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Esame: argomento a piacere su un tema affrontato a lezione + collegamento con altri aspetti.
Il primo fattore riguarda la scelta dell’assioma. Viene scelto perché Seneca attribuisce alla morale il ruolo di
messaggera della virtù – e aggiunge che nella virtù risiede la felicità. Inoltre, l’autore assegna al sapere un
ruolo fondamentale.
Il secondo fattore riguarda i temi dell’assioma. Questi sono dei messaggi che ci prestano a rappresentare il
viaggio culturale che compiremo. Seneca usa diversi termini, di cui tre molto importanti: il marinaio, il
vento e il fine (la direzione). Da questi termini derivano alcune osservazioni: il marinaio è il docente, il vento
è la partecipazione e l’impegno attraverso il dialogo e la direzione riguarda le mete da raggiungere, in
questo caso l’acculturazione (le finalità riguardano invece gli alunni).
Il terzo fattore riguarda i quattro aspetti che ci sono nell’attività educativa: il primo lato riguarda il
programma del corso che consiste nella prospettiva del corso (una scuola in cammino vitale), il terzo lato è
il testo di studio, il quarto lato è la valutazione finale.
LA PEDAGOGIA IN CONTROLUCE
Il primo paragrafo di questa lezione chiede ‘’dove osa la pedagogia?’’. La pedagogia spazia, rischia e avanza
sulle questioni che assillano i promotori della formazione. Inoltre, il coraggio della disciplina è esente da
complessi di inferiorità nei confronti di altre discipline. Si occupa quindi del presente dell’essere e del
futuro del divenire, ma anche di trasformare la realtà, di sviluppare ed evolvere il sistema scolastico e tutto
ciò che riguarda la formazione. Tutto ciò accade in senso relativo e dipendente da un bene o da valori non
riscontrabili in natura.
La pedagogia conta e pesa nonostante sia spesso povera e carente di molte risorse necessarie per
l’esercizio della propria attività. Inoltre, è spesso nuda perché non ha le protezioni e le difese che si
riservano ad altre discipline. Perciò si esige l’acquisizione di una notazione chiara e distinta dei suoi
attributi, ma anche che si riconosca il suo valore.
Si tratta di accreditare la disciplina attraverso due passaggi, ossia due punti di vista: il ritratto e le
distinzioni. Il ritratto attendibile per la pedagogia riguarda un ritratto in controluce con dei contorni nitidi.
Questo consiste in un profilo identitario e in evidente controluce che permette di rendere evidente la
natura della pedagogia. Cosa non è pedagogia? Innanzitutto, non è catalogabile come scienza o filosofia,
infatti, molti credono che sia una scienza o filosofia, ma è sbagliato. Non è una scienza perché non ha
dimostrazioni certe, ma è molto di più di un campo di esperienze sensate. Se non è una scienza, che cos’è?
Significato etimologico è ‘’guida del fanciullo’’. La pedagogia somiglia quindi ad un’alta via della conoscenza,
e contemporaneamente è equidistante dalla filosofia e dalla scienza. Perciò, il riconoscimento della
legittimazione e della conoscenza della pedagogia esige l’intreccio tra filosofia e scienza.
Le distinzioni chiarificatrici partono dal concetto che abbiamo di filosofia e di scienza e sono essenzialmente
due: reputare proficuo il recupero del passato positivo (non buttare tutto ciò che si è fatto) e coltivare
l’ambizione di fornire una scuola di pensiero, per cui occorre elaborare un pensiero di scuola.
La prospettiva della pedagogia è che mentre respinge il rinnovamento fasullo, si impegna a cambiare tutto
ciò che non è sopportabile. Tuttavia, è importante sottolineare che ci sono anche dei momenti in cui
supporta tutto ciò che non è cambiabile. La pedagogia ci aiuta così a cambiare le cose sbagliate e prevede la
congiunzione delle tematiche di sua competenza che da essa sono ispirate: filosofie, sociologia ecc.
Anche per i docenti è necessario creare una scuola accogliente, perciò, la nostra capacità di capire e
cambiare il mondo della scuola è fondamentale. Spesso per indicare la categoria dei docenti si parla di crisi
e fragilità. Da questo punto di vista vediamo cadere il docente nello stress o nel burn out. A questo punto
occorre fare leva su alcuni valori: della classe e di coloro che partecipano all’azione educativa. Ci può essere
quindi un punto di appoggio che si traduce in regole e norme stabili che vengono elaborate da docenti e
alunni per elaborare una scuola accogliente e positiva; chiamate anche regole che costituiscono il
fondamento di una deontologia (teoria dell’insieme di norme di comportamento che disciplinano l’esercizio
della professione docente). Nasce così un ideale per ciascuna professione, traducibile in una coscienza
professionale: presenza della mente a sé stessa nell’atto di giudicare e far apprendere gli altri, nonché la
conseguente capacità di distinguere il bene dal male. La coscienza professionale è un dato morale.
Un altro aspetto è il costume professionale, ossia il frutto di un’abitudine liberamente acquisita che dà
origine ad una permanente tensione all’uso della volontà. In questo punto di appoggio il benessere del
docente trova applicazione in due ambiti promotivi: nelle credenze individuali del docente rispetto alle
proprie abilità e circa la capacità di raggiungere determinati traguardi, ma anche nelle caratteristiche della
stima nei confronti dei colleghi e dei rapporti da tenere con gli attori che portano un aiuto notevole
nell’attività di insegnamento. Queste caratteristiche sono un forte aiuto per il docente che compie la
propria attività.
Per far si che lo star bene a scuola sia per gli alunni una cosa ovvia, è indispensabile approfondire il
programma di intervento, il quale richiede tre osservazioni: l’ambiente scolastico è un luogo dove gli alunni
vivono molte esperienze, in base a queste esperienze gli alunni costruiscono delle idee su di sé (autostima)
e tenere in considerazione che un buon livello di benessere garantisce il funzionamento della scuola.
Le componenti fondamentali (o esigenze) che chiariscono concetto di benessere sono molteplici, in tutto
sette:
- fare in modo che gli alunni si sentano autonomi e autodeterminanti
- essere in grado di resistere alle passioni sociali
- occorre che l’alunno e il docente sappiamo gestire l’ambiente e creare contesti favorevoli esterni alla
scuola
- ogni alunno e docente deve accettarsi per le proprie qualità
- stabilire delle relazioni empatiche
- avere relazioni il più possibile positive
- rinunciare ad essere diversi da quello che si è (amare noi stessi solo quando si è persone dignitose)
Il QBS (questionario benessere scuola) è composto da cinque dimensioni relative agli alunni:
- soddisfazione dei propri risultati e riconoscimento delle capacità
- rapporto con docenti basato su fiducia
- rapporto con compagni e sentirsi accettati
- sviluppare atteggiamento emotivo
- avere il senso dell’autoefficienza
Perciò, per star bene in classe sono necessari alcuni ingredienti anche per i docenti:
- condividere con i discenti gli obiettivi e i traguardi positivi con un impegno sostenibile e la prospettiva di
un vantaggio concreto e di un alunno sereno.
- il secondo punto riguarda il vivere il proprio mestiere di insegnante orientando l’alunno verso tre qualità:
la flessibilità intellettuale, la libertà responsabile, abituare gli alunni all’interazione civile e rispettosa
(quindi, un alunno attivo nelle realtà in cui vive).
EDUCAZIONE: IL CALEIDOSCOPIO DI ACCEZIONI
Si riferisce ad una riflessione che è suggerita dalla Costituzione della Repubblica Italiana che ha dei punti
fondamentali da tenere presenti. Questa scelta per tre affermazioni che riguardano l’educazione:
- la causa del passato
- del presente riguardante dei dibattiti calorosi
- delle stridenti politiche.
La questione nasce dalla comparazione di 3 articoli della costituzione:
Art.30 - È dovere, è diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli.
Art. 33- La repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione.
Art. 34 La scuola è aperta a tutti, l’istruzione inferiore impartita per almeno 8 anni è obbligatoria e gratuita.
Putnamm prende una posizione chiara, in quanto dimostra come il pensiero morale si
congiunga ai fatti e alle cose concrete ma anche di come questo pensiero morale sia
impregnato di valori. Fatti e valori vanno quindi di pari passo e non si possono separare. Entrambi
influiscono nell’educazione di cui si deve occupare la pedagogia (punto di vista da tener presente per
quanto riguarda l’educazione perché la pedagogia è dotata di un’intenzione e funzione caratterizzata da
iniziativa propria: - conoscitiva – operativo -pratica).
Si deve ammettere logicamente che l’oggetto dell’educazione in questa prospettiva è
importante ed è ripartibile sia: - gneosologicamente perché l’educazione raggiunge
con l’intelletto i comportamenti che la persona deve rispettare = è intellegibile.
- etico, sempre radicato nei valori; l’educazione è valorabile.
