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Training sull'assertività: un intervento da riscoprire? Prove di efficacia in un


campione di studenti universitari e in un campione clinico

Article  in  Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale · June 2021


DOI: 10.14605/PCC2722102

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6 authors, including:

Silvia Cerolini Michela Terrasi


Sapienza University of Rome Sapienza University of Rome
43 PUBLICATIONS   311 CITATIONS    7 PUBLICATIONS   11 CITATIONS   

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Alessandra Devoto Teresa Cosentino


Sapienza University of Rome 26 PUBLICATIONS   150 CITATIONS   
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RICERCHE

Training sull’assertività:

on
un intervento da riscoprire?
Prove di efficacia in un campione di studenti
universitari e in un campione clinico

Sommario
ks
Silvia Cerolini1, Michela Terrasi2, Salvatore Ciro Conte3, Alessandra Devoto4,
Teresa Cosentino5 e Caterina Lombardo6

Sebbene diversi studi dimostrino l’efficacia di training sull’assertività nel migliorare il benessere psicosociale, con
il passare degli anni questo intervento evidence-based è stato trascurato. Visto il potenziale utilizzo sia come
ic
intervento di prevenzione che di trattamento, sono presentati due studi volti a misurare l’efficacia di un breve
training sull’assertività di 4 incontri. In particolare, sono stati misurati: frequenza e disagio associato ai compor-
tamenti assertivi, strategie di regolazione delle emozioni, autostima, sintomi di ansia, depressione e insonnia. Al
primo studio hanno partecipato 45 studenti universitari (età M = 24,89, DS = 4,05, 44,44% maschi), di cui 25 al
gruppo sperimentale e 20 al gruppo di controllo attivo. Il secondo studio ha incluso un campione preliminare di
5 pazienti con difficoltà nell’assertività (età M = 24,00, DS = 3,54). Lo studio 1 ha evidenziato, al post-training, una
Er
riduzione del disagio e dei sintomi di depressione e ansia al pari del training di controllo attivo, suggerendo che,
entrambi i training, siano efficaci nel migliorare il benessere. Lo studio 2 mostra un decremento significativo del
disagio e un andamento delle medie pre e post-training che indica un miglioramento del benessere psicosociale,
supportando l’osservazione clinica. Tali risultati suggeriscono che il breve training sull’assertività potrebbe esse-
re integrato entro i programmi abituali di trattamento potenziandone l’efficacia.

Parole chiave
Assertività, Training, Studenti universitari, Benessere psicosociale.
©

1
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
2
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
3
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
4
CMS – Centro di Medicina del Sonno, Roma.
5
Scuola di Psicoterapia Cognitiva Srl, Roma.
6
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.

© Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2021 — Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale


Vol. 27, n. 2, giugno 2021
10.14605/PCC2722102 — ISSN: 1126-1072 — pp. 165-190
Corrispondenza: Silvia Cerolini — e-mail: silvia.cerolini@uniroma1.it

© Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. – Tutti i diritti riservati


RESEARCHES

Assertiveness training: An

on
intervention which should be re-
evaluated?
Efficacy trials in a sample of university students
and a clinical sample

ks
Silvia Cerolini1, Michela Terrasi2, Salvatore Ciro Conte3, Alessandra Devoto4,
Teresa Cosentino5 and Caterina Lombardo6
ic
Abstract
Although several studies demonstrate the effectiveness of assertiveness training in improving psychosocial
well-being, this evidence-based intervention has been forgotten over the years. Given its potential use both as
a preventive and treatment intervention, the present study aims to measure the effectiveness of a brief 4-ses-
sion assertiveness training programme. Specifically, we measured: frequency and discomfort of assertive
behaviours, emotion regulation strategies, self-esteem and symptoms of anxiety, depression, and insomnia.
Er
Study 1 includes a sample of 45 university students (age M=24.89, SD=4.05, 44.5% males), and aims to verify
the effectiveness of assertiveness training by comparing it with an active control group; while study 2 aims
to verify the effectiveness of the training in a preliminary sample of 5 patients with difficulties in assertive-
ness (age M=24.00, SD=3.54). At the post-training stage, study 1 shows a significant reduction in discomfort,
depression, and anxiety symptoms, likewise with the active control training. Similarly, study 2 documents a
significant reduction in discomfort and a means trend between pre and post-training, which indicates an
improvement in psychosocial well-being, supporting clinical observation.
These results suggest that this brief training programme on assertiveness could be integrated into standard
treatment programmes, enhancing their effectiveness.
©

Keywords
Assertiveness, Training, University Students, Psychosocial well-being.

1
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
2
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
3
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.
4
CMS – Centro di Medicina del Sonno, Roma.
5
Scuola di Psicoterapia Cognitiva Srl, Roma.
6
Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma.

© Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 2021 — Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale


Vol. 27, Issue 2, June 2021
10.14605/PCC2722102 — ISSN: 1126-1072 — pp. 165-190
Correspondence: Silvia Cerolini — e-mail: silvia.cerolini@uniroma1.it

© Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A. – Tutti i diritti riservati


RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

Introduzione

L’assertività può essere descritta come una competenza relazionale basata


sul riconoscimento dei propri bisogni e delle proprie emozioni e sulla capacità
di comunicarli agli altri, mantenendo al contempo una relazione positiva con gli
stessi (Galeazzi & Porzionato, 1998). Tale abilità include la legittima espressione
dei propri diritti, interessi, sentimenti e convinzioni, evitando la violazione o
negazione dei diritti altrui (Alberti & Emmons, 1977). Si tratta, perciò, di un co-

on
strutto multidimensionale associato alla comunicazione sociale umana. Nel 1994,
Galeazzi indica le seguenti componenti tra cui: l’assertività positiva, l’assertività
negativa, la difesa dei propri diritti, l’assertività d’iniziativa, l’assertività sociale, e
la direttività. L’anassertività viene descritta per la prima volta da Wolpe nel 1958
come l’inabilità comportamentale della persona che, a causa dell’ansia, non sa
esprimersi o si esprime in modo inefficace. Egli prende in considerazione anche

ks
situazioni in cui l’anassertività deriva da una mancanza di apprendimento, per
assenza di rinforzi o di modelli adeguati. In tal caso, l’ansia non sarebbe all’ori-
gine del comportamento anassertivo, ma una sua conseguenza. Nel primo caso,
sebbene l’anassertività e l’ansia sociale, ad esempio, mostrino diversi elementi
comuni e possano essere in relazione tra loro, non vanno considerati come due
costrutti equivalenti (Swee, Kaplan, & Heimberget, 2018).
ic
Infatti, l’anassertività può essere considerata come uno dei diversi aspetti
comportamentali dell’ansia sociale, un comportamento protettivo o strategico
per minimizzare l’ansia o evitare potenziali situazioni ansiogene e/o minacciose;
un comportamento di evitamento piuttosto che un deficit di abilità di agire o
Er
comunicare assertivamente (Swee, Kaplan, & Heimberget, 2018). Nel secondo
caso, invece, l’anassertività viene considerata come una carenza nelle abilità di
comunicazione e comportamento, che può essere incrementata con specifici trai-
ning (ad esempio, training sull’assertività o social skill training, in cui vi è quasi
sempre una parte dedicata al potenziamento delle abilità di assertività). Questa
distinzione sembra ragionevole anche alla luce di uno studio di Linehan, Goldfried
e Goldfried (1979) che ha dimostrato che sia un training comportamentale sulle
abilità, svolto su un campione non clinico di 79 donne, sia la ristrutturazione
©

cognitiva erano in grado di aumentare l’assertività: la ristrutturazione era utile


ad aumentare l’assertività lavorando sull’ansia che contribuiva al mantenimento
di comportamenti di evitamento, mentre lo skill training era utile ad aumentare
l’assertività tramite l’insegnamento di tecniche specifiche per esprimersi effica-
cemente sia verbalmente che non verbalmente.
Rispetto ai training sull’assertività, nel corso degli anni diversi studi empirici
hanno dimostrato la loro efficacia nell’aumentare i comportamenti assertivi,
migliorare il benessere psicosociale e ridurre il disagio e i sintomi psicopatolo-
gici, sia in campioni clinici che non clinici. Nonostante ciò, una recente rassegna

