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25 maggio ore 9.00 orale + 15 giugno ore 9.00 + 29 giugno.

Esame: argomento a piacere su un tema affrontato a lezione + collegamento con altri aspetti.

Il primo fattore riguarda la scelta dell’assioma. Viene scelto perché Seneca attribuisce alla morale il ruolo di
messaggera della virtù – e aggiunge che nella virtù risiede la felicità. Inoltre, l’autore assegna al sapere un
ruolo fondamentale.

Il secondo fattore riguarda i temi dell’assioma. Questi sono dei messaggi che ci prestano a rappresentare il
viaggio culturale che compiremo. Seneca usa diversi termini, di cui tre molto importanti: il marinaio, il
vento e il fine (la direzione). Da questi termini derivano alcune osservazioni: il marinaio è il docente, il vento
è la partecipazione e l’impegno attraverso il dialogo e la direzione riguarda le mete da raggiungere, in
questo caso l’acculturazione (le finalità riguardano invece gli alunni).

Il terzo fattore riguarda i quattro aspetti che ci sono nell’attività educativa: il primo lato riguarda il
programma del corso che consiste nella prospettiva del corso (una scuola in cammino vitale), il terzo lato è
il testo di studio, il quarto lato è la valutazione finale.

LA PEDAGOGIA IN CONTROLUCE

DOVE OSA LA PEDAGOGIA


- L'ordinamento di questa disciplina
- Il mutamento, la trasformazione, lo sviluppo

Il primo paragrafo di questa lezione chiede ‘’dove osa la pedagogia?’’. La pedagogia spazia, rischia e avanza
sulle questioni che assillano i promotori della formazione. Inoltre, il coraggio della disciplina è esente da
complessi di inferiorità nei confronti di altre discipline. Si occupa quindi del presente dell’essere e del
futuro del divenire, ma anche di trasformare la realtà, di sviluppare ed evolvere il sistema scolastico e tutto
ciò che riguarda la formazione. Tutto ciò accade in senso relativo e dipendente da un bene o da valori non
riscontrabili in natura.

QUANTO CONTA LA PEDAGOGIA


- La pedagogia povera e nuda
- L'esigenza di accertare sostanza e attributi

La pedagogia conta e pesa nonostante sia spesso povera e carente di molte risorse necessarie per
l’esercizio della propria attività. Inoltre, è spesso nuda perché non ha le protezioni e le difese che si
riservano ad altre discipline. Perciò si esige l’acquisizione di una notazione chiara e distinta dei suoi
attributi, ma anche che si riconosca il suo valore.

LA DUALITÀ DELLA PEDAGOGIA


- Il ritratto attendibile
- Ciò che non è
- Ciò che è
- Le distinzioni chiarificatrici

Si tratta di accreditare la disciplina attraverso due passaggi, ossia due punti di vista: il ritratto e le
distinzioni. Il ritratto attendibile per la pedagogia riguarda un ritratto in controluce con dei contorni nitidi.
Questo consiste in un profilo identitario e in evidente controluce che permette di rendere evidente la
natura della pedagogia. Cosa non è pedagogia? Innanzitutto, non è catalogabile come scienza o filosofia,
infatti, molti credono che sia una scienza o filosofia, ma è sbagliato. Non è una scienza perché non ha
dimostrazioni certe, ma è molto di più di un campo di esperienze sensate. Se non è una scienza, che cos’è?
Significato etimologico è ‘’guida del fanciullo’’. La pedagogia somiglia quindi ad un’alta via della conoscenza,
e contemporaneamente è equidistante dalla filosofia e dalla scienza. Perciò, il riconoscimento della
legittimazione e della conoscenza della pedagogia esige l’intreccio tra filosofia e scienza.
Le distinzioni chiarificatrici partono dal concetto che abbiamo di filosofia e di scienza e sono essenzialmente
due: reputare proficuo il recupero del passato positivo (non buttare tutto ciò che si è fatto) e coltivare
l’ambizione di fornire una scuola di pensiero, per cui occorre elaborare un pensiero di scuola.
La prospettiva della pedagogia è che mentre respinge il rinnovamento fasullo, si impegna a cambiare tutto
ciò che non è sopportabile. Tuttavia, è importante sottolineare che ci sono anche dei momenti in cui
supporta tutto ciò che non è cambiabile. La pedagogia ci aiuta così a cambiare le cose sbagliate e prevede la
congiunzione delle tematiche di sua competenza che da essa sono ispirate: filosofie, sociologia ecc.

INNANZITUTTO PER TUTTI


- Scuola e stress / ambientale
- Gli effetti negativi dello stress
- La collocazione degli arredi

Riflessione su: Quando agli alunni non piace la scuola?


Innanzi tutto, bisogna smontare uno stereotipo: la scuola è l’agenzia in cui si compie l’insegnamento-
apprendimento con la costrizione. Già dai tempi di Platone si invitavano gli individui a comportarsi in un
certo modo, egli infatti diceva ‘’non educare i bambini nelle varie discipline ricorrendo alla forza, ma come
per gioco, affinché tu possa anche meglio osservare quale sia la naturale disposizione di ciascuno’’.
Perciò, è fondamentale eliminare ogni costrizione, sia per i docenti che per gli alunni. Il primo punto è
proprio l’importanza di tener conto di tutti affinché la scuola sia apprezzata. Il pedagogista è obbligato ad
esprimere proposte funzionali riguardo all’impianto degli ambienti scolastici, come Pazzaglia, il quale
puntualizza alcuni aspetti utili per la progettazione degli ambienti scolastici.
Le osservazioni da tenere presenti sono che l’ambiente scolastico, se costruito in un certo modo, provoca
stress. Lo stress indica un’azione che supera i limiti della normalità di sopportazione e resistenza,
provocando una esasperazione emotiva. Lo stress deriva da alcuni fattori fisici come la luminosità, i rumori
o fattori organizzativi come l’ambiguità dei docenti, i conflitti o i fattori relazionali tra gli alunni, tra la
famiglia, tra i docenti, la densità della classe, gli atteggiamenti ecc.
Il contesto situazionale in cui si trova l’alunno a volte può essere carente dal punto di vista del confort
ambientale e questo condiziona negativamente l’alunno. Sotto il profilo emotivo questo avrà ripercussioni
emotive come aggressioni o lesioni. Un altro fattore che crea stress deriva dal profilo cognitivo, in quanto lo
stress ambientale può portare difficoltà anche nella memoria: difficoltà nell’attenzione, nei collegamenti,
nelle decisioni. Tutto ciò appare chiaro se si tengono presenti le caratteristiche tipiche dello stress
ambientale: la cronicità (abitudine, morbosità) quindi se si presenta stabilmente.
Anche l’organizzazione degli arredi è un fattore che influenza notevolmente il percorso scolastico
dell’alunno e del docente. Ad es la disposizione dei banchi avviene in base al livello di attenzione, ma anche
la suddivisione degli spazi, la quale presuppone la creazione di spazi dedicati a diverse attività.

INOLTRE PER DOCENTI


- Malessere della categoria
- Punto di appoggio: coscienza professionale, costume professionale

Anche per i docenti è necessario creare una scuola accogliente, perciò, la nostra capacità di capire e
cambiare il mondo della scuola è fondamentale. Spesso per indicare la categoria dei docenti si parla di crisi
e fragilità. Da questo punto di vista vediamo cadere il docente nello stress o nel burn out. A questo punto
occorre fare leva su alcuni valori: della classe e di coloro che partecipano all’azione educativa. Ci può essere
quindi un punto di appoggio che si traduce in regole e norme stabili che vengono elaborate da docenti e
alunni per elaborare una scuola accogliente e positiva; chiamate anche regole che costituiscono il
fondamento di una deontologia (teoria dell’insieme di norme di comportamento che disciplinano l’esercizio
della professione docente). Nasce così un ideale per ciascuna professione, traducibile in una coscienza
professionale: presenza della mente a sé stessa nell’atto di giudicare e far apprendere gli altri, nonché la
conseguente capacità di distinguere il bene dal male. La coscienza professionale è un dato morale.
Un altro aspetto è il costume professionale, ossia il frutto di un’abitudine liberamente acquisita che dà
origine ad una permanente tensione all’uso della volontà. In questo punto di appoggio il benessere del
docente trova applicazione in due ambiti promotivi: nelle credenze individuali del docente rispetto alle
proprie abilità e circa la capacità di raggiungere determinati traguardi, ma anche nelle caratteristiche della
stima nei confronti dei colleghi e dei rapporti da tenere con gli attori che portano un aiuto notevole
nell’attività di insegnamento. Queste caratteristiche sono un forte aiuto per il docente che compie la
propria attività.

ALTRESÌ PER ALUNNI


- Le componenti
- Le dimensioni
- Il miglioramento

Per far si che lo star bene a scuola sia per gli alunni una cosa ovvia, è indispensabile approfondire il
programma di intervento, il quale richiede tre osservazioni: l’ambiente scolastico è un luogo dove gli alunni
vivono molte esperienze, in base a queste esperienze gli alunni costruiscono delle idee su di sé (autostima)
e tenere in considerazione che un buon livello di benessere garantisce il funzionamento della scuola.
Le componenti fondamentali (o esigenze) che chiariscono concetto di benessere sono molteplici, in tutto
sette:
- fare in modo che gli alunni si sentano autonomi e autodeterminanti
- essere in grado di resistere alle passioni sociali
- occorre che l’alunno e il docente sappiamo gestire l’ambiente e creare contesti favorevoli esterni alla
scuola
- ogni alunno e docente deve accettarsi per le proprie qualità
- stabilire delle relazioni empatiche
- avere relazioni il più possibile positive
- rinunciare ad essere diversi da quello che si è (amare noi stessi solo quando si è persone dignitose)

Il QBS (questionario benessere scuola) è composto da cinque dimensioni relative agli alunni:
- soddisfazione dei propri risultati e riconoscimento delle capacità
- rapporto con docenti basato su fiducia
- rapporto con compagni e sentirsi accettati
- sviluppare atteggiamento emotivo
- avere il senso dell’autoefficienza

Perciò, per star bene in classe sono necessari alcuni ingredienti anche per i docenti:
- condividere con i discenti gli obiettivi e i traguardi positivi con un impegno sostenibile e la prospettiva di
un vantaggio concreto e di un alunno sereno.
- il secondo punto riguarda il vivere il proprio mestiere di insegnante orientando l’alunno verso tre qualità:
la flessibilità intellettuale, la libertà responsabile, abituare gli alunni all’interazione civile e rispettosa
(quindi, un alunno attivo nelle realtà in cui vive).
EDUCAZIONE: IL CALEIDOSCOPIO DI ACCEZIONI
Si riferisce ad una riflessione che è suggerita dalla Costituzione della Repubblica Italiana che ha dei punti
fondamentali da tenere presenti. Questa scelta per tre affermazioni che riguardano l’educazione:
- la causa del passato
- del presente riguardante dei dibattiti calorosi
- delle stridenti politiche.
La questione nasce dalla comparazione di 3 articoli della costituzione:
Art.30 - È dovere, è diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli.
Art. 33- La repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione.
Art. 34 La scuola è aperta a tutti, l’istruzione inferiore impartita per almeno 8 anni è obbligatoria e gratuita.

Comparando questi articoli si scopre:


per quanto riguarda la famiglia c’è la voce EDUCARE.
per la scuola la voce educare non c’è, c’è solo ISTRUIRE.
Nel passato è stato un problema oggetto di discussioni perché qualcuno, partendo dalla costituzione,
vedeva che il compito dell’educazione è legato solo alla famiglia e la scuola non deve educare. È’ un
problema che va chiarito, perché la parola educazione è un po’ ideologica quindi si conclude l’affermazione
che la scuola non deve educare. Ad oggi ancora ci si chiede come si possa istruire senza educare.

Insegnante: tutti momenti hanno una caratteristica educativa;


Gli alunni: seguono il docente, lo guardano e lo prendono come guida. Non si può istruire se
contemporaneamente non si ha l’idea dell’educare. Nella scuola oltre ad istruire si educa. L’educazione
come progetto va analizzata e ne va visto l’effetto che ha nella scuola di qualsiasi ordine e grado. È quindi
utile vedere l’effetto che fa nella scuola.

Putnamm prende una posizione chiara, in quanto dimostra come il pensiero morale si
congiunga ai fatti e alle cose concrete ma anche di come questo pensiero morale sia
impregnato di valori. Fatti e valori vanno quindi di pari passo e non si possono separare. Entrambi
influiscono nell’educazione di cui si deve occupare la pedagogia (punto di vista da tener presente per
quanto riguarda l’educazione perché la pedagogia è dotata di un’intenzione e funzione caratterizzata da
iniziativa propria: - conoscitiva – operativo -pratica).
Si deve ammettere logicamente che l’oggetto dell’educazione in questa prospettiva è
importante ed è ripartibile sia: - gneosologicamente perché l’educazione raggiunge
con l’intelletto i comportamenti che la persona deve rispettare = è intellegibile.
- etico, sempre radicato nei valori; l’educazione è valorabile.
È quindi un oggetto gneosologico e un oggetto etico.
Valori: qualcosa di serio e importante che la persona umana cerca di realizzare e attuare.
Accezioni: significato di una parola.
Dichiarazioni universali sull’educazione

L’educazione si può considerare il processo di crescita intenzionale e anche di sviluppo indotto per
interventi al di fuori della persona che in qualsiasi luogo si svolge per rendere cosciente l’educante di
come l’uomo si eterna nel momento in cui viene educato. (Dante)

Eternarsi: acquistare grande gloria che si riflette dopo la morte, che diventa fama o nominanza affermata
da tutti perché tutti amano lasciare un buon ricordo di sé.
Educazione: la sua etimologia è condivisa?
Genovesi indica dei livelli in cui si individua il concetto di educazione: l’accezione è mutuata da tre verbi
latini:
1) Educare  è anche latino, che significa – allevare - nutrire, rimanda alla crescita della persona quando lo
usiamo pensiamo alla crescita ed allo sviluppo.
2) Edocere  suggerisce interventi di natura etica e cognitiva.
3) Educere  qualcosa di diverso, significa tirare fuori estrarre incanalare e lascia intendere proprio questo:
fare in modo che si sviluppino capacità e abilità che mantiene la persona convalidate poi dall’educazione
che le porta nel comportamento quotidiano. L’educazione deve avere di mira la piena espansione della
personalità umana.

