skinner questi comportamenti operano sull’ambiente e l’ambiente risponde con
eventi che rafforzano questi comportamenti o li rendono meno probabili , allo scopo di studiare il comportamento operante
introdusse una variante della gabbia problema, conosciuta oggi come Skinner box. l’approccio di Skinner si basava sui concetti di
rinforzo e punizione. rinforzo, punizione, positivo, negativo, primario, secondario. una determinante fondamentale è la distanza
che intercorre tra la produzione del comportamento e la comparsa dello stimolo, i rinforzi immediati sono più efficaci dei rinforzi
differiti. Thorndike fu il primo a capire che l’apprendimento avviene in contesti precisi, secondo la riformulazione che Skinner
fece in seguito di questo principio, buona parte del controllo è sotto il controllo dello stimolo, cioè una risposta particolare si si
verifica soltanto quando è presente un appropriato stimolo discriminativo, ovvero uno stimolo che indica che una certa risposta
riceverà un rinforzo. Skinner definì questo processo contingenza a tre termini , in presenza di uno stimolo discriminativo, una
certa risposta produce un rinforzo, la stessa risposta in un contesto diverso produrrebbe un esito diverso, son presenti anche gli
effetti dell generalizzazione e della discriminazione del condizionamnto classico. come accade nel condizionamento classico
anche il condizionamento operante va incontro all’estinzione quando cessa di essere rinforzato. Ma c'è una differenza
importante, nel condizionamento classico lo stimolo incondizionato viene sempre presentato indipendentemente da quello che
fa l'organismo, Nel condizionamento operante l'organismo riceve il rinforzo solo quando ha dato la risposta corretta e anche in
quel caso non sempre. L'estinzione è un po più complicata nel condizionamento operante perché in parte dipende dalla
frequenza con cui viene ricevuto il rinforzo.Skinner analizzò gli schemi di rinforzo le due forme più importanti sono gli schemi a
intervallo basati sull intervallo di tempo tra un rinforzo e l'altro e gli schemi al rapporto basati sul rapporto numerico tra le
risposte e i rinforzi.In uno schema intervallo fisso i rinforzi vengono forniti a intervalli di tempo fissi purché sia data la risposta
corretta. In uno schema intervallo variabile un comportamento viene rinforzato secondo un valore medio dell'intervallo di
tempotrascorso dall'ultimo rinforzo.In uno schema rapporto fisso il rinforzo viene fornito dopo che è stato prodotto un numero
specifico di risposte.Io uno schema a rapporto variabile il rinforzo è fornito in base al numero medio di risposte. E gli schemi di
rinforzo parziale poi in cui solo alcune delle risposte corrette sono seguite da rinforzo producono un comportamento più
resistente all'estinzione rispetto agli schemi con rinforzo continuo questo viene definito effetto del rinforzo parziale. Skinner
notò che gli esperimenti di pavlov e thorndike Erano alquanto artificiosi , raramente il comportamento ha luogo in un contesto
fisso, La maggior parte dei nostri comportamenti è il risultato del modellamento ovvero dell'apprendimento che scaturisce dal
rinforzo di approssimazioni successive ha un comportamento finale desiderato skinner resiste secondo del potenziale del
modellamento quando con i suoi colleghi decisero di vedere se riuscivano a insegnare ai piccioni a giocare a bowling la cosa non
funzionò per niente fino a quando skinner non decise di rinforzare qualsiasi risposta che potesse assomigliare anche
lontanamente a un colpo alla palla.  Voi una delle chiavi per formare un comportamento operante stabile è la correlazione tra la
risposta dell'organismo e il presentarsi di un rinforzo nel caso di rinforzo continuo c'è una correlazione di uno a uno nel caso di
rinforzo parziale la correlazione più debole.Skinner organizza un esperimento in grado di dimostrare questa differenza mi sa
alcuni piccioni all'interno di una skinner box programmò il distributore automatico in modo che dispensa ste cibo ogni 15
secondi e poi lascio gli uccelli fare ciò che volevano. Quando  più tardi tornò trovò che gli uccelli presentavano comportamenti
strani che definì superstiziosi secondo skinner quei piccioni stavano semplicemente ripetendo comportamenti che erano stati
casualmente rinforzati.
Skinner  iniziò a cercare il modo di applicare le proprie idee sul rinforzo allo scopo di migliorare la vita quotidiana. Skinner si rese
conto che avrebbe potuto migliorare l’insegnamento scomponendo un compito complicato in piccole parti e poi, sfruttando il
principio del rinforzo, insegnare ai bambini ogni singola parte. pensò a questo scopo dei congegni automatici chiamati in
macchine da insegnamento che ponevano una serie di domande di difficoltà crescente , in base alle risposte date dai bambini a
domande più semplici. Ai bambini veniva detto se avevano dato una risposta giusta o sbagliata e , se era corretta la macchina
passava una domanda più difficile. Skinner pensava che la soddisfazione di sapere di avere dato la risposta giusta avrebbe avuto
la funzione di rinforzo e aiutato gli alunni a imparare. Nelle sue opere Skinner espose la sua visione di una società utopistica in
cui il comportamento è controllato dalla corta applicazione del principio del rinforzo. In quei libri egli avanzò la  destabilizzante
idea che la nostra sensazione soggettiva di libera volontà non è che un’illusione ridicola è che quando pensiamo di esercitare il
nostro libero volere in realtà non facciamo altro che produrre risposte sulla base di modelli di rinforzo presenti e passati. Nel
presente facciamo cose che hanno ottenuto rinforzi nel passato, e la sensazione di scegliere di farle non è che un’illusione (qui
riecheggiava il pensiero del filosofo Spinoza). Se si considera la natura delle idee di Skinner, gli attacchi dei critici erano
comprensibili ma con la sobrietà del senno di poi si può dire che quelle critiche erano esagerate Skinner non voleva trasformare
la società in una scuola di addestramento per cani, piuttosto sosteneva che capire i principi che sono alla base dei
comportamenti poteva essere utile per accrescere il benessere sociale. Come condizionamento classico il condizionamento
operante Nostro un approccio potente all'apprendimentomaschile non vuole addentrarsi nella ricerca di spiegazioni più
profonde che chiamassero in causa alla mente. Tolman fu uno dei primi a mettere in dubbio l'interpretazione strettamente
comportamentista affermando che un animale identifica una relazione mezzo fine, l'esperienza del condizionamento produce
una conoscenza quindi la convinzione che in quella particolare situazione una specifica ricompensa si realizzerà se viene
prodotta una specifica risposta. nell’apprendimento latente si apprende qualcosa ma questo cambiamento si manifesta in un
certo momento nel futuro.Tolman fece entrare tre gruppi di ratti in un labirinto un gruppo di controllo senza alcuna ricompensa,
un gruppo ricompensato regolarmente, un gruppo senza alcuna ricompensa di cibo fino al giorno 11, il loro miglioramento al
dodicesimo giorno dimostra che questi ratti avevano imparato molto sul labirinto infatti si erano creati una mappa cognitiva
ovvero una rappresentazione mentale delle caratteristiche fisiche dell'ambiente. Io un'ulteriore esperimento tolman addestrò
un gruppo di ratti in un labirinto quando impararono questo labirinto furono spostati in un'altro labirinto in cui la camera finale
era nella stessa posizione dell'altro labirinto ma la strada che avevano imparato era bloccata allora ci si può aspettare che è
prendessero la strada più vicina in realtà messi di fronte al percorso bloccato imboccavano il braccio del labirinto che portava
direttamente alla camera finale poiché appunto si erano creati una mappa cognitiva dell'ambiente. I fattori cognitivi ebbero un
ruolo cruciale anche in un esperimento Che esamina i rapporti tra apprendimento e attività cerebrale in persone impegnate in
un gioco di fiducia con un partner immaginario. Ad ogni prova il partecipante poteva tenere per sé una ricompensa di 1 $eh ho
decidere se trasferirla al partner che a sua volta poteva tenere i 3 $ che riceveva oppure dividerli con il partecipante
all'esperimento i partecipanti ricevano una descrizione dettagliata del loro partner ma i partecipanti tendevano a trasferire il
denaro al partner e descritto come degno di fiducia che non agli altri e ciò mette in luce la potenza dell'effetto cognitivo. Il primo
indizio del fatto che specifiche strutture cerebrali potessero contribuire al processo del rinforzo venne dalla scoperta Di quelli
che furono chiamati centri del piacere permettendo a un ratto di controllare l'auto stimolazione elettrica del proprio cervello
attraverso la pressione di una leva. Scoprirono che alcune aree cerebrali producevano quelle che apparivano esperienze positive
quindi ratti premevano ripetutamente quella leva per stimolare queste aree infatti i neuroni che formano il fascio prosencefalico
mediale sono i più sensibili alla stimolazione che produce il piacere, questa via è di particolare importanza nei comportamenti
che coinvolgono il piacere come bere o mangiare e I neuronica e costituiscono questa via sono dopaminergici cioè soggiornano
dopamina che associata alle emozioni positive. Tuttavia se ai ratti vengono somministrati sostanze che bloccano l'azione della
dopamina gli animali cessano l'auto stimolazione dei centri del piacere.Il condizionamento operante può essere interpretato in
prospettiva evoluzionistica, tale approccio emerse da una serie di osservazioni servendosi di un labirinto atti si scoprì che se un
ratto trova del cibo in un braccio nel corso della prima prova di solito nella prova successiva correva nell'altro. Secondo i principi
del condizionamento operante ciò avrebbe dovuto aumentare la probabilità che i ratti in seguito prendessero la stessa direzione
ma essendo sempre in cerca di cibo i ratti hanno sviluppato una strategia di sopravvivenza fortemente, si muovono nel loro
ambiente alla ricerca di cibo se lo trovano lo mangiano e poi vanno in giro a cercarne ancora in qualche altra parte. 

 APPRENDIMENTO OSSERVATIVO

L'apprendimento per osservazione un apprendimento che si verifica guardando le azioni degli altri. Bandura indago le
caratteristiche dell'apprendimento per osservando i bambini  in età prescolare portandoli in una stanza dei giochi in cui veniva
introdotto un modello adulto c'è una persona il cui comportamento potesse fungere da guida per gli altri il quale iniziava ad
aggredire una bambola Bobo urlandogli. Quando più tardi i bambini che avevano osservato queste azioni ebbero la possibilità di
giocare con i giocattoli compreso Bobo Interagiranno in maniera aggressiva con il pupazzo con una frequenza piu che doppia
rispetto al gruppo di controllo che non avevaosservato il modello adulto.In questi studi i bambini si dimostrarono sensibili alle
conseguenze delle azioni che osservavano quando videro i modelli puniti per il loro comportamento manifestarono
un'aggressività inferiore quando invece veniva elogiato per il proprio comportamento mostrarono un'aggressività maggiore.
Ricerche condotte su bambini hanno dimostrato che l'apprendimento attraverso l'osservazione si presta bene ad una
propagazione di comportamenti tramite un processo detto catena di diffusione per cui inizialmente alcuni individui apprendono
un comportamento osservando altri individui metterlo in atto per poi diventare a loro volta modelli da cui altri individui
apprenderanno questo comportamento. L'apprendimento attraverso l'osservazione è molto importante in numerosi campi della
vita quotidiana come l'apprendere uno strumento o uno sport. Gli scimpanzè  le altre scimmie vantaggio dall'apprendimento
osservativo e ciò conferma che in ogni specie si siano evolute particolari predisposizioni biologiche a specifici apprendimenti.

APPRENDIMENTO IMPLICITO

Voi la maggior parte delle cose che apprendiamo avviene per apprendimento implicito ovvero un apprendimento che si verifica
in maniera indipendente dalla consapevolezza sia del processo sia dei risultati dell'acquisizione di informazioni. Ad esempio
l'assuefazione è una forma molto semplice di apprendimento implicito. Gli psicologi iniziarono a interessarsi ad apprendimento
implicito quando si inizia ad indagare l'apprendimento del linguaggio nei bambini. All'età di 6 7 anni la maggioranza dei bambini
ha raggiunto un livello piuttosto sofisticato di sviluppo linguistico eppure la maggior parte dei bambini arriva a questo grado di
sviluppo con pochissima consapevolezza esplicita di avere appreso qualcosa. Nei primi studi di laboratorio che indagarono
l'apprendimento implicito si mostravano ai partecipanti stringhe di lettere chiedendo loro di memorizzarle,  le stringhe che
erano formate applicando una serie di regole di grammatica artificiale Venivano memorizzate con maggiore rapidità.Eh in altri
studi fu utilizzato un compito di tempo di reazione in quei partecipanti veniva presentato sullo schermo di un computer e 5
piccoli quadrati ciascuno dei quali poteva accendersi per qualche istante e il soggetto doveva premere il più velocemente
possibile un pulsante situato sotto quel quadrato, eh con la praticai partecipanti divennero più veloci perché imparavano a
prevedere quale quadrato aveva più probabilità di accendersi subito dopo ma di fronte ad una domanda esplicita queste
persone non erano consapevoli che le accendersi dai quadrati luminosi seguisse un pattern costante. L'apprendimento implicito
ha alcune caratteristiche che lo distinguono dall'apprendimento esplicito per esempio le differenze tra individui sono
relativamente piccole, non sembra collegato al quoziente intellettivo, cambia di poco nell'arco della vita, e sembrano resistenti a
vari disturbi mentali che danneggiano l'apprendimento esplicito.I partecipanti si servono di strutture cerebrali diverse in base al
compito da affrontare, per quanto riguarda l'apprendimento di grammatiche artificiali svolge un ruolo importante l'area di broca
mentre la corteccia motoria appare cruciale per l'apprendimento di sequenze nei compiti di tempo di reazione seriale. Le
ricerche sulle tecniche di apprendimento indicano che alcuni diffusi metodi di studio come sottolineare o riassumere sono di
bassa utilità per l'apprendimento mentre altre come la pratica di test ho la pratica distribuita dello studio sono di elevata utilità.
La pratica dei test migliora la ritenzione in memoria e il trasferimento dell'apprendimento può aumentare l'apprendimento e
ridurre il distrarsi alla della mente durante le lezioni.I giudizi dell'apprendimento hanno un ruolo importante nel determinare
quale materiali vengono studiati ma possono essere scorretti e fuorvianti]

Il comportamentismo tuttavia non avrebbe dominato la scena molto a lungo fu soppiantato perché anche se permetteva agli
psicologi di misurare il comportamento lo faceva ignorando alcuni aspetti fondamentali.Anche nel piano della dominazione del
comportamentismo alcuni rivoluzionari continuarono a mettere al centro della propria indagine ai processi mentali, questo
indirizzoconcentrava le sue ricerche su processi mentali o cognitivi come la percezione la memoria l'esperienza soggettiva.Alcuni
psicologi si concentrarono sullo studio delle illusioni quindi quegli errori di percezione di memoria giudizio in cui l'esperienza
soggettiva differisce in un esperimento si mostrò il soggetto due luci lampeggianti che apparivano rapidamente su uno schermo
quando l'intervallo di tempo tra le due luci era relativamente lungo l'osservatore vedeva due luci che lampeggiavano ma quando
l'intervallo veniva ridotto l'osservatore vedeva un'unica luce muoversi avanti e indietro.Il movimento percepito non si poteva
spiegare tramite i due elementi all'origine dell'illusione ma piuttosto il fatto che il lampo di luce viene percepito come un
tutt'uno l'interpretazione dell'illusione fu il punto di partenza per lo sviluppo della psicologia della gestalt un approccio
psicologico che mette in evidenza come spesso percepiamo l'intero anziché la somma delle parti.Altri studiosi condussero
ricerche sulla mente ad esempio cercando di scoprire in quanto tempo una persona sarebbe stata in grado di memorizzare
informazioni prive di significato scoprendo che spesso i partecipanti ricordavano quello che sarebbe dovuto accadere che si
aspettavano che succedesse anziché quello che era davvero successo. Piaget poi ti dedico allo studio degli errori percettivi e
cognitivi dei bambini per esempio fornendo ai bambini di tre anni due mucchietti di Creta uno più grande e uno più piccolo di
renderli uguali virgola dopo che questo era stato fatto scomponeva uno dei mucchietti in tante palline chiedendo al bambino
quale dei due mucchietti contenesse più Creta. Benché la quantità fosse rimasta uguale il bambino rispondeva quasi sempre che
il mucchietto più grande era quello diviso in tante parti, ma i bambini di sei o 7 anni non facevano più quell'errore quindi
secondo Piaget I bambini più piccoli mancano di una particolare abilità cognitiva che consente ai bambini più grandi di capire che
la massa di un oggetto resta costante anche se è suddivisa in più parti. Lewin Poi affermo che è possibile prevedere il
comportamento di una persona se si conosce la sua esperienza soggettiva del mondo ma si rese conto che non era lo stimolo ma
l'interpretazione che la persona va allo stimolo a determinare il suo successivo comportamento.  l'invenzione del computer fornì
un'utile modello della mente umana vedendo il cervello come l'hardware  e la mente come il software.Secondo chomsky il
linguaggio si basa su regole mentali che ci consentono di comprendere e produrre parole e frasi nuove la capacità che i bambini
posseggono di generare frasi che non hanno mai sentito prima si scontrava con la teoria comportamentista per cui chomsky
forni un'interpretazione del linguaggio intelligente e interamente cognitiva in grado di chiarire molti dei fenomeni che hai
comportamentisti non riuscivano a spiegare.Perché tecniche non invasive di visualizzazione cerebrale hanno poi permesso ai
neuroscienziati di osservare il cervello in azione favorendo l'individuazione di nessi tra fisiologia e psicologia nacque quindi la
neuroscienza cognitiva ovvero il campo di ricerca che tenta di comprendere in essi tra processi cognitivi e attività cerebrale.. Si
sviluppa poi la psicologia evoluzionistica che studia le funzioni adattive svolte dalla mente e dal cervello e cerca di capire la
natura e l'origine dei processi psicologici in termini di selezione naturale che affonda le sue radici nella teoria dell'evoluzione di
Darwin. Inoltre,  la psicologia sociale e lo studio delle cause e delle conseguenze della socialità gli storici fanno risalire la nascita
della psicologia sociale a triplet il quale noto che i ciclisti pedalavano più in fretta quando correvano insieme ad altri. La
psicologia sociale comincia ad affermarsi intorno agli anni 30 del 900, l'ascesa del nazismo spinse molti tra i migliori scienziati ad
emigrare in Americae furono tra i primi a proporre teorie sul comportamento sociale e a sottoporre a verifica e sperimentali le
loro teorie Lewin per esempio  adottò il linguaggio della fisica del tempo per proporre una teoria del campo che considerava il
comportamento sociale come il prodotto di forze interne ed esterne. Infine, la psicologia culturale è lo studio del modo in cui le
culture rispecchiano e plasmanoi processi psicologici dei loro appartenenti, uno dei primi psicologi a prestare attenzione
all'influenza della cultura fu wundt. Che ritenevache l'approccio psicologico avrebbe dovuto unire gli studi di laboratorio a
un'ampia visione culturale.Ehi nel loro complesso la psicologia sociale e quella culturalecontribuiscono a espandere l'orizzonte di
questa disciplinaal di là del singolo individuo per estendere l'esame del comportamento umanoal più ampio contesto delle
interazioni umane. l’American Psychological association, la più grande organizzazione americana di psicologi, è cresciuta di
molto dalla sua fondazione, gli psicologi sono rappresentati anhe da altre organizzazioni conìme l’APS che accoglie gli psicologi
impegnati nella ricerca. le donne hanno raggiunto ruoli sempre più importanti nel campo della psicologia e oggi ne
rappresentano una parte quasi uguale a quella degli uomini. gli psicologi lavorano in un ampia gamma di contesti, come la
scuola, la sanità e l’industria.

 2-I METODI DELLA PSICOLOGIA

L’empirismo è la posizione filosofica secondo cui il modo migliore per acquisire conoscenze sul mondo consiste
nell’osservazione diretta. Solo negli ultimi secoli gli esseri umani hanno iniziato a raccogliere e a valutare evidenze in maniera
sistematica, al fine di verificare l’accuratezza delle proprie convinzioni su un mondo. L’osservazione non significa semplicemente
guardare, ma richiede che si usi un metodo. Il metodo scientifico implica elaborare una teoria che genera un’ipotesi falsificabile,
e condurre osservazioni che permettono di sottoporre a verifica quella ipotesi. Benché queste evidenze possono provare che
una certa teoria sia falsa non possono dimostrare con certezza che sia vera. I metodi della psicologia sono particolarmente
sofisticati perché gli esseri umani sono più complessi, variabili e reattivi di praticamente qualsiasi altro possibile oggetto di studio
per gli scienziati.
La misurazione implica definire una proprietà in termini di una condizione concreta, misurabile e servirsi di uno strumento in
grado di rilevare quella condizione. Una buona definizione è dotata di validità, ovvero la condizione concreta misurata e
concettualmente correlata con la proprietà che interessa, è un buono strumento e sia affidabile, ovvero produce la stessa misura
ogni volta che viene usato per misurare la stessa cosa, che sensibile, quindi è in grado di rilevare una specifica condizione
concreta quando essa è effettivamente presente. Quando sanno di essere osservate, le persone possono comportarsi nel modo
in cui pensano che dovrebbero comportarsi. Le caratteristiche della domanda sono quelle caratteristiche di un setting che
suggeriscono alle persone di tenere quel comportamento che ci si aspetta da loro. Gli psicologi cercano di ridurre eliminare le
caratteristiche della domanda osservando i partecipanti nei loro ambienti naturali, oppure nascondendo loro le proprie
aspettative. Il bias dell’osservatore è la tendenza degli osservatori a vedere quello che si aspettano di vedere, o indurre gli altri a
comportarsi come loro si aspettano che gli altri si comportino . gli psicologi cercano di eliminare il bias dell’osservatore mediante
osservazioni in doppio cieco. Gli psicologi spesso descrivono le loro misure mediante una rappresentazione grafica, detta
distribuzione di frequenza, che spesso ha una forma particolare, detta curva o distribuzione normale. Gli psicologi inoltre
descrivono le loro misure mediante statistiche descrittive, le più comuni delle quali sono le descrizioni della tendenza centrale
come la media, la mediana e la moda, e le descrizioni della variabilità come l’intervallo di variazione e la deviazione standard.
Per determinare se tra due variabili esiste una relazione di causalità, occorre innanzitutto determinare che tra di esse esista una
relazione. Questo può essere fatto misurando ciascuna variabile, quindi confrontando i pattern di variazione entro ciascuna serie
di misure. Se sono sincronizzati allora le due variabili si dicono correlate. L’esistenza di una correlazione ci consente di prevedere
il valore di una variabile conoscendo il valore dell’altra. La direzione la forza di una correlazione sono espresse dal coefficiente di
correlazione R. Anche quando si osserva una correlazione tra due variabili è impossibile trarre da ciò la conclusione che tra
queste variabili esiste una relazione causale, in quanto innumerevoli terze variabili potrebbero essere la causa di ciascuna delle
due variabili esaminate . gli esperimenti risolvono il problema della terza variabile tramite la manipolazione di una variabile
indipendente, tramite l’assegnazione casuale dei partecipanti ai gruppi sperimentali di controllo generati dalla manipolazione, e
tramite la misurazione di una variabile dipendente. Si procede poi a confrontare le misure di questa seconda variabile nei tuoi
gruppi. Se il calcolo delle statistiche inferenziali dimostra che l’assegnazione casuale è riuscita, allora i risultati ottenuti
dovrebbero verificarsi per caso solo il 5% delle volte, il che significa che le differenze tra gruppi rispetto alle misure della
variabile dipendente sono state causate dalla manipolazione. Un esperimento dotato di validità interna stabilisce una
correlazione causale tra le variabili per come sono state definite dalla nostra definizione operativa e relativamente ai
partecipanti che sono stati esaminati. Quando un esperimento riproduce la realtà concreta si dice che ha validità esterna. La
maggior parte degli esperimenti psicologici tuttavia non cerca di riprodurre la realtà esterna ma di verificare ipotesi derivate da
particolari teorie .
Il pensare criticamente alle evidenze risulta difficile perché le persone hanno una naturale tendenza potere quello che si
aspettano di vedere, a vedere quello che vogliono vedere e a prendere in considerazione solo le cose che vedono, ignorando
quelle che non vedono. Chi sa fare uso del pensiero critico vai in cerca di evidenze che contraddicano le sue opinioni, inoltre
tiene in considerazione le evidenze non presenti, oltre a quelle presenti. Ciò che rende la scienza un’impresa umana diversa
dalle altre e che la scienza cerca attivamente di scoprire i propri difetti ed errori e di porvi rimedio.
I comitati etici garantiscono che i diritti degli esseri umani che partecipano alle ricerche scientifiche siano rispettate e che gli
cercatori agiscano in base ai principi etici di rispetto, beneficio e giustizia per i partecipanti. Gli psicologi hanno l’obbligo nel
condurre le proprie ricerche di attenersi a tali principi etici ottenendo il consenso informato dei partecipanti, evitando ogni
forma di coercizione, proteggendoli da ogni possibile danno fisico psicologico, valutando se i rischi della ricerca sono
controbilanciati dai vantaggi, evitando di ingannare i partecipanti e inoltre mantenendo strettamente confidenziale ogni
informazione personale che li riguarda. Gli psicologi hanno l’obbligo di rispettare i diritti degli animali di laboratorio che di
trattarli con umanità . la maggioranza degli americani è favorevole all’utilizzo degli animali nella ricerca scientifica. Gli psicologi
hanno l’obbligo morale di dire la verità sui loro studi, di condividerne il merito con gli altri collaboratori e di garantire il libero
accesso ai loro dati da parte degli altri ricercatori.