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sistematica della letteratura ha documentato come la ricerca su questo costrutto


sia stata trascurata e dimenticata con il passare degli anni (Speed, Goldstein, &
Goldfried, 2018).
Secondo l’autore, infatti, il concetto di assertività era molto in voga nel conte-
sto socio-culturale degli anni Settanta, in parallelo al movimento dei diritti civili
che negli Stati Uniti aveva contribuito alla diffusione pubblica del concetto di
assertività come abilità da apprendere per affermare i propri diritti soprattutto
tra popolazioni minoritarie (ad esempio, tra donne, minorità etniche e razziali,

on
ecc.). Infatti, l’assertività è stata promossa come mezzo per proteggere i diritti
individuali senza pregiudicare i diritti altrui, enfatizzando l’uguaglianza tra le per-
sone a prescindere dallo status sociale (Alberti & Emmons, 1977; Fensterheim &
Baer, 1975; Jakubowski & Lange, 1978; Lazarus & Fay, 1992; Smith, 1975). A questo
proposito, Alberti ed Emmons, nel 1970 pubblicarono Assertiveness training book
il primo libro sull’argomento rivolto alla diffusione pubblica, in cui si sosteneva

ks
che gli individui avessero il diritto ad essere i fautori della propria vita e ad agire
in accordo con i propri pensieri, sentimenti e interessi. A seguire negli anni, altri
libri di auto-aiuto per aumentare l’assertività furono pubblicati da Fensterheim
e Baer (1975), Lazarus e Fay (1975), e Smith (1975).
In parallelo alla diffusione pubblica del concetto di assertività, vi è stato un
incremento delle pubblicazioni scientifiche sul tema, fenomeno che però, nel
ic
corso degli anni, è andato lentamente in decrescita. Speed et al. (2018) hanno
dimostrato come questo declino possa essere evidenziato anche da un decre-
mento sostanziale delle citazioni dal 1990 al 2017 (parole chiave «assertiveness
training») e argomentano questo calo come un riflesso del potenziale cambio
Er
di priorità nell’assegnazione di fondi per la ricerca, attribuiti con più facilità ai
protocolli di trattamento di terza onda della CBT, e al parallelo consolidarsi del
modello biomedico che enfatizza trattamenti specifici per specifiche diagnosi
categoriali basate sul DSM (Hershenberg & Goldfried, 2015).
Come gli stessi autori (Speed, Goldstein, & Goldfried, 2018) sottolineano,
però, nonostante questa apparente riduzione di interesse nei confronti del co-
strutto, l’efficacia dei training sull’assertività non è mai stata messa in discussione
e anche la letteratura più recente continua a supportarla, evidenziando come essi
©

contribuiscano ad aumentare i comportamenti assertivi , a loro volta associati po-


sitivamente con il benessere psicosociale (ad esempio, Dogan, Totan, & Sapmaz,
2013; Fahim Devin et al., 2013; Sarkova et al., 2013; Shafiq, Naz, & Yousaf, 2015) e
negativamente con i sintomi psicopatologici (ad esempio, Arancibia et al., 2016;
Cerolini et al., 2017; Rezayat & Nayeri, 2014). Una revisione sistematica della
letteratura (Omura et al., 2017) sembra confermare l’efficacia dei training sull’as-
sertività nell’aumentare la comunicazione assertiva in vari gruppi di studenti e
professionisti nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Inoltre, per quanto riguarda
la riduzione dei sintomi psicopatologici, alcune meta-analisi che confrontano

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

l’efficacia dei social skill training, basati in larga misura sui training di assertività
rispetto ad altri trattamenti CBT, mostrano come entrambi gli interventi siano
efficaci, in maniera comparabile, nella riduzione dei sintomi di depressione e ansia
(Jürgen Barth et al., 2013; Cuijpers et al., 2008; Fedoroff & Taylor, 2001; Taylor,
1996). In particolare, uno studio ha documentato che un training sull’assertività
era efficace nel ridurre i sintomi di ansia da esame in un campione di studenti
universitari, anche dopo 4 mesi di follow-up (Niusha, Farghadani, & Safari, 2012).
Per quanto riguarda l’efficacia dei training sull’assertività su campioni clinici,

on
uno studio svolto in un gruppo di 32 pazienti con depressione, ha documentato
come un training assertivo associato alla psicoterapia fosse più efficace nell’alle-
viare la depressione rispetto a un gruppo trattato solo con la psicoterapia (San-
chez & Lewinsohn, 1980). L’efficacia dei training assertivi è evidenziata anche
nel contesto italiano (ad esempio, Anchisi & Gambotto, 1983, 1989, 1995, 2013).
Sembra, quindi, che in generale i training assertivi possano avere un ruolo

ks
positivo nel migliorare i sintomi psicopatologici, aumentare l’autostima, la sod-
disfazione nelle relazioni sociali e i comportamenti.
Tuttavia, i risultati circa l’efficacia di training sull’assertività come intervento
stand-alone sono ormai piuttosto rari in letteratura così come risultano assenti, a
conoscenza di chi scrive, studi che mettano in evidenza se l’inclusione di moduli
che migliorino l’assertività entro pacchetti di interventi di altro tipo, siano efficaci
ic
e ben accolti dai pazienti. Infatti, negli ultimi anni i training sull’assertività sono
stati inclusi o incorporati all’interno di pacchetti di trattamento più ampi, come
ad esempio il modulo sull’efficacia interpersonale all’interno della Dialectical and
Behavioral Therapy (Linehan, Goldfried, & Goldfried, 1979), oppure all’interno
Er
dei social skill training o all’interno di altri protocolli di intervento basati sulle
azioni impegnate nella direzione dei valori personali, come nell’Acceptance and
Commitment Therapy (Hayes, Strosahl, & Wilson, 2012). Tuttavia, nulla sappiamo
circa l’effetto specifico prodotto da questi adattamenti dei training tradizionali.
Per tali ragioni, e visto il potenziale utilizzo a livello clinico e subclinico, in
programmi di prevenzione e intervento, ad esempio, con gli studenti universitari,
abbiamo voluto valutare l’efficacia di un breve training di 4 incontri in un grup-
po di studenti universitari e in un gruppo preliminare di pazienti con difficoltà
©

nell’assertività.