Un’idea che spesso viene portata di fronte a chi opera nella scuola è la teologia, che significa finalità, fine.
L’evento educativo interpella sempre la teoria dei fini, la teleologia. Le cose sono perfette in quanto
possiedono un fine (Aristotele). Se facciamo qualcosa senza porci un fine facciamo male, l’educazione non
fa eccezione, il fine quindi è consustanziale all’educazione, ha la stessa sostanza ed è inerente all’essenza
dell’atto che si compie, a cui l’opera di sua natura è ordinata.

Ci sono diversi tipi di educazione, da tener presenti, che fanno riferimento ai fini e alle finalità:
L’idea è che l’educazione non sia come un’isola, ma fa parte di un continente di tanti altri elementi collegati
con l’educazione. Intuizione di Bruner secondo la quale torna utile riportare alcune tipicità. Lo psicologo ne
mette in luce alcune:

1. L’educazione accetta il compito di mettere gli esseri umani in condizione di superare le diposizioni
innate.
2. L’educazione deve aiutare ad usare gli strumenti che consentono di adattarsi al mondo.
3. L’educazione costituisce delle comunità di persone che apprendono le une dalle altre.
4. L’educazione si propone di liberare l’attività congiuntiva rendendola pubblica e negoziale.
5. L’educazione evade dai recintiti della neutralità e si compromette con i talenti.
6. L’educazione ha un ruolo cruciale nelle percezioni di sé e nel riconoscimento degli altri.
7. L’educazione abilita una persona alla narrazione.

Viene spontaneo parlare di libertà educata: una libertà che coltiviamo ed è responsabile. L’uomo non nasce
libero, l’uomo è libero di liberarsi. La libertà è un principio della vita, è un metodo di lavorare e di vivere ed
è il fine dell’educazione.

Noi siamo degli esseri ma c’è anche un futuro, un obiettivo, se l’educazione deve essere considerata la
pratica della libertà diventa indispensabile un’opzione tra l’asservimento e l’affrancamento, la sudditanza e
l’indipendenza, tra il conformismo e l’originalità, tra l’omologazione e l’indipendenza.

La domanda cruciale riguarda la scelta tra: un’educazione che integra e forma un tipo di cittadino e una
educazione liberatrice che toglie tutti i limiti e si prefigge di spezzare tutte le catene senza confondersi con
lo spontaneismo. Non dobbiamo confonderci con l’individualismo egoistico e lo spontaneismo.
Connessione, collegamento e processualità

Il processo come riferimento al significato primitivo denota:


- il divenire di una situazione o di un fenomeno
- il modo di agire umano nell’ambito del sapere quindi dell’istruzione accompagnata dall’educazione  ciò
si rifà al sapere didattico, che il docente deve avere.
Anche la didattica interviene per l’educazione e nell’educazione. Si tratta di un rapporto tra due saperi, che
serve a compiere l’opera educativa, trova le ragioni assicurative in 4 indizi:

1. Rapporto, legame, attinenza delle medesime qualità.


2. Coerenza che il docente deve avere nell’attuazione dei principi.
3. Mai dimenticare la logica: un comportamento che abbia un senso e un’azione condivisa.
4. L’interdipendenza delle singole iniziative. La didattica lavora in questo senso, trova elementi che si
congiungono.

I valori non si descrivono facilmente, sono delle realtà che valgono.


Bisogna distinguere:
- i valori assoluti, che sono: - la verità - la giustizia - la bontà - la bellezza e stanno nell’iper uranio
- il valore storico, che sono quei punti di operatività, pensiero, capacità che si fanno nella vita quotidiana e
sono nella nostra storia. Cioè il valore assoluto tradotto nella storia: non siamo noi la giustizia, noi siamo
giusti, noi non siamo la verità ma cerchiamo il vero.

Dobbiamo cercare i valori storici, non è semplice mantenere comportamenti che si attengono ai valori
assoluti. Le finalità valoriali sono importanti, perché la finalità è un’affermazione di principi quindi un
valore, attraverso i quali si veicolano i propri valori storici. Questo richiamo ai valori colloca le finalità sul
piano superiore dell’educazione.
Ci sono anche scopi nella vita, che risiedono a terra, luogo in cui si fabbrica ciò che è necessario per
l’esercizio dell’attività. La finalità è connotata da un valore e abita nel palazzo alto.

OBIETTIVO: nella scuola gli obiettivi regnano perché non sono necessari al comportamento del docente, ma
riguardano soprattutto gli alunni.
D. HAMELIN dice di usare questa parola per descrivere i risultati sicuri di un apprendimento. Distinguendo
tra finalità, scopi e obiettivi: si passa dal comprendere cosa si vuole, al cosa si può. Le finalità e gli scopi si
possono volere ma gli obiettivi sono ciò che è possibile nelle condizioni in cui siamo. L’obiettivo quindi non
designa più il progetto di un educatore ma un intervento dell’educando.
Per convenzione vengono divisi in: - Obiettivi generali – obiettivi intermedi – obiettivi specifici.

“Tu che sei nato nell’alba dimmi la bellezza nel mondo, io sono il dolore e l’assenza, perciò dimmi ciò che fa
cammino, ciò che rende l’uomo migliore’’. Lo scrittore Carlo Sini richiamò l’attenzione di tutti i lettori sul
bisogno di insegnanti veri e dei buoni propositi della scuola. Quali sono i docenti veri?
Nella rappresentazione della docenza c’è un rischio: oggi la docenza è esercitata in modo da dipingere e
rispecchiare una figura. Si tratta di ristabilire l’osservanza di alcune regole che riguardano l’azione, il
compito, il ruolo del docente.
- regola della scrupolosità  nell’applicare determinate teorie.
- regola del raziocinio  nel rilevare i compiti che dobbiamo assolvere ma anche le attività e il lavoro degli
alunni
- regola dell’imparzialità  come i docenti segnalano le entità dei singoli alunni
- regola della creatività  nel prospettare il futuro, disegnare le esigenze, nel sottolineare gli interessi
DILEMMA: ESSERE O NON ESSERE DOCENTI?
De Bartolomeis afferma che il docente è un lavoratore intellettuale non qualificato.
Il giudizio è quasi offensivo per i docenti, ed è quindi giusto contestarlo. Occorre far notare alcuni esempi
scorretti: “il docente è come un artigiano” “il docente è come un trainer” “il docente è uno speaker”.
L’attività del docente è professionale? Consente di distinguersi da altre professioni?

Ecco alcune riflessioni…

- Misconoscimento delle profonde trasformazioni che sono intervenute negli ultimi anni nell’assetto
occupazionale della società post-industriale, alle cui esigenze si connette il continuo aumento dei
professionisti che entrano a far parte di complessi commerciali, assistenziali, amministrativi.
- Il possesso di una libertà propria del libero professionista si addice in piccola parte nei confronti dei
docenti. È elaborata per altri lavori ed è presente negli elenchi redatti da studiosi: avvocato,
geometra, ingegnere.

Che cosa si intende per professionista? Quali sono le caratteristiche?

1) Avere un sapere specialistico: essere preparati specialisticamente nella propria attività da svolgere.
Questo sapere è presente nei docenti? Si. Docente gode di un sapere specialistico che dipende dagli
studi pedagogici, didattici compiuti nelle università.
2) Certificazione delle abilità: abilità e preparazione sufficienti che provengono dai concorsi che
mettono in ruolo i docenti.
3) Non sono liberi: non possono fare quello che vogliono. Il docente professionista ha un’autonomia
che è entrata nella scuola da qualche anno, prende iniziative che dipendono dalla sua volontà. Le
proposte sono per tutti ma la scelta è individuale.
4) L’adesione a un protocollo di dovere e di diritti: sottoscritti all’interno del contratto collettivo
nazionale di lavoro dei docenti CCNN.

Detto questo possiamo affermare che il docente è un professionista.

CURIOSITA’ O NON CURIOSITA’?


Si è indotti a capire il senso e la portata sia del timore dell’autore per il tramonto dei maestri. (docenti veri),
sia per la premura dello stesso per l’ingresso dei docenti veri
Con la professionalità dei docenti sono stati anticipati dei requisiti specifici della categoria recentemente
ma non è stata rivelata la posizione da prendere di fronte a 2 possibili e diverse scelte attinenti al tanto
discusso bisogno di una categoria di docenti in grado di adempiere il grande compito di avvicinare le giovani
generazioni alla grande cultura.

Le scelte che sono implicite nell’idea di assumere docenti veri sono condizionate.
I docenti devono essere palesi, tangibili, concreti, i quali nelle loro attività hanno un rapporto diretto,
sensibile, autentico con gli alunni.

Partiamo da alcuni spunti da tenere presente.

 La professione del docente: è una professione tecnica, culturale = primo spunto da tenere
presente. La perplessità è nei confronti della riflessione presente nelle riviste o nei libri.
Il docente vende cultura e attraverso di questa matura la personalità.
 Scientificità approcciabile: tenendo conto che ci sono anche argomenti scientifici da comunicare,
studiare, intraprendere, c’è una cultura scientifica da avvicinare. Diventa consequenziale la
rigorosità dell’approccio ai problemi = si salda con l’aspirazione a una professione docente molto
attenta ai metodi e alle tecniche necessarie alle implementazioni.
INDIVIDUALIZZAZIONE E NON PERSONALIZZAZIONE
L’aggettivo personalizzato è equivalente alla locuzione ‘’tutto per lui’’.
Nell’individualizzazione i traguardi sono uguali per tutti, tutti vengono aiutati a raggiungere le proprie
possibilità. Si riferisce alle procedure finalizzate ad assicurare agli alunni le competenze comuni del
curricolo attraverso una diversificazione di percorsi e apprendimenti.
Nella personalizzazione i traguardi sono differenziati per ognuno. Riguarda l’insieme di procedure che
hanno lo scopo di permettere a ogni alunno di sviluppare le proprie peculiari prospettive. Occorre quindi
dare a tutti il massimo delle possibilità per raggiungere la piena formazione della propria personalità.
Personificazione (riguarda il docente - in ogni caso egli deve guardarsi dalla personificazione, di esaltare la
sua persona, tutto sé stesso ponendosi come centro di tutto per non cadere nell’autoritarismo).
Opzione professionale: fulcro su cui il docente può far leva per dare un senso alle opzioni professionali, su
cui opera tutto.
La sua azione è costituita da 3 elementi:
1) dal movente che ha determinato la scelta
2) dalla disponibilità che dovrebbe avere chi esercita questa professione
3) accettazione di tutti gli alunni = riconoscimento di tutti.

GIANNI RODARI. Racconta i contenuti del libro: - errori – ortografia – sintassi - errori ideologici.
ESEMPIO: La filastrocca sul cielo l’errore prende la sfumatura dell’enigma.
“Qualcuno che la sa lunga mi spieghi il cielo è di tutti gli occhi?”
“Di ogni occhio è il cielo intero”
Rodari cambia punto di vista, si rinnova: “spiegatemi perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti?”
Parole semplici che vogliono cambiare mondo. Per Rodari le parole sono prigione e liberazione.
Prigione perché diventano etichette, convenzioni, vietano di vedere la sostanza delle cose.
Liberazione perché con il loro uso si può compaginare ogni ordine.

LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI EDUCATIVI

‘’I progetti sono promesse che la fantasia fa al cuore, e il cuore non rifiuta mai questi pericolosi regali’’. In
realtà è la mente che ha una fantasia, riceve stimolazioni e risponde ad esigenze. Il cuore è invece privo di
neuroni, che sono propri del cervello. Perciò ‘’i progetti sono promesse che la fantasia fa alla mente, e la
mente non rifiuta mai questi pericolosi regali’’. Si può quindi constatare la convinzione sulla pericolosità dei
progetti, ma non si può negare la giustezza della tesi che reputa i progetti una promessa che nasce dalla
fantasia per arrivare alla mente. La stessa etimologia ‘’proiectum’’ – ossia portato in avanti. Il progetto deve
quindi avere una visione rivolta al futuro, e questa visione è convalidata da filosofi molto famosi come
Heidegger, il quale afferma che il progetto è l’anticipazione della realtà. Un altro autore interessato ai
progetti è Sartr, o Scheller: il progetto deve essere inteso quale volere derivante dalla percezione dei valori.
Tre idee che confermano l’importanza del progetto.

Tre osservazioni per il progetto innovativo


1. I tratti del volto: qual è il volto del progetto? bisogna prima considerare che la costruzione di qualsiasi
progetto può essere derivata (proviene dalla volontà di qualcuno di cambiare la realtà) o indotta (dipende
dalla volontà di qualcuno a proiettare nel futuro le situazioni attuali – cioè realizzare ciò che si è fatto nel
passato). Nel progetto derivato abbiamo un cambiamento che rinnova, nel progetto indotto vediamo il
rimando nel futuro di ciò che si è fatto e non cambiare niente. Bisogna quindi preparare un progetto
derivato e occorre evitare l’unione e lo scambio tra il termine progetto e il termine piano: il progetto, per
sua natura, è una realtà aperta alla probabilità eventuale di un cambiamento – al contrario il piano cerca di
pervenire a risultati medianti operazioni predisposte precedentemente, ed è quindi rigido e ben definito.
Il processo innovativo è sedotto da due contrapposte concezioni, due errori: da una parte ci sono quelli che
amano il dirigismo, sono incentrati sull’autorità dello stato e sostengono un ordinamento concentrato
sull’autarchia (possibilità di autogoverno). Dall’altra ci sono coloro che sono liberistici, i quali sposano e
applicano una concezione liberistica delle attività e delle iniziative. Queste due posizioni possono essere
corrette se si conciliano e se vengono superate da un’unità strutturale tra le diverse iniziative del sistema,
una coesistenza con le diverse funzionalità che alcune attività hanno. Inoltre, bisogna conciliare queste
posizioni integrandole in un programma nazionale e nella programmazione locale che viene riconosciuta
alle singole realtà scolastiche. La conciliazione deve avvenire anche tra la solidarietà culturale e la specificità
professionale. La conciliazione non è certo agevole, in quanto si tratta di mettere in campo una proposta
che sia innovatrice, ma anche responsabilizzata e positiva.

