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DANIEL N.

STERN
Il lavoro di Stern si colloca fra l’indagine sullo
sviluppo infantile e la psicoanalisi

in un ambito di ricerca che, nei decenni scorsi, ha


assunto un peso crescente
nella delimitazione di una disciplina
che ha preso il nome di
Infant Research.
L’Infant Research costituisce un nuovo paradigma
scientifico che si pone al confine tra la psicoanalisi e
la psicologia evolutiva.

Essa dà particolare attenzione,


per la comprensione dello sviluppo mentale del
bambino,
alle prime forme di interazioni comunicative che
definiscono il rapporto madre-bambino.

(Riva Crugnola C., 1993).


La ricerca sperimentale sullo sviluppo infantile
ha ricevuto negli ultimi trent’anni
un impulso straordinario
dall’utilizzazione sistematica di sofisticate tecniche
sperimentali.
Questo nuovo modo di osservare
ha consentito di elaborare
una visione più complessa dei primi mesi di vita del
bambino,
mettendo in luce notevoli competenze percettive e
sensomotorie
che il neonato possiede fin dalla nascita.
I dati elaborati dalla ricerca osservativa
propongono
un modello dello sviluppo infantile
radicalmente diverso da quello ipotizzato dalle
teorie psicoanalitiche classiche.
Da tale modello emerge non solo che
il neonato possiede molte competenze precoci
che lo rendono in grado di interagire attivamente con il
mondo reale

ma che tali competenze fanno parte di un patrimonio


biologico che favorisce fin dall’inizio, l’instaurarsi di
relazioni complesse con gli altri esseri umani.

(Bowlby, 1969,1973; Mitchell S.A., 1993 )


La ricerca sulla prima infanzia
ha consentito inoltre
di ampliare notevolmente
le prospettive teoriche sui sistemi motivazionali di
base.
La coesistenza di diversi sistemi motivazionali,
in cui sono compresi i bisogni esplorativi e assertivi

- ad es. la ricerca attiva di stimolazioni sociali, il piacere


della padronanza e il bisogno di sperimentare competenza e
efficacia -

sembrano descrivere un bambino il cui comportamento non


è più sospinto dalle sole pulsioni
e la cui esperienza non è racchiusa in un’orbita narcisistica.
Al contrario, il bambino è, fin dalla nascita
predisposto biologicamente
a interagire attivamente col mondo,
a mostrare preferenze per alcuni stimoli,
- come la configurazione del volto umano, il suono e le
modificazioni del tono di voce -

a distinguere fin dalle prime settimane di vita la madre da


un estraneo
e soprattutto a ricercare lo specifico livello di stimolazione
che si adatta al suo stato interno.
Il contributo di Stern a questo nuovo paradigma è
di grande importanza,
perché integra
i dati degli studi osservativi e sperimentali della
psicologia evolutiva
e quelli provenienti dall’ambito terapeutico della
ricerca psicoanalitica.
Stern propone un modello di costruzione continua dello
sviluppo e della psicopatologia (Zeanah e al., 1989)
in cui gli aspetti più importanti sono:

- l’importanza attribuita al contesto evolutivo


- e le continue reciproche transazioni tra l’individuo e
l’ambiente.

Il bambino viene considerato parte di un sistema


interazionale
e questo sistema è osservato nel suo sviluppo nel tempo, come
un processo che si dispiega.
LA RAPPRESENTAZIONE DEI MODELLI DI RELAZIONE
Stern D.N. 1989

Le relazioni si sviluppano secondo modelli


prevedibili.
Tale prevedibilità costituisce un’importante
caratteristica della relazione.
Dove si colloca un modello relazionale?

I modelli di relazione, normali o disturbati, hanno


origine soltanto
nel corso delle interazioni tra due o più persone.

Essi si collocano nella diade o nella famiglia, e non


nell’individuo.