Studio 1: efficacia di un training sull’assertività in un campione di giovani


universitari

L’obiettivo primario di questo studio è stato quello di valutare l’efficacia


di un training sull’assertività per aumentare i comportamenti assertivi e per
diminuire il disagio sperimentato nel mettere in atto tali comportamenti in un

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campione di studenti universitari, confrontandolo con un gruppo di controllo


attivo. Secondariamente si è voluto valutare se il training fosse efficace anche
nella riduzione dei sintomi psicopatologici. In particolare, se i partecipanti al
training sull’assertività riferissero al termine minori livelli di ansia, di depressione
e di disturbi del sonno rispetto ai partecipanti del gruppo di controllo. Inoltre,
si è voluto valutare se il training avesse degli effetti indiretti anche sull’uso di
specifiche strategie di regolazione emotiva.

on
Metodo

Partecipanti

Hanno partecipato allo studio 48 studenti universitari che frequentavano

ks
un corso magistrale di una facoltà dell’Università di Roma «La Sapienza». Di
questi, 3 non hanno completato i questionari al post-training, per cui sono stati
esclusi dalle analisi. Del campione finale composto da 45 studenti (età M = 24,89,
DS = 4,05, di cui 20 maschi e 25 femmine), 25 hanno partecipato a un training
sull’assertività (13 maschi e 12 femmine) e 20 hanno partecipato a un training
di controllo attivo (sulla regolazione delle emozioni o sulla riduzione del perfe-
ic
zionismo disfunzionale).
Gli interventi sono stati proposti come training esperienziali di gruppo,
all’interno di un laboratorio pratico di un corso di laurea offerto per stimolare e
potenziare alcuni aspetti trasversali del benessere psicologico e sociale. Previa fir-
Er
ma del consenso informato e l’impegno alla non divulgazione delle informazioni
emerse durante i gruppi, gli studenti sono stati assegnati casualmente al gruppo
sperimentale o ai gruppi di controllo. Lo studio è stato svolto in accordo con i
principi esplicitati nella carta dei diritti di Helsinki e approvato dall’Institutional
Review Board del Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Roma
«La Sapienza» (Protocollo n. 1280).

Procedura
©

Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di completare dei questionari self-


report, sia prima che dopo lo svolgimento dei training. La somministrazione dei
questionari è avvenuta in aula e ha avuto una durata di circa 45 minuti. Dopo la
somministrazione iniziale dei questionari, gli studenti sono stati assegnati in
modo casuale a ciascun training.
Oltre al training sull’assertività, sono stati predisposti altri due training attivi
come gruppo di controllo, che avessero lo stesso numero di incontri, la stessa
frequenza e la stessa durata, così come suggerito per la verifica dell’efficacia degli

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

interventi (Locher, Gaab, & Blease, 2018). In particolare, tutti i training hanno
previsto 4 incontri con una cadenza settimanale, di circa 2 ore ciascuno, svolti
nelle aule o nelle stanze della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza da
diversi conduttori (tutti Psicologi abilitati e con una formazione specifica sul
tema di riferimento).

Training sull’assertività

on
Il training è stato strutturato in 4 incontri, ciascuno della durata di circa 2 ore.
Ogni incontro prevede un obiettivo specifico e l’alternanza tra momenti psicoe-
ducativi e momenti esperienziali. La struttura e il contenuto degli incontri sono
stati sviluppati a partire dalla letteratura sull’assertività (ad esempio, Arrindell
et al., 2004; Galeazzi & Porzionato, 1998; Alberti & Emmons, 1977) e agli esercizi
esperenziali e tecniche di stampo CBT proposte anche dal volume di Giusti &

ks
Testi (2019) e di Baggio (2013).
Per ciascun incontro, inoltre, è stata prevista una presentazione PowerPoint in
cui venivano proiettati testi, video, immagini utili a stimolare le fasi psicoeducati-
ve e riflessive, a cui si alternavano esercizi pratici di role playing o carta e matita.
Inoltre, tra un incontro e l’altro, venivano assegnati degli home work espe-
rienziali o carta e matita relativi agli argomenti discussi durante il training, uti-
ic
lizzati come argomento di discussione e condivisione all’apertura di ogni nuovo
incontro. Di seguito viene riportata la struttura del training.
– I incontro: comprendere il proprio stile comunicativo. I temi trattati nel
corso di questo incontro vertevano sulle caratteristiche, manifestazioni ed
Er
effetti a breve e lungo termine dello stile passivo, dello stile aggressivo e di
quello assertivo, cercando di individuare il proprio stile espressivo. Sono
state utilizzate le scene di alcuni film per introdurre i diversi stili comu-
nicativi, per stimolare la conversazione e discutere i temi trattati durante
l’incontro (home work sul monitoraggio dei propri e altrui comportamenti
passivi, aggressivi e assertivi).
– II incontro: considerazione di sé, dei propri diritti e stili relazionali. Durante
questo incontro si sono affrontati i temi dell’autostima, dell’immagine positiva
©

di sé e del riconoscimento dei propri diritti. Inoltre, si è dato spazio al tema


del contatto con gli altri e dell’ascolto attivo. Anche durante questo incontro
sono stati utilizzati le scene di alcuni film per discutere gli argomenti sopra
citati (home work: stilare la propria carta dei diritti).
– III incontro: libertà espressiva, gestione delle richieste e del feedback. Du-
rante l’incontro sono stati approfonditi e discussi argomenti come la libertà
espressiva, la capacità di formulare e rifiutare richieste in maniera assertiva
e la gestione dei feedback positivi. Durante questo incontro, sono stati svolti
diversi esercizi pratici di role playing e sono stati presentati le scene di film

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— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

o serie tv utili per discutere il tema della libertà espressiva e della gestione
del feedback (home work: formulare una richiesta e fare e accettare un com-
plimento).
– IV incontro: gestione feedback negativi e gestione del conflitto. Infine,
nell’ultimo incontro ci si è focalizzati sulla gestione dei feedback negativi,
delle critiche e del conflitto, illustrando strategie assertive di gestione, ne-
goziazione e problem solving. Anche in questo caso sono stati svolti esercizi
pratici e proposti diversi video per promuovere la discussione e il confronto

on
su tali temi. Infine, prima di concludere la seduta, è stato fatto un riassunto
dei 4 incontri e si è discusso su come applicare le tecniche e le abilità apprese
durante il training e mantenerle nella propria vita quotidiana, stimolando la
pratica e la costanza nel loro utilizzo (home work: fare e ricevere una critica
costruttiva, gestire una situazione problematica).

Training di controllo

ks
I training di controllo previsti erano dei training attivi: uno sulla regolazione
delle emozioni e un altro sulla riduzione del perfezionismo clinico disfunziona-
le. Entrambi i training utilizzavano tecniche di stampo CBT standard e di terza
ic
generazione.
Nello specifico, il primo si riferiva al modello di Gross & John (2003) sulla
regolazione delle emozioni e ha utilizzato tecniche estrapolate dal volume di
Leahy e colleghi (2011); il secondo utilizzava una sintesi del protocollo di inter-
Er
vento descritto in Antony e Swinson (2009).
La struttura dei training, così come dei singoli incontri, era simile a quella
del training sull’assertività, ovvero la presenza di un obiettivo specifico per ogni
incontro, l’alternanza di momenti psicoeducativi ed esperienziali, il supporto di
video, immagini ed esercizi carta e matita, oltre che l’utilizzo di diari di monito-
raggio, l’assegnazione di home work e role playing.

Misurazioni
©

I partecipanti hanno completato prima e dopo lo svolgimento dei 4 incontri


dei training i seguenti questionari self-report.
Per la valutazione dell’assertività è stata utilizzata la Scale for Interpersonal
Behavior (SIB, di Arrindell, de Groot, & Walburg, 1984; nella versione italiana
ridotta di Arrindell, Sanavio, & Sica, 2002) composta da due sottoscale da 25
item ciascuna che, su una scala Likert a 5 punti, misurano: (1) il disagio provato
nel mettere in atto comportamenti assertivi; (2) la frequenza con cui questi
comportamenti si verificano.