È quindi un oggetto gneosologico e un oggetto etico.
Valori: qualcosa di serio e importante che la persona umana cerca di realizzare e attuare.
Accezioni: significato di una parola.
Dichiarazioni universali sull’educazione
L’educazione si può considerare il processo di crescita intenzionale e anche di sviluppo indotto per
interventi al di fuori della persona che in qualsiasi luogo si svolge per rendere cosciente l’educante di
come l’uomo si eterna nel momento in cui viene educato. (Dante)
Eternarsi: acquistare grande gloria che si riflette dopo la morte, che diventa fama o nominanza affermata
da tutti perché tutti amano lasciare un buon ricordo di sé.
Educazione: la sua etimologia è condivisa?
Genovesi indica dei livelli in cui si individua il concetto di educazione: l’accezione è mutuata da tre verbi
latini:
1) Educare è anche latino, che significa – allevare - nutrire, rimanda alla crescita della persona quando lo
usiamo pensiamo alla crescita ed allo sviluppo.
2) Edocere suggerisce interventi di natura etica e cognitiva.
3) Educere qualcosa di diverso, significa tirare fuori estrarre incanalare e lascia intendere proprio questo:
fare in modo che si sviluppino capacità e abilità che mantiene la persona convalidate poi dall’educazione
che le porta nel comportamento quotidiano. L’educazione deve avere di mira la piena espansione della
personalità umana.
Un’idea che spesso viene portata di fronte a chi opera nella scuola è la teologia, che significa finalità, fine.
L’evento educativo interpella sempre la teoria dei fini, la teleologia. Le cose sono perfette in quanto
possiedono un fine (Aristotele). Se facciamo qualcosa senza porci un fine facciamo male, l’educazione non
fa eccezione, il fine quindi è consustanziale all’educazione, ha la stessa sostanza ed è inerente all’essenza
dell’atto che si compie, a cui l’opera di sua natura è ordinata.
Ci sono diversi tipi di educazione, da tener presenti, che fanno riferimento ai fini e alle finalità:
L’idea è che l’educazione non sia come un’isola, ma fa parte di un continente di tanti altri elementi collegati
con l’educazione. Intuizione di Bruner secondo la quale torna utile riportare alcune tipicità. Lo psicologo ne
mette in luce alcune:
1. L’educazione accetta il compito di mettere gli esseri umani in condizione di superare le diposizioni
innate.
2. L’educazione deve aiutare ad usare gli strumenti che consentono di adattarsi al mondo.
3. L’educazione costituisce delle comunità di persone che apprendono le une dalle altre.
4. L’educazione si propone di liberare l’attività congiuntiva rendendola pubblica e negoziale.
5. L’educazione evade dai recintiti della neutralità e si compromette con i talenti.
6. L’educazione ha un ruolo cruciale nelle percezioni di sé e nel riconoscimento degli altri.
7. L’educazione abilita una persona alla narrazione.
Viene spontaneo parlare di libertà educata: una libertà che coltiviamo ed è responsabile. L’uomo non nasce
libero, l’uomo è libero di liberarsi. La libertà è un principio della vita, è un metodo di lavorare e di vivere ed
è il fine dell’educazione.
Noi siamo degli esseri ma c’è anche un futuro, un obiettivo, se l’educazione deve essere considerata la
pratica della libertà diventa indispensabile un’opzione tra l’asservimento e l’affrancamento, la sudditanza e
l’indipendenza, tra il conformismo e l’originalità, tra l’omologazione e l’indipendenza.
La domanda cruciale riguarda la scelta tra: un’educazione che integra e forma un tipo di cittadino e una
educazione liberatrice che toglie tutti i limiti e si prefigge di spezzare tutte le catene senza confondersi con
lo spontaneismo. Non dobbiamo confonderci con l’individualismo egoistico e lo spontaneismo.
Connessione, collegamento e processualità
Dobbiamo cercare i valori storici, non è semplice mantenere comportamenti che si attengono ai valori
assoluti. Le finalità valoriali sono importanti, perché la finalità è un’affermazione di principi quindi un
valore, attraverso i quali si veicolano i propri valori storici. Questo richiamo ai valori colloca le finalità sul
piano superiore dell’educazione.
Ci sono anche scopi nella vita, che risiedono a terra, luogo in cui si fabbrica ciò che è necessario per
l’esercizio dell’attività. La finalità è connotata da un valore e abita nel palazzo alto.
OBIETTIVO: nella scuola gli obiettivi regnano perché non sono necessari al comportamento del docente, ma
riguardano soprattutto gli alunni.
D. HAMELIN dice di usare questa parola per descrivere i risultati sicuri di un apprendimento. Distinguendo
tra finalità, scopi e obiettivi: si passa dal comprendere cosa si vuole, al cosa si può. Le finalità e gli scopi si
possono volere ma gli obiettivi sono ciò che è possibile nelle condizioni in cui siamo. L’obiettivo quindi non
designa più il progetto di un educatore ma un intervento dell’educando.
Per convenzione vengono divisi in: - Obiettivi generali – obiettivi intermedi – obiettivi specifici.
“Tu che sei nato nell’alba dimmi la bellezza nel mondo, io sono il dolore e l’assenza, perciò dimmi ciò che fa
cammino, ciò che rende l’uomo migliore’’. Lo scrittore Carlo Sini richiamò l’attenzione di tutti i lettori sul
bisogno di insegnanti veri e dei buoni propositi della scuola. Quali sono i docenti veri?
Nella rappresentazione della docenza c’è un rischio: oggi la docenza è esercitata in modo da dipingere e
rispecchiare una figura. Si tratta di ristabilire l’osservanza di alcune regole che riguardano l’azione, il
compito, il ruolo del docente.
- regola della scrupolosità nell’applicare determinate teorie.
- regola del raziocinio nel rilevare i compiti che dobbiamo assolvere ma anche le attività e il lavoro degli
alunni
- regola dell’imparzialità come i docenti segnalano le entità dei singoli alunni
- regola della creatività nel prospettare il futuro, disegnare le esigenze, nel sottolineare gli interessi
DILEMMA: ESSERE O NON ESSERE DOCENTI?
De Bartolomeis afferma che il docente è un lavoratore intellettuale non qualificato.
Il giudizio è quasi offensivo per i docenti, ed è quindi giusto contestarlo. Occorre far notare alcuni esempi
scorretti: “il docente è come un artigiano” “il docente è come un trainer” “il docente è uno speaker”.
L’attività del docente è professionale? Consente di distinguersi da altre professioni?
- Misconoscimento delle profonde trasformazioni che sono intervenute negli ultimi anni nell’assetto
occupazionale della società post-industriale, alle cui esigenze si connette il continuo aumento dei
professionisti che entrano a far parte di complessi commerciali, assistenziali, amministrativi.
- Il possesso di una libertà propria del libero professionista si addice in piccola parte nei confronti dei
docenti. È elaborata per altri lavori ed è presente negli elenchi redatti da studiosi: avvocato,
geometra, ingegnere.
1) Avere un sapere specialistico: essere preparati specialisticamente nella propria attività da svolgere.
Questo sapere è presente nei docenti? Si. Docente gode di un sapere specialistico che dipende dagli
studi pedagogici, didattici compiuti nelle università.
2) Certificazione delle abilità: abilità e preparazione sufficienti che provengono dai concorsi che
mettono in ruolo i docenti.
3) Non sono liberi: non possono fare quello che vogliono. Il docente professionista ha un’autonomia
che è entrata nella scuola da qualche anno, prende iniziative che dipendono dalla sua volontà. Le
proposte sono per tutti ma la scelta è individuale.
4) L’adesione a un protocollo di dovere e di diritti: sottoscritti all’interno del contratto collettivo
nazionale di lavoro dei docenti CCNN.
Le scelte che sono implicite nell’idea di assumere docenti veri sono condizionate.
I docenti devono essere palesi, tangibili, concreti, i quali nelle loro attività hanno un rapporto diretto,
sensibile, autentico con gli alunni.
La professione del docente: è una professione tecnica, culturale = primo spunto da tenere
presente. La perplessità è nei confronti della riflessione presente nelle riviste o nei libri.
Il docente vende cultura e attraverso di questa matura la personalità.
Scientificità approcciabile: tenendo conto che ci sono anche argomenti scientifici da comunicare,
studiare, intraprendere, c’è una cultura scientifica da avvicinare. Diventa consequenziale la
rigorosità dell’approccio ai problemi = si salda con l’aspirazione a una professione docente molto
attenta ai metodi e alle tecniche necessarie alle implementazioni.
INDIVIDUALIZZAZIONE E NON PERSONALIZZAZIONE
L’aggettivo personalizzato è equivalente alla locuzione ‘’tutto per lui’’.
