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COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO

Lo studio del comportamento organizzativo implica l’utilizzo di teorie e metodi provenienti da diverse e
molteplici discipline accademiche (come antropologia, biologia, economia, scienze politiche, psicologia e
sociologia) per spiegare e influenzare il comportamento delle persone nelle organizzazioni.
Il comportamento organizzativo focalizza l’attenzione sullo studio del comportamento sul posto di lavoro e,
in quanto tale, include quattro livelli di comportamento, individuale, di gruppo, inter gruppo e organizzativo
al fine di migliorarne l’efficacia.
Esistono 3 livelli di comportamento:
- Comportamento individuale (tout court)
- Comportamento di gruppo (inter gruppo o intra gruppo)
- Comportamento organizzativo
Il comportamento organizzativo copre una gran varietà di argomenti come: le aspettative, la personalità, la
motivazione, la comunicazione, la leadership, il conflitto, la creatività, i processi decisionali e la capacità di
problem solving nei team, l’efficacia dei team, la cultura organizzativa, lo sviluppo e il cambiamento
organizzativo, la progettazione organizzativa, ...

Il comportamento organizzativo è una disciplina manageriale, non si può parlare di vera e propria scienza ma
disciplina manageriale che copre a 360 molti argomenti.
Il comportamento organizzativo come disciplina nasce a metà degli anni 60 dello scorso secolo, con il
movimento degli studi di Autorn (Mayo) in cui si notava come le persone contavano all’interno
dell’organizzazione. Siccome in quel momento le persone venivano studiate da altre scienze, si è cominciato
un lavoro di ricerca e contributi che aiutassero a spiegare il comportamento delle persone traendola da altre
scienze e discipline. Il risultato è un insieme consolidato di
concetti, modelli e teorie, che sono il frutto di distillazione di un
processo selettivo di contributi raccolti e sviluppati da altri
ambiti. Gli ambiti sono quelli della psicologia, sociologia, altre
discipline manageriali, tra cui teorie economiche, ed integrati a
problematiche inerenti al comportamento dell’individuo, come
si comporta o come interagisce di fronte ai problemi o con gli
altri per risolvere i problemi. Il framework sarà →

L’obiettivo è cercare di capire come i comportamenti di questi


tre livelli (organizzativo, di gruppo, individuale) influenzano i comportamenti organizzativi.
L’organizzazione aziendale è formata da:
1. Progettazione organizzativa (spiega le scatolette dove le persone si mettono)
2. Comportamento organizzativo (corso di teoria, modelli/schemi concettuali, che spiega il
comportamento delle persone dell’organizzazione). Ossia la naturale conseguenza in gestione delle
risorse umane
3. HR, ossia pratiche che fanno riferimento ai modelli e schemi di CO
4. SI (Sistemi Informativi): sviluppare tecnicalità sullo sviluppo e implementazione di sistemi di
informazioni
CO ha poi una serie di ricadute su altre specifiche su pratiche di gestione delle persone (corsi di team
working, corsi di cambiamento organizzativo – Change, change – creatività – innovazione, corsi di
negoziazione e conflitto)

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Ci saranno 4 momenti:

1. Il tema dell’apprendimento sarà fondamentale.


2. Ossia sviluppo, formazione e principali dinamiche che possono emergere all’interno del gruppo.
Capacità del manager di gestire il gruppo e di essere parte del gruppo.
3. Si parla di personalità, motivazione, competenze e tutte le caratteristiche individuali alla base dei
comportamenti. All’interno del luogo si potrebbe ridurre la predicibilità dei tratti.
4. Si leggono i processi chiave in chiave comportamentale.

Le sotto tappe sono:

L’apprendimento non è formazione e sviluppo. Questi sono insiemi di pratiche HR che dovrebbero attivare
l’apprendimento, ma non è detto che raggiungano il loro scopo.

Apprendimento
Da un punto di vista manageriale, l’apprendimento è importante perché uno degli obiettivi è quello di
riuscire a far si che io riesca a prendere/selezionare/reclutare persone perché siano le più adatte a svolgere i
compiti e le responsabilità attribuiti rispetto alla posizione lavorativa. Dall’altra parte, devo reclutare e
sviluppare persone che siano ecocompatibili con l’ambiente organizzativo, dunque in linea con il sistema
valoriale e i principi esistenti all’interno dell’organizzazione. Vi è un doppio binario di job fit, ossia match
tra persona e posizione organizzativa, e organization fit. Questi due obiettivi si possono raggiungere
combinati o separatamente. Per scegliere bene una persona devo capire le competenze e avere una
conoscenza delle necessità organizzative per definire quel profilo professionale.
Le teorie dell’apprendimento aiutano a:
- Sviluppare programmi efficaci di apprendimento
- Identificare le competenze (=base per l’apprendimento)
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- Descrivere il lavoro
Ho saputo discriminare le competenze per ottenere il massimo della performance delle persone quando
andranno a ricoprire quelle posizioni lavorative, al che posso fare corsi di formazione e sviluppo per coprire i
gap. L’apprendimento, quindi, è il moto originario per la definizione della job e delle competenze, quindi per
costruire i piani di formazione per quella posizione.

Apprendimento e formazione
- Apprendimento: “le capacità cognitive e fisiche che danno luogo ad un cambiamento relativamente
permanente (stabile) di conoscenze, abilità o attitudini”
- Formazione: il tentativo “organizzato” di supportare l’apprendimento attraverso l’istruzione e la
pratica

TEORIE DI APPRENDIMENTO
1. Condizionamento classico: risposta incondizionata (Pavlov-Lutham)
2. Condizionamento operante – Skinner (teoria dei rinforzi): modificazione del comportamento come
un processo di apprendimento.
3. Tecnologia per il comportamento: è una procedura per implementare meccanismi di apprendimento
all’interno dell’organizzazione. È una sintesi tra Pavlov e Skinner.

CONDIZIONAMENTO CLASSICO
ES. noi siamo degli animali che sottoposti ad un determinato stimolo, reagiamo fisiologicamente in una certa
maniera.

Secondo Pavlov questi stimoli sono legati a queste risposte in maniera incondizionata; quindi, la persona
risponde incondizionatamente a questi stimoli. Per dimostrare questo assunto fa un esperimento. Nella fase 1
egli espone più di un cane ad uno stimolo particolare: fa vedere al cane una ciotola di cibo. Uno degli stimoli
del cane è la salivazione, è una reazione naturale. La ciotola di cibo per Pavlov è uno stimolo incondizionato.
In questo modo condiziono il comportamento del cane a salivare alla vista della ciotola. Pavlov dice che
potrebbe insegnare al cane a salivare “a comando” facendo un esperimento di apprendimento: prima di far
vedere la ciotola suono una campanella o batto le mani, con l’idea che il cane sviluppi un’associazione tra il
battito di mani e la ciotola, e questi sono stimoli condizionati. Dopo la prova di apprendimento egli elimina
la vista della ciotola: stimolo incondizionato, batte le mani e vede la risposta del cane. Il cane inizia a
salivare. Con questa fase di apprendimento ho trasformato, attraverso il condizionamento, la risposta naturale
in una risposta condizionata. In altre parole, ho modificato il comportamento del cane.

Effetti e considerazioni

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- Estinzione: la risposta condizionata si indebolisce se per lungo tempo lo stimolo condizionato non è
associato a quello incondizionato. In assenza di riproposizione dello stimolo incondizionato si
verifica l’estinzione dello stimolo condizionato.
- Ripristino spontaneo: la ricomparsa di una risposta condizionata dopo la sua apparente estinzione.
Si può riattivare il comportamento condizionato ripristinando l’esposizione allo stimolo
incondizionato.
- Generalizzazione: la capacità dell’organismo di rispondere in modo simile a stimoli simili.
Estensione automatica delle RC a tutti gli stimoli molto simili a quello condizionato. Abbiamo la
possibilità di riattivare i comportamenti con una molteplicità di strumenti.
- Discriminazione: la capacità dell’organismo di rispondere in modo diverso a stimoli simili.
Inibizione della generalizzazione automatica attraverso il condizionamento discriminativo, che
consiste nel non presentare gli stimoli incondizionati dopo gli stimoli simili a quello condizionato.
- “Modello di comportamento”: quanto imparato nel tempo, i pensieri condizionati, le emozioni e i
comportamenti che caratterizzano il nostro modo di rispondere. Un possibile risultato del
condizionamento.

Implicazioni per l’apprendimento e la formazione


I modelli di comportamento sono un freno all’innovazione all’interno dell’organizzazione.
Il problema: i modelli inibiscono la ricerca di nuove e migliori soluzioni per affrontare situazioni di stress
La causa: esperienze simili negli anni o un singolo evento molto traumatico. Infatti, se io reitero lo stesso
comportamento nel tempo, le persone non cercano alternative. La seconda causa consiste ad esempio quando
commetto un errore che va ad intaccare la mia performance, se quel comportamento ha avuto una
conseguenza negativa non lo ripeterò mai più, con la negazione.
Risultato per il lavoro: emozioni forti, condizionate e negative diventano un ostacolo a) per lavorare
efficientemente, b) per l’apprendimento. Le persone non vogliono più modificare il comportamento.
Una soluzione: rendere consapevoli gli individui dei loro “modelli comportamentali” attraverso la
formazione. Suggerire nuove soluzioni attivando diverse modalità di comportamento. Intercetto il dialogo
comportamento ed esplicito il modello comportamentale disfunzionale. Gli analisti cercano le cause che
danno origine a comportamenti devianti e solo conoscendo le cause si può creare consapevolezza. Più le
emozioni sono forti e più avremmo difficoltà a modificare quei comportamenti

Approcci cognitivi: riflessione su come innescare delle risposte meccaniche di comportamento, creare
routine automatiche di comportamento con risposte condizionate. Contemporaneamente, in base al bagaglio
di competenze, esperienze ecc, non è detto che funzioni per determinati task. Sarà l’individuo che si
occuperà di stabilire le posizioni organizzative in linea con i contesti.

CONDIZIONAMENTO OPERANTE (SKINNER)


Attraverso il condizionamento classico (Pavlov), un organismo associa diversi stimoli che non controlla.
Attraverso il condizionamento operante, l'organismo associa i suoi comportamenti alle conseguenze
I comportamenti seguiti da rinforzi aumentano, quelli seguiti da punizioni diminuiscono. Questo semplice
ma
potente principio ha molte applicazioni e anche diverse importanti qualifiche.

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Secondo Skinner gli esseri viventi non rispondono in maniera fisiologica ma c’è una risposta cognitiva, il
soggetto sa che a seguito di comportamenti ci sono delle conseguenze. Se il soggetto conosce la conseguenza
del suo comportamento, su quel comportamento (che Skinner chiama operante perché attiva una
conseguenza) posso agire per: o rinforzarlo (per ripeterlo nel tempo) o reprimerlo (se voglio che quel
comportamento cessi se lo ritengo disfunzionale per l’organizzazione). Noi possiamo agire sull’ambiente con
meccanismi di rinforzo o repressione e quindi influenzare direttamente come gli individui sviluppino il
proprio set di comportamenti organizzativi.

Concetti principali:
- Operante = unità di comportamento volontario
- Comportamento operante: si verifica senza uno stimolo esterno osservabile

Il comportamento è strumentale ad assicurare uno stimolo più rappresentativo dell'apprendimento quotidiano


Skinner: ‘l’ambiente condivide il comportamento di un individuo mantenendo certe risposte e
sopprimendone altre’. Egli individua 4 meccanismi: 2 di rinforzo e 2 che eliminano i comportamenti non
desiderati dall’organizzazione.
- Rinforzo negativo e positivo (meccanismo di apprendimento/formazione), ha degli effetti sul sistema
di incentivazione.
- Sanzione/punizione e rimozione

Rinforzo positivo:

Il comportamento operante (lavorare molto) è “rinforzato” dall’ottenimento di denaro aggiuntivo


(ricompensa). Si tratta di un rinforzo positivo perché aumenta la probabilità che si verifichi lo stimolo
positivo. Il manager riconosce il comportamento operante e da una ricompensa.

Rinforzo negativo:

Il comportamento operante (obbedienza) è rinforzato dalla riduzione del senso di ansia percepito. Si tratta di
un rinforzo negativo perché rimuove/riduce lo stimolo negativo (ansia) che da vita ad un comportamento
disfunzionale per l’organizzazione, però è negativo perché voglio che si comporti in quel modo.

Qualcosa di indesiderabile è sottratto dall'ambiente e questo incoraggia (rafforza) il comportamento


- Gli stimoli negativi sono stimoli sgradevoli come un rumore forte, il freddo, il dolore o il ronzio.
- È più probabile che si ripetano comportamenti che portano alla loro rimozione

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Un ulteriore esempio: Diciamo di avere il mal di testa, lo stimolo negativo è il dolore provocato dal mal di
testa, prendo un'aspirina e il mal di testa sparisce, dolore da mal di testa (stimolo) ➔ aspirina (risposta) ➔
conseguenza (mal di testa risolto). Prenderò di nuovo l'aspirina perché ha rimosso qualcosa di spiacevole
Quindi.... positivo e negativo non significa buono o cattivo. Piuttosto, positivo significa aggiungere uno
stimolo e negativo significa rimuovere uno stimolo.
Nel rinforzo positivo l’individuo lavora di più perché la soddisfazione aumento, nel rinforzo negativo l’ansia
diminuisce.

Sanzione:

L’individuo, in questo caso, è punito dai suoi colleghi e probabilmente non griderà di nuovo. La sanzione
riduce la probabilità di comparsa di un comportamento indesiderato. La punizione è anche un evento
traumatico.

Rimozione:
rimuovere uno stimolo positivo legato ad un’altra sfera.

L’individuo, in questo caso, impara a non gridare più poiché il suo comportamento ha comportato la
rimozione di uno stimolo positivo (la comunicazione). La rimozione riduce la probabilità di comparsa di una
risposta.

Programmi di rinforzo
Intervalli di tempo: il rinforzo avviene dopo un certo periodo di tempo
- Intervallo fisso = il rinforzo avviene dopo un tempo fisso, produce una curva di apprendimento “a
festoni” (come nelle interrogazioni programmate)
- Intervallo variabile = il rinforzo avviene con tempo casuale/variabile, l’apprendimento è più rapido e
in progressione costante.
Numero di risposte: il rinforzo avviene dopo un certo numero di risposte
- Numero fisso = il rinforzo avviene dopo un numero fisso di risposte, il soggetto lavora intensamente
(come nel lavoro a cottimo) e può programmare dei periodi di riposo.
- Numero variabile = la consegna del rinforzo è variabile, ma basata su una media complessiva di
risposte, il soggetto non può fare previsioni. Per Skinner è più efficace.

Differenza tra Rinforzo Negativo e Punizione


Rinforzo Negativo: La rimozione di uno stimolo negativo dopo un comportamento rafforza il
comportamento (es. Prendere in braccio un bambino che piange).
Punizione: L'introduzione di una conseguenza negativa dopo un comportamento indebolisce il
comportamento (es. Fine dei giochi per il bambino che piange).

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NB.
- Usare ricompense piuttosto che sanzioni!
- Indicare il comportamento desiderato
- Evitare di causare ansia, risentimento, ostilità

TECNOLOGIA DI COMPORTAMENTO
È una sorta di “algoritmo” che mette insieme i primi due. Funziona per momenti diversi e l’idea dietro
all’algoritmo è quella di costruire ambienti che sistematicamente rafforzano le risposte desiderate mentre
indeboliscono quelle meno desiderate.
Modifica del comportamento: il tentativo di cambiare un comportamento manipolando/”aggiustando”
l’ambiente.

Ci sono 5 fasi:
1. Identificare i comportamenti critici: ossia quei comportamenti necessari per conseguire buone
performance
2. Punto di partenza: misurare la frequenza dei comportamenti critici, ossia quante volte si osservano
quei comportamenti.
3. Analisi Funzionale: comprendere cosa succede prima e dopo il verificarsi del comportamento
critico. L’obiettivo è: a) cercare di capire quali sono le condizioni organizzative che facilitano
l’emersione di quel comportamento critico e b) quali sono le conseguenze a livello di dinamiche
interpersonali e di gruppo dopo che è emerso quel comportamento. È importante il livello di
consapevolezza di quanto quel comportamento è operante.
4. Strategia di intervento: ‘legare’ i comportamenti critici alle ricompense. Devo fare attenzione a ciò
che dice Pavlov su generalizzazione e discriminazione.
5. Valutazione: il comportamento critico si verifica più spesso delle frequenze misurate al punto di
partenza?

Effetti
La modifica del comportamento è efficace nei posti di lavoro? Spesso miriamo a comportamenti desiderati,
ma possiamo ottenere effetti diversi da quelli previsti.
L’intervento è generalizzato e influenza comportamenti funzionali “correlati”
Esempi:
- Comportamenti obiettivo ➔ prendere bene gli appunti
- Comportamenti non obiettivo ➔ assenteismo, puntualità
La modifica del comportamento non è un processo facile quando i comportamenti obiettivo sono complessi.
Il rinforzo uniforme ed efficace è di per sé un compito. I comportamenti obiettivo ritornano al punto di
partenza una volta che si riduce il rinforzo. Soggetti senza specifiche competenze di gestione delle persone
possono avere difficoltà nel gestire i rinforzi.

La teoria del comportamento operante suggerisce che il cambiamento nel comportamento si verifica
collegando le risposte ai risultati ambientali, ossia incoraggiare i lavoratori a percepire una relazione tra i
loro sforzi e una qualsiasi forma di ricompensa. Questa strumentalità è fondamentale e la persona la deve
percepire.

APPROCCIO COGNITIVO ALL’APPRENDIMENTO


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Le persone sviluppano dei modelli che definiscono le loro interazioni con l’ambiente
- Capacità: fattori che possono (o meno) facilitare l’apprendimento e prestazioni competitive
- Capacità trasferibili: capacità che possono essere applicate a molteplici attività e compiti
- Programmi operativi: Convertono i modelli in comportamenti trasformandoli in routine
- Programmi esecutivi: Aiutano a selezionare la capacità più appropriata in una data situazione

!!! La performance cambia se:


1. Il programma operativo sviluppa nuove routine e dunque nuovi comportamenti
2. Si sviluppano modelli per affrontare una situazione
Lo stop del processo dipende dal livello di formazione.

Apprendimento dalla formazione


Spesso:
- La formazione è inefficace
- La formazione non riesce a trasferire sul posto di lavoro gli insegnamenti

Attenzione!
Alle caratteristiche dei corsi
- Training rilevante: necessità di personalizzare
- Pensare ad un mix delle diverse teorie/strategie di apprendimento
Alle caratteristiche degli individui
- La formazione deve essere percepita come qualcosa di prezioso
- Differenti strategie di apprendimento per persone diverse
Alle caratteristiche dell’ambiente
- Controllo
- Autonomia
- Supporto

CASO ePROCURE
Secondo Thomson:
- Accumulazione (interazione minima): introduco regole e procedure
- Sequenzialità (output della fase precedente è l’input della fase successiva): introduco regole
procedure e programmi e piani
- Reciprocità (circolo con un continuo affinamento dei compiti, input → output e output → input):
tutto + mutuo aggiustamento, per poter portare a termine il compito complesso.
Nel caso eProcure le sono fortemente integrate tra di loro quindi serve reciprocità.

Le 3 settimane sono poche per l’integrazione delle risorse, ossia coordinamento e qualità della
collaborazione. Quando gestisco i miei collaboratori, si devono avere due pilastri che guidano le scelte: devo
essere orientato a gestire i compiti (risultato quindi definisco lo schema del progetto), dall’altra parte devo

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avere un orientamento alla relazione, ossia far si che all’interno del gruppo si sviluppino dinamiche
normali tali per cui emergano delle interazioni che cosentino di esplicitare i ruoli attribuiti a tutti i membri
del gruppo. Far emergere le aspettative di ciascun componente in modo che tutti condividiamo degli schemi
comportamentali e avere regole e norme di comportamento che ci fanno ingranare bene insieme. Questo
processo di sviluppo di queste norme e regole richiede del tempo. Emergeranno anche le differenze cognitive
rispetto a come svolgere i compiti. Se non emergono rimaniamo bloccati. Ipotizzando di averle superate, solo
a quel punto posso inserire norme e regole tali per cui lavorare bene. Anche costruire le regole richiede
esperienza. → FASI DI FORMAZIONE DEL TEAM:
1. Conoscenza- Forming
2. Storming: emergono differenze cognitive, i membri del gruppo devono gestirle in cui emerge anche
il leader.
3. Norming: fase in cui costruisco le regole di convivenza (fase di regolamentazione).
4. Performance: si lavora insieme a questo punto.
5. Aggiornamento: quando ci sono nuovi leader, nuovi membri si deve aggiornare.
Quanto più la composizione del gruppo è diversificata (con persone diverse, caratteristiche, competenze
diverse) più un leader deve far attenzione all’orientamento alla relazione.