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

Per entrambe le sottoscale è previsto il calcolo del punteggio totale per otte-
nere la dimensione di Assertività generale – Disagio e la dimensione di Assertività
Generale – Frequenza. La prima sottoscala presenta un’Alpha di Cronbach di 0,91,
mentre la seconda è di 0,89. Inoltre, è possibile ricavare i punteggi di ulteriori
dimensioni afferenti alle sottoscale di Disagio e Frequenza quali:
1. Scala di manifestazione di sentimenti negativi che include comportamenti
come, ad esempio, rifiutare le richieste facendo valere i proprio diritti e
chiedere a una persona di modificare un comportamento irritante (disagio Į

on
= 0,77; frequenza Į = 0,72);
2. Scala di espressione e gestione dei limiti personali che include comporta-
menti come, ad esempio, ammettere l’ignoranza su un argomento, ricono-
scere il proprio fallimento o le proprie carenze, affrontare le critiche e le
pressioni, saper richiedere aiuto e attenzione (disagio Į = 0,76; frequenza
Į = 0,84);

Į = 0,70);
ks
3. Scala di assertività di iniziativa che include comportamenti come, ad esempio,
esprimere la propria opinione in contesti sociali (disagio Į = 0,78; frequenza

4. Scala di assertività positiva che include comportamenti come, ad esempio,


ricevere o fare complimenti, esprimere sentimenti positivi (disagio Į = 0,85;
frequenza Į = 0,88).
ic
Per la valutazione dell’autostima è stato utilizzato The Rosenberg Self-Esteem
Scale (Rosenberg, 1965) nella versione italiana di Prezza et al. (1997), una breve
scala di dieci item che misura l’autostima. La scala ha una buona affidabilità con
Er
l’Alpha di Cronbach di 0,80. La scala va da 0 a 30 e punteggi inferiori a 15 indicano
una bassa autostima.
Per la valutazione dei disturbi del sonno è stato utilizzato l’Insomnia Severity
Index (ISI, Bastien, Vallieres, & Morin Bastien, 2001) nella versione italiana a
cura di Battagliese e Lombardo (2004) un questionario di veloce compilazione,
composto da 7 item, che valuta la percezione soggettiva delle difficoltà del sonno
in termini di gravità e di impatto sulla vita del paziente.
Sommando il risultato dei 7 item, si ottiene un punteggio corrispondente
©

alla gravità dei sintomi di insonnia, nelle due settimane precedenti, che va da 0
(assenza di insonnia) a 28 (insonnia molto grave).
Un punteggio inferiore o uguale a 7 è considerato essere sotto il cut-off per
la presenza di insonnia rilevante a livello clinico. L’Alpha di Cronbach in questo
studio è di 0,80.
Per la valutazione dei sintomi depressivi è stato utilizzato il Beck Depression
Inventory – II (BDI-II,) nella versione italiana validata da Ghisi e colleghi (2007)
un questionario di 21 item, ampiamente utilizzato in ambito clinico, volto a mi-
surare la presenza e l’intensità dei sintomi depressivi.

173

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— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

L’$OSKDdi Cronbach nel presente studio è di 0,90. In base alla somma dei
punteggi i soggetti possono poi essere catalogati in quattro gruppi: punteggi da
0-13: assenza di contenuti depressivi; punteggi da 14 a 19: presenza di depressione
lieve; punteggi da 20 a 28: presenza di depressione di grado moderato; punteggi
da 29 a 63: depressione di grado severo/avanzato.
Per la valutazione dei sintomi d’ansia è stato utilizzato lo State/Trait Anxiety
Inventory (STAI-Y, Spielberger et al., 1983), nella versione italiana di tratto a cura
di Pedrabissi e Santinello (1989), un questionario composto da 20 item volti

on
a misurare la presenza e l’intensità dei sintomi di ansia. L’Alpha di Cronbach
per questo studio è di 0,92. Il punteggio totale è compreso tra 20 e 80 con un
valore soglia predittivo di sintomatologia ansiosa di 40. È possibile definire
inoltre il livello di gravità: da 40 a 50 forma lieve, da 50 a 60 moderata, > di 60
grave (Barisone et al., 2004).
Per la valutazione dell’uso delle strategie di regolazione delle emozioni sono

ks
stati impiegati i seguenti questionari:
1. Emotion Regulation Questionnaire (ERQ, Gross & John, 2003) una scala di
dieci item volta a misurare la tendenza a utilizzare due strategie di regola-
zione emotiva: la Rivalutazione Cognitiva (6 item come, ad esempio, item 7:
«Cambiare il modo di pensare a una situazione, mi aiuta a sentirmi meglio»)
e la Soppressione Espressiva (4 item come, ad esempio, item 9: «Se provo
ic
sentimenti negativi, faccio attenzione a non esprimerli»). Il questionario è
stato tradotto e validato in italiano da Balzerotti e colleghi (2010) dimostran-
do buone caratteristiche psicometriche. La scala di rivalutazione cognitiva
presenta un Alpha di Cronbach pari a 0,85, mentre la scala di soppressione
Er
ha un Alpha di Cronbach di 0,80.
2. Cognitive Emotion Regulation Questionaire (CERQ Garnefski & Kraaij,
2007) è uno strumento che valuta l’uso di differenti strategie cognitive
di regolazione emotiva funzionali e disfunzionali. Tradotto in italiano
da Presaghi ed Ercolani (2005) presenta buone proprietà psicometriche.
Lo strumento si compone di 36 item e 9 sottoscale: 5 fanno riferimento
a strategie di regolazione emotiva funzionali e 4 a strategie di regolazio-
ne emotiva disfunzionali. Dalla somma di tali sottoscale si ricavano due
©

punteggi: uno come misura dell’uso di strategie funzionali, che in questo


studio ha un valore di attendibilità Alpha di Cronbach pari a 0,87, e l’al-
tro come misura dell’uso di strategie disfunzionali, che in questo studio
ha un valore di attendibilità Alpha di Cronbach di 0,84. Le 9 sottoscale
sono le seguenti: Auto-colpevolizzazione (Į = 0,74), Accettazione (Į =
0,78), Ruminazione (Į = 0,76), Rifocalizzazione in positivo (Į = 0,91),
Rifocalizzazione e pianificazione (Į = 0,88), Rivalutazione Cognitiva (Į
= 0,85), Mettere in prospettiva (Į = 0,89), Catastrofizzazione (Į = 0,82),
Colpevolizzare gli altri (Į = 0,77).

174

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

Risultati

Descrittive

I due gruppi non si differenziano significativamente per il numero di maschi e


femmine (Ȥ2 = 1,301, p = 0,254) e per i punteggi delle scale misurate al pretraining,
se non per una marginale differenza nella scala di accettazione (p = 0,057). Le
descrittive dei punteggi di assertività e di sintomi psicopatologici dei due gruppi

on
sono riportate nella Tabella 1.