2. La catena degli ostacoli: occorre sempre segnalare gli ostacoli e la loro gravosità, e chi si cimenta
nell’elaborazione di un progetto compie un grande sforzo, dovuto ad una serie di anelli: il primo anello che
si incontra è che la scuola deve assolvere ad alcuni sforzi, come la crescita dell’autonomia personale e il
possesso della maestria teorico operativa da parte degli alunni e del docente. Il secondo anello, quindi la
seconda difficoltà, riguarda una serie di doveri da espletare, come l’avanzamento delle conoscenze
(coinvolgimento ecc) la promozione della convivenza tra gli alluni, la propagazione degli ideali,
dell’interazione, della sapienza. Il terzo anello delle difficoltà è il discernimento da praticare tra affidabilità e
inaffidabilità per arrivare al concetto di resilienza e di originalità. La resilienza è la resistenza che ha un
qualsiasi oggetto. L’originalità richiede che il progetto non sia caratterizzato dall’uniformità, ma dalla
varietà delle irripetibili autenticità che hanno le proposte.

3. Il successo dell’educazione scolastica: il successo non si colloca solo all’interno del quadro generale della
scuola, ma si rende evidente come esploratore di alcune sfaccettature del modo specifico dell’educazione
scolastica, della scuola che deve essere educatrice. L’educazione scolastica è un’educazione indiretta
perché l’apprendimento è centrato sulla rappresentazione della realtà, non sulla realtà stessa. L’educazione
è anche procrastinata perché è un’educazione che si prepara ad agire nel tempo successivo. L’educazione
scolastica è semplificata, perché seleziona i saperi principali e tralascia tutto ciò che è irrilevante. Inoltre,
l’educazione scolastica simula ed è simulata perché l’insegnamento – apprendimento è dentro il gioco
analogico, è qualcosa di simile al gioco. L’educazione scolastico è un’educazione ritardata perché non
fruisce conoscenze immediatamente spendibili, le quali hanno bisogno di tempo. Infine, è asimmetrica
perché la posizione del docente e dell’alunno non sono corrispondenti: il docente non deve diventare
bambino.
Il docente deve essere prudente e compiere un passo indietro per riacquisire l’intenzionalità. Intenzionalità
che si dipana a tre livelli: programma, curricolo, programmazione. Si tratta di un’intersezione tra questi
elementi: il programma rimanda ad un insieme di contenuti di trasmettere, il curricolo rimanda ad un
disegno nazionale, la programmazione occupa due quote: la programmazione educativa e la
programmazione didattica.
Quattro criteri che i docenti devono rispettare in quanto molto importanti: il primo criterio riguarda la
certezza della prova, lo scrupolo per la verità storica che rifiuta una ripartizione della storia in due tempi,
l’evitare una distruzione impropria del presente (c’è sempre qualcosa di buono). Il secondo criterio è quello
di non promuovere i provvedimenti fasulli e qualunquistici – il fare qualcosa giusto per il gusto di farlo. Il
terzo criterio è il ripudio degli errori da non ripetere: come la rigidità, l’azzeramento del passato, la
discontinuità delle iniziative. L’ultimo criterio riguarda l’incremento del coraggio per collocare l’innovazione
in un orizzonte di buon senso.

Chi ha la responsabilità di innovare la scuola e promuovere progetti? La responsabilità prima è di coloro


che elaborano le leggi, di chi ha il potere di emettere una legge per un cambiamento. Tuttavia, per
progettare un intervento innovativo bisogna partire dalla conoscenza di ciò che è accaduto negli anni
precedenti, quindi avere una preparazione sociologia, avvalersi delle cose buone che nella scuola si è fatto
e dei risultati positivi ottenuti (tramite i dirigenti scolastici e i docenti). Bisogna quindi costituire un gruppo
di persone studiose della realtà educativa per scrivere i punti fondamentali da tenere in considerazione, e
questo coinvolge poi anche chi ha il potere legislativo. Perciò prima dell’azione legislativa occorre
l’elaborazione di una tavola culturale da parte di un gruppo culturale storico competente.

IL BELVEDERE DELLA SCUOLA: concezione che rimanda al desiderio di una scuola di belvedere, come il
poggio di Firenze. Come fare per far si che la scuola diventi funzionale? 4 passaggi:

La premessa. È costituita da due fasi: pas destruens, lo sgombero della mente da false convinzioni è
l’operazione che sta in questa fase, in quanto consente di dichiarare alcuni aspetti. Innanzitutto, consente
di dichiarare il rifiuto di tutte le categorie lineari come la secolarizzazione, la laicizzazione ecc. un altro
aspetto di questa fase richiede il coraggio di dichiarare il fallimento del progetto modernistico, il quale non
ha saputo denunciare e neutralizzare i rischi disagevoli, ossia i tratti fallimentari della cultura
contemporanea. Taylor afferma il primato della ragione strumentale, da cui derivano eclissi che non
c’entrano niente. Sempre secondo Taylor l’individualismo e il primato della ragione strumentale sono
accompagnati dalla perdita della libertà, cioè il totalitarismo morbido, un aspetto non libero.
La seconda fase è la pas construens, riguarda l’adozione di un progetto che consente di portare la mente a
contatto con la realtà (la parte costruttiva). Questi due stati sono propri di Bacone.

La prospettiva funzionale. Lo sviluppo migliorativo della realtà riguarda soprattutto il sistema educativo,
che oltre ad essere funzionale, dovrebbe diventare affidabile: diventa affidabile quando viene concepita
come luogo e come incrocio. Il concetto di scuola come luogo lo formula Mark Augè: distinzione tra non
luoghi e luoghi, come le due entità dell’emisfero celeste. I non luoghi sono spazi di circolazione, di
consumazione (come le stazioni) privi di storia, di relazioni, quindi neutri, indistinti, senza identità e
simbolici di una società illusa. La scuola fa parte dei luoghi, ossia spazi in cui si costruiscono relazioni sociali,
in cui ci sono forme di appartenenza, atti di solidarietà, confronti di idee e una vitalità – si percepisce quindi
anima e identità. Nei luoghi si gode di una libertà forte e allo stesso tempo responsabile, dove si coltiva una
cultura.
La scuola come incrocio è una questione che riguarda la maieutica, ossia il modo in cui la conoscenza viene
portata alla luce. Gli effetti di una scuola sono concreti, pratici e operativi soprattutto quando la scuola è un
luogo e si fanno in un modello delineato e materializzato come tre grandi vie, ovvero tesi da cui arrivano
impulsi che recano gli ingredienti essenziali per il compimento del mandato che il docente ha nella scuola.
Le tre vie che si incrociano e portano a questo punto sono: l’umanesimo nuovo, da cui arriva una spinta da
donare alla scuola. Una seconda via riguarda il futuro prossimo innovativo, da cui arriva un incentivo a
procedere innanzi, interrogandoci sulle due grandi modalità di pensare al futuro, di curare il futuro: fare del
futuro la conseguenza del passato ecc. la terza via è quella dell’utopia sana: una strada da percorrere da cui
arriva un orientamento che consente di evitare una sosta sulle questioni banali, di promuovere cultura, di
avanzare verso il rinnovamento e di considerare il legame con la pedagogia. Quindi, intendiamo una scuola
con una visione precisa e innovativa.

Apertura puntuale della scuola. L’accezione ‘’puntuale’’ è appropriata all’apertura, termine fornito da
Dante, il quale si accorge della grande gradinata davanti a sé composta da comodità e apertura. La scuola
dev’essere comoda e accogliente, perché può essere percorsa da tutti: perciò viene scelta come immagine
del sistema scolastico. L’idea dell’apertura va riferita all’edificio scolastico: se l’edificio non è come una
prigione, allora la scuola dispone di una sede funzionale, in quanto l’edificio guarda fuori ed è estroverso. La
seconda apertura riguarda le cose che vengono fatte: se l’incarico professionale è aperto, se riesce a
stabilire un rapporto di cooperazione con gli alunni, se riesce a conservare un’intesa positiva con i genitori e
dare un senso alla vita scolastica la scuola sarà funzionale.
Testi sul gioco:
D’amore D. Giochi logici, linguistici e matematici
Yessica Alexander. Il metodo danese per giocare
Rosen M. Il libro dei giochi
Camilleri A. Piccola enciclopedia dei giochi per l’infanzia
Gorini P. 365 giochi per tutto l’anno
Quaglia R. Il gioco nella didattica
Rodari G. Grammatica della fantasia
Staccioli. Il gioco e il giocare, elementi di didattica ludica
. Gioco dopo gioco. La meridiana
Winnicot. Gioco e realtà
Dossena. Giochi. Mondadori

CONFIGURAZIONI SUL GIOCO

Platone: ‘’non educare i bambini alle varie discipline ricorrendo alla forza, ma come per gioco, affinché tu
possa anche meglio osservare la naturale disposizione di ciascuno’’.
Qual è l’effetto tipico del gioco? Due effetti tipici del gioco sono sicuramente l’apprendimento e
l’instaurazione di relazioni. Ad esempio, con il gioco il bambino impara a distinguere la voce materna dalle
altre, la quale rimane l’’oggetto di attenzione principale, in quanto fornisce cure amorevoli e calore. Ma
secondo me occorre rivalutare anche l’importanza della relazione nello svolgimento del gioco stesso, dello
STARE con il bambino, fare in modo che sia partecipe a prescindere dal tipo di strumento di gioco che si
utilizza. Secondo me ci sono anche altri due effetti tipici, individuati dalla Montessori: piena Concentrazione
nello svolgimento del compito o del gioco e l’esplosione di una capacità.

La regola enunciata sull’aforisma di Platone può suscitare stupore, tuttavia la sorpresa non ha fondamento
perché il gioco entra nella storia dell’umanità con una sentenza di Eraclito, il quale lo assunse come un
principio cosmico, sia perché da allora ad oggi il tema fu oggetto di studio e applicazione. Perciò è
importante affrontare il tema mediante tre paradigmi (esempi, modelli che ordinano numerose forme):

1. PARADIGMA AUTOTELICO: L’etimo del termine autotelico deriva dal greco ‘’authos’’ ‘’teilicos’’: authos
significa sé stesso, telicos significa fine (in italiano un morfema, ossia un elemento formale avente funzioni
grammaticali che indica sé stesso, in sé e di un fine). In filosofia il termine si riferisce ad un essere o un
evento che possiede in sé la finalità ultima del proprio sussistere o del proprio accadere. Il gioco è una
realtà realizzata per sé stessa in quanto ha il proprio aspetto significante in sé e non nel fine da raggiungere,
non nel risultato che produce. Per tale carattere Aristotele avvicinò il gioco alla felicità e alla virtù, poiché,
anche queste attività giocosa e ludica si scelgono di per sé – paragona poi il gioco al riposo, alla medicina,
qualora venga praticato secondo misure e tempi adeguati.

2. PARADIGMA FILOSOFICO: L’interesse per il gioco è presente in quasi tutti i filosofi succeduti a quelli
dell’era classica: come in Tommaso D’Aquino (1221) il quale, riprendendo la lezione aristotelica, precisò che
il gioco quando non è confuso con il mero divertimento si traduce nella ricreazione dello spirito e nella
quiete dell’anima. Altro filosofo successivo è Niccolò Cusano riteneva che l’approdo ludico è un’attività
propria dell’uomo intelligente e libero. Nel pensiero moderno il gioco è trattato da Kant (1724) e Schiller nel
campo dell’estetica. Il pensiero contemporaneo fa riferimento ad Eraclito, il quale viene nuovamente
ripreso e fornito un significato ontologico (ente+pensiero), che concerne la natura e la conoscenza
dell’essere. Il pensiero contemporaneo parte da Eraclito e arriva ai pensatori del nostro tempo, come
Nietzsche, che si richiama ad Eraclito. Ad esempio, Wittgenstein, che è uno studioso del linguaggio,
riprende il gioco all’interno delle sue ricerche, e per questo motivo introduce il principio dei giochi
linguistici, che fanno riferimento al linguaggio. Una forma del genere proviene anche da un altro filosofo
Gadamer, che assume il gioco come un’attività presente in vari ambiti linguistici. Occorre ora far
riferimento alla fenomenologia, volta a liberare la filosofia dall’empirismo tradizionale e dall’idealismo
astratto: rifiuta questi due corsi della filosofia perché hanno il solo scopo di pervenire alle cose che contano
presenti nei concetti di volontarietà, di coscienza e intersoggettività. si è indotti a notare che la
considerazione del gioco passa per piani diversi e coinvolge molte discipline. Questa varietà di ambiti porta
a chiedere: quali luoghi e significati ha tutto questo? La risposta a questo interrogativo viene data da
Virgilio Melchiorre in una sua opera.
Non possiamo scordarci dei modi di intenzionalità del gioco, e una prima ricognizione permette di
riordinare le molteplici accezioni e accogliere due tonalità intenzionali, che apparentemente sembrano
opporsi al gioco. Da un lato c’è il modo della libertà o del divertimento assoluto, dall’altro c’è il modo della
regolarità pattuita. Nel primo caso il gioco è un’attività accentuazionale, ossia un’attività che un rilievo e
un’evidenza. Nel secondo caso il gioco è un’attività autoregolata, ci sono quindi delle regole.
Ma non bisogna dimenticare l’armonia e la gratuità del gioco, in quanto il gioco vale in quanto a sé stesso e
non ha un fine. Kant afferma ‘’solo l’arte sa cogliere una consonanza’’.

3. PARADIGMA PSICOPEDAGOGICO: Va ricordato che il gioco è stato diffusamente studiato nell’ambito


delle ricerche pedagogiche e psicologiche, sono infatti molto rilevanti a riguardo gli studi di Piaget, per il
quale il gioco era ed è la più spontanea delle attitudini del pensiero infantili. Sono rilevanti anche gli studi di
Devaud, secondo il quale il bambino passa dall’attività fantastica all’impegno stabilito dal docente. Altro
autore è Claparede, il quale afferma l’importanza dell’attività funzionale del gioco, le funzioni che lasciano
un segno nei bambini. Altro personaggio noto è Froebel, per il quale il gioco sta al bambino come il lavoro
sta all’adulto, e la creazione sta a Dio.
Pertanto, il gioco infantile non è un passatempo, in quanto le disposizioni future dell’uomo, sia nei
confronti delle cose che delle persone, si formano nella prima infanzia attraverso il gioco. Occorre però
conoscere la forma e l’utopia, aspetti collegati col gioco. I gradi di forma di gioco che sospendono i processi
dell’utile e dell’operabile sviluppano gradualmente delle forme di campo dove c’è una realtà ludica. Oltre ai
gradi di forma, è da tenere presente l’arrivo di una visione utopica delle cose, l’anticipazione di un’utopia:
nel luogo dove c’è il gioco, c’è anche l’istinto estetico delle forme, istinto che non si avverte, perché è un
regno sereno dove l’uomo viene sciolto dai vincoli di tutti i rapporti e libera dalla costrizione fisica e morale.
Il gioco si palesa quindi come anticipazione di un ordine cosmico, universale.