Claire: comportamento sbagliato (lecchina)

Punti fermi:
1. è un progetto con forte integrazione, richiederà una particolare accortezza nell’attribuzione dei
compiti e delle responsabilità per gestire la necessità di mutuo aggiustamento
2. nella costruzione del progetto c’è da considerare che nelle 3 settimane bisogna portare a termine il
progetto e mettere insieme persone con contesti diversi per dar luogo alla costruzione delle
condizioni di gruppo secondo il ciclo di vita di formazione del team.
3. Abbiamo notato dalle parole di Sonya che nel contesto di progettualità, nelle prime due settimane e
mezzo, ci sono stati comportamenti rilevati da Sonya e Maria da parte di Claire non coerenti con
l’obiettivo di collaborare per questo progetto. In particolare, Claire ha fatto notare come Sonya sia
più attenta a lavorare piuttosto che collaborare.

Riflessioni sulle domande:


1. Nelle dinamiche di un contesto organizzativo dobbiamo essere agganciati alle modalità. Il tema di
muoversi attraverso le linee gerarchiche verticali è un tema importante. Qui sussiste una referenza
gerarchica netta e chiara. Molly è il capo progetto e occorre capire se è utile o meno. Un altro
principio di Fayol è il principio dell’eccezione. Tale principio, in termini di coordinamento, dice
che quando ho una grana, alzo le mani e parlo con il capo (principio di funzionamento
organizzativo). Questo principio dice che da un punto di vista organizzativo, la gerarchia è un
meccanismo semplice di coordinamento, per cui se non so fare qualcosa chiedo al capo (nel caso c’è
mancanza di coordinamento). Una scusa è una razionalizzazione e significa portare il proprio
comportamento percepito dagli altri come normale.
2. Problema di percezione dell’equità nel contesto organizzativo. In questo caso le interazioni vengono
viste con gli occhi di Sonya e non sappiamo Claire cosa abbia visto. Dobbiamo ricostruire bene la
timeline perché abbiamo una mappa frammentata e se andiamo a fare interpretazioni non corrette,
imprecise è sbagliato. La terza fase della tecnologia di comportamento è l’analisi funzionale per
capire quali sono le relazioni, e dobbiamo ricostruire tutto. Quando analizziamo i comportamenti
occorre vedere quelli di tutti. Tutto passa attraverso le percezioni, che sono all’origine di processi

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cognitivi ed emozionali. Prima di prendere una posizione, più conosco meglio è. Occorre sentire
tutte le campane.
3. Con il fatto dell’esistenza dei 4 moduli con le interdipendenze reciproche, non avrei dovuto
assegnare in quel modo (mischiare le carte). Se avessi assegnato in modo alternato sarebbe stato
diverso. C’è una finta dicotomia tra le due fasi e le ultime due. La strategia deve essere alimentata
dalle informazioni. Sapendo che Sonya doveva costruire meccanismi di project management,
meccanismi complessi di integrazione che dovevano forzare la collaborazione dal punto di vista
organizzativo.
4. Soluzioni per Molly: presenza costante, momenti di valutazione controllo e verifica dei risultati
intermedi, deve ridelineare i compiti costruendo obiettivi intermedi. Molly potrebbe recuperare la
dimensione relazionale per ristabilire un clima positivo, ossia una situazione relazionale rilassata.

GRUPPI DI LAVORO, PROCESSI DECISIONALI ED EFFICACIA


Una delle caratteristiche principali è la consapevolezza della propria identità all’interno del gruppo. Dunque,
quali sono i desideri degli altri membri del gruppo in termini di interazione con tale membro del gruppo. Le
definizioni del ruolo avvengono attraverso le interazioni. A seconda dei ruoli io sarò inserito in attività che
gestiscono la relazione con gli altri membri del gruppo. Se faccio parte del gruppo io voglio comunicare agli
altri come voglio contribuire all’interno del gruppo e capire chi sono gli altri e chi sono io.
Per definire la nostra “essenza” e comunicare quello che siamo lo facciamo attraverso un’attività che in quale
modo è indirizzata a sostenere la giusta percezione che gli altri hanno di noi rispetto alla nostra appartenenza
al gruppo.

Tutti noi abbiamo una serie di reazioni che funzionalmente (cognitivamente) o istintivamente attiviamo per
attivare il nostro essere. Tutta questa attività è la self-impression.
Nei luoghi di lavoro comunichiamo il nostro essere in modo tale da essere apprezzati positivamente da parte
dei nostri colleghi di lavoro. Questo perché come animali sappiamo che tutti noi preferiamo stare con
persone che la pensano come noi rispetto a chi la pensa diversamente. Proiettiamo questo desiderio agli altri
e cerchiamo di essere vicini a quello che gli altri pensano che noi siamo. Molto spesso è anche strategico,
quindi prende il nome di impression management, ossia come costruiamo la nostra percezione verso gli
altri. Le persone più abili nell’Impression management sono le persone più performanti nel luogo di lavoro.
Alla base delle attività di impression management c’è la capacità sociale che permette di adattare il nostro
comportamento con le aspettative degli altri. Se riusciamo a sviluppare bene queste capacità sociali siamo
più performanti all’interno dei processi decisionali che avvengono all’interno dei gruppi. Se questa capacità
è prevalente i processi decisionali di gruppo possono essere razionali o sono guidati dall’attività di
impression management?

Assunzioni di base
- La maggior parte del tempo lavorativo è speso in interazioni con altre persone
- Alcuni individui sono meglio di altri nel rapportarsi con gli altri individui
Molti importanti fenomeni nei luoghi di lavoro possono essere meglio compresi utilizzando il concetto di
gruppo come unità d’analisi base. Il gruppo come unità d’analisi base dovrebbe essere studiato
osservando le sue dinamiche cognitive e comportamentali

In altre parole, all’interno dell’organizzazione ci sono individui più bravi a sviluppare relazioni ed individui
meno bravi. Ciò significa che se la maggior parte del tempo all’interno del luogo di lavoro è dedicato alle
relazioni dobbiamo considerare il gruppo come elemento di analisi per capire come le persone si comportano

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all’interno del luogo di lavoro. Per studiarlo vado a vedere gli aspetti che rendono percettibili queste
dinamiche, ossia i comportamenti agiti. Dalle dinamiche comportamentali io desumo delle ipotesi.

SELF-PRESENTATION
Definizione: I processi usati dagli individui per controllare le impressioni nelle interazioni sociali con altri
individui. Significa comunicare chi siamo agli altri. Sono tutti i processi che permettono di influenzare le
percezioni che gli altri individui hanno di noi durante le interazioni sociali.

Tipologie di self-presentation:
1. Autentica: L'obiettivo è quello di creare un'immagine coerente con il nostro modo di vedere noi
stessi. → io agisco all’interno del gruppo per come sono, quindi voglio passare l’immagine reale di
quello che sono realmente.
2. Ideale: L'obiettivo è quello di stabilire un'immagine coerente con ciò che vorremmo essere. →
svolgo delle azioni e mi comporto in modo tale da passare un’immagine che sia coerente con quella
che ho ideale che gli altri recepiscono di me. Es. sono stressato ma l’immagine ideale è essere una
persona puntuale, quindi mando e-mail per avvertire; quindi, sto proiettando l’immagine di me
puntuale.
3. Self-presentation tattica: L'obiettivo è quello di stabilire un'immagine pubblica coerente con ciò che
gli altri vogliono o si aspettano da noi. → voglio funzionalmente indirizzare le percezioni verso
un’immagine che è coerente con quello che gli altri vogliono o si aspettano da noi. Rispetto alle altre
due questa insiste sul riconoscere cosa si aspettano da noi e modificare il comportamento rispetto a
quello che si aspettano.

Self-presentation Tattica
Nella self-presentation tattica, una persona si preoccupa solo dell'impatto dell'immagine che presenta agli
altri, non se quell'immagine è coerente con il suo sé reale o ideale
Le persone che mettono in atto la self-presentation tattica hanno, di solito, un secondo fine
Spesso vogliono che gli altri li vedano positivamente per ottenere ricompense.
Alla base del comportamento individuale ci sono una serie di caratteristiche (valori, competenze, ecc.) e tra
questi elementi individuali quello che spicca di più è quello della personalità. La personalità è qualcosa che
una volta acquisita (nelle prime fasi di vita di un individuo), quella personalità rimane stabile per tutta la vita
dell’individuo. Il comportamento di un individuo è predicibile in funzione della sua personalità. In altre
parole, data la conoscenza della personalità di un individuo si può conoscere il comportamento. L’impression
management rompe questa staticità dicendo che non sono solo gli elementi statici che determinano il
comportamento degli individui ma ci sono anche elementi dinamici, come le aspettative delle altre persone
che incontro e su cosa si aspettano che mi comporti in determinate situazioni. In situazioni nuove non
sappiamo come adeguare il nostro comportamento.
Se riesco a governare l’impression management governo il comportamento delle persone e dunque anche la
loro efficacia all’interno di momenti interattivi.

IMPRESSION MANAGEMENT (IM)


Si assume che, al contrario delle spiegazioni statiche del comportamento umano basate sui tratti caratteristici
delle persone, la vita sociale è molto più dinamica e creativa.
Gli individui sono visti come costantemente coinvolti in processi detti di “impression management”, nel
tentativo di definire se stessi e coloro che incontrano nei processi che li vedono protagonisti o attori.

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In altre parole, è una sorta di rappresentazione teatrale che noi facciamo in cui abbiamo una sorta di copione,
un palco dove agiamo (luogo di lavoro/riunione), una serie di comportamenti che noi adottiamo per fare in
modo che gli altri percepiscano come siamo. Noi siamo attori (persone) ed il nostro ruolo di attori all’interno
di una particolare situazione lavorativa. È come una drammaturgia:
- Il mondo sociale → un palcoscenico
- Le persone → gli ‘attori’ che creano e ricreano sé stessi osservando gli altri
- L’interazione è caratterizzata da:
o Il monitoraggio della propria performance (quello che si aspettano da me)
o Il monitoraggio della performance degli altri
- Drammaturgia: aspetto simbolico dell’IM
La comunicazione di me stesso la esplicito in maniera simbolica, ecco perché si chiama drammaturgia, leggo
i comportamenti in logica simbolica perché rappresentano qualcosa.

Persona
La persona è l’attore che interpretiamo. È la faccia sociale che ci mettiamo, quella che presentiamo agli altri.
Noi abbiamo più facce a seconda delle situazioni sociali in cui ci troviamo coinvolti; infatti, gli attori
scelgono il tipo di “persona” a seconda delle situazioni in cui si trovano. È un’attività continua di
adeguamento. La selezione della faccia da interpretare può essere istintiva, ossia ci viene naturale, oppure
strategica, nel senso che cognitivamente sceglie di agire in una certa maniera.
Scegliere la “persona” giusta implica:
- Riconoscere, creare e definire la situazione (es. Definizione della situazione attuale): se la situazione
non la conosciamo noi forziamo per riportarla ad una situazione conosciuta.
- Conoscere le regole di comportamento di tale situazione (es. Divulgare informazioni sul sé che siano
coerenti con l'identità rivendicata)

Aspetti simbolici della self-presentation


Come si esplicita la comunicazione simbolica?
- Attività simbolica (comportamento verbale e non verbale), ossia attraverso un agire
- Materiale simbolico (oggetti e vestiti)
Quando combinati definiscono un attore, ossia il “make up” dell’aspetto esteriore di una persona.
Il termine aspetto dell'attore si riferisce a tutto ciò che riguarda una persona e che gli altri possono osservare
La consapevolezza dell’aspetto esteriore di una persona differenzia gli individui ad alto rendimento da quelli
a basso rendimento.
La realtà sociale è definita attraverso un’attività simbolica di impression management che guida i
comportamenti, è un costrutto. È il risultato di un incrocio di narrazioni simboliche. Più interiorizzo questo,
più posso capirlo e più posso agire su di esso, in modo da non viverlo passivamente. A seconda di come
narro la situazione ho dei comportamenti piuttosto che altri.

Aspetti esteriori nelle organizzazioni


Aspetti esteriori proiettati nei luoghi di lavoro:
- Capo
- Subordinato
- Specialista
- Partecipante alle “prime armi”

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Questi aspetti esteriori implicano l’adozione di specifiche strategie di IM, come ad esempio la
semplificazione o la supplica.

Strategie specifiche di IM
Può succede che a volte le percezioni non sono così come me l’aspettavo e vedo che, nel monitoraggio della
mia performance, vedo che gli altri non percepiscono come io pensavo di farlo percepire secondo le
aspettative, attuo delle strategie per fare in modo che percepiscano che realmente come ipotizzano che io sia.
- Funzionali all’accumulazione: Sono utilizzate in modo da essere visti in una luce sempre più
favorevole. Sono le strategie di ingraziamento.
- Funzionali alla protezione: Sono utilizzate in modo da minimizzare le mancanze percepite e da
fronteggiare le minacce potenziali al proprio aspetto esteriore.

Ingraziamento
Enfatizzare i nostri sentimenti positivi verso gli altri.
Sebbene per la maggior parte del tempo siamo autentici e sinceri nei nostri rapporti con gli altri,
occasionalmente possiamo ricorrere all’ingraziamento.
1. Conformità di opinione: Di fronte a una persona che ha un potere discrezionale, si può cercare di
guadagnarsi il favore esprimendo un consenso non sincero su questioni importanti. Questa tattica ha
spesso successo perché le persone tendono ad apprezzare le persone che hanno opinioni simili alle
proprie:
- Disaccordo nell’accordo
- Atteggiamenti accomodanti
- Fare favori.
2. Self-promotion: rafforzare la mia percezione sugli altri, ho due modalità
- Self-enhancement → Una persona mostra i suoi punti di forza, le sue virtù e le sue ammirevoli
qualità. Si fa promozioni di sé stessi.
- Self-deprecation → Una persona fa solo affermazioni umili o modeste.

Strategie protettive di IM
Quando ci troviamo in difficoltà → Allineamento delle azioni:
- Tentativi di definire un comportamento apparentemente discutibile come conforme alle norme
culturali. Noi dobbiamo ribadire che siamo coerenti rispetto alle aspettativi.
- L’allineamento delle azioni risana le identità sociali più preziose, restituisce significato alla
situazione e ristabilisce un'interazione fluida
Due tipologie di azioni di allineamento:
- Disclaimer → Un'affermazione volta a scongiurare le implicazioni negative di azioni imminenti,
definendo queste azioni come irrilevanti per la propria identità consolidata. “si è successo questo
ma non è successo nulla alla nostra relazione”
- Account → Le spiegazioni che le persone forniscono per mitigare la responsabilità dopo aver
compiuto atti che minacciano la loro identità sociale. Sono le scuse.

CAPACITA’ SOCIALI
Ho consapevolezza se riesco a sviluppare le capacità sociali che insistono sul saper comprendere tre cose:
1. Situazione sociale in cui si interagisce
2. Le persone con cui si interagisce

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3. Gli elementi del processo interattivo

1. Comprendere le situazioni sociali


Obiettivi: capacità di bilanciare obiettivi legati ai compiti con quelli legati all’espressività. Capire quanto
spazio dare all’orientamento.
Regole: comprendere le regole e adattare il comportamento
- Regole universali: si applicano a tutte le situazioni
- Regole specifiche: si applicano ad una data situazione

Un’altra classificazione:
- Regole interpretative: i criteri di lettura (mi dicono come leggere certi comportamenti)
- Regole prescrittive: che cosa dovrebbe essere fatto
- Regole non-generalizzabili: create al momento

Repertorio di elementi: la conoscenza degli specifici ‘atti’ coerenti in una determinata situazione (Verbali,
non verbali, posture...). sono tutti quei comportamenti, azioni od oggetti coerenti con quella situazione (es.
riso ai matrimoni).
Concetti: comprendere i concetti che aiutano a spiegare la situazione sociale (Fornire categorie che riducono
la complessità di una situazione). Sono semplificazioni che utilizziamo per classificare certe situazioni.
Scenario ambientale: il layout fisico (Ad esempio, la privacy, lo spazio, le variabili psicologiche)
Ruoli: il comportamento atteso in una determinata situazione. Il ruolo di una persona viene definito dagli
altri, dalle loro aspettative. Il ruolo non lo posso scrivere in un documento ma solo sviluppare attraverso le
relazioni ed è qualcosa di dinamico, poiché dipende dal processo di creazione e ridefinizione delle capacità
sociali.
- Le aspettative degli altri (colleghi, capi, ecc.)
- L’internalizzazione delle aspettative
- I ruoli sono internalizzati durante gli episodi di ruolo stessi
- Il comportamento è guidato da come gli individui comprendono il proprio ruolo

2 Comprensione degli altri


Per comprendere gli altri noi costruiamo dei modelli mentali durante l’interazione.
Come?
- Linguaggio
- Espressione facciale
- Sguardo
- Postura e movimenti del corpo
- Apparenza

Da dove arrivano questi modelli?


Teoria dei costrutti personali: definiscono come noi leggiamo le altre persone, sono modelli cognitivi ossia
li creiamo ad hoc e siamo coscienti di crearli.
Ognuno di noi ha un proprio sistema di costrutti personali che ci aiuta a comprendere il comportamento degli
altri.
Costrutti Personali: li applichiamo per leggere altre persone.
- Sono cognizioni che le persone creano e impongono attivamente al mondo per dargli un senso

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- Sono personali; rappresentano i modi idiosincratici con cui le persone determinano le persone e gli
eventi che incontrano
Evolvono nel tempo attraverso esperienze ripetute che abbiamo con altre persone.
I costrutti personali sono importanti perché utilizzando questi modelli mentali possiamo commettere degli
errori. Se conosciamo i motivi per cui commettere errori possiamo far evolvere i modelli verso definizioni
più affidabili e ridurre la probabilità di errore.
Motivi di fallimento nella comprensione degli altri (bias):
1. C’è una mancanza di socialità
2. C’è una mancanza di caratteristiche in comune : noi tendiamo ad applicare una lettura selettiva,
abbiamo un bias selettivo e andiamo a cercare negli altri le caratteristiche che hanno come le nostre.
Usando non troviamo affinità siamo spaesati e applichiamo a casaccio tali modelli mentali.
3. Assumiamo che il nostro costrutto sia “corretto”: assumiamo che noi non sbagliamo mai.
4. Presenza di un effetto di falso consenso
5. Supremazia: mancanza di tempo, volontà, capacità di realizzare costrutti , se devo inserire in un
gruppo persone con prospettive diverse ecc. le 3 settimane del caso risultano poche.
6. Circospezione: costruzioni eccessive: sono i film mentali. Ricorda Occam: la soluzione più semplice
è quella giusta.

3 Interazione
Scopo: sviluppare l’abilità di raggiungere gli obiettivi in contesti sociali attraverso la gestione delle relazioni.
Soprattutto legato alla conoscenza dei vari livelli gerarchici (intelligenza relazionale). Occorre capire gli
obiettivi che guidano le situazioni.
1. Situazioni aperte: assenza di obiettivi a priori o specifici processi interattivi, come ad esempio le
discussioni tra amici. Sono le più semplici da leggere dal punto di vista delle interazioni con
parametri facili da individuare (es. fiducia). Regole: quantità, qualità, rilevanza, modo e accuratezza.
2. Situazioni definite: almeno un partecipante possiede un obiettivo da raggiungere. Quante più
persone portano obiettivi all’interno del gruppo, tanto più sono complesse.
3. Situazioni chiuse: l’ascoltatore gestisce l’interazione fornendo risposte semplici e definitive. Da una
parte è positivo perché semplifica il lavoro di monitoraggio, dall’altro può avere conseguenze di
micromanagement e scattano meccanismi di demotivazione. (?)

