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FASE INIZIALE

Gli stili personali dei terapeuti sono uno degli strumenti costitutivi dell’agire terapeutico, ciò nonostante essi

non sono un punto di partenza, bensì di arrivo, il frutto di un esercizio a volte anche duro che non può non

implicare dei momenti direttivi e prescrittivi da parte dei didatti e del/dei supervisori nei confronti degli
allievi.

Riprendendo l’idea della metafora antropologica secondo la quale il terapeuta può essere visto come

un antropologo che entra in contatto con una società ed una cultura a lui estranea (la famiglia),sia il
mantenimento che la mimesi possono essere letti come due diversi riti iniziatici che permettono l’ingresso
del terapeuta nei confini familiari ed hanno come scopo immediato il ritorno della famiglia nella seduta
successiva

Nel rito del mantenimento il terapeuta /antropologo offre un consapevole sostegno alla famiglia che
incontra , sostegno che può essere esercitato a tutti i livelli: struttura della famiglia nel suo insieme,
sottosistemi, singoli individui. In altri termini, una volta individuate le regole della famiglia, è opportuno non
solo rispettarle, ma sostenerle in prima persona, alleandosi, per esempio, con il componente della famiglia
che ha più potere in quella particolare fase del suo ciclo vitale (mai contraddire la madremarescialla o il
padre-padrone).

Il rito della mimesi consiste invece nel condividere fino in fondo, riproducendole, le caratteristiche principali
dello stile, delle modalità affettive, del timing nella comunicazione della famiglia: per esempio togliersi la
cravatta quando si incontrano famiglie che vestono casual, non apparire euforici ed iperattivi in contesti
depressi e rallentati, interloquire con lo stesso ritmo paralinguistico della famiglia.

ACCOGLIENZA

Obiettivo generale: Entrare “DENTRO”

-Conoscere il problema

Bisogna far definire con chiarezza e in termini concreti il problema, ponendo l'accento, non sul "perché", ma
su chi, sul che cosa, sul dove e sul quando.

Bisogna stabilire in che modo il problema è mantenuto in vita esplorando le soluzioni che perpetuano il
problema e come le persone significative contribuiscono a mantenerlo.

L'anamnesi è funzionale, non tanto per la storia e le motivazioni, ma soprattutto per conoscere le soluzioni
adottate e cosa oggi spinge il sistema a cercare aiuto.

La conoscenza delle soluzioni adottate consente al T. di formulare soluzioni nuove.

-Chi per primo chieda la parola il portavoce della famiglia, colui che ha più dimestichezza col problema.

-Che non possano parlare apertamente di tutto, ma che riferiscano indirettamente su ciò di cui non possono
parlare

-Che è possibile rimanere coinvolti nei forti sentimenti familiari, travolti dalle emozioni

-Che ciò che si lamenta in un bambino sia in realtà riferito al coniuge di chi fa la lamentela

-Che si rimanga intrappolati nei contenuti

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 Introdurre il motivo per cui sono lì, parlando di ciò che si conosce

 Chiedere ad ognuno del problema,

 Per chiedere del problema si può scegliere tra questi modi:

- "Perché siete qui?“ - "Quale è il problema?"

- "Che cosa posso fare per voi?“

 Fare un secondo giro chiedendo cosa pensano del problema,

chiedere "da cosa o chi dipende“

 Chiedere cosa è stato fatto per risolverlo, da chi, quando, come....

 Chiedere cosa non ha funzionato nei precedenti tentativi di

soluzione

 Trattare con grande attenzione chi ha il potere di riportare la

famiglia in seduta.

 Ridare ad ognuno la propria definizione del problema in termini

"terapeutici"

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 Cominciare con il bambino meno coinvolto

 Chiedere quale è il problema senza rivolgersi a

qualcuno in particolare

 Chiedere alla persona che appare più periferica

 Evitare di porre la questione del cambiamento

 Giocare coi bambini invece di chiedere loro un parere

verbale

 Farsi spiegare le cose "come se avessi tre anni", fare la

parte di chi non capisce

 Chiedere: “E’ importante per me capire cosa vi porta

oggi qui e non prima o dopo?"