3-NEUROSCIENZE E COPORTAMENTO

I neuroni sono le unità costitutive fondamentali del sistema nervoso; elaborano le informazioni che ricevono dal mondo esterno,
comunicano con gli altri neuroni o inviano messaggi ai muscoli e gli organi del corpo. I neuroni sono costituiti da tre componenti
principali: il corpo cellulare che contiene il nucleo, il quale accoglie il materiale genetico dell’organismo; i dendriti che ricevono
segnali da altri neuroni e trasmettono l’informazione al corpo cellulare; e l’assone, ogni assone conduce i segnali dal corpo
cellulare di un neurone ad altri neuroni, oppure ai muscoli o agli organi del corpo. I neuroni non sono a diretto contatto tra loro
ma sono separati da un piccolo spazio che fa parte della sinapsi. Attraversando la sinapsi, i segnali vengono trasmessi da un
neurone all’altro. Le cellule della glia svolgono una funzione di supporto ai neuroni; per esempio, formano la guaina mielinica
che avvolge l’assone, un materiale isolante in grado di facilitare la trasmissione delle informazioni. Nelle malattie demielinizzanti
si ha la degenerazione della guaina.
 I neuroni si distinguono in base alla funzione. Vi sono tre principali tipi di neuroni: i neuroni sensoriali, che ricevono
informazioni dal mondo esterno e le trasmettono al cervello tramite il midollo spinale; i neuroni motori o motoneuroni, che
trasmettono i segnali neurali dal cervello ai muscoli per generare il movimento; e gli interneuroni, che connettono neuroni
sensoriali, neuroni motori o altri interneuroni.
I neuroni hanno un potenziale di riposo che è generato dalla differenza tra le concentrazioni degli ioni potassio (K +) all’interno e
all’esterno della membrana cellulare, e inoltre dall’apertura di canali che consentono il flusso verso l’esterno degli ioni K +  e dalla
chiusura di altri canali, la quale impedisce agli ioni sodio(Na +) e ad altri ioni di entrare nella cellula nervosa. La conduzione di un
impulso elettrico all’interno di un neurone si verifica quando la carica del potenziale di riposo si inverte e si ha la genesi di un
potenziale d’azione. Se i segnali elettrici raggiungono un certo valore di soglia, si genera un potenziale d’azione, un segnale del
tipo del tutto o niente che poi si trasmette lungo tutto l’assone. Il potenziale d’azione si genera quando i canali del potassio(K +) si
chiudono e si aprono quelli del sodio(Na +) consentendo così l’afflusso di ioni Na+  all’interno dell’assone. Dopo che il potenziale
d’azione ha raggiunto il suo massimo (picco), una pompa chimica all’interno della membrana cellulare inverte lo squilibrio
ionico, riportando il neurone al suo potenziale di riposo. Poi per un breve periodo, detto periodo refrattario, la generazione di un
nuovo potenziale d’azione è impossibile. Una volta che è stato generato, il potenziale d’azione si propaga lungo l’assone
saltando da un nodo di ranvier all’altro, ossia da un punto di interruzione della guaina mielinica a quello successivo, arrivando
alla sinapsi.
La comunicazione tra neuroni avviene attraverso la trasmissione sinaptica, in cui un potenziale d’azione provoca il rilascio di
neurotrasmettitori e dai bottoni sinaptici nell assone del neurone trasmittente; i neurotrasmettitori attraversano la sinapsi e si
legano ai recettori su un dendrite del neurone ricevente. Tra i principali neurotrasmettitori vi sono l’acetilcolina, la dopamina, il
glutammato, il GABA, l’anoradrenalina, la serotonina e le endorfine. Le sostanze psicotrope possono comportarsi da agoniste,
cioè facilitano o intensificano l’azione dei neurotrasmettitori, oppure da antagoniste, bloccando l’azione dei neurotrasmettitori.
L’uso di droghe ricreative può influenzare il funzionamento del cervello.
I neuroni formano i nervi, che a loro volta formano il sistema nervoso. Il sistema nervoso si suddivide in sistema nervoso
centrale e sistema nervoso periferico. Il sistema nervoso centrale comprende il cervello e il midollo spinale, il cervello sostiene
strutture che sostengono le più complesse funzioni percettive , motorie , emozionali e cognitive del sistema nervoso , il midollo
spinale si diparte dal cervello e vi si connettono i nervi che veicolano le informazioni sensoriali e trasmettono comandi al corpo,
controlla alcuni comportamenti basilari, come riflessi spinali, senza alcun intervento da parte del cervello.. Il sistema nervoso
periferico connette il sistema nervoso centrale con il resto del corpo, e a sua volta si suddivide in sistema nervoso somatico e
sistema nervoso autonomo. Il sistema nervoso somatico, che trasmette le informazioni al sistema nervoso centrale e da esso alla
periferia, controlla le contrazioni dei muscoli volontari. Il sistema nervoso autonomo controlla automaticamente gli organi del
corpo. Il sistema nervoso autonomo è ulteriormente suddiviso in sistema nervoso simpatico e sistema nervoso parasimpatico,
che producono sul corpo effetti complementari. Il sistema nervoso simpatico prepara il corpo all’azione nelle situazioni di
emergenza. Il sistema nervoso parasimpatico contribuisce a riportare il corpo allo stato normale di riposo.
Il cervello può essere suddiviso in tre regioni: il romboencefalo, che coordina le informazioni in entrata e in uscita dal midollo
spinale, è formato da varie strutture come il midollo allungato, la formazione reticolare, il cervelletto e il ponte, queste strutture
sono responsabili, rispettivamente, di coordinare la respirazione il battito cardiaco, di regolare il sonno e i livelli di attivazione
fisiologica (arousal), di coordinare le abilità motorie fini, di comunicare questa informazione alla corteccia; il mesencefalo , che
contiene il tetto e il tegmento, strutture che coordinano funzioni come l’orientamento dell’organismo nell’ambiente, il
movimento e il livello di arousal in relazione agli stimoli sensoriali; il prosencefalo, che di norma coordina le funzioni d’ordine
superiore, come la percezione e le emozioni, è formata dalla corteccia cerebrale e dalle strutture sottocorticali, che
comprendono talamo, ipotalamo, sistema limbico(ippocampo e amigdala) e i gangli della base, la corteccia cerebrale, suddivisa
in due emisferi, ciascuno dei quali è composto di quattro lobi: occipitale, temporale, parietale e frontale. La corteccia cerebrale è
responsabile delle funzioni distintive della specie umana: pensare, giudicare, percepire e produrre comportamenti finalizzati e
volontari. I neuroni del cervello possono essere plasmati dall’esperienza e dall’ambiente ; ciò conferisce al cervello umano
grande plasticità.
 il sistema endocrino lavora in stretta associazione con il sistema nervoso per regolare pensieri, emozioni e comportamenti
attraverso il rilascio di ormoni. L’ipofisi, orchestra il funzionamento del sistema endocrino attraverso il rilascio di ormoni che
controllano la produzione ormonale delle altre ghiandole endocrine.  
Ulteriori opportunità per conoscere il cervello umano vengono dallo studio dello sviluppo del sistema nervoso nell’arco
dell’esistenza del singolo individuo(sviluppo ontogenetico) e nel corso del processo evolutivo della specie(sviluppo filogenetico).
Il sistema nervoso è il primo sistema a svilupparsi entro l’embrione, assumendo inizialmente la forma di tubo neurale. In
seguito, un’estremità del tubo si allarga in tre vescicole che poi formano il romboencefalo, il mesencefalo e il prosencefalo,
mentre dal resto del tubo deriva il midollo spinale. Ciascuna delle tre vescicole ripiegandosi dà origine alla struttura successiva.
Entro ognuna di queste aree iniziano poi a formarsi specifiche strutture cerebrali. Il sistema nervoso si è evoluto da semplici
aggregati di neuroni sensoriali e motori presenti nelle forme animali più semplici, come platelminti, fino ad arrivare ai complessi
sistemi centralizzati che si trovano nei mammiferi. L’evoluzione del sistema nervoso umano può essere vista come un processo
di affinamento, rielaborazione ed espansione di strutture presenti in altre specie. Alcune evidenze sembrano indicare che il
prosencefalo umano si sia evoluto più rapidamente di quello di altre specie, per adattarsi a un ambiente più complesso. Il gene,
l’unità fondamentale della trasmissione ereditaria, consiste di filamenti di DNA organizzati in una doppia elica, che
spiralizzandosi forma i cromosomi. Ogni essere umano possiede 23 coppie di cromosomi, metà dei quali proviene da uno dei due
genitori. Quindi ogni bambino condivide con ciascun genitore il 50% dei suoi geni. I gemelli monozigoti condividono il 100% dei
geni, mentre i gemelli dizigoti ne condividono solo il 50%, come tutti gli altri fratelli. Data la loro somiglianza genetica, i gemelli
sono spesso al centro delle ricerche genetiche. studi di genetica indicano che geni e ambiente funzionano in sinergia
nell’influenzare il comportamento. I geni determinano la gamma di variabilità dei caratteri all’interno di una popolazione in un
particolare ambiente, ma non permettono di prevedere le caratteristiche del singolo individuo, poiché su queste hanno
un’influenza determinante anche l’esperienza e gli altri fattori ambientali. L’epigenetica è lo studio delle influenze ambientali
dalle quali dipende se un certo gene viene espresso oppure no. È stato sperimentalmente dimostrato che le influenze
epigenetiche hanno un ruolo cruciale nel persistere degli effetti prodotti dalle esperienze vissute in una fase precoce della vita.
Vi sono tre approcci principali allo studio delle relazioni tra cervello e comportamento. Il primo consiste nell’osservare le
ripercussioni di una specifica lesione cerebrale sulle abilità percettive, motorie, intellettive o emozionali della persona colpita.
L’attento studio dei deficit psicologici e comportamentali conseguenti a un danno in una specifica area cerebrale permette ai
ricercatori di comprendere il ruolo che quell’area svolge, di norma, nel controllare uno specifico comportamento. Il secondo
approccio consiste Nell’esaminare l’attività elettrica complessiva del cervello, oppure l’attività dei singoli neuroni. L’attività
elettrica in estese regioni del cervello può essere rilevata dall’esterno, attraverso il cuoio capelluto, mediante
l’elettroencefalogramma. Le registrazioni delle attività elettrica di singoli neuroni può essere messa in relazione con specifici
eventi percettivi o comportamentali, tale relazione suggerisce che quei neuroni siano implicati nella rappresentazione di
particolari caratteristiche di uno stimolo, o nel controllo di particolari aspetti del comportamento. Il terzo approccio consiste
nell’osservare direttamente il cervello in azione, mediante le tecniche di neuroimmagine, mentre il partecipante è impegnato a
svolgere un particolare compito percettivo o cognitivo. La correlazione tra il maggiore consumo di energia in una particolare
area cerebrale e specifici eventi cognitivi o comportamentali suggerisce che quell'area sia coinvolta in tipi specifici di
elaborazione percettiva, motoria, cognitiva o emozionale.

4- SENSAZIONE E PERCEZIONE

Sensazione e percezione sono due attività distinte: la sensazione è la semplice stimolazione di un organo di senso; una volta che
una sensazione è stata registrata dal sistema nervoso centrale, ha luogo la percezione, cioè l’organizzazione, l’identificazione e
l’interpretazione di una sensazione in modo da formare una rappresentazione mentale. Tutti i sensi dipendono dal processo di
trasduzione , che ha luogo quando i sensori corporei convertono i segnali fisici provenienti dall’ambiente in segnali neurali
codificati, i quali sono poi inviati al sistema nervoso centrale. I primi strutturalisti cercarono di usare l’introspezione per misurare
le esperienze percettive. fallirono miseramente. Dopotutto due persone possono descrivere una stessa esperienza con le stesse
parole ma nessuna nelle due può avere la diretta percezione di come l’altra esperisce lo stesso evento. Verso la metà
dell’Ottocento lo scienziato e filosofo tedesco Gustav Fechner sviluppò un nuovo metodo per misurare la sensazione e la
percezione detto psicofisica, cioè un metodo che misura l’intensità di uno stimolo e la sensibilità dell’oggetto a tale stimolo. In
psicofisica il processo di misurazione inizia con un unico segnale sensoriale, al fine di determinare quanta energia fisica è
necessaria per suscitare in un osservatore una sensazione a livello cosciente. La misura quantitativa basilare è la soglia assoluta,
ovvero l’intensità minima necessaria perché uno stimolo risulti appena rilevabile nel 50% delle prove. Soglia è il confine tra due
Stati psicologici. Quando si cerca di individuare la soglia assoluta di una sensazione i due Stati in questione consistono nel
rilevare e nel non rilevare un dato stimolo. Quando si misura la soglia assoluta di rilevazione di un suono, per esempio,
l’osservatore si trova in una stanza insonorizzata e indossa una cuffia collegata a un computer. Lo sperimentatore gli
somministra attraverso la cuffia un tono puro e si serve del computer per variare il volume o la durata di ciascun tono,
registrando la frequenza con cui l’osservatore riferisce di aver udito lo stimolo nelle differenti condizioni sperimentali. Il
passaggio dal non udire all’udire è graduale, non improvviso. Da questi studi risulta che le persone tendono a essere più sensibili
alla gamma dei toni che corrispondono alla conversazione umana. Se un tono è abbastanza basso la maggior parte delle persone
non riesce a udirlo ma può soltanto avvertirla attraverso altri sensi. Il tono è abbastanza alto allo stesso modo non riusciamo a
sentirlo contrariamente ai cani e a molti altri animali. La soglia assoluta è utile per stabilire il grado di sensibilità rispetto a stimoli
deboli, ma il sistema percettivo umano eccelle nel rilevare le variazioni di uno stimolo, piuttosto che il semplice sorgere e
scomparire dello stesso stimolo. La JND o differenza appena rilevabile, è il più piccolo cambiamento nell intensità di uno stimolo
che il soggetto riesce a rilevare , non è una quantità fissa. Nel calcolare la soglia differenziale ciò che importa è la proporzione tra
l’intensità degli stimoli. Questa relazione fu data per la prima volta da Ernst Weber. Fechner applicò l’intuizione di Weber
direttamente alla psicofisica e ne derivò una relazione fondamentale definita legge di Weber secondo cui la differenza appena
rilevabile di uno stimolo rappresenta una proporzione costante, indipendentemente dalle variazioni di intensità. La misurazione
delle soglie assoluta e differenziale si basa su un presupposto di importanza critica: che esista una soglia. Tuttavia, buona parte
delle conoscenze in campo biologico suggerisce che un tale cambiamento netto, del tipo tutto o niente, a livello cerebrale sia
poco probabile. Infatti, il passaggio dal non sentire al sentire e graduale, lo stesso stimolo fisico presentato più volte può essere
percepito dalla stessa persona in alcune occasioni e in altre no. La percezione accurata di uno stimolo sensoriale può quindi
avvenire in modo accidentale. I segnali sensoriali devono far fronte a una notevole competizione o rumore, termine con cui si
intende l’insieme di tutti gli altri stimoli provenienti dall’ambiente interno ed esterno. Questo rumore interno è in competizione
con la nostra capacità di individuare uno stimolo con attenzione perfettamente focalizzava da punto la conseguenza del rumore
è che possiamo anche non percepire tutto quello che accade sotto i nostri sensi, o percepire perfino cose che i nostri sensi non
hanno rilevato. Secondo una teoria psicofisica, denominata teoria della rilevazione del segnale, la risposta uno stimolo dipende
sia dalla sensibilità del soggetto allo stimolo in presenza di un rumore, sia dal suo personale criterio di risposta. La teoria della
rilevazione del segnale permette ai ricercatori di quantificare la risposta di un soggetto in presenza di rumore. Costituisce un
metodo per misurare la sensibilità percettiva, cioè l’efficienza con cui il sistema percettivo del soggetto rappresenta gli eventi
sensoriali , indipendentemente dalla sua personale strategia nel prendere le decisioni. Questo metodo tiene esplicitamente
conto della tendenza del soggetto nel fornire le sue risposte. La teoria della rilevazione del segnale offre un metodo pratico di
scelta tra criteri, che consente a chi deve prendere decisioni di tenere conto delle conseguenze di hit, miss, falsi allarmi e correct
rejection. L’adattamento sensoriale è il fenomeno per cui una stimolazione prolungata porta alla sensibilità a declinare col
tempo perché l’organismo si adatta alle condizioni in cui si trova. L’adattamento sensoriale è molto utile per la grande
maggioranza degli organismi. I nostri sistemi sensoriali rispondono con più forza ai cambiamenti nella stimolazione che alla
stimolazione costante. Uno stimolo che non cambia solitamente non richiede nessuna azione da parte nostra.
Sinestesia-> più sensi stimolati contemporaneamente

VISTA
Il nostro sistema visivo si è evoluto in modo da tradurre l’energia luminosa dell’ambiente in segnali neurali a livello cerebrale.
Negli occhi degli esseri umani sono presenti recettori sensoriali che reagiscono alle diverse lunghezze d’onda dell’energia
luminosa. Quando guardiamo le persone, i luoghi e le cose, i particolari pattern di luce e di colore ci forniscono informazioni su
dove finisce una superficie e ne comincia un’altra. I fasci di luce riflessa da quelle superfici ne conservano le forme e ci
consentono di costruirci una rappresentazione mentale di una scena. Per poter comprendere la visione, occorre che in primo
luogo comprendiamo la luce. La luce visibile è semplicemente la porzione dello spettro elettromagnetico che noi siamo in grado
di vedere,può essere immaginata sotto forma di onde luminose. Lunghezza, ampiezza e purezza sono tre proprietà intrinseche
delle onde luminose. A livello di percezione umana queste tre proprietà corrispondono alla tinta, alla luminosità e alla
saturazione del colore . la lunghezza di un’onda determina la tinta, ovvero ciò che gli esseri umani percepiscono come colore.
L’intensità cioè l’altezza dei suoi picchi determina quella che gli esseri umani percepiscono come luminosità della luce . la
purezza cioè il numero di onde nel fascio di luce corrisponde a ciò che gli esseri umani percepiscono come saturazione del
colore.
 L’occhio umano si è voluto come organo specializzato nella rilevazione della luce che raggiunge l’occhio e passa innanzitutto
attraverso un tessuto esterno detto cornea che imprime una curvatura il raggio luminoso e lo invia attraverso la pupilla,
un’apertura circolare nella regione colorata dell’occhio detta iride costituita da un muscolo che controlla il diametro della pupilla
e di conseguenza la quantità di luce che può entrare nell’occhio. Subito dietro l’iride, muscoli interni controllano la curvatura del
cristallino in modo tale da deviare di nuovo i raggi luminosi concentrandoli sulla retina, un tessuto sensibile alla luce situato sul
fondo del bulbo oculare. I muscoli cambiano la forma del cristallino per poter mettere a fuoco oggetti posti a distanze diverse.
Questo processo detto accomodazione è il processo con cui l’occhio forma sulla retina un’immagine chiara dell’oggetto. Il bulbo
oculare è troppo allungato le immagini vengono messe a fuoco davanti alla retina, un difetto detto miopia . sei il bulbo oculare
troppo corto le immagini si focalizzano dietro la retina e ne consegue l’ipermetropia.  due tipi di fotorecettori retinici
contengono pigmenti sensibili alla luce e trasducono i raggi luminosi in impulsi neurali. I Coni rilevano il colore, operano in
condizioni di luce normali e consentono la messa a fuoco dei dettagli fini. I bastoncelli si attivano solo in condizioni di luce
debole quindi sono deputati alla visione notturna. La fovea è l’area della retina dove la visione in assoluto più nitida e i
bastoncelli sono completamente assenti. In confronto ai bastoncelli, i Coni sono molto meno numerosi e fittamente addensati
nella fovea ma molto più radi nel resto della retina. Questa distribuzione dei Coni influenza direttamente l’acuità visiva e spiega
perché la visione più laterale, o visione periferica, sia meno nitida. I fotorecettori formano lo strato più interno sottostante a
strati trasparenti composti da vari tipi di neuroni, tra cui le cellule bipolari e le cellule gangliari della retina. Le cellule bipolari
raccolgono i segnali neurali dai bastoncelli e dai Coni e li trasmettono allo strato più esterno della retina dove i neuroni detti
cellule gangliari della retina organizzano i segnali e li inviano al cervello. I  fasci degli assoni delle cellule gangliari della retina
formano il nervo ottico che lascia l’occhio attraverso un foro nella retina. quest’aria della retina è detta punto cieco e
corrisponde un’area del campo visivo che non produce alcuna sensazione sulla retina. Il nervo ottico emergente da ciascun
occhio si dirige al nucleo genicolato laterale, da lì il segnale visivo viaggia verso la parte posteriore del cervello diretta una
regione detta aria V1, l’area del lobo occipitale che contiene la corteccia visiva primaria. Il colore non è altro che la nostra
percezione delle differenti lunghezze d’onda nello spettro della luce visibile. Noi percepiamo le lunghezze d’onda visibili più
Corte come un colore viola scuro. Il colore da noi percepito cambia in modo continuo e graduale diventando blu, puoi verde,
giallo, arancio e, con le più lunghe, rosso. Questo arcobaleno di colori e le lunghezze d’onda ad esso associate prendono il nome
di spettro visibile della luce. I Coni possono essere di tre tipi diversi ognuno dei quali e soprattutto sensibile a luci di particolari
lunghezze d’onda. Ogni tipo di cono contiene infatti uno specifico pigmento che può essere particolarmente sensibile alle
lunghezze d’onda visibili più lunghe, medie o più Corte. Una malattia genetica che porta all’ assenza di uno dei tre tipi di Coni
provoca un deficit della visione cromatica. Spesso questo deficit viene chiamato cecità ai colori. è possibile produrre un
temporaneo deficit della visione cromatica sfruttando il fenomeno dell’adattamento sensoriale. Proprio come il resto del corpo,
anche i coni hanno bisogno di una pausa di tanto in tanto. Fissare un colore troppo a lungo affatica i Coni che corrispondono a
quel colore producendo una forma di adattamento sensoriale detta immagine postuma. Una delle funzioni più importanti svolte
dalla visione consiste nella percezione della forma degli oggetti che dipende dalla posizione e dall’orientamento dei margini di
un oggetto. Alcuni neuroni generano potenziali d’azione quando viene percepito un oggetto in orientamento verticale, altri
neuroni producono segnali quando percepiscono un oggetto con orientamento orizzontale e così via. Due vie funzionalmente
distinte, dette vie visive, proiettano dalla corteccia occipitale alle aree visive situate in altre regioni del cervello. La via ventrale
partendo dal lobo occipitale attraverso le regioni più basse del lobo temporale e comprende le aree del cervello coinvolte nel
riconoscimento della forma e dell’identità di un oggetto(il che cosa). La via dorsale dal lobo occipitale si dirige in alto, verso il
lobo parietale, collegandosi alle aree corticali che identificano la posizione e il movimento di un oggetto (il dove, il come). Vi è un
disturbo causato da un danno nella regione della corteccia occipitale laterale detto agnosia per la forma, ovvero l’incapacità di
riconoscere gli oggetti mediante la vista.
si definisce elaborazione in parallelo la capacità del cervello di eseguire simultaneamente molteplici attività e convergere nella
percezione unitaria di un singolo oggetto. Il binding problem(problema del legame) della percezione, c’è il problema di come il
cervello riesca a collegare tra loro le singole caratteristiche in modo tale che il nostro mondo visivo risulti composto da oggetti
unitari anziché da collezioni di caratteristiche mutevoli o combinate in modo errato. Le ricerche hanno portato alla scoperta di
errori nella formazione di legami associativi. Uno di questi errori viene indicato con il nome di congiunzione illusoria, un errore
percettivo in cui il cervello combina in modo scorretto caratteristiche appartenenti a più oggetti. Secondo la teoria
dell’integrazione delle caratteristiche l’attenzione focalizzata non è necessaria per rilevare le singole caratteristiche e
compongono uno stimolo ma allora per legare insieme quelle singole caratteristiche. Poiché la formazione di legami associativi
implica le integrazioni di caratteristiche elaborate da parti distinte della via visiva ventrale a seconda della specifica
localizzazione spaziale, l’integrazione dipende in modo cruciale anche dalla via dorsale e da strutture comprese nel lobo
parietale. I pazienti con lesioni al lobo parietale non sono in grado di eseguire compiti di associazione delle caratteristiche visive.
Vi è poi il principio della costanza percettiva per cui la percezione degli oggetti resta costante anche quando gli aspetti dei
segnali sensoriali cambiano. Per cui il nostro sistema visivo ci permette di riconoscere che una persona è sempre la stessa anche
quando certe sue caratteristiche, come il taglio dei capelli o il colore della pelle, sono cambiate. Prima che entri in gioco il
processo di riconoscimento di un oggetto il sistema visivo deve seguire un altro compito importante: organizzare in un’unica
rappresentazione integrata dell’oggetto le parti dell’immagine che sono tra loro connesse. L’idea che tendiamo a percepire un
oggetto come un’unica entità anziché come la somma di parti separate è il principio fondamentale della psicologia della gestalt.
Tra i più rilevanti i principi della gestalt vi sono le regole di organizzazione percettiva come: la semplicità, la spiegazione più
semplice di solito la migliore; la chiusura, tendiamo a inserire gli elementi mancanti di una scena visiva e ciò ci permette di
percepire i contorni interrotti da spazi vuoti come appartenenti a oggetti completi; continuità, i margini ai contorni che hanno lo
stesso orientamento possiedono quella che gli psicologi della gestalt definivano buona continuazione, perciò a livello percettivo
tendiamo a raggrupparle insieme; la somiglianza, aree che si assomigliano per colore, luminosità, forma o tessitura della
superficie vengono percepite come appartenenti allo stesso oggetto; la vicinanza, oggetti che si trovano vicini tendono a
raggrupparsi insieme; il movimento comune, gli elementi di un’immagine visiva che si muovono insieme vengono percepiti
come parti di un unico oggetto in movimento.
Organizzare implica separare visivamente un oggetto da ciò che lo circonda. Significa distinguere una figura dallo sfondo in cui è
inserita . le dimensioni ci forniscono indizi su ciò che deve essere interpretato come figura e cioè che invece sfondo: gli elementi
più piccoli sono con ogni probabilità figure. Anche il movimento è un criterio utile. Un altro passaggio di cruciale importanza
verso il riconoscimento di un oggetto e l’attribuzione nel contorno, quando vediamo un margine o un confine tra figura e sfondo,
serve a definire la forma dell’oggetto mentre lo sfondo continua a dietro (vaso di Rubin). Sono stati proposti due tipi generali di
teorie sul riconoscimento degli oggetti, l’uno basato sull’oggetto in quanto intero e l’altro sulle sue parti. Secondo le teorie del
riconoscimento degli oggetti in base all’immagine mentale, un oggetto visto in precedenza viene conservato nella memoria
sotto forma di un template, cioè una rappresentazione mentale che può essere confrontata direttamente con la forma di un
oggetto nella sua immagine retinica. La memoria confronta i propri template con l’immagine retinica del momento e seleziona lo
stampo che corrisponde più facilmente all’immagine presente. Le teorie del riconoscimento degli oggetti in base alle loro parti
propongono invece che il cervello decostruisca gli oggetti osservati scomponendoli in un’insieme elementi geometrici detti
geoni, che possono combinarsi per formare gli oggetti nello stesso modo in cui le lettere si combinano a formare parole.
Attualmente gli sforzi dei ricercatori sono concentrati sul tentativo di sviluppare teorie ibride capaci di sfruttare i punti di forza di
ciascun approccio. Gli oggetti del nostro mondo sono organizzati secondo tre dimensioni: lunghezza, larghezza e profondità. Ma
nell’immagine retinica le dimensioni sono solo due: lunghezza e larghezza . il cervello riesce a elaborare un’immagine retinica
piatta ma ci fa percepire la profondità grazie a indizi di profondità che cambiano mentre ci spostiamo nello spazio. Gli indizi
monoculari di profondità sono gli elementi di una scena che forniscono informazioni sulla profondità quando sono osservati con
un solo occhio. Tali indizi si basano sul rapporto tra distanza e grandezza. L’immagine di un oggetto diventa più piccola man
mano che l’oggetto si allontana e più grande man mano che si fa più vicino. Il cervello sfrutta queste differenze di grandezza,
attribuendole a differenze di distanza. Vi è ad esempio la prospettiva lineare, il fenomeno per cui le linee parallele sembrano
convergere al crescere della distanza; Il gradiente di tessitura, sia quando si osserva una superficie con un pattern più o meno
uniforme perché la grandezza degli elementi che costituiscono il pattern così come la distanza tra essi pare diminuire
gradualmente man mano che la superficie si fa più lontana dall osservatore; la sovrapposizione si verifica quando un oggetto
blocca in parte la vista di un altro, la nostra inferenza che l’ho detto bloccante sia più vicino dell’oggetto bloccato; E l’altezza
relativa,gli oggetti più vicini si trovano più in basso nel campo visivo mentre gli oggetti lontani sono più in alto. Informazioni sulla
profondità ci sono fornite anche dalla disparità binoculare, ovvero la differenza tra le immagini retiniche dei due occhi che fonte
di informazioni sulla profondità pronto perché i nostri occhi sono separati da uno spazio ciascun occhio registra una visione del
mondo leggermente diversa dall’altro . il cervello calcola la disparità tra le due immagini in modo da percepire a che distanza si
trovano gli oggetti. Il primo a studiare la disparità binoculare come indizio per la percezione della profondità su Sir Charles
Wheatstone che inventò lo stereoscopio, in sostanza un supporto che sosteneva un paio di fotografie o disegni rappresentanti la
stessa scena vista da due posizioni leggermente sfalsate, guardando dentro l’apparecchio le tue immagini davano forte senso
della profondità. La relazione tra grandezze distanza è stata usata per creare illusioni ottiche sofisticate come la stanza di Ames,
una stanza di forma trapezoidale in cui una persona ti posiziona in piedi in un angolo della stanza e si trova, rispetto
all’osservatore, ad una distanza doppia in confronto ad un’altra persona nell’altro angolo della stanza. Tuttavia quando si guarda
con un occhio solo attraverso un piccolo foro in una parete e la stanza appare quadrata così che le due persone sembrano
trovarsi alla stessa distanza e la persona in piedi all’angolo destro sembra molto più alta della persona nell’angolo sinistro. Per
percepire il movimento, il sistema visivo deve codificare informazioni riguardanti sia lo spazio che il tempo. I neuroni sensibili al
movimento sono collegati a rilevatori cerebrali specializzati che codificano il movimento in direzioni opposte. La sensazione del
movimento e prodotta dalla differenza dell’intensità di scarica tra questi due tipi di sensori in opposizione tra loro. Se un gruppo
di rilevatori dal movimento risulterà affaticato dall’adattamento al movimento in una data direzione allora prenderà il
sopravvento il gruppo dei sensori antagonisti . il risultato finale sarà la percezione nel movimento nella direzione opposta. Gli
oggetti che si muovono non sono i soli in grado di evocare la percezione del movimento . le luci lampeggianti rapida successione
sono percepite come un unico oggetto che si muove. La percezione del movimento in conseguenza di segnali intermittenti
appaiono in rapida successione in posizioni diverse e detta moto apparente. La nostra sensazione, a livello intuitivo e che siamo
in grado di cogliere con facilità i cambiamenti dell’ambiente intorno a noi. Ma le nostre rassicuranti intuizioni sono state
radicalmente messe in discussione da esperimenti con cui si è dimostrato il fenomeno della cecità al cambiamento . la cosa
sorprendente è che la cecità al cambiamento si verifica anche quando cambiano particolari molto evidenti di una scena. In uno
studio uno sperimentatore fermava casa uno studente perché negli indicazioni mentre parlavano bastavano in mezzo a loro due
uomini che trasportavano una porta dietro la porta si nascondeva un secondo sperimentatore che si sostituiva allo
sperimentatore precedenti, quindi lo studente si ritrovava di fronte una persona è diversa da quella di uno o due secondi prima ,
solo 7 studenti su 15 riverirlo di essersi accorti del cambiamento. La società i cambiamenti e soprattutto probabile quando le
persone non focalizzano l’attenzione sull’oggetto cambiato . il ruolo che l’attenzione nell’esperienza visiva conscia trova un’altra
dimostrazione nel fenomeno della cecità da in attenzione, ovvero l’incapacità di percepire gli oggetti su cui non è focalizzata
l’attenzione. L’uso del cellulare concentra su di esso la nostra attenzione facendo così aumentare la cecità di un’attenzione ciò
mette in evidenza che la nostra esperienza cosciente è limitata alle caratteristiche o gli oggetti su cui focalizziamo l’attenzione. in
certi casi estremi l’esperienza visiva cosciente può riflettere ciò che ci aspettiamo di vedere piuttosto ciò che realmente presente
nel mondo esterno.