PROCESSO DECISIONALE
Il processo decisionale è razionale o no? La teoria classica dei processi decisionali ci dice che le persone, una
volta che conoscono come comportarsi, si comportano conseguentemente, si riesce a governare i
comportamenti. Se introduco regole riesco a coordinare e controllare i comportamenti, secondo un approccio
scientifico basato su regole e procedure. Ma la realtà è più complessa in cui regole e procedure non sempre
servono, come strumenti di controllo e governo dei comportamenti. Weber, Fayol e Taylor erano allineati ai
loro tempi e seguono approcci allineati alla teoria convenzionale, in cui:
- Le leggi governano i comportamenti
- Unità e consenso potenziano i processi decisionali
- Obiettivi comuni
- Scopo: un controllo e un disegno efficace

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Queste ipotesi sono forti secondo alcuni economisti, tra cui Simon che introduce la razionalità limitata:
- La scuola di Chicago
- Debolezze della razionalità umana
- Una soluzione soddisfacente
- Un processo euristico di ricerca
- Un processo decisionale incrementale

Dunque, da qui si passa ad una prospettiva più sociale, definendo criteri di scelta e delle priorità o problemi
che devono essere risolti.
- Il processo decisionale come un fenomeno costruito socialmente
- I limiti dei gruppi
- I limiti della struttura sociale
- Il fattore umano
Ciò significa che se un gruppo parte con queste premesse, le probabilità di disfunzionalità sono elevate.

Da qui la teoria comportamentale di Mintzberg e Kotter, in cui essi dicono che se andiamo a vedere i
luoghi in cui ci sono molte interazioni, questo va a riflettersi sul breve termine, perché i problemi vengono
risolti giorno per giorno e di fatto si reagisce ai problemi, senza anticiparli ma essendo reattivi.
- Poca attività a lungo-termine
- Processi decisionali reattivi
- Comportamenti a breve termine
- Comunicazioni e raccolta di informazioni in modo informale (manutenzione del sistema)
- Brevità, varietà, frammentazione, pressione
Quindi non è razionale e dobbiamo gestire le relazioni per aumentare l’efficacia.

CASO LEO BURNETT


La logica di funzionamento di un’azienda che funziona per team naturalmente, se si vuole efficacia, porta ad
avere una dilatazione del tempo di lavoro. La disposizione riguarda le caratteristiche individuali quindi devo
andare a cercare quel tipo di attitudine per collocarle in quel tipo di modello organizzativo. Non tutti
abbiamo la propensione a fare consulenza, proprio perché il modello organizzativo richiede un particolare
carico di lavoro. Dobbiamo entrare in una logica sul tipo di comportamento di questi gruppi con profili
individuali con un’attitudine e motivazione particolare, non solo vedere le competenze.
Quale è lo spazio fisico migliore per permettere questa progettualità? Openspace, per cui c’è maggiore
comunicazione, in una logica di interdipendenza reciproca in cui vi è mutuo aggiustamento. La coesione è un
meccanismo di supporto che porta alla collaborazione. Il layout fisico è caratterizzato dal catalizzare e
sostenere le relazioni interpersonali tra le persone.

La pianificazione dei team è coerente con ciò che hanno deciso, Toronto e Taipei hanno ruoli diversi perché
Taipei è responsabile dell’adattamento al mondo asiatico, su Toronto siamo in un ambiente occidentale, in
Canada invece degli USA. C’è un tema rispetto al Canada, alcune competenze specifiche che si sono
sviluppate nella sede di Londra, l’adattamento di idee creative in Canada viene ipotizzato insieme ai colleghi
di Toronto, che vengono fatte a Londra.

Ad esempio, in pandemia ci sentivamo più stanchi, poiché deriva dal cervello che sintetizza aspetti verbali e
non verbali, se sto in un ambiente che limita un pezzo dell’interazione è come se il nostro cervello va in

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overload, in pandemia era tutto appiattito all’interno del virtuale. Per questo non è possibile la sostituzione
tout court del fisico con il virtuale. Dobbiamo essere consapevoli dei limiti. Devo fare attenzione anche a
ripensare le logiche per cui da una parte segno i compiti, ossia altre modalità che declinano il mutuo
aggiustamento e devo anche pensare di cambiare il modo di come guido le persone.

Si passa da una comunicazione informale ad una formale, è una comunicazione che sancisce l’esistenza di
problemi che non sono stati risolti all’interno del gruppo. Di fatto porta allo scoperto dimensioni di
conflittualità esistenti all’interno del gruppo. Nell’openspace i capi progetto hanno una supervisione diretta.
La lettura di questa mail è il disfacimento della logica di mutuo aggiustamento, arrivando ad una
comunicazione formale ed è un segnale di non funzionamento.

L’interazione è più faticosa, come avrebbero dovuto affrontare questa situazione? Non posso dare per
scontato ciò che è naturale nei gruppi vis a vis anche nei gruppi virtuali. Le fasi di storming, norming ecc.
saranno più difficili quindi devo porre maggiore attenzione alle fasi percettive. È un tema di orientamento al
compito ed orientamento alla relazione. Nel job design nel modo virtuale devo capire se quel modello
organizzativo funziona oppure no. Devo capire che se è più faticoso devo adottare un nuovo modo per
l’interazione virtuale.
Inoltre, devo inserire persone con alte capacità sociali, che quindi siano in grado di gestire i processi empatici
anche in modalità diversa. Es. Conrad che studia le papere, si mette lui come mamma, quindi si deve
lavorare sull’imprinting, ossia io devo spiegare le mie aspettative di comportamento all’interno del gruppo
virtuale. Definisco quali sono i comportamenti corretti che mi aspetto.
Tra le cause c’è anche la mancanza di esperienza nel lavoro a distanza. Devo integrare la dimensione di
meccanismo complesso di coordinazione con le forme di collaborazione.

È un problema di disegno strutturale/disegno organizzativo? Decentralizzare è in riferimento a compiti e


responsabilità. Se decentralizzo creo un evento traumatico e non lavorano più. Il problema non sta nella
scelta nel centralizzare o meno ma come intervenire sul gruppo per ripristinare quel minimo livello di
interazione tra i due gruppi che gli consente di portare a termine il lavoro andato a male. Il problema stava
nelle caratteristiche di prima, ridefinendo i ruoli, dirgli cosa ci aspettiamo e fare un imprinting.

CASO INTEL IN CINA

Guanxi: vuol dire oggetto e agito contemporaneamente. È il sistema di relazioni ma è anche il mantenimento
di queste relazioni. Vuol dire armonia in un sistema di relazioni e tutti i comportamenti possono influenzare
questa armonia. Riguarda qualsiasi rapporto, descrive le relazioni anche all’interno delle relazioni di Intel.
Uno degli elementi che contraddistingue il guanxi è il capitale relazionale. È un concetto clanico, ossia si fa
parte di un capitale relazionale che ha sviluppato relazioni claniche.
Il guanxi rappresenta la metanorma/metaregola entro cui noi potremmo sviluppare i rapporti di impression
management con i dipendenti cinesi. Definisce anche i criteri di appartenenza organizzativa. È un aspetto che
prescinde dal contesto specifico e dalla situazione specifica organizzativa, è al di là della relazione che
sussiste. È una condizione valoriale di un sistema di relazioni. Per apprendere questo sistema valoriale molto
complesso, si richiede molto tempo ed è rappresentato da un sistema di norme sociali molto articolato. Le
norme che devo seguire sono molte e più il sistema è complesso più le norme sono di più ed io, per
muovermi in un sistema come questo, devo fare attenzione alle interdipendenze che esistono.

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Dobbiamo considerare che, data la sua giovane età, in un sistema sociale come questo, molto probabilmente
si deve omologare a quelli che sono i principi e se non ho il “permesso” è come se venissi considerato uno
straniero. Il sistema di regole porta dimensioni di autorità che probabilmente prescindono solo dalla
posizione organizzativa o dalla posizione sociale. È sufficiente anche una semplice differenza di età per
creare una “distanza gerarchica” di relazione. Potremmo considerarla anche una strategia di ingraziamento,
che ha un obiettivo a breve.

Differenze culturali tra paesi differenti


Dobbiamo far riferimento al modello di Hofstede,
- Distanza di potere: accettazione della gerarchia, ossia un paese che accetta di più la gerarchia
rispetto ad un paese che l’accetta di meno;
- Avversione all’incertezza: ossia paesi che per fare le cose è necessario spiegare tutto, mentre ci sono
paesi che si inventano tutto perché sono molto più imprenditoriali;
- Individualismo/collettivismo
- Orientamento al processo (femminilità)/orientamento al risultato (mascolinità)
- Orientamento al breve/orientamento al lungo

Quindi possiamo notare tra i due paesi:


- Molta distanza di potere in Cina rispetto alla poca distanza in occidente. La distanza di potere in
Cina nasce già da bambini, quindi è radicata nella loro cultura.
- Molti più aspetti simbolici in Cina, con valori fortemente riconosciuti, rispetto all’occidente. La
dimensione informale che discende dal sistema valoriale, di cui il guanxi è un elemento, guida i
comportamenti organizzativi delle persone.

C’è un elemento di complessità, ossia il terzo soggetto (Chen). Essendo Chen il capo diretto di Li è Chen che
doveva gestire la relazione. Non sono state date altre opzioni di negoziazione.

Il conflitto viene definito come una contrapposizione di interessi divergenti e non conciliabili. Nasce da una
differenza cognitiva (conflitto cognitivo o anche di compito) e quindi avviene lo scontro. Quando
scaturiscono emozioni forti è perché si sta dando un giudizio sulla persona. Esiste anche il conflitto
interpersonale, quando si entra nella sfera valoriale. Il primo conflitto (cognitivo) si risolve ed è anche facile
una terza via innovativa e migliorativa. L’altro conflitto bisogna fare attenzione perché può derivare da una
distanza.
In un conflitto possiamo parlare del passato, del presente o del futuro. Quando parlo del passato, il più delle
volte si rilegge a proprio piacimento, alterando la sequenza temporale solo per supportare la propria
posizione, manipolando. Parlare del passato da l’effetto si ribadire la nostra prospettiva, quindi continueremo
ad allontanarci; quindi, non ha senso parlare del passato per risolvere un conflitto, soprattutto in pubblico.
Il presente fa riferimento a cosa facciamo adesso. Il futuro fa riferimento a come continueremo a
relazionarci. Prima di parlare di presente e futuro occorre parlare di altre cose, ossia delle regole di
comportamento futuro, entro cui definire gli spazi di riapertura della relazione, per poter ricostruire
dimensioni empatiche. Per poter parlare di presente e futuro si deve parlare di obiettivi. Occorre vedere
quindi quali sono gli interessi delle parti.
Si poteva optare per una modifica del sistema degli obiettivi.

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Per risolvere il conflitto ci sono 5 stanze, la prima cerco di evitarla, poi vado a chiedere in maniera
individuale funzionando da un mediatore. Se sono io il conflitto o un mediatore nel conflitto non parlo del
passato.

APPREZZARE LE DIFFERENZE INDIVIDUALI


La personalità da un’impronta stabile agli individui ed è in contrapposizione all’Impression management che
riguarda le modalità di interazione e di adattamento alla situazione. Non si deve confondere la personalità
con l’intelligenza.

Variabili che influenzano il comportamento individuale


Dal modello generale di comportamento individuale dice che il comportamento delle persone all’interno
dell’organizzazione è espressione di alcune caratteristiche personali degli individui e alcune caratteristiche
del contesto organizzativo stesso. Il comportamento, quindi, dipende da come sono fatte le persone ed il
contesto in cui si muovono le persone. In particolare, rispetto alle caratteristiche personali sono state
isolate alcune dimensioni:
- Personalità. Il suo atteggiamento dipenderà anche dalle proprie competenze, ma esse sono un
cocktail di 3 elementi differenti:
- Conoscenze/sapere, utile perché la conoscenza può essere trasferita.
- Capacità, ossia il saper tradurre la conoscenza in un comportamento agito particolare. A
differenza delle competenze possono essere solo sviluppate, quindi o ci sono o non ci sono.
Riguarda quelle dimensioni delle caratteristiche personali che sono innate o che emergono nei
primi anni di vita delle persone, non si può apprendere.
- Esperienza, è tutta la conoscenza o tutto lo sviluppo di capacità che ho accumulato attraverso il
comportamento agito in situazioni ripetute diverse nel tempo. Si può tentare di simularle ma non
possono essere trasferite.
- Motivazione. A livello intuitivo la motivazione è una sorta di boost che noi attiviamo o
intrinsecamente o estrinsecamente (ci viene indotto). Rappresenta una sorta di additivo alla benzina
per attuare certi comportamenti. Spiega il perché certi individui vanno più veloci di altri all’interno
di contesti organizzativi, pur avendo stesse competenze.
- Percezioni sono il risultato del nostro lavoro di accumulo, sistematizzazione di costrutti personali
che ci portano a leggere i comportamenti ed agire di conseguenza.
- Gli atteggiamenti anche influenzano il comportamento. L’atteggiamento è una particolare
predisposizione che ho nello svolgere determinati compiti o affrontare certe situazioni.
- Poi abbiamo il sistema valoriale che sfocia in argomenti etici. Noi pensiamo che sia giusto
comportarsi in una certa maniera.

A questo si aggiunge anche l’ambiente.


- Quello che fa l’organizzazione. Dunque, la struttura e i meccanismi che vengono implementati.
- Caratteristiche del gruppo di lavoro, ossia le fasi di vita, la presenza di figure di leader ecc. può
influenzare il comportamento delle persone.
- Le caratteristiche del lavoro, ossia la complessità e le condizioni nelle quali svolgiamo i compiti.
- La vita personale, ossia noi non viviamo solo per lavorare, dunque potrebbero esserci ambiti in cui
passiamo molto tempo della nostra vita e questi ambiti, a seconda delle percezioni, ansie e valori e
come li viviamo, possono influenzare il comportamento delle persone all’interno del luogo di lavoro.

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PERSONALITA’
La personalità è definita come la combinazione relativamente stabile di tratti che rende un individuo unico
(differente dagli altri) e che allo stesso tempo produce consistenze (stabilità) nei suoi pensieri e nel suo
comportamento (ossia della realtà e di come ci comportiamo).
Ci sono elementi importanti in questa definizione:
- L’assunzione di stabilità: Una combinazione di tratti che rende gli individui unici, ma anche che
rende consistente nel tempo i loro pensieri e i loro comportamenti. I tratti, indipendentemente da
quanti sono, sono unici a seconda di ciascun individuo. È l’impronta digitale che spiega il
comportamento delle persone in maniera univoca.
- L’assunzione di una molteplicità di dimensioni di fondo: per leggere bene la combinazione di
tratti comuni a tutti ma ci rendono unici. Ossia, dimensioni comuni che spiegano le DI.
- Le DI sono distribuite normalmente: vuol dire che la maggior parte di noi ha configurazioni
simili, non uguali, di personalità, poi ci sono delle code.

BIG FIVE
La teoria più famosa e più utilizzata, sempre presente in qualsiasi schema HR è la teoria Big Five, per
definire il potenziale di un individuo. La personalità viene chiamata potenziale perché una volta che c’è
quell’insieme di tratti, quello è e quello mi comporta un certo prevedibile comportamento e schemi mentali
di lettura della persona.
I Big Five sono normalmente percepiti durante un processo di reclutamento e selezione con strumentazioni
ad hoc e normalmente da persone che sanno intercettare questa combinazione di tratti. Questi soggetti sono
gli psicologi. Con i Big Five sappiamo leggere i report in modo tale da collegarli con le posizioni vacanti e le
relative progressioni di carriera di quelle persone. Le competenze le guardo per la posizione vacante, ma
siccome la personalità da elementi stabili nel tempo, mi aiuta a capire se quella persona può seguire quel
percorso di carriera.

Le teorie del Big Five nascono nel cercare di capire se in qualche modo sono riconoscibili all’interno dei
diversi individui, dei tratti comuni, uguali (magari espressi con intensità diverse). Si individuano alcuni tratti
comuni. Gli autori hanno individuato 5 tratti comuni che si possono leggere all’interno degli individui, con
tante combinazioni. I 5 tratti di personalità sono stati etichettati e rappresentano un continuum (ossia si varia
da una situazione all’altra che caratterizza in un modo o nell’opposto il suo tratto). Sono etichettati con i
nomi dei due estremi.
5 fattori (costrutti): la maggior parte della differenza che è possibile osservare nelle personalità altrui può
essere spiegata per lo più utilizzando i seguenti 5 fattori:
 Estroversione-introversione
 Neuroticismo-stabilità
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 Coscienziosità–opportunismo
 Apertura-chiusura all’esperienza
 Accomodabilità – ostilità
Tutti questi tratti, a meno di uno ossia l’estremo del neuroticismo che non va bene da nessuna parte, nei due
estremi fittano con posti di lavoro differenti. La maggior parte delle persone sono nel mezzo quindi
distribuiti normalmente. Insieme spiegano la struttura unica della personalità degli individui.

Da dove vengono i Big Five? Sono partiti da termini rilevanti per la personalità dal dizionario. Sono andati a
vedere i termini che si possono aggregare per vedere se trovassero somiglianze o dissimilarità.
Ipotesi lessicale: la maggior parte delle caratteristiche di personalità socialmente rilevanti e salienti sono
state codificate nel linguaggio naturale.
1. Allport e Odbert (1936): 18.000 termini, 4 categorie identificate
2. Cattell (1943): da 18.000 termini a 4.500 termini caratteristici, per poi arrivare a 35
3. Tupes e Christal (1961): cinque fattori trovati attraverso l'analisi. Tra gli anni 30 e 40 in psicologia si
sono evolute le tecniche di scomposizione della varianza. La prima tecnica era quella delle
composizioni canoniche, poi analisi in componenti principali e analisi fattoriale. Con queste tecniche
posso raccogliere dati della realtà rispetto a molte caratteristiche. Però ci sono anche dati latenti. Non
accettavano neanche questa teoria. L’ipotesi lessicale era soggetta al fatto che era una
cristallizzazione nel linguaggio delle espressioni comunemente utilizzate nelle varie culture per
descrivere determinate persone che assumevano determinati comportamenti. Questo viene risolto
nella prima metà degli anni 90 costruendo dei questionari su quegli item.

Esempi di test della personalità


1. NEO Five Factor Inventory (NEO-FFI)
• Frasi complete, 240 elementi
• (Costa & McCrey , 1988)
2. Big Five Inventory (BFI) → più utilizzato
• Frasi brevi, 44 elementi
• (John & Srivastava, 1999)
3. Trait Descriptive Adjectives (TDI) → più specifico
• 100 aggettivi descrittivi dei tratti
• (Goldberg, 1992)

Estroversione – Introversione
I tratti che definiscono l’estroversione sono:
- Apertura al nuovo: confidenza sociale, stimolano rapporti con altre persone
- Appartenenza: più calore e amicizia, sviluppano empatia velocemente
- Energia: preferenza per il più rispetto al poco, hanno bisogno di essere bombardati di stimoli
- Ascendenza: più assertivi
Sono migliori in lavori con alti livelli di stimoli, novità e varietà ed hanno l’abilità di incrementare la
coesione di un gruppo e sono dei team leader

Neuroticismo – Stabilità
Neuroticismo: un elevato livello di sentimento negativo. Sono timidi. I tratti correlati con questo fattore
sono:
 Ansietà
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 Tensione/irritabilità
 Bassa autostima
 Propensione alla colpevolezza
 Scarso controllo delle emozioni
 Irrazionalità e visioni distorte della realtà
 Insicurezza/timidezza
 Meno fluenti dal punto di vista sociale
 Umoralità

Coscienziosità – Opportunismo
Coscienziosità:
- Forte senso di obbligo e dovere,
- Al lavoro: puntualità, sistematicità, ordine e ambienti predicibili
Opportunismo:
- Individualisti
- Al lavoro: ignorare le regole e le procedure, pragmatismo, dinamismo, adattabilità e flessibilità
Il miglior predittore della performance. Non hanno una connotazione negativa.

Apertura – Chiusura all’esperienza


Apertura: ricerca attiva di nuove esperienze
- Interessi estetici, analiticità, intellettualità, immaginazione, astrazione, diversità di interessi
- Al lavoro: risolutori creativi di problemi, pensatori astratti
Chiusura: praticità, con “i piedi per terra”
- Al lavoro: focalizzazione nel completare i compiti assegnati

Accomodabilità – ostilità
Accomodante:
- Mantiene buone relazioni e serve gli altri
- Al lavoro: sono dei giocatori naturali in team e si adattano
Ostile: diffidente, irritabile, testardo
- Al lavoro: non si fa imbrogliare facilmente, basse performance
Sono dei tratti molto consistenti dall’infanzia in avanti. L’assunzione di stabilità si ferma a 14 anni. Da un
punto di vista lavorativo, le persone adulte non cambiano la personalità.