Nell’individualizzazione i traguardi sono uguali per tutti, tutti vengono aiutati a raggiungere le proprie
possibilità. Si riferisce alle procedure finalizzate ad assicurare agli alunni le competenze comuni del
curricolo attraverso una diversificazione di percorsi e apprendimenti.
Nella personalizzazione i traguardi sono differenziati per ognuno. Riguarda l’insieme di procedure che
hanno lo scopo di permettere a ogni alunno di sviluppare le proprie peculiari prospettive. Occorre quindi
dare a tutti il massimo delle possibilità per raggiungere la piena formazione della propria personalità.
Personificazione (riguarda il docente - in ogni caso egli deve guardarsi dalla personificazione, di esaltare la
sua persona, tutto sé stesso ponendosi come centro di tutto per non cadere nell’autoritarismo).
Opzione professionale: fulcro su cui il docente può far leva per dare un senso alle opzioni professionali, su
cui opera tutto.
La sua azione è costituita da 3 elementi:
1) dal movente che ha determinato la scelta
2) dalla disponibilità che dovrebbe avere chi esercita questa professione
3) accettazione di tutti gli alunni = riconoscimento di tutti.
GIANNI RODARI. Racconta i contenuti del libro: - errori – ortografia – sintassi - errori ideologici.
ESEMPIO: La filastrocca sul cielo l’errore prende la sfumatura dell’enigma.
“Qualcuno che la sa lunga mi spieghi il cielo è di tutti gli occhi?”
“Di ogni occhio è il cielo intero”
Rodari cambia punto di vista, si rinnova: “spiegatemi perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti?”
Parole semplici che vogliono cambiare mondo. Per Rodari le parole sono prigione e liberazione.
Prigione perché diventano etichette, convenzioni, vietano di vedere la sostanza delle cose.
Liberazione perché con il loro uso si può compaginare ogni ordine.
‘’I progetti sono promesse che la fantasia fa al cuore, e il cuore non rifiuta mai questi pericolosi regali’’. In
realtà è la mente che ha una fantasia, riceve stimolazioni e risponde ad esigenze. Il cuore è invece privo di
neuroni, che sono propri del cervello. Perciò ‘’i progetti sono promesse che la fantasia fa alla mente, e la
mente non rifiuta mai questi pericolosi regali’’. Si può quindi constatare la convinzione sulla pericolosità dei
progetti, ma non si può negare la giustezza della tesi che reputa i progetti una promessa che nasce dalla
fantasia per arrivare alla mente. La stessa etimologia ‘’proiectum’’ – ossia portato in avanti. Il progetto deve
quindi avere una visione rivolta al futuro, e questa visione è convalidata da filosofi molto famosi come
Heidegger, il quale afferma che il progetto è l’anticipazione della realtà. Un altro autore interessato ai
progetti è Sartr, o Scheller: il progetto deve essere inteso quale volere derivante dalla percezione dei valori.
Tre idee che confermano l’importanza del progetto.
2. La catena degli ostacoli: occorre sempre segnalare gli ostacoli e la loro gravosità, e chi si cimenta
nell’elaborazione di un progetto compie un grande sforzo, dovuto ad una serie di anelli: il primo anello che
si incontra è che la scuola deve assolvere ad alcuni sforzi, come la crescita dell’autonomia personale e il
possesso della maestria teorico operativa da parte degli alunni e del docente. Il secondo anello, quindi la
seconda difficoltà, riguarda una serie di doveri da espletare, come l’avanzamento delle conoscenze
(coinvolgimento ecc) la promozione della convivenza tra gli alluni, la propagazione degli ideali,
dell’interazione, della sapienza. Il terzo anello delle difficoltà è il discernimento da praticare tra affidabilità e
inaffidabilità per arrivare al concetto di resilienza e di originalità. La resilienza è la resistenza che ha un
qualsiasi oggetto. L’originalità richiede che il progetto non sia caratterizzato dall’uniformità, ma dalla
varietà delle irripetibili autenticità che hanno le proposte.
3. Il successo dell’educazione scolastica: il successo non si colloca solo all’interno del quadro generale della
scuola, ma si rende evidente come esploratore di alcune sfaccettature del modo specifico dell’educazione
scolastica, della scuola che deve essere educatrice. L’educazione scolastica è un’educazione indiretta
perché l’apprendimento è centrato sulla rappresentazione della realtà, non sulla realtà stessa. L’educazione
è anche procrastinata perché è un’educazione che si prepara ad agire nel tempo successivo. L’educazione
scolastica è semplificata, perché seleziona i saperi principali e tralascia tutto ciò che è irrilevante. Inoltre,
l’educazione scolastica simula ed è simulata perché l’insegnamento – apprendimento è dentro il gioco
analogico, è qualcosa di simile al gioco. L’educazione scolastico è un’educazione ritardata perché non
fruisce conoscenze immediatamente spendibili, le quali hanno bisogno di tempo. Infine, è asimmetrica
perché la posizione del docente e dell’alunno non sono corrispondenti: il docente non deve diventare
bambino.
Il docente deve essere prudente e compiere un passo indietro per riacquisire l’intenzionalità. Intenzionalità
che si dipana a tre livelli: programma, curricolo, programmazione. Si tratta di un’intersezione tra questi
elementi: il programma rimanda ad un insieme di contenuti di trasmettere, il curricolo rimanda ad un
disegno nazionale, la programmazione occupa due quote: la programmazione educativa e la
programmazione didattica.
Quattro criteri che i docenti devono rispettare in quanto molto importanti: il primo criterio riguarda la
certezza della prova, lo scrupolo per la verità storica che rifiuta una ripartizione della storia in due tempi,
l’evitare una distruzione impropria del presente (c’è sempre qualcosa di buono). Il secondo criterio è quello
di non promuovere i provvedimenti fasulli e qualunquistici – il fare qualcosa giusto per il gusto di farlo. Il
terzo criterio è il ripudio degli errori da non ripetere: come la rigidità, l’azzeramento del passato, la
discontinuità delle iniziative. L’ultimo criterio riguarda l’incremento del coraggio per collocare l’innovazione
in un orizzonte di buon senso.
IL BELVEDERE DELLA SCUOLA: concezione che rimanda al desiderio di una scuola di belvedere, come il
poggio di Firenze. Come fare per far si che la scuola diventi funzionale? 4 passaggi:
La premessa. È costituita da due fasi: pas destruens, lo sgombero della mente da false convinzioni è
l’operazione che sta in questa fase, in quanto consente di dichiarare alcuni aspetti. Innanzitutto, consente
di dichiarare il rifiuto di tutte le categorie lineari come la secolarizzazione, la laicizzazione ecc. un altro
aspetto di questa fase richiede il coraggio di dichiarare il fallimento del progetto modernistico, il quale non
ha saputo denunciare e neutralizzare i rischi disagevoli, ossia i tratti fallimentari della cultura
contemporanea. Taylor afferma il primato della ragione strumentale, da cui derivano eclissi che non
c’entrano niente. Sempre secondo Taylor l’individualismo e il primato della ragione strumentale sono
accompagnati dalla perdita della libertà, cioè il totalitarismo morbido, un aspetto non libero.
La seconda fase è la pas construens, riguarda l’adozione di un progetto che consente di portare la mente a
contatto con la realtà (la parte costruttiva). Questi due stati sono propri di Bacone.
La prospettiva funzionale. Lo sviluppo migliorativo della realtà riguarda soprattutto il sistema educativo,
che oltre ad essere funzionale, dovrebbe diventare affidabile: diventa affidabile quando viene concepita
come luogo e come incrocio. Il concetto di scuola come luogo lo formula Mark Augè: distinzione tra non
luoghi e luoghi, come le due entità dell’emisfero celeste. I non luoghi sono spazi di circolazione, di
consumazione (come le stazioni) privi di storia, di relazioni, quindi neutri, indistinti, senza identità e
simbolici di una società illusa. La scuola fa parte dei luoghi, ossia spazi in cui si costruiscono relazioni sociali,
in cui ci sono forme di appartenenza, atti di solidarietà, confronti di idee e una vitalità – si percepisce quindi
anima e identità. Nei luoghi si gode di una libertà forte e allo stesso tempo responsabile, dove si coltiva una
cultura.
La scuola come incrocio è una questione che riguarda la maieutica, ossia il modo in cui la conoscenza viene
portata alla luce. Gli effetti di una scuola sono concreti, pratici e operativi soprattutto quando la scuola è un
luogo e si fanno in un modello delineato e materializzato come tre grandi vie, ovvero tesi da cui arrivano
impulsi che recano gli ingredienti essenziali per il compimento del mandato che il docente ha nella scuola.