UDITO
Il senso dell’udito riguarda le onde sonore ovvero le variazioni della pressione che si trasmettono attraverso l’aria in un certo
arco di tempo. L’onda sonora è caratterizzata da tre dimensioni fisiche: la frequenza proporzionale alla sua lunghezza d’onda,
vengono percepite come variazioni di tono, cioè quanto acuto o grave è un suono; l’ampiezza di un’onda sonora si riferisce alla
sua altezza e corrisponde al volume o al l’intensità del suono; la differenza di complessità delle onde sonore, ovvero l’essere
composte da più frequenze diverse corrispondono al timbro. La prima cosa che l’orecchio fa e scomporre un suono individuando
tutte le distinte frequenze di cui è composto. La collocazione delle orecchie ai lati opposti della testa ci consente di avere un
udito stereofonico, il suono che arriva all’orecchio più vicino alla fonte sonora un’intensità maggiore del suono che arriva
all’orecchio più distante. Un altro indizio utile per la localizzazione di un suono e dato dal tempo di ricezione: le onde sonore
arrivano un po prima all’orecchio più vicino rispetto a quello più lontano. L’orecchio umano si divide in tre parti distinte:
l’orecchio esterno che raccoglie le onde sonore e le convoglia verso l’orecchio medio, che trasmette le vibrazioni all’orecchio
interno, racchiuso nel cranio, dove vengono tradotte in impulsi neurali. L’orecchio esterno comprende la parte visibile del
sistema situata all’esterno della testa(padiglione), il canale uditivo e il timpano, una membrana a tenuta d’aria che vibra in
risposta alle onde sonore raccolte dal padiglione e convogliate nel canale uditivo. L’orecchio medio contiene le tre ossa più
piccole del nostro corpo, gli ossicini chiamati martello, incudine e staffa. L’orecchio interno contiene la coclea, così detta per la
sua forma a spirale, un canale pieno di liquido che è l’organo della trasduzione uditiva. È suddivisa in tre scale dalla membrana
basilare, il movimento di questa membrana stimola migliaia di cellule ciliate, che  rilasciano molecole di neurotrasmettitori, le
quali danno inizio a un segnale neurale che attraverso il nervo acustico viene trasmesso al cervello. I pda raggiungono il talamo e
infine un’area della corteccia cerebrale chiamata area A1 che consiste nella porzione del lobo temporale contenente la corteccia
uditiva primaria. Nell’orecchio della nostra specie si sono evoluti due meccanismi principali per codificare le frequenze delle
onde sonore, uno specializzato nelle alte frequenze, codice di posizione, l’altro specializzato nelle basse frequenze, codice
temporale. Le perdite uditive possono essere addebitate a due cause principali. Si parla di perdite uditive conduttive quando il
timpano o gli ossicini hanno subito un danno tale da non riuscire più a trasmettere efficacemente alla coclea le onde sonore. Le
perdite uditive neurosensoriali sono causate da un danno alla coclea, alle cellule ciliate o al nervo acustico, cioè un tipo di danno
che colpisce la quasi totalità delle persone con l’avanzare dell’età. In questi casi può essere d’aiuto un impianto cocleare , ovvero
un dispositivo elettronico che sostituisce la funzione delle cellule ciliate . Le parti esterne comprendono un microfono un piccolo
processore del linguaggio e un trasmettitore esterno . Le parti impiantate comprendono un ricevitore subito all’interno del
cranio e un filo sottile contenente elettrodi inseriti nella coclea per stimolare il nervo acustico . Le perdite uditive gravi sono
un’esperienza molto comune tra le persone in età avanzata mentre sono piuttosto rare nei bambini molto piccoli. I bambini che
non hanno ancora imparato a parlare sono particolarmente vulnerabili perché c’è il rischio che non riescano a utilizzare il
periodo critico per l’apprendimento del linguaggio. Se un bambino aggiunge al termine di questo periodo senza aver fatto
esperienza del feedback uditivo il normale sviluppo del linguaggio è pressoché impossibile.
I sensi corporei detti anche somatici sono del tutto intimi e personali . la percezione tattile scaturisce dall esplorazione attiva
dell’ambiente fatta toccando afferrando gli oggetti con le mani. Il senso del tatto ha inizio con la trasduzione in segnali neurali
delle sensazioni raccolte dalla pelle. Recettori localizzati sotto la superficie dell epidermide ci permettono di sentire il dolore, la
pressione, la tessitura degli oggetti, pattern di vibrazioni sulla nostra pelle . i campi recettivi di queste cellule specializzate
funzionano insieme in modo da produrre la nostra ricca esperienza tattile mentre esploriamo un oggetto toccandolo. Inoltre
possediamo termorecettori cioè fibre nervose capaci di avvertire il caldo e il freddo. Tutte queste sensazioni si fondono insieme
alla nostra percezione. Tre principi importanti regolano le rappresentazioni neurali della superficie corporea. Il primo è
l’organizzazione controlaterale: la parte sinistra del corpo è rappresentata nella parte destra del cervello e viceversa . il secondo
è che le aree cerebrali deputate al tatto sono dedicate in larga parte alla sensazione proveniente da quelle regioni della
superficie corporea in cui è maggiore la sensibilità a piccole differenze spaziali, regioni come la punta delle dita e le labbra non
elevata capacità di discriminare i dettagli spaziali fini, mentre per aree come la parte bassa della schiena questa capacità non è
così elevata. Terzo, esistono evidenze sempre più forti dell’esistenza di due vie distinte del che cosa e del dove. Per quanto
riguarda il tatto, il sistema del che cosa fornisce informazioni sulle proprietà delle superfici e degli oggetti, mentre il sistema del
dove fornisce informazioni relative a una posizione dello spazio esterno che stiamo esplorando col tatto. Coinvolgono aree nelle
porzioni inferiori e superiori del lobo parietale. L’informazione relativa al tatto può esercitare un’influenza notevole anche sulle
nostre decisioni e i nostri giudizi,  ricerche recenti hanno dimostrato che toccare un oggetto che ancora non ci appartiene può
accrescere il nostro senso di ownership e portarci ad attribuire all’oggetto un valore più alto di quello che gli daremmo
semplicemente vedendolo senza toccarlo, più a lungo tocchiamo un oggetto e più alto al valore che gli attribuiamo. Benchè il
dolore sia probabilmente la meno piacevole delle sensazioni, questo aspetto del tatto è tra i più importanti ai fini della nostra
sopravvivenza. Il dolore segnala un danno al nostro corpo e senza la capacità di sentire il dolore potremmo ignorare i danni gravi
. il danno ai tessuti viene tradotto dai recettori del dolore. I ricercatori distinguono tra fibre A-Delta ad azione rapida circolare
quali trasmettono il dolore acuto e le fibre C fuori trasmettono il dolore sordo che dura a lungo e persiste dopo la ferita iniziale.
Nell’insensibilità congenita al dolore sia le fibre A-Delta che le fibre C non sono funzionali, uno dei motivi per cui il disturbo
mette a rischio la vita di queste persone. Me i segnali neurali per il dolore viaggiano attraverso due aree distinte del cervello ed
evocano due esperienze psicologiche distinte. Una via del dolore manda segnale alla corteccia somatosensoriale e identificando
la localizzazione il tipo di dolore. La seconda via manda segnale i centri cerebrali coinvolti nella motivazione nelle emozioni.
Questa è la via che conferisce al dolore il carattere di esperienza spiacevole che ci spinge ad evitarlo. Di norma percepiamo il
dolore come proveniente dal tessuto danneggiato che l’ha causato, tuttavia, abbiamo recettori del dolore in molte altre parti del
corpo, per esempio, quando l’origine interna in realtà noi sentiamo il dolore alla superficie del corpo. Questo tipo di sensazione,
detta dolore riferito, si verifica quando le informazioni sensoriali provenienti da aree interne ed esterne convergono sulle stesse
cellule nervose del midollo spinale. il tipo di intensità del dolore mostrano una correlazione tutt’altro che perfetta. Alcune
ricerche hanno messo in evidenza che l’intensità del dolore soggettivo può variare da un gruppo etnico all’altro. Secondo un
influente teoria detta teoria gate control o teoria del controllo, i segnali che arrivano dai recettori del dolore presenti nel corpo
possono essere fermati o bloccati al cancello d’ingresso, da interneuroni presenti nel midollo spinale tramite il feedback
proveniente da due direzioni. Il dolore può essere bloccato dai recettori della pelle, per esempio sfregando l’area colpita,
impedendo al segnale di del dolore di raggiungere il cervello. Il dolore può essere  fermato prima di arrivare al cervello anche
modulando l’attività dei neuroni che trasmettono i segnali del dolore. Questo feedback neurale è suscitato non dal dolore in sé,
quanto piuttosto dall’attività profonda all’interno del talamo. Un diverso tipo di feedback può far aumentare la sensazione del
dolore. Questo sistema viene attivato da eventi quali le infezioni e i segnali di pericolo appresi.( I recettori sensoriali inviano al
cervello informazioni in un processo denominato dagli studiosi della percezione controllo bottom-up. Il cervello elabora a livelli
successivi questi dati sensoriali, trasformandoli in informazioni  usate per eseguire il movimento, il riconoscimento degli oggetti
e infine compiti cognitivi più complessi, come la memoria e la pianificazione delle azioni. Il controllo top-down spiega in che
modo   il cervello influenza l’esperienza del tatto e del dolore. )Un aspetto fondamentale della sensazione e della percezione sta
nel sapere ad ogni istante la posizione delle diverse parti del nostro corpo. Le sensazioni collegate alla posizione, al movimento e
all’equilibrio dipendono da stimolazioni che si producono all’interno del nostro corpo. Recettori localizzati nei muscoli, nei
tendini e nelle articolazioni segnalano la posizione del corpo nello spazio, mentre le info Sull’equilibrio e sul movimento della
testa hanno origine nell’orecchio interno. Il mantenimento dell’equilibrio dipende in primo luogo dal sistema vestibolare,
costituito dai tre canali semicircolari pieni di liquido e dagli organi ad essi adiacentii, situati nei pressi della coclea in ciascun
orecchio interno. Anche la visione ci aiuta a mantenere l’equilibrio.
L’ultimo gruppo è costituito da sensi che hanno una base chimica, l’odorato e gusto. L’olfatto è il meno conosciuto tra tutti i
sensi e l’unico ad avere connessioni dirette con il prosencefalo.o sembra essersi evoluto negli animali come senso atto a
segnalare la presenza di oggetti familiari importanti per la vita. Innumerevoli sostanze rilasciano odori nell’aria e alcune delle
loro molecole odorose, dette odoranti, arrivano fino al nostro naso, e si leggano a siti sui recettori specializzati che inviano
potenziali d’azione al nervo olfattivo. Gruppi di recettori olfattivi inviano i propri assoni dell’epitelio olfattivo al bulbo olfattivo,
una struttura cerebrale situata sopra le cavità nasali e sotto i lobi frontali. La percezione degli odori coinvolge sia l’informazione
relativa alle identità di un odore sia la nostra risposta emozionale a quell odore, cioè il fatto di trovarlo piacevole o spiacevole.
Secondo l’approccio centrato sull’oggetto, l’informazione relativa all’oggetto odore viene rapidamente recuperato dalla
memoria e innesca poi una risposta emozionale. E invece secondo l’approccio centrato sulla valenza viene prima la risposta
emozionale, che costituisce poi la base per determinare l’identità dell’odore. Per fortuna l’adattamento sensoriale funziona
anche per l’odorato, come per gli altri sensi. Sia che un odore evochi associazioni positive o negative dopo pochi minuti la
sensazione sparirà. (La nostra esperienza degli odori dipende non soltanto dai processi bottom up come il formarsi dei legami tra
gli odoranti e i siti sui recettori olfattivi, ma anche da influenze top down come le nostre passate esperienze di quell’odore.)
L’odorato può avere un ruolo importante anche nel comportamento sociale. Di esseri umani gli altri animali riescono a
individuare gli odori dei feromoni, odoranti chimici e messi dagli altri membri della specie e capaci di influenzare il
comportamento o la fisiologia dell’animale.
 Una delle principali funzioni svolte dal senso chimico del gusto e identificare le cose che, sei ingerite, possono farci del male .
molti veleni sono amari e a ragione evitiamo di mangiare le cose che ci nauseano, quindi le avversioni per certi cibi hanno un
chiaro significato adattivo. Alcuni aspetti della percezione gustativa sono genetici, altri sono appresi come l’avversione per un
cibo che una volta ci ha provocato la nausea. In entrambi i casi, il contatto diretto tra la lingua e i cibi ci permette di capire in
anticipo se qualcosa sarà nocivo o invece gustoso. La lingua è ricoperta da migliaia di piccole protuberanze, dette papille,
facilmente visibili a occhio nudo. All’interno di ogni papilla vi sono centinaia di calici gustativi che sono gli organi di trasduzione
del gusto. Vi sono 5 tipi principali di recettori gustativi che corrispondono alle 5 sensazioni gustative primarie il salato, l’acido,
l’amaro, il dolce e l’umami(saporito). Il ricettore dell’ umami fu scoperto da scienziati giapponesi che lo misero in relazione con il
sapore dei cibi con un’alta concentrazione di proteine come le carni e i formaggi. Queste cellule rispondono con particolare forza
al glutammato un aminoacido presente in molti cibi che contengono proteine. Ricerche recenti suggeriscono la possibile
esistenza di un sesto gusto fondamentale ovvero il gusto del grasso evocato dai cibi contenenti acidi grassi denominato anche
gusto oleoso. Naturalmente la gamma delle esperienze gustative supera di gran lunga 5 tipi fondamentali di recettori, anche se
spesso si pensa al gusto come il principale determinante del sapore in realtà questa complessa percezione è il prodotto della
sinergia tra gusto e odorato. Le esperienze gustative presentano anche un’ampia variabilità individuale. Ci sono persone definite
tasters, ovvero sensibili al gusto amaro, e altre nontasters, insensibili, o supertasters, ipersensibili. Da piccoli bambini rientrano
nelle categorie dei tasters o dei supertasters, il che può spiegare la loro iniziale tendenza ad essere schizzinosi nella scelta dei
cibi, tuttavia nel crescere alcuni bambini passano nella categoria dei nontasters. Poiché i supertasters tendono ad evitare quei
cibi come la frutta e le verdure che a loro risultano troppo amari queste persone possono essere esposte a un rischio maggiore
di sviluppare malattie come il cancro al colon. D’altra parte poiché queste stesse persone tendono a evitare i cibi molto grassi e
se sono in genere più magre ed esposte a rischi minori per malattie cardiovascolari . è chiaro inoltre che anche i fattori cognitivi
possono influenzare fortemente sulle percezioni gustative.

5- LA COSCIENZA

Gli psicologi sperano di poter includere anche la fenomenologia, ovvero come le cose appaiono alla persona cosciente, nella
loro spiegazione della mente e del comportamento. Uno dei grandi misteri problema delle menti altrui, ovvero la nostra
fondamentale difficoltà a percepire la coscienza delle altre persone. Non c’è un modo chiaro per distinguere una persona
cosciente da qualcuno che può fare direi delle stesse cose di una persona cosciente ma che non lo è. I filosofi hanno definito
zombie questa ipotetica persona non cosciente. In breve, noi siamo la sola cosa in tutto l’universo di cui mai sapremo veramente
ciò che prova. Inoltre, il problema delle menti altrui e implica che non esiste nessun modo per dire se, in un’altra persona,
l’esperienza di qualcosa è simile in tutto e per tutto alla nostra. Un altro mistero della coscienza è il problema mente/corpo, e la
questione di come la mente è correlata al cervello e al corpo. La maggior parte degli psicologi assume che gli eventi mentali
siano intimamente legati a eventi cerebrali, così che ogni pensiero, percezione e sensazione è associato a un particolare pattern
di attivazione nei neuroni del cervello. Tuttavia, Un’importante corpo di ricerche suggerisce che le attività del cervello precedono
le attività della mente cosciente. Si è proceduto a misurare, mediante sensori collocati sul cuoio capelluto di volontari, l’attività
elettrica del cervello dei partecipanti, impegnati in una serie di prove ripetute a decidere se muovere una mano. Ai partecipanti
veniva chiesto di riferire il momento esatto in qui avevano preso la decisione cosciente di muovere la mano. Il cervello inizia a
manifestare un’attività elettrica circa mezzo secondo prima di un’azione volontaria. Ciò ha senso dato che l’attività cerebrale
appare certamente necessaria per dare inizio a un’azione. ma la vera scoperta di questo esperimento fu che il cervello inizia a
mostrare l’attività elettrica prima della decisione cosciente di compiere un’azione. Anche se la nostra personale intuizione e che
pensiamo a un’azione e poi la mettiamo in atto, questi esperimenti indicano che il cervello inizia a lavorare prima sia del
pensiero sia dell’azione.
La coscienza è l’esperienza soggettiva che l’individuo ha del mondo e della mente.
Ricercatori hanno individuato quattro fondamentali proprietà della coscienza: è sempre diretta verso un oggetto, una proprietà
definita intenzionalità; la coscienza è dotata di unità,ovvero la sua capacità di integrare in un unico insieme coerente tutti gli
input sensoriali provenienti da ogni parte del corpo; la coscienza è dotata di selettività ovvero della capacità di includere alcuni
oggetti e di escluderne altri, questa proprietà è illustrato dagli studi sull’ascolto dicotico, in qui partecipanti odono mi ricordo
attraverso una cuffia, messaggi differenti presentati a ciascun orecchio, i partecipanti all’esperimento erano stati istruiti a
ripetere ad alta voce le parole che udivano con uno degli orecchi, mentre con l’altro sentivano un messaggio differente, dovendo
concentrare l’attenzione sulle parole che avrebbero poi dovuto ripetere fecero poco caso al secondo messaggio e spesso
nemmeno si accorsero che a un certo punto la lingua era passata dall’inglese al tedesco, allo stesso tempo si accorsero però
quando la voce su cui non si concentravano cambiò da maschile a femminile indicando che la selettività della coscienza può
funzionare anche per sintonizzarsi su un’altra informazione, il sistema cosciente tende a selezionare le informazioni di speciale
interesse per il soggetto, per esempio, il fenomeno del cocktail party, le persone si sintonizzano su un particolare messaggio
escludendone al tempo stesso altri pure se vicini; la coscienza è dotata di transitorietà vale a dire ha la tendenza a cambiare.
La coscienza può essere interpretata anche come costituita da più livelli che vanno da una coscienza minima alla coscienza piena
alla coscienza di sé. Nella sua forma minima la coscienza consiste semplicemente nella connessione tra la persona e il mondo. La
coscienza minima è il livello basilare di consapevolezza sensoriale e di responsività che si ha quando la mente incamera
sensazioni e può generare un comportamento. Questo livello di coscienza è quel tipo di consapevolezza che può verificarsi
anche quando qualcuno ci scuote un po’ nel sonno e noi ci giriamo nell’altra parte, la mente sembra registrare qualcosa ma ciò
non significa che quella esperienza possa mai rientrare nei nostri pensieri. L’elemento cruciale che caratterizza la coscienza
piena e l’essere consapevoli del proprio stato mentale e l’essere in grado di riferirlo. Si tratta di una distinzione sottile: essere
pienamente coscienti significa essere consapevoli di avere uno stato mentale proprio mentre lo si sta sperimentando. La
coscienza piena implica non solo il pensare alle cose ma anche riflettere al fatto che si sta pensando alle cose. La coscienza piena
implica una certa conoscenza di se stessi: la persona si percepisce in un particolare stato mentale, tuttavia, non esattamente la
stessa cosa della coscienza di sé. A volte la conoscenza e totalmente invasa dal sé, concentrandosi sul se fino all’ esclusione di
qualsiasi altra cosa. La coscienza di sé è un’ulteriore, distinto livello di coscienza in cui l’attenzione della persona è attratta dal se
in quanto oggetto. La maggior parte delle persone riferisce di sperimentare questo livello di coscienza quando è imbarazzata,
quando viene a trovarsi al centro dell’attenzione. La coscienza di sé comporta una tendenza a valutare se stessi e rendersi conto
dei propri difetti. Può certamente rovinare il buonumore al punto che la tendenza essere cronicamente coscienti di sé è
associata con la depressione. Gli esseri umani non possiedono da subito questa capacità. I bambini non si riconoscono uno
specchio fino all’età di circa 18 mesi. Un modo per sapere cosa ci sia nella mente delle persone è chiederglielo, e in molte
ricerche si sono semplicemente invitati soggetti a pensare a voce alta. Un approccio più sistematico è la tecnica di
campionamento dell’esperienza, in cui partecipanti devono riferire le proprie esperienze coscienti in momenti particolari. I
ricercatori che hanno iniziato a usare il metodo del campionamento dell’esperienza hanno trovato risultati interessanti. La
coscienza si rivela in gran parte occupata, oltre che con tutti gli input provenienti dall’ambiente, anche con le preoccupazioni
correnti, ovvero i pensieri su cui la persona torna ripetutamente. Le preoccupazioni correnti non sembrano tuttavia così
preoccupanti durante l’attività fantastica, uno stato di coscienza in cui la mente è percorsa da un flusso di pensieri in apparenza
privo di finalità. Ma anche quando le persone non sono impegnate in nessun compito il loro cervello mostra una diffusa
attivazione molte arie che oggi chiamiamo rete di default. Le aree del default network sono coinvolte nel pensiero riguardante la
vita sociale, il sé, il passato e il futuro, però tutti i luoghi in cui ha solita bazzicare la mente che fantastica. Le preoccupazioni
correnti che popolano la coscienza possono a volte prendere il sopravvento trasformando le fantasticherie ho i pensieri
quotidiani in riflessioni un po’ ossessive e assillanti. La coscienza può arrivare essere dominata dai pensieri che ritornano
costantemente oppure da tentativi di risolvere i problemi che sembrano non arrivare mai al successo. Quando ciò succede si può
esercitare un controllo mentale, cioè il tentativo di cambiare gli Stati coscienti della mente. Potremmo cercare di non avere
questi pensieri perché causano troppo ansia e incertezza. Ogni volta che la nostra mente né invasa esercitiamo una
soppressione del pensiero, cioè l’evitamento cosciente di un pensiero, si ha però un effetto rebound della soppressione del
pensiero, cioè la tendenza di un pensiero a ripresentarsi alla coscienza col maggiore frequenza in seguito alla sua soppressione,
che indica che il tentativo di controllare la mente può essere davvero difficile. Secondo la teoria dei processi ironici del controllo
mentale questo errore si verifica perché generarlo è lo stesso processo mentale che supervisiona l’errore. Il monitoraggio
ironico è un processo della mente che opera al di fuori della coscienza e che ci rende sensibili a tutto ciò che non vogliamo
pensare, sentire o fare, così che possiamo accorgerci e prendere contromisure per riguadagnare il controllo se queste cose ci
tornano in mente.
Molti processi mentali sono inconsci nel senso che accadono senza che ne facciamo esperienza. Il vero paladino della mente
inconscia è stato sigmund freud, la teoria psicoanalitica di freud considerava il pensiero cosciente come la parte emersa di una
mente molto più profonda. Freud postulò un inconscio dinamico, un sistema attivo che include i ricordi nascosti di una vita, i
nostri istinti e i nostri desideri più profondi, la nostra lotta interiore per controllare queste forze. L’inconscio dinamico potrebbe
contenere pensieri nascosti , o impulsi distruttivi diretti verso un infante inerme: il genere di pensieri che si tengono segreti agli
altri e che magari non si riconoscono nemmeno con se stessi. Secondo la teoria di Freud, l’inconscio è una forza da tenere sotto
controllo per mezzo della rimozione, un processo mentale che rimuove dalla coscienza pensieri e ricordi inaccettabili e li
mantiene nell inconscio. Freud cerco le prove della mente inconscia negli errori verbali e nei vuoti di coscienza, ovvero in quelli
che oggi sono chiamati lapsus freudiani. Per esempio, dimenticare il nome di una persona a voi sgradita è un errore che sembra
avere uno speciale significato. Secondo Freud questi errori non sono casuali tanto da sembrare creati da una mente inconscia
intelligente anche se a livello cosciente li rinneghiamo. Un esperimento ha rivelato che i lapsus verbali possono essere scatenati
dalle preoccupazioni pressanti del momento. Molti degli errori dotati di significato che Freud da attribuiva all’ inconscio
dinamico ci sono rivelati non prevedibili e sembrano piuttosto dipendere da intelligenti interpretazioni a posteriori. Ma tali
interpretazioni possono essere sbagliate, chiunque può offrire una spiegazione ragionevole convincente di un evento dopo che è
accaduto ma l’autentico lavoro della scienza offrire ipotesi verificabili per poi valutarle sulla base di evidenze affidabili. Gli
psicologi moderni, a differenza di Freud, vedono la mente inconscia come un rapido processore automatico che influenza tutti i
nostri pensieri, sentimenti e comportamenti. L’inconscio cognitivo include tutti i processi mentali che noi non sperimentiamo
ma che danno origine a pensieri, scelte, emozioni e comportamenti. Secondo le teorie dei processi duali il nostro cervello è
dotato di due sistemi distinti per l’elaborazione delle informazioni, uno dedicato all’elaborazione veloce, automatica, inconscia e
l’altro dedicato all’ elaborazione lenta , impegnativo, conscia. Il primo di questi due sistemi e al lavoro quando senza alcuno
sforzo svolgiamo attività, usiamo invece l’altro sistema quando irrazionalmente intenzionalmente ci impegnamo a eseguire un
compito. Le teorie dei processi duali sono per certi aspetti in accordo con la visione freudiana della distinzione fra mente conscia
e inconscia, tuttavia non assumono tutte le idee di Freud sugli impulsi nascosti, i meccanismi di difesa e via discorrendo.
Piuttosto, propongono che possediamo questi due diversi sistemi per l’elaborazione delle informazioni, fondati su vie naturali
differenti. Un’indicazione del funzionamento dell inconscio cognitivo sia quando i nostri pensieri o comportamenti sono
modificati dall’esposizione un’informazione estranea alla coscienza. Ciò si verifica nella percezione subliminale quando il
pensiero e il comportamento di una persona sono influenzati da stimoli che essa non è in grado di riferire a livello cosciente di
stare percependo. Gli psicologi hanno dibattuto a lungo su quanto fosse intelligente la mente inconscia, Freud attribuiva
l’inconscio una grande intelligenza ma gli psicologi cognitivi di oggi dubitano sia tanto intelligente e sottolineano il fatto che certi
processi inconsci sembrano persino alquanto stupidi. Vi sono però casi in cui la mente inconscia può prendere decisioni migliori
di quella conscia.