Outcomes primari

Le analisi a disegno misto ANOVA 2 × 2, Gruppo (Assertività vs Controllo)


× Tempo (pre vs post-training) sui punteggi delle scale misurate mostrano un

ks
effetto significativo del Tempo (F(1,43) = 4,32, p = 0,044, Ș2 = 0,09) nei punteggi di
Disagio Generale sull’assertività: entrambi gruppi riportano una riduzione signi-
ficativa del disagio al post-training (M = 56,77, DS = 12,67) rispetto al pretraining
(M = 60,49, DS = 13,88).
Non emergono però differenze significative nell’interazione Gruppo x Tempo
(F(1,43) = 0,18, p = 0,90) o nell’effetto del Gruppo (F(1,43) = 0,23, p = 0,23). I risultati
ic
sono mostrati nella Figura 1.
L’effetto significativo del Tempo (pre vs il post-training) è presente anche
tra i punteggi della scala del Disagio di assertività di iniziativa (F(1,43) = 4,32, p =
0,044, Ș2 = 0,09; M al pretraining = 15,91, DS = 4,79, M al post-training = 14,98,
Er
DS = 4,76).
I risultati della scala di Disagio nell’espressione e gestione dei propri limiti
mostra un lieve cambiamento seppure marginalmente significativo (F(1,43) = 3,70,
p = 0,061, M al pre = 12,87, DS = 3,97 vs M al post = 11,98, DS = 3,48). Non sono
presenti altri effetti significativi nelle altre scale del Disagio né in nessuna delle
scale della Frequenza dell’Assertività.

Outcomes secondari
©

Rispetto alle altre scale misurate, i risultati evidenziano un effetto signifi-


cativo del Tempo nei punteggi di Depressione, misurata con il BDI-II (F(1,43) =
5,145, p = 0,028, Ș2 = 0,11) e nei punteggi di Ansia, misurata con lo STAI-Y (F(1,43)
= 5,42, p = 0,025, Ș2 = 0,11), indicando una riduzione significativa dei sintomi
di depressione e ansia dal pretraining (BDI-II, M = 7,31, DS = 6,93; STAI-Y, M
= 42,91, DS = 7,86) rispetto al post-training (BDI-II, M = 6,20, DS = 6,61; STAI-
Y, M = 41,47, DS = 8,58). Non si registrano variazioni nei punteggi di insonnia,
misurati dalla scala ISI.

175

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Tabella 1
Medie e deviazioni standard dei due gruppi nelle scale misurate al pretraining e i punteggi di riferimento minimi e massimi per ogni scala

Punteggio
Assertività (N = 25) Controllo (N = 20)
© teorico scale

Scale misurate Pre Post Pre Post


Min Max
M DS M DS M DS M DS

Disagio Generale Assertività (SIB) 25 125 58,68 14,85 54,76 14,18 62,75 12,56 59,30 10,29

Frequenza Generale Assertività (SIB) 25 125 78,44 15,23 78,00 16,36 70,70 13,68 70,20 11,85

Sintomi depressivi (BDI-II) 0 63 6,08 6,21 5,60 6,14 8,85 7,60 6,95 7,26

176
Sintomi di insonnia (ISI) 0 28 5,32 3,89 4,00 4,44 5,50 4,25 5,00 4,65
Er
Sintomi di ansia (STAI-Y) 20 80 41,56 7,31 40,68 9,01 44,60 8,38 42,45 8,12
Rivalutazione cognitiva (ERQ) 6 42 30,12 6,31 31,48 5,77 30,22 5,51 31,25 5,07
Soppressione espressiva (ERQ) 4 28 12,00 5,04 12,28 4,88 14,94 5,95 12,85 3,84
Auto-colpevolizzazione (CERQ) 4 20 10,92 2,44 9,76 3,47 9,85 3,09 9,55 3,44
ic
Accettazione (CERQ) 4 20 12,08 2,86 11,08 2,48 13,75 2,84 13,30 2,43
Ruminazione (CERQ) 4 20 13,32 3,50 11,92 3,77 14,05 2,50 13,05 3,83
Rifocalizzazione in positivo (CERQ) 4 20 9,92 3,14 11,00 2,48 10,07 3,61 11,25 4,01
Rifocalizzazione e pianificazione 4 20 15,96 3,07 16,24 2,45 15,50 2,89 16,10 2,71
(CERQ)
— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

Rivalutazione Cognitiva (CERQ) 4 20 14,80 3,89 14,92 3,81 14,70 3,01 14,70 3,42
Mettere in prospettiva (CERQ) 4 20 12,60 3,91 13,12 3,00 13,05 3,74 12,20 3,73
ks
Catastrofizzazione (CERQ 4 20 7,84 2,82 7,48 3,43 8,35 3,43 7,65 2,30

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Colpevolizzare gli altri (CERQ) 4 20 8,68 2,67 8,00 2,55 8,95 2,64 8,75 2,31
Autostima (SE) 10 40 29,83 4,56 29,84 5,45 27,77 3,30 28,75 2,31
on
RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

Figura 1
Rappresentazione grafica della riduzione del disagio esperito nel mettere in atto compor-
tamenti assertivi.
Scala del Disagio Generale nell'Assertività
64
Medie marginali stimate

62

on
60 Gruppo di
Controllo
58 Gruppo di
Assertività
56

PRE-TRAINING

Nota. Scale for Interpersonal Behavior = SIB.


ks TEMPO

Per quanto riguarda l’uso delle strategie di regolazione delle emozioni i


risultati mostrano un lieve cambiamento, seppur l’effetto del Tempo risulti
POST-TRAINING
ic
marginalmente significativo, sia per quanto riguarda le variabili di Rivalutazione
Cognitiva (F(1,41) = 3,475, p = 0,069) che di Soppressione Espressiva (F(1,41) = 3,825,
p = 0,057) misurate con l’ERQ. Per quanto riguarda la soppressione, inoltre, i
risultati mostrano interazione significativa (F(1,41) = 6,061, p = 0,018, Ș2 = 0,13): i
Er
partecipanti al gruppo di controllo dopo il training sopprimono significativamente
meno rispetto ai partecipanti al training sull’assertività.
Per quanto riguarda le altre strategie di regolazione delle emozioni misurate
attraverso il CERQ, non ci sono risultati statisticamente significativi, fatta ecce-
zione per le variabili Auto-colpevolizzazione (F(1,43) = 4,181, p = 0,047, Ș2 = 0,09) e
Ruminazione (F(1,43) = 8,047, p = 0,007, Ș2 = 0,16) per cui è presente un effetto si-
gnificativo del Tempo che indica una riduzione della dell’Auto-colpevolizzazione
e della Ruminazione dal pretraining (rispettivamente M =10,44, DS = 2,78 e M =
©

13,64, DS = 3,09) rispetto al post-training (rispettivamente M = 9,66, DS = 3,41 e


M = 12,42, DS = 3,80).

Discussione

Il presente studio ha avuto l’obiettivo di valutare l’efficacia di un training


sull’assertività di 4 incontri nella riduzione del disagio riferito nel mettere in atto
comportamenti assertivi, nell’aumento della frequenza di tali comportamenti e

177

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— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

nella riduzione di sintomi di depressione, ansia e insonnia. I risultati di questo


studio dimostrano come sia il training sull’assertività sia i training di controllo
(training sulla regolazione delle emozioni e sulla riduzione del perfezionismo
disfunzionale) sono efficaci nel ridurre il disagio generale esperito nel mettere
in atto comportamenti assertivi, in particolare quello legato all’assertività di
iniziativa e parzialmente all’espressione e gestione dei propri limiti, e dunque a
comportamenti come ad esempio esprimere la propria opinione in contesti so-
ciali, ammettere l’ignoranza su un argomento, riconoscere il proprio fallimento

on
o le proprie carenze, la capacità di affrontare le critiche e la pressioni o saper
richiedere aiuto e attenzione.
Inoltre, i risultati hanno evidenziato anche un decremento dei sintomi di
depressione e ansia al post-training, senza però evidenziare un effetto Gruppo
x Tempo, suggerendo, anche in questo caso, che entrambi i training siano stati
efficaci nel ridurre tali sintomi.