I big five e le prestazioni di lavoro


- La coscienziosità presenta relazioni stabili in tutti i criteri di prestazione lavorativa e in tutti i gruppi
professionali
- L'estroversione predice successo nel management e nelle vendite (che richiedono interazioni
sociali)
- Apertura all'esperienza e estroversione predicono competenze professionali
- Accomodabilità e stabilità predicono le performane quando i dipendenti lavorano in gruppo

FREUD E LE DINAMICHE DELLA PERSONALITÀ


La personalità è il risultato di processi dinamici. Sottolinea le determinanti inconsce del comportamento
1. Il conscio: Pensieri e percezioni
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2. Il preconscio: Memorie e informazioni “archiviate”
3. L’inconscio: Fobie, traumi, impulsi sessuali, ansietà

La struttura tripartita della personalità:


1. L’Io: il principio del piacere
2. L’Ego: il principio della realtà
3. Il Superego: valori e morali
L’Io (piacere) e il Superego (moralità) lottano per il controllo dell’Ego (realtà)
I problemi sorgono quando questa lotta è vinta da uno o dall’altro. Se c’è un trade-off la persona è in
equilibrio e la persona esprime dei comportamenti coerenti tra l’io e il superego. Quando c’è una
predominanza si crea un disequilibrio e l’individuo pone in essere dei meccanismi di difesa per cercare di
ripristinare la situazione di equilibrio. Purtroppo questi meccanismi fanno più danno del disequilibrio quindi
le persone cambiano negativamente i propri comportamenti.

Meccanismi di difesa
 Repressione: la deliberata repressione di desideri dall’inconscio
 Proiezione: i propri indesiderabili impulsi sono proiettati su altri
 Formazione di reazione: inconsciamente scegliamo di percepire gli altri come aventi più qualità di
quante ne abbiano
 Diniego: rifiuto di accettare la realtà esterna, indeliberato
 Regressione: temporanea reversione dell’ego ad uno stadio precedente di sviluppo
 Distrazione: spostare gli impulsi sessuali o aggressivi verso obiettivi più accettabili

APPRENDIMENTO SOCIALE
L’apprendimento sociale si ha quando si interagisce con fratelli, colleghi, parenti e insegnanti e l’interazione
produce dei cambiamenti cognitivi
1. Locus di controllo: locus interno versus locus esterno. Rappresenta quanto un individuo ritiene di
poter esercitare un controllo sull’ambiente
2. Desiderio di successo: I bambini cresciuti nella conoscenza delle pratiche e della professione del
proprio padre vedono influenzate le proprie motivazioni al successo

Locus di controllo
- Interno: ‘Io faccio accadere le cose’
- Esterno: ‘Le cose mi accadono’
Al lavoro:
- Gli interni hanno delle performance migliori
- Hanno percezioni migliori del loro lavoro, sforzi e condizioni lavorative
- Gli esterni percepiscono una connessione minore tra i loro sforzi e i risultati conseguiti
Il locus di controllo può cambiare attraverso nuove esperienze

McClelland e il bisogno di successo (N-ach)


N-ach: il bisogno di successo e di completamento dei compiti. Si sviluppa attraverso l’apprendimento sociale
durante l’infanzia e l’adolescenza. La famiglia è il meccanismo di apprendimento

La rivoluzione delle competenze

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“il tentativo di identificare in termini espliciti comportamentali le differenze chiave tra individui che
presentano eccellenti performance e individui indifferenti”
- Elevato N-ach = imprenditori efficaci
- Elevato N-ach + Elevato N-power + Elevato N-aff + auto-controllo = manager

CONCETTI DI INTELLIGENZA
Teorie implicite (assunto implicito-Spearman, 1904):
- Il potere di generare risposte accurate
- L’abilità di utilizzare il pensiero astratto
- L’abilità di adattare l’ambiente
- L’abilità di adattarsi a nuove situazioni
- La capacità di accumulare e utilizzare la propria conoscenza
- La capacità di imparare e trarre profitto dall’esperienza

Processi cognitivi (teoria esplicita):


- Velocità pura: elaborazione di semplici informazioni
- Velocità di scelta: tempo necessario per fare una scelta
- Velocità di accesso lessicale: recuperare informazioni dalla memoria a lungo termine
- Velocità dei processi di ragionamento: elaborazione di livello superiore delle informazioni

La misura dei fattori espliciti dell’intelligenza


G: la capacità innata di percepire le relazioni e di dedurre le correlazioni (un fattore unico)
Necessità di fattori specifici di abilità (attitudini):
 Abilità spaziale
 Ragionamento verbale
 Velocità di percezione
 Abilità numerica
 Memoria
 Fluidità verbale
 Ragionamento induttivo

Oltre G
Una nozione esaustiva di intelligenza. Ogni individuo possiede un mix unico di intelligenze
8 intelligenze (Gardner, 1999):
- Linguistica
- Logico-matematica
- Musicale
- Fisica
- Interpersonale
- Intrapersonale
- Naturalistica

CASO BLINDS TO GO
Vediamo perché fa fatica ad attrarre e trattenere nuovi talenti. Il tema è legato alle dimensioni di
collegamento/fit/relazione coerente tra le aspettative di comportamento che ha la Blinds e le aspettative di
24
comportamento che si costruiscono con tutte le persone che sono dentro la Blinds o che si avvicinano.
Vediamo il disallineamento tra le aspettative. Per fare ciò cercheremo di vedere come la Blinds to go ha
disegnato formalmente 5 pratiche HR:
1. Job design: disegno delle posizioni organizzative
2. Reclutamento e selezione
3. Attività di formazione e sviluppo delle persone
4. Pratica di disegno dei sistemi di remunerazione e incentivo
5. Pratica di disegno dei percorsi di carriera

Due riflessioni essenziali:


1. È un’impresa familiare. Quando si parla di imprese familiari, probabilmente la presenza della
famiglia e l’influenza che esercita sull’azienda, sia dal punto di vista di declinazione degli obiettivi,
sia in termini di governance (norme e regole che danno il funzionamento), sia nel management,
portano a determinati comportamenti piuttosto che altri. Questo per dire che il sistema valoriale della
famiglia avrà connotato fortemente il sistema valoriale dell’organizzazione. La cultura sarà dettata
dalla famiglia.
2. Non è una piccola azienda (120 negozi + espansione), per cui probabilmente ruota in un intorno di
800/1000 dipendenti. Questo ci dice che per gestire l’organico del personale richiede particolare
attenzione e strutturazione del processo di gestione del personale.

Glossario:
- Job description → descrizione dei compiti e delle responsabilità
- Ruolo → insieme di aspettative di comportamento che definisce il capo, i colleghi e collaboratori.
La posizione si trova nell’organigramma e nella job description.
- Mansionario → L’insieme delle job description. Definire solo compiti e responsabilità non è
sufficiente quindi accanto al job description mettono il job profile.
- Job profile → all’interno ci sono profilo di ruolo (comportamenti) e le competenze.

Se rimaniamo su questi 4 compiti, c’è già una sovrapposizione di job position. Dobbiamo assicurare
specializzazione e coordinamento. Per specializzazione si intende differenziazione dei compiti e della
responsabilità tra le persone. Nella Blinds non c’è differenziazione. La chiarezza dei ruoli aiuta nelle
dinamiche all’interno dell’organizzazione. Ma la chiarezza dei ruoli nasce da una chiarezza dei compiti e
delle responsabilità. Sappiamo che è pagato anche il vice-direttore a cottimo sulla percentuale delle vendite
quindi anche lui è coinvolto nelle vendite anche se non è dichiarato nella job description. Ci sono
progressioni di carriera velocissime, quindi, significa che almeno sai fare quei compiti.

In termini di job design, e quindi anche in logica gerarchica, l’azienda non ha un approccio strutturato, anzi
probabilmente mancano le job description, o se ci sono, sono definite sommariamente.

Profilo che cercano Blinds:


- Persone energiche
- Disponibili
- Motivate
- Estroverse
- Dono del gab
- Positive
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- Buona leadership
- Capacità umane

Quando devo reclutare devo identificare il profilo ideale che ricoprirà quella posizione. Vado a vedere
compiti responsabilità e/o caratteristiche del contesto organizzativo (job fit ed organization fit).
- Aiutare il cliente
- Presentare il prodotto
- Vendere il prodotto

Nel profilo mancano le competenze. La competenza è formata da conoscenze, capacità ed esperienze. Le


conoscenze di prodotto e di vendita. Tra le capacità ci sono quelle relazionali, comunicative, sociali ecc. Nel
profilo che cercano ci sono aspetti della personalità e di attitudine che proviene da tratti della personalità.
Energico è un sotto tratto della personalità ‘estroversione’. Disponibilità è una sotto categoria
dell’accomodante. La motivazione non è legata alle competenze o personalità ma è un processo cognitivo. Il
dono del gab è un idioma ed è legato a capacità relazionali. Una persona positiva è un’attitudine personale.
- Mancano delle esperienze ancorate a delle conoscenze;
- La non chiarezza dei diversi compiti porta ad una confusione;

Job design della Blinds to go: strutturato male, il profilo non fitta. Nessuno sa quello che deve fare e c’è
un’alta probabilità che si scelgono le persone sbagliate.

Reclutamento: La segnalazione dei dipendenti è più efficace perché i dipendenti dicono con sicurezza
perché se sbagliassi la segnalazione ci rimetterebbero loro. L’internal referreal è particolarmente efficace
perché da una parte mi garantisce persone “rotonde” e nell’ingaggio che faccio con la persona ho la
possibilità di spiegare la posizione ed il lavoro. Su internet si rischia che le persone riconoscono il profilo ma
non fittano con la posizione. Devo capire i luoghi dove posso trovare le persone giuste.

Selezione: il colloquio con la visita del negozio non è sufficiente. Il reclutamento lo fa tramite reclutatori
professionisti ed alla fine il profilo di prima fa acqua da tutte le parti. Se le competenze manageriali già le ha,
le conoscenze del settore gliele dovrei dare io direttore.

Formazione e sviluppo delle persone: la facevano i supervisori (sovrapposizione) e c’era un manuale. Non
è corretto mettere un manuale per la formazione. La formazione anche ha una scarsa strutturazione.

Progressione di carriera: 3 mesi sono pochi ed avevano un parametro di valutazione su un tempo piccolo
che era quello di chiudere le vendite. Io vado a cercare persone in luoghi tipo università quindi il rischio che
abbia, da questa situazione, un turnover elevato e vado a prendere le eccezioni non creando una struttura
coerente e sistematica è bassissimo.

Pagamento: il collaboratore alle vendite una quota è legata alle performance individuali. I dirigenti hanno
uno stipendio fisso + percentuale delle vendite complessive del negozio. La quota fissa di 10.000 dollari dei
dirigenti è veramente poco, oltre ad essere poco lo scarto tra i collaboratori e i dirigenti. La distinzione è che
uno è sulle vendite totali ed uno sulle vendite individuali.

Suggerimenti:
- Progressione di carriera non basato sulle vendite
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- Formazione del personale
- Ridefinire la job description
- Ridefinire il sistema di compensazione
- Ridefinire il job design
- Ridefinire il processo di selezione
- Motivazione del personale
- Aumentare la collaborazione
- Comunicazione

Conclusione: Se devo parlare di comportamenti di individuali devo insistere su un sistema coordinato di


meccanismi di gestione e configurazione di pratiche tese ad essere collegate l’una con l’altra per raggiungere
gli obiettivi che mi sono posto. Sto ipotizzando che se avessi almeno una di quelle pratiche che non funziona.
Sono tutte funzioni necessarie ma non sufficienti per far si che il sistema sia in equilibrio. Se non faccio
attenzione a tutti i pezzettini che servono per gestire la complessità rischio di creare danni. È un’azienda di
successo ma ha problemi di attrazione di persone giuste e turnover quindi alla lunga non può mantenere quel
processo di crescita perché non ce la fa.

MOTIVAZIONE
La motivazione al lavoro è un processo cognitivo, quindi è legato al contesto storico in cui si realizza. Ci
sono anche varie teorie motivazionali (teorie di contenuto, ossia cosa ci motiva e le teorie di processo, ossia
come avviene il processo di motivazione). Nell’ambito delle teorie motivazionali c’è in particolare un
approccio recente legato a come l’assegnazione degli obiettivi alle persone e dare dei feedback nel
raggiungimento di questi obiettivi ed è un ulteriore strumento motivazionale.
La risposta emotiva viene chiamato soddisfazione al lavoro. Quest’ultima e la motivazione al lavoro sono
due dimensioni, una emotiva ed una cognitiva. Noi mettiamo le posizioni organizzative in base alla
soddisfazione delle persone a quelle posizioni.

Lavoro e motivazione
Lo studio della motivazione spiega il motivo (perché) per cui le persone si comportano:
- in un certo modo (DIREZIONE)
- scegliendo una determinata linea d'azione e preferendola ad altre (SFORZO)
- continuando nell'azione scelta, spesso per un lungo periodo, affrontando difficoltà e problemi
(PERSISTENZA dello sforzo da un punto di vista temporale)
Questi tre elementi caratterizzano la motivazione. Motivazione come direzione e persistenza dello sforzo.

Processi motivazionali
Il processo cognitivo parte dal fatto che tutti noi abbiamo degli obiettivi. In particolare, questi obiettivi sono
legati sempre alla soddisfazione di un bisogno. Il problema è capire cosa è questo bisogno. Il bisogno è una
differenza che noi percepiamo tra lo stato attuale che viviamo ed uno stato desiderato. Quando percepiamo il
gap nasce una consapevolezza a voler
soddisfare questo bisogno ed
immediatamente iniziamo a ricercare delle
modalità per soddisfare questo bisogno.
Una volta identificata quella che riteniamo
la modalità corretta per soddisfarlo, il

27
bisogno in se, essendo soddisfatto, cessa di motivare. Il processo però non si ferma ma nasce un nuovo
bisogno con un nuovo obiettivo.
È un processo continuo legato alla nostra vita psicologica e a come percepiamo noi stessi e come
desideriamo essere.

- La motivazione è una spinta interiore che indirizza il comportamento di una persona verso degli
obiettivi
- Un obiettivo è la soddisfazione di un bisogno
- Un bisogno è la differenza tra uno stato desiderato e lo stato reale

Un modello complesso per la motivazione dei dipendenti


Questo processo però non è un unico riferimento perché bisogna far fronte alla nostra complessità. Noi siamo
mossi da più obiettivi e più bisogni contemporaneamente quindi il modello serve a semplificare il nostro
comportamento cognitivo. All’interno di contesti lavorativi, inoltre, si è con altre persone ed il gruppo può
percepire, come unità, un bisogno di gruppo. Quindi non solo individuale.

TEORIE MOTIVAZIONALI
La ricerca di soddisfazione implica qualche conseguenza:
1. tutti gli individui hanno pur sempre gli stessi bisogni.
2. pur ammettendo che ci possono essere bisogni differenti, le teoria di processo dicono che tutti ci
muoviamo secondo questo meccanismo.

Rispetto alle teorie di contenuto abbiamo: Maslow, Aldefer, Herzberg, McGregor.


Rispetto alle teorie di processo abbiamo: Adam, Vroom

TEORIE DI CONTENUTO

La gerarchia dei bisogni di Maslow


È un modello semplice che ha un meccanismo. Si parte da quelli più in basso per arrivare a quelli più in alto
ed ogni individuo segue un percorso segnato. Solo dopo aver soddisfatto i bisogni del gradino inferiore allora
soddisferà quelli di gradino più alto.

Critiche: è un modello molto semplice.

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1. Ammettendo che ci siano quei bisogni, perché però si segue per forza quell’ordine? Riesco a trovare
anche delle eccezioni.
2. I 5 bisogni sono solo quelli?
3. Se, ad esempio, sono al livello dell’autostima e perdo il lavoro? Questa ipotesi non è ammessa da
Maslow, infatti è un percorso a senso unico e si può solo salire. È un’ipotesi forte basta pensare agli
eventi che possono contrastare la scalata.

Lezioni/warning:
- Dietro al modello c’è un processo di crescita psicologica che da un risvolto fondamentale. Ossia, se
ho davanti un collaboratore non posso motivarlo sempre con la stessa leva. Difatti, non è vero che
l’unico elemento motivante sono i soldi (teoria classica di Taylor).
- Dopo aver soddisfatto un bisogno ci si muove verso quello superiore successivo
- Prepotenza: la forza con cui un bisogno influenza/determina il nostro comportamento ➔ un bisogno
risulta come motivatore dopo aver soddisfatto un bisogno di ordine inferiore (più prepotente).
Maslow è stato criticato per il fatto che il suo modello era così semplice che non aveva sfumature.
Lui ha introdotto il concetto di prepotenza, secondo cui ognuno di noi percepisce in maniera diversa
l’intensità dei vari bisogni; quindi, possiamo riscontrare diverse soglie di soddisfazione di ciascuno
di quei 5 bisogni. Questo consente di apprezzare in modo più preciso comportamenti diversi rispetto
alla medesima classe di bisogno. Nonostante questa modifica a posteriori del modello, esso è rimasto
fortemente criticato.
- L'autorealizzazione non è mai pienamente soddisfatta. Cioè non è mai stato verificato da lui o dai
suoi epigoni. C’è da dire che le persone che intervistava erano i suoi studenti universitari. Quindi
nelle classi non è mai riuscito a verificare l’esistenza del bisogno di autorealizzazione.
- La realizzazione della gerarchia di Maslow è difficile. È difficile razionalizzare in maniera unica i 5
bisogni. Devo essere sicuro quando attivo operazioni di HR per motivare le persone. È difficilmente
concretizzabile.

Alderfer
Alternativa alla teoria di Maslow, secondo cui non ci sono bisogni specifici ma gruppi di bisogni. I bisogni
degli individui si dividono in 3 gruppi:
1. Bisogni di esistenza, i quali includono la copertura di esigenze nutrizionali e materiali. Nel mondo
del lavoro, le condizioni lavorative e i livelli di remunerazione cadono in questo gruppo
2. Bisogni di relazione, i quali sono raggiunti attraverso le relazioni con la famiglia e gli amici e, al
lavoro, con i colleghi e i capi
3. Bisogni di crescita, che riflettono un desiderio di sviluppo psicologico personale
Egli afferma che non c’è gerarchia e che le tre classi sussistono sempre nelle persone. Le tre classi di bisogni,
inoltre, sono un continuum, non è una progressione.
Alderfer fornisce uno strumento quando le persone tornano indietro rispetto alla soddisfazione dei bisogni.
Questo evento si chiama regressione da frustrazione.
- I bisogni insoddisfatti sono meno importanti
- I bisogni soddisfatti sono più importanti

Herzberg
Secondo lui non ci sono bisogni, bensì elementi che se ci sono motivano, se non ci sono non sono
soddisfatte, ci sono quindi fattori che motivano e fattori igienici. La teoria a due fattori:
Fattori motivanti:
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- Sono le fonti di soddisfazione (come l’autonomia, ecc.)
- Quando non ci sono, si crea una situazione di non insoddisfazione
- Riflettono il bisogno di autorealizzazione
- Responsabilità, riconoscimento, promozione, successo, aspetti intrinseci del lavoro

Fattori igienici:
- Condizioni lavorative (come la sicurezza del posto di lavoro, ecc.)
- Quando non ci sono, si crea una situazione di insoddisfazione
- Riflettono il bisogno di evitare sofferenze
- Supervisione, salario, ambiente di lavoro, politiche aziendali, relazioni con i colleghi

I fattori motivanti sono importanti per la permanenza e per ottenere determinati comportamenti
organizzativi ➔ focus sul contenuto del lavoro stesso. Sono i bisogni di ordine superiore di Maslow
I fattori igienici sono cruciali nelle decisioni individuali di aderire alle organizzazioni ➔ focus
sull'impostazione del lavoro (condizioni lavorative). Sono i bisogni di ordine inferire di Maslow.

Casi di Herzberg
A seconda della presenza sia di fattori igienici che motivanti, possono presentarsi tre diverse situazioni.

Determinanti della motivazione:


Raggiungimento, riconoscimento, il lavoro
stesso, responsabilità e avanzamento (contenuto
del lavoro). Interni
Determinanti della non insoddisfazione:
Politica e amministrazione dell’organizzazione,
supervisione, retribuzione, relazioni
interpersonali e condizioni di lavoro (Ambiente
di lavoro). Esterni

Quando definiamo il sistema motivazionale, dobbiamo pensare a profili diversi in termini di struttura
motivazionale intrinseca.
1. Una volta migliorata l'impostazione del lavoro, i manager possono cercare di fornire i fattori motivanti
2. Utilizzare un processo chiamato arricchimento del lavoro
3. Aggiungere più responsabilità e autonomia al lavoro
4. Creare l'opportunità per i dipendenti di sperimentare i fattori motivanti

McGregor
Ho due possibili alternative davanti ad un collaboratore: o mi vuole fregare o mi vuole aiutare.
1. Uomo razionale economico (massimizzatore dell’utilità, in logica opportunista)
- Interesse economico/autorealizzazione
2. Uomo sociale (siamo in un tessuto sociale e costruiamo la realtà attraverso le relazioni)
- Affiliazione e relazioni di sostegno
Secondo McGregor, l’uomo è più complesso, ha un po' di uno e un po' dell’altro. Per spiegarlo prende due
teorie estreme (teoria x e y).