Le tre vie che si incrociano e portano a questo punto sono: l’umanesimo nuovo, da cui arriva una spinta da
donare alla scuola. Una seconda via riguarda il futuro prossimo innovativo, da cui arriva un incentivo a
procedere innanzi, interrogandoci sulle due grandi modalità di pensare al futuro, di curare il futuro: fare del
futuro la conseguenza del passato ecc. la terza via è quella dell’utopia sana: una strada da percorrere da cui
arriva un orientamento che consente di evitare una sosta sulle questioni banali, di promuovere cultura, di
avanzare verso il rinnovamento e di considerare il legame con la pedagogia. Quindi, intendiamo una scuola
con una visione precisa e innovativa.
Apertura puntuale della scuola. L’accezione ‘’puntuale’’ è appropriata all’apertura, termine fornito da
Dante, il quale si accorge della grande gradinata davanti a sé composta da comodità e apertura. La scuola
dev’essere comoda e accogliente, perché può essere percorsa da tutti: perciò viene scelta come immagine
del sistema scolastico. L’idea dell’apertura va riferita all’edificio scolastico: se l’edificio non è come una
prigione, allora la scuola dispone di una sede funzionale, in quanto l’edificio guarda fuori ed è estroverso. La
seconda apertura riguarda le cose che vengono fatte: se l’incarico professionale è aperto, se riesce a
stabilire un rapporto di cooperazione con gli alunni, se riesce a conservare un’intesa positiva con i genitori e
dare un senso alla vita scolastica la scuola sarà funzionale.
Testi sul gioco:
D’amore D. Giochi logici, linguistici e matematici
Yessica Alexander. Il metodo danese per giocare
Rosen M. Il libro dei giochi
Camilleri A. Piccola enciclopedia dei giochi per l’infanzia
Gorini P. 365 giochi per tutto l’anno
Quaglia R. Il gioco nella didattica
Rodari G. Grammatica della fantasia
Staccioli. Il gioco e il giocare, elementi di didattica ludica
. Gioco dopo gioco. La meridiana
Winnicot. Gioco e realtà
Dossena. Giochi. Mondadori
Platone: ‘’non educare i bambini alle varie discipline ricorrendo alla forza, ma come per gioco, affinché tu
possa anche meglio osservare la naturale disposizione di ciascuno’’.
Qual è l’effetto tipico del gioco? Due effetti tipici del gioco sono sicuramente l’apprendimento e
l’instaurazione di relazioni. Ad esempio, con il gioco il bambino impara a distinguere la voce materna dalle
altre, la quale rimane l’’oggetto di attenzione principale, in quanto fornisce cure amorevoli e calore. Ma
secondo me occorre rivalutare anche l’importanza della relazione nello svolgimento del gioco stesso, dello
STARE con il bambino, fare in modo che sia partecipe a prescindere dal tipo di strumento di gioco che si
utilizza. Secondo me ci sono anche altri due effetti tipici, individuati dalla Montessori: piena Concentrazione
nello svolgimento del compito o del gioco e l’esplosione di una capacità.
La regola enunciata sull’aforisma di Platone può suscitare stupore, tuttavia la sorpresa non ha fondamento
perché il gioco entra nella storia dell’umanità con una sentenza di Eraclito, il quale lo assunse come un
principio cosmico, sia perché da allora ad oggi il tema fu oggetto di studio e applicazione. Perciò è
importante affrontare il tema mediante tre paradigmi (esempi, modelli che ordinano numerose forme):
1. PARADIGMA AUTOTELICO: L’etimo del termine autotelico deriva dal greco ‘’authos’’ ‘’teilicos’’: authos
significa sé stesso, telicos significa fine (in italiano un morfema, ossia un elemento formale avente funzioni
grammaticali che indica sé stesso, in sé e di un fine). In filosofia il termine si riferisce ad un essere o un
evento che possiede in sé la finalità ultima del proprio sussistere o del proprio accadere. Il gioco è una
realtà realizzata per sé stessa in quanto ha il proprio aspetto significante in sé e non nel fine da raggiungere,
non nel risultato che produce. Per tale carattere Aristotele avvicinò il gioco alla felicità e alla virtù, poiché,
anche queste attività giocosa e ludica si scelgono di per sé – paragona poi il gioco al riposo, alla medicina,
qualora venga praticato secondo misure e tempi adeguati.
2. PARADIGMA FILOSOFICO: L’interesse per il gioco è presente in quasi tutti i filosofi succeduti a quelli
dell’era classica: come in Tommaso D’Aquino (1221) il quale, riprendendo la lezione aristotelica, precisò che
il gioco quando non è confuso con il mero divertimento si traduce nella ricreazione dello spirito e nella
quiete dell’anima. Altro filosofo successivo è Niccolò Cusano riteneva che l’approdo ludico è un’attività
propria dell’uomo intelligente e libero. Nel pensiero moderno il gioco è trattato da Kant (1724) e Schiller nel
campo dell’estetica. Il pensiero contemporaneo fa riferimento ad Eraclito, il quale viene nuovamente
ripreso e fornito un significato ontologico (ente+pensiero), che concerne la natura e la conoscenza
dell’essere. Il pensiero contemporaneo parte da Eraclito e arriva ai pensatori del nostro tempo, come
Nietzsche, che si richiama ad Eraclito. Ad esempio, Wittgenstein, che è uno studioso del linguaggio,
riprende il gioco all’interno delle sue ricerche, e per questo motivo introduce il principio dei giochi
linguistici, che fanno riferimento al linguaggio. Una forma del genere proviene anche da un altro filosofo
Gadamer, che assume il gioco come un’attività presente in vari ambiti linguistici. Occorre ora far
riferimento alla fenomenologia, volta a liberare la filosofia dall’empirismo tradizionale e dall’idealismo
astratto: rifiuta questi due corsi della filosofia perché hanno il solo scopo di pervenire alle cose che contano
presenti nei concetti di volontarietà, di coscienza e intersoggettività. si è indotti a notare che la
considerazione del gioco passa per piani diversi e coinvolge molte discipline. Questa varietà di ambiti porta
a chiedere: quali luoghi e significati ha tutto questo? La risposta a questo interrogativo viene data da
Virgilio Melchiorre in una sua opera.
Non possiamo scordarci dei modi di intenzionalità del gioco, e una prima ricognizione permette di
riordinare le molteplici accezioni e accogliere due tonalità intenzionali, che apparentemente sembrano
opporsi al gioco. Da un lato c’è il modo della libertà o del divertimento assoluto, dall’altro c’è il modo della
regolarità pattuita. Nel primo caso il gioco è un’attività accentuazionale, ossia un’attività che un rilievo e
un’evidenza. Nel secondo caso il gioco è un’attività autoregolata, ci sono quindi delle regole.
Ma non bisogna dimenticare l’armonia e la gratuità del gioco, in quanto il gioco vale in quanto a sé stesso e
non ha un fine. Kant afferma ‘’solo l’arte sa cogliere una consonanza’’.
Il valore del gioco: un insieme di abilità, capacità, qualità necessarie da acquisire per tutti gli attori – ossia il
pregio, la rilevanza del gioco che attiene ad una dualità, in quanto risulta composto da due visioni del
mondo: la visione dell’istruzione e della formazione, irriducibili l’una all’altra. Esse sono due elementi della
dottrina pitagorica, la prima riguarda gli alunni, la seconda riguarda i docenti. L’istruzione è tendente al
rafforzamento delle attitudini e delle capacità proprie dell’alunno. La formazione è predisposta al lavoro,
alle iniziative proprie del docente riguardanti l’educazione.
Il valore del gioco si riconoscere nella tendenza dello stesso di preservare, proteggere, difendere e tenere
lontano una situazione negativa. Pertanto, si ritiene conveniente premettere alla trattazione delle due
precedenti visioni (istruzione e formazione) una annotazione di Fornero: precisa che l’importanza crescente
attribuita al gioco è la molteplicità di funzioni che si attribuiscono allo stesso in vari campi e luoghi, e non
hanno tuttavia modificato il concetto del medesimo, quindi l’idea Aristotelica ancora valida. Inoltre,
ribadisce che nella cultura degli ultimi anni il problema del gioco è stato affrontato da punti di vista
disparati, per cui si è gradualmente passati dalla conoscenza di gioco come modello di libertà, al concetto di
gioco come modello di razionalità. Il gioco, come metafora del post metafisico, si sopporta al mondo in
termini di leggerezza, ottenendo il consenso di alcuni pensatori del postmoderno (i filosofi del pensiero
debole) e senza biasimare quest’ultima tesi si torna all’allegoria del dualismo già proposto.
Si considera quindi efficace giovarsi del contributo di un altro filosofo: Daniele Fedeli, il quale, svolge queste
tematiche con chiarezza di informazione e concretezza di soluzione, dove in una rivista afferma
l’importanza di preservare il gioco, ossia sulla difesa del gioco deve compiere nelle attività scolastiche.
Il gioco per conoscere. L’attività ludica esibisce una serie di caratteristiche proprie che permettono
un’analisi di alcuni fattori relativi alle capacità, alle vocazioni del processo di apprendimento degli alunni.