Il valore del gioco: un insieme di abilità, capacità, qualità necessarie da acquisire per tutti gli attori – ossia il
pregio, la rilevanza del gioco che attiene ad una dualità, in quanto risulta composto da due visioni del
mondo: la visione dell’istruzione e della formazione, irriducibili l’una all’altra. Esse sono due elementi della
dottrina pitagorica, la prima riguarda gli alunni, la seconda riguarda i docenti. L’istruzione è tendente al
rafforzamento delle attitudini e delle capacità proprie dell’alunno. La formazione è predisposta al lavoro,
alle iniziative proprie del docente riguardanti l’educazione.

Il valore del gioco si riconoscere nella tendenza dello stesso di preservare, proteggere, difendere e tenere
lontano una situazione negativa. Pertanto, si ritiene conveniente premettere alla trattazione delle due
precedenti visioni (istruzione e formazione) una annotazione di Fornero: precisa che l’importanza crescente
attribuita al gioco è la molteplicità di funzioni che si attribuiscono allo stesso in vari campi e luoghi, e non
hanno tuttavia modificato il concetto del medesimo, quindi l’idea Aristotelica ancora valida. Inoltre,
ribadisce che nella cultura degli ultimi anni il problema del gioco è stato affrontato da punti di vista
disparati, per cui si è gradualmente passati dalla conoscenza di gioco come modello di libertà, al concetto di
gioco come modello di razionalità. Il gioco, come metafora del post metafisico, si sopporta al mondo in
termini di leggerezza, ottenendo il consenso di alcuni pensatori del postmoderno (i filosofi del pensiero
debole) e senza biasimare quest’ultima tesi si torna all’allegoria del dualismo già proposto.
Si considera quindi efficace giovarsi del contributo di un altro filosofo: Daniele Fedeli, il quale, svolge queste
tematiche con chiarezza di informazione e concretezza di soluzione, dove in una rivista afferma
l’importanza di preservare il gioco, ossia sulla difesa del gioco deve compiere nelle attività scolastiche.

Il gioco per conoscere. L’attività ludica esibisce una serie di caratteristiche proprie che permettono
un’analisi di alcuni fattori relativi alle capacità, alle vocazioni del processo di apprendimento degli alunni.
Le capacità fondamentali: composte da coppie che rispondono ad ausili forniti dal gioco e dalle doti
richieste all’alunno. La prima coppia è composta dalle abilità di persistere nelle attività, ma anche dall’aiuto
che il gioco procura attivando la motivazione all’apprendimento. Una seconda coppia è composta dal livello
di autoregolazione e le regole formali che devono essere rispettate. La terza coppia è formata dalle attività
sociali, soprattutto l’interazione con i compagni - queste attività sociali che l’alunno esplica guardano con
attenzione al gioco praticato dall’alunno senza la supervisione dell’adulto. La quarta coppia è formata dalla
disponibilità di interazione mostrata dall’educando, il quale deve essere disponibile ad integrarsi, e solo
allora il gioco che si presenta è un’attività globale che chiama in causa aspetti linguistici, cognitivi e motori.
Oltre alle quattro coppie, occorre anche una vocazione personale: concetto pedagogico relativo al richiamo
interiore, in quanto un’attrazione che l’individuo sente per una determinata forma di attività, alla quale può
essere o non essere adatto. La vocazione è diversa dalle attitudini, le quali sono caratteristiche che si
maturano nel tempo. L’incubazione è un impulso mediante il quale viene maturando un evento o una
decisione della persona.

La giustezza dello spazio. Lo spazio dev’essere preparato in maniera corretta nella classe, infatti, dai
contenuti esposte e dalle osservazioni compiute si evince che il gioco può rappresentare un’occasione
efficace e un’attività di scoperta, a condizione che venga riservato il giusto spazio e tempo.

Il gioco per educare. Si può organizzare l’attività ludica, ma non è facile quando la finalità è l’educazione. Ci
sono vari lati del gioco per l’educazione: il primo lato è quello della resilienza: significa muoversi ma non
rompersi mai, la resilienza evita approcci rigidi e stereotipati. Il secondo lato è quello della pianificazione
delle prove educative. Il terzo lato è la consapevolezza, invitando a scrivere le azioni svolte, in quanto il
gioco ci permette di approfondire due pericolose semplificazioni: condannare semplicemente tutto ciò che
è un videogame e rischiare di dimenticare alcuni giochi che sono apprezzabili e potenti, come il gioco degli
scacchi:
Il gioco degli scacchi presenta delle significative potenzialità, sia per lo sviluppo delle capacità dell’alunno,
sia per altri ambiti come quello cognitivo (viene potenziata la capacità di potenziare l’attenzione), quello
linguistico (per cui si prevede la costruzione di un discorso), quello motorio (induce l’alunno allo
spostamento degli scacchi), quello storico-antropologico (antropologia, scienza che studia la specie umana
nei suoi aspetti naturali, sociali).

LA MOTIVAZIONE ALL’APPRENDIMENTO E LA MOTIVAZIONE IN GIOCO


Il ruolo che può assumere il gioco nella motivazione all’apprendimento: ossia il gioco è dentro la
motivazione e può aiutare.

Il titolo stabilisce quindi un contatto tra due entità differenti: si tratta della motivazione e del gioco, due
entità che non costituiscono due elementi opposti o irriducibili l’uno all’altra, ma sono due fattori che
concorrono alla realizzazione del processo di apprendimento degli alunni. Questo contributo, per essere
compreso, ha bisogno di chiarire il significato della motivazione volta all’apprendimento, attraverso tre
tappe successive:
- la prima tappa comprende e analizza alcuni fattori basilari dell’alunno, ed è evidente che l’alunno è il
protagonista: il bisogno e l’interesse – due fattori che costituiscono e danno senso alla motivazione.
Se mancano questi due elementi, il bambino è fuori dall’azione e dalla motivazione.
La nozione di bisogno ha innanzitutto un carattere fisiologico, in quanto riguarda l’operatività dell’alunno, la
sua attività manuale, la necessità del risposto, di nutrizione. Ma anche carattere psicologico, cioè il
successo, l’appartenenza al gruppo ecc. fattori che l’alunno dovrebbe avere per essere motivato ad
apprendere. In questa tappa è presente anche la nozione di interesse: un sentimento che deve provocare
l’attenzione, la quale a sua volta è selettiva e determinata, ma è anche uno sforzo finalizzato alla
produzione dello slancio verso la motivazione.
In psicopedagogia il termine bisogno è usato per indicare i fattori di sviluppo della personalità, segnala da
un lato una tensione fisica, dall’altro segnala la mancanza di qualcosa. Il bisogno è legato a bisogni
fondamentali (fisio e psico) ma ci sono dei bisogni secondari che possono non essere soddisfatti perché
vengono dall’esterno. L’interesse è un sentimento che spinge l’individuo a sentirsi necessario e utile. Il
legame tra interesse e bisogni a volte potrebbe anche produrre una ribellione da parte dell’alunno.
- la seconda tappa individua le cause di liberazione del bisogno e dell’interesse, in quanto è fondamentale
che queste vengano liberate, fatte attive, e vengano rese rintracciabili per lo sviluppo psicologico del
bambino. La liberazione si trova nello sviluppo psicofisico, nell’apprendimento nell’ambiente ecc.
- la terza tappa affronta il tema dei contenuti dell’apprendimento. Il tema è volto alla realizzazione delle
iniziative necessarie da compiere per la liberazione, e corrispondono a tre obbiettivi: l’approfondimento
delle nozioni di base dell’insegnamento, la preservazione del gusto del piacere ad imparare, radicamento
della correttezza del pensiero.

L’accezione che gli studiosi attribuiscono oggi alla motivazione non si discosta molto da un postulato di
Aristotele, infatti, si registra in ampia convergenza intorno alla tesi che considera la motivazione, sotto il
profilo psicologico, un impulso conscio e inconscio, un impulso considerato fondamentale per l’agire, per
ridurre le tensioni, le carenze interiori e che alterano l’apprendimento.
La coincidenza tra la versione psicologica e la versione filosofica della motivazione è lapalissima, ma non è
esaustiva nella definizione dei diversi livelli interpretativi, i quali possono essere unificati nel concetto
‘’omeostasi’’, ossia la tendenza a mantenere le proprie caratteristiche e il proprio equilibrio.

Non possiamo ignorare la motivazione nel piacere, che è più forte e molto efficace. Occorre capire quali
sono gli elementi fautori di piacere nel processo di apprendimento scolastico. Si tratta di quel piacere inteso
come gradimento, che corrisponde all’esercizio virtuale dall’attività di studi: occorre cioè fare in modo che
l’esercizio di apprendimento sia piacevole. È vero che il piacere non è una guida critica infallibile, ma è
anche vero che esso, nel settore della formazione, è il meno infallibile di tanti altri fattori. Pertanto,
conviene puntare su di esso senza timidezza, perché dietro alla soddisfazione fa sempre capolino la
determinazione di fare qualcosa (Bruner parlava di contezza). Questo fattore ha un duplice rilievo, in
quanto ottiene risultati sia dal complessivo percorso dell’alunno, sia alla procedura metodica dei docenti –
quindi chiamano in prima pagina l’educativo alunno e il metodico docente.
L’osservazione di questo rilievo presuppone la distinzione tra due tipi di motivazione: la motivazione
estrinseca e intrinseca. Se la motivazione viene dall’esterno per far sì che l’alunno apprenda, l’attività che il
docente compie è sbagliata – perché sono ricompense che dovrebbero stimolare l’alunno, come
organizzare un concorso, il voto ecc. Sono intrinseche le attività che permettono di scoprire sé stessi in
quanto si materializzano nella curiosità, nell’espertezza e nell’esemplarità.

Come può il docente interessare i propri allievi? Per ogni argomento che viene trattato o procedura che
attiva il docente si pone questa domanda. È anche la domanda di un grande pedagogista, Guido Petter, il
quale prima di rispondere al problema, decise di fornire al docente quattro precisazioni:
- che le attività di insegnamento-apprendimento rientrano nella categoria di quelle compiute con
attenzione e costanza;
- a nulla serve proporre agli alunni un’incentivazione esterna, in quanto l’alunno gode quando scopre che è
capace di fare una cosa – e bisogna metterlo in queste condizioni;
- i problemi psicologici cambiano a seconda di una spinta positiva o di un impulso nuovo. Quindi la
monotonia, la ripetizione non va avanti. Occorre un cambiamento regolato a seconda delle esigenze, ma
anche capace di spingere verso una novità;
- ogni causazione si inserisce in un contesto rappresentato da altre e più forti impulsi e cause;
Petter affronta il tema delle didattiche procedendo lungo un binario costituito da motivazioni dirette e
indirette, che devono essere percorse dal docente: lungo la prima rotaia Petter segnalava le attività ludiche,
le quali possono fornire una motivazione diretta. Di esse vanno riportati alcuni esempi di giochi, per fare in
modo che nella classe di realizzino alcune attività: un cartellone con il gioco dell’oca, battaglia navale ecc.
giochi che possono stimolare la motivazione diretta.
Ci sono poi delle attività ludiformi, cioè attività che hanno in comune con i giochi la caratteristica di essere
gratificanti, come il disegno figurato, la lettura di scene figurate, l’ascolto di filastrocche.
Infine, ci sono le valenze indotte, ossia attività di apprendimento che assumono una valenza positiva grazie
al fatto che vengono proposte da un insegnante per il quale gli alunni hanno stima.

Lungo la seconda rotaia ci sono le motivazioni indirette, e Petter indica una terna di strategie adatte ed
efficaci soprattutto nella scuola primaria e secondaria. Questa terna è costituita dalla strategia dei progetti,
cioè l’ideazione e la realizzazione di una o più opere in collaborazione col docente. Inoltre, viene suggerita
un’altra strategia, la strategia dei problemi – con l’aiuto del docente l’alunno realizza il compito. La terza
strategia è quella dell’unità, un particolare modello di didattica caratterizzato dal fatto che, oltre ad essere
centrata su un tema, prevede uno svolgimento per problemi collegato uno all’altro così da permette
l’acquisizione di un insieme organico di conoscenze.

Essere empatici indica la capacità di sperimentare i sentimenti altrui e di parteciparvi consentitemene.


Per cui empatizzare favorisce il benessere della persona.

LA MATURAZIONE DAL GIOCO


La maturazione attiene allo sviluppo lento e progressivo di una persona nelle facoltà intellettive, nelle
capacità argomentative, nelle responsabilità personali e nelle esperienze vitali. In particolare, riguarda
anche il processo di accrescimento della personalità mediante l’integrazione delle tendenze inconsce e
consce. Si tratta di alcuni campi su cui soffermarsi: si tratta di riferirsi ad una serie di spazi e settori in cui è
accolta e conservata la maturazione della personalità.

Il campo della cultura. Si preferisce circoscrivere il nucleo essenziale delle molte definizioni, i caposaldi che
qualificano il contenuto e di studiare le conseguenze della cultura. La definizione di cultura porta alla realtà
una dimensione importante, che può essere la soggettività o la oggettività delle cose. Le definizioni più
prossime alla soggettività della cultura, in cui la cultura è prevalentemente una proprietà dell’individuo,
sono quelle che rispondono ancora oggi a ciò che i greci chiamavano ‘’paideia’’.
Le definizioni più vicine all’oggettività, in cui la cultura è l’insieme dei modi di vivere e pensare trasmessi,
sono l’istruzione e le formazioni collettive di una comunità.
I cinque caposaldi della cultura possono essere così semplificati: ogni cultura è un prodotto cresciuto per
sviluppi interni e aggregazioni; ogni cultura è costituita da innumerevoli elementi ideologici e materiali; ogni
cultura possiede un volume di componenti superiore a quello in dotazione di una generazione; ogni cultura
registra che gli elementi materiali e immateriali della medesima sono appresi dagli esseri umani; ogni
cultura ammette che un essere umano è atto ad apprendere la maggioranza degli elementi di tutte le
cultura fino ad una certa epoca.
Le teorie sulle culture che convivono nello stesso paese sono tre e sono scuole di pensiero della classe
dominante: le scuole funzionalistiche, le scuole umanistiche, le scuole storicistiche.
Le conseguenze della cultura in ambito educativo sono le questioni più importanti e salienti della cultura
che esercita il proprio compito in modo da mutare i tratti del comportamento dell’individuo e di renderlo
capace di elevare sé stesso.