30
3. Uomo complesso
- Un mix di uomo economico razionale e uomo sociale
- Teoria X e Y
Teoria X – impostazione opportunistica. Assume che i lavoratori non amano lavorare e devono
essere costretti a fare il loro lavoro. A questo punto dovrà mettere in piedi un sistema di controlli
per evitare comportamenti opportunistici dei lavoratori. Tutto ciò viene tradotto
nell’implementazione di stili di management di tipo autoritario. È come se il sistema fosse dotato
di meccanismi di autoregolamentazione che stoppano il comportamento delle persone. Questo porta
ad una sofisticazione dei sistemi di controllo.
Teoria Y – Visione umanistica del management. Assume che i lavoratori amano lavorare e cercano
responsabilità per soddisfare bisogni sociali, di stima e di autorealizzazione → i lavoratori sono
autodisciplinati e voglio svolgere il loro lavoro autonomamente
La lettura giusta è che ci dovrebbe essere un trade-off delle caratteristiche delle persone, con continui
aggiustamenti tra controllo e autonomia.

TEORIE DI PROCESSO

La teoria dell’equità di Adam


È quello che ha influenzato di più il disegno dei sistemi motivazionali di HR. In particolare, relativamente ai
sistemi HR che definiscono la remunerazione e i sistemi di incentivo. Egli afferma che la nostra percezione
di correttezza (equità) è un fattore (de-)motivante.
La teoria dice che se siamo trattati in maniera equa all’interno del luogo di lavoro saremo motivati o non.
Questo percorso percettivo è all’interno dello scambio che si viene a realizzare tra persona (che contribuisce
con gli sforzi) e l’organizzazione (che remunera quegli sforzi). Per valutare l’equità si usa un indicatore,
ossia sforzo / ricompensa (S/R) e lo confrontiamo con indicatori simili, o di riferimento:
sforzo*/ricompensa*.

Le persone sviluppano convinzioni su ciò che è una giusta ricompensa per il proprio contributo al lavoro –
uno scambio sociale
Le persone confrontano i loro scambi con il datore di lavoro con gli scambi di altri (interni e esterni)
chiamati referenti sociali
Se un dipendente ritiene che il suo trattamento sia ingiusto, rispetto ad altri, sarà motivato a fare qualcosa al
riguardo – cioè, cercare giustizia

 Rapporto sforzo – remunerazione: sottopagato/sovra-pagato = iniquità


 Processi di comparazione sociale
 Referenti sociali
 Sensibilità all’equità

Tuttavia, ci sono persone differenti su cui agire diversamente: benevolenti, sensibili all’equità e gli
autorizzati. *
È un metodo importante perché si costruiscono le curve salariali data una certa posizione organizzativa.

Possibili conseguenze della iniquità: per ridurre l’iniquità, un dipendente può


 Ridurre lo sforzo o anche la propria motivazione
 Cercare di influenzare il manager per aumentare i risultati (mi lamento, reclami)
31
 Cercare di influenzare gli input dei colleghi (critico i colleghi)
 Ritirarsi emotivamente o fisicamente (riduzione del commitment organizzativo delle persone che si
distaccano, fino ad arrivare alla possibilità che le persone escano dall’organizzazione).

Applicazioni della teoria dell’equità:


 Sviluppare strumenti per ricompensare le persone in proporzione ai loro contributi
 Far sapere ai dipendenti chi sono i loro referenti sociali nel sistema retributivo: identificare i
concorrenti retributivi esterni ed interni
 Sforzarsi di ottenere condizioni retributive coerenti
 Monitorare la coerenza tra la struttura retributiva interna e la posizione nel mercato del lavoro .

La teoria VIE di Vroom


Forza motivazionale ➔ VIE
1. Aspettativa: gli individui calcolano prima se esista una connessione tra il loro sforzo e la loro
performance
2. Strumentalità: esprime la probabilità che la remunerazione attesa segua il raggiungimento di
un’elevata performance
3. Valenza: il valore della remunerazione attesa

Alcune prescrizioni utili:


 I dipendenti devono percepire un legame tra i loro sforzi e le loro prestazioni
 I manager dovrebbero determinare quali sono i risultati valutati da un dipendente
 Condividere le aspettative all'interno di un gruppo di lavoro

Il modello di Vroom
Vroom suggerisce che le convinzioni di un dipendente circa l'aspettativa, la strumentalità e la valenza
interagiscono psicologicamente. In questo modo creano una forza motivazionale tale che il dipendente agirà
in un modo che porta piacere ed evita il dolore. Questa forza può essere calcolata con una formula:
Motivazione = Valenza x Aspettativa (Strumentalità)
Questa formula può essere utilizzata per indicare e prevedere cose come: la soddisfazione sul lavoro, la
scelta professionale, la probabilità di rimanere in un posto di lavoro e lo sforzo che un dipendente potrebbe
impiegare al lavoro.

CONOSCENZA DEI RISULTATI E ASSEGNAZIONE DEGLI OBIETTIVI


Recentemente Latham e Locke a fine degli anni ’90 ha aperto un filone nuovo rispetto alle teorie
motivazionali ed ha chiamato questo filone “Teoria del Goal Setting”: ho due ulteriori modi per motivare le
persone. Un primo modo è dargli dei feedback costanti e tempestivi(1). Questi feedback sono positivi per il
sistema motivazionale in quanto le persone si sentono parte del processo di lavoro attraverso questa
connessione capo-collaboratore nel momento del feedback. Quando diamo dei feedback dobbiamo darli
sempre in una logica non di eliminazione dei comportamenti disfunzionali ma anzi cercare di modificare
quei comportamenti disfunzionali in funzionali. Se vedo un comportamento errato e faccio passare del tempo
potrebbe essere interiorizzato e quindi autonomamente il collaboratore potrebbe pensare che sia corretto. Nel
feedback il collaboratore deve immediatamente realizzare come modificare il proprio comportamento per
percepire quella dimensione costruttiva di inclusione. Allora il feedback deve solo essere su comportamenti
osservati e non su opinioni.
Ci sono due tecniche per gestire i feedback negativi:
32
 Tecnica del feedback a panino: parto con degli apprezzamenti, dò il feedback negativo, concludo con
degli apprezzamenti.
 L’analisi causale: dobbiamo inserire il comportamento che intendiamo modificare con il feedback
all’interno di una catena: cosa c’era prima, il comportamento da modificare e le conseguenze. Solo
se il collaboratore percepisce questa analisi la modificherà.

Lutham e Locke definiscono due modi di motivazione:


1. Conoscenza dei risultati, ossia dare un feedback non solo quando la performance è al di sotto delle
aspettative. Quindi non in logica di eliminazione di comportamenti disfunzionali, ma modificarli
verso quelli funzionali.
 Suggerimenti: Siate positivi, tempestivi, feedback su ciò che un individuo può controllare
del proprio comportamento, specifici, feedback su comportamenti pubblici osservabili,
sensibili quando il feedback è negativo;
 Tecniche: Il feedback a “panino”; L’analisi causale
2. Assegnazione degli obiettivi: L’assegnazione degli obiettivi è fondamentale per poter dare dei
feedback. Un obiettivo diventa motivante se e solo se è interiorizzato (l’obiettivo è in qualche modo
definito all’interno di un processo negoziale con il collaboratore). Obiettivi difficili portano ad un
maggior livello di soddisfazione e quindi di prestazione. Perché se l’obiettivo è semplice avrà un
livello di commitment più basso. Il livello della complessità dell’obiettivo e la motivazione
dell’individuo c’è una sorta di relazione a campana. Occorre capire il corretto livello di difficoltà.
Non è l’obiettivo in sé che motiva, ma il processo negoziale di inclusione e partecipazione nella
decisione dell’obiettivo ed in quello stesso processo posso reperire informazioni riguardo la
motivazione del dipendente in merito a quell’obiettivo.
 Indirizzare gli sforzi e fornire delle indicazioni
 La partecipazione può aiutare
Obiettivi difficili portano a commitment più alto e prestazioni più elevate: Gli obiettivi facili
producono uno sforzo basso perché l’obiettivo è troppo facile da raggiungere. Obiettivi impossibili
alla fine portano a prestazioni inferiori perché le persone iniziano a sperimentare il fallimento.
Obiettivi specifici e difficili portano a prestazioni più elevate per compiti semplici (piuttosto
che complessi): La specificità dell’obiettivo riguarda la quantificabilità dell’obiettivo. Obiettivi
specifici e difficili compromettono le prestazioni su compiti nuovi e complessi quando i dipendenti
non hanno strategie chiare per risolvere questi tipi di problemi
Il feedback migliora l’effetto di obiettivi specifici e difficili: Obiettivi e feedback dovrebbero
essere usati insieme. Questo rinforza la motivazione.
Gli obiettivi partecipativi, gli obiettivi assegnati e gli obiettivi autoimpostati sono ugualmente
efficaci: i manager dovrebbero fissare obiettivi utilizzando un approccio contingency. Se c’è
un’interiorizzazione di un obiettivo comune possiamo dire che quell’obiettivo individuale può essere
chiamato di gruppo. Il processo motivazionale è individuale e dunque l’interiorizzazione di un
obiettivo è sempre un processo individuale. La motivazione di gruppo la facciamo attraverso il
supporto o rinforzo di interiorizzazione di obiettivi individuali in modo che condividano lo stesso
obiettivo. Metodi diversi funzionano in situazioni diverse.
L’impegno per gli obiettivi e gli incentvi monetari influenzano i risultati dell’assegnazione degli
obiettivi: obiettivi difficili portano a prestazioni più elevate quando i dipendenti sono impegnati a
raggiungere i loro obiettivi (e viceversa). Gli incentivi basati su obiettivi possono portare a risultati
negativi per i dipendenti in lavori complessi e interdipendenti che richiedono cooperazione. I
dipendenti potrebbero non aiutarsi a vicenda. La qualità può risentirne poiché i dipendenti
33
perseguono obiettivi quantitativi. L’impegno verso obiettivi difficili può risentirne. Le curve di
utilità personale portano a riconsiderare quelle che sono le dimensioni di coesione del funzionamento
del gruppo stesso.

SODDISFAZIONE AL LAVORO (SL) E BENESSERE


La soddisfazione è fortemente interconnessa con la motivazione. La soddisfazione esprime delle emozioni
che le persone provano nell’ambiente lavorativo. SL è una risposta affettiva piuttosto che cognitiva ed è
rilevante per il raggiungimento del benessere. C’è un tema di contenuto ed un tema di condizioni (contesto).
Il modello bidimensionale:
 Contenuto di un sentimento individuale
 Intensità di un sentimento individuale

3 assi:
1. piacere–dispiacere
2. ansietà–conforto
3. entusiasmo–depressione

Per spiegare la soddisfazione è stata proposta la teoria della varianza, ossia il collegamento con la
motivazione.
Tu vuoi x, ti è dato x = sei soddisfatto
Ossia, quanto i bisogni di autorealizzazione possono essere coperti
Che cosa è x?
 Concetto preso in prestito dalla teoria motivazionale
 È esplorata la natura del lavoro stesso
La teoria della varianza cerca di comprendere se esistano differenze individuali significative per diversi
livelli di soddisfazione al lavoro. Cerca di capire se siamo coinvolti emotivamente in quel comportamento.
Lavorando sulla motivazione lavoro anche sulla soddisfazione. Se lavoro sulla soddisfazione poi posso
lavorare anche sulle condizioni di lavoro. Viaggiano in parallelo.

Le caratteristiche di una posizione lavorativa


Come si costruiscono le job description delle persone che andranno a ricoprire quella posizione, è una teoria
del 1975.
Le cause della SL possono essere ritrovate nelle caratteristiche oggettive di una posizione lavorativa. Ci
sono 5 dimensioni chiave, su cui io posso insistere in termini di progettazione organizzativa per aumentare la
soddisfazione al lavoro:
1. La varietà delle capacità, la grandezza del numero di capacità differenti necessarie a svolgere un
compito → le persone, quanto più esprimono pienamente se stessi, tanto più sono soddisfatte. Quindi
cerco di disegnare un set di compiti che metta in gioco il più alto numero di competenze, poiché
strutturalmente sto già lavorando sulla sua soddisfazione. {BLINDS TO GO}
2. L’identità del compito, l’estensione per cui è richiesto il completamento di una precisa e identificabile
attività o gruppo di attività. → In altre parole, più quella persona riconosce ed interpreta
correttamente dove è inserita questa persona all’interno di un processo organizzativo, tramite quel
compito, tanto maggiore sarà la sua soddisfazione.
3. La significatività del compito, il grado di influenza che lo svolgimento del compito è ritenuto
possedere nei confronti degli altri individui all’interno e all’esterno dell’organizzazione → quanto più
34
la persona percepisce la relazione di dipendenza tra la sua attività e le attività eventualmente
successive, tanto più ha soddisfazione perché ha un ruolo più definito e rilevante (significatività del
compito) all’interno dell’organizzazione. Questi primi tre sono relativi alla scrittura della job
description.
4. L’autonomia, l’estensione della libertà, dell’indipendenza e della discrezionalità nel prendere decisioni
rispetto al luogo di lavoro e all’allocazione dei compiti → quanto più la persona percepisce che nello
svolgere quel compito può prendere decisioni su cosa fare prima/dopo e come farlo, tanto più la
persona è soddisfatta.
5. Il feedback sul compito, l’estensione con la quale sono fornite chiare e dirette informazioni rispetto
all’efficacia della performance → presenza all’interno del processo di feedback continui e costanti. In
altre parole, quel compito o insieme di compiti, quanto più richiedono una interazione continua nel
rapporto con il capo/colleghi/collaboratori, in un’ottica di feedback, tanto più quel compito genera
soddisfazione.

Stati psicologici
3 stati psicologici critici:
 La significatività esperienziale del lavoro. Questa è determinata dal livello della varietà delle
capacità, dall’identità del compito e dalla significatività del compito
 La responsabilità esperienziale dei risultati del lavoro. Questa è determinata dall’ammontare di
autonomia decisionale presente. L’autonomia è sui risultati di quel compito. Perché è sui risultati che
ci sono gli effetti della mia discrezionalità nel raggiungimento del termine del compito.
 La conoscenza dei risultati delle attività lavorative. Questa è determinata dalla quantità di
feedback presente. il feedback è perché c’è stato un processo di interazione con altri e quindi so ogni
virgola della tesi. L’interazione ha fatto si che interiorizzassi.

Il punteggio potenziale motivante (PPM)


i tre stati psicologici e i 5 fattori si possono combinare insieme attraverso una formula. Si calcola il PPM che
vede il primo stato psicologico che è la somma dei punteggi sulle prime 3 dimensioni (varietà, identità e
significatività) per gli altri 2 fattori (autonomia e feedback).

Informazioni che ci da questa formula:


1. Se manca autonomia o feedback si va a 0.
2. Ho 5 luoghi per produrre soddisfazione. Quando si parla di job enrichment è l’arricchimento della
posizione organizzativa in cui si insiste su una o più di queste 5 dimensioni.

Aumento e allargamento delle caratteristiche di una posizione lavorativa (arricchimento)


Il modello della Vitamina: troppo o troppo poco di alcune delle caratteristiche può essere dannoso. In
questo caso si parla di job rotation, metto in un'altra posizione. Quando ragioniamo in termini di
progressioni di carriera, dobbiamo sapere che non esistono solo verticali bensì anche orizzontali, lavorando
sulla loro soddisfazione.

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 Autonomia, opportunità nell’utilizzo delle capacità, la domanda di posizioni lavorative e compiti, la
varietà delle capacità e dei compiti, la sicurezza fisica, una supervisione di sostegno e una leadership
efficace, l’opportunità di contatti interpersonali, una posizione sociale di valore.

!!! LESSON LEARNED


1. Determinare il valore attribuito dai dipendenti ai risultati → avere ben chiaro come valutano i
collaboratori i risultati che ottengono.
2. Identificare le buone prestazioni in modo che i comportamenti appropriati possano essere premiati
→ se esplicito cosa intendo per buone prestazioni in termini di comportamenti agiti, rendo le persone
più consapevoli e pronte ad attivare i loro processi individuali motivazionali.
3. Assicurarsi che i dipendenti possano raggiungere i livelli di prestazione desiderati.
4. Collegare i risultati desiderati a livelli mirati di prestazioni → le persone devono sapere quali
comportamenti fanno raggiungere un determinato risultato (tema dell’aspettativa di Vroom)
5. Assicurati che i cambi nei risultati siano abbastanza grandi da motivare uno sforzo elevato → non
dobbiamo commettere errori simil Maslow (vedi prepotenza).
6. Monitorare il sistema di ricompensa per eventuali disequità emergenti → Quando costruiamo un
sistema di incentivi le differenze devono essere percepiti come tali dai miei collaboratori.

IMPLICAZIONI ORGANIZZATIVE DELLE TEORIE MOTIVAZIONALI


 Premiare le persone per le prestazioni desiderate e non tenere segrete le decisioni retributive
 Progettare lavori impegnativi
 Legare alcune ricompense ai risultati di gruppo per costruire lavoro di squadra e incoraggiare la
cooperazione
 Premiare i manager per la creazione, il monitoraggio e il mantenimento di aspettative, valenze e
risultati che portano a sforzi elevati e al raggiungimento degli obiettivi
 Monitorare la motivazione dei dipendenti attraverso interviste o questionari anonimi
 Accogliere le differenze individuali integrando flessibilità nel programma di motivazione.

CASO ELISE SMART

Appunti 2022:
Chang → obiettivo → elise smart → pensa che l’obiettivo sia complesso ma che lei potesse raggiungerlo in
qualche settimana
Darlene Ketchum: accetta la proposta di smart anche se è incinta.
Nei mesi della maternità Elise e Darlene non si sentono molto (Elise le ricorda i suoi obiettivi).
Passati i mesi il lavoro non va avanti a causa degli impegni con il bambino → “fattibilità tecnica derivante
dal contesto individuale per il compito assegnato”.
Quando assegno gli obiettivi non solo devo verificare che vi siano le competenze ma che ci siano le
condizioni. Nel processo di negoziazione andava integrata la valutazione di quelle che potevano essere le
effettive possibilità del raggiungimento del risultato e quindi contestualizzando per capire se effettivamente
poteva farlo durante la maternità.
EQUITA’ → è importante essere equi nell’attribuire la valutazione.
Il feedback deve essere “needs for improvment”, feedback dovrà essere costruttivo rispetto al futuro, la
risposta immediata in termini emozionali sarà una negazione e quindi provocherà frustrazione ma poi se io
lavoro con lei me la recupero per il futuro -> negoziazione su prospettive di carriera, alcuni suggerimenti su
come comportarsi e a quel punto creazione di un nuovo sistema di obiettivi collegato. Anche se è incinta ciò
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non implica che bisogna essere più buoni nell’attribuire la valutazione. Elise smart sbaglia ad assegnarle quel
progetto e allo stesso tempo Darlene poteva dire che aveva difficoltà (anche per questo la sta valutando
negativamente). L’errore manageriale che ha fatto Elise è che si è focalizzata solo sul fatto che Darlene le
abbia detto di potercela fare, ha concentrato la sua attenzione solo sulla motivazione di Darlene
dimenticando tutte le condizioni di contesto. Rischio di co-dipendenza se non sono equo nell’attribuire il
giudizio.
Motivazione+ Condizioni (di contesto) -> Obiettivi
Appunti 2023:
Non si sta valutando il comportamento né una questione di compiti, è una parte di un MBO (management by
objective), a seguito degli obiettivi gestisco le persone. Ogni periodo di valutazione è a se stante. Io valuto in
base al raggiungimento del risultato. Sulla scrivania di Smart non ci sono report quindi non c’è materiale. Si
rischia di compromettere l’equità. La valutazione era “da migliorare”.
Il fatto che fosse nuova, incinta, che abbia responsabilità sono parametri che riguardano la valutazione di
Elise e sarà Cheng che valuta Elise su questo. Era Elise che doveva:
a) Valutare la chiarezza a e specificità dell’obiettivo
b) Le competenze di Darlene
c) Condizioni lavorative
d) Definire un processo di feedback nel durante e non solo la valutazione della prestazione
Ma su questi parametri sarà valutata da Cheng.
Nell’arco di tempo di vita dell’MBO non posso cambiare le regole.
Devo applicare il criterio per tempo, non all’ultimo. Il sistema di obiettivi deve essere ben chiaro fin da
subito.