Le capacità fondamentali: composte da coppie che rispondono ad ausili forniti dal gioco e dalle doti
richieste all’alunno. La prima coppia è composta dalle abilità di persistere nelle attività, ma anche dall’aiuto
che il gioco procura attivando la motivazione all’apprendimento. Una seconda coppia è composta dal livello
di autoregolazione e le regole formali che devono essere rispettate. La terza coppia è formata dalle attività
sociali, soprattutto l’interazione con i compagni - queste attività sociali che l’alunno esplica guardano con
attenzione al gioco praticato dall’alunno senza la supervisione dell’adulto. La quarta coppia è formata dalla
disponibilità di interazione mostrata dall’educando, il quale deve essere disponibile ad integrarsi, e solo
allora il gioco che si presenta è un’attività globale che chiama in causa aspetti linguistici, cognitivi e motori.
Oltre alle quattro coppie, occorre anche una vocazione personale: concetto pedagogico relativo al richiamo
interiore, in quanto un’attrazione che l’individuo sente per una determinata forma di attività, alla quale può
essere o non essere adatto. La vocazione è diversa dalle attitudini, le quali sono caratteristiche che si
maturano nel tempo. L’incubazione è un impulso mediante il quale viene maturando un evento o una
decisione della persona.
La giustezza dello spazio. Lo spazio dev’essere preparato in maniera corretta nella classe, infatti, dai
contenuti esposte e dalle osservazioni compiute si evince che il gioco può rappresentare un’occasione
efficace e un’attività di scoperta, a condizione che venga riservato il giusto spazio e tempo.
Il gioco per educare. Si può organizzare l’attività ludica, ma non è facile quando la finalità è l’educazione. Ci
sono vari lati del gioco per l’educazione: il primo lato è quello della resilienza: significa muoversi ma non
rompersi mai, la resilienza evita approcci rigidi e stereotipati. Il secondo lato è quello della pianificazione
delle prove educative. Il terzo lato è la consapevolezza, invitando a scrivere le azioni svolte, in quanto il
gioco ci permette di approfondire due pericolose semplificazioni: condannare semplicemente tutto ciò che
è un videogame e rischiare di dimenticare alcuni giochi che sono apprezzabili e potenti, come il gioco degli
scacchi:
Il gioco degli scacchi presenta delle significative potenzialità, sia per lo sviluppo delle capacità dell’alunno,
sia per altri ambiti come quello cognitivo (viene potenziata la capacità di potenziare l’attenzione), quello
linguistico (per cui si prevede la costruzione di un discorso), quello motorio (induce l’alunno allo
spostamento degli scacchi), quello storico-antropologico (antropologia, scienza che studia la specie umana
nei suoi aspetti naturali, sociali).
Il titolo stabilisce quindi un contatto tra due entità differenti: si tratta della motivazione e del gioco, due
entità che non costituiscono due elementi opposti o irriducibili l’uno all’altra, ma sono due fattori che
concorrono alla realizzazione del processo di apprendimento degli alunni. Questo contributo, per essere
compreso, ha bisogno di chiarire il significato della motivazione volta all’apprendimento, attraverso tre
tappe successive:
- la prima tappa comprende e analizza alcuni fattori basilari dell’alunno, ed è evidente che l’alunno è il
protagonista: il bisogno e l’interesse – due fattori che costituiscono e danno senso alla motivazione.
Se mancano questi due elementi, il bambino è fuori dall’azione e dalla motivazione.
La nozione di bisogno ha innanzitutto un carattere fisiologico, in quanto riguarda l’operatività dell’alunno, la
sua attività manuale, la necessità del risposto, di nutrizione. Ma anche carattere psicologico, cioè il
successo, l’appartenenza al gruppo ecc. fattori che l’alunno dovrebbe avere per essere motivato ad
apprendere. In questa tappa è presente anche la nozione di interesse: un sentimento che deve provocare
l’attenzione, la quale a sua volta è selettiva e determinata, ma è anche uno sforzo finalizzato alla
produzione dello slancio verso la motivazione.
In psicopedagogia il termine bisogno è usato per indicare i fattori di sviluppo della personalità, segnala da
un lato una tensione fisica, dall’altro segnala la mancanza di qualcosa. Il bisogno è legato a bisogni
fondamentali (fisio e psico) ma ci sono dei bisogni secondari che possono non essere soddisfatti perché
vengono dall’esterno. L’interesse è un sentimento che spinge l’individuo a sentirsi necessario e utile. Il
legame tra interesse e bisogni a volte potrebbe anche produrre una ribellione da parte dell’alunno.
- la seconda tappa individua le cause di liberazione del bisogno e dell’interesse, in quanto è fondamentale
che queste vengano liberate, fatte attive, e vengano rese rintracciabili per lo sviluppo psicologico del
bambino. La liberazione si trova nello sviluppo psicofisico, nell’apprendimento nell’ambiente ecc.
- la terza tappa affronta il tema dei contenuti dell’apprendimento. Il tema è volto alla realizzazione delle
iniziative necessarie da compiere per la liberazione, e corrispondono a tre obbiettivi: l’approfondimento
delle nozioni di base dell’insegnamento, la preservazione del gusto del piacere ad imparare, radicamento
della correttezza del pensiero.
L’accezione che gli studiosi attribuiscono oggi alla motivazione non si discosta molto da un postulato di
Aristotele, infatti, si registra in ampia convergenza intorno alla tesi che considera la motivazione, sotto il
profilo psicologico, un impulso conscio e inconscio, un impulso considerato fondamentale per l’agire, per
ridurre le tensioni, le carenze interiori e che alterano l’apprendimento.
La coincidenza tra la versione psicologica e la versione filosofica della motivazione è lapalissima, ma non è
esaustiva nella definizione dei diversi livelli interpretativi, i quali possono essere unificati nel concetto
‘’omeostasi’’, ossia la tendenza a mantenere le proprie caratteristiche e il proprio equilibrio.
Non possiamo ignorare la motivazione nel piacere, che è più forte e molto efficace. Occorre capire quali
sono gli elementi fautori di piacere nel processo di apprendimento scolastico. Si tratta di quel piacere inteso
come gradimento, che corrisponde all’esercizio virtuale dall’attività di studi: occorre cioè fare in modo che
l’esercizio di apprendimento sia piacevole. È vero che il piacere non è una guida critica infallibile, ma è
anche vero che esso, nel settore della formazione, è il meno infallibile di tanti altri fattori. Pertanto,
conviene puntare su di esso senza timidezza, perché dietro alla soddisfazione fa sempre capolino la
determinazione di fare qualcosa (Bruner parlava di contezza). Questo fattore ha un duplice rilievo, in
quanto ottiene risultati sia dal complessivo percorso dell’alunno, sia alla procedura metodica dei docenti –
quindi chiamano in prima pagina l’educativo alunno e il metodico docente.
L’osservazione di questo rilievo presuppone la distinzione tra due tipi di motivazione: la motivazione
estrinseca e intrinseca. Se la motivazione viene dall’esterno per far sì che l’alunno apprenda, l’attività che il
docente compie è sbagliata – perché sono ricompense che dovrebbero stimolare l’alunno, come
organizzare un concorso, il voto ecc. Sono intrinseche le attività che permettono di scoprire sé stessi in
quanto si materializzano nella curiosità, nell’espertezza e nell’esemplarità.
Come può il docente interessare i propri allievi? Per ogni argomento che viene trattato o procedura che
attiva il docente si pone questa domanda. È anche la domanda di un grande pedagogista, Guido Petter, il
quale prima di rispondere al problema, decise di fornire al docente quattro precisazioni:
- che le attività di insegnamento-apprendimento rientrano nella categoria di quelle compiute con
attenzione e costanza;
- a nulla serve proporre agli alunni un’incentivazione esterna, in quanto l’alunno gode quando scopre che è
capace di fare una cosa – e bisogna metterlo in queste condizioni;
- i problemi psicologici cambiano a seconda di una spinta positiva o di un impulso nuovo. Quindi la
monotonia, la ripetizione non va avanti. Occorre un cambiamento regolato a seconda delle esigenze, ma
anche capace di spingere verso una novità;
- ogni causazione si inserisce in un contesto rappresentato da altre e più forti impulsi e cause;
Petter affronta il tema delle didattiche procedendo lungo un binario costituito da motivazioni dirette e
indirette, che devono essere percorse dal docente: lungo la prima rotaia Petter segnalava le attività ludiche,
le quali possono fornire una motivazione diretta. Di esse vanno riportati alcuni esempi di giochi, per fare in
modo che nella classe di realizzino alcune attività: un cartellone con il gioco dell’oca, battaglia navale ecc.
giochi che possono stimolare la motivazione diretta.
Ci sono poi delle attività ludiformi, cioè attività che hanno in comune con i giochi la caratteristica di essere
gratificanti, come il disegno figurato, la lettura di scene figurate, l’ascolto di filastrocche.