IL SONNO
Mentre ci stiamo addormentando entriamo in uno stato ipnagogico, in qualche rara notte può capitare di sperimentare uno
spasmo ipnico, un sussulto improvviso o la sensazione di cadere nel vuoto, nessuno sa con certezza perché ciò succede,
probabilmente il cervello cerca di riattivare l’organismo. Infine la mente cessa del tutto di far sentire la sua presenza. Poi però
arrivano i sogni, interi scenari di una coscienza vivida e surreale che non compaiono durante il giorno. Infine bagliori della
coscienza che si risveglia ritornano quando riemergiamo alla coscienza post sonno, lo stato ipnopompico, e poi ti svegliamo. Ciò
costituisce uno dei più importanti ritmi circadiani della vita umana, il ciclo sonno veglia. Un ritmo circadiano e un ciclo di 24 ore
che si verifica naturalmente. si sono identificate 5 fasi del sonno: nella prima fase, l’elettroencefalogramma registra onde con
frequenza ancora più bassa delle onde Alfa, le onde theta; nella seconda fase, brevi raffiche di attività chiamate fusi del sonno
aumentano la difficoltà a svegliare la persona dormiente; le fasi tre e quattro sono gli stadi più profondi del sonno, detti onde
lente, in cui i tracciati dell’elettroencefalogramma manifestano attività conosciuta come onde Delta; la quinta fase, il sonno rem
è una fase del sonno caratterizzata da movimenti oculari rapidi e da un livello elevato di attività cerebrale. E stato provato che
l’attività onirica avviene in tempo reale. nella prima ora della notte si passa dallo stato di veglia alla fase quattro, la più profonda,
si passa poi in stadi del sonno più leggeri, per arrivare infine entrare nel sonno rem e nel mondo dei sogni. Continuano a
succedersi, ogni 90 minuti circa e e per tutta la notte, cicli in cui si alterano la fase rem e gli stadi a onde lente . le fasi di sonno
rem durano più a lungo con l’avanzare della notte. i neonati dormono da sei a 8 volte nell’arco delle 24 ore e il loro ciclo di
sonnellini si consolida nel dormire tutta la notte tra i 9 e 18 mesi. Il tipico bambino di sei anni avrebbe bisogno di 11 o 12 ore di
sonno e la progressione verso sempre una minore quantità di sonno e prosegue fino all’età adulta, quando la media e pari a 7-
7,5 ore circa per notte. Dormire dopo un apprendimento appare essenziale per consolidare la memoria . il sonno si rivela un
bisogno più che un lusso anche per altre ragioni, nel caso estremo, la perdita di sonno può essere fatale. Gli studi sulla
deprivazione del sonno rem indicano che questa parte del sonno è importante sotto l’aspetto psicologico in quanto si sono
osservati problemi di memoria e un eccesso di aggressività quando le persone venivano svegliate ogni volta che iniziava l’attività
rem. Forse il disturbo del sonno più comune è l’insonnia, la difficoltà ad addormentarsi o a rimanere addormentati. Le potenziali
cause dell insonnia sono molte. A volte è il risultato dello stile di vita della persona, come nel caso di chi lavora in turni di notte,
l’insonnia autoindotta, mentre altre volte si verifica il risposta alla depressione, all’ansia o ad altre condizioni, insonnia
secondaria. In altri casi ancora non vi sono fattori causali evidenti, insonnia primaria. Qualsiasi ne sia il tipo può essere aggravata
dalla preoccupazione dell insonnia. Smettere ed insistere nel cercare di addormentarsi e probabilmente una soluzione migliore
di un altro rimedio comune e: l’uso di sonniferi. Anche se sedativi possono essere utili nel breve periodo il loro uso a lungo
termine non è efficace. La qualità del sonno che si ottiene con le pillole non può essere elevata come quella che si ottiene senza
sonniferi. Infine, interrompere improvvisamente l’assunzione di sonniferi può generare un insonnia peggiore di quella di primo.
E l’apanea del sonno è un disturbo in cui la persona smette di respirare per brevi periodi durante il sonno e può causare
innumerevoli risvegli e perdita del sonno o insonnia. È più frequente negli uomini di mezza età in sovrappeso. Un altro disturbo
del sonno è il sonnambulismo che si verifica quando una persona si alza dal letto e si mette a camminare mentre addormentata,
è più comune nei bambini e tende a verificarsi nelle prime ore della notte, di solito nel sonno a onde lente, i sonnambuli possono
svegliarsi mentre camminano oppure ritornare a letto senza svegliarsi . non è di solito legato ad alcun problema aggiuntivo e
l’unico vero problema è che i sonnambuli possono mettere in atto comportamenti strani o imprudenti, contrariamente alle
credenze popolari svegliare i sonnambuli o guidarli verso il letto non comporta alcun rischio. Esistono altri disturbi del sonno
meno comuni. la narcolessia è un disturbo in cui improvvisi attacchi di sonno assalgono il soggetto in stato di veglia e nel mezzo
di attività, sembra avere un fondamento genetico in quanto manifesta una familiarità e può essere trattato efficacemente con i
farmaci. La paralisi del sonno è l’esperienza gli svegliarsi incapaci di muoversi, si verifica nel risvegliarsi dal sonno rem quando
ancora non si è riacquisito il controllo motorio, dura pochi secondi o minuti e può essere accompagnato da allucinazioni
ipnopompiche, quando ci si risveglia, o ipnagogiche, quando ci si addormenta. I terrori notturni sono bruschi risvegli segnati da
panico e da un’intensa eccitazione emozionale.
 5 principali caratteristiche distinguono la coscienza onirica della coscienza dello Stato di veglia: sentiamo le emozioni
intensamente; il pensiero onirico e illogico, non vale la continuità di tempo di spazio della persona; la sensazione pienamente
formata e dotata di significato; e un’altra caratteristica del sogno e l’accettazione acritica, come se le immagini e gli eventi
fossero perfettamente normali; La difficoltà a ricordare il sogno dopo che è finito. Molte volte i nostri sogni riflettono le
esperienze vissute nello stato di veglia o preoccupazioni coscienti del momento saltano fuori insieme immagini del passato
recente. I sogni spesso consistono in frammenti di esperienza tra loro intercalati relativi al luoghi e tempi diversi che la mente
cuce insieme in un’unica storia. Tra i sogni più memorabili vi sono gli incubi, sogni spaventosi che spesso svegliano chi sta
sognando, lo studente medio ha circa 24 incubi all’anno, anche se alcune persone possono averne uno ogni notte. i bambini
hanno più incubi degli adulti e chi ha sperimentato eventi traumatici e incline ad avere incubi che gli fanno rivivere questi eventi.
Secondo la teoria di Freud i sogni rappresentano desideri, alcuni dei quali così inaccettabili che la mente può esprimerli solo in
forma camuffata.  secondo Freud il contenuto manifesto di un sogno, l’argomento apparente di un sogno qual è il suo significato
superficiale e una Cortina di fumo che ne nasconde il contenuto latente, il vero significato sotteso a un sogno. Il problema di
questo approccio è che qualsiasi sogno ammette un numero infinito di possibili interpretazioni e . un’altra importante teoria
sulle attività onirica è l’ipotesi dell’ attivazione-sintesi, secondo la quale i sogni sono prodotti quando la mente provo a dare un
senso alle attività neurale casuale che ha luogo nel cervello durante il sonno. Nello stato onirico la mente non ha accesso alle
sensazioni esterne ma continua a fare quello che fa di solito: interpreta informazioni. L’amigdala è infatti molto attiva durante le
fasi rem del sonno. Il sogno è tipicamente un evento visivo, molto meno frequenti sono le sensazioni uditive, ancora meno con le
tattili e quasi assenti le sensazioni legate all’ odorato e al gusto. Le aree cerebrali responsabili della percezione visiva non sono
attivate quando sogniamo mentre sono attive le aree visive associate nel lobo occipitale responsabili dell’immaginazione di
scene visive. Sebbene gli occhi si muovono rapidamente il resto del corpo è completamente immobile. Durante l’attività onirica il
cervello inibisce specificatamente il movimento forse per impedirci di farci male.
Le sostanze psicoattive sono sostanze chimiche che influenzano la coscienza o il comportamento alterando il sistema dei
messaggi chimici del cervello. Sia che venga usata a scopo ricreativo come farmaco in un trattamento ognuna di queste sostanze
esercita la propria azione aumentando l’attività di un particolare neurotrasmettitore o facendola diminuire. Gli esseri umani
ricercano gli Stati alterati della coscienza anche quando ciò comporta dei costi: dalla nausea che accompagna lo stordimento
fino all’ossessione per una droga che si associa alla dipendenza e che può distruggere la vita il . spesso i cambiamenti nella
coscienza indotti da sostanze cominciano in modo piacevole e scatenano un’attrazione iniziale ma poi inducono dipendenza.
Non si diventa dipendenti da una sostanza la prima volta che la si assume Nicola si può sperimentarla alcune volte, puoi provarla
di nuovo, e infine scoprire che la tendenza a usarla diventa sempre più frequente nel tempo . tre fattori principali sono
particolarmente importanti: la tolleranza o assuefazione, e la tendenza ad assumere una data sostanza in dosi sempre maggiori
nel tempo necessario per ottenere lo stesso effetto; Si ha una dipendenza fisica quando dolore convulsioni allucinazioni o altri
sintomi spiacevoli accompagnano l’astinenza da una sostanza; si ha una dipendenza psicologica quando si prova un forte
desiderio di ritornare alla droga anche dopo che i sintomi fisici dell’astinenza sono scomparsi. La dipendenza da sostanze rivela
una debolezza umana: la nostra incapacità di guardare oltre le conseguenze immediate del nostro comportamento e così vedere
e tenere conto delle conseguenze a lungo termine. C’è qualcosa di intensamente invitante nella prospettiva di un piacere
immediato rispetto a qualcosa di vago confuso e distante come possibili costi che questo atto potrebbe comportare in un tempo
futuro. Sul piano psicologico e sociale i problemi derivanti dalla dipendenza da sostanze sono immensi. Per molte persone
questa dipendenza diventa un modo di vivere e per qualcuno è causa di morte, alcune persone diventano così attaccate una
sostanza che la loro vita ne viene dominata, tuttavia, le cose non vanno a finire sempre così. Ma una vita di dipendenza non è il
solo esito possibile dell’uso di sostanze. Stanley Schachter happy ha sostenuto che la visibilità della tossicodipendenza è
fuorviante e che in realtà molte persone riescono a vincere la dipendenza da sostanze , e gli ha trovato che il 64% di un
campione di persone con una storia da fumatore di sigarette n’era uscito con successo anche se molte di loro avevano dovuto
tentare e ritentare più volte di smettere prima di riuscirvi. Un classico studio sui reduci diventati dipendenti dell’eroina in
Vietnam trovo che alcuni anni dopo il rientro in patria solo il 12% dei reduci era ancora dipendente della sostanza. Il ritorno alle
attrattive gli obblighi di una vita normale insieme all’assenza dei luoghi e dei volti familiari associati con le vecchie abitudini di
assunzione della sostanza per me sei reduce di venirne fuori con successo. La dipendenza è sì pericolosa ma non incurabile.
Recenti studi controllati di laboratorio in cui si è chiesto alle persone di scegliere tra una piccola dose della sostanza preferita è
una piccola ricompensa in denaro dimostrano che le persone dipendenti da sostanze come il crack, la cocaina e la
metanfetamina molto spesso scelgono la piccola ricompensa in denaro rispetto alle assunzioni di droga, questo risultato
suggerisce che le droghe non siano così potenti come i media le dipingono nello scatenare una dipendenza. Potrebbe non essere
corretto far rientrare ogni sostanza assunta a scopo ricreativo sotto l’etichetta di sostanza che dà dipendenza, molte persone
non definirebbero dipendenza l’uso ripetuto di caffeina e qualcuno non definirebbe in questo modo neppure l’uso di alcol,
tabacco e marijuana. Tuttavia in altri tempi e luoghi ciascuno delle sostanze appena nominate e stata sinonimo di spaventosa
dipendenza. Sebbene il concetto di dipendenza sia familiare alla maggior parte di noi , non esiste una definizione clinica standard
di che cosa esattamente si debba intendere per dipendenza. Il concetto di dipendenza è stato esteso a molte attività umane
dando origine a termini come sesso dipendente, gioco dipendente, lavoro dipendente. Anziché vedere l’uso di tutte le sostanze
come un problema è importante considerare i costi e benefici di tale uso e stabilire la modalità per aiutare le persone a scegliere
comportamenti informati basati su questa conoscenza. Si dicono sostanze deprimenti le sostanze che riducono l’attività del
sistema nervoso centrale. Tra queste, quella di uso più comune l’alcol, gli effetti iniziali dell’alcol, vale a dire l’euforia e la
riduzione dell’ansia, danno una sensazione alquanto positiva, consumando una quantità maggiori si arriva all’ubriachezza che
causa il rallentamento delle reazioni eloquio faticoso scarsa capacità di giudizio e altre riduzioni nell’efficacia del pensiero. Vi
sono molti effetti contraddittori, per effetto dell’alcol alcune persone diventano chiassose e aggressive, altre emotive e lagnose,
altri ancora sono stordite, è la stessa persona può sperimentare in circostanze diverse ciascuno di questi effetti. E sono state
proposte due teorie per spiegare questa variabilità: la teoria dell’aspettativa che ipotizza che gli effetti dell’alcool derivino dalle
aspettative della persona su come l’alcol influirà su di loro in particolari situazioni; e la miopia da alcol la quale afferma che
l’alcol ostacola l’attenzione e induce le persone a dare risposte semplici a situazioni complesse. In confronto all’alcol, le altre
sostanze deprimenti sono molto meno comuni. Barbiturici prescritti per favorire il sonno e usati come anestetici. Le
benzodiazepine come il valium o lo xanax vengono prescritte come ansiolitici. Infine gli inalanti tossici sono forse le sostanze di
questa categoria che destano maggiore allarme sono infatti di facile accesso persino ai bambini in quanto sono presenti nei
vapori dei prodotti di uso domestico come colla, acetone o benzina. Annusare o sniffare i vapori di questi prodotti può
promuovere effetti temporanei simili all’ubriachezza ma l’overdose e a volte letale e un uso continuato può causare danni
neurologici permanenti. Le sostanze eccitanti sono sostanze che eccitano il sistema nervoso centrale elevando lo stato di allerta
e i livelli di attività nervosa. Comprendono la caffeina, le anfetamine, la nicotina, la cocaina, il modafinil e l’ecstasy e talvolta se
ne fa uso farmaceutico. Le anfetamine ad esempio furono in origine prodotte come farmaci da associare anche alle diete
dimagranti ma l’uso prolungato causa insonnia, aggressività e paranoia spesso producono una sensazione euforica di sicurezza è
una sorta di motivazione a fare le cose. L’ecstasy è un derivato delle anfetamine, uno stimolante, ma anche altri effetti simili a
quelli degli allucinogeni, è conosciuta in particolare perché crea un senso di empatia e di vicinanza con le persone intorno, e
quindi usata spesso nelle feste un rave party per aumentare le emozioni di gruppo durante il ballo. Può creare problemi che
coinvolgono l’umore, l’attenzione, la memoria e il controllo degli impulsi . la cocaina è derivata dalle foglie della pianta di coca e
produce euforia e genera grave dipendenza, comporta pericolosi effetti collaterali che possono consistere in problemi psicologici
e in problemi fisici. La nicotina è una sorta di rompicapo che non ha praticamente nulla per attirare chi l’avvicina per la prima
volta. È più motivato dalle sensazioni spiacevoli dello smettere di fumare che non da quelle piacevoli del continuare a farlo.
L’oppio, estratto dai semi di papavero e i suoi derivati eroina, morfina, metadone e codeina sono conosciuti come narcotici o
oppiacei droghe derivate dall’oppio con elevato potere di dare dipendenza usate per alleviare il dolore. Le sostanze che
producono le alterazioni di coscienza più estreme sono gli allucinogeni che alterano la sensazione e la percezione causando
spesso allucinazioni visive e uditive. La marijuana è una pianta le cui foglie e gemme contengono una sostanza psicoattiva, il
THC. I consumatori descrivono un’esperienza di euforia associata un potenziamento delle sensazioni visive e uditive e un flusso
incessante di idee. Non ha un grande potere di causare dipendenza ma da molte parti si teme che sia una gateway drug ovvero
una sostanza il cui uso fa aumentare il rischio del passaggio all’uso di droghe più dannose.
Molte delle idee più comuni sull’ipnosi sono false. L’ipnosi è un’interazione sociale in cui una persona da un’altra persona
suggerimenti che la portano a modificare la sua esperienza soggettiva del mondo. Per indurre lo stato ipnotico un ipnotista può
chiedere al soggetto di sedersi rilassato e concentrarsi su qualche elemento e poi suggerisci gli effetti che l’ipnosi gli produrrà.
Anche senza l’ipnosi alcuni comportamenti suggeriti si verificherebbero comunque soltanto perché la persona è concentrata su
di essi. Non ogni persona allo stesso potenziale per essere ipnotizzata, la suscettibilità varia enormemente e la maggior parte
delle persone sono solo moderatamente influenzabili. Vari studi hanno dimostrato che l’ipnosi può anche indebolire la memoria.
Nelle persone suscettibili al l’ipnosi è possibile indurre l’amnesia post ipnotica ovvero l’incapacità di recuperare i ricordi
dell’esperienza in seguito alle suggestioni ipnotiche di dimenticare. E un’importante ricerca ha dimostrato che soltanto i ricordi
perduti per suggestione ipnotica possono essere recuperati attraverso l’ipnosi. L’ipnosi può portare a cambiamenti fisici e
comportamentali misurabili un effetto accertato l’analgesia ipnotica, la riduzione del dolore attraverso l’ipnosi in persone
suscettibili all’ induzione ipnotica. E stato inoltre dimostrato che l’ipnosi permette alla persona di controllare i processi mentali in
precedenza ritenuti fuori dalla portata del controllo conscio.
Effetto stroop:  è un esempio di variazione nei tempi di reazione durante l'esecuzione di uno specifico compito. quando si chiede
ad una persona di pronunciare ad alta voce e il più velocemente possibile il colore con cui è stampata una parola e ignorare, nel
contempo, il significato della parola stessa.