(Stern, 1989)
Anche nel caso estremo in cui una sola persona rappresenti
un modello di relazione, nella solitudine fisica

esiste nella mente di quella persona,


un compagno d’interazione
che fornisce il suo contributo al modello
attraverso il ricordo dei modelli
che in passato sono stati messi in atto esplicitamente dai
due partners.
(Stern, 1998)
Nella fase iniziale di ogni modello di relazione
vi é una sequenza prevedibile di interazioni
osservabili
che potrebbe essere confermata da un osservatore
esterno all’interazione.
Collochiamo le origini dei modelli di interazione
nella realtà oggettiva,
cioè in qualcosa che
è di fatto avvenuto fra due persone
e che potrebbe essere convalidato in modo
indipendente.
La natura delle relazioni oggettuali
o dei modelli di relazione
è in gran parte il risultato
della storia delle interazioni reali con la figura
materna.
Naturalmente
l’esperienza soggettiva dell’interazione
viene interpretata o costruita dall’infante,

ma senza distorsioni significative dovute


all’ontogenesi intrinseca della fantasia
I modelli di relazione
al loro inizio
risiedono al di fuori di ogni individuo isolato
e si costituiscono soltanto
nel corso dell’interazione fra due o più persone.

Essi derivano dalla reciprocità,


anche se sono costruiti soggettivamente.

Sono contemporaneamente
eventi oggettivi ed esperienze soggettive.
(Stern, 1998)
Il modo in cui un’interazione
viene percepita e interpretata,
attraverso le molte lenti personali dei partecipanti
all’interazione
- lenti delle fantasie, delle speranze, delle paure,
delle tradizioni e dei miti familiari,
delle esperienze personali importanti,
delle esigenze della vita attuale e molte altre -
produce
un amalgama di storia ricordata e interpretazione
personale che Stern chiama rappresentazione.
Che cosa garantisce continuità ai modelli relazionali?

La risposta è …la storia dell’individuo e la sua


memoria.

Il ricordo delle interazioni passate serve come guida


per le interazioni attuali,
e la conduzione delle interazioni attuali
(insieme a quelle passate)
serve come guida per le interazioni future.
Sono
le rappresentazioni mentali
degli eventi interattivi che si ripetono
ad assicurare lo strutturarsi e la continuità dei
modelli di relazione.
La memoria,
sotto forma di
rappresentazione mentale degli eventi interattivi,
costituisce il deposito della continuità.
…la memoria di due persone.
la memoria di due persone
le cui due memorie separate devono essere
sufficientemente legate l’una all’altra

da servire ciascuna come guida affidabile per il


comportamento dell’altro,
in una determinata situazione di interazione.
➢ Come possiamo concepire la rappresentazione
della storia delle interazioni e delle relazioni?

➢ Quali sono le unità delle rappresentazioni?

➢ In che modo si collocano queste unità e in quale


gerarchia?
Che cos’è una rappresentazione della storia delle interazioni?

Va innanzi tutto chiarita la natura delle relazioni.

Le relazioni sono costituite dalle interazioni.

Le relazioni sono il prodotto cumulativo della


storia delle interazioni.
Ma la relazione
non é semplicemente un’unità più ampia
dell’interazione

appartiene ad un ordine concettuale diverso.


✓ L’interazione, come unità, è in genere
definita mediante eventi comportamentali
osservabili e oggettivi

✓ la relazione è concepita come un’unità di


rappresentazione più astratta.

Essa é costituita
dal modo in cui vengono interpretate le
interazioni osservate.
Se vogliamo concettualizzare
la rappresentazione delle relazioni,
é necessario individuare :

✓ quali unità dell’esperienza interpersonale


vengono organizzate nella formazione delle
rappresentazioni

✓ in che modo tale organizzazione si realizza.


Le unità di rappresentazione
e la loro organizzazione

L’organizzazione L’organizzazione del


formale contenuto
L’organizzazione formale

Le unità d’interazione possono essere concepite


come ordinate in una gerarchia

Nella progressione dello sviluppo ogni unità


successiva ingloba le precedenti
Queste unità iniziano con
uno specifico momento interattivo vissuto
detto momento V.
Questo momento V
viene poi codificato in memoria,
per formare il ricordo di un episodio specifico,
un momento M.
Molti ricordi di episodi specifici formano
una rappresentazione di una serie di momenti M:
il momento R
che costituisce un’unità gerarchica successiva
Il momento R

è un prototipo
un momento generalizzato,

una rappresentazione della serie di momenti M.


Sequenze di momenti vissuti sono gli scenari V.

Questi divengono, a loro volta, ricordi di episodi


specifici, gli scenari M.

