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AGIRE EDUCATIVO
La figura dell’educatore può agire in 2 forme: PASSIVA (cioè agisce rispondendo alle
richieste della società), o in forma ATTIVA (cioè agisce con la sua identità
professionale).
L’educatore, per essere un buon educatore, deve essere un buon comunicatore, nel
senso di saper comunicare e di far comunicare l’altro, essere aperto alla critica, al
confronto, saper agire, voler agire, per raggiungere l’obiettivo che è quello di
interpretare i bisogni dell’educando, interpretare il suo mondo, la sua realtà, la sua
esperienza.
Cosa importante è non incorrere in dei rischi: il primo quello di credere che il
processo educativo sia valido e uguale per tutti, quando in realtà è personalizzante;
il secondo è credere che tutto l’agire educativo è opera solamente dell’educatore,
quando in realtà senza l’educando che si attiva ed è partecipe, la relazione non può
avvenire.
Quali sono le competenze che deve avere un educatore? Oltre a saper comunicare,
a saper confrontarsi, l’educatore deve possedere principalmente la competenza
riflessiva, la competenza valutativa, la competenza clinica e la competenza
nell’osservare.
Essere riflessivi serve ad avere un’altra competenza che è quella della valutazione.
Per rappresentare i risultati del lavoro compiuto, sia a livello di efficacia che di
cambiamenti, serve la valutazione, perché non esistono risultati uguali per ogni
processo educativo. Infatti, la valutazione dipende dall’intenzionalità del soggetto,
cioè dal pensiero dell’educando, dalla sua interpretazione che dà alla realtà,
tenendo in considerazione anche il fatto che l’esito del percorso educativo non è
mai scontato, cioè non deve essere per forza positivo, perché durante un percorso si
incontrano fallimenti, cambiamenti, scontri, difficoltà, e quindi il risultato non è
qualcosa di certo e stabile.
Per quanto riguarda Chi deve mettere in atto la valutazione, c’è stato il progetto
Edueval (università di bari) che si è applicato sul fatto che fondamentalmente non è
definito un profilo specifico della valutazione, non c’è un training formativo per
acquisire le giuste competenze per valutare. Infatti, oggi la valutazione è affidata a:
Valutatori ufficialmente riconosciuti, cioè appartenenti ad enti esterni che non
conoscono il contesto e quindi possono dare una valutazione oggettiva seguendo
degli standard prefissati; Valutatori non ufficialmente riconosciuti, cioè supervisori,
consulenti, che però conoscono il contesto.
Per avere un piano metodologico più chiaro ed efficace della valutazione poi bisogna
anche avere le competenze sull’utilizzo di strumenti quali questionari, interviste,
tabelle, scale di valutazione, test, schede, griglie, portfolio, che mirano alla
traduzione del giudizio in punteggio per arrivare appunto a definire il risultato, cioè
la valutazione.
Un’altra importante competenza che l’educatore deve avere è quella clinica. Questa
competenza rappresenta la conoscenza profonda del sé, perché per entrare in
relazione con l’altro, l’educatore deve conoscere prima sé stesso e rapportarsi con
sé stesso. La psicanalisi ha dimostrato che entrando in contatto con sé stessi si può
scoprire come il nostro inconscio condiziona i nostri comportamenti. E questa
consapevolezza serve per evitare di mettere in atto comportamenti distruttivi,
devianti.
Quando si parla di educazione, non bisogna pensare ad un solo contesto dove può
avvenire, perché in realtà i contesti possono essere 3: FORMALI (cioè che seguono
regole, tempi, spazi, sono luoghi conosciuti, come la scuola); NON FORMALI (come
agenzie del terzo settore, cioè associazioni culturali, volontariato, associazioni
giovanili, di sostegno che agiscono laddove il welfare state non può agire attraverso
attività di cura, di svago, attività sociali, ricreative, di aiuto sociale, che però non
segue dei modelli di riferimento, delle regole e quindi porta spesso ad una
confusione educativa); INFORMALI (cioè le esperienze di vita vissute dal soggetto,
quindi qualcosa di non individuabile, ma soprattutto i contesti informali non sono
legati a istituzioni, ciò significa che il soggetto apprende, viene educato, attraverso
un’intenzionalità pedagogica, cioè attraverso esperienze, attraverso il lavoro, il
luogo che meglio può definire questo concetto è la strada, oppure oggigiorno anche
i social network). Nel percorso educativo, l’obiettivo è quello di trovare un equilibrio
tra tutti e tre i contesti, cioè nel sistema educativo integrato. A partire dal ‘900 si è
iniziato a dare importanza al contesto e all’esperienza come mezzo per apprendere.