[L’ATTENZIONE
L’attenzione è la capacità di selezionare gli stimoli rilevanti scartando gli stimoli  che non lo sono. È un fenomeno multifattoriale:
arousal, eccitabilità dell’organismo (ipoattivato->sono necessari stimoli forti, sovrattivato->si percepiscono anche stimoli lievi);
selettività, selezionare gli stimoli rilevanti; focalizzazione, capacità di concentrarsi(visiva o uditiva); shift attentivo, capacità di
spostare l’attenzione da un oggetto ad un altro; attenzione parallela, più elementi contemporaneamente; attenzione
automatica(attività motorie, cognitive) e attenzione controllata(richiede un dispendio di energie per percepire)
Attenzione selettiva-> teorie del filtro-> collo di bottiglia-> la teoria del filtro di broadband afferma che quando due stimoli sono
presentati contemporaneamente, solo uno dei due può passare il filtro, mentre l’altro, rimane immagazzinato nel buffer
sensoriale può essere elaborato successivamente per evitare un sovraccarico di informazioni; filtro precedente-> il filtro si ha
inizialmente, prima dell’elaborazione; modello di attenuazione-> treisman, gli stimoli cui non si presta attenzione sono riferiti
occasionalmente non da tutti, il filtro riduce ma non blocca l’elaborazione delle informazioni rilevanti; modello di selezione della
risposta.
Disturbi->negligenza visuale unilaterale (neglet)-> oggetti mancanti dal campo visivo opposto alla lesione; la sindrome di balint->
impossibile spostare l’attenzione sul nuove posizioni, si focalizzano su un oggetto e non vedono il resto]

6-LA MEMORIA
La memoria è la capacità di immagazzinare informazioni e di recuperarle nel corso del tempo. I ricordi sono il residuo degli
avvenimenti, i cambiamenti duraturi che l’esperienza provoca nel nostro cervello e che si lascia dietro una volta che è passata.
La memoria implica tre funzioni chiave: la codifca (input), il processo con cui trasformiamo  in un ricordo persistente ciò che
percepiamo, pensiamo o sentiamo, noi costruiamo i ricordi combinando insieme informazioni che già possediamo nel nostro
cervello con informazioni nuove che recepiamo attraverso i sensi, i ricordi sono costruzioni, non registrazioni, e la codificazione è
il processo con cui trasformiamo in un ricordo duraturo quello che percepiamo, la maggior parte di noi non è in grado di
ricordare a memoria 20 numeri, ma 20 esperienze di vita si, la ragione sta nel fatto che è spesso pensiamo al significato
sottostante alle nostre esperienze, per cui le codifichiamo mediante un’elaborazione semantica(processo che mette in relazione
tramite il significato nuove informazioni con conoscenze già immagazzinate in memoria) senza neppure deciderlo
volontariamente, vi è poi la possibilità di una codifica visiva, che consiste nell’immagazzinare nuove informazioni trasformandole
in immagini mentali, numerose ricerche hanno dimostrato che la codifica visiva può migliorare la memoria in misura sostanziale,
in primo luogo, poiché funziona in parte come la codifica semantica, nel creare un’immagine mentale si mettono in relazione le
informazioni in entrata con conoscenze già presenti nella memoria, in secondo luogo, quando ricorrete alle immagini visive per
codificare parole altre informazioni verbali, finite per avere due diversi segnaposto mentali per gli item, uno visivo e uno verbale,
che vi assicurano maggiori possibilità di ricordarli rispetto al solo segnaposto verbale, infine vi è la codifica organizzativa, che
comporta classificare in categorie una serie di item in base alle relazioni esistenti tra loro, la capacità di ricordare item migliora
organizzandole in categorie su molteplici livelli, partendo da una categoria generale, passando a categorie intermedie, finoa 
item specifici tipi differenti di strategie di codifica sembrano implicare l’attivazione di aree del cervello differenti, la codifica di
nuove informazioni e cruciale per molti aspetti della vita quotidiana, secondo la prospettiva evoluzionistica le caratteristiche di
un organismo tali da favorirne la sopravvivenza e la riproduzione hanno maggiori probabilità di essere trasmessa alle generazioni
successive, ne consegue che i nostri sistemi di memoria dovrebbero essersi costruiti in modo da ricordare soprattutto
l’informazione codificata che è importante per la nostra sopravvivenza; L’immagazzinamento (elaborazione), il processo che
permette di conservare le informazioni nella memoria per lungo tempo, il magazzino della memoria ha tre grandi comparti, la
memoria sensoriale, la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine che si distinguono principalmente rispetto alla
durata del ricordo al loro interno, la memoria sensoriale è il deposito in cui l’informazione sensoriale viene conservata per pochi
secondi o anche meno. Abbiamo più di un tipo di memoria sensoriale, la memoria iconica è il deposito a rapido decadimento
delle informazioni visive e la memoria ecoica  è il deposito a rapido decadimento delle informazioni uditive, la memoria a breve
termine è un deposito in cui le info non sensoriali vengono trattenute per più di qualche secondo ma meno di un minuto, perché
l’info possa passare nella mbt occorre prestare attenzione, ma non appena l’attenzione si sposta su qualcos’altro  l’info va
perduta, le info persistono nel magazzino della mbt per circa 15-20 sec, un trucco che ci permette di aggirare i limiti della mbt
può essere la ripetizione, ovvero quel processo mediante il quale manteniamo le info nella mbt ripetendole mentalmente, la
ripetizione ha un ruolo importante anche sull’effetto della posizione seriale, il fenomeno per cui i primi(effetto primacy) e gli
ultimi(effetto recency) item di una serie hanno più probabilità di essere ricordati rispetto agli elementi centrali, quindi la mbt è
limitata rispetto alla quantità di tempo x cui può mantenere le info, ma anche rispetto alla quantità di info che può
trattenere(7±2 unità significative), quindi un modo x aumentare i contenuti memorizzati consiste nel raggruppare più item in
un’unica unità significativa(chunking) inizialmente la mbt venne concepita come una specie di luogo in cui le informazioni sono
mantenute per un periodo di tempo limitato, la memoria di lavoro(Baddeley) si riferisce al mantenimento attivo delle
informazioni nel deposito a breve termine, la memoria di lavoro comprende due sottosistemi che immagazzinano ed elaborano
l’uno le immagini visive(il taccuino visuo spaziale) l’altro le informazioni verbali (ciclo fonologico), a questi si aggiungono il
buffer episodico che integra l’informazione verbale e quella visiva dei due sottosistemi in un codice multidimensionale e un
esecutivo centrale che coordina i sottosistemi e il buffer episodico, la memoria di lavoro svolge un ruolo importante e molti
aspetti della nostra vita cognitivo, solo di recente si è iniziato a studiare il buffer episodico che elabora in modo automatico gli
item distinti, integrandoli poi in un’unica unità e che funge da porta d’ingresso alla memoria a lungo termine, saranno necessarie
ulteriori ricerche per arrivare alla dimostrazione definitiva che addestrare la memoria di lavoro produce un generale
miglioramento nella prestazione e che tali miglioramenti sono di entità sufficiente a influenzare le prestazioni in compiti cognitivi
della vita quotidiana, la memoria a lungo termine è il deposito con cui le info possono essere mantenute per ore, giorni, mesi o
anni, inoltre non ha limiti di capacità ed è possibile richiamare dalla mlt info a cui non pensiamo da anni, alcuni studi hanno
dimostrato che l’ippocampo ha un ruolo cruciale nell’introdurre nuove info nella mlt , quando vi sono lesioni in questa regione
cerebrale, le persone soffrono di una condizione chiamata amnesia anterograda che è l’incapacità di trasferire nuove info dal
deposito a breve termine al deposito a lungo termine, alcuni pazienti amnesici soffrono anche di amnesia retrograda, cioè
l’incapacità di recuperare le info acquisite prima di una certa data, che coincide solitamente con il verificarsi di una lesione o di
un’operazione al cervello, con il tempo, tuttavia, l’indice situato nell’ippocampo potrebbe divenire meno necessario, sebbene sia
necessario x la prima formazione di nuovi ricordi, la regione dell’ippocampo coinvolta nell’indice può diventare meno
importante man mano che il ricordo si consolida, quest’idea è collegata al concetto di consolidamento, ovvero il processo con
cui i ricordi diventano stabili all’interno del cervello, x qualche tempo dopo la codifica i ricordi esistono in una forma fragile che
va facilmente incontro alla disgregazione, ma una volta avvenuto il consolidamento diventano più resistenti, persino se
apparentemente consolidati, i ricordi possono diventare vulnerabili alla disgregazione quando vengono richiamati, perciò
devono essere consolidati nuovamente, tale processo prende il nome di riconsolidamento, è possibile ridurre i traumi nel
momento in cui, nella fase di riconsolidamento, i ricordi sono vulnerabili alla disgregazione, inserendo degli stimoli positivi,le
ricerche indicano che l’immagazzinamento dei ricordi dipende in modo cruciale dagli spazi tra neuroni(sinapsi) fra l’assone di un
neurone e il dendrite di un altro che comunicano inviando neurotrasmettitori attraverso le sinapsi, molto di ciò che sappiamo al
riguardo deriva dallo studio dell’Aplysia Californica da parte di Eric Kandel, il quale scoprì che quando si stimola la coda
dell’Aplysia con una leggera scossa elettrica, ritira le branchie, se lo stimolo viene ripetuto un momento dopo l’Aplysia ritira le
branchie più velocemente, se lo si fa un’ora più tardi le ritira con la stessa lentezza della prima volta, tuttavia se si continua a
somministrare le scosse l’Aplysia sviluppa un “ricordo” che può durare giorni o persino settimane e implica la formazione di
nuove connessioni sinaitiche tra neuroni, un analogo processo, nell’uomo, avviene nell’ippocampo, il potenziamento a lungo
termine è il processo con cui la comunicazione tra neuroni attraverso la sinapsi rafforza la connessione, e in questo modo facilita
la comunicazione successiva, si possono distinguere due tipi generali di memoria a lungo termine: si parla di memoria esplicita
(lobi corteccia prefrontale) quando le persone consciamente o intenzionalmente recuperano dalla memoria il ricordo di
esperienze passate, la memoria esplicita si distingue in memoria semantica, e la rete di fatti e concetti associati che formano la
nostra conoscenza generale del mondo, e memoria episodica, e l’insieme delle passate esperienze personali avvenute in un
tempo e in un luogo ben precisi, la memoria episodica è speciale perché l’unico tipo di memoria che ci consente di intraprendere
un viaggio mentale nel tempo, ci consente di riconnettere il nostro passato e il nostro presente e di costruire una storia coerente
della nostra vita, l’ippocampo non è necessario per le acquisizione di nuovi ricordi semantici, coloro che soffrono di amnesia non
sono in grado di ricordare nessun episodio specifico del loro passato ma quando gli si chiede di immaginare un episodio nel
futuro riferiscono un vuoto totale, studi condotti su persone con amnesia da lesioni nell ippocampo, infatti, hanno trovato che
alcuni di loro avevano difficoltà a immaginare nuove esperienze, una rete di regioni cerebrali note per essere coinvolte nella
memoria episodica mostra aumenti delle attività molto simili sia quando le persone ricordano il passato sia quando immaginano
il futuro, immaginare il futuro attraverso la combinazione degli elementi delle esperienze passate è molto simile a ciò che gli
psicologi chiamano pensiero creativo divergente, cioè quel pensiero che genera idee creative ricombinando in vari modi
informazioni di tipo diverso, la memoria episodica è importante per la costruzione del sé più integra più le persone hanno
un’idea forte del se, una rappresentazione di sè come unità, ricordare assolve a funzioni sociali importanti, ritrovarsi insieme con
amici o familiari a ricordare esperienze vissute insieme è un’attività molto comune condividere con gli altri ricordi può avere
l’effetto di rafforzarli ma può anche produrre la dimenticanza indotta dal recupero oggi quindi si parla di memoria collaborativa
in alcuni esperimenti in cui erano presenti un gruppo nominale quindi l’insieme di diversi individui che richiamano alla mente
degli item lavorando ognuno per conto proprio, è un gruppo collaborativo, il gruppo collaborativo tipicamente riesce a ricordare
meno item del gruppo nominale questo effetto è detto inibizione collaborativa, una possibile spiegazione consiste nel fatto che
in un gruppo alcuni individui si abbandonano al cosiddetto ozio sociale cioè lasciano che siano gli altri a fare il lavoro e non si
impegnano più di tanto, una spiegazione più probabile è che quando più persone si trovano a collaborare in un compito di
memoria, le strategie per il recupero degli item usate dai singoli membri finiscano per scompaginare le strategie degli altri, gli
effetti negativi sulla memoria prodotti dall inibizione collaborativa persistono persino in seguito, quando i singoli membri del
gruppo cercano di ricordare gli item lavorando ognuno per conto proprio, questi risultati suggeriscono che l inibizione
collaborativa produca un effetto duraturo di riduzione all’accessibilità ai ricordi individuali, la memoria collaborativa però ha altri
vantaggi, migliora la prestazione quando ti e sottoposti ad un re test della memoria dopo un lungo intervallo di tempo, spesso
delle coppie unite da una relazione stretta fanno affidamento alla memoria transattiva quindi ciascun membro della coppia
ricorda certi tipi di informazione e li condivide con l’altro, vi è poi quella che viene definita a memoria del futuro ovvero
ricordarci di un evento che si deve ancora manifestare che implica dei passaggi intermedi come la memorizzazione dell’evento la
capacità di mantenerlo durante il corso degli altri eventi e di eseguirlo , si definisce invece memoria implicita quando le
esperienze passate influenza nel comportamento e le prestazioni successive, anche se non si sta cercando di ricordarle né si è
consapevoli di ricordarle, i ricordi impliciti non vengono richiamati alla mente in maniera consapevole ma la loro presenza è
implicita nelle nostre azioni , di molte cose si può dire che sappiamo farle senza probabilmente essere in grado di descrivere
come si fanno, questa conoscenza riflette un tipo particolare di memoria implicita, ragazze detta memoria procedurale,che si
riferisce all’ acquisizione graduale di abilità quale risultato della pratica ovvero l’acquisizione del saper fare le cose facendo le ,
non tutti ricordi impliciti sono ricordi di tipo procedurale, ad esempio, il priming si riferisce alla maggiore capacità di pensare a
uno stimolo, come una parola un oggetto , in seguito a una recente esposizione allo stimolo stesso, adesso c’è una riduzione
delle attività neurale in varie regioni della corteccia che vengono attivate quando le persone eseguono un compito non
influenzato dal priming, vi sono due tipi, il priming percettivo che riflette la memoria implicita delle caratteristiche sensoriali di
un item è il priming concettuale che riflette la memoria implicita del significato di una parola o di come si usa un certo oggetto,
chi vede la memoria implicita ed esplicita come due cose totalmente distinte e chi no; Il recupero (output), il processo che
riporta alla mente le informazioni in precedenza codificate e immagazzinate, uno dei modi migliori per recuperare le info
dall’interno della testa è imbattersi in info all’esterno(indizio per il recupero) che siano in qualche modo collegate alle prime,
infatti a volte l’info è disponibile nella memoria persino quando è momentaneamente inaccessibile e gli indizi x il recupero ci
aiutano a riportare alla mente le info inaccessibili, il principio della specificità della codifica afferma che un indizio x il recupero
è efficace nel riportare alla mente un’ info quando ci aiuta a ricreare lo specifico modo in cui quell’info è stata inizialmente
codificata, l’ambiente stesso costituisce un indizio per il recupero, il recupero stato-dipendente è la tendenza a ricordare meglio
un’informazione quando il suo recupero avviene mentre si è nello stesso stato in cui si trovava durante la codifica, il principio
dell’elaborazione appropriata per il trasferimento del ricordo afferma che un ricordo tende a trasferirsi da una situazione
un’altra quando vi è corrispondenza fra i contesti di codifica e di recupero delle due situazioni, il recupero non consente
semplicemente la visualizzazione di un contenuto della memoria, ma anche modifica lo stato del sistema della memoria in molti
modi importanti, il recupero può inoltre rafforzare un ricordo, rendendo più facile il suo richiamo alla mente in un momento
successivo, benché recupero possa aiutare la memoria, non sempre questo è ciò che accade, la dimenticanza indotta dal
recupero e il processo per cui recupero di un contenuto della memoria a lungo termine compromette la successiva capacità di
richiamare contenuti correlati, può verificarsi durante le conversazioni, quando una persona, nel parlare con un’altra, richiama
solo alcuni aspetti di ricordi che entrambe condividono e non fa menzione di altre informazioni correlate, successivamente la
persona che ha ascoltato ha maggiori difficoltà a ricordare gli eventi non menzionati da quella che ha parlato, oltre a migliorare
o a compromettere la capacità successiva di ricordare una certa esperienza il recupero può anche modificarne il ricordo, questo
può essere in relazione con il fenomeno del riconsolidamento in base al quale la riattivazione di un ricordo lo rende
temporaneamente vulnerabile alla degradazione e al cambiamento, questo rafforza il concetto che il recupero di un ricordo
implica di più della semplice visualizzazione di un’informazione, evidenze simili sono emerse a proposito delle influenze culturali
sul recupero dei ricordi dell’infanzia, influenze che sono state collegate alla frequenza con cui le persone recuperano il ricordo
delle esperienze infantili, c’è motivo di credere che è cercare di ricordare un fatto e riuscire effettivamente a ricordarlo siano
processi fondamentalmente diversi, regioni del lobo frontale sinistro mostrano un aumento dell’attività quando le persone
recuperano informazioni presentate loro in precedenza, inoltre il recupero della memoria attiva parti del cervello che svolgono
un ruolo nell’elaborazione delle caratteristiche sensoriali di un’esperienza, durante il recupero di un ricordo, le regioni del lobo
frontale coinvolte nel processo svolgono un ruolo fondamentale nella soppressione degli elementi in competizione , di fatto, i
ripetuti tentativi di recuperare gli item-target portano alla soppressione dei particolari pattern associati agli item in
competizione, una volta soppresso l’item competizione, il lobo frontale non deve più sforzarsi per controllare il recupero, per cui
richiama alla mente nel target risulta poi facilitato, inoltre, la soppressione di un ricordo indesiderato causa una riduzione delle
attività dell ippocampo.
In ogni fase perdiamo informazioni(di più nella memoria sensoriale)
Gli errori della memoria possono essere classificati in sette “peccati”, la labilità consiste nel rapido declino della capacità di
ricordare un certo fatto, cui segue non più graduale aumento dell’oblio . con il passare del tempo i ricordi passano dall’essere più
dettagliati all’essere più generali . alla labilità contribuiscono sia il degrado che l’interferenza vi può essere interferenza
retroattiva, il fenomeno per cui informazioni apprese in un momento successivo comprometto nei ricordi di informazioni
acquisite in precedenza, e l’interferenza proattiva, il fenomeno per cui informazioni apprese in precedenza impediscono il
ricordo di informazioni acquisite successivamente. La distrazione deriva dal difetto di attenzione, codifica superficiale e influenza
dei comportamenti automatici, è spesso associata con il dimenticarsi di fare le cose che si erano progettate grazie alla memoria
prospettica. Il blocco si verifica quando informazioni immagazzinate memoria sono temporaneamente inaccessibili, per esempio
quando abbiamo una parola sulla punta della lingua, si verificano particolarmente spesso con nomi di persone e di luoghi perché
ai loro legami con concetti e conoscenze collegate sono più deboli rispetto ai nomi comuni. L’attribuzione erronea del ricordo si
verifica quando esprimiamo la sensazione di familiarità ma non ricordiamo ho ricordiamo in modo sbagliato quando e dove
abbiamo fatto quell’esperienza, ricordi corretti possono poi essere attribuiti alla fonte sbagliata qualche parte della memoria
consiste nel conoscere l’origine dei nostri ricordi, si tratta della memoria della fonte. L’attribuzione erronea può portare errori di
identificazione o falsi riconoscimenti da parte dei testimoni oculari, un falso riconoscimento che riguarda una sensazione di
familiarità nei confronti di qualcosa mai incontrato in precedenza, è particolarmente frequente nelle persone con lesioni ai lobi
frontali. La suggestionabilità da luogo ricordi indotti sia di piccoli dettagli che di interi episodi. Le tecniche suggestive come
l’ipnosi la visualizzazione possono promuovere la formazione di vividi ricordi di eventi suggeriti, l’utilizzo di queste tecniche da
parte di psicoterapeuti può essere responsabile dell’insorgere in alcune persone di falsi ricordi di eventi traumatici infantili. La
distorsione riflette l’influenza che le conoscenze, le convinzioni pensieri attuali di una persona possono esercitare sul suo ricordo
di esperienze passate. La distorsione può portarsi a modificare il passato per renderlo coerente con il presente, esagerare i
cambiamenti avvenuti tra passato e presente, o a ricordare il passato in un modo che ci fa apparire sotto una luce migliore. La
persistenza riflette il fatto che l’attivazione emozionale in genere porta il potenziamento dei ricordo di una data esperienza, sia
che la vogliamo ricordare oppure no. La persistenza è in parte attribuibile ai sistemi ormonali che sono influenzati dall’ amigdala.
Sebbene ognuno dei 7 peccati della memoria possa causare problemi nella vita quotidiana, ognuno di essi ha anche un valore
adattivo. Possiamo pensare ai 7 peccati come il prezzo che dobbiamo pagare per avere quei vantaggi che consentono alla nostra
memoria di fare il buon lavoro che fa la maggior parte del tempo.
Vi sono diverse teorie di elaborazione dell’informazione, ad esempio, l’organizzazione gerarchica(cognitivisti) qui noi
apprendiamo e memorizziamo grazie all’organizzazione gerarchica, ogni volta che codifichiamo un’informazione nuova la
inseriamo in alcune categorie, la teoria dell’associazione(comportamentisti) per la quale noi acquisiamo i concetti grazie alle
associazioni, tanto più forti quanto più spesso vediamo gli elementi associati nella vita reale
Dimenticanza-> dopo aver acquisito l’info l’uomo va incontro all’’oblio, soprattutto delle info a breve termine,la curva dell’oblio
scende velocemente nei primi 30min, ciò che ricordiamo dopo 2h è uguale a ciò che ricordiamo dopo 7gg, sul motivo rimane
l’ipotesi, può essere il mancato uso di certi contenuti della memoria, il decadimento della traccia, la presenza di una grande
quantità di info, condizioni emotive in cui è avvenuta la codifica o il recupero
Soppressione-> dimenticanza consapevole, mettiamo in atto azioni che ci fanno dimenticare l’info
Repressione-> non cosciente, evento e emozioni legate all’evento, o solo le emozioni
La dimenticanza è il risultato di suggerimenti improprie, stimoli non adeguati al recupero dell’informazione, i fattori fisici
interferiscono con i recupero come i fattori interni di natura cognitiva
Ricordo vivido-> ci si ricordano tutti i dettagli di ciò che si è vissuto-> torri gemelle-> domande precise-> sul momento vividi,
dopo giorni 50% , dopo una settimana 30% ->i ricordi cambiano sempre-> la memoria può ingannare
È difficile prevedere il comportamento di una persona
Le domande devono essere aperte, non devono dare per scontato com’è fatta la domanda influenza la memoria
La memoria si misura attraverso tre paradigmi: di rievocazione, si presenta quando il soggetto viene richiesto di ripetere una
lista che il soggetto ha già sentito, è più difficile e non ci sono aiuti, può essere seriale(anche inversa) quando si deve ripetere la
sequenza, o libera, quando non si deve rispettare l’ordine; di riconoscimento, leggo la lista iniziale e chiedo se una parola era
presente, riguarda la ripresentazione dello stimolo associato ad un elemento distruttore e viene chiesto di riconoscere se l’input
fornito è uguale al precedente; riapprendimento, quando danno una lista da imparare, successivamente l’info decade, dopo due
giorni danno di nuovo la lista da imparare , il tempo necessario diminuisce, la differenza tra i due tempi e l’indice di
apprendimento .
Il transfer positivo sia quando dà un’informazione che abbiamo ricevuto successivamente nel tempo riusciamo a recuperare
un’informazione che esisteva nel passato