Molti scenari M simili, vengono organizzati e


generalizzati sino a formare una rappresentazione:
lo scenario R.
• Momenti R e scenari R possono essere indicati con il
termine
RIG
(rappresentazioni di esperienze interattive generalizzate)

• Il termine RIG può essere utilizzato come forma


abbreviata per l’una o l’altra unità rappresentazionale o
per entrambe.
Il momento V
L’unità più piccola presa in considerazione
é il momento interattivo specifico vissuto
(il bambino alza le braccia per essere preso in
braccio e la madre lo prende o meno)

L’unità del momento V


non é una rappresentazione:
é un’esperienza vissuta nel presente,
che viene poi codificata in memoria come esempio
specifico di un momento vissuto.
I momenti V

E’ una traccia mnestica isolata di uno specifico


momento vissuto.

Il grado di corrispondenza tra il momento V e il suo


momento M è una questione aperta.
Il ricordo dell’esperienza autobiografica, in questo campo di
eventi interpersonali costituisce la memoria episodica.

La memoria episodica (Tulvig, 1972)


é il ricordo di questi momenti della vita reale o di esperienze
che si sono verificate in un tempo reale,
è l’esperienza soggettiva di momenti vissuti.

(banali o più significativi -> Ciò che ho provato quando ho


mangiato il mio toast - quando ho saputo della morte di mia
madre).
Per la categorizzazione e la rappresentazione finale
dell’esperienza interpersonale vissuta,
la memoria episodica offre notevoli vantaggi.

Essa include, come attributi di un episodio,


quei caratteri essenziali che sono del massimo
interesse:

i cambiamenti affettivi, di attivazione,


motivazionali, cognitivi, percettivi e motori.
Nessuno di essi costituisce di per sé un’unità fondamentale.

L’unità di base é
l’episodio in quanto vissuto
e soggettivamente sperimentato.

Sembra che un episodio entri in memoria come unità


indivisibile e venga richiamato in memoria come unità
indivisibile,
anche se si può accedere al ricordo anche attraverso soltanto
uno dei suoi attributi.
Il momento R

I Momenti V, entrano in memoria come Momenti M


che vengono poi organizzati in
categorie funzionali a livello delle rappresentazioni:
i Momenti R.
I momenti R
Perché si costruiscono i momenti R?

Vi sono due ragioni per cui si ipotizza


che la costruzione delle rappresentazioni sia necessaria:

1) nel corso di una breve interazione, il bambino mette a punto mette a


punto un programma
del modo in cui l’evento interattivo dovrebbe verificarsi.

2) Per ragioni di economia mentale


il bambino ha bisogno di formarsi delle rappresentazioni organizzanti
separate di molti dei momenti d’interazione sociale attesi.
Il programma che il bambino si aspetta:

L’esperimento della faccia immobile (Tronik et al. 1978)


e la presentazione di altri stimoli sperimentali, nonché
altri elementi più aneddotici,
mostrano che
il bambino si agita quando un consueto momento
interattivo - un evento atteso - non segue la procedura
consueta.
Questo induce a ritenere che
il bambino si formi un qualche tipo di rappresentazione
dei modelli interattivi sociali ripetuti durante i primi sei
mesi di vita
e certamente nella seconda metà del primo anno.

La presenza di un’aspettativa
si inferisce dalla risposta del bambino alla violazione
della normale routine
2) La seconda ragione

per cui il bambino ha bisogno di formarsi delle


rappresentazioni organizzanti separate
di molti di questi momenti d’interazione sociale
attesi
è costituita dall’economia mentale.
Sappiamo con certezza che

l’identificazione
dei caratteri invarianti dell’esperienza
é una delle tendenze mentali fondamentali

e conduce ad una categorizzazione progressiva


dell’esperienza.
Tale categorizzazione conduce alla formazione dei
prototipi,
che si possono definire come

momenti R di esperienza
mentalmente costruiti,
che rappresentano, nel modo migliore

la costellazione di caratteri invarianti


che costituisce molti momenti ricordati e vissuti.
I momenti R
sono piccoli ma coerenti segmenti di esperienza
interattiva generalizzata

che immagazzinano
sensazioni, obiettivi, affetti, azioni e percezioni di sé e
degli altri
in una breve sequenza temporale-causale.
probabilmente sono un insieme eterogeneo di
caratteri ricorrenti,
nei campi dell’azione motoria, della percezione,
dell’attività cognitiva, dell’affettività, della sensazione
e della motivazione.