Quindi l’apprendimento nasceva attraverso l’agire, il confronto e la pratica del
lavoro. In questo modo quindi viene superata la classica concezione di “scuola come
unico luogo di cultura e apprendimento”, si aprono i confini del contesto educativo,
sia in termini di spazi che di tempi, dando vita alla Life-Long Education, cioè
all’educazione per tutta la vita e per tutti. Quindi non si hanno più limiti di età, fasce
di età, né limite a livello di durata scolastica. È nata questa nuova prospettiva,
perché andando avanti con gli anni le relazioni sociali si sono trasformate, la società
è diventata più complessa e quindi di conseguenza si è creato un sistema aperto
extrascolastico. E nel momento in cui parliamo di educazione che va oltre il contesto
scolastico, allora stiamo facendo riferimento al concetto di EDUCAZIONE DIFFUSA
(Life-wide learning), cioè che avviene in diversi contesti, in diverse fasi di vita, in
diverse esperienze, che quindi occupa ogni spazio e tempo dell’uomo.
Nella parte iniziale dell’operazione sono esplicite le teorie di riferimento e l'idea che
il progettista ha dell'educazione, quindi la sua natura pedagogica.
LA SECONDA ESTENSIONE
quella economica, segue un modello che tiene conto dell'analisi del rapporto
tra costi e benefici e della definizione di sviluppo sostenibile finalizzata al
miglioramento dei disagi futuri
quella educativa e sociale che garantisce innovazione e equità
quella ambientale, che richiede la consapevolezza della limitatezza delle
risorse e dell'impatto che ha sull'ambiente l'attività umana, richiedendo
quindi di optare per scelte ecologiche.
LA TERZA ESTENSIONE
Per poter compiere l’ultimo passaggio è possibile utilizzare uno strumento chiamato
albero dei problemi. Questa procedura consente di suddividere il problema in sotto-
problemi gerarchizzati secondo principi causa ed effetto o identificando i vincoli che
possono condizionare il progetto.
A: essere auspicabile sia nel senso di raggiungibile e realizzabile sia nel senso di un
obbiettivo che possa essere condiviso dalla comunità.
Il rapporto tra ente pubblico e agenzie educative può assumere forme diverse:
Il gruppo secondo LEWY è più della somma dei singoli membri, ha struttura propria
ed è caratterizzato da relazioni interdipendenti, quindi il cambiamento di una parte
influisce sull'altra.
LA QUINTA ESTENSIONE
Consiste nella gestione degli spazi e tempi in cui collocare un progetto secondo
indicazioni nazionali del MIUR. Lo spazio deve essere accogliente, ben curato,
orientato al gusto estetico ed espressione delle scelte educative, e il tempo deve
consentire al bambino di essere sereno, giocare ed esplorare.
Gli ambienti di apprendimento, sia formali che non, sono quelle che valorizzano la
collaborazione, la diversità, l'autonomia, la riflessione; anche carceri e piazze
possono diventarlo se progettati secondo queste condizioni.
In alternanza si può usare il PERT che si avvale della teoria dei grafici. Questa si basa
su una rappresentazione reticolare composta da frecce e nodi in cui le fasi tipiche
del progetto sono messe in relazione (valuta l'attività, il tempo, i responsabili per
ogni fase).
LA SESTA ESTENSIONE
Per ogni fase del progetto deve essere monitorato il budget per evitare che sia poco
o che non si sappia come spenderlo.
Le risorse possono provenire da fondi dell' UE, ministeri, regioni, aziende, privati e ci
sono due modalità di accesso ai fondi: o ad accesso vincolato tramite un bando
(modalità delle amministrazioni pubbliche) o ad accesso libero, senza gara (modalità
dei privati); in questo secondo caso va distinto tra contributi la sponsorizzazione (in
cui prevale un resoconto economico) e la donazione (volontaria, più l'idea attrae più
ci sono donazioni).
LA SETTIMA ESTENSIONE
Consiste nella valutazione degli obiettivi per verificare i risultati del progetto, ed essi
devono essere associati uno o più indicatori che aiutano a definire gli esiti.
oggi l'uomo sente l'esigenza educativa di intervenire nel quotidiano dato che la
società sembra sviare verso l'instabilità e l'incertezza. ci sono molte condizioni che
influiscono sulla quotidianità dei soggetti, come ad esempio una crisi valoriale o la
frammentazione del sapere.
purtroppo, il modello ideale non si traduce mai in pratica, c'è infatti bisogno che le
varie educative si uniscano e che parlino la stessa lingua.
MIGRAZIONI
3 L'INTEGRAZIONE
Le finalità derivano dal rapporto tra bisogno e possibilità e dal loro mancato
equilibrio. Il concetto di bisogno viene inteso come desiderio presente nell’animo di
una persona.
Dai bisogni educativi è necessario far discendere gli obiettivi educativi, intesi come
“linee guida, indicazioni orientative che devono stabilire le direzioni dell’azione
didattica: si tratta di mete che si ritengono desiderabili e che vanno interpretate e
declinate in relazione alle caratteristiche della situazione in cui si opera” senza
tuttavia trascurare la necessità che possano essere osservabili, misurabili e
verificabili.