 Chiedere: "Che tipo di famiglia siete?"

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 Interpretare, commentare, schierarsi, accettare di dire

il proprio parere (meglio rimandare)

 Contestare “detti e non detti” dei pazienti

 Dare consigli pedagogici, soluzioni, sentenze


 Chiedere "Cosa provano“

 Commentare comportamenti non verbali

 Collegare il problema di un bambino ad un problema

coniugale

 Accettare che qualcuno interrompa gli altri (meglio

tollerare, ma dopo un po' riprendere da chi è stato

interrotto).

 Forzare chi non vuole parlare

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 Dati sul problema, "come farebbe un comportamentista

tenace" (chi, che cosa, a chi, come, da quando, per chi,

in che senso, a causa di cosa o di chi)

 Dati sull'eventuale precedente trattamento.

 Osservare incongruenze, attribuzioni di responsabilità,

reazioni e cercare conferme dei modelli di relazioni

che è possibile ipotizzare

 Valutare quale è il livello di crisi, l'ansia presente nella

famiglia

 Fare ipotesi (mentali) sulle funzioni del

problema/sintomo, diadiche, triadiche, sistemiche,

macrosistemiche

 Il vissuto della famiglia sul problema

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Obiettivo generale:

 Completare le

informazioni sul

problema

 Far emergere la

struttura della

famiglia, le regole

che governano le
transazioni familiari.

 Saggiare la capacità

di cambiamento del

sistema

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Che alcuni monopolizzino questa fase, ed

altri si defilino

Liti, acting-out, situazioni di stallo...

Tentativi reiterati di continuare a rivolgersi al

terapeuta

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Mantenere la propria attività quanto basta al

fine di spingere gli elementi a interagire...

…fino a far agire aspetti del problema

Esser pronto ad introdurre terze persone

quando un dialogo diventa sterile

Fare domande circolari, al fine di evidenziare i

reciproci punti di vista, e quelli non emersi

prima

Eventualmente, si possono chiedere

spostamenti spaziali, piccoli compiti.....

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 Rimanere al centro dell'attenzione

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Informazioni (implicite) sulla struttura

familiare, sulla sua flessibilità, sulla sua

resistenza o disponibilità a fare cose nuove o

ad accettare idee nuove

Le proprie idee sulle funzioni del sintomo,

sulle possibilità di cambiamento utile del

sistema

I propri vissuti, la risonanza emotiva nel


terapeuta

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Qualche inizio di

cambiamento

Preparare la strada

alla definizione di

un obiettivo

terapeutico

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OBIETTIVO GENERALE:

▪OTTENERE UNA DEFINIZIONE RAGIONEVOLMENTE CHIARA DI QUALI

CAMBIAMENTI CIASCUNO VUOLE DALLA TERAPIA

▪DEFINIRNE GLI SCOPI CONDIVISI.

❑ DOMANDE SULLA

MOTIVAZIONE

• COSA LA SPINGE AD

INTRAPRENDERE LA TERAPIA?

• CHI?

• COSA È DISPOSTO A FARE PER

LA TERAPIA?

II contratto può essere espresso in

Sintomi da guarire Problemi da risolvere

Difficoltà relazionali da superare Comportamenti da

ottenere

❑ Domande chiare e ben mirate

• Cosa desidera ottenere

partecipando alla terapia ?

• Quale obiettivo vorrebbe

raggiungere ?

• Quale cambiamento vorrebbe

effettuare ?

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OBIETTIVI INIZIALI, INTERMEDI,

FINALI

 Obiettivi concordati

 Obiettivi impliciti

❑ L'obiettivo deve

appartenere ad una

categoria

Di oggetti modificabili

Di problemi risolvibili,

raggiungibili

❑ L’obiettivo

deve essere

 Quantificabile

 Osservabile

 Misurabile

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Pa

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 Che la famiglia abbia difficoltà nel definire un

obiettivo comune

 Che sia particolarmente problematico giungere

ad un contratto (famiglie a transazione

schizofrenica, o con paziente anoressico, molto

disimpegnate o molto invischiate)