Questo insieme forma una


costellazione invariante.
ES: il b. che inizia a sorridere alla madre, mentre è in
contatto oculare con lei,
farà esperienza
dei propri atti motori legati al sorriso,
ai movimenti di braccia e gambe che lo accompagnano,
del feedback propriocettivo di questi movimenti e della
sensazione di gioia.
Sperimenterà un aumento di attivazione e un’intenzione
o un obiettivo.
Nel contempo, come parte dello stesso momento,
vedrà il viso della madre e il suo sguardo di
rimando,
segno di potenziale coinvolgimento

e si aspetterà …un sorriso se questa è la


conseguenza consueta.

Alcuni ulteriori attributi del comportamento


materno possono divenire tratti invarianti del
momento.
Questo momento interattivo
spesso ripetuto,

consiste dunque di molti elementi invarianti


derivanti da campi diversi

e, cosa molto importante,


provenienti da due persone diverse.
Riteniamo che
dopo alcuni esempi di ripetizione,

il b. abbia identificato i caratteri invarianti degli


attributi

e creato una costellazione prototipica che


rappresenta questo particolare momento R
interattivo
Il momento R
riguarda quelle sequenze microinterattive del
comportamento sociale tra il bambino e la figura di
accudimento,
che regolano l’affetto, il grado di attivazione, la
motivazione, l’attenzione, l’intimità e l’attaccamento
(Stern, 1985)
Il momento R ha molti aspetti distinti:

gli elementi dell’esperienza da categorizzare


provengono da due persone

gli elementi o gli attributi (le invarianti potenziali)


dell’evento consistono in
variazioni dell’affettività, del grado di attivazione, della
motivazione e degli stati di coscienza specifici, degli atti
motori, cognizioni e percezioni di sé e degli altri.
Questo universo di attributi
comprende l’intera serie di elementi
che formano
l’esperienza autobiografica soggettiva.
Il momento R
riguarda i tentativi reciproci di regolare un sistema
diadico
che si origina soltanto nelle relazioni tra intimi.

E’ un evento di breve durata - una manciata di


secondi – che contiene un singolo, ma coerente
segmento di esperienza.
I vari attributi che costituiscono il ricordo di un
episodio (momento M) (affetto, motivazione,
azione...)
sono essenzialmente uguali:
l’intera esperienza vissuta viene codificata come
unità.
In ogni occasione un attributo può essere
soggettivamente più saliente, ma tutti sono sempre
presenti.

In momenti interattivi diversi, attributi diversi


sembrano avere, e di fatto hanno, maggiore salienza,
ma nel complesso nessuno viene privilegiato e tutti
sono sempre presenti nel momento vissuto V e nella
formazione dei momenti R.
In questo modo
il mondo rappresentazionale delle interazioni
consiste di eventi ordinari quotidiani,
sia quelli che le nostre teorie segnalano come
particolarmente rilevanti, che tutti gli altri.
Questi tipi di eventi tendono a ripetersi con notevole
frequenza (spesso dozzine di volte ogni giorno per
mesi)

cosicché il bambino ha un’enorme opportunità di


riconoscere e rappresentare i momenti interattivi
prevedibili
che compongono la nutrizione, il cambio dei
pannolini, il gioco, l’insegnamento e l’andare a
dormire.
Scenari V, scenari M, scenari R
Esempio:
unità gerarchica
successiva ai ✓ il bambino si avvicina alla madre
✓ la madre orienta e prepara il
momenti V proprio corpo a riceverlo
✓ il bambino solleva le braccia per
essere preso
sequenze di
✓ la madre lo prende in braccio
momenti V ✓ il bambino si stringe al collo
interattivi. della madre
✓ la madre regola la sua posizione
in modo adeguato.

scenario V
Scenario R
rappresentazione
dell’episodio
Scenario M
ricordo
dell’episodio

Scenario V
Sequenze
di momenti V:
un episodio
Il modello per questo tipo di unità composta di
diversi eventi interattivi in sequenza invariante è
lo script (copione)
(Shanck, Abelson, 1977).
Scenario R
forma di autobiografia interattiva personale

Script
forma di rappresentazione di un evento in
generale
Lo scenario R si formerà quando molti scenari M
analoghi saranno disponibili in memoria per essere
organizzati.

