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CORSO DI LAUREA TRIENNALE

Psicologia e Processi Sociali

Prof. ssa M. Tafà


Dott. ssa F. Bracaglia
a.a. 2021/2022
Dal 04/10/2022 al 22/12/2022
Sede: Aula 2

martedì 16.00-18:00
giovedì 14.00-16.00
venerdì 14.00-16.30
…premesse sistemiche

Un pensiero sistemico privilegia le relazioni all’individuo, che non


significa dimenticare l’individuo, ma tenere contemporaneamente
presenti entrambe le prospettive. Ad esempio se una malattia riguarda il
singolo, dopo la sua spiegazione, allargare la conversazione per vedere che effetto
ha sugli altri: che ne pensa lei…? Che ne pensa lei di quello che ha detto suo…?
E’ un’opinione condivisa da tutta la famiglia? O qualcuno ha un’idea diversa?

Sintomo spiegato dal contesto relazionale

Includere nell’osservazione anche il comportamento del clinico:


riconoscere la propria partecipazione alla dinamica (homunculus di
Minuchin)
 ‘Il Terapeuta efficace entra in seduta con un compagno
invisibile, appollaiato sulla sua spalla sinistra: una sorta di
homunculus, minuscolo essere, che replica in tutto e per tutto
il terapeuta, l’osserva e riflette sui suoi interventi.
 Questo compagno invisibile è essenziale: nel processo
terapeutico, la persona del terapeuta è lo strumento centrale’.
Fasi della valutazione
 Fase sociale

 Fase della definizione del problema

 Fase dell’osservazione dell’interazione tra i familiari

 Ridefinizione o Restituzione
1) Fase Sociale
Tutti membri familiari si presentano e vengono coinvolti:
questo evita di concentrare l’attenzione sul portatore del
sintomo
dà la possibilità al terapeuta di cominciare ad inserire il
sintomo in un contesto di relazioni
- il clinico formula delle ipotesi che ancora non condivide con
la famiglia (attenzione alla definizione di ognuno ed alla
collocazione all’interno dell’organizzazione familiare, se
qualcuno parla di più, se qualcuno parla per qualcun altro)
Obiettivo del clinico mettere a proprio agio i membri
familiari
 E’ importante che il clinico conosca tutti i membri
della famiglia e capisca che tipo di clima relazionale
esiste in quel momento tra di loro
 Nessuno deve parlare al posto di un altro, né
avanzare congetture sui pensieri o i sentimenti di
un altro membro della famiglia (Minuchin)
Il racconto del sintomo e quindi della
persona o della relazione che presenta la
difficoltà, rappresentano i livelli di indagine
iniziali
È opportuno indagare
 chi ha deciso di chiedere aiuto
perché essa si colloca proprio in quel particolare

momento della vita familiare


Fase Sociale
clima relazionale
scambio verbale e non verbale
disposizione spaziale (linguaggio non verbale)
confini familiari
La scambio comunicativo
1. Comunicazione Verbale
2. Comunicazione non Verbale- clima emotivo,
alleanze familiari
 Gli aspetti non verbali della comunicazione
possono fornire informazioni significative su
ognuno dei membri, sia se sono in linea con i
contenuti espressi e sia, anzi soprattutto, se sono
discordanti rispetto a quello che ogni membro
riferisce
La disposizione spaziale
della famiglia
 la modalità attraverso cui la famiglia
si
dispone spazialmente all’interno della
stanza, può essere una
informazione utile circa prima
del sistema (ad esempio l’organizzazione
il paziente può
sedersi tra i due genitori, ecc.).
I confini familiari (Minuchin)
 Sono regole che stabiliscono ‘chi partecipa e
come’ alla vita dei sottosistemi (la struttura
familiare svolge le sue funzioni attraverso
di essi); la loro funzione è la salvaguardia
della differenziazione nei vari sottosistemi che
costituiscono il sistema.
 Possono essere: Chiari-Rigidi-Diffusi
CONFINI FAMILIARI
 i confini chiari vengono disegnati con una
linea tratteggiata: -----------------------

 quelli diffusi con una linea punteggiata:


………………………………………
 quelli rigidi con una linea continua:
2) Definizione del problema

Tutti membri familiari vengono coinvolti:


ognuno fornisce la propria percezione del
problema

Ricostruzione della storia del sintomo: quando


è iniziato, che succedeva allora, come hanno
reagito gli altri membri familiari
Ruolo del clinico: 1) incoraggiare i membri ad
esprimere il proprio punto di vista, la personale lettura
del problema 2) ascolto di come ognuno vede il problema
e non solo l’individuo che ne è portatore

Visioni concordi o contrastanti tra i membri familiari?

La valutazione della famiglia si organizza


attorno alle opinioni dei membri familiari
Fase dell’osservazione
dell’interazione dei familiari
3° Fase dell’osservazione dell’interazione tra i familiari

In un contesto valutativo non si può trascurare


l’importanza dell’osservazione dell’interazione tra i familiari,
questa è la terza fase prevista da Haley, secondo cui è utile che lo
stesso
clinico faciliti una modalità interattiva tra i membri

Com’è la qualità dell’interazione tra i membri del sistema?

Ruolo del Terapeuta: facilitatore delle interazioni tra i membri,


osservatore delle interazioni (il terapeuta lascia la ‘scena’ alla
famiglia) ad esempio osserva lo stile di comunicazione,
l’organizzazione delle varie unità familiari (diadi, triadi, rapporti
intergenerazionali)
Fasi della valutazione
 Ridefinizione o Restituzione
Si costruisce per la famiglia ma anche con la
famiglia
(co-costruzione)

Ruolo del clinico: attivo


Sintetizza le informazioni emerse dalla famiglia negli
incontri, usa il lessico familiare, propone alla famiglia una
versione nuova del sintomo non più legata solo all’individuo
ma al contesto di relazioni familiari che l’ha generato e
mantenuto nel tempo
Il clinico sintetizza le informazioni
emerse dalla famiglia negli incontri, usa il
lessico familiare, propone alla famiglia
una versione nuova del sintomo non più
legata solo all’individuo ma al contesto di
relazioni familiari che l’ha generato e
mantenuto nel tempo.
In questo modo…

si tenta di restituire comprensibilità a ciò che appariva


inspiegabile e che apparentemente poteva risultare un
comportamento ‘pazzo’

si chiarisce cioè come quel sintomo si colloca e si


definisce nelle relazioni di quella famiglia ed in
quella specifica storia trigenerazionale.
In questo modo si tenta di restituire
comprensibilità a ciò che appariva
inspiegabile e che apparentemente poteva
risultare un comportamento ‘pazzo’:
chiarisce si cioè comequel sintomo si
colloca e si definisce nelle relazioni di quella
famiglia ed in quella specifica storia
trigenerazionale.
In questo modo il clinico ‘fornisce al
soggetto una nuova visione della
situazione, dando a quest’ultima
nuova struttura’ (Andolfi, 2003). una
Mara Selvini Palazzoli
‘Non mi accadde mai, nell’incontro con i familiari, di imbattermi in un
valido rapporto affettivo tra i genitori’ p. 46
M. Selvini Palazzoli
‘L’anoressia mentale. Dalla terapia individuale alla terapia familiare’
‘Sovente l’aspetto esteriore, ad un osservatore superficiale, poteva
apparire ideale. Trattasi di genitori completamente dediti al lavoro ed
alla casa, ligi al dovere, alle norme sociali e convenzionali, acutamente
preoccupati delle apparenze esterne, spesso puritani e bigotti.
Esisteva nella coppia una spiccata propensione alle discussione
interminabili e sfibranti sui più futili argomenti, sintomatica di
aggressività nascoste bisognose di sfogo’
Con frequenza direi totale, la figura dominante delle famiglie delle
anoressiche è la madre; il padre è spesso emotivamente assente,
sopraffatto, segretamente o apertamente svalutato dalla moglie’.

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