DISEGNO ORGANIZZATIVO

Premessa: la scelta del modello organizzativo dovrà essere coerente con il disegno e coerenti con le
caratteristiche dei fattori contingenti (contingency theory). L’aspetto su cui ci basiamo è quello della
supposta razionalità, che dobbiamo introdurre quando progettiamo chi fa cosa e come i soggetti si
coordinano tra loro all’interno dell’organizzazione. Il tema della razionalità è fondamentale all’interno della
progettazione organizzativa. Noi possiamo trovare la soluzione razionale per affrontare compiti e
responsabilità che attribuiamo ad una particolare persona. Questa razionalità però non è poi così vera:
quando parliamo di persone la razionalità si scontra su una serie di elementi che possono minarne la
raggiungibilità dell’obiettivo di disegnare razionalmente delle strutture e meccanismi di coordinamento. In
primo luogo, ci sono i processi decisionali (che sono tutto al di fuori del razionale, al massimo si parla di
razionalità limitata). La razionalità non tiene conto delle specificità che le persone possono portare
all’interno del processo tendenzialmente razionale (valori, emozioni, esperienze, attitudini, propensioni) e
questo rende difficile realizzare un disegno razionale. Dobbiamo capire da dove nasce la razionalità che si
attribuisce al processo e quali effettivi rilassamenti dobbiamo dare al principio guida di ricerca della
razionalità che dobbiamo attivare per consentire un maggior fit tra le caratteristiche delle persone e
l’effettivo inserimento all’interno dell’organizzazione. Per fare ciò dobbiamo parlare di Max Weber con la
sua proposta del concetto di burocrazia.

Introduzione
Weber cerca di capire come guidare il comportamento delle persone in maniera più efficace ed efficiente
all’interno della società. Il focus era la società e le persone all’interno della società. Egli era inserito
all’interno di una particolare società, tra la fine del 1800 ed inizi 1900, ossia l’impero austroungarico che di

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li a breve sarebbe scomparso. In quell’ambiente lui sviluppa una particolare attenzione sui meccanismi di
controllo dei comportamenti delle persone all’interno della società con riferimento a quell’ambiente. Egli
individua nelle regole il meccanismo principe per guidare il comportamento di una persona in qualsiasi
ambiente. L’esistenza delle regole consente di prevedere e quindi governare quali possono essere i compiti e
le attività che le persone possono realizzare. Se le persone rimangono perfettamente aderenti a quelle regole
si raggiungono gli obiettivi attribuiti a quei compiti e quelle attività, quindi quelle persone e l’esistenza stessa
di quelle regole presuppone l’attivazione di meccanismi di retroazione laddove
a) non si raggiungono quegli obiettivi
b) non si attuano i comportamenti prescritti dalle regole
c) non si conoscono quelle regole.
Una domanda legittima che si è posto Weber è: dove trovo queste regole? Siccome non ci sono devo
trovare e costruire queste regole. Siccome il mio obiettivo è quello di ordine e controllo sociale delle persone
all’interno di una comunità, io vado a vedere quelle comunità più performanti da un punto di vista dei
risultati che ottengono, le studio e se queste sotto comunità presentano delle dimensioni di comportamento
che sono generalizzabili per qualsiasi sotto comunità a cui possono essere applicate, ecco che io riesco a
definire queste regole. In questo passaggio scientifico c’è un ulteriore dimensione di razionalità, ossia la
generalizzazione. L’universalità della regola è una dimensione in più di sua razionalità.

IL MODELLO BUROCRATICO
Obiettivo: rileggere la razionalità come principio guida all’interno delle teorie comportamentali.
Dobbiamo capire quali sotto comunità individua per identificare queste regole universali, oggettive,
impersonali. Ossia quelle riconosciute come eccellenti. Egli identifica due istituzioni che oggettivamente
sono eccellenti: la PA dell’impero austroungarico e le forze armate dell’impero austroungarico.

Burocrazia: Il focus di Weber è su di una particolare forma di organizzazione che egli riteneva fosse sempre
più dominante nella società moderna. La burocrazia è l’incarnazione della razionalità formale e di delicati
processi di controllo.
Il suo lavoro porta Weber ad identificare una serie di principi e regole che sono generalizzabili, e quindi
applicabili a tutte le organizzazioni. Questi principi vengono identificati come modello burocratico.

Gli elementi base sono:


 La struttura amministrativa: ha un ruolo ben definito. È responsabile di verificare, supervisionare la
corretta applicazione delle regole. In altre parole, si identifica all’interno di un’organizzazione dei
luoghi organizzativi che hanno una responsabilità fondamentale: che le regole siano applicate
correttamente. Per Weber si apre un discorso sul “chi fa che cosa” all’interno dell’organizzazione,
ossia sul criterio di divisione del lavoro.
 La divisione del lavoro: “chi fa che cosa” all’interno dell’organizzazione, ossia il criterio di divisione
del lavoro. Questo lo porta a identificare 3 diverse tipologie di professione, o posizioni
organizzative: i progettisti, gli esecutori e i controllori.
1. I progettisti sono coloro i quali, prima della messa in opera dei lavori dell’organizzazione,
hanno il compito di scrivere il manuale delle giovani marmotte, ossia di tutte le regole di
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quell’organizzazione. Le regole hanno una struttura del tipo: “if-then”. I progettisti fanno
questo lavoro prima ancora che l’organizzazione esista. Questo per Weber è un momento
estremamente razionale, poiché i progettisti ipotizzava che avessero piena conoscenza
dell’ambiente, dell’organizzazione, delle situazioni che l’organizzazione poteva incontrare,
per far sì che in qualsiasi situazione fosse possibile scrivere una o più regole di
comportamento. Weber ha sviluppato queste regole in un ambiente che all’epoca era
“statico” ed è un presupposto che ad oggi non è più vero. Una volta scritto il manuale,
Weber fa finire il loro lavoro e non ipotizza nessun manuale di manutenzione delle regole. A
quel punto iniziano a lavorare esecutori e controllori.
2. Gli esecutori sono coloro che applicano quelle regole.
3. I controllori verificano che quelle regole siano applicate. Per Weber i controllori, nella
nostra terminologia, sono i capi, i manager, con l’unica competenza richiesta è la
conoscenza di tutte le regole per verificare che vengano applicate.
 La gerarchia, o divisione del potere: Il rapporto tra controllori ed esecutori è un rapporto razionale
nella misura in cui è la regola che definisce quel rapporto. I primi devono implementare la regola ed
i secondi devono verificare che la regola sia applicata. Tale rapporto razionale è espressione
dell’autorità che i controllori esercitano nei confronti degli esecutori. Oggi diremmo che la regola
configura il rapporto gerarchico tra capo e collaboratore, ed in questa configurazione, trascina al suo
interno, nel definire questo rapporto, tutte le dimensioni di razionalità contenute nella regola.
 Competenza: all’interno dell’organizzazione si estrinseca nella conoscenza di queste regole.
 Oggettività: i rapporti capi – collaboratori sono improntati da oggettività che è il processo che ha
portato i progettisti a progettare quella regola.

Autorità e razionalità
Egli parte da un ulteriore riflessione: fino a quel momento, osservando la storia delle società umane, i
rapporti gerarchici tra le persone hanno seguito dei percorsi fortemente inefficienti, che spesso e volentieri
hanno portato o al fallimento delle società o alla non raggiungimento degli obiettivi stessi di quelle società.
Problema: ordine sociale
Autorità: forma legittimata di controllo sociale
In particolare, egli identifica due forme di autorità:
1. Autorità carismatica, che si basa sulle qualità personali, eroiche o mistiche, dei leader. Persone che
trascinano gli altri che però presentano dei problemi. Fin quando c’è la persona posso prevedere i
comportamenti, ma se non c’è più il leader carismatico potrebbero non andare avanti da soli e
potrebbero nascere delle conflittualità.
2. Autorità tradizionale, che si basa su costumi stabiliti e sul diritto di legiferare di alcuni gruppi
dominanti, rafforzato proprio da tali credenze consuetudinarie. Mancava un tassello alla visione
razionale. Le persone interiorizzano le regole come meccanismo primario che guida i loro
comportamenti all’interno dell’organizzazione attraverso l’autorità razionale.
3. Autorità razionale, che si basa sulla occupazione legale di posizioni di vertice di coloro che
esercitano l’autorità. I controllori esercitano la forma di controllo e quindi vengono legittimati dalle
persone se c’è una regola che lo dice. Ossia un elemento definitorio del rapporto (dice chi sta al
vertice e chi controlla). Le persone che mettiamo a capo dell’organizzazione sono legittimate dal
punto di vista razionale perché esiste una regola che dice che loro sono i capi. Le persone,
riconoscendo questo valore razionale della regola, non mettono in discussione questa forma
legittimata di controllo.

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Razionalità = applicazione di strutture formali per fronteggiare compiti complessi.
Da una parte, non possiamo non leggere che, io come capo, do ad un mio collaboratore una serie di compiti
da svolgere, e sono particolare attento nelle caratteristiche dei compiti, nella pianificazione di quei compiti,
nel disegno dei contorni, non posso dire che, anche quando ho dimensioni elevate di complessità, avere un
insieme di regole non possano aiutare a gestire l’organizzazione.

Autorità legittimata = la concezione che i subordinati hanno che le stesse regole impersonali si applicano a
tutti, anche ai supervisori.
Controllare significa uniformare i comportamenti nel raggiungimento degli obiettivi. Per Weber l’obiettivo
reale era standardizzare i comportamenti in modo tale da raggiungere gli obiettivi. La standardizzazione dei
comportamenti cozza con la libera espressione dell’io individuale che le persone possono mettere quando
svolgono dei compiti. La regola legittima l’applicazione di quella regola e la legittimazione passa dal fatto
che la regola non è individuale ma è uguale per tutti. Non è in discussione così l’io individuale.
Anche lo stesso Weber dice che questa dimensione porta di fatto le persone ad essere rinchiuse in una gabbia
di ferro e si rende conto che non è poi così vero.

Critiche alla burocrazia


 Forma inefficace di organizzazione: le regole non sono sufficienti a guidare i comportamenti.
Quando ci sono delle regole e sono troppo stringenti questo può portare a non tenere conto dei
cambiamenti che possono manifestarsi nell’operare delle organizzazioni e quindi portano
all’incapacità di raggiungere gli obiettivi e adattarsi.
 “Tappeto rosso”: insistere troppo nel processo di meccanicizzazione dei comportamenti delle
persone può essere utile in termini di efficienza, ma non è detto che questo si trascini anche in
termini di efficacia. Tutto il processo si basa sull’assunto che è possibile raggiungere, in un modo o
nell’altro, gli obiettivi che l’organizzazione si da. Se interiorizzo questa prospettiva le persone sanno
che devono fare questo e se arriva qualcuno che chiede qualcosa di diverso, le persone si rifiuteranno
di fare quel qualcosa di diverso. Se si esce dalla regola si entra in un ambito di incertezza quindi
meglio stare nella regola. La maggior preoccupazione diventa il processo stesso. Alla fine per le
persone diventano più importanti le regole che gli obiettivi. Questo fenomeno viene chiamato “red
carpet” perché il critico Merton, per spiegare la trasposizione mezzi-fini, dice che per gli attori non è
importante recitare ma l’impressione che danno alle persone che vedono il film e quindi stare sul red
carpet. Questo porta ad una serie di disfunzioni sociali.
 Disfunzioni sociali: tra cui la depersonalizzazione delle persone, fino ad arrivare all’erosione delle
libertà individuali.

L’EREDITA’ DI WEBER
Weber, in sostanza, ha tirato su il tappeto. Ossia:
1. Ci ha reso consapevoli del fatto che nelle organizzazioni coesistono dimensioni formali o razionali, e
dimensioni informali o non razionali.
2. La seconda dimensione è che, grazie a tutte le critiche mosse a Weber, ha esplicitato come la
relazione capo-collaboratore è una relazione dinamica. Ci sono caratteristiche tali per cui la
legittimazione del ruolo del capo non dipende solo dal fatto che è colui che può attribuire dei compiti
e monitorare lo svolgimento dei compiti ma è più complessa, subentrano molte dimensioni
(emozioni, percezioni, valori). La regola razionale è un pezzettino che aiuta a definire la dimensione
dell’autorità. Il concetto di influenza dei comportamenti, di autorità e il concetto di potere sono

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concetti totalmente differenti, per weber, nel suo impianto razionale, questi tre concetti
coincidevano.
3. Dimensioni informali possono minare l’autorità razionale e i suoi spazi . I rapporti interpersonali, i
valori condivisi/non condivisi, le emozioni, le percezioni ecc. si devono tenere a mente perché aad
oggi rappresentano un mattoncino per i comportamenti organizzativi e per capire quali meccanismi
di coordinamento devo implementare per ovviare ai limiti propri dell’impianto razionale di weber.

Potere insidioso
Nel 1937, Croisière, critico di Weber, ci dice come nelle organizzazioni in cui si insiste nell’applicazione di
modelli organizzativi tendenzialmente burocratici, i limiti possono portare all’emersione di forme di
influenza dei comportamenti delle persone differenti, quindi meccanismi di potere differenti, che non sono
sulla base dell’autorità legittimata nata, che egli chiama poteri subdoli.
Ammettendo che non è possibile rispettare la razionalità della progettazione organizzativa in tutte le sue
componenti, e quindi non è possibile completare il manuale delle giovani marmotte dell’organizzazione, le
persone che nell’organizzazione occupano spazi organizzativi per cui non vi sono delle regole o sono
imprecise, o non coprono tutte le possibili eccezioni, siccome sono vicini al problema, possono trovare
soluzioni a quel problema, autonomamente, e quindi esercitare una forma di autorità diversa da quella
legittimata.

LAVORO MANAGERIALE E CONTROLLO


La struttura: un mezzo per controllare i comportamenti
Il controllo dei manager: legato alla fedeltà e al coinvolgimento, la performance dei manager si misurano
in termini di interiorizzazione alle regole. Il metro di coinvolgimento è inerente all’applicazione di queste
regole.
La specializzazione: la divisione del lavoro all’interno del management
La selezione: un modo per controllare i manager

Il dibattito degli studi di Critical Management


CM sostiene che:
 Esistano delle disuguaglianze di base nelle organizzazioni
 Tutte le azioni completamente guidate dal mercato sono ammesse
 Il comportamento manageriale è naturale e inevitabile
 I managers sono socialmente distanti e minimamente responsabili dei risultati di coloro che governano
 La letteratura convenzionale è un’apologia del potere manageriale
 La definizione della missione, la creazione di identità e immagini positive come gruppo/famiglia sono
indirizzate ad ottenere la piena partecipazione dei lavoratori
 La performance e l’efficienza come pure la dimensione minima razionale delle scelte deve essere
riconsiderata

LE ORGANIZZAZIONI COME SISTEMI

L’organizzazione è un sistema (teoria dei sistemi). Viene analizzata come un sistema (approccio
sistemico). Il sistema è un insieme di elementi interconnessi che condividono un obiettivo comune, che
definisce le caratteristiche di interconnessione tra gli elementi. Se ho uno di questi elementi completamente
predicibile, questo elemento sarà fortemente interconnesso con tutti gli altri elementi del sistema. Se
l’ambiente è perfettamente conoscibile, il sistema ingloba anche l’ambiente. Il sistema racchiude gli elementi
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ed è un sistema chiuso. Se di un elemento non conosco le caratteristiche ne posso prevedere le dinamiche
evolutive, questo elemento non può far parte del sistema e lo devo rincorrere o cercare di anticipare. Se mi
soffermo su queste due non posso parlare di universalità, che era il presupposto di Weber. Se l’ambiente in
cui operano le organizzazioni non è conosciuto è un elemento esogeno ed il sistema è aperto, che tiene conto
di elementi non completamente presidiabili.
La teoria delle contingenze presenta un carattere di razionalità: guardo l’ambiente che mi dice come devo
comportarmi e se mi comporto così ottengo dei risultati. Le persone rimangono sempre fuori dai due
approcci, sia questo che quello Weberiano.

Approccio della teoria dei sistemi


L’organizzazione viene letta come un sistema, è un modo di leggerla. Essendo letta come un sistema, di fatto
stiamo reificando l’organizzazione. Reificare significa renderla concreta e tangibile.
L’organizzazione è un corpo funzionante fatto da parti interconnesse per raggiungere un obiettivo principale
comune e molti obiettivi funzionali. Per raggiungerlo, si attivano le connessioni e si comporta in una certa
maniera; dunque, si ha un compito da realizzare. Un bisogno di adattamento per sopravvivere. La teoria dei
sistemi rispetto all’approccio Weberiano che tiene l’ambiente al di fuori della nostra progettazione, e viene
visto come elemento da considerare, infatti si parla di sistema aperto.

Limiti dell’approccio sistemico


 Il comportamento sociale è senza fine e incerto (approccio deterministico): è continuo ed è incerto
perché subentrano una serie di dimensioni che non riusciamo ad includere contemporaneamente nella
lettura e nella possibilità di influenzare il divenire delle interazioni.
 Esiste una molteplicità di obiettivi: è come se vi fossero degli obiettivi più importanti degli altri. Prima
ci sono gli obiettivi ultimi dell’organizzazione che pian piano si declinano sempre più all’interno, per
costruire un insieme coerente di obiettivi. Ma il punto di partenza è unico, sopravvivere.
 Reificazione (gli obiettivi sono degli individui): gli obiettivi sono individuali, non sono di un gruppo.

La scuola classica
L’approccio sistemico ha influenzato sia i fondatori della disciplina organizzativa e tutti coloro che sono
venuti dopo. Tra i fondatori della disciplina del disegno organizzativo ci sono Taylor e Fayol.

Taylor perpetua l’accento sulla razionalità che si deve dare alle organizzazioni nel processo di disegno. Egli
presuppone una serie di principi di management (che noi chiamiamo di disegno organizzativo). Nonostante
tutte le possibili influenze, il focus era la distribuzione dei compiti e delle responsabilità.

Fayol è il primo che riconosce l’esistenza all’interno di un’organizzazione di una molteplicità di posizioni
che devono guidare altre posizioni. Ossia, persone che devono interpretare un ruolo per guidare altre
persone. Tale funzione esistente in tutte le organizzazioni ed è il primo che parla di manager. Fayol, in
particolare, è la prima che utilizza i termini di specializzazione e coordinamento. Egli per primo riconosce
la necessità di una costante manutenzione organizzativa in termini di compiti e responsabilità che le persone
devono svolgere all’interno di un’organizzazione e la attribuisce ai manager.
Il manager doveva pianificare, organizzare, gestire e controllare il lavoro. Per declinare queste 4 attività dei
manager, egli identifica una serie di principi (hard e soft), 14 in particolare. Sono raggruppati da Fayol in
principi di coordinamento (es. principio di unità di comando: una persona può avere un solo capo;
principio dell’eccezione: se un collaboratore incontra un imprevisto deve dirlo al suo capo, dunque la
gerarchia è un meccanismo di coordinamento) e in principi di specializzazione (principio di

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dipartimentalizzazione /p. dell’unità organizzativa: per aumentare il livello di coordinamento delle attività
svolte tra persone diverse a cui sono attribuiti compiti e responsabilità diverse, io devo raggruppare nello
stesso dipartimento posizioni che svolgono compiti simili, l’idea è che se svolgono compiti simili hanno
delle relazioni e questo migliora il funzionamento dell’organizzazione → costruzione di luoghi organizzativi
in cui le persone fanno le stesse cose, parlano la stessa lingua e vedono gli stessi problemi, ma questo porta a
meccanismi di rigidità mentale).
La complessità delle persone però è ancora lontana dall’essere considerata, si guardano ancora i compiti. La
regola, quindi, viene vista come dimensione di razionalità nella progettazione di un assetto organizzativo.