 Che possano esser posti obiettivi molto

ambiziosi, o più obiettivi contemporaneamente

 Che la prima seduta duri più di una seduta,

specialmente all'inizio o con invii non puliti


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 Accertare la posizione della famiglia rispetto all'inviante, e quella del

terapeuta rispetto all'inviante

 Accertare la definizione del problema dal punto di vista dell'inviante

 Lavorare su quello che viene considerato dalla famiglia il problema

 Mantenere l'attenzione sulla persona problematica

 Se il t. scopre che il problema non esiste, cercare di capire cosa c'è

dietro quella richiesta

 Accertare chi richiede il cambiamento e chi non lo richiede

 Definire il problema in termini "terapeutici“

 Rispondere alle richieste della famiglia sulla durata della terapia (...)

 Preparare l'appuntamento successivo

 Ridare alla famiglia la possibilità di scelta

 Giungere ad un accordo chiaro su "ciò che potrebbe far considerare

concluso il lavoro"

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 Accontentarsi di definizioni vaghe, non operative, dei cambiamenti

desiderati. (Eccezione: Le famiglie troppo rigide, ambigue,

confuse....)

 "Correre in soccorso" del portatore del sintomo. Accreditare agli occhi

della famiglia che il bambino (....paziente) è un capro espiatorio,

evidenziare problemi in altri fratelli (per Haley). Dare torto alla

famiglia.

 Accettare di lavorare per un obiettivo non condiviso, esplicitamente,

da tutti o da almeno il sottosistema dirigente la famiglia (Eccezioni:

psicotici, famiglie molto rigide, ambigue, confuse...). Il contratto non

va stipulato col (solo) paziente designato.

 Accettare obiettivi molto ambiziosi (ad esempio: nelle depressioni....)

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Consenso

libertà di manovra

possibilità di dare
compiti....

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L'idea che la terapia è un percorso a

tempo, e ripetibile

L'idea di essere nella stessa barca, che il

terapeuta sa che il percorso terapeutico

può presentare difficoltà e sofferenza, ed

è pronto a sostenerli, e che sta tenendo il

timone, e lo terrà per il tempo giusto

necessario

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 Conoscere e sperimentare il funzionamento del S.

 Ridefinizione del problema Ristrutturazione del S.

Tenere sempre presente:

 il problema portato e la sua evoluzione

 il contratto stabilito

 gli obiettivi

 l'ipotesi formulata

 le fantasie e il coinvolgimento del T.

Gestire le difficoltà del cambiamento

Mantenere il cambiamento

Dare spazio all'individuo

SCOPO

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Fase CENTRALE

OBIETTIVI

(a livello del problema)

togliere o aumentare l'enfasi del problema

modificare i comportamenti sintomatici


allargare e ridefinire il problema

(a livello della struttura)

rendere pervi i canali comunicativi

dissolvere e demarcare i confini

(a livello del funzionamento)

accrescere l'autorevolezza del genitore

meno forte

accrescere la tolleranza all'autonomia

accrescere la capacità contrattuale

adottare regole alternative

modificare l'umore, i ruoli, i pregiudizi

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Fase CENTRALE

TECNICHE

Ristrutturanti a livello di:

transazioni, gerarchie, confini, relazioni, struttura

cognitiva

Uso delle fantasie, del coinvolgimento e della coterapia

Tecniche sul sintomo: Paradossali e non

Strategiche

Metafore, ironia, favole, gioco

Provocative, assurdo

Consolidamento del cambiamento

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Fase CENTRALE

DIFFICOLTA' DEL TERAPEUTA

Comunicazioni extraterapeutiche

Ritardi e rinvii

Loquacità eccessiva o silenzio

Coterapia sbilanciata o in splitting

Ilarità, intellettualizzazione, banalizzazione

Direzione rigida
Coinvolgimento non controllato

Accuse alla famiglia, schieramento

Conduzione su obiettivi non contrattati

Ipotesi rigide e non provate

Supervisione

DIFFICOLTA' DELLA FAMIGLIA

Assenze, ritardi, compiti non fatti,

consulto altri esperti,

squalifiche, richiamo inviante;

Seduzione, adulazione, eccessivo

avvicinamento personale,

eccessiva iniziativa;

Passività

Segreti

Enfatizzazione del sintomo

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