ks
Sebbene, dunque, il training si sia dimostrato efficace nel ridurre il disagio
psicologico, il confronto con un gruppo di controllo attivo, che presentava
caratteristiche simili per quanto riguarda la struttura, e potenzialmente la
sovrapposizione di alcuni argomenti, può aver avuto un impatto nel ridurre le
probabilità di osservare un effetto principale del tipo di training. Per quanto
riguarda le variabili riguardanti l’uso delle strategie di regolazione emotiva, i
ic
risultati mostrano che dopo il training entrambi i gruppi utilizzano di meno
le strategie Auto-colpevolizzazione e Ruminazione misurate con il CERQ.
Inoltre, i partecipanti al gruppo di controllo sopprimono significativamente
meno rispetto ai partecipanti al training sull’assertività. Anche questi risultati
Er
possono essere spiegati dal fatto che i partecipanti al gruppo di controllo hanno
seguito un training attivo e in particolare, una parte di questi, un training sulla
regolazione delle emozioni. Per questo motivo, si può spiegare che il gruppo
di controllo, in cui sono stati affrontati direttamente argomenti inerenti alle
strategie di regolazione emotiva, è stato efficace nel ridurre l’uso di strategie
di regolazione emotiva disfunzionali quali la soppressione, la ruminazione e
l’auto-colpevolizzazione, mentre nel gruppo che ha partecipato al training
sull’assertività indirettamente si è agito anche sulla regolazione delle emozioni
©

e in particolar modo sulla riduzione dell’uso della ruminazione e dell’auto-


colpevolizzazione.
Inoltre, i risultati non supportano l’efficacia del training sull’assertività
nell’aumentare la frequenza dei comportamenti assertivi. Questo può essere
spiegato in diversi modi: come si può notare dalla Tabella 1, il gruppo che ha
svolto il training assertivo ha riportato un livello iniziale più alto nella fre-
quenza dei comportamenti assertivi (M = 78,44, DS = 15,23) rispetto al gruppo
di controllo (M = 70,70, DS = 13,68), sebbene tale differenza non sia risultata
statisticamente significativa.

178

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

La media della frequenza potrebbe indicare la possibilità di un potenziale


effetto «tetto» per cui tali punteggi, già piuttosto elevati, difficilmente poteva-
no essere incrementati grazie al training. In aggiunta, precedenti studi hanno
dimostrato come la scala di frequenza è associata in misura minore al disagio
psicopatologico (Arrindell et al., 1990). Gli studenti di psicologia potrebbero
avere più familiarità con tali tematiche tanto da attivare una sorta di desiderabi-
lità sociale che li persuaderebbe a descriversi come adeguatamente assertivi e a
riferire bassi livelli di sintomi psicopatologici.

on
Questa desiderabilità sociale, tuttavia, non è ragionevolmente dovuta al fatto
che l’attività è stata svolta nell’ambito di un corso universitario in quanto i con-
duttori erano differenti dai docenti che tenevano l’insegnamento.
Un’altra spiegazione può anche essere relativa alla durata del training: 4 in-
contri probabilmente non sono sufficienti per misurare cambiamenti significativi
nella frequenza. È possibile che in prima battuta si riduca il disagio del mettere in

ks
atto tali comportamenti e solo in un secondo momento si possa registrare un vero
cambiamento nell’implementare tali atteggiamenti nella propria vita quotidiana.
Per avere risposta a questa domanda sarebbe utile prevedere una misurazione
di follow-up per osservare se tali cambiamenti si verifichino, e se il mantenimento
dei cambiamenti relativi al disagio e agli altri sintomi psicopatologici rimanga
stabile nel tempo.
ic
Inoltre, la conduzione dei training svolta da diversi professionisti, da una parte
potrebbe aver ridotto l’intervento di variabili confondenti legate all’expertise
o alle caratteristiche del conduttore, ma dall’altra potrebbero aver introdotto
ulteriori bias legati all’eterogeneità dei conduttori stessi.
Er
Parallelamente, un ulteriore limite potrebbe essere ricondotto alla presenza
di due diversi training di controllo, accorpati per le analisi dei dati, che potrebbe
aver ampliato l’eterogeneità dei risultati, riducendo le probabilità di trovare degli
effetti significativi su tutte le variabili misurate.
Tali limiti, assieme alla presenza di un campione ridotto e selezionato, potreb-
bero aver contribuito all'impossibilità di riscontrare i risultati attesi. Inoltre, nel
presente studio anche i training di controllo hanno prodotto risultati compara-
bili a quello sperimentale. Trattandosi di gruppi di controllo attivi questo non
©

sorprende. Ad esempio, in studi precedenti (Cerolini, 2019) anche il training di


regolazione delle emozioni si è dimostrato efficace nella riduzione dei sintomi di
ansia. È possibile, quindi, che in tutti i training inclusi in questo studio l’efficacia
sulle variabili target sia mediata dalla riduzione dei livelli di ansia. Studi futuri,
che applichino il training proposto ad altre popolazioni non cliniche e cliniche,
servendosi di campioni più ampi e anche di altre modalità di controllo (come, ad
esempio, condizioni di self-help, attraverso brochure o materiale informativo, o
condizioni di controllo passivo, come una waiting list) potrebbero aiutare a valu-
tare l’ipotesi di una mediazione nell’effetto prodotto dal training sull’assertività.

179

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— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

Studio 2: integrabilità del training sull’assertività entro i programmi di


trattamento abituali in un campione clinico

L’obiettivo di questo studio è stato valutare se il training breve descritto nello


studio precedente, fosse integrabile entro programmi usuali di approccio CBT
adottati con campioni clinici e verificarne preliminarmente l’efficacia sia su out-
come diretti (frequenza e disagio nel mettere in atto comportamenti assertivi)
che indiretti (sintomi di ansia, depressione e disturbi del sonno, uso di strategie

on
di regolazione emotiva disfunzionali).

Metodo

Partecipanti e procedura

ks
Lo studio è stato condotto con un gruppo di pazienti in carico presso il Ser-
vizio di Consulenza e Psicologia Clinica per la presenza di sintomi e/o disturbi
psicopatologici. Ai pazienti è stato proposto di partecipare al training in seguito
all’osservazione clinica della presenza di difficoltà nell’assertività.
Tutti i pazienti svolgevano una terapia o un intervento di counselling psico-
ic
logico di approccio CBT da almeno qualche mese con diversi professionisti che
afferivano al servizio per sintomi di ansia, depressione o disturbi alimentari.
Durante gli incontri individuali, si spiegava al paziente il riscontro di queste
difficoltà e veniva proposta la possibilità di frequentare un training di gruppo
Er
di 4 incontri sull’assertività, volto a sviluppare o migliorare le abilità assertive,
utili in vari contesti sociali e di cui avrebbe potuto beneficiare per la sua salute
psicosociale.
I pazienti che hanno aderito alla proposta sono stati 7 (su 10), ma solo 5
hanno portato a termine il training di gruppo di 4 incontri. I due drop-out
sono avvenuti a causa di lutti subiti da entrambi i partecipanti nel corso degli
incontri.
A tutti i partecipanti è stato chiesto di compilare dei questionari sia prima sia
©

dopo l’intervento di assertività. Tutti e 5 i pazienti (3 maschi e due femmine, età


M = 24,4 DS = 3,67) presentavano sintomi ansiosi e depressivi e 2 di essi anche
sintomi legati ai disturbi alimentari.