Fayol ha posto le basi per la job design e job analysis, ma il focus rimanevano i processi svolti all’interno
dell’organizzazione. Egli contempla la manutenzione organizzativa ma non la collega a nessun elemento
esterno all’organizzazione, la vede come legata all’evoluzione delle tecnologie disponibili per svolgere i
compiti. Per tecnologie si intende l’insieme di compiti che trasforma un oggetto in altro.
LA TEORIA DELLE CONTINGENZE
L’approccio al compito non funziona più. Cambia il contesto storico. Si doveva riconsiderare l’obiettivo di
efficacia e non solo di efficienza. Lo fanno gli studi a metà degli anni 60 che vanno sotto il nome di
contingency theory, in cui si va a vedere come
è fatto l’ambiente. All’interno dell’ambiente
isolo i fattori rilevanti che devo tenere sotto
d’occhio poiché influenzano di più l’efficacia e l’efficienza e sulla base della loro caratterizzazione vado a
disegnare la mia struttura organizzativa, che saprà rispondere alle sfide, ottenendo determinati livelli di
risultato. Se non li ottengo, rimodifico la struttura (approccio razionale). È una rottura con il passato perché
non esistono più soluzioni ottime ma soluzioni imperfette, che vanno bene finché i fattori contestuali
mantengano la loro caratterizzazione, quando cambiano cambio la struttura organizzativa.

La struttura, quindi, è una variabile contingente che necessita di cambiamenti a seconda delle caratteristiche
del contesto. Gli studi di Aston hanno identificato le variabili di contesto e quelle strutturali. Alcuni esempi:

Variabili di contesto:
- Tecnologia: strumenti e compiti per trasformare un oggetto in un altro.
- Ambiente competitivo.
Le variabili di contesto impattano su 4 aree di scelte di disegno organizzativo (variabili strutturali):
- Specializzazione dei compiti: più l’ambiente è complesso e meno specializzazione avrò.
+ Complessità - Specializzazione
- Standardizzazione dei ruoli e delle procedure : più ambiente e tecnologia è complessa, tanto meno
imprevedibile e meccanismi puntuali devo utilizzare.
+ Complessità +Standardizzazione
- Formalizzazione delle comunicazioni: più l’ambiente cambia, più le persone devono parlare
attivamente sul posto di lavoro per risolvere problemi.
+ Ambiente Dinamico + Comunicazione attiva
- Centralizzazione dell’autorità: più l’ambiente/tecnologia è dinamica, più devo portare la
responsabilità delle decisioni vicino ai problemi, quindi decentralizzare.
Ambiente dinamico -> Decentralizzare il potere

TECNOLOGIA
Tecnologia: metodi di produzione e organizzazione del lavoro
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I due contributi provengono da:
Woodward: anni 60, inventa la teoria delle contingenze → per consolidare il modello burocratico essa dice
che: una data tecnologia «chiede» una struttura particolare. Per dimostrare questo prende in considerazione 3
gruppi di aziende, la variabile di raggruppamento è la variabile tecnologica (1. Prodotti unici, lavori per
commessa; 2. Lavorano con una tecnologia sequenziale; 3. Aziende che utilizzano una tecnologia a flusso
continuo). Ha visto che le aziende a flusso continuo e le aziende per commessa avevano lo stesso numero di
pagine, quindi smonta la teoria di Weber.

Perrow: anni 70-80 → primo passo in avanti dal focus sui compiti al focus sui problemi. Le responsabilità
manageriali sono influenzate dalla struttura dei compiti dell’organizzazione (come la tecnologia). Occorre
mettere l’attenzione sui problemi stessi. Si guarda il tipo di eccezioni che si possono vedere all’interno del
contesto organizzativo. Si guardano sotto due parametri: numerosità e analizzabilità. Incrociando le due
dimensioni si identificano 4 tecnologie differenti.
1. Artigiano: pochi problemi e non serve un’analisi
profonda. (esperienza)
2. Rischio: es. società di engineering che deve realizzare
una diga. Molto alta l’analisi dei problemi ci sono tante
eccezioni. (conoscenza)
3. Routine: pochi problemi ed ho già le soluzioni, quindi
regole.
4. Incertezza: si lascia fare alle persone in maniera autoadattativa, bassa formalizzazione, bassa
centralizzazione e bassa specializzazione.

Nella situazione 1 e 2 devo fare un po' di regole e un po' di libertà, centralizzazione e decentralizzazione,
specializzazione e “facciamo tutto”. Il tema della risoluzione dei problemi è molto importante perché devo
trovare un modo per alimentare la mia organizzazione con persone che sappiano gestire complesse situazioni
di mezzo (trade off delle variabili strutturali).

Perrow è il primo che parla di competenza. In particolare, dice che, se sei un artigiano, si devono
selezionare e formare persone in modo tale che accumulino esperienza, perché l’esperienza ti da la
possibilità di affrontare la scarsa analizzazbilità dei problemi. Viceversa, nelle società ingegneristiche,
quando seleziono le persone, per gestire il trade off ho bisogno di persone con un forte bagaglio di
conoscenze. Devo costruire sistemi che permettano di accrescere ulteriormente quelle conoscenze. Si è
aperta la porta delle persone.

AMBIENTE
Environment: come affrontare l’incertezza.
Due assunti di Thompson:
1. Secondo Thompson è come leggiamo le organizzazioni che deve influire i nostri criteri di
progettazione. Secondo l’autore ci sono alcuni compiti, chiamate attività tecniche, che riguardano il
core dell’attività svolta all’interno dell’organizzazione. Poi ci sono attività che collegano
l’organizzazione con il suo ambiente esterno, ossia sono attività di confine. Non ci sono più sistemi
aperti o chiusi.
2. Non si parla più di ambiente in generale, ogni azienda ha il suo ambiente ed il suo ambiente si
chiama task environment, dato dai clienti, fornitori, intermediari finanziari e mercato del lavoro.
3. Non si parla più di tecnologia in generale ma ci sono 3 tipi di tecnologie:

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- Tecnologia di intermediazione, banche
- Tecnologia sequenziale, catena di montaggio
- Tecnologia intensiva, società di consulenza in cui tanti lavorano insieme apportando tutte le
loro competenze.
Ogni tecnologia può raggiungere un livello di perfezione strumentale. Studiando le tecnologie,
posso raggiungere algoritmi che rendono perfetta dal punto di vista strumentale la tecnologia. Sia il
task environment che le tecnologie possono portare a dei vincoli (contingenze) che possono ridurre
una perfezione strumentale.
4. Per ottenere il massimo in termini di gestione della perfezione strumentale si deve individuare cosa
influenza il raggiungimento della perfezione. Per questo introduce il concetto di interdipendenza tra i
compiti. Spiega come i processi collegati tra loro possono avere 3
- Interdipendenza semplice, tecnologie di intermediazione
- Interdipendenza sequenziale, tecnologie sequenziale
- Interdipendenza reciproca, tecnologie intensiva
Egli dice che i meccanismi di coordinamento di queste interdipendenze sono differenti:
- Interdipendenza Semplice → regole e procedure
- Interdipendenza Sequenziale → regole e procedure + piani e programmi
- Interdipendenza reciproca → regole e procedure + piani e programmi + mutuo aggiustamento
(se le persone non interagiscono non possono svolgere le loro attività).
5. Per progettare la mia organizzazione progetto per prima cosa il nucleo tecnico, siccome è esposto a
vincoli, lo proteggo attraverso metodi di protezione (es. buffering), in caso si può anche introdurre
l’integrazione verticale a monte. Una volta protetto il nucleo tecnico, disegno l’unità di confine con
un principio: minimizzazione dei costi di coordinamento (raggruppo interdipendenze simili).

Burns & Stalker: Strutture meccaniche verso strutture organiche → ambiente prevedibile (Weber),
ambiente complesso (organicità e niente regole).

Lawrence & Lorsch: partendo dai risultati di Thomson, alla fine degli anni 80, si concentrano sulla seconda
assunzione di Thomson. Essi affermano che un’organizzazione affronta più ambienti contemporaneamente e
non si può accomunarli tutti sotto al task environment e tutte le aree strategiche non è detto che abbiano lo
stesso ambiente. Dentro il task c’è una molteplicità di ambienti, ma Lawrence e Lorsch dicono che non è
sufficiente: non è la diversità degli ambienti che guida l’interazione tra ambienti di approvvigionamento o di
sbocco, bensì i manager percepiscono cognitivamente ed emotivamente quegli ambienti. Questa percezione
definisce il grado di differenziazione presente e devo disegnare la mia organizzazione in base al fabbisogno
di differenziazione espresso dalle persone che ricoprono ruoli manageriali, con meccanismi di integrazione.
Integrazione non è più coordinamento ma coordinamento + qualità della collaborazione tra le persone.
- Differenziazione (differenti orientamenti cognitivi ed emozionali tra i managers in dipartimenti
funzionali diversi)
- Integrazione (la qualità della collaborazione tra i dipartimenti richiesta per raggiungere l’unità
d’intenti di fronte alle domande dell’ambiente)

NB. Esame dovremmo analizzarlo su 3 livelli:


Comportamento organizzativo
Comportamento di gruppo
Comportamento individuale

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CASO VICTORIA HOSPITAL
Ci pone due prospettive davanti: cambia il contesto quindi dobbiamo cambiare il modello organizzativo
(teoria delle contingenze) e dinamiche di gestione del cambiamento.
Il ruolo delle persone è sfumato infatti ci sono grandi gruppi. Le parole chiave sono: (1) il miss match tra
l’organizzazione e il contesto finanziario ed economico del settore sanitario, e (2) il fit della soluzione
organizzativa proposta per far fronte al disallineamento precedente.
Abbiamo due aree strategiche di affari: l’ambito ospedaliero tout court e l’ambito universitario.
C’è una tensione finanziaria tipico dei contesti sanitari: i finanziamenti vengono dalle proprie iniziative di
finanziamento e dal pubblico.
La struttura è di tipo divisionale ed il criterio di specializzazione prevalente è quello a silos: si dividono
sulla base della patologia. Si articola per aree strategiche d’affari (ossia le diverse patologie), in cui
all’interno ci saranno strutture di tipo funzionale. All’interno ci sarà una notevole duplicazione di servizi. La
struttura divisionale in sé consente di avere un presidio della tipologia di prodotto/servizio offerto molto
forte, poiché tutto ruota intorno a quel tipo di p/s.
La forte tensione all’efficacia che garantisce la struttura divisionale porta a degli svantaggi: la possibile
duplicazione di compiti e ruoli porta alla difficoltà di realizzare economie di scala, che sono più facilmente
realizzabili in una struttura funzionale, in cui magari ho silos che fa solo prelievi o solo cardiologia, mi
focalizzo su una cosa. La struttura funzionale porta all’efficienza.
La differenziazione tra le diverse malattie è molto elevata e per gestire queste malattie devo avere strutture
per ciascuna tipologia delle patologie. A fronte della diminuzione dei fondi, mancanza di economie di scala
ecc. crea tensioni di sostenibilità economico-finanziaria.
La comunicazione non è stata delle migliori.

L’idea di riprogettazione organizzativa di Frelick: un termine su cui Frelick poteva insistere di più è il
concetto di team multidisciplinare. Un team interfunzionale significa costruire più team di medici e
infermieri dove all’interno di ciascun team gli stessi mi rappresentano le varie anime che prima erano
rappresentati dai dipartimenti dai silos in modo tale un team quando prende in carico un paziente, qualunque
sia la patologia, ritrova nel team la competenza necessaria per affrontare quella patologia e riuscire a
realizzare le sinergie (es. interdipendenza tra patologie) che prima erano costrette dalla rigidità di
appartenenza dei silos.
L’idea è come se i team hanno un portafoglio clienti e come se si muovessero per curare i propri pazienti.
Come se in ogni piano ci fosse un team. È come se avessimo una struttura piatta, organizzata per team
interfunzionali, che in qualche modo dovrebbe cercare di limare le difficoltà di gestione del cliente
precedenti e contemporaneamente affrontare le problematiche di efficienza.

Il supporto al team serve centralizzato (con una visione intera) o delocalizzato? La soluzione prevedeva la
cancellazione dei silos e attivava team interdisciplinare composto da medici e infermieri a cui veniva
associato un portafoglio clienti per garantire una minimizzazione delle duplicazioni e mantenere efficacia, in
modo da garantire la collaborazione dei medici che avevano sotto di loro la responsabilità dei pazienti.

Punti di forza e di debolezza:


- Punti di debolezza: non si raggiunge nessuna economia di scala aggiuntiva, la proposta trascinava
con sé dei punti di domanda. Inoltre, l’orientamento al cliente della soluzione proposta incide sullo
sviluppo professionale delle persone allocate nel team, i quali hanno la possibilità di avere una
visione più sistemica del paziente. Gli infermieri devono avere una forte flessibilità per la gestione
del paziente a 360 gradi.

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- Punti di forza: diminuzione dei giorni di permanenza dei pazienti con la gestione integrata del
paziente, si riducono i costi di gestione del paziente. Inoltre, si hanno risvolti sull’attività primaria
del Victoria Hospital che è la formazione.

Scelte dal punto di vista organizzativo non sono razionali ma seguo delle priorità che stabilisco rispetto a
degli obiettivi. La tendenziale razionalità riguarda questo tema. Dobbiamo capire quale è la soluzione che
meglio si adatta ai nostri obiettivi. Questo non toglie che noi durante il processo di progettazione non
possiamo dimenticare di portare a bordo tutti coloro che hanno un interesse per la nostra organizzazione.

Immaginando di essere i professori dei silos che rappresentavano i territori di potere. Le persone, di fronte ad
un cambiamento, rispondono con stati emotivi che seguono un ciclo, ossia le 5 fasi del cambiamento.
1. Negazione
2. Rabbia
3. Frustrazione
4. Negoziazione
5. Accettazione

Per far si che si inneschino dei comportamenti, devo saper gestire queste 5 fasi e sapere come muovermi.
Non è sufficiente avere una buona comunicazione. Ci sono due meccanismi o processi fondamentali che
scaturiscono delle risposte cognitive.
1. Sviluppare il senso di urgenza, quindi farli sentire consapevoli della necessità di cambiamento. La
struttura a silos non funziona perché con i cambiamenti esterni quella struttura non è più idonea.
2. Devo innescare un processo di inclusione nel processo di disegno del cambiamento.
Nonostante questo, non è detto che vada bene una volta implementati questi processi. Durante
l’implementazione potrei avere una resistenza al cambiamento.
Frelick ha dato per scontato e ha mancato la comunicazione. Non ha guidato il gruppo verso una soluzione
accettata da tutti.

Cosa fareste?
- A capo si potrebbe mettere una figura di leadership, che possa svolgere un ruolo di mediatore. Non è
un tema di compiti specialistici dell’attività svolta dai team ma è per attivare l’interazione
collaborativa nel portare a casa la realizzazione del progetto di ridisegno organizzativo.
- Si fanno attività volte a sviluppare la collaborazione (team building e sviluppo di capacità specifiche
volte ad una nuova visione).
- Definire in maniera chiara le aspettative di comportamento o codice di condotta.
- Occorre inserire un sistema di rinforzi positivi o negativi, legati all’implementazione del
cambiamento.
- Mi assicurerei che almeno uno all’interno del gruppo abbia sposato la causa e mi faccia da profeta
del cambiamento. Lavorare sui ruoli degli agenti al cambiamento.
- Attuare un database di informazioni comune. Ossia, posizioni di raccordo o di collegamento tra i
team che possono fare da collante per il funzionamento dei diversi team per risolvere le divergenze.
- Tema della motivazione, feedback ed esperienza appagano il dipendente. Si parla di equità.
- Consapevolezza da parte dei dipendenti dell’effettivo cambiamento.
- Inclusione (maggiore responsabilizzazione dei capi-reparto affinché siano in grado di affrontare il
cambiamento e affrontare situazioni di emergenza impreviste).

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CASO OP4.COM
Una forte cultura rappresenta una passività. Più è forte più blinda certi comportamenti e di conseguenza
gli stessi rimangono quelli e laddove è necessario un cambiamento risulta difficile implementarlo.
Temi chiave:
- Sistemi di reclutamento
- Sistemi di sviluppo e formazione
- Sistemi di compensation e incentivazione

L’approccio con cui sono partiti è destrutturato. Non hanno identificato una struttura razionale forte. A
fronte delle richieste degli investitori decidono di adottare una struttura divisionale: ogni business unit ha
una propria responsabilità ed obiettivi in termini di redditività. La domanda è: possiamo pensare di
mantenere lo stesso slancio, organizzazione e cultura anche in un momento di cambiamento ed in una
struttura così precisa e puntuale come richiesta dagli investitori?

Domanda 1: Come caratterizzeresti la cultura di OP4.com?


dinamica, flessibile, creativa, giovanile ecc.
La cultura nasce dai capi e dalle persone che interagiscono.
Si parte dalla job analysis, quindi l’analisi delle posizioni organizzative risenta della cultura. Le posizioni
organizzative sono associate a delle figure: Donald Trump (uomo d’affari), Star Trek – analyzer, Robin
William – socializer, Oprah Wintrey – relazione.

Prima di innescare il cambiamento organizzativo l’OP4.com, prima di implementare le business unit, il


modo di definire chi fa che cosa non funziona, perché ad esempio, il primo giorno dell’assunzione,
davano delle piante.
Chi definisce chi fa le cose? Si sceglieva autonomamente la propria posizione, compreso anche il
nickname. Di conseguenza non ci sono le job description e le persone non sanno cosa devono fare. Non
solo non ci sono posizioni organizzative ben definite e se propone un’idea innovativa può anche
cambiare la posizione.

Quale è la pratica di reclutamento? Viene spostato il luogo del colloquio. Racconto una cosa che
simboleggia il comportamento atteso dall’azienda in una situazione simile.
- Job analysis e job design
- Reclutamento e selezione
- Sviluppo e formazione
- Sistemi di incentivazione

Come misuriamo la loro efficacia? In generale il metro per valutare le pratiche HR (pratiche di gestione
delle persone) consiste nell’allineare il comportamento agli obiettivi organizzativi, in cui all’interno
mettiamo anche la motivazione.
I comportamenti di OP4.com influenzano gli obiettivi? Si. Allora funziona rispetto all’influenza dei
comportamenti attesi. Queste dimensioni informali, destrutturate, confusionarie di fatto raggiungono
l’obiettivo di influenzare i comportamenti esattamente come la razionalità di weber intendeva fare. Di
fatto, le dimensioni simboliche influenzavano i comportamenti delle persone e c’era una sostituzione tra
razionalità ed informalità. La cultura è l’estremo opposto della razionalità organizzativa weberiana . Si
possono guidare le persone anche senza paletti e lo faccio se riesco a condividere con loro un sistema di
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norme sociali, quindi comportamenti condivisi come corretti. Ci deve essere un giusto trade-off. Quando
si introducono norme formali che impattano comportamenti legati a norme sociali che la dimensione
informale presidiava allora li c’è informalità.

Domanda 2: Come può essere sviluppata e mantenuta questa cultura?


Comunicazione: da dove viene la cultura? Imprinting dei leader. Attraverso meccanismi di
comunicazione si definiscono principi e valori guida motivazionali.
Socializzazione: altro meccanismo che proviene dall’interazione tra le persone. Interagendo si
sviluppano schemi mentali per definire quello che devono fare. Tanto più gli schemi sono interiorizzati,
maggiormente diventano principi comportamentali fino ad arrivare a norme.
Ricompense e riconoscimenti: altro meccanismo che dipende dalle performance delle persone. Relazione
comportamento – risultato si ripete allora vuol dire che il comportamento è giusto, e quindi un
comportamento di riferimento. È collegata all’esperienza (come Pavlov).

I capi in primis creano cultura in termini di velocità, poi l’interazione e poi l’esperienza.

Domanda 3: Quale ruolo gioca la cultura di OP4.com rispetto all’efficacia organizzativa?


l’efficacia organizzativa letta come comportamenti agiti delle persone dato il sistema organizzativo.
Occorre vedere come i comportamenti delle persone influenzano il sistema organizzativo.

Domanda 4: Come dovrebbero Matthews e Saunders gestire la transizione verso un nuovo disegno
organizzativo?
Struttura divisionale consente di presidiare le aree strategiche su cui è costruita. È una struttura molto
flessibile che si adatta bene. È una struttura non troppo efficiente (duplicazione delle risorse e delle
funzioni). Inoltre, c’è un altro elemento che si porta dietro è che è una struttura che presenta una forte
conflittualità tra le divisioni. Questo perché tutte le divisioni, devono portare del reddito. Quello che
implica la struttura divisionale è che per portare il reddito, e quindi sviluppare attività e progetti, a monte
deve esserci qualcuno (capo al di sopra delle divisioni) che alloca le risorse alle business unit divisionali
per realizzare questi progetti. Come avviene l’allocazione? Guarda ai progetti e premia i più bravi.
Dunque, il problema strutturale che si porta la struttura divisionale è la competizione, perché sono in
conflitto sull’allocazione delle risorse. Questo influenza i comportamenti delle persone all’interno
dell’organizzazione. È un elemento di disturbo rispetto al sistema.