Esso si forma cioè


in base ai medesimi principi che presiedono alla
formazione del momento R a partire da molti
momenti M,
con l’unica differenza che ora è coinvolta una unità
più ampia.
I singoli momenti R possono avere luogo in molti
scenari R diversi tra loro
(alzare le braccia per essere sollevato, per giocare, per
essere coccolato dopo una riunificazione).

Tuttavia la combinazione e la sequenza dei momenti


R che costituiscono uno scenario R sarebbe sempre
unica.
Probabilmente i bambini
possiedono degli scenari R ben sviluppati
per molte sequenze di gioco, specialmente ritualizzato,
per la nutrizione, il cambio dei pannolini, il momento in
cui vengono messi a letto.

La conoscenza della rappresentazione infantile dei


momenti in sequenza è ancora limitata.
Occorrono informazioni più dettagliate sulla conoscenza
che i b. hanno di questi scenari e sull’età in cui li
apprendono.
L’organizzazione del contenuto

Vediamo ora, l’organizzazione delle


rappresentazioni in categorie di contenuto.
I modelli operativi interni - MOI

Il modello operativo
è la rappresentazione che permette al bambino
di formarsi delle aspettative
e di valutare le interazioni che regolano il suo
sistema di attaccamento interno
(Bowlby,1980).
Il modello operativo interno
opera a livello di inconsapevolezza
ed è una guida presimbolica
all’azione, all’interpretazione, al sentimento.
Il MOI è un’unità di rappresentazione
che organizza momenti R selezionati e scenari R,
in termini di contenuti specifici.
Il modello operativo interno è stato
tradizionalmente riservato al contenuto
motivazionale dell’attaccamento.

Tuttavia è ugualmente applicabile


a ciascuno dei principali sistemi motivazionali:
il gioco, la regolazione fisiologica, l’autocontrollo o
altre attività che richiedono una regolazione
reciproca.
I modelli operativi interni
possono esistere anche
come categorie di contenuto per gli affetti:
per es. felicità o tristezza,

o come categorie di contenuto per la valutazione


edonica principale: piacevole/spiacevole,
buono/cattivo.
MOI
un’organizzazione di momenti R e scenari R
selezionati,
che fanno parte della stessa categoria di
contenuto.

Sembra necessario postulare l’esistenza di più modelli


operativi interni separati
e verificare empiricamente la loro coerenza interrelazionale.
Un unico momento R
può contribuire a due diversi scripts di scenari R.
(alzare le braccia per essere preso in braccio: in uno
script di riunificazione o per giocare).

La condivisione faciliterà il bambino nell’associare


unità diverse di rappresentazione.
Un MOI
può consistere in un gruppo di scenari R,
due o più dei quali possono essere in contraddizione.

Ciò genera un MOI ambivalente


e può servire a spiegare un attaccamento insicuro.
Non soltanto esistono MOI differenti per differenti
sistemi motivazionali,
ma persino all’interno dello stesso sistema
motivazionale

possono esistere modelli differenti a seconda delle


diverse figure di accudimento (il padre, la madre, i
fratelli...).
“da parte mia riservo il termine
modello operativo di regolazione

per l’intero complesso di momenti R e scenari R


che regolano
un sistema motivazionale separato e importante

come l’attaccamento, la curiosità, la fame o il gioco”


(Stern, ).
I modelli narrativi
Il modello narrativo
è la storia o la spiegazione dei MOI raccontati a se stessi
o a un altro.

E’, in parte, la traduzione verbale dei MOI di


regolazione non verbale,

ma non vi è una corrispondenza semplice:


il modello narrativo pone i modelli operativi non verbali
in un contesto più ampio.
Il modello narrativo di regolazione
non corrisponde mai
al modello operativo di regolazione:

il MOI è inconscio, non verbale, privato e costituito


da eventi esperiti soggettivamente.
Il modello narrativo
è generalmente conscio, verbale, raccontabile,
sociale e costruito da referenti esperiti attraverso le
parole.

Non vi è sovrapposizione,
ma affiancamento
fra un modello operativo e un modello narrativo
dello stesso sistema di regolazione.
l’emergere di un modello narrativo
intorno al terzo anno di vita,
non rende in alcun modo obsoleto o inattivo il modello
operativo di regolazione.