Il campo delle emozioni. Un’emozione è una reazione affettiva, intensa, provocata da stimoli interni o
esterni, che mutano improvvisamente l’equilibrio della coscienza. Si segnalano cinque proprietà
dell’emozione: la prima riguarda la struttura originaria dell’emozione, struttura che è umanistica o
antiumanistica. La seconda proprietà attiene alla classificazione che viene costruita sulle culture, e attiene
questa classificazione alla cultura logica, psicologica, sociologica, biologica ecc. la terza proprietà concerne
l’interpretazione delle emozioni da parte di chi le sente, e sono numerose. La quarta proprietà tocca le
tensioni che si manifestano in ogni essere umano, che nascono in seguito a situazioni, azioni ecc. La quinta
proprietà fa riferimento alla motivazione in cui promuove dei comportamenti giustificati, cioè prova essa
stessa una soddisfazione nel promuovere comportamenti positivi.

Il campo del gioco. È imprescindibile l’intervento del gioco per l’attuazione delle iniziative dell’essere
umano, per la soluzione delle questioni presenti nel campo della cultura e dell’emozione. Il ruolo che si
attribuisce al gioco in questo contesto è perciò interpretato dal concetto di partecipazione, che va inteso
come azione diretta che concorre al raggiungimento degli obiettivi del sistema educativo.
Perciò, crescita culturale e gioco collaborano: per quanto riguarda la crescita intellettuale e culturale,
notevole rilevanza hanno le tesi di Piaget – il quale sosteneva che nel progressivo adattamento dell’alunno,
il gioco si verificherebbe tutte le volte che, avendo acquisito un’abilità, l’alunno cerca di far aderire allo
schema motorio o cognitivo, oggetti nuovi, con il risultato di esercitare le abilità e le scoperte. Proprio per
questo esercitare schemi acquisiti da poco, deriverebbe quel piacere funzionale e quel senso di
soddisfazione che spinge a ripetere con gioia operazioni apprese.
È giusto considerare anche il legame tra gioco e vita emotiva. La ricerca psicologica ha cercato di delineare i
rapporti tra attività ludica e sviluppo affettivo ed emotivo. Da un lato il timore e l’ansia che un bambino
prova nei confronti di determinate cose, i quali possono venire ridotti attraverso la rappresentazione ludica
del gioco. Dall’altro lato ci sono impulsi e desideri che non possono trovare soddisfazione sul piano
concreto, ma possono solo esprimersi su oggetti simbolo.
In entrambi casi il gioco assicurerebbe un migliore equilibrio emotivo.

È risaputo che attraverso il gioco e le attività neuromotorie i bambini sono stimolati a esplorare con il
corpo; la regola di “imparare facendo” era sostenuta da Confucio che in una famosa massima aveva
sottolineato: “se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo”.
L’esperienza sonora si salda strettamente con la motricità; i movimenti semplici abbinati alle canzoni
permettono di memorizzare in modo ludico i concetti espressi, che in questo modo vengono fissati più
rapidamente e contribuiscono ad affinare le abilità neuromotorie. ‘’giocando bene si impara meglio’’.

Sia i bambini, che gli adulti, ciò che sanno non è solo il frutto di un apprendimento, ma possono averlo
appreso nella vita di tutti i giorni. Viceversa, ci può esistere un tipo di insegnamento che non conduce
l’allievo ad imparare: il legame sta qui, tra l’insegnamento e l’apprendimento. Questo rapporto è spesso
oscuro, e l’idea che si collega alla parola insegnare tende a complicare la situazione. Si potrebbe
sottolineare che l’insegnante sa, e il bambino non sa. Il compito dell’insegnante sarebbe allora quello di
parlare al bambino, di istruirlo. Oggi si è capito che un insegnante non ha tanto un compito definito da
eseguire, ma un ruolo da sostenere, un’interpretazione relativa al ruolo dell’insegnante sarà sottolineata
ora.

A Ginevra sono stati generati parecchi stadi: stadio intuitivo e stadio dell’operazione concreta. Per i bambini
di cinque anni le cose sono ciò che appaiono e non ciò che sono. Alcuni psicologi definiscono questo
aspetto con la linea di confine tra fantasia e realtà. Dalla fase del pensiero intuitivo alla fase dell’operazione
concreta. Attraverso molti esperimenti gli alunni acquistano la capacità di stabilire l’invarianza (ciò che non
varia) ad esempio dei numeri, di una sostanza. Egli si renderà conto che cinque sassi, come vengono
disposti, sono sempre cinque: l’invarianza è fissa. In questo stadio il bambino sarà in grado di affrontare
qualsiasi problema reale che nasca dall’uso di materiali concreti – a circa sette anni. Lo stadio delle
operazioni concrete si prolunga per molti anni e la capacità di passare dal materiale all’astrazione sorge
intorno agli 11 o 12 anni, tuttavia, non si verifica un cambiamento clamoroso da un giorno all’altro, ma una
sequenza di stadi intermedi. L’improvvisa intuizione indica che il bambino sta entrando nell’importante
stadio di transizione.
LA NARRAZIONE PER GIOCO

Il cuore della narrazione trae ispirazione da su saggio di Bruner, il quale parlando dei principi che
riguardano l’educazione, pone un nono principio: quello della narrazione. Bruner ci parla del principio
narrativo, che è molto importante.
Noi ora dobbiamo tenere presente che con l’atto di raccontare i fatti, le circostanze, gli avvenimenti reali o
immaginari, sia a voce che per iscritto, si arriva ad un celebre terzetto poetico di Dante: tre celebri versi che
non vanno dimenticati, in quanto si avvalgono del principio narrativo. Significativo del verso di dante: forse
la narrazione è a noi oscura, ed è oscura come era oscura ciò che diceva la figlia di Uranio, ciò che diceva la
sfinge; per questa ragione riesce poco chiaro ciò che stai dicendo e non è persuasiva, perché il mondo
attutisce l’intelletto quando si tratta della narrazione (l’intelletto annebbia tutto).
Gli esseri umani di oggi pensano che la narrazione sia un modo di pensare e di esprimere una visione, le
cose e i fatti, ma anche un modo per costruire una versione di sé stessi nel mondo. – concetto molto più
ampio rispetto al passato. È quindi da tenere presente l’importanza del narrare e del raccontare anche
all’interno delle scuole.
La narrazione, anche nella mente del lettore, può formulare un interrogativo: in che cosa consiste la
narrazione? qual è l’essere e il fondamento della narrazione? Per rispondere al quesito è richiesta
un’esposizione tripolare della narrazione, la quale è costituita da: il cuore della narrazione, il principio della
narrazione e i problemi dei criteri relativi alla narrazione.
Qual è l’essere e il fondamento della narrazione?

Il cuore della narrazione.


Questo polo si avvale di argomentazioni prese da Bruner, colui che ha affermato l’importanza della
narrazione. La narrazione comporta una serie di eventi ed è da essa stessa che dipende il suo significato.
Ma non tutte le sequenze di eventi meritano di essere raccontate (bisogna fare una distinzione): la
narrazione è un discorso, e la prima regola del discorso è che deve avere una ragione d’essere che lo
distingua dal silenzio ed è giustificata quando racconta qualcosa di inatteso. L’obiettivo della narrazione è
quindi risolvere il fatto inaspettato o di spiegare lo squilibrio che lo ha spinto a narrare.
I profili rilevanti della narrazione sono: i profili della storia e i profili delle storie. La percorrenza della storia
porta il nome di circolo ermeneutico interpretativo, cioè una situazione circolare per cui il processo
interpretativo deve comprendere qualcosa che è accaduto preliminarmente. Inoltre, nella narrazione, è
compresa la curiosità dell’abitudine del pensiero, e porta con sé l’idea di trasferire i tentativi di
comprensione scientifica in una forma narrativa e di scoperta euristica. A volte la narrazione si riferisce a
qualcosa di perduto, soprattutto quando si da un senso al mondo raccontando storie su di esso.

Il principio della narrazione.


Esso deriva dai principi che guidano l’approccio educativo di Bruner, l’ultimo di questi principi è il più
importante, ed è quello narrativo. Il principio narrativo si associa ad altri, che sono: la prospettiva, la
limitazione, il costruttivismo, l’interazione ecc. Principi di Bruner che guidano l’approccio educativo:
Il primo principio deve riguardare la prospettiva, cioè si tratta di dare significato a qualsiasi fatto, incontro.
Un secondo principio è quello della limitazione, per cui qualsiasi forma di cultura è soggetta a due tipi
fondamentali di limitazione: inerente alla funzione della mente umana + le imposte dai sistemi simbolici. Il
terzo principio il costruttivismo, per cui la realtà che attribuiamo alle realtà nelle quali viviamo, è una realtà
costruita, quindi si crea, altrimenti non si trova. Il quarto principio è dell’interazione, che è costituita dallo
scambio delle conoscenze, delle intenzioni tra gli alunni, i quali scoprono cos’è la cultura e come la si
concepisce. Il quinto principio è quello della esternalizzazione, cioè tutto ciò che si fa o si pensa va
comunicato all’esterno e farlo presente agli altri: la funzione principale riguarda ogni attività, che vanno
rese pubbliche e collettive. Il sesto principio è lo strumentalismo, per cui l’educazione impartita, in
qualunque cultura, produce sempre conseguenze nella vita, conseguenze strumentali – cioè mezzi per
vivere. Il settimo riguarda l’istituzione, in quanto tutte le culture secondo Bruner sono composte da
istituzioni, le quali specificano i ruoli svolti dalle persone, lo status, il rispetto tra i promotori. L’ottavo
principio è quello dell’identità e dell’autostima: l’aspetto più universale delle esperienze umane è il
fenomeno del sé, e sappiamo che l’educazione è essenziale per la formazione del nostro sé.
Il nono principio è la narrazione. Bruner esaminò la narrazione come modo di ragionare, ma anche come
vicolo per significare: la narrazione aiuta il ragionamento, sviluppa il pensiero e dà dei significati che
riguardano la vita della persona. Sembra che esistano, nella trattazione di Bruner, due forme principali degli
esseri umani, in cui gli esseri umani organizzano le loro conoscenze nel mondo – cioè strutturano la loro
esperienza. Queste due forme sono convenzionate naturalmente, e sono note, come pensiero logico
scientifico e come pensiero narrativo. Non esiste cultura che sia priva di entrambi gli elementi, anche se
alcune ne privilegia una rispetto ad un’altra. In realtà sono entrambi utili e naturalmente se la narrazione
deve diventare uno strumento della mente, richiede del lavoro. Le scuole devono coltivare e sviluppare la
capacità narrativa, e per tale intervento è necessario esaminare quattro idee: la capacità di azione (che
comporta l’assunzione di maggiore controllo della propria attività mentale), la riflessione (la convinzione
che si dà e che debba dare un senso a ciò che si impara), la collaborazione (condivisione di tutte le risorse),
la cultura (che comprende gli stili di vita ecc). Tutti questi aspetti vanno coltivati negli ambienti educativi e
soprattutto nella proposta della narrazione.
Si ritiene importante di desumere le discipline di studio, le quali si insegnano nelle scuole, menzionando a
conclusione di questo polo, tre grandi P: il presente, il passato e il possibile. Queste tre P riguardano la
narrazione.

I problemi relativi ai criteri della narrazione.


Questo terzo polo propone in modo particolare il problema dei criteri, là dove sorge la domanda circa la
giustezza e l’accettabilità dell’interpretazione narrativa. I criteri sono chiaramente esposti negli scritti di
Bruner: la prospettiva, costruttivismo ecc. La narrazione per Bruner è radicata nei fatti, in forme descrittive.
La narrazione rivela sempre una consapevolezza di requisiti concreti, e in qualsiasi campo, i requisiti
vengono applicati e sono svolti sempre con cura. La narrazione non dimostra, ma impara a comprendere i
racconti della vita – o viceversa. Bisogna tenere presente che la narrazione si svolge in duplice passaggio: in
forma soggettiva (riguardano la conoscenza della persona) o oggettiva. Entrambe sono composte da un
insieme di regole simili a quelle della grammatica, che consentono di disporre i personaggi e gli eventi.
Occorre esercitare un fascino quando vengono inserite in una particolare struttura.

La creatività nel gioco


La creatività è la capacità di dare forma, origine, ideare - può essere considerata quindi come uno dei fattori
dell’intelligenza umana, fattore che consente all’uomo di andare oltre al noto e di produrre cose nuove ed
originali; pertanto, caratterizza soprattutto la personalità di chi la compie.
È interessante notare le ricerche fatte e che hanno portato alla convinzione che normalmente l’intelligenza
si esprimerebbe naturalmente, ma, nella maggior parte dei casi l’intelligenza è costretta a prestazioni
lineari e ripetitive. Ciò comporta che il problema della creatività, oltre ad essere di competenza della
psicologia, è anche della pedagogia – ed è legato all’educazione in generale: la creatività chiede un aiuto
problematizzante, anche autocritico.
Il romanzo di Italo Calvino sembra non concordare con i versi di una canzone di Giorgio Gaber, che critica
chi sta sopra l’albero e si crede libero.

Alcuni studiosi spesso collegano la libertà alla creatività, per cui quando parlano di attività creativa
intendono quella in cui si è liberi di creare. C’è un rifiuto di questa tesi, che viene avanzata anche in un
saggio di Bartezzaghi, il quale ammette che non sarebbe errato considerare la creatività come un piccolo
aspetto della libertà, ma aggiunge che la libertà delle convinzioni assestate non coincide con la libertà
assoluta dai vincoli. Se si pensa che la creatività sia svincolata da tutto è sbagliato, perché non c’è libertà
assoluta sulla creatività, su ciò che si costruisce. Per proseguire nella ricerca, avendo come faro la
convinzione che alla libertà della creatività non corrisponde la libertà nella creatività, è proficuo elencare un
ragionamento composto da tre grandi cerchi concentrici sulla creatività. Questi tre cerchi, o domande e
risposte, saranno poi sviluppate da un decalogo. (bisogna tenere in considerazione che la maggior parte dei
problemi della creatività non ha una sola soluzione di rispondere).

Primo cerchio: l’origine della creatività.