Infine, ci sono le valenze indotte, ossia attività di apprendimento che assumono una valenza positiva grazie
al fatto che vengono proposte da un insegnante per il quale gli alunni hanno stima.
Lungo la seconda rotaia ci sono le motivazioni indirette, e Petter indica una terna di strategie adatte ed
efficaci soprattutto nella scuola primaria e secondaria. Questa terna è costituita dalla strategia dei progetti,
cioè l’ideazione e la realizzazione di una o più opere in collaborazione col docente. Inoltre, viene suggerita
un’altra strategia, la strategia dei problemi – con l’aiuto del docente l’alunno realizza il compito. La terza
strategia è quella dell’unità, un particolare modello di didattica caratterizzato dal fatto che, oltre ad essere
centrata su un tema, prevede uno svolgimento per problemi collegato uno all’altro così da permette
l’acquisizione di un insieme organico di conoscenze.
Il campo della cultura. Si preferisce circoscrivere il nucleo essenziale delle molte definizioni, i caposaldi che
qualificano il contenuto e di studiare le conseguenze della cultura. La definizione di cultura porta alla realtà
una dimensione importante, che può essere la soggettività o la oggettività delle cose. Le definizioni più
prossime alla soggettività della cultura, in cui la cultura è prevalentemente una proprietà dell’individuo,
sono quelle che rispondono ancora oggi a ciò che i greci chiamavano ‘’paideia’’.
Le definizioni più vicine all’oggettività, in cui la cultura è l’insieme dei modi di vivere e pensare trasmessi,
sono l’istruzione e le formazioni collettive di una comunità.
I cinque caposaldi della cultura possono essere così semplificati: ogni cultura è un prodotto cresciuto per
sviluppi interni e aggregazioni; ogni cultura è costituita da innumerevoli elementi ideologici e materiali; ogni
cultura possiede un volume di componenti superiore a quello in dotazione di una generazione; ogni cultura
registra che gli elementi materiali e immateriali della medesima sono appresi dagli esseri umani; ogni
cultura ammette che un essere umano è atto ad apprendere la maggioranza degli elementi di tutte le
cultura fino ad una certa epoca.
Le teorie sulle culture che convivono nello stesso paese sono tre e sono scuole di pensiero della classe
dominante: le scuole funzionalistiche, le scuole umanistiche, le scuole storicistiche.
Le conseguenze della cultura in ambito educativo sono le questioni più importanti e salienti della cultura
che esercita il proprio compito in modo da mutare i tratti del comportamento dell’individuo e di renderlo
capace di elevare sé stesso.
Il campo delle emozioni. Un’emozione è una reazione affettiva, intensa, provocata da stimoli interni o
esterni, che mutano improvvisamente l’equilibrio della coscienza. Si segnalano cinque proprietà
dell’emozione: la prima riguarda la struttura originaria dell’emozione, struttura che è umanistica o
antiumanistica. La seconda proprietà attiene alla classificazione che viene costruita sulle culture, e attiene
questa classificazione alla cultura logica, psicologica, sociologica, biologica ecc. la terza proprietà concerne
l’interpretazione delle emozioni da parte di chi le sente, e sono numerose. La quarta proprietà tocca le
tensioni che si manifestano in ogni essere umano, che nascono in seguito a situazioni, azioni ecc. La quinta
proprietà fa riferimento alla motivazione in cui promuove dei comportamenti giustificati, cioè prova essa
stessa una soddisfazione nel promuovere comportamenti positivi.
Il campo del gioco. È imprescindibile l’intervento del gioco per l’attuazione delle iniziative dell’essere
umano, per la soluzione delle questioni presenti nel campo della cultura e dell’emozione. Il ruolo che si
attribuisce al gioco in questo contesto è perciò interpretato dal concetto di partecipazione, che va inteso
come azione diretta che concorre al raggiungimento degli obiettivi del sistema educativo.
Perciò, crescita culturale e gioco collaborano: per quanto riguarda la crescita intellettuale e culturale,
notevole rilevanza hanno le tesi di Piaget – il quale sosteneva che nel progressivo adattamento dell’alunno,
il gioco si verificherebbe tutte le volte che, avendo acquisito un’abilità, l’alunno cerca di far aderire allo
schema motorio o cognitivo, oggetti nuovi, con il risultato di esercitare le abilità e le scoperte. Proprio per
questo esercitare schemi acquisiti da poco, deriverebbe quel piacere funzionale e quel senso di
soddisfazione che spinge a ripetere con gioia operazioni apprese.
È giusto considerare anche il legame tra gioco e vita emotiva. La ricerca psicologica ha cercato di delineare i
rapporti tra attività ludica e sviluppo affettivo ed emotivo. Da un lato il timore e l’ansia che un bambino
prova nei confronti di determinate cose, i quali possono venire ridotti attraverso la rappresentazione ludica
del gioco. Dall’altro lato ci sono impulsi e desideri che non possono trovare soddisfazione sul piano
concreto, ma possono solo esprimersi su oggetti simbolo.
In entrambi casi il gioco assicurerebbe un migliore equilibrio emotivo.
È risaputo che attraverso il gioco e le attività neuromotorie i bambini sono stimolati a esplorare con il
corpo; la regola di “imparare facendo” era sostenuta da Confucio che in una famosa massima aveva
sottolineato: “se ascolto dimentico, se guardo capisco e se faccio imparo”.
L’esperienza sonora si salda strettamente con la motricità; i movimenti semplici abbinati alle canzoni
permettono di memorizzare in modo ludico i concetti espressi, che in questo modo vengono fissati più
rapidamente e contribuiscono ad affinare le abilità neuromotorie. ‘’giocando bene si impara meglio’’.
Sia i bambini, che gli adulti, ciò che sanno non è solo il frutto di un apprendimento, ma possono averlo
appreso nella vita di tutti i giorni. Viceversa, ci può esistere un tipo di insegnamento che non conduce
l’allievo ad imparare: il legame sta qui, tra l’insegnamento e l’apprendimento. Questo rapporto è spesso
oscuro, e l’idea che si collega alla parola insegnare tende a complicare la situazione. Si potrebbe
sottolineare che l’insegnante sa, e il bambino non sa. Il compito dell’insegnante sarebbe allora quello di
parlare al bambino, di istruirlo. Oggi si è capito che un insegnante non ha tanto un compito definito da
eseguire, ma un ruolo da sostenere, un’interpretazione relativa al ruolo dell’insegnante sarà sottolineata
ora.
A Ginevra sono stati generati parecchi stadi: stadio intuitivo e stadio dell’operazione concreta. Per i bambini
di cinque anni le cose sono ciò che appaiono e non ciò che sono. Alcuni psicologi definiscono questo
aspetto con la linea di confine tra fantasia e realtà. Dalla fase del pensiero intuitivo alla fase dell’operazione
concreta. Attraverso molti esperimenti gli alunni acquistano la capacità di stabilire l’invarianza (ciò che non
varia) ad esempio dei numeri, di una sostanza. Egli si renderà conto che cinque sassi, come vengono
disposti, sono sempre cinque: l’invarianza è fissa. In questo stadio il bambino sarà in grado di affrontare
qualsiasi problema reale che nasca dall’uso di materiali concreti – a circa sette anni. Lo stadio delle
operazioni concrete si prolunga per molti anni e la capacità di passare dal materiale all’astrazione sorge
intorno agli 11 o 12 anni, tuttavia, non si verifica un cambiamento clamoroso da un giorno all’altro, ma una
sequenza di stadi intermedi. L’improvvisa intuizione indica che il bambino sta entrando nell’importante
stadio di transizione.
LA NARRAZIONE PER GIOCO
Il cuore della narrazione trae ispirazione da su saggio di Bruner, il quale parlando dei principi che
riguardano l’educazione, pone un nono principio: quello della narrazione. Bruner ci parla del principio
narrativo, che è molto importante.
Noi ora dobbiamo tenere presente che con l’atto di raccontare i fatti, le circostanze, gli avvenimenti reali o
immaginari, sia a voce che per iscritto, si arriva ad un celebre terzetto poetico di Dante: tre celebri versi che
non vanno dimenticati, in quanto si avvalgono del principio narrativo. Significativo del verso di dante: forse
la narrazione è a noi oscura, ed è oscura come era oscura ciò che diceva la figlia di Uranio, ciò che diceva la
sfinge; per questa ragione riesce poco chiaro ciò che stai dicendo e non è persuasiva, perché il mondo
attutisce l’intelletto quando si tratta della narrazione (l’intelletto annebbia tutto).
Gli esseri umani di oggi pensano che la narrazione sia un modo di pensare e di esprimere una visione, le
cose e i fatti, ma anche un modo per costruire una versione di sé stessi nel mondo. – concetto molto più
ampio rispetto al passato. È quindi da tenere presente l’importanza del narrare e del raccontare anche
all’interno delle scuole.