La cultura ha una funzione di integrazione dei comportamenti, ossia sviluppo di comportamenti


caratterizzati da collaborazione. La cultura, ha inoltre una funzione di adattamento esterno, ossia gli
occhiali con cui leggiamo e interpretiamo l’ambiente esterno per far si di attuare comportamenti in linea
con l’ambiente esterno.

È possibile mantenere la cultura dell’OP4 in quella nuova formula organizzativa divisionale, con una
maggiore identificazione delle posizioni? La cultura è interiorizzato e profondo e spiega il
comportamento delle persone all’interno delle organizzazioni, dunque è difficile cambiare quel
comportamento. Il problema è la sostenibilità del comportamento rispetto ad una struttura che richiede
altri comportamenti. La cultura fa struttura. Se introduco razionalità devo cambiare la struttura per
gestire il trade-off.

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Conclusione: cambiamento della struttura organizzativa ok ma anche cambiamento culturale per essere
in linea.

CULTURA ORGANIZZATIVA
Approccio integrato tra razionalità e cultura organizzativa per il comportamento organizzativo.
La cultura (Shine, 1983 in “la consulenza di processo”) è un insieme di valori, norme, credenze guida e
convinzioni condivise dai membri di un'organizzazione e insegnate ai nuovi membri come il modo
corretto di pensare, sentire e comportarsi.
In altre parole, è un insieme di fattori che hanno più o meno la possibilità di essere osservati con mano e,
quando entriamo in un’organizzazione, che guidano il modo di essere dei membri di un’organizzazione.
Elementi definitori:
- La cultura è condivisa, quindi laddove non percepiamo che questi elementi non sono condivisi non
fanno parte della cultura.
- Spesso definita come la personalità di un'organizzazione. Ci indica cosa credere, come agire e
prendere decisioni. Tutto l’insieme degli elementi sono tratti caratterizzanti della personalità
dell’organizzazione e come tale, la cultura organizzativa, se è un fattore caratterizzante la personalità
di un’organizzazione, la cultura è unica. Vuol dire che ogni organizzazione avrà la propria cultura,
che sarà diversa da altre culture di altre organizzazioni. Di conseguenza possiamo classificare le
culture.
- Terzo elemento è che, se manca non solo la condivisione ma anche la volontà/propensione dei
membri dell’organizzazione ad insegnare tali fattori (norme, principi, credenze, assunti di base) ai
nuovi membri dell’organizzazione, non possiamo definirla come cultura. L’elemento di gestione di
onboarding e le attività di trasferimento della cultura, probabilmente quest’ultima non è così forte.
- Quarto elemento definitorio della cultura è che guida contemporaneamente tutte le attività di self-
making e coerentemente tutti i comportamenti delle persone, come noi membri dell’organizzazione
percepiamo il nostro ambiente interno/esterno. Non c’è un ufficio ma è il DNA di appartenenza delle
persone e proprio perché sono interiorizzati sono in relazione “antagonista” con le dimensioni
formali.
Cultura → l'organizzazione informale (vs. razionalità)

Tre livelli di cultura organizzativa


 Gli assunti di base si trovano al di sotto della consapevolezza. Gli
assunti sono dati per scontati e riflettono le credenze sulla natura
umana e sulla realtà.
 Al secondo livello, troviamo i valori. I valori sono principi, standard
di comportamento ed obiettivi condivisi. Ad esempio “attenzione al
cliente”. Talvolta lo scrivo anche nella mission e nella vision in cui
scrivo quali sono i miei valori. È la parte interiore. Oppure anche il rapporto con i colleghi in cui è
collegata al valore della collaborazione.
 Gli artefatti sono alla superficie, sono gli aspetti visibili e tangibili della cultura organizzativa. →
sono quello che possiamo vedere (es. piantina dell’OP4.com), è l’aspetto più esteriore, aspetti
tangibili.
La cultura guida i membri su come percepire gli artefatti, l'ambiente, le norme, i ruoli, i valori e gli
impulsi fisici.

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La strategia, lo stile di leadership e le modalità di svolgimento dei compiti riflettono la cultura
dell'organizzazione.
In base al tipo di valori che sono stati implementati si possono raggiungere degli obiettivi come la
motivazione.

Da dove nasce e lo scopo della cultura


Fonti della cultura organizzativa:
 Leaders (in genere i fondatori o i primi leader). Questa
attività di “comunicazione” non avviene solo nella fase di
costruzione delle dimensioni informali
dell’organizzazione ma anche nelle fasi di manutenzione,
che avviene da come i leader guidano l’organizzazione,
nonché il loro ruolo di riferimento nel definire quali sono
i comportamenti giusti. Attraverso un processo adattativo
(impression management) riconosciamo quella situazione
o quel comportamento ed elaboriamo il nostro essere (modalità con cui attiviamo i comportamenti
all’interno dell’organizzazione).
 Esperienze (buone o cattive). Hanno un ruolo fondamentale nella manutenzione. Anche le
esperienze negative servono: imparare i comportamenti non corretti porta allo sviluppo di valori e
assunti di base.
 Interazioni sociali
Questi 3 aspetti hanno una velocità diversa nel cambiare la cultura. Se agisco sui leader è più veloce,
meno l esperienze e l’interazione invece richiede molti momenti dinamici di relazione tra le persone per
sviluppare schemi mentali condivisi fino ad arrivare allo sviluppo di valori.

La cultura svolge due funzioni critiche:


1. Integrazione interna: Integrare i membri → sanno come relazionarsi l'uno con l'altro. Definendo
ciò che è giusto o sbagliato. Guidare come sviluppare relazioni tra persone all’interno
dell’organizzazione.
2. Adattamento esterno: Adattarsi all'ambiente esterno. Fornisce schemi mentali e modelli utilizzati
come membri dell’organizzazione per leggere ciò che succede nell’ambiente, e quindi agire di
conseguenza.

Come misuriamo la forza di una cultura organizzativa? Abbiamo un parametro: quanto più l’impianto
culturale è condiviso dai membri dell’organizzazione, tanto più la cultura è forte. La forza è una
misura di interiorizzazione condivisa. Ciò significa che posso avere un impianto razionale molto
preciso e dettagliato, ma avere contemporaneamente una cultura molto forte.

Perché è importante la Cultura Organizzativa?


1. La cultura di un'organizzazione può essere il suo più grande punto di forza o la sua più grande
debolezza. Questo perché il processo stesso di interiorizzazione fa emergere dei comportamenti
molto stabili, routine, pattern di comportamento. La cultura giustifica quel comportamento e per noi
è difficile mettere in discussione quell’abitudine, poiché rappresenta un elemento di certezza su
come comportarci.
2. La cultura organizzativa è un efficace meccanismo di controllo che detta il comportamento dei
dipendenti. Essa guida la costruzione di come noi realizziamo le nostre attività di riconoscimento

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delle situazioni/persone/interazioni che sono alla base dell’approccio dinamico sottostante
all’impression management. Le nostre capacità sociali sono colorate dal set di valori/norme/principi
che condividiamo con le altre persone appartenenti a quell’organizzazione.
3. La cultura, o i valori condivisi all'interno dell'organizzazione, possono essere collegati all'aumento
delle performance. Quanto più la cultura è legata a certi comportamenti che portano a risultati
tangibili, tanto più la sua unicità rappresenta una fonte di successo e tanto più è difficile replicarla
se fossi un concorrente.
4. Le organizzazioni che hanno una cultura rara e difficile da imitare possono godere di un vantaggio
competitivo, perché appunto non replicabili.

Le caratteristiche delle culture


1. Collettiva, si evolve nel tempo: non è statica perché le interazioni la mantengono e sviluppano nel
tempo. la velocità dell’evoluzione però è molto bassa e richiede tempo il passaggio di
interiorizzazione.
2. È invisibile, olistica e simbolica: invisibile ma è dappertutto, anche nelle decisioni più distanti.
3. La cultura fornisce un senso di identità organizzativa e genera un impegno verso le credenze e i
valori
4. La cultura è sottintesa, regole prese per buone che descrivono l'identità dell'organizzazione
5. Rappresenta ciò su cui i membri concordano
6. Può creare ordine sociale
7. Aiuta i membri a sviluppare atteggiamenti e comportamenti corretti

Aspetti osservabili della cultura organizzativa

Leggiamo tutta la struttura, le logiche di potere, poi


osserviamo i comportamenti in termini di riti, rituali,
cerimonie. Poi osserviamo i simboli (piane, fotografie, slogan,
ecc.), facciamoci raccontare le storie e i miti, gli eroi.

Decifrare una cultura organizzativa


1. Altamente interpretativa e soggettiva: l’approccio è dubitativo e dobbiamo fare più interpretazioni.
2. Richiede approfondimenti sulle attività storiche e attuali: facciamoci raccontare la storia dalle
persone (leader).
3. Non può fare affidamento su ciò che viene riportato verbalmente, è necessario verificare: vediamo se
ci sono altri elementi che aiutano a validare quella cultura.
4. Partire dai valori, l'essenza della filosofia organizzativa
5. La cultura manageriale è definita dallo stile di leadership: osserviamo il comportamento dei capi.
6. Gli eroi organizzativi personificano il sistema di valori: gli eroi isolano comportamenti precisi.
7. Riti e rituali si riflettono nel linguaggio e nelle cerimonie
8. I simboli culturali sono i manufatti materiali: chiedere il perché andando a scavare la verità.

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La non piena conoscenza del punto di partenza culturale può essere un ostacolo per innescare un
possibile cambiamento.

Cultura organizzativa & strategic management


La cultura alimenta il successo: valori, eroi, riti e rituali, rete culturale
La cultura promuove l'eccellenza: impegno straordinario da parte dei dipendenti ordinari
La cultura favorisce l'innovazione: cambiare attraverso la cultura

Cultura organizzativa & la gestione del cambiamento


Le culture possono essere create esplicitamente
Le culture sono fortemente legate alla leadership
Le culture si oppongono alla razionalità formale

CLASSIFICAZIONE DELLE CULTURE


Servono per avere modelli di riferimento da cui partire per leggere la cultura. Ci sono 3 archetipi.

La cultura di ruolo: culture che enfatizzano il ruolo, quindi i comportamenti attesi delle persone
all’interno dell’organizzazione.
- Altamente formalizzata: hanno un impianto definitorio molto forte dei compiti e delle responsabilità
e quali possano essere i comportamenti corretti.
- Relazioni di autorità e gerarchia
- Resistenza al cambiamento
- Un controllo stretto delle risorse più semplice

La cultura del compito:


- Un forte senso di missione base
- Focalizzazione e fedeltà al compito
- Lavoro di gruppo
- Promuove creatività e si presenta come facilmente adattabile
- Molto costosa da attivare

La cultura del potere: si riconosce molto facilmente. Quando le info circolano in una logica di modello
a stella (asimmetria informativa).
- Una fonte singola di potere (individuale o di gruppo)
- Processi decisionali centralizzati
- Formulazione di piani e decisioni prese velocemente
- La leadership fornisce inspirazione
- Nessuna alternativa se qualcosa va storto
- Rischio di crisi al momento della successione al vertice

Limiti della classificazione


Le culture si riferiscono a una specifica costellazione di credenze e norme che possono essere ritrovate in
una organizzazione, mentre le categorie di uno schema classificatorio sono un insieme di stereotipi
descrittivi

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Concetti di cultura contrastanti
- L’enfasi sulla razionalità spinge la cultura alla periferia
- Le storie, le leggende e i rituali sono gli elementi chiave del funzionamento organizzativo
- Le organizzazioni realizzano il valore della cultura

Prospettive conflittuali sulla cultura


- Una forza di socializzazione VS uno strumento di successo.
- La cultura è ciò che è un’organizzazione VS la cultura è qualcosa che un’organizzazione ha

Cultura aziendale o immagine aziendale?


Immagine aziendale: ciò che il top management vuole proiettare
Cultura aziendale: ciò che un’organizzazione è effettivamente.

Gestire le culture?
- Prospettiva 1: trasformazione dal di dentro
- Prospettiva 2: la cultura può essere gestita
- Prospettiva 3: la cultura non è gestibile per definizione
- Prospettiva 4: il culturalismo aziendale, ossia la gestione della cultura, è una nuova modalità di
controllo

!!!! Il caso all’esame tocca più argomenti e ci sono diversi strati: comportamento individuale, di gruppo e
organizzativo.
- Equità
- Leadership
- Conflitti (emotivo e relazioni)
- Comunicazione ed informazioni

CASO DELOITTE
A seguito della dissoluzione della Arthur Andersen (revisore dei conti, società di consulenza). C’è un
forte conflitto di interesse. È stata acquisita da Deloitte ed il risultato è che di fatto è diventato un caso da
manuale. All’interno della gestione del cambiamento sono stati implementati una serie di fattori che
spiegano come gestire bene il cambiamento. Analizziamo le pratiche virtuose che hanno facilitato
l’integrazione.
Focus: disallineamento culturale.

Comprendere anche l’aspetto strategico. Dal punto di vista statistico, le fusioni ed acquisizioni più veloci
sono anche quelle più performanti, con una maggiore probabilità di sviluppare sinergie quando integro
due realtà come queste. In altre parole, il tema è legato alla risposta che si attende il mercato e gli analisti
finanziari che cominciano a mormorare. Non avere un contesto favorevole non aiuta
nell’implementazione della strategia.
La velocità è legata anche ad una questione interna, ossia alle persone. C’è un tema di gestione
dell’incertezza, in merito al loro futuro. Questa incertezza genera fattori di stress e di fronte
all’incertezza c’è il rischio reale che le persone possano ipotizzare di uscire dalle due società. Ad uscire

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sono le persone più brave, coloro che hanno probabilità di trovare un posto alternativo. Si perdono le
migliori competenze.

Domanda 1: (S’individuino i principali problemi che Terry Noble sta affrontando) i principali problemi
sono il disallineamento culturale, percezione dei dipendenti. Nelle fusioni essendo impostate in una
logica top-down, qualcuno viene perso per strada perché non viene coinvolto e quindi una scarsa
informazione di ciò che succede (problema di coinvolgimento e scarsa comunicazione). Inoltre,
problemi di sovrapposizione del lavoro, ossia risposta emotiva delle persone al cambiamento, problemi
di equità (ricostruire un sistema nuovo di percezione dell’equità). Altro problema è che durante lo
svolgimento del progetto lavoro e mando mail, altri sviluppano un lavoro di team work, quindi,
cambiano le modalità del lavoro. Legittimità delle nuove leadership.

Domanda 2: (Si rilevino alcuni aspetti teorici che riguardano le differenti difficoltà che spesso si
incontrano durante i processi di integrazione) aspetti teorici sono: la gestione alla resistenza, una
resistenza al cambiamento è una risposta emotiva, dunque l’organizzazione non può avere emozioni,
almeno che non la vedo come sistema delle persone. Inoltre, vi è un tema di apprendimento al compito
ed il tema della leadership efficace e l’integrazione. Ci deve essere una chiara esplicitazione dei nuovi
ruoli.
1. Leadership efficace: coinvolgere, promuovere, sponsorizzare. Mantenga l’inclusione di tutto il
personale all’interno dell’organizzazione, con la comunicazione (autenticità, rispetto dell’equità).
2. Esplicitazione dei ruoli/comportamenti: il cambiamento a tutti i livelli mi deve dire quali
comportamenti devo attivare e quali devo fermare perché non funzionali al cambiamento. Non mi
deve dire cosa devo fare. Nella gestione del cambiamento occorre sapere come esplicitare quel
comportamento.
3. Motivazione: si deve unire un sistema di rinforzi in modo tale che quel comportamento positivo
atteso/negativo inneschi un processo di apprendimento. Per evitare di aggiungere complessità
percettive devo fare in modo che il sistema di premi e punizione è ad hoc solo per il periodo di
cambiamento, non è dentro il sistema di pratiche HR.
4. Competenze: nella ridefinizione delle modalità lavorative e delle pratiche e posizioni, della struttura
organizzativa e negli schemi (aspetti di disegno di riprogettazione organizzativa) non posso a priori
ipotizzare che ci siano le competenze necessarie a ricoprire la posizione lavorativa. Devo dotarmi di
un modello delle competenze. Si sviluppa in 3 fasi: la prima cosa che devo fare è prendere le nuove
posizioni organizzative e conoscere quali sono le competenze necessarie a ricoprire quella posizione
(mappa delle competenze necessarie). A questo punto vado a mappare le competenze disponibili
sulle persone che andranno a ricoprire quelle posizioni. Terza fase consiste nel confronto, quindi
vado a studiare i gap di competenza, in particolare i gap individuali.
5. Formazione: faccio formazione specifica volta a coprire quei gap.
6. Comunicazione degli stati di avanzamento del cambiamento: data la velocità con cui devo
affrontare il processo, nell’implementazione di tutte le parti tecniche qualcuno (con personalità
specifiche), la progressione dell’implementazione del cambiamento può avere tempistiche ed
esposizione al cambiamento differenziate. Nella resistenza al cambiamento mi aspetto una forte
intensità all’inizio e con il tempo tende a 0. Il rischio in cui mi trovo è che in un certo momento,
durante l’implementazione del cambiamento, posso avere sotto comunità organizzative (anche un
solo individuo) che esprimono livelli di resistenza al cambiamento diversi. Per gestire la resistenza al
cambiamento, devo comunicare il cambiamento per tenerli a bordo.

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Queste sono le 6 regole d’oro di gestione del cambiamento nella fase di implementazione. Tutto ciò ha
un obiettivo: gestire la resistenza al cambiamento nel durante.

Domanda 3: (Quali passi Terry Noble dovrebbe compiere per fronteggiare le differenti culture
organizzative? Quanto è importante la cultura organizzativa per un’integrazione? Non è
forse troppo enfatizzato il ruolo della cultura organizzativa per il successo di
un’integrazione? Il processo di valutazione della cultura organizzativa non è forse un
esercizio inutile?) per costruire una cultura abbiamo 3 strade, (1) i leader, (2) interazioni, (3)
esperienze. Data la specificità del tipo di settore, le aziende operano per progetti, quindi, è facile
costruire team misti. Di conseguenza innesco processi di interazione che costruiscono il nuovo sistema
valoriale.
Devo costruire un sistema di obiettivi molto dettagliato, che non hanno una scadenza in tempi diversi,
e risultati intermedi chiaramente conosciuti. Più ne faccio meglio è perché ogni volta che raggiungo un
risultato posso celebrarlo. Celebrare i risultati non è nell’esalogo perché celebrare i risultati sta nel
refreezing (terza fase).

Domanda 4: (Come avrebbe dovuto gestire Terry Noble l’inevitabile contraccolpo delle persone dalle
due
società? Come sarebbe dovuto intervenire per eliminare la mentalità “acquirente e
acquistato” nella parte di tutte quelle persone coinvolte nel processo di integrazione?) suggerimenti per
eliminare la percezione sono ad esempio far sentire gli acquistati come anche loro che contano. Anche la
ridefinizione di artefatti, spazi simbolici.

Domanda 5:( Come sarebbe dovuto intervenire Terry Noble per fronteggiare “le voci di corridoio” che si
stavano espandendo nell’organizzazione? Come sarebbe dovuto intervenire per creare
chiarezza nel termine “confuso” integrazione?) comunicazione, counseling psicologico, introdurre
rinforzi. Ad esempio, nel gruppo dei 12, si potrebbe costruire due team interdipendenti, connessi e
coordinati, in cui uno si preoccupa delle soluzioni tecniche ed un team di integrazione culturale. Riduco
la complessità all’interno del team nelle attività da svolgere. Task force orizzontale e verticale.

Domanda 6: (Era chiaro a tutti che le persone di Andersen avessero dei salari più elevati di quelle di
Deloitte. Come sarebbe dovuto intervenire per gestire i differenziali salariali? Si noti che i
salari in un contesto di servizi professionali sono circa il 40% dei costi dell’intera
organizzazione. Come saresti intervenuto se tu fossi stato Terry Noble nell’armonizzazione
dei salari? Quali sono le conseguenze organizzative del tuo suggerimento?)
questo problema ci dice che qualsiasi cambiamento, nel nostro caso aveva due assi (1 – far riuscire a
lavorare insieme le persone delle due aziende e 2 – integrazione culturale), porta al suo interno una
molteplicità di cambiamenti, non è solo un problema di integrazione culturale ecc. ciascun cambiamento
deve essere gestito in una logica a sé stante. Il tema della ridefinizione delle pratiche di compensation e
reward (sistemi incentivanti) è un cambiamento nel cambiamento. Devo progettare la soluzione da
introdurre, gestire l’implementazione e celebrare i risultati.

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