7- L’APPRENDIMENTO

Guarda capitolo 1

8- EMOZIONE E MOTIVAZIONE

Gli psicologi hanno sviluppato una tecnica che trae vantaggio dal fatto che noi, pur non riuscendo ad esprimere che cosa
significhi provare una certa esperienza emozionale, possiamo sempre indicare il suo grado di somiglianza con un’altra emozione.
Gli psicologi sono riusciti a stabilire una mappa di queste esperienze usando lo scaling multidimensionale (tecnica matematica
che consente di generare mappe semplicemente a partire da una lista di distanze), quando le persone valutano le affinità tra una
serie di esperienze emozionali, in sostanza stanno descrivendo le distanze che separano tra loro tali esperienze, queste distanze
possono poi essere utilizzate per disegnare una mappa del paesaggio delle emozioni. Le mappe non si limitano a illustrare il
grado di vicinanza, ma rivelano anche le dimensioni lungo cui questi elementi differiscono. Questa mappa rivela che anche le
esperienze emozionali differiscono lungo due dimensioni: valenza(esprime quanto un’esperienza sia positiva o negativa) e il
grado di attivazione fisiologica(o arousal, esprime quanto un’esperienza sia attiva o passiva). In base a questi criteri è possibile
definire l’emozione un’esperienza positiva o negativa associata ad un particolare pattern di attività fisiologica. Le emozioni
riguardano i nostri vissuti, ciò che proviamo nelle istanze del mondo esterno. È più facile avere emozioni che esprimerle.
Verso la fine del XIX secolo, William James propose che non fosse la sensazione della paura a provocare la risposta corporea, ma
piuttosto l’esatto contrario. Affermò che:”la sensazione dei cambiamenti stessi mentre si verificano è l’emozione”. Per James le
differenti esperienze emozionali erano semplicemente la percezione soggettiva dei differenti pattern di risposte corporee, e in
assenza del batticuore e della tensione ai muscoli non ci sarebbe alcuna emozione. All’incirca nello stesso periodo, lo psicologo
Carl Lange propose un’ipotesi molto simile, per cui le due tesi furono unificate e diedero origine alla teoria di James-Lange sulle
emozioni, secondo la quale uno stimolo innesca una risposta corporea, che a sua volta produce un’esperienza emozionale a
livello mentale. Non tutti gli studiosi furono d’accordo e i due fisiologi Cannon e Bard sostennero che la teoria di James-Lange
soffriva di quattro punti deboli principali: a volte l’esperienza emozionale compare più rapidamente dei cambiamenti corporei,
per esempio le persone provano imbarazzo in alcuni secondi, mentre il rossore impiega dai 15 ai 30 secondi per manifestarsi;
non sempre si è consapevoli dei cambiamenti corporei, se non riusciamo a rilevare i cambiamenti del nostro corpo e se le
emozioni altro non sono che la percezione di tali cambiamenti, allora non potremmo provare emozioni; ogni genere di stimoli
del tutto estranei all’emozione è in grado di causare cambiamenti corporei; è noto ai fisiologi che il numero di specifici pattern di
attivazione corporea non basta a spiegare tutte le differenti esperienze emozionali uniche che possiamo avere, ciò significa che
più esperienze emozionali diverse si devono associare allo stesso pattern di attività corporea. Proposero quindi la teoria di
Cannon-Bard sulle emozioni, secondo la quale uno stimolo innesca simultaneamente l’attività corporea e l’esperienza
emozionale della mente, le due cose sono simultanee e indipendenti. Con il passare del tempo, Schachter e Singer hanno
elaborato una nuova teoria che riprendeva, integrandoli, gli aspetti più interessanti delle due teorie che l’avevano preceduta. La
teoria dei due fattori sosteneva che uno stimolo innesca uno stato generale di attivazione fisiologica, che poi la mente
interpreta come una specifica emozione. Effettivamente le persone formulano inferenze sulle cause del loro stato di attivazione
fisiologica, e tali inferenze determinano le loro esperienze emozionali. Per contro, la teoria dei due fattori è uscita un po'
malconcia dalla verifica sperimentale riguardo all’assunto che le differenti esperienze emozionali siano semplicemente
interpretazioni diverse di un unico quadro di attivazione fisiologica. Ad oggi, molte cose sono cambiate dai tempi di James, di
Cannon e anche di Scachter, la relazione tra mente e corpo e il modo in cui queste entità collaborano a produrre l’esperienza
emozionale, si è rivelata molto più complessa di quanto tutti i modelli proposti abbiano mai ipotizzato. Oggi siamo in grado di
dire questo perché nuove tecnologie ci hanno consentito di accedere a qualcosa che le precedenti generazioni di psicologi
potevano soltanto immaginare: il cervello emozionale. Alcuni studi hanno dimostrato che l’amigdala svolge un ruolo importante
nella generazione delle emozioni, le persone con lesioni all’amigdala non provano paura quando vedono una minaccia, ma la
provano quando sperimentano una minaccia. Prima di sentirsi spaventato un animale deve sapere che è presente qualcosa di cui
avere paura, in psicologia si usa il termine valutazione cognitiva per indicare la valutazione degli aspetti emotivamente rilevanti
di uno stimolo, effettuare questo tipo di valutazioni è il compito principale dell’amigdala. Lo psicologo Joseph LeDoux cercando
di identificare il percorso cerebrale seguito dall’info relativa al contenuto emozionale di uno stimolo, scoprì che quest’info si
trasmette simultaneamente lungo due vie distinte: la via veloce che dal talamo va direttamente all’amigdala, e la via lenta che
dal talamo va alla corteccia e da qui all’amigdala. Quando vediamo uno stimolo, l’info relativa a questo stimolo va dagli occhi al
talamo e da qui alla corteccia, la quale usa l’info a sua disposizione per condurre un’indagine sull’identità dello stimolo, ma
mentre la corteccia svolge la sua analisi, il talamo ha già inviato direttamente l’info all’amigdala, che valuta se si tratta di una
minaccia, se la risposta è si allora avvia i processi neurali che alla fine produrranno le reazioni corporee e l’esperienza a cui
diamo il nome di paura. Una volta che ha terminato la sua analisi dello stimolo, la corteccia può tramite questa connessione
regolare verso il basso l’attività dell’amigdala inviando un segnale perché e riduca la sua attività. Risposta galbanica->
conduttanza cutanea, quanto velocemente si muove lo stimolo elettrico.
Per regolazione delle emozioni si intendono le strategie di cui le persone si servono per influenzare le proprie esperienze
emozionali. Alcune di queste strategie sono comportamentali come evitare situazioni che scatenano emozioni indesiderate, altre
sono cognitive come recuperare ricordi che scatenano le emozioni desiderata. In generale si pensa che la repressione, cioè la
volontaria inibizione di ogni manifestazione esterna della propria emozione, sia un’efficace strategia di regolazione, ma non è
vero e può anche avere conseguenze deleterie. D’altra parte la maggioranza delle persone ritiene che le etichettamento delle
emozioni, che implica la esprimere a parole ciò che si sente, non avrà alcun effetto , in realtà e molto efficace nel ridurre
l’intensità degli Stati emozionali. Le ricerche evidenziano che una delle strategie più efficaci per la regolazione delle emozioni è la
riconsiderazione(reappraisal) vale a dire cambiare la propria esperienza emozionale cambiando il modo di vedere lo stimolo che
ha provocato quelle emozioni. In uno studio il cervello dei partecipanti fu sottoposto a scansioni mentre vedevano fotografie che
inducevano emozioni negative, come la foto di una donna in lacrime ad un funerale, in seguito, ad alcuni partecipanti si fece
riconsiderare l’immagine chiedendo di immaginare che alla donna fosse un matrimonio, la prima volta che i partecipanti videro
la fotografia le loro amigdale si attivarono, ma quando riconsiderarono la foto, si attivarono varie aree importanti della corteccia
e qualche istante dopo le loro amigdale si disattivarono. D’altra parte, quest’abilità anche un lato oscuro: le persone che
riescono con facilità cambiare il loro modo di vedere le cose possono essere meno compassionevoli verso coloro che soffrono.
Un’espressione emozionale è un segno osservabile di uno stato emozionale, per gli esseri umani questi segni sono naturali. Gli
Stati emozionali possono esprimersi in una vasta varietà di modi. Per esempio, i nostri Stati emozionali influenza nel nostro
modo di parlare e le ricerche dimostrano che chi ascolta riesce a riferire lo stato emozionale di chi parla dai soli indizi vocali e
con uno sguardo di accuratezza superiore alla pura casualità. Chi osserva riesce spesso a stimare lo stato emozionale di una
persona dalla direzione dello sguardo, dal ritmo del suo passo, in un certo senso, noi siamo manifesti di quello che sta
succedendo dentro di noi. gli psicologi Paul Ekman e Wallace Friesen (teoria universale->in tutto il mondo le persone hanno le
stesse espressioni facciali per esprimere le emozioni, anche i ciechi)hanno dedicato anni a catalogare movimenti muscolari di cui
è capace il volto umano, essi hanno isolato 46 quadri unici, da loro definiti unità di azione e hanno assegnato a ciascuno di essi
un numero e un nome. Le ricerche hanno dimostrato che alcune di queste unità d’azione sono correlate in modo affidabile
aspecifici stati emozionali(quando ci sentiamo felici movimenti dello zigomatico maggiore che solleva gli angoli delle labbra e del
muscolo orbicolare dell’occhio che raggrinza i margini esterni degli occhi producono un’espressione facciale unica che gli
psicologi descrivono come unità d’azione 6 e 12 e che il resto di noi chiama semplicemente sorriso). Darwin osservò che le
persone gli animali sembrano condividere determinate espressioni facciali e posture, ipotizzo che queste fossero un mezzo con
cui gli organismi comunicano reciprocamente l’informazione riguardante loro stati interni. Naturalmente, un linguaggio funzione
si è parlato da tutti, un fatto che indusse Darwin a sviluppare l’ipotesi dell’universalità, secondo la quale le espressioni
emozionali hanno lo stesso significato per tutti. Oggi la oggi la maggioranza degli psicologi ritiene che le espressioni facciali di
almeno 5 emozioni- rabbia, disgusto, paura, felicità e tristezza- siano universali che alcune altre emozioni potrebbero avere
anch’esse un pattern universale di espressione facciale ma non tutti gli psicologi sono d’accordo. Appartenenti a culture diverse
sembrano esprimere le proprie emozioni in maniera molto simile poiché le parole sono simboli, mentre le espressioni facciali
sono segni. I simboli sono designazioni arbitrarie che non hanno alcuna relazione causale con le cose che rappresentano, ma le
espressioni facciali sono invece segni delle emozioni, e i segni sono causati dalle cose che significano. Ovviamente come un
simbolo può avere più di un significato, la stessa cosa vale per i segni . è il contesto in cui viene prodotta una certa espressione
facciale a dirci qual è il suo significato. Le nostre esperienze emozionali causano le nostre espressioni emozionali, però la
relazione causale funzione anche nella direzione opposta. L’ipotesi del feedback facciale suggerisce che le espressioni
emozionali possono causare le esperienze emozionali di cui sono il segno, ciò può aiutare a spiegare perché siamo, in genere,
così bravi a riconoscere le espressioni emozionali degli altri. Quando due persone interagiscono, inconsciamente i due partner
imitano le posture e le espressioni facciali dell’altro con cui stanno interagendo. Questa sottile imitazione può avere un
vantaggio nascosto. Se produrre un’espressione facciale o una postura causa il sentimento di cui essa è il segno, allora è
possibile dire quali sentimenti l’altra persona sta provando semplicemente imitandone le espressioni. Le persone hanno
difficoltà a riconoscere le emozioni altrui quando sono incapaci di riprodurre espressioni facciali quando non sono in grado di
esperire le proprie emozioni. Vi sono inoltre delle regole di esibizione delle emozioni, ovvero norme per l’espressione
appropriata delle emozioni, ciò richiede l’applicazione di varie tecniche: l’intensificazione, amplificare l’espressione della propria
emozione; la deintensificazione, diminuire l’espressione della propria emozione; Il mascheramento, l’espressione di
un’emozione diversa da quella che effettivamente si prova; la neutralizzazione, implica il provare una certa emozione senza
tuttavia esibire alcune espressioni. Benché queste tecniche usate siano per tutti le stesse, le persone di culture differenti se ne
servono in funzione di differenti regole di esibizione delle emozioni. I tentativi di rispettare le regole di esibizione della propria
cultura non sempre funzionano, il volto tradisce la vera emozione dei lampi che non durano più di 1/5-1/25 di secondo,
talmente rapide che è molto difficile coglierle occhio nudo. Vi sono però alcune caratteristiche più facili da osservare, che
permettono di distinguere tra espressioni emozionali sincere e insincere: la morfologia, le espressioni sincere implicano i
cosiddetti muscoli affidabili che eludono il controllo volontario; la simmetria, le espressioni sincere sono un po più simmetriche
delle espressioni insincere; La durata, le espressioni sincere tendono a durare da mezzo secondo a 5 secondi mentre le
espressioni che durano più a lungo tendono ad essere insincere; il pattern temporale, le espressioni sincere compaiono e
scompaiono gradualmente nell’arco di qualche secondo mentre le espressioni insincere tendono ad avere un inizio e una fine
più bruschi, le nostre emozioni non trapelano solo dal volto ma da ogni parte del corpo. Le ricerche hanno dimostrato che molti
aspetti del nostro comportamento verbale e non verbale risultano alterati quando diciamo una bugia. Per esempio, chi mente
tende a parlare più adagio e con meno dettagli, si è più incerti e più tesi, la voce è acuta e si cerca di controllarla, il
comportamento di chi mente tende ad essere troppo perfetto, in assenza di contatto visivo si potrebbe star mentendo, ma chi,
di contro, non guarda mai negli occhi potrebbe avere problemi d’ansia, quindi tutti questi parametri non sono verità assolute. In
realtà, le ricerche dimostrano che la capacità umana di individuare la mancanza di sincerità è piuttosto scarsa, una delle ragioni è
la nostra spiccata propensione a credere che gli altri esprimano sinceramente le loro emozioni e ci dicano la verità, una seconda
ragione è che non sappiamo che cosa cercare quando tentiamo di scoprire la mancanza di sincerità e la disonestà. La macchina
più usata per scoprire le bugie è il poligrafo che misura un complesso di risposte fisiologiche associate allo stress, che spesso una
persona prova quando teme di essere scoperta a mentire. Il poligrafo e in grado di individuare le menzogne con un’accuratezza
significativamente maggiore della semplice casualità. 
LA MOTIVAZIONE 

 è la causa psicologica di un’azione, ciò che spinge a lavorare tanto senza fatica, gli esseri umani agiscono perché le emozioni li
muovono a farlo, e lo fanno in due modi differenti, in primo luogo forniscono info sul mondo e, in secondo luogo, sono gli
obiettivi che ci sforziamo di ottenere. Quando, ad esempio, si soffre della sindrome di Capgras (danno connessioni tra sistema
limbico e lobi temporali) si pensa che il viso di una persona cara sia stato portato via e sostituito, perché ne riconosciamo
l’aspetto ma non suscita in noi le emozioni giuste, quindi traiamo la conclusione che si tratti di impostori. La prima funzione delle
emozioni è quella di darci le info sul mondo, la seconda è dirci che uso fare di quelle info. Il principio edonico afferma che le
persone afferma che le persone sono motivate a provare il piacere ed a evitare il dolore. In base a tale principio, la nostra
esperienza emozionale può essere considerata una sorta di misuratore dell’intero arco che spazia dal bene al male, e la nostra
motivazione primaria, se non l’unica, è fare in modo che l’ago del misuratore resti quanto più possibile nelle vicinanze del bene.
Persino quando facciamo volontariamente cose che spostano l’ago nella direzione opposta, le stiamo facendo perché crediamo
che in futuro spingeranno l’ago verso il bene e lo faranno rimanere lì più a lungo. Se la nostra motivazione primaria è mantenere
l’ago sul bene, gli istinti e le pulsazioni spingono l’ago in quelle direzioni e gli danno la forza di spostarsi. William James chiamò
istinto la tendenza a perseguire un particolare obiettivo, definendolo “la facoltà di agire in modo da realizzare determinati fini,
senza una previsione di tali fini e senza una precedente istruzione su come conseguirli”. I comportamentisti rifiutarono il
concetto di istinto per due ragioni, per prima cosa, essi credevano che il comportamento dovesse essere spiegato dagli stimoli
esterni che lo evocano non facendo riferimento a ipotetici stati interni, in secondo luogo, l’istinto è un comportamento innato
mentre comportamentisti ritenevano che i comportamenti complessi fossero appresi. I comportamentisti cominciarono a capire
che è una rigida proibizione del riferimento a Stati interni rendeva difficile spiegare certi fenomeni e introdussero il termine
pulsione, uno stadio interno causato da un bisogno fisiologico. A quanto pare, il corpo è una sorta di termostato, secondo Clark
Hull, uno dei principali esponenti del nuovi comportamentisti, “quando le condizioni si discostano da un livello ottimale, di
regola l’equilibrio può essere ristabilito tramite una qualche azione che l’organismo può intraprendere”. Hull stava parlando
dell’omeostasi, ovvero la tendenza di un sistema a intraprendere un’azione al fine di mantenersi in uno stato ottimale. Per
sopravvivere, un organismo deve conservare livelli ben precisi di nutrienti, calore e così via, e quando questi livelli si discostano
troppo da un valore ottimale, il cervello invia un segnale all’organismo perché mette in atto un’azione correttiva. Quel segnale
costituisce la pulsione. Hull formulò la teoria della riduzione della pulsione, secondo la quale gli organismi sono motivati a
ridurre le proprie pulsioni. Secondo questa teoria, non è il cibo  di per sé a costituire una ricompensa per l’organismo, ma lo è la
riduzione della sua pulsione per il cibo. Lo psicologo William McDougall ha definito lo studio della motivazione “psicologia
ormica” , un termine derivato dalla parola greca ormé che significa impulso e chiaramente noi abbiamo impulsi alcuni dei quali
acquisiti con l’esperienza altri no , che ci motivano a intraprendere un’azione.
Abraham Maslow ha provato ad organizzare in modo sensato la lista degli impulsi umani, o bisogni, Maslow osservò che alcuni
bisogni sono sempre più pressanti di altri, e che quelli più pressanti devono essere soddisfatti prima di quelli meno pressanti. Egli
concepì perciò uno gerarchia dei bisogni, dove i bisogni più urgenti stavano alla base e quelli meno urgenti al vertice. Secondo
Maslow , i bisogni più pressanti sono quelli che abbiamo in comune con gli altri animali, in particolare il bisogno di mangiare e di
accoppiarci.
Gli animali trasformano in energia la materia mangiando e sono spinti a mangiare da uno stimolo interno chiamato fame. In
ogni  istante il nostro corpo  invia al cervello segnali sullo stato attuale dell’energia. Se ha bisogno di energia, invia un segnale
oressigenico  che dice al cervello di “accendere” la fame; se invece ha sufficiente energia, il corpo invia un segnale
anoressigenico che dice di “spegnere” la fame. La grelina è un ormone prodotto dallo stomaco e sembra essere uno dei segnali
oressigenici che dicono al cervello di accendere la fame. La leptina è una sostanza ormonale secreta dalle cellule adipose e
sembra essere un segnale anoressigenico, il meccanismo sembra essere quello di diminuire il valore di ricompensa del cibo. Le
persone con un deficit congenito di leptina hanno difficoltà a controllare il proprio appetito. Ancora non è chiaro se la fame
consista in un unico segnale o in molti, ma si sa per certo che la principale area ricevente di questi segnali è l’ipotalamo(i.
laterale riceve i segnali oressigenici, i. ventromediale riceve i segnali anoressigenici). Il disturbo da binge-eating(o disturbo da
alimentazione incontrollata) è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da episodi ricorrenti e incontrollati di
consumo di calorie in quantità notevoli e in breve tempo. Le persone che soffrono di BED consumano grandi quantità di cibo in
poche ore. Molto spesso riferiscono di non riuscire a controllare il proprio comportamento, ovvero hanno la sensazione di non
riuscire a smettere di mangiare. La bulimia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da abbuffate di
cibo seguite da condotte di eliminazione. Anche le persone che soffrono di bulimia ingeriscono grandi quantità di cibo in un
tempo relativamente breve, ma poi mettono in atto comportamenti che compensano i loro eccessi alimentari, come digiunare,
praticare esercizio fisico esagerato, o persino indursi il vomito per espellere il cibo del corpo. Le persone che soffrono di BED o di
bulimia sono prigioniere di un circolo vizioso: mangiano per alleviare emozioni negative, come tristezza e ansia, ma poi la
preoccupazione di acquistare peso le porta a provare emozioni negative come senso di colpa e disgusto verso loro stesse.
L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da intensa paura di essere sovrappeso e da
rigide limitazioni all’assunzione di cibo. Coloro che soffrono di anoressia tendono ad avere un’immagine distorta del proprio
corpo, da indurli a credere di essere grassi, inoltre queste persone tendono a essere altamente perfezioniste e a considerare il
loro severo controllo sull’alimentazione come un trionfo della loro volontà sugli impulsi. L’anoressia può essere fatale perché a
volte induce le persone a digiunare fino a morire. La loro origine pare risiedere in fattori genetici, esperienziali e psicologici e
anche culturali. La maggior parte dei ricercatori, ritiene che questo disturbo abbia anche componenti biologiche e genetiche. Per
esempio, benché meno colpiti dall anoressia rispetto alle donne gli uomini presentano un netto aumento del rischio di
sviluppare il disturbo se hanno una sorella gemella che ne è affetta, fatto che suggerisce che nell’anoressia possa essere
coinvolta anche l’esposizione agli ormoni femminili nella fase prenatale. Ma in America il disturbo alimentare più dannoso e
diffuso è  l’obesità. La percentuale di bambini sovrappeso è raddoppiata, la percentuale degli adolescenti sovrappeso è
triplicata. Il problema non è solo degli Stati Uniti, circa il 30% della popolazione mondiale è sovrappeso od obeso. L’obesità è
definita come un indice di massa corporea pari o superiore a 30. Oltre ad essere esposte a rischi fisici, le persone obese sto
soffrendo di un minore benessere psicologico, una minore autostima e una più scarsa qualità della vita, inoltre sono viste
negativamente dagli altri. L’obesità sembra avere molte cause. Per esempio, sembra essere altamente ereditabile e potrebbe
avere una componente genetica. Alcuni studi suggeriscono che tossine obesogeniche presenti nell’ambiente possono
compromettere il funzionamento del sistema endocrino e predisporre all’obesità. Altri studi suggeriscono che l’obesita possa
derivare da una scarsità di batteri buoni nella flora intestinale. Qualunque sia la causa dell’obesità, le persone che ne soffrono
sono spesso leptina resistenti e le iniezioni di leptina non sembrano essere di alcun aiuto. Il più delle volte la causa dell’obesità
non è affatto un mistero: mangiamo troppo.  A volte mangiamo solo perché l’orologio ci dice che è l’ora di farlo, ed è per questa
ragione che chi soffre di amnesia può tranquillamente consumare un secondo posto dopo aver appena finito il primo. La colpa è
dell’evoluzione. Centinaia di migliaia di anni fa, il principale problema alimentare che affliggeva i nostri progenitori e dalla fame.
L’evoluzione ha quindi portato negli esseri umani allo sviluppo di due strategie per evitare quel problema. In primo luogo, i
nostri antenati svilupparono una forte attrazione per i cibi che forniscono grandi quantità di energia ogni morso, ed è per questo
che la maggior parte di noi preferisce i cheeseburger ai frappè al sedano alle tisane. In secondo luogo, la specie umana ha
sviluppato la capacità di immagazzinare l’energia del cibo in eccesso sotto forma di grasso , e questo ci ha consentito di mangiare
più del necessario quando il cibo era abbondante e poi di sfruttare le riserve in periodo di scarsità. Questi due adattamenti ci
hanno permesso di sopravvivere in un mondo in cui il cibo ricco di calorie era scarso, il problema è che non viviamo più in quel
mondo, anzi, viviamo in un mondo in cui le bombe caloriche create dalla moderna industria alimentare sono buon mercato e
disponibili ovunque. Il nostro corpo si oppone alla perdita di peso in due modi: in primo luogo, quando acquistiamo peso
andiamo incontro un aumento sia nelle dimensioni sia nelle numero delle cellule adipose del nostro corpo. Quando perdiamo
peso andiamo incontro a una diminuzione della dimensione delle cellule adipose ma non del loro numero una volta che il nostro
corpo ha prodotto una nuova cellula adiposa quella cellula resterà con noi praticamente per sempre. Può diventare più piccola
quando dimagriamo ma difficilmente morirà; in secondo luogo, il nostro corpo risponde alla dieta diminuendo il metabolismo,
che è il tasso a cui l’organismo utilizza l’energia . quando il corpo percepisce che siamo in un periodo di carestia trova sistemi più
efficienti per trasformare il cibo in grasso.

SESSO

Benché non sia essenziale per la nostra sopravvivenza come individui, tuttavia lo è per la sopravvivenza del nostro DNA e per
questa ragione l’evoluzione ha garantito che il desiderio sessuale sia impresso nei circuiti cerebrali di praticamente ognuno di
noi. Tre ormoni svolgono un ruolo fondamentale. Un ormone chiamato DHEA  sembra essere implicato nell’innesco del
desiderio sessuale, la produzione di tale ormone ha inizio all’età di sei anni. Gli altri due ormoni hanno effetti più specifici a
seconda del genere sessuale. Sia i maschi che le femmine producono testosterone ed estrogeno, ma i maschi producono in
maggiore quantità il primo e le femmine il secondo.  Sono in buona parte responsabili dei cambiamenti fisici e psicologici che
caratterizzano la pubertà. Le femmine della maggior parte dei mammiferi hanno un interesse scarso o nullo nel sesso se non in
presenza di elevati livelli di estrogeno(durante l’ovulazione) ma le femmine della specie umana possono essere interessate al
sesso in qualsiasi momento. Sebbene nel corpo della donna il livello di estrogeni subisca drastici cambiamenti nel corso del ciclo
mestruale mensile, le ricerche indicano che il desiderio sessuale cambia poco. Il fondamento ormonale della pulsione sessuale
delle donne è il testosterone, gli uomini hanno per natura più testosterone delle donne, e in generale hanno maggiori pulsioni
sessuali. Un’ iniezione di testosterone fa aumentare nelle donne la pulsione sessuale. Tutto questo suggerisce che il testosterone
possa essere la base ormonale della motivazione sessuale sia negli uomini che nelle donne. Uomini e donne hanno livelli
differenti di pulsione sessuale, ma le loro risposte fisiologiche durante l’attività sessuale sono piuttosto simili. William Masters e
Virginia Johnson hanno impresso una svolta nel questo campo di ricerca conducendo esperimenti rivoluzionari, in cui
misurarono le risposte fisiche di centinaia di volontari mentre si masturbavano o praticavano sesso in laboratorio. Il loro lavoro
ha prodotto molte scoperte, fra le quali una migliore conoscenza del ciclo della risposta sessuale umana, che consiste nelle fasi
di attivazione fisiologica durante l’attività sessuale, che presenta quattro fasi: durante la fase di eccitazione, la tensione
muscolare e il flusso sanguigno aumentano negli organi sessuali e intorno ad essi, la frequenza cardiaca e quella respiratoria
aumentano; durante la fase di plateau, la frequenza cardiaca e la tensione muscolare crescono ulteriormente, la vescica urinaria
dell’uomo si chiude per impedire che l’urina si mescoli con il seme e i muscoli alla base del pene iniziano una contrazione ritmica
costante. Nell’uomo la ghiandola del Cowper secerne una piccola quantità di liquido lubrificante(che spesso contiene sperma a
sufficienza per causare una gravidanza). Il clitoride può ritirarsi leggermente e la vagina diventare ancora più lubrificata,e i
muscoli si tendono riducendo il diametro dell’apertura; durante la fase dell’orgasmo, il respiro diventa estremamente più rapido
e i muscoli pelvici cominciano una serie di contrazioni ritmiche. La frequenza con cui le donne hanno un orgasmo sembra avere
una componente genetica. Quando gli uomini e le donne hanno  un orgasmo lo definiscono come qualcosa di intensamente
piacevole; durante la fase di risoluzione, la pressione sanguigna scende e il corpo ritorna al suo stato di riposo. La maggior parte
degli uomini e delle donne sperimenta un periodo refrattario, durante il quale un’ulteriore stimolazione non produce
eccitazione. Benché il sesso sia in genere un prequisito per la riproduzione, la grande maggioranza dei rapporti sessuali non ha
come fine la riproduzione.
La sopravvivenza e la riproduzione costruiscono gli interessi primari di ogni animale, ma gli esseri umani sono motivati ad
ottenere anche altre cose. Le nostre motivazioni psicologiche possono essere in tutto e per tutto potenti quanto lo sono le
nostre motivazioni biologiche, ma differiscono per due aspetti importanti. In primo luogo, se da un lato condividiamo le nostre
motivazioni biologiche con la maggior parte degli altri animali, dall’altro le nostre motivazioni psicologiche paiono essere
uniche . in secondo luogo, mentre le nostre motivazioni biologiche riguardano pochi oggetti fondamentali le nostre motivazioni
psicologiche non hanno praticamente limite. Le motivazioni psicologiche variano lungo tre dimensioni fondamentali: alcune
sono intrinseche, altre estrinseche; alcune sono consce, altre inconsce; alcune ci portano ad avvicinarci, altre ad allontanarci.
Una motivazione intrinseca è una motivazione a intraprendere azioni che sono di per sé una ricompensa. Noi lavoriamo più solo
quando siamo intrinsecamente e motivati, ci piace di più quello che facciamo . entrambi i tipi di motivazione comportano
vantaggi, ed è per questa ragione che la maggior parte di noi cerca di costruirsi un’esistenza in questo astenuta nelle sue attività
da motivazioni sia intrinseche che estrinseche . Purtroppo è difficile arrivare a essere pagati per quello che ci piace fare e
continuare comunque ad amare quello che facciamo , perché le ricompense possono compromettere le motivazioni intrinseche .
Mentre la promessa di una ricompensa può distruggere la motivazione intrinseca , la minaccia di una punizione, puoi invece
crearla. Per questa ragione a volte le minacce possono in realtà promuovere proprio quei comportamenti che intendono
scoraggiare . Invece, una motivazione estrinseca è una motivazione a intraprendere azioni che portano ad una ricompensa, non
sono di per sé una fonte di piacere ma possono accrescere il piacere nel lungo periodo. Le motivazioni estrinseche godono di
cattiva fama. Ma il fatto che la nostra capacità di impegnarci in comportamenti che non sono premiati nel presente perché
crediamo che porteranno ricompense più grandi in futuro è una delle qualità più significative della nostra specie. La capacità di
un bambino di posporre la gratificazione è un fattore predittivo del suo rendimento scolastico più preciso di quanto non sia il suo
QI. Una motivazione conscia e una motivazione di cui la persona è consapevole, mentre una motivazione inconscia è una
motivazione di cui la persona non è consapevole. Esiste una grande variabilità rispetto al bisogno di successo, vale a dire rispetto
alla motivazione per risolvere problemi acquisì attribuisce molta importanza. Questa motivazione fondamentale e inconscia . la
maggior parte delle nostre azioni e sostenuta da più di una motivazione , e a volte è la difficoltà di esecuzione di un’azione a
determinare di quale delle nostre motivazioni saremo consapevoli. Se un’azione è facile possiamo essere consapevoli della
nostra motivazione generale ma se l’azione è difficile siamo consapevoli di motivazioni più specifiche. Di solito le persone sono
coscienti della motivazione più generale del loro comportamento e diventano consapevoli delle loro motivazioni più specifiche
quando incontrano difficoltà. La facilità con cui riusciamo a eseguire un’azione è uno dei molti fattori che determinano la
motivazione di cui siamo consapevoli. Gli psicologi parlano di motivazione all’approccio, vale a dire la motivazione a esperire un
esito positivo, e motivazione all’evitamento, vale a dire la motivazione a non esperire un esito negativo. Il piacere e il dolore
possono anche essere le due facce della stessa medaglia, ma sono due facce distinte. Il piacere non è solo la mancanza di dolore
e il dolore non è solo la mancanza di piacere. Le ricerche ci dicono che, a parità di condizioni, le motivazioni all’evitamento
tendono ad essere più forti delle motivazioni all’approccio. L’avversione alle perdite è la tendenza a preoccuparsi maggiormente
di evitare le perdite che non di ottenere guadagni di uguale entità. A quanto pare le persone sono particolarmente ansiose
rispetto all’idea di perdere ciò che possiedono e per questa ragione manifestano un grado minore di avversione alle perdite
dopo l’assunzione di sostanze che fanno diminuire la paura e l’ansia. Perché si aspettano che il dolore per una perdita sia più
forte del piacere per un guadagno di pari entità le persone tendono ad assumersi più rischi per evitare una perdita che per
ottenere un guadagno. Anche se la motivazione all’evitamento è mediamente più forte della motivazione all’approccio la forza
relativa di queste due tendenze differisce da persona a persona. Le persone con un focus di promozione tendono a pensare in
termini di ottenere guadagni , mentre quelle con un focus di prevenzione canta una pensare in termini di evitare perdite. La cosa
che praticamente ogni uomo desidera evitare è la morte. Tutti gli animali ti danno da fare per mantenersi in vita ma solo gli
esseri umani sanno che tutti questi sforzi saranno inutili perché non importa quanto da fare ci diamo alla fine la morte ci attende
tutti. Alcuni psicologi sostengono che questa consapevolezza dia origine ad un terrore esistenziale e che gran parte del
comportamento umano non sia che un tentativo di gestirlo. La teoria della gestione del terrore è una teoria su come le persone
rispondono alla consapevolezza del proprio essere mortali. Tale teoria postula che uno dei due modi in cui le persone fanno
fronte al terrore esistenziale è sviluppare una visione culturale del mondo che consiste in un’insieme condiviso di credenze su
ciò che è buono, giusto e vero. Queste credenze permettono alle singole persone di vedere se stesse come qualcosa di più di un
animale mortale e di vivere in un mondo pieno di senso nel quale possono raggiungere anche una simbolica immortalità.