La narrazione, anche nella mente del lettore, può formulare un interrogativo: in che cosa consiste la
narrazione? qual è l’essere e il fondamento della narrazione? Per rispondere al quesito è richiesta
un’esposizione tripolare della narrazione, la quale è costituita da: il cuore della narrazione, il principio della
narrazione e i problemi dei criteri relativi alla narrazione.
Qual è l’essere e il fondamento della narrazione?
Alcuni studiosi spesso collegano la libertà alla creatività, per cui quando parlano di attività creativa
intendono quella in cui si è liberi di creare. C’è un rifiuto di questa tesi, che viene avanzata anche in un
saggio di Bartezzaghi, il quale ammette che non sarebbe errato considerare la creatività come un piccolo
aspetto della libertà, ma aggiunge che la libertà delle convinzioni assestate non coincide con la libertà
assoluta dai vincoli. Se si pensa che la creatività sia svincolata da tutto è sbagliato, perché non c’è libertà
assoluta sulla creatività, su ciò che si costruisce. Per proseguire nella ricerca, avendo come faro la
convinzione che alla libertà della creatività non corrisponde la libertà nella creatività, è proficuo elencare un
ragionamento composto da tre grandi cerchi concentrici sulla creatività. Questi tre cerchi, o domande e
risposte, saranno poi sviluppate da un decalogo. (bisogna tenere in considerazione che la maggior parte dei
problemi della creatività non ha una sola soluzione di rispondere).
Artur Cropley si occupa di rispondere a tre domande: perché si deve incoraggiare la creatività nella scuola?
Occorre incoraggiare la creatività per il valore che ha di per sé la creatività stessa, per l’utilità di affrontare e
risolvere problemi didattici e per la convenienza di incentivare il pensiero creativo.
- si può insegnare un apprendimento creativo? È possibile solo se il docente applica tecniche specifiche di
insegnamento e sia consapevole che esiste un apprendimento creativo differente da quello meccanico.
- come si può favorire il pensiero creativo? L’urgenza è quella di seguire il metodo di Francis Bacon e di
procedere rispettando le fasi dell’eliminazione della pars destruens e successivamente costruire la fase
della pars construens.
Il parlare di sé stessi: Una psicologa e psicoterapeuta, Bianca Pananti, in una rivista afferma che raccontarsi
è un’arte antica funzionale alla scoperta di sé, al dare forma al proprio mondo interiore – ed è
un’importante tecnica di intervento educativo in svariati ambiti della promozione della persona. Durante il
percorso scolastico, in tutto lo sviluppo evolutivo, si ricorre spesso alla narrazione autobiografica, cioè una
narrazione che riguarda la descrizione delle attività svolte. I presupposti che fondano la narrazione
autobiografica si trovano sia nelle ricerche di Piaget, che in quelle di Montessori e di Bruner: è Bruner che
definisce l’autobiografia come un resoconto fatto da un narratore, e riguarda un protagonista che porta il
suo stesso nome, il quale è esistito, e la cui storia finisce nel presente – quando il protagonista si fondo con
il narratore. Si riferisce quindi allo studio completo del fanciullo.
Cinque schede: per un’applicazione di quanto detto e delle idee e dei giochi attinenti a queste tematiche, si
rinvia alle tesi di Bianca Panati, e soprattutto alle sue cinque schede presentate nella rivista di psicologia e
scuola. Qui vengono consigliati gli strumenti e i giochi indispensabili per compiere la narrazione di sé, dei
quali si riprendono e si indicano i contenuti essenziali. Queste cinque schede sono:
- La creazione della fiducia, che deve maturare nella coscienza di ogni alunno. Per raggiungere questo
obiettivo si devono costruire attività di gruppo per raccontare la storia di ognuno. È necessario proseguire
con la scoperta delle aspettative di ciascuno. Questa scelta si conclude focalizzando l’attenzione di ciascun
alunno sull’importanza individuale che ha, sul senso di identità personale, sulla condivisione attraverso il
disegno, delle proprie capacità.
- L’importanza della relazione: l’attività di gruppo prevede la pittura del proprio autoritratto e altre
metodologie per condividere con gli altri il proprio operato.
- L’interiorità: in piccoli sottogruppi il docente chiede di costruire insieme un modello della loro casa ideale,
La socializzazione.
Talcott precisò che la funzione di socializzazione è diretta a sviluppare negli individui sia una serie di
obblighi, sia una serie di capacità essenziali per poter svolgere dei ruoli sociali. Gli impegni si suddividono in
due sottospecie: nei riguardi dei valori comuni, e nei riguardi di un preciso ruolo da assumere all’interno
della struttura sociale. La socializzazione è un processo crescente e cumulativo nel corso di un’interazione
sociale. inoltre, si riscontra che la socializzazione copre tutto l’arco della vita crescendo per gradi sempre
più elevati di competenze comunicative, le quali prevedono un impegno. Infine, si rileva la compatibilità
della socializzazione con le esigenze della sua sopravvivenza psicofisica entro una data cultura. Il compito
del docente è quello di modellare la personalità dell’alunno, e per fare questo bisogna prendere in
considerazione le tematiche intrecciate nella socializzazione e dell’apprendimento:
Le personalità modellate degli alunni. Una ulteriore osservazione concerne la connessione socializzazione-
personalità – termini connessi ai fini di maturare la personalità. La tesi di Gallino dimostra l’antinomia tra i
due termini; tuttavia, non si può negare che ogni definizione di socializzazione non implichi un determinato
modello di personalità. Quindi, la socializzazione viene ad essere diversamente configurata rispetto ad un
modello che ipotizza una continua evoluzione della personalità per tutto il corso della vita.
La maggior parte delle definizioni della socializzazione si possono far entrare in tre gruppi, a seconda che
accentuino: - l’apprendimento delle prescrizioni di ruolo che plasmano l’individuo (il ruolo, il dovere, la
passione).
- la riduzione del rango di potere e di potenzialità che l’individuo possiede. Qual è il rango di potere e di
potenzialità dell’individuo? Si riduce o va arricchito?
- la relativa autonomia che l’individuo possiede dinnanzi ai vari tipi di istituzione cui si trova.
L’autonomia che l’individuo deve possedere è rispettosa di alcune regole.
Tra le definizioni della socializzazione se ne trovano alcune che tendono ad assegnare alla socializzazione un
peso determinante come fattore di comportamento, definizioni che inclinano verso una concentrazione
ultra-socializzata dell’uomo.
Tematiche intrecciate. Dopo aver chiarito il rapporto tra socializzazione e personalità, si può far riferimento
alle cinque tematiche intrecciate:
Le fasi: la prima tematica.
Lo svolgimento della ricerca e dello studio relativo ad essa si muovono in direzione di una concezione ultra
socializzata dell’uomo, in cui si distinguono due fasi: una socializzazione primaria e una secondaria; due fasi
che i sociologi affrontano da due ottiche differenti: la prima socializzazione interviene nei primi anni di età e
ha come ciclo di vita l’infanzia e ha come contesto la famiglia. La socializzazione secondaria comprende tutti
i processi successivi all’infanzia e può essere definita come l’insieme di pratiche messe in atto dalla società.
L’ottica trasversale preferisce esaminare le due fasi precedenti osservando il dinamismo di alcuni fenomeni
che lo attraversano nel tempo. I più rilevanti sono: le pulsioni motivazionali, il comportamento dell’adulto,
la latenza degli stati strutturati di personalità, gli stadi di maturazioni, i meccanismi che rendono possibile la
socializzazione.
Le semantiche: la seconda tematica.
La semantica, cioè il significato delle cose, è la dottrina che considera il rapporto di segni con gli oggetti cui
si riferiscono. La sociologia si avvale di questa disciplina. Soprattutto la socializzazione che abbisogna di
trasparenza ricorre alla semantica per poter denotare o poter connotare. Nel concetto di socializzazione
bisogna discernere tra due grandi semantiche: nell’ambito della prima semantica la socializzazione indica
ogni forma di azioni tendente a trasformare la proprietà e la gestione delle imprese. Nell’ambito della
seconda semantica relativa agli esseri umani, si riferisce al processo per il cui gli uomini e le donne
diventano sociali in quanto assumono modi di pensare
I modelli: la terza tematica.
Il significato del modello come guida da seguire, un esempio da imitare non si addice alla nostra riflessione.
La nozione di modello a cui si aderisce nell’istruzione riguarda la forma stabile, il prospetto concreto e il
composto elementare che lo rendono reale.
Le esigenze: la quarta tematica.
La prima esigenza postula la scelta e la preparazione di operatori che siano in grado di leggere la realtà, di
produrre un significato e di attivare la comunicazione. La seconda esigenza richiede l’utilizzo della
mediazione in un luogo della trasmissione dei saperi. La terza esigenza prevede la risposta a due
interrogativi: il primo richiede di trovare una convergenza con gli altri, il secondo è concernente la
possibilità di educare soggetti capaci di vivere una libertà responsabile. La quarta esigenza propugna
l’elaborazione di un nuovo modello di socializzazione che sia in grado di assumere la centralità della
comunicazione e la imprescindibilità della società.