I due coesistono in relativa armonia o disarmonia per


tutta la vita.
(modello narrativo positivo e idealizzato della madre –
MOI molto meno positivo, ambivalente).
Il modello narrativo inoltre,
comprende non solo il modo in cui ciascun individuo
si racconta la propria infanzia nelle relazioni
d’attaccamento,

ma anche elementi o aspetti che non ha


direttamente sperimentato
e che gli sono stati trasmessi e comunicati da
altri, come le storie, i miti, le bugie e i segreti
familiari.
Numerose pratiche e tradizioni non scritte, familiari e di
gruppo
possono essere attivate quando un individuo entra a far
parte di un gruppo.

Queste pratiche servono all’individuo come fonte di ricordi e


di continuità di comportamento,
anche se gran parte o la totalità dell’esperienza storica
originaria, sottesa alle tradizioni del gruppo
non gli si è mai presentata come esperienza diretta
(Reiss)
La trasmissione
avviene in base al contenuto e al modo in cui la
storia viene raccontata,
con particolare riguardo alle incongruenze, alla
mancanza di coerenza, alle parti mancanti, alle
interruzioni premature della storia…
Queste particolarità devono costituire un mezzo
primario di trasmissione e di attivazione di
importanti informazioni
riguardo a ciò che si può dire o non si può dire, si
può o non si può pensare.

Alcune tradizioni familiari possono innestarsi sui


modelli narrativi dell’individuo determinando così
la continuità del suo comportamento
in situazioni di gruppo o familiari.
Il modello narrativo
differisce dal MOI
in quanto garantisce un tipo diverso di regolazione.

Quando gli eventi relazionali vengono verbalizzati,


il fatto stesso di parlarne può agire in più modi per
regolare e persino alterare le esperienze raccontate.
Infine, il modello narrativo
è, dal punto di vista gerarchico
distinto e più ampio del MOI
perché può includere più di un modello operativo:

il modello narrativo di attaccamento può includere


intere parti di un MOI per la curiosità,
l’apprendimento, il gioco, la motivazione fisiologica.
conclusioni
Sono state distinte
una organizzazione formale e una organizzazione
del contenuto delle unità rappresentazionali.

• I momenti R e gli scenari R costituiscono le unità


formali
• I modelli operativi interni e i modelli narrativi
sono le unità di contenuto formate dalla
riorganizzazione delle unità formali
Specificare le unità di rappresentazione
e porle in ordine gerarchico
può essere utile
dal punto di vista teorico, clinico ed empirico.
Dal punto di vista teorico:

è utile conoscere come vengono strutturate le


rappresentazioni delle relazioni e come si formano
le strutture.
La schematizzazione delle unità di rappresentazione
e del loro ordinamento, è un passo in questa
direzione.
Dal punto di vista clinico:

la definizione operativa della rappresentazione delle


relazioni, consente di analizzarle sistematicamente.

La descrizione e l’identificazione delle parti costitutive delle


rappresentazioni
può consentire maggiore precisione nella considerazione, ad
es. della coerenza o dell’adeguatezza di un modello
(modelli di attaccamento di Main, Kaplan e Cassidy, 1985; Bretherton,
1985).
Dal punto di vista empirico:

la schematizzazione può dimostrarsi utile per definire gli


argomenti della ricerca futura:

✓ In quali età è possibile identificare le diverse unità?


✓ Qual è il ruolo della variabilità individuale o della patologia
in questa progressione temporale?
✓ La sequenza temporale della formazione dei MOI per i
diversi sistemi motivazionali, sarà la stessa che per
l’attaccamento?
O relativamente al processo:
✓ Il processo di categorizzazione che forma i livelli successivi
di organizzazione, è identico per ogni livello?
✓ Vi è un unico processo globale di categorizzazione, oppure
ve ne sono molti?
✓ In che modo il conflitto viene costruito nelle
rappresentazioni? Si verifica tra livelli diversi (se il MOI è
in disaccordo con il modello narrativo) oppure all’interno
di uno stesso modello (se scenari R reciprocamente
escludentesi, vengono riuniti in un MOI interno che
produce ambivalenza)?
Queste domande si possono porre ora, forse,
con maggiore chiarezza.

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