L’origine risiede nella persona umana. La creatività consiste nella capacità di dare vita ad una nuova realtà,
di riprodurre quella già esistente, di affrontarla in modo originale. Questa definizione deriva da un
pedagogista e filosofo romano, che ne definisce tre caratteri salienti: il primo carattere è la riproduzione
della realtà scorgendo aspetti ignorati, secondo carattere è un trattamento della realtà esistente in maniera
originale, terzo carattere è la rinascenza di una realtà nuova che non sia virtuale, ma concreta. Sono quindi
tre le possibilità di compiere atti creativi, e questi tre caratteri trovano un riscontro nelle forme indicate da
Bartezzaghi. Quest’ultimo ci dice che la creatività deve rispettare delle regole (non è libertà totale, ma
regolata), la creatività modifica le regole e può anche aggiungere delle regole. Nelle sue tesi afferma che la
creatività è una funzione diretta delle nostre capacità tecniche – infatti, i musicisti, i pittori ecc non hanno
concepito le loro opere prima di acquisire le loro capacità tecniche.

Secondo cerchio: la ricerca nella scienza.


Gli studi sulla creatività presero avvio dall’esigenza di analizzare aspetti dell’intelligenza che gli usuali
strumenti non erano in grado di evidenziare. È sufficiente soffermarsi sulle ricerche di due psicologi: Max
Wertheimer e Joy Paul Guilford, il quale sottolineò i limiti di tutti i test di intelligenza, che evidenziano solo
l’aspetto logico deduttivo tralasciando il pensiero divergente.

Terzo cerchio: La manifestazione nell’alunno della creatività.


La creatività possiede il vantaggio di trarre profitto dai chiarimenti e dagli orientamenti, i quali rafforzano le
specificità della stessa. Queste specificità riguardano le doti dell’alunno creativo. Perciò si può analizzare la
creatività del discente sotto il profilo generale della personalità e sotto il profilo peculiare delle prerogative.
Su questi due versanti dell’analisi incidono tre livelli della creatività: il livello della creatività combinativa,
che opera su possibili accostamenti dei dati di un problema, il livello della creatività mutativa che opera
sulle relazioni tra i dati del problema, il terzo livello della creatività trasformativa che opera recependo
nuovi dati.

Artur Cropley si occupa di rispondere a tre domande: perché si deve incoraggiare la creatività nella scuola?
Occorre incoraggiare la creatività per il valore che ha di per sé la creatività stessa, per l’utilità di affrontare e
risolvere problemi didattici e per la convenienza di incentivare il pensiero creativo.
- si può insegnare un apprendimento creativo? È possibile solo se il docente applica tecniche specifiche di
insegnamento e sia consapevole che esiste un apprendimento creativo differente da quello meccanico.
- come si può favorire il pensiero creativo? L’urgenza è quella di seguire il metodo di Francis Bacon e di
procedere rispettando le fasi dell’eliminazione della pars destruens e successivamente costruire la fase
della pars construens.

Quinto cerchio: il compendio nel decalogo.


Elencazione di dieci indicazioni operative volte ad aiutare il docente nell’incrementare la creatività
dell’alunno: stabilire le intenzioni e gli scopi di ogni azione didattica
stimolare le inclinazioni alla curiosità e all’esplorazione (la meraviglia) + sviluppare le capacità
metacognitive + produrre analogie e metafore per inquadrare la realtà + selezionare l’informazione adatta
+ rafforzare la fiducia in sé stessi + accreditare la convinzione che la maggior parte dei problemi non hanno
una soluzione + apprestare un piano di sensibilizzazione che contenga alcuni modi come il rifiuto
dell’imposizione di schemi, incoraggiamento all’apprendimento autonomo ecc.
La funzione del gioco: il gioco del gioco.
Tre paragrafi, che rispecchiano tre osservazioni: osservazione biografica – osservazione che fa riferimento
alla fiducia, interiorità ecc- osservazione sui meccanismi funzionali della didattica.

Il parlare di sé stessi: Una psicologa e psicoterapeuta, Bianca Pananti, in una rivista afferma che raccontarsi
è un’arte antica funzionale alla scoperta di sé, al dare forma al proprio mondo interiore – ed è
un’importante tecnica di intervento educativo in svariati ambiti della promozione della persona. Durante il
percorso scolastico, in tutto lo sviluppo evolutivo, si ricorre spesso alla narrazione autobiografica, cioè una
narrazione che riguarda la descrizione delle attività svolte. I presupposti che fondano la narrazione
autobiografica si trovano sia nelle ricerche di Piaget, che in quelle di Montessori e di Bruner: è Bruner che
definisce l’autobiografia come un resoconto fatto da un narratore, e riguarda un protagonista che porta il
suo stesso nome, il quale è esistito, e la cui storia finisce nel presente – quando il protagonista si fondo con
il narratore. Si riferisce quindi allo studio completo del fanciullo.

Cinque schede: per un’applicazione di quanto detto e delle idee e dei giochi attinenti a queste tematiche, si
rinvia alle tesi di Bianca Panati, e soprattutto alle sue cinque schede presentate nella rivista di psicologia e
scuola. Qui vengono consigliati gli strumenti e i giochi indispensabili per compiere la narrazione di sé, dei
quali si riprendono e si indicano i contenuti essenziali. Queste cinque schede sono:
- La creazione della fiducia, che deve maturare nella coscienza di ogni alunno. Per raggiungere questo
obiettivo si devono costruire attività di gruppo per raccontare la storia di ognuno. È necessario proseguire
con la scoperta delle aspettative di ciascuno. Questa scelta si conclude focalizzando l’attenzione di ciascun
alunno sull’importanza individuale che ha, sul senso di identità personale, sulla condivisione attraverso il
disegno, delle proprie capacità.
- L’importanza della relazione: l’attività di gruppo prevede la pittura del proprio autoritratto e altre
metodologie per condividere con gli altri il proprio operato.
- L’interiorità: in piccoli sottogruppi il docente chiede di costruire insieme un modello della loro casa ideale,

Meccanismi funzionali dell’attività di insegnamento-apprendimento: il docente Antonietti affronta il tema


della creatività e del gioco con un saggio, soffermandosi sull’influsso del gioco. Le sue indagini meritano di
essere riprese, in quanto egli ha esaminato tre meccanismi del gioco, intesi come tre complessi di elementi
formali e concettuali, nonché intesi come una catena logica, strutturale che li collega. Questi elementi
possono essere i giochi che invitano a trovare delle risposte, con giochi motori, nei giochi da tavolo, o i
giochi nel computer. Per esempio, nel gioco ‘’giocando a bandiera’’ ci sono molti modi per vincere: ad
esempio surclassare la velocità dell’avversario, ingannare l’avversario con trucchi.
Oltre al gioco della bandiera, è richiesta una certa apertura mentale anche in molti giochi didattici: a scuola
si può stimolare l’alunno a generare più idee, in relazione ad una medesima situazione, sia trovando il
maggior numero di argomenti di conversazione, sia scoprendo il significato di acronimi (come FIAT).
Ci sono poi giochi di collegamento, che invitano a collegare ciò che è presente con altre realtà. Ad esempio,
in molti giochi di costruzione i pezzi che si hanno a disposizione devono essere mentalmente trasfigurati in
qualcos’altro: mattoncino che diventa una culla ecc. La mente deve collegare un dato a qualcosa che non si
vede in quel momento – e la capacità di fare questo collegamento è stata indicata come una delle
componenti della creatività. Da ultimo abbiamo i giochi di organizzazione concettuale: in cui si propone al
compagno di giocare non uno contro l’altro, ma di collaborare per cercare di fare il massimo.

LA SOCIALIZZAZIONE CHE ASPIRA: I percorsi della socialità.


Il termine socialità definisce l’apertura verso gli altri soggetti, perciò definisce la capacità di vivere
armonicamente dentro una società. All’interno della pedagogia la socialità viene considerata come una
delle direzioni intenzionali forti. Con questa dizione intendo riferirmi ai risultati della socialità, che
riguardano un’analisi eidetica (conoscenza): l’analisi eidetica consiste nell’evidenziazione delle strutture e
del vissuto dell’uomo e si realizza facendo variare nell’immaginazione tutti i fatti di vita. L’esperienza
dell’altro è qualcosa di cui non si può fare a meno, se non al prezzo di una vera autoalienazione di noi
stessi. È infatti dall’incontro con l’altro che il nostro Io è in grado di cogliere e comprendere tanto la realtà
di sé medesimo, quanto la realtà del mondo oggettivo in generale. Occorre precisare che la socialità non è
riducibile alla relazione reciproca, ma è da intendere come una rete di relazioni individuali che si struttura
come una forma che supera e va oltre l’insieme delle relazioni di cui è costituita. Occorre chiarire che la
danza delle parole può suscitare degli equivoci, provocare degli abbagli, come quelli riguardanti l’impiego
dei termini: sociale, sociabile, socievole.
Con la voce sociale si definisce la prerogativa di chi è normalmente portato a vivere in società, con la voce
sociabile si designa la propensione dell’uomo a una convivenza sociale, con la voce socievole si indica chi ha
una facilità a vivere in modo comprensivo insieme agli altri.
Occorre approfondire ciascuno dei sei percorsi della socialità: socializzazione, la legalità, la cittadinanza, la
relazionalità, la gruppalità e il futuro.

La socializzazione.
Talcott precisò che la funzione di socializzazione è diretta a sviluppare negli individui sia una serie di
obblighi, sia una serie di capacità essenziali per poter svolgere dei ruoli sociali. Gli impegni si suddividono in
due sottospecie: nei riguardi dei valori comuni, e nei riguardi di un preciso ruolo da assumere all’interno
della struttura sociale. La socializzazione è un processo crescente e cumulativo nel corso di un’interazione
sociale. inoltre, si riscontra che la socializzazione copre tutto l’arco della vita crescendo per gradi sempre
più elevati di competenze comunicative, le quali prevedono un impegno. Infine, si rileva la compatibilità
della socializzazione con le esigenze della sua sopravvivenza psicofisica entro una data cultura. Il compito
del docente è quello di modellare la personalità dell’alunno, e per fare questo bisogna prendere in
considerazione le tematiche intrecciate nella socializzazione e dell’apprendimento:
Le personalità modellate degli alunni. Una ulteriore osservazione concerne la connessione socializzazione-
personalità – termini connessi ai fini di maturare la personalità. La tesi di Gallino dimostra l’antinomia tra i
due termini; tuttavia, non si può negare che ogni definizione di socializzazione non implichi un determinato
modello di personalità. Quindi, la socializzazione viene ad essere diversamente configurata rispetto ad un
modello che ipotizza una continua evoluzione della personalità per tutto il corso della vita.
La maggior parte delle definizioni della socializzazione si possono far entrare in tre gruppi, a seconda che
accentuino: - l’apprendimento delle prescrizioni di ruolo che plasmano l’individuo (il ruolo, il dovere, la
passione).
- la riduzione del rango di potere e di potenzialità che l’individuo possiede. Qual è il rango di potere e di
potenzialità dell’individuo? Si riduce o va arricchito?
- la relativa autonomia che l’individuo possiede dinnanzi ai vari tipi di istituzione cui si trova.
L’autonomia che l’individuo deve possedere è rispettosa di alcune regole.
Tra le definizioni della socializzazione se ne trovano alcune che tendono ad assegnare alla socializzazione un
peso determinante come fattore di comportamento, definizioni che inclinano verso una concentrazione
ultra-socializzata dell’uomo.

Tematiche intrecciate. Dopo aver chiarito il rapporto tra socializzazione e personalità, si può far riferimento
alle cinque tematiche intrecciate:
Le fasi: la prima tematica.
Lo svolgimento della ricerca e dello studio relativo ad essa si muovono in direzione di una concezione ultra
socializzata dell’uomo, in cui si distinguono due fasi: una socializzazione primaria e una secondaria; due fasi
che i sociologi affrontano da due ottiche differenti: la prima socializzazione interviene nei primi anni di età e
ha come ciclo di vita l’infanzia e ha come contesto la famiglia. La socializzazione secondaria comprende tutti
i processi successivi all’infanzia e può essere definita come l’insieme di pratiche messe in atto dalla società.
L’ottica trasversale preferisce esaminare le due fasi precedenti osservando il dinamismo di alcuni fenomeni
che lo attraversano nel tempo. I più rilevanti sono: le pulsioni motivazionali, il comportamento dell’adulto,
la latenza degli stati strutturati di personalità, gli stadi di maturazioni, i meccanismi che rendono possibile la
socializzazione.
Le semantiche: la seconda tematica.
La semantica, cioè il significato delle cose, è la dottrina che considera il rapporto di segni con gli oggetti cui
si riferiscono. La sociologia si avvale di questa disciplina. Soprattutto la socializzazione che abbisogna di
trasparenza ricorre alla semantica per poter denotare o poter connotare. Nel concetto di socializzazione
bisogna discernere tra due grandi semantiche: nell’ambito della prima semantica la socializzazione indica
ogni forma di azioni tendente a trasformare la proprietà e la gestione delle imprese. Nell’ambito della
seconda semantica relativa agli esseri umani, si riferisce al processo per il cui gli uomini e le donne
diventano sociali in quanto assumono modi di pensare
I modelli: la terza tematica.
Il significato del modello come guida da seguire, un esempio da imitare non si addice alla nostra riflessione.
La nozione di modello a cui si aderisce nell’istruzione riguarda la forma stabile, il prospetto concreto e il
composto elementare che lo rendono reale.
Le esigenze: la quarta tematica.
La prima esigenza postula la scelta e la preparazione di operatori che siano in grado di leggere la realtà, di
produrre un significato e di attivare la comunicazione. La seconda esigenza richiede l’utilizzo della
mediazione in un luogo della trasmissione dei saperi. La terza esigenza prevede la risposta a due
interrogativi: il primo richiede di trovare una convergenza con gli altri, il secondo è concernente la
possibilità di educare soggetti capaci di vivere una libertà responsabile. La quarta esigenza propugna
l’elaborazione di un nuovo modello di socializzazione che sia in grado di assumere la centralità della
comunicazione e la imprescindibilità della società.
Gli stili: la quinta tematica.
Questa esigenza richiede la necessità di rispettare le persone.

Quali sono impegni che si prevedono per la legalità?

La legalità che civilizza.