Gli stili: la quinta tematica.
Questa esigenza richiede la necessità di rispettare le persone.
I numeri della scuola italiana: gli studenti sono sette milioni e 400 mila
gli iscritti dell’anno 2022/2023 sono diminuiti notevolmente: 123 mila in meno
studenti di nazionalità straniera 798 mila
studenti con disabilità sono 277 mila
i docenti sono 856 mila
gli istituti scolastici sono 41 mila, le classi sono 386 mila.
All’interno del gruppo l’affettività tesse le relazioni dei membri tra loro e tende a stabilirsi in un sistema da
cui dipendono gli atteggiamenti dei membri. Per scoprire la struttura dei gruppi primari è fondamentale
utilizzare nuovi mezzi, come la sociometria.
La sociometria è l’insieme dei metodi destinati a chiarire la struttura socioaffettiva dei gruppi e lo studio
della dinamica dei gruppi durevoli. Ha per oggetto lo studio matematica delle caratteristiche delle genti, e a
tale scopo mette in opera una tecnica sperimentale basata su metodi quantitativi – persegue quindi
un’indagine metodica sullo sviluppo e l’organizzazione dei gruppi.
Il test sociometrico.
Il test è uno dei mezzi più efficaci per cogliere la struttura latente del gruppo. Per quanto riguarda la scuola
è una delle tecniche più originali in vista della misurazione del grado di organizzazione del gruppo-classe.
Esso studia le strutture sociali alla luce delle attrazioni e delle repulsioni che si manifestano, quindi delle
relazioni esistenti. I criteri sociometrici maggiormente utilizzati sono l’aspetto socio-relazionale, l’aspetto
organizzativo-gerarchico, l’aspetto operativo-progettuale che finalizza l’attività al raggiungimento di un
obiettivo. L’uso del test implica il verificarsi di certe condizioni, ad esempio che i soggetti siano attirati gli
uni verso gli altri. Il test viene costruito dal docente secondo una procedura, che prevede la scelta dei criteri
nei quali gli alunni abbiano la reale opportunità di associarsi, le domande per ogni criterio devono essere
due (positiva e negativa) e devono essere formulate al condizionale, far parte delle esperienze degli alunni
e avanzate in modo concreto. È importante che la fase di somministrazione avvenga quando sono presenti
tutti gli alunni, ma è inoltre importante illustrare con chiarezza le finalità e le modalità del test, precisare
che le domande toccano aspetti personale e che la sua esecuzione è facile (+ altre prudenze). L’insieme
delle risposte ottenute vengono registrate in una matrice sociometrica, modalità sintetica per
rappresentare le relazioni esistenti. Successivamente si predispongono in ordine alfabetico i questionari
compilati degli alunni, si compila una tabella a doppia entrata, si scrivono i nomi degli alunni in ordine
alfabetico e si riportano le scelte compiute da ogni alunno.
2. Didattica attiva.
Questo tema prevede un impegno attivo di collaborazione in un’impresa di insegnamento apprendimento.
Un particolare di accrescimento morale e intellettuale sta dentro una didattica ben concepita e mobilitata.
Il docente deve rafforzare la vitalità intellettuale ed etica, ma anche sviluppare il potere mentale e morale
attraverso la meraviglia: compito della didattica è quello di meravigliare l’alunno che apprendere. La
meraviglia è una dimensione dell’esperienza umana, è uno stato mentale caratterizzato da: lo stupore - che
genera sorpresa, porta ad un’apertura e quindi suscita desiderio di andare oltre – e l’accomodamento, cioè
la capacità dell’alunno di modificare i propri schemi comportamentali e mentali in funzione degli stimoli e
dei dati nuovi forniti dalla situazione. È quindi un movimento che va dall’oggetto al soggetto e compare
nell’alunno quando l’alunno, basandosi su schemi già conosciuti, va contro le difficoltà e scopre nuovi
mezzi. La meraviglia è parte anche di un’educazione al pensiero divergente, che è in grado di espandersi al
di fuori degli stereotipi e quindi con maggiore flessibilità.
E’ evidente che la didattica non è estranea alla tematica trattata, ed entra in essa collegando la finalità di
istruzione con l’aspettativa degli alunni, i bisogni e le attese della società con la condizioni personali di vita
degli allievi, i contenuti dei saperi con il sentimento di meraviglia.
Il ponte scavalca.
Data per acquisita l’ipotesi di un’innovazione del sistema educativo, risulta opportuno ritornare
sull’argomento con una visione rivolta alle idee e proposte avanzate a livello internazionale. È convinzione
diffusa che il modo proficuo per elaborare una ipotesi di innovazione del sistema educativo sia quello di
partire da una ricognizione delle proposte del passato, per poi progettare un nuovo modello (visione
acronica e sincronica). Sono queste due le estremità di un ponte a tre arcate:
1. Il punto di partenza, la prima arcata.
La partenza della riflessione è costituita dall’opera dell’apprendimento per tutta l’arco della vita. Si trattava
di un’iniziativa voluta perché si pensava che potesse offrire un contributo prezioso alla realizzazione di una
nuova visione incentrata sulla persona umana. Viene così proposta una strategia microstrutturale, che
prevedeva che i tipi di istruzione e formazione potevano essere distribuiti in tre grandi categorie. La prima
categoria è quella delle scuole primarie, la seconda è quella delle scuole secondarie che possedevano e
possiedono tre tipi di attività: una cultura generale, una cultura generale con un ventaglio di percorsi
professionali e una scuola secondaria con la presenza di scuola tecniche. Infine, i centri di formazione
professionale che entravano in azione dopo il primo ciclo di scuola. Oltre alla strategia microstrutturale, c’è
la strategia macrostrutturale: il sistema educativo, dovendo motivare le persone ad acquisire capacità e
attitudini, gli veniva richiesto di assumere dei requisiti: l’offerta di esperienze, la fondazione di una cultura
condivisa, l’incremento di un atteggiamento verso l’innovazione, assicurazione di una transizione da
sistema educativo a mondo del lavoro, coinvolgere tutte le agenzie educative ecc.
2. Il passaggio di mezzo, la seconda arcata.
Ci si limita a esaminare gli andamenti che si riferiscono al programma dell’educazione per tutti lanciato
dall’UNESCO nel 1990. Bisogna quindi conferire un’interpretazione problematica dell’educazione e
dell’apprendimento, che sono stati compresi e attuati in maniera diversa fra le Nazioni che li adottarono.
Emerge una duplice concezione: da un lato si affermava la prospettiva neoliberale, in cui la formazione
veniva ridotta a favore del mercato. In questo contesto vennero attribuite alle scuole due funzioni: la prima
consisteva nella riproduzione delle condizioni di produzione con la formazione dei figli delle elitè, la
seconda consisteva nella selezione degli allievi di origine familiare bassa che divennero forza-lavoro.
Dall’altro lato si affermava il modello della scuola efficiente, la quale sottolineava la crescita economica.
I tassi degli allievi delle scuole secondarie dimostrano un aumento di frequenze molto basso, con un
consistente diminuzione. In base a questi risultati molti governi arrivano alla conclusione che l’offerta di
una formazione professionale non era conveniente. Quindi, si sostiene l’insufficienza della formazione
professionale nel creare, da sola, posti di lavoro. Le sfide della crescita vengono poste ad un gruppo di età
molto vasto, tra i 15 e i 24 anni. Il problema è che il ritmo della demografia è di molto superiore a quello
dello sviluppo del lavoro.
3. L’arrivo del futuro, la terza arcata.
Dopo aver presentato le proposte degli ultimi decenni e le sfide che sono emerse, sembra vantaggioso
delineare le scelte che potrebbero contribuire ad affrontare le problematiche attuali. Il progetto a cui ci si
riferisce ha definito gli orientamenti fondamentali del quadro di azione di Education 2030. Questi
documenti costituiscono l’oggetto principale della disamina della scuola che si auspica per il presente e per
il futuro. L’educazione propone di completare il processo verso mete stabile, per cui l’impegno è
concentrato su questi provvedimenti: ampliamento dell’accesso e garanzia dell’inclusione, dell’eguaglianza,
della qualità dell’apprendimento a tutti, inserimento armonioso del programma educativo in quello dello
sviluppo sostenibile, crescita dell’impegno in favore degli allievi marginali, attribuzione di una rilevanza alle
qualità degli apprendimenti, mobilitazione della cura dei mezzi, coinvolgimento globale nel programma di
tutti i paesi, riconoscimento di una importanza alle esigenze del contesto sociale (disoccupazione,
migrazione, progresso tecnologico).