9- LINGUAGGIO E PENSIERO
La maggioranza delle specie sociali possiede sistemi di comunicazione che consentono ai loro membri lo scambio reciproco di
messaggi. Il linguaggio è un sistema per comunicare con gli altri per mezzo di segnali che sono combinati secondo regole
grammaticali che trasmettono un significato. La grammatica è l’insieme delle regole che specificano come le unità di una lingua
possono essere combinate assieme per produrre messaggi dotati di significato. Tre notevoli caratteristiche distinguono il
linguaggio umano, per prima cosa, la struttura complessa del linguaggio umano lo distingue dai più semplici sistemi di
segnalazione. La maggior parte degli esseri umani è in grado di esprimere una vasta gamma di idee e concetti , e di generare un
numero sostanzialmente infinito di nuove frasi. In secondo luogo, gli esseri umani usano le parole per riferirsi anche a cose
intangibili, come unicorno o democrazia, parole che non possono avere avuto origine da semplici richiami di allarme. In terzo
luogo, noi usiamo il linguaggio per dare un nome, categorizzare e descrivere a noi stessi le cose quando pensiamo, e ciò
influenza l’organizzazione delle conoscenze nel nostro cervello.
Esistono diverse e numerosissime lingue, e nonostante le differenze condividono tutte una struttura comune, che implica un
insieme di suoni e regole per combinarli. La più piccola unità sonora riconoscibile come linguaggio è il fonema. Ogni lingua
possiede un sistema di regole fonologiche che indicano come i fonemi possono essere combinati in modo da formare morfemi,
le più piccole unità di una lingua dosate di significato. Tutte le lingue hanno regole grammaticali, che in genere ricadono in due
grandi categorie: regole di morfologia e le regole di sintassi. Le regole morfologiche indicano come morfemi possono essere
combinati per formare parole. Le regole sintattiche indicano come le parole possono essere combinate per formare sintagmi e
frasi. In genere il linguaggio veicola ottimamente i significati, ma l’esperienza quotidiana ci dimostra che i fraintendimenti
possono sempre accadere. A volte questi errori derivano da discrepanze tra la struttura profonda e la struttura superficiale delle
frasi. La struttura profonda si riferisce al significato di una frase. La struttura superficiale si riferisce al modo in cui una frase è
espressa in parole. Per generare una frase, si parte dalla struttura profonda e poi si crea una struttura superficiale che trasmette
quel significato. Nel comprendere una frase enunciata da un altro, si esegue l’operazione inversa. Ci sono tre caratteristiche
dello sviluppo del linguaggio da tenere ben presenti. La prima è che i bambini imparano il linguaggio con una velocità
incredibilmente elevata. La seconda è che i bambini commettono pochi errori mentre imparano a parlare e gli errori che
commettono riguardano in genere l'errata applicazione delle regole grammaticali. La terza è che nei bambini la padronanza
passiva del linguaggio si sviluppa più velocemente della padronanza attiva, comprendere alla lingua meglio di quanto la parlino. I
neonati sono in grado di distinguere tra tutti differenti suoni di tutte le lingue umane. Tuttavia, entro i primi sei mesi di vita ,
perdono questa abilità e distinguono solo i suoni differenti della lingua che sentono parlare intorno a sé. I lattanti sanno
discriminare i suoni linguistici ma non sanno ancora produrli in modo affidabile e per comunicare si affidano soprattutto al
tubare(produzione di suoni che sono la semplice ripetizione di vocali), al pianto,  al riso e ad altre vocalizzazioni. Fra 4 e 6 mesi
comincia il balbettio, o lallazione, che consiste nella combinazione di suoni linguistici, vocali e consonanti, che suonano come
vere e proprie sillabe ma sono privi di significato. Persino i lattanti sordi producono in questa fase suoni che non hanno mai
udito, e lo fanno nello stesso ordine seguito dai bambini con udito normale. Questo fatto è a prova che i lattanti non stanno
semplicemente imitando i suoni che ascoltano. La lallazione segnala il fatto che il bambino si trova in uno stato di attenzione
focalizzata ed è pronto ad apprendere. Nei bambini sordi la lallazione non ha, comunque, la stessa frequenza che è nei bambini
con unito normale e il suo inizio è posticipato, intorno agli 11 mesi invece che 6. Tuttavia, perché la lallazione continui, i lattanti
devono potersi sentire. In effetti un ritardo della lallazione o la sua cessazione possono essere il segno di deficit uditivi. i neonati
sordi i cui genitori comunicano usando la lingua americana dei segni iniziano a lallare con le mani alla stessa età in cui bambini
con udito normale iniziano a lallare con la voce, ovvero tra i 4 e i 6 mesi. A 10 12 mesi di età, i bambini cominciano a pronunciare
le prime parole. A 18 mesi possono esprimere circa 50 parole, ma sono in grado di comprenderne un numero superiore. Il fast
mapping, il fenomeno per quei bambini associano una parola al concetto sottostante in seguito a una sola esposizione, consente
una grandissima velocità di apprendimento. Intorno ai 24 mesi i bambini cominciano a formare frasi di due parole definite
linguaggio telegrafico, perché sono prive di morfemi grammaticali e consistono essenzialmente di parole lessicali. Con queste
espressioni in apparenza primitive, i bambini di due anni dimostrano di avere già compreso le regole sintattiche della lingua che
stanno imparando. I bambini molto piccoli memorizzano i particolari i suoni che esprimono ciò che vogliono comunicare, ma
quando acquisiscono le regole grammaticali della loro lingua tendono a sovra generalizzare e compiere errori. Questi errori
dimostrano che l'acquisizione del linguaggio non implica la semplice imitazione di ciò che viene udito dagli adulti. I bambini
fanno tutto questo senza avere consapevolezza delle regole grammaticali che hanno imparato. In realtà pochi bambini sono in
grado di riferire esplicitamente le regole grammaticali della loro lingua, eppure il linguaggio che producono obbedisce a tali
regole. A circa tre anni di età i bambini cominciano a generare frasi semplici complete, che includono parole grammaticali. Nei
due anni successivi le frasi aumentano di complessità. Verso i 4 5 anni molti aspetti dell'acquisizione del linguaggio sono ormai
completi. Lo sviluppo del linguaggio avviene tipicamente con una regolare sequenza di tappe , in cui un determinato livello deve
consolidarsi prima che si possa passare a quello successivo.
L’acquisizione del linguaggio è stata al centro  di accese controversie.
Secondo la spiegazione comportamentista proposta da Skinner, apprendiamo il linguaggio allo stesso modo in cui apprendiamo
qualsiasi latra abilità: tramite il rinforzo, l’estinzione e gli altri principi fondamentali del condizionamento operante. Maturando, i
lattanti cominciano ad emettere i primi vocalizzi. Le vocalizzazioni che non vengono rinforzate si riducono, invece quelle
rinforzate di mantengono nel repertorio del bambino. Inoltre, i bambini in fase di maturazione imitano le strutture linguistiche
che sentono, in seguito i genitori o altre persone adulte plasmeranno tali strutture rinforzando quelle grammaticali. La visione
comportamentista offre una spiegazione molto semplice dello sviluppo del linguaggio ma lascia senza spiegazione molte
caratteristiche fondamentali dello sviluppo del linguaggio: per prima cosa, i genitori non dedicano troppo tempo a insegnare ai
figli a parlare in modo corretto dal punto di vista della grammatica; per seconda cosa, i bambini generano molte più frasi
grammaticali di quante ne hanno sentite; per terza cosa, gli errori commessi dai bambini quando imparano a parlare tendono ad
essere sovra generalizzazioni di regole grammaticali.
La teoria innatista  sostiene che la migliore spiegazione per lo sviluppo del linguaggio sia considerarlo una capacità innata,
biologica. Secondo Chomsky, il cervello umano è dotato di un dispositivo di acquisizione del linguaggio, vale a dire un insieme di
processi che facilitano l’apprendimento del linguaggio. I processi del linguaggio emergono in modo naturale con la maturazione
del bambino, a condizione che il piccolo riceva gli stimoli adeguati per sostenere il processo di acquisizione. Persone con
un’intelligenza normale o quasi normale possono trovare delle difficoltà nell’apprendere alcuni aspetti del linguaggio. Questa
condizione nota col nome di disfasia congenita, una sindrome caratterizzata dall'incapacità di imparare la struttura
grammaticale del linguaggio cio indica che i bambini normali imparano con facilità le regole grammaticali del linguaggio in parte
perché sono dotati dei circuiti per farlo, tale predisposizione biologica spiega perché i neonati sono capaci di distinguere tra
fonemi di tutte le lingue umane. Se fosse vero che apprendiamo il linguaggio tramite imitazione i neonati distinguerebbero
solamente i fonemi che hanno effettivamente sentito. In accordo con la teoria innatista e il fatto che il linguaggio può essere
acquisito soltanto durante un ristretto periodo dello sviluppo. Una volta raggiunta la pubertà, l'acquisizione del linguaggio
diventa estremamente difficile.
Le teorie innatiste sono spesso criticate perché non spiegano come si sviluppa il linguaggio, ma si limitano a spiegare perché si
sviluppa. Secondo l'approccio interazionista, i bambini nascono già dotati della capacità innata di acquisire il linguaggio, le
interazioni sociali hanno un ruolo cruciale in tale apprendimento. Gli Interazionisti sottolineano che i genitori adattano le proprie
interazioni linguistiche con i figli in modo da facilitare l'acquisizione del linguaggio. Ulteriori prove dell'interazione tra biologia ed
esperienza derivano da uno studio relativo alla creazione di una nuova lingua da parte di bambini sordi, alcuni bambini sordi
incominciarono a frequentare una scuola speciale che inizialmente non insegnava una lingua dei segni formale eppure i bambini
iniziarono a comunicare usando i segni di loro invenzione i gruppi di bambini più giovani che poi hanno ulteriormente sviluppato
questo linguaggio, hanno creato dei segni distinti per indicare le stesse cose, il fatto che i bambini più giovani non si siano limitati
a copiare i segni prodotti dagli altri bambini più grandi suggerisce l'esistenza di una predisposizione a usare il linguaggio per
scomporre le nostre esperienze. Quindi i loro atti creativi illustrano chiaramente l'interazione tra innatismo ed esperienza.
Nella prima infanzia, l’elaborazione del linguaggio è distribuita su molte aree cerebrali, ma poi questi processi gradualmente si
concentrano sempre di più in due aree, l’area di Broca e l’area di Wernicke. Con la maturazione del cervello, queste due aree si
specializzano sempre di più rispetto al linguaggio, al punto che danni in queste aree portano una condizione molto grave  detta
afasia, la quale consiste in difficoltà a produrre o a comprendere il linguaggio. L’area di Broca è localizzata nella corteccia
frontale sinistra ed è coinvolta nella produzione dei pattern sequenziali che costituiscono le lingue sia vocali che dei segni. I
pazienti colpiti da afasia di Broca comprendono il linguaggio abbastanza bene ma hanno difficoltà di comprensione
progressivamente maggiori all’aumentare della complessità della struttura grammaticale delle frasi. L’area di Wernicke,
localizzata nella corteccia temporale sinistra, è coinvolta nella comprensione del linguaggio, i pazienti colpiti da afasia di
Wernicke producono un linguaggio dotato di struttura grammaticale che tuttavia tende ad essere privo di significato, inoltre
hanno notevoli difficoltà a comprendere il linguaggio. Tuttavia, queste due aree del cervello non sono le uniche a regolare il
linguaggio, quattro diversi ordini di prove stanno ad indicare che anche l’emisfero cerebrale destro dà un contributo importante
nell’elaborazione del linguaggio. In primo luogo, quando si presentano parole all’emisfero destro di partecipanti sani mediante la
tecnica del campo visivo diviso, l’emisfero destro dimostra una certa capacità di elaborazione del significato. In secondo luogo, le
persone con lesione all’emisfero destro hanno problemi con la comprensione del linguaggio. In terzo luogo, numerosi studi di
neuro immagine hanno rilevato attivazione neurale in regioni dell’emisfero destro durante compiti che coinvolgevano il
linguaggio. In quarto luogo , bambini che avevano subito l’asportazione chirurgica dell’intero emisfero sinistro come trattamento
dell’epilessia, sono poi riusciti a recuperare molte delle loro abilità linguistiche.
 I primi studi su bambini bilingue sembravano indicare che il bilinguismo rallentasse lo sviluppo cognitivo o interferisse con esso.
Un riesame di questi studi ha però rivelato vari errori importanti. Studi successivi hanno rivelato un quadro molto differente
delle abilità cognitive dei bambini bilingue. I bambini bilingue e i bambini monolingue non differiscono significativamente
rispetto all’andamento e alla velocità dello sviluppo del linguaggio. Il punto importante e che le persone bilingue traggono
vantaggio dall’esercizio di un controllo esecutivo sulla loro vita quotidiana, controllo che esercitano nel momento in cui
inibiscono la lingua di cui non si vogliono servire. Ricerche recenti hanno anche dimostrato che il bilinguismo porta vantaggi
nelle fasi più alto della vita: nelle persone bilingue si è osservato un esordio della malattia di Alzheimer più tardivo rispetto a
quello delle persone monolingue. Questi risultati sono in accordo con quanto emerso da altre ricerche e c’è chi imparare una
seconda lingua produce cambiamenti durevoli nel cervello. Tuttavia, vari studi hanno messo in luce anche alcuni svantaggi. I
bambini bilingue tendono ad avere in ciascuna delle lingue parlate un vocabolario più ristretto rispetto a quello dei loro coetanei
monolingue, inoltre elaborano il linguaggio più lentamente dei monolingue e a volte la produzione degli enunciati richiede il loro
più tempo.
Si è tentato di insegnare ad animali non umani a comunicare usando il linguaggio umano. I primi tentativi di insegnare a scimmie
antropomorfe a parlare fallirono miseramente. Tentativi successivi hanno avuto più successo, questi tentativi comprendevano
l’insegnamento della lingua americana dei segni e l’uso di tastiere collegati a computer con simboli geometrici che
rappresentavano parole. Altri ricercatori hanno insegnato a scimmie bonobo a comunicare usando un sistema basato su una
tastiera con simboli geometrici. Questi risultati indicano che le scimmie antropomorfe possono acquisire un vocabolario di
dimensioni considerevoli, dispongono però di un vocabolario, di un repertorio di concetti e di una comprensione della
grammatica limitati.
Alcuni studiosi sostengono che il linguaggio sia semplicemente un mezzo per esprimere il pensiero. Invece Benjamin Whorf
sostenne l’ipotesi della relatività linguistica, ovvero l’idea che il linguaggio plasma la natura del pensiero. Alcuni studi recenti
sull’elaborazione dei colori e sul concetto di tempo sembrano indicare che effettivamente il linguaggio influenzi il pensiero.alcuni
studiosi suggeriscono che Whorf avesse ragione solo a metà nel presupporre che il linguaggio influenza il pensiero. Altri, hanno
sostenuto che è troppo semplicistico discutere in termini generali se il linguaggio possa influenzare il pensiero, e che i ricercatori
dovrebbero essere più precisi e specifici nel definire i modi esatti in cui il linguaggio esercita questa influenza. Per esempio, Wolff
e Holmes hanno respinto l’idea che il linguaggio determini completamente il pensiero ma esistono delle indicazioni che il
linguaggio modifichi effettivamente il pensiero, sia mettendo in risalto certe specifiche proprietà dei concetti, sia permettendoci
di formulare regole verbali che ci aiutano a risolvere i problemi.
Il concetto è una rappresentazione mentale che raggruppa, ovvero categorizza, caratteri comuni di oggetti, eventi o altri stimoli.
Un concetto è una rappresentazione astratta che serve a designare una classe o una categoria di cose. Il cervello organizza i
nostri concetti riguardo al mondo, classificandoli in categorie sulla base di somiglianze condivise. Le prime teorie psicologiche
descrivevano i concetti come le regole che specificano le condizioni necessarie e sufficienti per definire l’appartenenza a una
particolare categoria. Una condizione necessaria è una qualità che un certo oggetto deve possedere per poter appartenere a una
certa categoria. Una condizione sufficiente una qualità che, se posseduta da un certo oggetto, dimostra che esso appartiene a
una certa categoria. E tuttavia, per la maggior parte delle categorie naturali non è affatto facile trovare definizioni in termini di
condizioni necessarie e sufficienti. Tre teorie cercano di spiegare in che modo viene effettuata la categorizzazione: la teoria della
somiglianza di famiglia  concentrarsi su caratteristiche che paiono tipiche dei membri di una data categoria, ma che possono
anche non essere possedute da ogni membro della categoria; secondo la teoria dei prototipi, ogni categoria è incentrata sul suo
rappresentante migliore o il più tipico. Un prototipo possiede la maggior parte dei tratti più caratteristici della categoria;
secondo la teoria degli esemplari, formuliamo giudizi sulla categoria confrontando ogni nuovo esemplare con i ricordi archiviati
degli esemplari già incontrati della stessa categoria.  di recente, studi di neuroimmagine hanno portato i ricercatori a concludere
che nel formare i concetti e le categorie usiamo sia i prototipi sia gli esemplari. La corteccia visiva è coinvolta nella formazione
dei prototipi, mentre la corteccia prefrontale e i gangli della base sono coinvolti nell’apprendimento tramite gli esemplari. La
sindrome denominata deficit categoria-specifico riguarda l’incapacità di riconoscere gli oggetti che appartengono a una
particolare categoria, a fronte di un inalterata capacità di riconoscere gli oggetti non appartenenti a quella categoria. Il tipo di
deficit categoria-specifico di cui una persona soffre dipende dall’area del cervello danneggiata, sono di solito la conseguenza di
un ictus, o di un altro trauma in aree dell’emisfero sinistro della corteccia cerebrale.
Categorie e concetti ci servono da guida per le centinaia di decisioni ed i giudizi che formuliamo durante una normale giornata.
Alcune decisioni sono facili, altre più difficili, alcune sono basate su giudizi ben ponderati, altre no. Gli economisti sostengono
che, se siamo razionali e liberi di prendere le nostre decisioni, ci comporteremo come previsto dalla teoria della scelta razionale:
la decisione viene presa stabilendo quali probabilità ha una certa cosa di accadere , giudicando il valore dell’esito e poi
moltiplicando tra loro e due fattori. Scegliere l’opzione con il valore atteso più elevato sembra così immediato che molti
economisti hanno accettato le idee su cui si basa la teoria della scelta razionale. Le ricerche hanno dimostrato che stiamo molto
bravi a stimare le frequenze, ovvero il numero di volte in cui una cosa accade, ce la caviamo invece molto peggio nei compiti che
ci richiedono di pensare in termini di probabilità, ovvero di stima delle possibilità che una certa cosa possa avvenire. Ma anche
usando le probabilità, le performance variano a seconda del modo in cui il problema è descritto. Di solito siamo vittime di un
errore sistematico noto come distorsione da accessibilità, cioè la tendenza a ritenere che gli elementi più facilmente accessibili
in memoria si siano presentati con maggiore frequenza. La distorsione da accessibilità influenza le nostre stime perché la forza
del ricordo e la frequenza di occorrenza sono direttamente correlate. Gli elementi che ricorrono con frequenza elevata vengono
ricordati più facilmente degli elementi che ricorrono con una frequenza scarsa. Le scorciatoie mentali come la distorsione da
accessibilità sono spesso definite euristiche, vale a dire strategie rapide ed efficienti che possono facilitare il processo
decisionale, ma non garantiscono di arrivare a una soluzione. Le strategie euristiche sono stratagemmi mentali o regole
empiriche spesso efficaci nell’affrontare un problema. Al contrario, un algoritmo è una sequenza ben definita di procedure o
regole che garantisce una soluzione al problema. La distorsione da accessibilità costituisce una potenziale fonte di errore nella
cognizione umana. Purtroppo non è l’unica esiste anche la cosiddetta fallacia della congiunzione perché in generale si pensa che
due eventi abbiano più probabilità di verificarsi insieme di quante ne hanno di verificarsi singolarmente. Consiste nel credere che
aumentando il numero di elementi di informazione aumentino le probabilità che siano tutti veri. In realtà le probabilità
diminuiscono rapidamente. Vi è poi l’euristica della rappresentatività vale a dire la tendenza a emettere un giudizio di
probabilità confrontando un oggetto o un evento con il prototipo dell’oggetto o dell’evento. Le euristiche che come quella della
rappresentatività e la distorsione ed accessibilità e la fallacia della congiunzione mettono in evidenza sia i punti di forza che i
punti deboli del nostro modo di pensare. Siamo molto bravi a formare categorie basate su prototipi e classificare gli oggetti sulla
base della loro somiglianza tali prototipi. Stimare le probabilità non è la nostra qualità migliore. Gli studi dimostrano che effetti
del contesto, i quali si verificano quando le persone danno risposte differenti allo stesso problema in base al modo in cui il
problema è espresso possono influenzare il valore che assegniamo. Uno degli effetti nel contesto più sorprendenti è la
cosiddetta fallacia dei costi irrecuperabili che si verifica quando le decisioni su una situazione in atto sono prese in base a
quanto si è già investito in quella situazione. Il processo di decisione umana si rivela spesso influenzato da quello che viene
chiamato il bias dell’ottimismo, ovvero la tendenza delle persone a credere di avere, in confronto alle altre, più probabilità di
esperire in futuro eventi positivi, e meno probabilità di esperire eventi negativi. Un eccesso di ottimismo può essere dannoso
perché può impedire di fare i passi necessari per raggiungere i propri obiettivi. Quindi le persone troppo ottimiste possono
pensare di poter raggiungere un certo obiettivo anche quando non hanno le capacità necessarie. Varie ricerche hanno
dimostrato che il bias dell’ottimismo è più diffuso tra i nord americani che tre membri delle culture orientali. Gli psicologi hanno
sviluppato varie teorie per spiegare perché il processo decisionale quotidiano è soggetto a questi errori. In base a un modello di
inferenza totalmente razionale dovremmo prendere decisioni che massimizzano il valore, In altre parole dovremmo cercare di
aumentare quella che gli psicologi gli economisti chiamano utilità attesa. Tversky e kahneman hanno sviluppato la teoria del
prospetto secondo la quale le persone scelgono di assumersi rischi quando valutano le potenziali perdite e di evitare i rischi
quando valutano i potenziali guadagni. Questi processi di decisioni avvengono in due fasi: nella prima fase, semplifichiamo le
informazioni disponibile; nella seconda fase, scegliamo l’opzione che crediamo offre alle migliori prospettive di un vantaggio,
questa valutazione del vantaggio è personale e può non coincidere con una misura oggettiva di valore migliore. La teoria del
prospetto avanza altre ipotesi per spiegare le nostre modalità di decisione, un’ipotesi, il cosiddetto effetto certezza presuppone
che quando prendiamo decisioni attribuiamo un peso maggiore agli esiti sicuri. La teoria del prospetto ipotizza inoltre che siamo
più disposti ad assumerci rischi per evitare perdite che non per ottenere guadagni. In uno studio i ricercatori hanno esaminato le
differenze tra volontari sani le persone con un danno al lobo prefrontale nello svolgere un compito di gambling, c’è un compito
basato sui giochi d’azzardo che comportava di prendere decisioni rischiose. I giocatori con un danno al lobo prefrontale
sceglievano le carte dei mazzi più rischiosi e da quelli più sicuri con uguale frequenza , un comportamento che finiva col portare
la maggior parte di loro alla rovina. All’inizio anche volontari sani estraevano le carte da ogni mazzo con la stessa frequenza ma
poi gradualmente spostavano la scelta soprattutto sui mazzi più sicuri. Con il progredire del gioco, i partecipanti sani
cominciavano a mostrare reazioni emozionali anticipatorie mentre i pazienti con un danno prefrontale non mostravano queste
emozioni. Evidentemente la loro reazioni emozionali non guidavano il loro pensiero ed essi continuavano a prendere decisioni
rischiose. Questi studi dimostrano che i processi con cui formuliamo le decisioni rischiose dipendono dalla corteccia prefrontale.
 Due tipi principali di problema complicano la vita quotidiana, il primo consiste nel problema mal definito, vale a dire un
problema che non ha un obiettivo chiaro o un percorso ben definito per arrivare alla soluzione, al contrario un problema ben
definito a obiettivi specificati in modo chiaro e le possibili soluzioni definite anch’esse in modo chiaro. Duncker descrisse il
processo della risoluzione dei problemi in termini di analisi mezzi-fini vale a dire un processo di ricerca dei mezzi, o dei passi, per
ridurre le differenze tra la situazione attuale l’obiettivo desiderato. Tale processo richiede in genere i seguenti passi: analizzare lo
stato obiettivo ovvero l’esito che si desidera ottenere; Analizzare lo stato attuale quindi il punto di partenza; elencare le
differenze tra allo stato attuale e lo stato obiettivo; ridurre le differenze attraverso mezzi diretti senza passi intermedi,
generando un sotto obiettivo, trovando un problema simile che abbia una soluzione conosciuta. Quando si ricerca la soluzione di
un problema per analogia, si tenta di risolvere un problema trovandone un altro simile di cui sia nota una soluzione e
applicando la stessa soluzione al problema attuale. Il problem solving per analogia dimostra che risolvere con successo un
problema dipende spesso dall’apprendimento dei principi sottesi tra un particolare tipo di problema e che risolvere molti
problemi migliora la capacità di riconoscere certi tipologia di problema e di generare soluzioni efficaci. Tuttavia alcune soluzioni
sembrano implicare brillanti lampi di intuizione, gli insight, e soluzioni creative mai provate in precedenza. Gli insight sono un
processo spontaneo di ristrutturazione del problema, il lampo improvviso di intuizione è in netto contrasto con le procedure
incrementali, in cui gradualmente ci si avvicina sempre di più alla soluzione del problema. Alcune ricerche indicano che soluzioni
per insight improvvise possono scaturire da processi graduali inconsci. È un processo incrementale che avviene al di fuori della
coscienza, l’insieme di indizi che costituisce il problema attiva inconsciamente le informazioni rilevanti nella memoria, questa
attivazione si diffonde poi nella rete della memoria, reclutando ulteriori informazioni rilevanti. Una volta che è stato attivato un
numero di informazioni sufficiente, il flusso supera la soglia della coscienza e noi sperimentiamo improvvisamente l’insight con la
soluzione del problema. Per esaminare l’attività cerebrale associata con l’insight è stata messa appunto una procedura
denominata compound remote associates, ogni problema consiste in tre parole, a volte le persone riescono a risolvere questi
problemi con un lampo di insight. La soluzione appare all’improvviso alla loro mente come se arrivasse dal nulla. Ma le altre
volte le soluzioni viene cercata tramite il ricorso strategie analitiche , che implicano il tentare la formazione di nomi composti
cominciando con la prima parola per poi vedere se si adatta anche con le altre due. I partecipanti ricevono l’istruzione di
premere un pulsante nel momento in cui viene loro in mente una soluzione per poi dire ai ricercatori se ci sono arrivati tramite
insight o tramite una strategia analitica. I ricercatori utilizzarono l’elettroencefalogramma per misurare l’attività elettrica
cerebrale dei partecipanti mentre erano impegnati a risolvere i problemi. Circa 1/3 di secondo prima che i partecipanti se ne
uscissero con la soluzione l’elettroencefalogramma mostravano improvviso in marcato scoppio di attività elettrica ad alta
frequenza quando la soluzione arrivava per insight, ma non quando era il risultato di una strategia analitica. Questa attività era
localizzata nella regione anteriore del lobo temporale destro. l’insight è un evento relativamente poco frequente. Una delle
ragioni risiede nel fatto che ai processi di soluzione dei problemi subiscono l’influenza del framing. Nel problem solving gli effetti
del framing tende a limitare il tipo di soluzioni che si presentano alla nostra mente. La fissità funzionale indica la tendenza a
percepire come immutabili le funzioni degli oggetti è un processo che limita il nostro pensiero(il problema dei nove punti).
Il ragionamento è un’attività mentale che consiste nell’organizzare le informazioni o le credenze in una serie di passaggi, al fine
di arrivare a una conclusione. Per valutare i risultati del processo di ragionamento ci affidiamo alla logica. La logica è un sistema
di regole che specifica quali conclusioni discendono da un certo insieme di affermazioni. Il ragionamento pratico e il
ragionamento teorico ci consentono di prendere decisioni. Il ragionamento pratico consiste nel riuscire a capire che cosa fare,
ovvero è un ragionamento diretto all’azione. al contrario, il ragionamento teorico è un ragionamento diretto al raggiungimento
di una convinzione. Usiamo il ragionamento teorico quando cerchiamo di stabilire quali convinzioni discendono logicamente da
altre convinzioni. La distorsione da credenza si ha quando i giudizi se accettare o meno una conclusione dipendono più dalla
credibilità della conclusione stessa che dalla validità sul piano logico delle argomentazioni che la sostengono. Nel ragionamento
sillogistico si stabilisce se una conclusione discende da due affermazioni che si assumono come vere.