Misurazioni

I partecipanti hanno completato prima e dopo lo svolgimento dei 4 incontri


dei training i seguenti questionari self-report (i primi tre già descritti in maniera
dettagliata nello Studio 1):

180

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

1. Scale for Interpersonal Behavior (SIB, Arrindell, 1984) nella versione italiana
ridotta di Arrindell, Sanavio, & Sica (2002);
2. Beck Depression Inventory – II (BDI-II, Beck et al., 1996) nella versione italiana
validata da Ghisi e colleghi (2006);
3. Insomnia Severity Index (ISI, Bastien et al., 2001) nella versione italiana validata
da Battagliese e Lombardo (2012);
4. State/Trait Anxiety Inventory (STAI-Y, Spielberger et al., 1983) di Tratto, nella
versione italiana a cura di Pedrabissi e Santinello (1989);

on
5. Emotion Regulation Questionnaire (ERQ, Gross & John, 2003) nella versione
italiana di Balzarotti, John, & Gross (2010);
6. Cognitive Emotion Regulation Questionaire (CERQ, Garnefski, Kraaij, & Spinho-
ven, 2001 nella versione italiana di Presaghi e Ercolani, 2005).

Risultati

portate nella Tabella 2. ks


Le medie dei punteggi dei 5 partecipanti e al pre e al post-training sono ri-

I risultati dei test non parametrici (test dei ranghi di Wilcoxon, visto il numero
esiguo di partecipanti), volti a misurare la differenza tra le medie tra il pre e il
ic
post-training, hanno evidenziato una differenza significativa nel Disagio Generale
esperito, indicando un decremento di esso in seguito al training sull’assertività (M
al T0= 72,86, DS = 22,47 vs M al T1= 59,00, DS = 18,30, Z di Wilcoxon = -2,032, p <
0,05). Inoltre, un decremento marginale non significativo, ma degno di attenzione
Er
visto il ridotto numero di pazienti, è stato registrato anche nella scala del disagio,
nell’espressione e gestione dei limiti personali, indicando un decremento (Z di
Wilcoxon = -0,184, p = 0,066) e nella scala del disagio nell’assertività positiva (Z
di Wilcoxon = -1,625, p = 0,104). Le analisi non parametriche svolte sulle altre
scale misurate non hanno mostrato risultati significativi.
Nonostante ciò, le medie dei risultati mostrano un andamento in linea con
le nostre ipotesi di ricerca, visto l’esiguo numero di pazienti. Infatti, i punteggi
mostrano come vi sia una riduzione nelle scale del disagio dell’assertività, nei
©

sintomi di depressione, di ansia e di insonnia, e nell’uso di strategie di regolazione


delle emozioni disfunzionali, parallelamente a un incremento dei punteggi nelle
scale di frequenza dei comportamenti assertivi e nell’uso di strategie di regola-
zione delle emozioni funzionali.
Per testare la significatività clinica dei cambiamenti tra il pre e il post-training
per ogni singolo paziente è stato calcolato il Reliable Change Index (Jacobson &
Truax, 1992) sui punteggi di ogni scala, utilizzando le deviazioni standard e le
Alpha di Cronbach del pretraining e moltiplicando il punteggio ottenuto per il
valore critico di 1,96.

181

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Tabella 2
Medie e deviazioni standard al pre e al post-training del campione e significatività clinica del cambiamento nelle medie dei singoli pazienti
Pretraining Post-training Pazienti con RCI (> ±1,96)
M DS M DS
Disagio manifestazione di sentimenti negativi 22,00 6,16 19,20 7,85 PZ 2
©
Disagio espressione e gestione dei limiti persona 13,40 7,54 9,80 4,15 PZ 3
Disagio assertività di iniziativa 19,20 5,81 17,60 5,59 -
Disagio assertività positiva 16,80 6,30 12,40 3,21 PZ 3, 4
Disagio generale assertività 71,40 23,61 59,00 18,30 PZ 2, 3, 4
Frequenza manifestazione di sentimenti negativi 15,00 4,06 16,80 3,35 -
Frequenza espressione e gestione dei limiti personali 21,20 4,44 21,20 3,63 PZ1, 2 (*PZ 5)
Frequenza assertività di iniziativa 15,40 4,56 17,20 4,92 PZ 2
Frequenza assertività positiva 19,20 3,11 19,60 4,93 -
Frequenza generale assertività 70,80 12,79 74,80 13,48 PZ 1, 2 (*PZ 5)
Depressione (BDI-II) 17,00 14,68 11,60 15,45 PZ 1, 2

182
Ansia (STAI-Y) 52,00 14,68 50,80 13,00 -
Er
Insonnia (ISI) 8,00 5,15 7,40 5,27 PZ 2
Auto-colpevolizzazione (CERQ) 12,80 5,06 11,20 5,21 PZ 1, 2
Accettazione (CERQ) 13,20 2,94 13,20 3,70 PZ 1, 2 (*PZ 3)
Ruminazione (CERQ) 15,80 1,30 15,00 1,22 -
ic
Rifocalizzazione in positivo (CERQ) 9,20 4,76 9,20 4,20 PZ 1 (*PZ 4)
Rifocalizzazione e pianificazione (CERQ) 14,60 3,43 16,40 3,50 PZ 1, 2
Rivalutazione cognitiva (CERQ) 14,60 3,91 15,20 3,56 PZ 1, 3 (*PZ 5)
Mettere in prospettiva (CERQ) 11,00 5,09 12,00 4,24 PZ 1, 3
— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

Catastrofizzazione (CERQ) 9,80 3,11 8,80 1,92 PZ 2


Colpevolizzare gli altri (CERQ) 8,60 3,97 5,80 1,92 PZ 1,4
ks

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Rivalutazione cognitiva (ERQ) 31,40 6,73 39,00 17,81 (*PZ 5)
Soppressione espressiva (ERQ) 16,00 6,89 13,20 6,30 PZ 2
Nota. RCI = Reliable Change Index (Jacobson & Truax, 1992) PZ = paziente (n° 1, 2, 3, 4, 5); - = nessun cambiamento clinicamente significativo nelle medie di tutti e 5 i pa-
zienti; * = cambiamento clinicamente significativo, ma nella direzione opposta a quella attesa (RCI > -1,96).
on
RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

I cambiamenti delle medie (RCI > ±1,96) sono stati considerati come cam-
biamenti clinicamente significativi. Come si evince dalla Tabella 2, si sono
registrati dei cambiamenti clinicamente significativi in almeno uno o più pa-
zienti, per quasi tutte le scale a eccezione del Disagio assertività di iniziativa,
della Frequenza di manifestazione di sentimenti negativi, dell’Ansia, della
Ruminazione e della Rivalutazione Cognitiva (ERQ). Si è anche registrato un
decremento della Frequenza nell’espressione e gestione dei limiti personali
e nell’assertività in generale e nella Rivalutazione cognitiva da parte di uno

on
dei pazienti.
Tutti gli altri pazienti hanno avuto dei miglioramenti clinicamente significa-
tivi (a eccezione di due pazienti che registrano un decremento di accettazione
in un caso e di rifocalizzazione in positivo nell’altro). Nello specifico il Paziente
1 riporta un miglioramento clinicamente significativo in dieci scale misurate,
il paziente 2 riferisce un miglioramento clinicamente significativo in dodici

ks
scale misurate, il paziente 3 in cinque scale misurate, il paziente 4 in tre scale
misurate, mentre il paziente 5 non riporta miglioramenti in nessuna delle scale
misurate (si veda la Tabella 2).