Quando fece la comparsa in molte nazioni del pianeta terra una forte pandemia di una grave malattia nel
linguaggio comune si diffuse una strana sentenza: ‘’no vax’’ – ed è l’idea di coloro che non vogliono
vaccinarsi. Nella lezione di questa mattina ci possiamo vedere realizzarsi un eventuale ‘’no lex’’, che
aprirebbe la porta a pericoli diversi (illegalità). La lezione potrebbe quindi essere colpita da opposizioni che
annullano il beneficio della civilizzazione e rendono la legalità abusiva e ingiusta - la legalità civilizza le
persone e i comportamenti delle persone. Poiché la legalità e la civiltà non sembrano essere apprezzate, si
impone, per tutte le persone di buona volontà, un triplice impegno: prendere contezza e conoscenza del
principio di legalità in tutte le sue forme; maturare una coscienza favorevole alla legalità, scegliere una
didattica idonea alla legalità. L’impegno è legato alla diligenza, alla cura, allo scrupolo dell’individuo.
Primo impegno: legalità in prima pagina.
Nella prassi delle redazioni giornalistiche, la prima pagina è quella di apertura di un quotidiano dove
vengono riportate le notizie più importanti – perciò, vogliamo che la legalità sia in prima pagina. L’effetto
che si ottiene dal termine ‘’prima pagina’’ è un aggettivo che vale sia per le conseguenze educative sia per il
suo senso metaforico. L’interpretazione del concetto di legalità, intesa come il salire da un segno al suo
significato, è la via da percorrere al fine di scoprire il rilievo del termine che appartiene sia al linguaggio
giuridico-politico che a quello linguistico-filosofico.
Il linguaggio giuridico-politico: la legalità indica la conformità del potere alla legge – un potere è
considerato legale quando viene esercitato in fedeltà alla legge. Tra legalità e legittimità c’è una distinzione
da fare: la prima fa riferimento ad un potere esercitato secondo le leggi, la seconda al potere esercitato
secondo la titolarità – cioè colui che ha un titolo o una nomina. Sono termini che, benché distinti, si
invocano a vicenda. Questo ci porta a dire qual è il contrario del potere legale, cioè il potere arbitrario. Il
contrario del potere legittimo è invece il potere di fatto.
Si intende per principio di legalità quel principio mediante il quale tutti gli organi dello stato sono tenuti ad
agire nell’ambito delle leggi, salvo casi eccezionali. Il principio di legalità è considerato uno dei cardini dello
stato costituzionale moderno.
Il linguaggio filosofico: il termine legalità interessa filosoficamente in relazione alla dottrina di Kant il quale
afferma che la legalità è usata per significare la motivazione del volere (perché si vuole fare qualcosa) dalla
pura legge, ossia dalla legge senza riferimento al suo contenuto determinato. La legalità è quindi ciò che
solo può servire di principio alla volontà, spogliata degli impulsi derivati dalle conseguenze
dell’adempimento ad una legge. La legalità non è per Kant sinonimo di moralità qualora la determinazione
della volontà avvenga conformemente alla legge morale, ma non per legge, bensì per un sentimento
sufficiente a determinare la volontà per cui l’azione avrà legalità e non moralità. Questa distinzione era
stata sostenuta in forma più leggera da un Thomasius, il quale sostenne la libertà di pensiero contro
l’intolleranza religiosa, al fine di separare la filosofia dalla teologia e il diritto dalla morale. Distinse tre
principi fondamentali dell’attività umana: l’hontestus, lo justum e il decorum – principi che corrispondono
alla morale, al diritto e la politica.
Secondo impegno: la legalità in coscienza.
Perché viene chiamata in causa la coscienza? La risposta esige un ragionamento articolato in due facce:
quella euristica (processi di ricerca scientifica) relativa al riconoscimento della coscienza, e quella
pedagogica relativa al ruolo rilevante dell’educazione. La consapevolezza dei propri sentimenti, idee e stati
non è sinonimo di coscienza, ma è un termine usato per definire una persona che non è svenuta.
Il significato del termine coscienza è molto complesso: alcuni affermano che è rapporto dell’anima con sé
stessa. Meno poeticamente la coscienza è una relazione intrinseca alla persona: una relazione interiore
nella quale la cognitività e l’affettività sono presenti nella mente nell’atto di apprendere e giudicare.
Si tratta di una nozione in cui si rilevano due aspetti che si connettono strettamente: l’aspetto teorico,
inteso come possibilità di conoscersi in modo diretto – e l’aspetto morale inteso come possibilità di
giudicarsi in modo sicuro (aspetti che si sono determinati parallelamente con l’elaborazione del
cristianesimo e di Platone). Non si deve scordare quindi che la coscienza è un agente considerevole dentro
di noi, sia nella padronanza delle conoscenze, sia nell’orientamento del comportamento.
Terzo impegno: la didattica mobilitata.
Il termine ‘’mobilitata’’ richiede un impegno attivo ad un’impresa collettiva ad un accrescimento morale e
intellettuale della coscienza. Il docente ha la responsabilità di istituire o di sviluppare il potere mentale e
morale dell’allievo utilizzando una modalità procedurale di grande importanza, cioè il principio di
meraviglia. Questa strategia permette di suscitare nell’interiorità di ogni alunno la coscienza della legalità -
ovviamente è necessario praticare delle attività e delle tecniche capaci di destare meraviglia agli alunni,
attraverso il metodo del confronto o il cooperative learning.

La cittadinanza che rispetta.


Quando un individuo gode di una cittadinanza? Quando nella sua situazione giuridica risulta legato a essa,
sia da un vincolo di appartenenza stabile, sia da requisiti ordinamentali che si concretizzano in una serie di
diritti e di doveri. Si può quindi aderire alla convinzione condivisa che l’educazione del cittadino si debba
svolgere nel senso di una introduzione: a una storia comune, a una cultura dai tratti ben definiti, a una
comunità identitaria e a delle regole che governano la convivenza.
Su questa base l’insegnamento-apprendimento viene concepito come un agente di educazione; perciò, si
presume che ciò riguardi anche la cittadinanza, la quale dovrà affrontare e risolvere una triade di questioni:
l’interpretazione, il modello e il procedimento.
L’interpretazione prospettica.
Se vogliamo prendere atto che la cittadinanza ha una prospettiva proiettata nel futuro occorre una
revisione, in atto da tempo, dell’idea di scuola e della nozione di cittadinanza. La prima revisione si
riconosce richiamando i provvedimenti recenti e il variare della terminologia con cui si presenta l’istruzione.
La seconda nozione fa i conti con alcuni fenomeni oggi molto diffusi in Occidenti, come i flussi migratori, la
globalizzazione, le emergenze ecc. Si può notare con facilità che la nozione di cittadinanza oscilla tra
interpretazioni diverse, in cui è possibile individuare tre tendenze: la prima tendenza comprende
un’interpretazione che fa riferimento all’etica pubblica, intorno ad alcuni valori capaci di ispirare i cittadini
valori, abiti mentali e comportamenti positivi. La seconda tendenza si svolge all’insegna del cosmopolitismo
(cioè dell’universalismo): di fronte all’era del postmoderno non ci sarebbe altra via che pensare alla
convivenza in termini di autocontrollo personale, legami, fratellanza universale, quindi senza differenze di
appartenenza etnica. La terza tendenza reclama il principio di cittadinanza comunitaria, cioè una
cittadinanza situata in una rete di pratiche sociali come l’autodeterminazione e la rappresentazione della
comunità come bene intrinseco per tutti.
Il modello strutturale.
Si pone la domanda ‘’dove sta andando la scuola oggi?’’, domanda assai diffusa tra genitori, docenti, alunni
ed educatori preoccupati per il futuro delle giovani generazioni. Si può rispondere che per il sistema
educativo si aprono due strade contrapposte: una sbagliata, l’altra appropriata. La strada sbagliata è quella
professionalizzante, che ha l’obiettivo di professionalizzare l’insegnamento sulla base di ciò che farà in
futuro. La strada appropriata è quella cognitivizzante, nel quale la scuola viene concepita come luogo
innervato nel sapere e nei saperi volti allo sviluppo di un pensiero prospettivo, alla crescita e alla
maturazione della personalità, all’ampliamento delle conoscenze delle varie discipline e all’esercizio di
eventuali attività pratiche propedeutiche a una possibile professionalità di base.
Come attivare una coscienza capace di cittadinanza? Anche in questo caso l’attivazione si muove su due
versanti: sul versante del concetto di coscienza e sul versante della sapienza operativa. La sapienza
operativa che deve promuovere la scuola è: la difesa della vita democratica, la partecipazione, il
perseguimento del bene comune e, in senso particolare, caratteristiche individuali come lo sviluppo del
giudizio, dell’identità, della socialità e del benessere.
La virtù civica.
La nozione di virtù civica coinvolge in prima persona il cittadino nell’esperienza della socialità, estendendosi
in diversi campi della collettività e associandosi a un’altra categoria, quella della ‘’vita buona’’. La semantica
descrittiva offre la definizione delle due locuzioni: la virtù civica si può definire come la capacità dei cittadini
di sacrificare il proprio interesse per il bene comune – la vita buona si può definire come l’integrazione dello
sviluppo economico con lo sviluppo umano. Perciò, la scuola non si dovrebbe limitare all’apprendimento,
ma dovrebbe costituire un’esperienza pratica significativa attraverso la presenza di adulti maturi che
veicolano il significato della propria vita. La stabilità di una società, infatti, dipende anche dalla presenza
delle virtù civiche dei cittadini.
Il procedimento gardneriano.
Le nozioni di virtù civica e vita buona evidenziano l’importanza di un’educazione alla cittadinanza sostenuta
da pratiche didattiche concepite come un processo dinamico in grado di costituire una progressiva nascita
del senso del dovere. Per realizzare questa ipotesi diventa necessario fissare dei principi e adottare una
regola. Il principio fa riferimento all’importanza di valorizzare i doveri, i quali illuminano il significato dei
diritti umani. Per quanto riguarda le regole, Gardner ha presentato un’interessante tesi per cui la
cittadinanza si attiva tramite l’applicazione della regola delle tre ‘’e’’’: execelence, engagement e ethics.

I numeri della scuola italiana: gli studenti sono sette milioni e 400 mila
gli iscritti dell’anno 2022/2023 sono diminuiti notevolmente: 123 mila in meno
studenti di nazionalità straniera 798 mila
studenti con disabilità sono 277 mila
i docenti sono 856 mila
gli istituti scolastici sono 41 mila, le classi sono 386 mila.

La relazionalità che comunica.


Una relazionalità che dovrebbe favorire la comunicazione tra gli alunni, tra gli alunni e il docente ecc. Dopo
le severe analisi che le correnti psicopedagogiche hanno condotto sulla relazione educativa, quest’ultima
diventa oggetto di studio anche della psicologia. In questo nuovo interessamento non sono urgenti le
problematiche storiche o logiche, ma l’origine, i fondamenti e ai concetti che assume la relazione educativa.
In questo quadro, la relazione è un contatto o un legame di natura cognitiva ed emotiva tra due o più
soggetti, contatto che genera modi di essere o di agire. Pertanto, la relazione educativa eccelle sopra le
altre e si distingue da esse perché è fondata su un preciso intento di istruzione e formazione, perché si
svolge in un ambiente artificiale (appositamente costituito) e messa in atto da particolari procedure.
La conformazione della classe – il modo in cui si struttura la relazione.
La relazione educativa si configura come uno scambio in cui entrambi i soggetti ricevono e danno qualcosa,
uno scambio che ha due caratteristiche: l’asimmetria (condizione di diseguaglianza sul piano professionale,
maturità, età) e la complanarità (posizione di non discriminazione sul piano della dignità). La relazione sarà
complanare, anche se asimmetrica, solo se non viene a mancare il rispetto reciproco. Sorge spontaneo
allora chiedersi: che fare? è un interrogativo che angoscia tutti i docenti perché riguarda l’attuazione della
relazione educativa, in cui il processo di comunicazione sta alla base dell’attività di trasmissione di
contenuti. Da ciò parte una proposta bipolare (sia per l’alunno che per il docente), in primo luogo riguarda il
possesso di abilità sociali complesse che consentono di porre sullo stesso piano il sé e l’altro, cioè
l’incremento della competenza relazionale. Per quanto riguarda il docente è rilevante che egli sappia
riconoscere gli stati emotivi degli alunni, l’espressione delle opinioni, la comunicazione del linguaggio verb e
non verbale. In questa logica ricevono importanza l’empatia, la ruolizzazione, la pro-socialità, l’assertività.
Ci sono alcune occorrenze che riguardano il docente: l’esigenza di tenere presente le trasformazioni del
sistema educativo, la formazione in servizio e il rispetto dello stile di apprendimento. Le avvertenze
necessarie sono: la premura di intuire quello che l’alunno sente e pensa, le responsabilità legislative e
governative.
Il governo della classe.
Guardare ciò che accade nella classe è come un’osservazione scientifica, e segno di realismo e progresso
dell’educazione. Quando si parla di classe, si tratta di guidare una comunità, ed è bene immaginare
quest’opera come una salita composta da tornanti. I tornanti da percorrere sono due: bisogna che il
docente sia capace di cogliere i problemi degli alunni ed essere in grado di trovare la soluzione dei problemi
esprimono. Il primo tornante: la maggioranza dei problemi che si presentano nella classe sono
relativamente semplici, ma non devono scappare dall’attenzione del docente. I più significativi sono la
necessità di mantenere alto il livello di attenzione, l’instaurazione di un clima di solidarietà, l’esigenza di
mantenere ordine, il dovere del rispetto di sé, l’impegno in tutte le attività programmata, l’adesione gioiosa
alle ricerche, l’accettazione del giudizio sul proprio operato e la disponibilità ad essere aiuto cooperativo.
Il quadro completo delle origini dei problemi si ottiene scoprendo le cause di essi. Un primo gruppo di cause
è da ricercarsi negli alunni stessi, ossia in alcuni fattori come il bisogno di guadagnare attenzione, le
influenza sociali per cui gli alunni diventano sempre più alienati da sé stessi, la componente affettiva
(impulsività, introversione), il concetto di sé. Un secondo gruppo di cause è da ricercarsi nei docenti stessi,
nella necessità di costruire regole di convivenza, nelle decisioni prese in modo arbitrario, nella
sottovalutazione dei bisogni degli alunni.
Il secondo tornate punta verso la regolazione e il superamento delle criticità. Vanno esaminate alcune
tecniche di buon governo nella scuola, a cominciare dal docente: puntualità nelle lezioni, preparazione degli
argomenti da trattare, concentrazione degli alunni, scoperta delle zone di disturbo, distribuzione equa della
premura, l’accuratezza nella valutazione.
L’autorevolezza trinitaria.
Nella relazione educativa non si deve mai arrivare al il motto inventato dai discepoli delle scuole
Pitagoriche: ipse dixit (l’ha detto il maestro). Infatti, l’autorevolezza è diversa dall’autorità, in quanto si
designa come il riconoscimento del potere che un’identità possiede, e questo potere viene accettato dagli
alunni, perché ha lo scopo di assicurare il conseguimento di vantaggi. Si colgono tre elementi essenziali
dell’autorevolezza che il docente deve possedere: la possibilità di incidere sugli altri, la destinazione volta a
garantire a individui il raggiungimento di benefici e deve percorrere il riconoscimento altrui di espressione
di un consenso. Un’analisi più approfondita permette di considerare l’autorevolezza con determinatezza
ancora maggiore e far emergere due ulteriori elementi gratificanti: la durata, nel senso che senza il
perdurare non si forma un’autorevolezza, e l’affidamento, nel senso che l’alunno accetta l’autorevolezza
perché capace di offrire soluzioni.