10- L’INTELLIGENZA

In breve, l’intelligenza è la capacità di usare la propria mente per risolvere nuovi problemi e apprendere dall’esperienza.
I test d’intelligenza sono stati, nel tempo, usati per dare una giustificazione razionale ai pregiudizi e per legittimare la
discriminazione contro persone diverse per appartenenza etnica. Il fatto che i test d’intelligenza siano stati usati, a volte, per
scopi detestabili è paradossale perché furono sviluppati per il più nobile degli scopi: aiutare gli studenti delle classi meno
privilegiate.
Verso la fine dell’ottocento la Francia avviò radicali riforme sociali, grazie alle quali l’istruzione scolastica divenne obbligatoria,
ma non tutti i bambini della stessa età avevano la stessa predisposizione ad imparare. Alfred Binet riteneva che il governo
avrebbe dovuto avvalersi di un metodo oggettivo per valutare le capacità di apprendimento di ogni bambino, e quelli che
avevano bisogno di un aiuto particolare dovevano essere inseriti in “classi di recupero”, insieme ad altri coetanei. Per mettere in
pratica questa scelta Binet e il suo collaboratore raccolsero un insieme di compiti che i bambini brillanti potevano risolvere bene,
e che quelli più tardi non erano in grado di eseguire  e li accorparono in un test che poteva misurare l’intelligenza naturale di un
bambino. Essi inoltre costruirono il loro test in modo che gli psicologi potessero utilizzarlo per valutare il livello mentale di un
bambino semplicemente calcolando il punteggio medio ottenuto nel test da numerosi bambini nelle differenti classi d’età, e
trovando poi la classe d’età il cui punteggio medio ottenuto corrispondeva a quello ottenuto nel test dal singolo bambino. Circa
un decennio più tardi, lo psicologo tedesco Williams Stern propose che questo livello mentale fosse da considerarsi l’età mentale
del bambino e che il modo migliore per stabilire se un bambino si stava sviluppando normalmente fosse esaminare il rapporto
tra la sua età mentale e la sua età cronologica. Nacque così il quoziente di intelligenza, quello che oggi indichiamo
semplicemente con QI. Inizialmente gli psicologi calcolavano il QI di rapporto , che è una grandezza statistica ottenuta dividendo
l’età mentale di una persona per la sua età cronologica e moltiplicando il quoziente per 100. Gli psicologi si resero presto conto
che mettere a confronto l’età mentale con l’età cronologica può funzionare bene con i bambini, ma non funziona con gli adulti
dato che è fra adulti di età diverse non vi sono differenze notevoli rispetto alle capacità intellettive. Per ovviare a questa
difficoltà i ricercatori iniziarono a misurare intelligenza calcolando il QI di deviazione, una grandezza statistica ottenuta
dividendo il punteggio conseguito nel testo da una persona per il punteggio medio conseguito dalle persone della sua stessa età
e moltiplicando poi il quoziente per 100. i più diffusi tra i moderni test di intelligenza sono la scala WAIS e la scala WISC.
Entrambi questi test prendono il nome dal loro autore, lo psicologo David Wechsler, che durante la seconda guerra mondiale
lavorò per l’esercito americano mettendo appunto test per valutare le nuove reclute. I punteggi nei test di intelligenza hanno
eccellente potere predittivo circa le future entrate di una persona, le persone più intelligenti sono anche più sane e salute e
ricchezza sono ovviamente correlate. ma qualunque sia la ragione di questa cosa la conclusione è che l’intelligenza è importante
per praticamente qualsiasi cosa che ha valore per le persone.
Se l’intelligenza e un’unica abilita generale allora si dovrebbe trovare una correlazione positiva molto forte fra le prestazioni date
da una stessa persona in molti tipi diversi di test. Questa è appunto l’ipotesi su cui lo psicologo Charles Spearman fondò il suo
lavoro di ricerca. Spearman, iniziò con l’analizzare l’accuratezza con cui bambini età scolare erano in grado di distinguere piccole
differenze di colore, tonalità e peso, quindi calcolo la correlazione tra questi punteggi e i voti ottenuti dai bambini in varie
materie scolastiche. E immediatamente noto due cose. In primo luogo, notò che le prestazioni nei diversi test erano correlate
positivamente: i bambini che ottenevano un punteggio elevato in un test tendevano davvero un punteggio elevato anche negli
altri testi. in secondo luogo notò che le prestazioni ne differenti test non presentavano una correlazione perfetta: il bambino che
aveva il punteggio in assoluto più alto non avevo necessariamente il punteggio in assoluto più alto in ogni test. Spearman
combinò questi due fatti nella cosiddetta teoria bifattoriale dell’intelligenza, secondo la quale la prestazione di una persona in
un testo richiede la combinazione di un’abilità generale e di abilità che sono specifiche per il test.
Louis Thurstone osservò che sebbene le prestazioni nei differenti test presentassero una correlazione positiva, tale correlazione
era molto più forte tra i test che avevano un carattere comune, significava che in realtà non esiste un’abilità generale e che
esistevano invece più abilità mentali stabili e indipendenti, quali l’abilità percettiva, l’abilità verbale e l’abilità numerica.
Thurstone chiamò queste capacità abilità mentali primarie e sostenne che non erano né generali né specifiche. Negli anni
ottanta una nuova tecnica matematica, detta analisi fattoriale confermativa, portò alla conclusione che sia Spearman sia
Thurstone avevano, ciascuno a suo modo, ragione. Nello specifico ci ha dimostrato che le correlazioni tra i punteggi in test di
abilità mentali differenti trovano la migliore descrizione in una gerarchia tra i livelli, con un fattore generale al vertice, fattori
specifici alla base, è un’insieme di fattori detti fattori di gruppo nel mezzo. Uno dei modi per determinare la natura delle abilità
intermedie e partire dai dati e vedere dove questi ci portano. Seguendo lo stesso procedimento di Spearman e Thurstone,
potremmo calcolare le correlazioni tra le prestazioni di un grande numero di persone in un grande numero di test e vedere poi
come queste correlazioni si raggruppano. Le abilità intermedie sono 8: apprendimento e memoria, percezione visiva, fluidità
verbale, capacità mnemonica, rapidità cognitiva, conoscenza, intelligenza cristallizzata e intelligenza fluida. Per intelligenza
cristallizzata si intende la capacità di applicare le conoscenze acquisite tramite l’esperienza , in genere viene misurata tramite
test di vocabolario ed informazioni fattuali. L’intelligenza fluida e la capacità di ragionare su problemi nuovi e dai loro una
soluzione , in genere viene misurata somministrando ai soggetti problem astratti che sono attinenti a nuovi domini e devono
essere risolti sotto pressione temporale. Lo psicologo Robert Sternberg sostiene che, poiché i test standard di intelligenza
presentano problemi ben definiti che ammettono unica risposta corretta e forniscono tutte le informazioni necessarie per
arrivare alla soluzione, questi test sono in grado di misurare l’intelligenza analitica , che è la capacità di identificare e definire
problemi e di trovare strategie per risolverli. Ma nella realtà quotidiana, le persone si trovano in situazioni in cui devono
formulare il problema, trovare le informazioni necessarie per risolverlo e poi scegliere fra le molteplici soluzioni potenzialmente
corrette. Questa situazione richiede intelligenza creativa, ovvero la capacità di generare soluzioni di cui altre persone sono
incapaci, e intelligenza pratica cioè la capacità di adattare applicare queste soluzioni al contesto della vita quotidiana.
Ovviamente non tutti i problemi dell’intelligenza consente di risolvere sono di natura analitica creativa o pratica . gli psicologi
John Mayer e Peter Salovey hanno definito l’intelligenza emotiva come la capacità di ragionare sulle proprie emozioni e di
usarle per affinare le capacità di ragionamento. Le persone con spiccata intelligenza emotiva sanno che tipo di emozioni un
particolare evento può generare in loro: possono identificarle, descriverle e gestirle, nonché utilizzarle per migliorare le
decisioni. Chi è emozionalmente intelligente risolve problemi emozionali con attività neuronale meno intensa rispetto che ha
un’intelligenza emotiva ridotta. È di grande importanza anche per le relazioni sociali. Altre abilità di livello intermedio che
sfuggono all’ approccio basato sui dati sono le abilità che hanno grande valore nelle culture in cui test d’intelligenza sono poco
comuni . secondo alcuni studiosi ciò significa che culture differenti hanno concezioni differenti dell’intelligenza, ma altri sono
convinti che siano solo differenze linguistiche.
Alcune cose vengono apprese, altre no. Ma quasi tutte le cose davvero interessanti che riguardano le persone sono il prodotto
delle esperienze che si fanno e delle caratteristiche con cui siamo nati. L’intelligenza è una di queste cose ed è influenzata sia
dalla natura sia della cultura. Platone sosteneva che gli individui nascono con attitudini innate che li rendono bravi governanti,
bravi soldati o bravi i mercanti. Sir Francis galton si interessò alle origini dell’intelligenza e eseguì accurati studi genealogici di
famiglie illustri giungendo alla conclusione che l’intelligenza fosse ereditaria. Il fatto che l’intelligenza presenti un’evidente
familiarità non prova che risente di influenze genetiche, poiché se pure è vero che ai membri di una stessa famiglia molto spesso
condividono i geni, e però anche vero che condividono esperienze. Due fratelli nati degli stessi genitori ma in giorni diversi
condividono in media il 50% dei loro geni. I gemelli sono fratelli nati da uno stesso parto e possono essere di due tipi diversi. I
gemelli fraterni sono semplicemente fratelli a cui è capitato di crescere insieme nel ventre della madre, quindi come tutti i
fratelli condividono il 50% dei loro geni . invece gemelli identici condividono il 100% dei loro geni. Questi differenti gradi di
parentela genetica consentono agli studiosi di valutare l’influenza dei geni sull’intelligenza che si rivela piuttosto forte. Per
esempio i QI di gemelli identici hanno una correlazione positiva. Inoltre tale correlazione si osserva persino nei gemelli identici
separati alla nascita. Ciò significa che le persone che condividono tutti i loro geni hanno QI simili, indipendentemente dal fatto
che condividono le esperienze. Il coefficiente di ereditabilità(h2) è un parametro statistico che descrive in quale proporzione la
differenza tra persone nei punteggi del QI può essere spiegata da differenze nel loro corredo genetico. Non è la stessa cosa del
coefficiente di correlazione R. L’intelligenza non può essere dovuta più all’uno che all’altro fattore. Il coefficiente di ereditabilità
ci dice quanto è grande l’influenza dei geni nel determinare le differenze di intelligenza tra le persone di un particolare gruppo,
perciò il suo valore può cambiare in funzione dello specifico gruppo di persone che misuriamo. Il coefficiente di ereditabilità può
variare anche in base all’età delle persone che si misurano ed è in genere più elevato tra gli adulti che tre bambini e tra i bambini
più grandi rispetto a quelli più piccoli. Ciò non vuol dire che in un mondo abitato da esseri umani geneticamente differenti che
però vivessero in casa esattamente uguali ricevessero lo stesso cibo e lo stesso livello di istruzione avrebbero un coefficiente di
ereditabilità 1, perché due persone senza legami di parentela che vivono nello stesso nucleo familiare avranno alcune
esperienze in comune ma non tutte . per ambiente condiviso si intendono tutti quei fattori ambientali che sono esperiti da tutti i
membri di un nucleo familiare. Per ambiente non condiviso intendono tutti quei fattori ambientali che non sono esperiti da tutti
i membri rilevanti di un nucleo familiare. L’intelligenza cambia chiaramente nel tempo, la direzione del cambiamento è verso
l’alto tra l’adolescenza e la mezza età, in seguito e verso il basso. Il declino più netto avviene nella vecchiaia. L’intelligenza
cambia non solo nel corso dell’esistenza ma anche tra le diverse generazioni. Con il termine effetto Flynn ci si riferisce al fatto
che oggi il punteggio medio del QI è di circa 30 punti superiore rispetto a un secolo fa . la maggioranza degli studiosi tende a
ritenere che la rivoluzione industriale e tecnologica abbia a tal punto modificato la vita quotidiana delle persone da far sì che
oggi si trascorra sempre più tempo né risolvere esattamente quel tipo di problemi astratti che compongono i test di intelligenza.
Il fatto che l’intelligenza si modifichi nell’arco dell’esistenza e da una generazione all’altra indica come l’intelligenza non è affatto
una quantità fissa che non può essere aumentata. Due delle esperienze più importanti ai fini dell’intelligenza sono le condizioni
economiche e l’istruzione. Uno dei più precisi fattori predittivi delle intelligenza di una persona e la ricchezza materiale della
famiglia in cui è cresciuta ovvero quello che gli studiosi chiamano status socio economico. lo stato socio economico influenza
l’intelligenza tramite un’influenza diretta sul cervello. I bambini di famiglie con uno status socio economico basso usufruiscono di
diete e cure mediche peggiori e hanno maggiori probabilità di essere esposti a tossine ambientali che possono danneggiare lo
sviluppo cerebrale. Lo status socio economico influenza il cervello e influenza l’ambiente in cui quel cervello vive e apprende. La
stimolazione intellettiva accresce l’intelligenza e le ricerche dimostrano che le famiglie ad alto reddito hanno maggiori
probabilità di fornirle ai loro figli. La correlazione tra il grado di istruzione formale che una persona riceve la sua intelligenza è
piuttosto alta. E una ragione per cui questa correlazione è così elevata e perché le persone intelligenti tendono a rimanere a
scuola, ma un’altra ragione è che la scuola rende intelligenti. Tuttavia, fino a oggi ben pochi interventi educativi sembrano aver
dato luogo a incrementi dell’intelligenza di entità significativa e di lunga durata. I geni possono esercitare parte della loro
influenza più potente non tanto determinando la struttura del cervello di una persona e , quanto piuttosto determinando
l’attrazione della persona per particolari ambienti.
Il valore medio del QI è 100 il 68% di noi ha un valore di QI compreso tra 85 e 115. Le persone con punteggio molto superiore ai
valori di questo intervallo sono dette intellettualmente dotate, mentre le persone con un punteggio molto inferiore sono dette
disabili intellettivi. Quelli che occupano l’ampia fascia centrale della distribuzione spesso nutrono molte false idee su coloro che
si trovano ai due estremi. Per esempio e tipico vedere rappresentato nei film il genio tormentato come una persona brillante,
incompresa dagli altri, tendente alla depressione e non poco strana, in realtà, le persone molto intelligenti sono meno
suscettibili ai disturbi mentali di quanto non lo siano le persone con un livello di intelligenza molto basso. Un altro errore
fondamentale e la figura del bambino cervellone disadattato , in realtà le ricerche indicano che i bambini con un livello di
intelligenza molto alto sono adattate altrettanto bene degli altri. È interessante notare che raramente dei bambini dotati lo sono 
in ogni campo, ma piuttosto lo sono in un campo particolare come la matematica, il linguaggio o la musica. Alcune ricerche
suggeriscono che l’unica cosa che realmente distingue i bambini dotati dai loro coetanei meno dotati sia l’enorme quantità di
tempo che dedicano al loro dominio di eccellenza. La disabilità intellettiva può variare di grado da leggero compreso tra il 50 e il
69, a moderato completo tra il 35 e il 49, a grave compreso tra il 20 e il 34 a profondo inferiore a 20. Due tra le cause più comuni
di disabilità intellettiva sono la sindrome di Down, causata dalla presenza di una terza copia del cromosoma 21, e la sindrome
alcolica fetale, causata da un eccessivo uso di alcol da parte della madre durante la gravidanza. Le persone con disabilità
intellettive si trovano ad affrontare molte sfide, e il non essere comprese è una delle più difficili. Lewis Terman dell’università di
Stanford produsse il test oggi noto come scala di intelligenza Stanford binet. Terman afferma tre cose: l’intelligenza è influenzata
dai geni; gli appartenenti a certi gruppi razziali ottengono punteggi migliori di altri gruppi nei testi di intelligenza; e la ragione  è
dovuta a differenze nei loro geni. Praticamente tutti gli scienziati moderni sono concordi nel ritenere che la prima e la seconda di
queste affermazioni siano vere: l’intelligenza è influenzata dai geni e alcuni gruppi hanno effettivamente prestazioni migliori di
altri nei test di intelligenza. Ma la terza affermazione di terman non è un dato di fatto. Ma giusto o non giusto che sia, questo è
quello che accade. I bianchi superano di molto i neri nei punteggi ai test di intelligenza . le donne superano di solito gli uomini
nei test che richiedono accesso rapido alle informazioni semantiche e il loro utilizzo, la produzione e comprensione di una prosa
complessa, abilità motorie fini e velocità percettiva dell’intelligenza verbale. Gli uomini superano di solito le donne nei test che
richiedono trasformazioni di immagini nella memoria visiva o in quella spaziale, particolare abilità motorie e ragionamento fluido
nei domini matematici e scientifici astratti. Di fatto, le differenze tra gruppi nei test di intelligenza sono tra i dati meglio
documentati della psicologia. Anche se è la differenza media tra gruppi e considerevolmente inferiore alla differenza media
entro ciascun gruppo, Terman aveva ragione quando affermava che alcuni gruppi hanno prestazioni migliori di altri nei test di
intelligenza. Una possibile spiegazione è che vi sia qualcosa di sbagliato nei test . in effetti oggi vi sono pochi dubbi sul fatto che i
primi test di intelligenza avessero domande le cui risposte avevano maggiori probabilità di essere conosciuti dei membri di un
particolare gruppo. Ma i test di intelligenza hanno fatto molta strada in un secolo e nei test moderni si farebbe parecchia fatica a
trovare domande con un chiaro vizio culturale. Inoltre, differenze tra gruppi emergono anche in quelle parti dei test di
intelligenza che misurano abilità non verbali come il test delle matrici progressive di Raven. In breve, è estremamente
improbabile che le differenze tre gruppi rispetto ai punteggi medi nei test di intelligenza siano dovute interamente a vizi
sistematici legati alla cultura. Tuttavia, anche quando le domande dei test sono neutrali, le situazioni in cui i test vengono
somministrati possono non esserlo. Per esempio, gli studenti afroamericani hanno prestazioni inferiori nei test quando si chiede
loro di dichiarare la propria appartenenza razziale in cima al foglio di del questionario, probabilmente perché ciò genera il loro il
timore di confermare gli stereotipi razziali e naturalmente questo timore interferisce con la loro prestazione nel test. La
minaccia dello stereotipo consiste nella paura di confermare gli stereotipi negativi che altri possono nutrire sul proprio gruppo.
Risultati come questi ci ricordano che la situazione in cui test di intelligenza vengono somministrati può influenzare in modo
diverso i membri di gruppi diversi e può essere all’origine di differenze di prestazione che non riflettono reali differenze di
intelligenza tra i gruppi. Tra gli scienziati vi è notevole accordo sul fatto che un ruolo importante su queste differenze di abilità si
è svolto dall’ambiente. Fino ad oggi gli studiosi non hanno trovato nessun risultato che posta affermare che i geni abbiano un
qualche ruolo in queste differenze, ma ne hanno trovati alcuni in base ai quali tale spiegazione appare improbabile. Per esempio,
gli afroamericani possiedono in media un 20% di geni europei, ma quelli tra loro che ne possiedono di più non sono più
intelligenti di quelli che ne possiedono di meno, il che non è ciò che ci dovremmo aspettare sei davvero i geni europei
rendessero più intelligenti. Per provare che le differenze psicologiche e comportamentali tra gruppi hanno un’origine genetica ci
vorrebbe qualche genere di prove che gli scienziati trovano quando studiano le differenze fisiche tra gruppi.  Intelligenza può
essere migliorata. Recentemente alcuni ricercatori hanno trovato che quattro tipi di interventi sono davvero in grado di
migliorare l’intelligenza dei bambini. Primo, arricchire la dieta durante la gravidanza con acidi grassi polinsaturi a lunga catena
sembra far aumentare il QI dei bambini di quattro punti. Secondo, far partecipare ai bambini delle famiglie a basso reddito ai
cosiddetti programmi di educazione precoce tende a fare crescere il loro QI di circa sei punti. Terzo, leggere libri ai bambini in
maniera interattiva fa crescere il loro QI di circa sei punti. Quarto, mandare bambini all’asilo fa aumentare il loro QI circa sei
punti. Quindi c’è qualcosa che i genitori possono fare per rendere i loro figli più intelligenti. Le ricerche hanno indicato che vari
tipi di esercizi mentali sono poi in grado di migliorare l’intelligenza dei genitori stessi. Per esempio , in un compito n-back,s i
mostra a soggetto delle lettere, una per volta, e gli si chiede se la lettera che sta vedendo è la stessa che ha visto  n lettere fa.
Nella versione 1-back, il compito è piuttosto facile, perché la persona deve semplicemente dire se la lettera che sta vedendo
uguale a quella che ha appena visto. La versione 3-back è invece piuttosto difficile, perché il soggetto deve dire se la lettera
attuale è la stessa che ha visto tre lettere prima. Le ricerche dimostrano che le persone allenate per lungo tempo a eseguire
questo compito nelle sue versioni più complesse mostrano un aumento dell’intelligenza fluida. Ma per migliorare l’intelligenza
non è sempre necessario lavorare così tanto . i potenziatori cognitivi sono sostanze che migliorano i processi psicologici
sottostanti alle prestazioni intellettive. Stimolanti come il Ritalin e l’Adderal, per esempio, possono migliorare le prestazioni
cognitive. Nel prossimo futuro forse sarà possibile raggiungere il potenziamento cognitivo senza ricorrere a sostanze chimiche
che alterano temporaneamente la funzione cerebrale, ma piuttosto tramite tecniche che modificano in modo permanente la
struttura del cervello.

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