Discussione
ic
I risultati preliminari dello Studio 2 sembrano promettenti nell’evidenziare
che l’integrazione di questo breve training in gruppo produce positivi miglio-
ramenti anche in un campione clinico. Infatti, sebbene il campione sia ridotto
Er
e questo costituisca il principale limite dello studio, oltre alla mancanza di un
gruppo di controllo, i risultati sembrano preliminarmente confermare non solo
il fatto che l’integrazione del training in gruppo entro il programma di interven-
to standard non abbia ostacolato gli effetti del trattamento, ma abbia prodotto
una riduzione del disagio generale nel mettere in atto comportamenti assertivi
in seguito al training. Inoltre, anche l’andamento delle medie tra i pre e il post-
training sembra indicare un aumento della frequenza di questi comportamenti e
dell’uso di strategie di regolazione emotiva funzionali, una riduzione dei sintomi
©

psicopatologici e dell’uso di strategie di regolazione emotiva disfunzionali, seb-


bene questi risultati non siano significativi dal punto di vista statistico.
Dal punto di vista clinico, quattro pazienti su cinque hanno riportato dei mi-
glioramenti clinicamente significativi in diverse delle variabili misurate. Tutti i
partecipanti hanno riferito esplicitamente di aver apprezzato il training e di averlo
considerato un importante punto di partenza per prendere consapevolezza di
diversi loro comportamenti anassertivi, esercitarsi nel sostituirli con altri più
funzionali e assertivi, sperimentando così emozioni positive e un nuovo senso
di padronanza e autoefficacia.

183

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— Vol. 27, n. 2, giugno 2021

Tutti i partecipanti, negli incontri individuali post-training hanno riferito di


essersi sperimentati nel mettere in atto le nuove strategie apprese e di essere
fiduciosi e motivati nel continuare ad applicare quanto appreso durante il training
nella loro quotidianità. Un unico paziente non ha riportato miglioramenti clini-
camente significativi e, su alcune delle variabili, l’andamento rilevato è opposto
alle aspettative. Questo risultato potrebbe essere spiegato da un concomitante
periodo di crisi sentimentale che stava attraversando nelle ultime settimane del
training, evento stressante che potrebbe avere reso più difficile mettere in atto

on
le strategie apprese.
Inoltre, è plausibile che la sensibilità sviluppata grazie al training possa aver
favorito il riconoscimento di questa difficoltà che, a sua volta si è tradotto nel
riportare un decremento della frequenza dell’espressione e gestione dei propri
limiti personali, dei comportamenti assertivi in generale e della strategia di riva-
lutazione cognitiva. Queste spiegazioni, tuttavia, rimangono puramente specu-

ks
lative. Solo aumentando la dimensione del campione e aggiungendo un gruppo
di controllo sarà possibile generalizzare i risultati e migliorare la comprensione
dell’efficacia dell’intervento sulle componenti trasversali e transdiagnostiche
target del training (come ipotizzato in questo caso, vista l’inclusione di pazienti
tra loro eterogenei ma con comuni difficoltà di assertività).
ic
Conclusioni

I risultati degli studi riportati in questo articolo sono in linea con quanto
Er
emerso da studi precedenti. In particolare, lo studio di valutazione dell’effica-
cia del training di assertività con studenti universitari mostra che l’intervento
è efficace nella diminuzione del disagio generale esperito nel mettere in atto
comportamenti assertivi e nella diminuzione di ansia e depressione così come
descritto anche in letteratura (Speed, Goldstein, & Goldfried, 2018), nono-
stante tale risultato sia comparabile a quello dei training di controllo attivo.
In particolare, altri studi dimostrano l’efficacia di training di assertività simili,
sia su variabili dirette che su outcome secondari, confrontando l’efficacia di
©

tale intervento o con gruppi di controllo che non ricevono alcun trattamento
(Rathus, 1972, 1973; Twentyman & McFall, 1975), oppure con gruppi di controllo
che hanno seguito training la cui efficacia non è stata dimostrata sulle stesse
variabili (Lomont et al., 1969). I nostri risultati, d’altra parte, mostrano che an-
che il gruppo di controllo ha degli effetti significativi sulle stesse variabili. Tale
dato, però, è in linea con quanto emerge da studi precedenti che dimostrano
l’efficacia di training trasversali, quali ad esempio il training sulla regolazione
delle emozioni, sia su variabili riguardanti l’assertività che la sintomatologia
ansiosa e depressiva (Cerolini et al., 2019).

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RICERCHE — Training sull’assertività: un intervento da riscoprire?

Inoltre, diversi studi presenti in letteratura dimostrano che differenti in-


terventi basati sulle procedure CBT hanno effetti significativi nella riduzione
dei sintomi ansiosi e depressivi (per una revisione della letteratura Heimberg,
2002). Inoltre, il risultato dell’effetto del training di assertività sulla riduzione
dei sintomi ansiosi sembra essere anche coerente con diverse evidenze in lettera-
tura, seppure indirettamente, che documentano la relazione tra comportamenti
anassertivi e ansia (Hollandsworth, 1976; Morgan, 1974; Orenstein, Orenstein, &
Carr, 1975; Percell, Berwick, & Beigel, 1974; Sturgis, Calhoun, & Best, 1979). Così

on
come il risultato che dimostra l’efficacia del training nella riduzione dei sintomi
depressivi è in linea con diversi studi che mostrano una correlazione inversa tra
assertività e depressione (Barbaree & Davis, 1984; Bouhuys, Geerts, & Gordijn,
1999; Chan, 1993; Culkin & Perrotto, 1985; Pachman & Foy, 1978; Sarkova et al.,
2013, 1978; Sarkova et al., 2013).
Inoltre, i risultati preliminari ottenuti in un gruppo di pazienti sono in linea

ks
con i risultati in letteratura (Hayman & Cope, 1980; Sanchez, Lewinsohn, & Lar-
son, 1980) e con gli studi che dimostrano che gli interventi sull’assertività sono
efficaci nell’aumentare i comportamenti assertivi e nel ridurre i sintomi depressivi
in campioni clinici quando vengono confrontati con gruppi di controllo inattivi
(ad esempio, Cuijpers et al., 2008; Barth et al., 2013).
In conclusione, i risultati preliminari presentati sembrano promettenti
ic
nel supportare la potenziale utilità di un breve training di 4 incontri sia in un
campione clinico che non clinico.
Nonostante per lungo tempo l’attenzione sugli interventi di promozione
dell’assertività sia stata in penombra e meno in voga rispetto altri interventi
Er
evidence based, la sua riscoperta all’interno di interventi di prevenzione e
promozione della salute, così come il suo uso all’interno dei setting clinici,
come potenziamento di altri interventi CBT, potrebbe giovare sia alla po-
polazione generale che a quella clinica. La struttura di soli quattro incontri
potrebbe essere molto vantaggiosa sia come intervento stand-alone per la
promozione di tale abilità in campioni non clinici, come ad esempio all’in-
terno di università, scuole, luoghi di lavoro, ecc., che come integrazione ad
altri interventi su condizioni psicopatologiche specifiche che ostacolano il
©

trattamento standard.

Ringraziamenti

Si ringraziano Andrea Ballesio, Valeria Bacaro, Mariacarolina Vacca, Eleonora


Baldonero, Eleonora Giua e Valeria Muzietti che hanno contribuito alla raccolta
dei dati. Si ringrazia Daniele Marrocu per l'aiuto nella preparazione del materiale
interattivo utilizzato durante i training.

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Presentato il 15/05/2020, accettato per la pubblicazione l'08/09/2020

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