Il gruppo che aggrega.


Un insieme di individui che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e condividendo interessi,
scopi e caratteristiche favoriscono una più compiuta maturazione della personalità. Inoltre, l’influenza tra i
vari membri del gruppo è tanto più intensa quanto più il gruppo è ristretto. Il gruppo deve essere
eterogeneo, e cioè al suo interno deve avere la presenza di alunni con varie necessità, intelligenze e
provenienza. Deve essere poi omogeneo esternamente rispetto agli altri gruppi. Solo così ordinato si può
programmare l’attività educativa e didattica.
Il gruppo si distingue come tale dal suo contesto, e che esistono due categorie tipiche del gruppo: i gruppi
primari e i gruppi secondari. I gruppi primari sono i gruppi di appartenenza connotati come un’associazione
o da una cooperazione. I gruppi secondari sono i gruppi di riferimento connotati da relazioni indirette, dove
le comunicazioni passano attraverso intermediari. I gruppi primari si differenziano così secondo due
continui (non sono interrotti): un continuo naturale – proprio dei gruppi naturali come la famiglia - e un
continuo artificiale – gruppi occasionali la cui costituzione è estranea alla volontà dei membri come il
camping. Un secondo continuo è dei gruppi temporanei – come una discussione – e i gruppi durevoli –
come la classe.
Il rapporto che il docente instaura con l’alunno non può prescindere dalle dinamiche sociali del gruppo
classe; perciò, è urgente chiarire come esso deve essere organizzato e guidato. È necessario tener presenti
quattro aspetti: la classe come unità organica composta da più sottogruppi, gli elementi costitutivi della
classe sono le attività e l’interazione, l’aspetto normativo deve nascere sin da subito e dagli alunni, il ruolo
individuale che ciascun soggetto assume può esplicarsi in forme di comportamento spesso nocive.

All’interno del gruppo l’affettività tesse le relazioni dei membri tra loro e tende a stabilirsi in un sistema da
cui dipendono gli atteggiamenti dei membri. Per scoprire la struttura dei gruppi primari è fondamentale
utilizzare nuovi mezzi, come la sociometria.
La sociometria è l’insieme dei metodi destinati a chiarire la struttura socioaffettiva dei gruppi e lo studio
della dinamica dei gruppi durevoli. Ha per oggetto lo studio matematica delle caratteristiche delle genti, e a
tale scopo mette in opera una tecnica sperimentale basata su metodi quantitativi – persegue quindi
un’indagine metodica sullo sviluppo e l’organizzazione dei gruppi.

La struttura dei gruppi.


La struttura latente dei gruppi, secondo Jacob Moreno, non è solo la ripartizione della simpatia. Bensì, è
una realtà sia affettiva che cognitiva, cioè essa è per ogni membro del gruppo il modo in cui egli vede il
gruppo e i membri del gruppo, il modo in cui egli percepisce gli altri e la distanza sociale, il modo in cui egli
è visto dagli altri. Per cui l’organizzazione delle relazioni vissute è un’espressione dell’affettività e dei suoi
aspetti.

Il test sociometrico.
Il test è uno dei mezzi più efficaci per cogliere la struttura latente del gruppo. Per quanto riguarda la scuola
è una delle tecniche più originali in vista della misurazione del grado di organizzazione del gruppo-classe.
Esso studia le strutture sociali alla luce delle attrazioni e delle repulsioni che si manifestano, quindi delle
relazioni esistenti. I criteri sociometrici maggiormente utilizzati sono l’aspetto socio-relazionale, l’aspetto
organizzativo-gerarchico, l’aspetto operativo-progettuale che finalizza l’attività al raggiungimento di un
obiettivo. L’uso del test implica il verificarsi di certe condizioni, ad esempio che i soggetti siano attirati gli
uni verso gli altri. Il test viene costruito dal docente secondo una procedura, che prevede la scelta dei criteri
nei quali gli alunni abbiano la reale opportunità di associarsi, le domande per ogni criterio devono essere
due (positiva e negativa) e devono essere formulate al condizionale, far parte delle esperienze degli alunni
e avanzate in modo concreto. È importante che la fase di somministrazione avvenga quando sono presenti
tutti gli alunni, ma è inoltre importante illustrare con chiarezza le finalità e le modalità del test, precisare
che le domande toccano aspetti personale e che la sua esecuzione è facile (+ altre prudenze). L’insieme
delle risposte ottenute vengono registrate in una matrice sociometrica, modalità sintetica per
rappresentare le relazioni esistenti. Successivamente si predispongono in ordine alfabetico i questionari
compilati degli alunni, si compila una tabella a doppia entrata, si scrivono i nomi degli alunni in ordine
alfabetico e si riportano le scelte compiute da ogni alunno.

Si tratta di adempiere ad un impegno che assicura a tutti l’opportunità di frequentare un servizio di


istruzione e formazione che sia accogliente efficace. Dopo aver considerato che in una visione pedagogica le
nozioni di virtù civica e di vita buona meritano il riconoscimento di un duplice pregio, il quale ritiene che si
debba evitare che l’educazione sia confinata o ridotta a pratiche razionalistiche – un’educazione che si
ferma solo sulla razionalità è parziale. Deve invece essere sostenuta da pratiche concepite come un
processo dinamico, come un grado da costituire e una progressiva implementazione del senso del dovere (a
volte in controtendenza con la realtà). Per realizzare questa ipotesi bisogna precisare alcuni principi e
adottare una regola. I principi vanno intesi come punti fermi per l’educazione:
- Senza i doveri i diritti non hanno pieno corso, una realizzazione. Diritti e dovere devono stare collegati.
- La valorizzazione del dovere. Sono tanti i doveri che abbiamo, ma alcuni vanno maggiormente valorizzati.
Valorizzare il dovere perché esso illumina il significato dei diritti umani.
- Per merito del dovere, l’individuo diventa padrone di sé stesso.
- Il dovere apre la possibilità di scelta dei valori (verità che hanno un peso e importanza nella vita di
ciascuno).
- I diritti sono espressione della libertà qualora non siano tradotti in privilegi.

Tre procedure importanti, che corrispondono a tre paragrafi.


1. La regola delle tre ‘’E’’.
Gardner, noto studioso delle intelligenze multiple, ha presentato un interessante tesi da riprendere nei suoi
tratti salienti. Il primo tratto saliente riguarda la cittadinanza, che si attiva per il tramite della applicazione di
una semplice iniziativa, che è costituita da tre ‘’E’’: l’eccellenza, impegno e l’etica. Eccellenza significa la
qualità superiore che sta nella conoscenza della vita pubblica, ma anche nelle manifestazioni giuridiche,
storiche, politiche – tutto questo deve avere una qualità superiore. Soltanto mediante una buona istruzione
generale si possono gettare le basi per diventare cittadini attivi. I documenti elaborati a livello
internazionale suggeriscono alcuni aspetti riferiti all’eccellenza: la padronanza degli elementi fondamentali,
il rispetto delle regole della vita sociale, la capacità di orientarsi ai processi sociali, la conoscenza dei valori
su cui si basano i diritti inalienabili. (TUTTO Ciò è ECCELLENZA). L’impegno fa riferimento all’impegno di
mettersi in gioco in prima persona dentro una comunità. Per etica si intende un comportamento morale di
un soggetto che, nell’esercizio della sua libertà, prende delle decisioni senza tener conto dei propri vantaggi
– quando non corrispondono al proprio interesse. La condotta etica si ottiene quando ci sono vincoli di
responsabilità, quindi una libertà responsabile. Questa condotta si deve ottenere nella relazionalità con
l’altro, quindi collaborare con gli altri.

2. Didattica attiva.
Questo tema prevede un impegno attivo di collaborazione in un’impresa di insegnamento apprendimento.
Un particolare di accrescimento morale e intellettuale sta dentro una didattica ben concepita e mobilitata.
Il docente deve rafforzare la vitalità intellettuale ed etica, ma anche sviluppare il potere mentale e morale
attraverso la meraviglia: compito della didattica è quello di meravigliare l’alunno che apprendere. La
meraviglia è una dimensione dell’esperienza umana, è uno stato mentale caratterizzato da: lo stupore - che
genera sorpresa, porta ad un’apertura e quindi suscita desiderio di andare oltre – e l’accomodamento, cioè
la capacità dell’alunno di modificare i propri schemi comportamentali e mentali in funzione degli stimoli e
dei dati nuovi forniti dalla situazione. È quindi un movimento che va dall’oggetto al soggetto e compare
nell’alunno quando l’alunno, basandosi su schemi già conosciuti, va contro le difficoltà e scopre nuovi
mezzi. La meraviglia è parte anche di un’educazione al pensiero divergente, che è in grado di espandersi al
di fuori degli stereotipi e quindi con maggiore flessibilità.
E’ evidente che la didattica non è estranea alla tematica trattata, ed entra in essa collegando la finalità di
istruzione con l’aspettativa degli alunni, i bisogni e le attese della società con la condizioni personali di vita
degli allievi, i contenuti dei saperi con il sentimento di meraviglia.

3. La strategia concreta dell’insegnamento-apprendimento.


L’agenda dell’UNESCO dedica uno spazio adeguato alle strategie che diverranno cose realizzate in concreto,
e sono le strategie dell’introduzione dell’educazione di base per tutti. Riguardano la padronanza dei saperi
e delle prestazioni, della cooperazione, creatività, socializzazione, resilienza, coraggio. Il disegno strategico
portato a compimento nella seconda parte del secolo scorso si prefigge oggi di rendere regolare la
frequenza della scuola da parte della totalità della popolazione. È una scuola che deve essere per tutti, cioè
accessibile alla generalità dei cittadini senza alcuna esclusione.

Il ponte scavalca.
Data per acquisita l’ipotesi di un’innovazione del sistema educativo, risulta opportuno ritornare
sull’argomento con una visione rivolta alle idee e proposte avanzate a livello internazionale. È convinzione
diffusa che il modo proficuo per elaborare una ipotesi di innovazione del sistema educativo sia quello di
partire da una ricognizione delle proposte del passato, per poi progettare un nuovo modello (visione
acronica e sincronica). Sono queste due le estremità di un ponte a tre arcate:
1. Il punto di partenza, la prima arcata.
La partenza della riflessione è costituita dall’opera dell’apprendimento per tutta l’arco della vita. Si trattava
di un’iniziativa voluta perché si pensava che potesse offrire un contributo prezioso alla realizzazione di una
nuova visione incentrata sulla persona umana. Viene così proposta una strategia microstrutturale, che
prevedeva che i tipi di istruzione e formazione potevano essere distribuiti in tre grandi categorie. La prima
categoria è quella delle scuole primarie, la seconda è quella delle scuole secondarie che possedevano e
possiedono tre tipi di attività: una cultura generale, una cultura generale con un ventaglio di percorsi
professionali e una scuola secondaria con la presenza di scuola tecniche. Infine, i centri di formazione
professionale che entravano in azione dopo il primo ciclo di scuola. Oltre alla strategia microstrutturale, c’è
la strategia macrostrutturale: il sistema educativo, dovendo motivare le persone ad acquisire capacità e
attitudini, gli veniva richiesto di assumere dei requisiti: l’offerta di esperienze, la fondazione di una cultura
condivisa, l’incremento di un atteggiamento verso l’innovazione, assicurazione di una transizione da
sistema educativo a mondo del lavoro, coinvolgere tutte le agenzie educative ecc.
2. Il passaggio di mezzo, la seconda arcata.
Ci si limita a esaminare gli andamenti che si riferiscono al programma dell’educazione per tutti lanciato
dall’UNESCO nel 1990. Bisogna quindi conferire un’interpretazione problematica dell’educazione e
dell’apprendimento, che sono stati compresi e attuati in maniera diversa fra le Nazioni che li adottarono.
Emerge una duplice concezione: da un lato si affermava la prospettiva neoliberale, in cui la formazione
veniva ridotta a favore del mercato. In questo contesto vennero attribuite alle scuole due funzioni: la prima
consisteva nella riproduzione delle condizioni di produzione con la formazione dei figli delle elitè, la
seconda consisteva nella selezione degli allievi di origine familiare bassa che divennero forza-lavoro.
Dall’altro lato si affermava il modello della scuola efficiente, la quale sottolineava la crescita economica.
I tassi degli allievi delle scuole secondarie dimostrano un aumento di frequenze molto basso, con un
consistente diminuzione. In base a questi risultati molti governi arrivano alla conclusione che l’offerta di
una formazione professionale non era conveniente. Quindi, si sostiene l’insufficienza della formazione
professionale nel creare, da sola, posti di lavoro. Le sfide della crescita vengono poste ad un gruppo di età
molto vasto, tra i 15 e i 24 anni. Il problema è che il ritmo della demografia è di molto superiore a quello
dello sviluppo del lavoro.
3. L’arrivo del futuro, la terza arcata.
Dopo aver presentato le proposte degli ultimi decenni e le sfide che sono emerse, sembra vantaggioso
delineare le scelte che potrebbero contribuire ad affrontare le problematiche attuali. Il progetto a cui ci si
riferisce ha definito gli orientamenti fondamentali del quadro di azione di Education 2030. Questi
documenti costituiscono l’oggetto principale della disamina della scuola che si auspica per il presente e per
il futuro. L’educazione propone di completare il processo verso mete stabile, per cui l’impegno è
concentrato su questi provvedimenti: ampliamento dell’accesso e garanzia dell’inclusione, dell’eguaglianza,
della qualità dell’apprendimento a tutti, inserimento armonioso del programma educativo in quello dello
sviluppo sostenibile, crescita dell’impegno in favore degli allievi marginali, attribuzione di una rilevanza alle
qualità degli apprendimenti, mobilitazione della cura dei mezzi, coinvolgimento globale nel programma di
tutti i paesi, riconoscimento di una importanza alle esigenze del contesto sociale (disoccupazione,
migrazione, progresso tecnologico).

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