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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A

SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

1a Lezione – Introduzione

La scuola è organizzazione complessa per la gestione della quale è necessaria la partecipazione


di tutte le componenti.
Ai compiti di carattere formativo, la docenza, l’attività di formazione in servizio, di ricerca
didattica, si sommano compiti di natura professionale che comportano:
- impegni assunti all’interno della propria organizzazione scolastica;
- partecipazione ai dipartimenti, a gruppi di progetto, a nuclei di valutazione;
- svolgimento di funzioni di staff, strumentali, di supporto.
Al docente, da tempo, non è più solo richiesto di insegnare, nella scuola i docenti lavorano
“diversamente”, c’è un tempo di lavoro “diverso” connesso alla funzione docente che deve
essere necessariamente svolto, pena la paralisi di tutta l’organizzazione.
Questi impegni sono previsti nel Contratto di lavoro di comparto, gli articoli 29 e 30
disciplinano le attività funzionali all’insegnamento, le attività aggiuntive e le ore eccedenti.
Esiste però il problema di come far emergere il lavoro sempre più gravoso e impegnativo e, in
questo senso, non bastano più le garanzie contrattuali, vi è la necessità di valorizzare tutte le
attività svolte nella scuola.
Il gruppo è lo strumento principale per la gestione organizzativa e didattica della scuola.
Esso rappresenta il luogo dove ogni persona forma la propria individualità e sperimenta le
proprie capacità. Il gruppo è anche “strumento d’apprendimento”.
Le relazioni e lo scambio di opinioni permettono un profondo arricchimento culturale e
personale, nonché la costruzione di una cultura “multipla”, dove ogni soggetto è portatore attivo
di nuovi orizzonti di senso. Il lavoro di gruppo, inoltre, aumenta la responsabilità individuale
giacché è in grado di assegnare a ciascun membro il peso del risultato complessivo.
Nella costituzione dei gruppi intervengono diversi “attori”, i quali esercitano competenze
diverse a seconda del ruolo rivestito.
Un ruolo chiave è rivestito dal Dirigente scolastico, a cui la norma attribuisce l’adozione di
provvedimenti di gestione del personale.

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A seconda del “compito”, i gruppi di lavoro possono essere costituiti per rispondere ad esigenze
organizzative: la competenza di individuazione del personale è riservata al Dirigente scolastico
o al Consiglio di istituto. La maggior parte delle commissioni, dei gruppi di lavoro viene
costituita per rispondere ad esigenze di natura educativa e didattica: in questo caso spetta al
Collegio dei docenti la determinazione dei compiti e l’individuazione dei componenti.
Lo staff di direzione rappresenta lo strumento di coordinamento di tutta le attività della scuola.
È presieduto dal Dirigente scolastico ed è costituito dal personale docente che riveste funzioni
apicali e dal Direttore dei Servizi Generali a Amministrativi.
Le figure dello staff dirigenziale osservano e rilevano gli aspetti di maggiore criticità,
propongono soluzioni innovative, danno impulso alla collegialità, raccolgono percezioni,
confrontano tra di loro punti di vista. Ogni figura preposta ad un’area dello staff deve avere una
visione di insieme della tematica, interloquire con tutti gli altri livelli che supportano la
dirigenza, rendicontare e proporre aspetti migliorativi.
Gli aspetti organizzativi per ogni area si articolano in una serie di fasi, ciascuna funzionale per
verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità di tutte le attività scolastiche.
La progettazione, la pianificazione, il coordinamento, il monitoraggio, la verifica e la
valutazione delle attività sono i compiti che consentono di presidiare le aree strategiche.
Queste azioni si concretizzano:
- nella definizione degli obiettivi da perseguire;
- nella realizzazione di attività a medio e lungo termine, tangibili e documentabili nel loro
espletamento;
- nel monitoraggio per il controllo costante e l’eventuale realizzazione tempestiva di
cambiamenti in itinere;
- nella verifica e la valutazione del lavoro svolto in termini di buone prassi per l’intera
istituzione, con una rendicontazione finale.
Nell’organizzazione scolastica, il Dirigente scolastico è il leader istituzionale, con le
responsabilità e l’autorità del ruolo formalmente affidatogli, tra cui la scelta dei collaboratori,
delle figure intermedie. Egli procede all’individuazione sulla base delle competenze, delle
esperienze nell’area da presidiare, ma la figura apicale deve possedere anche capacità di
conduzione dei gruppi.
Dirigente e staff devono conoscere gli elementi regolativi delle organizzazioni complesse, i
processi che si attivano, le problematiche che si determinano, le dinamiche relazionali. In tal
senso è necessario che siano conosciute le principali teorie organizzative e gli strumenti

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affinché nelle riunioni si raggiungano gli obiettivi prefissati.
Il funzionamento dello staff è condizionato dallo stile di leadership del Dirigente scolastico.
La letteratura ha individuato modelli e stili di leadership diversi.
Le due connotazioni principali fanno riferimento a comportamenti orientati al compito,
maggiormente autoritari e di tipo socio-affettivo, democratico.
Non vi è un modello migliore dell’altro, è anzi importante usare, a seconda delle circostanze da
affrontare, il comportamento più funzionale alla soluzione del problema.
Un atteggiamento fermo e deciso può essere utile in situazioni molto facili, con buoni rapporti
fra personale e leader, per compiti semplici e strutturati, oppure, al contrario, in situazioni molto
difficili, rapporti relazionali non facili e compiti poco definiti e complessi. Un comportamento
simile rende di più in situazioni tese, in condizioni di urgenza.
Un comportamento democratico può essere più produttivo ed efficace nelle situazioni
intermedie, con compiti abbastanza strutturati, o di media difficoltà, con rapporti né buoni né
cattivi fra e con i membri. Esso rende di più in situazioni rilassate e non conflittuali.
Lo stile sicuramente condivisibile è quello “autorevole”, in cui Il Dirigente svolge una funzione
di facilitatore del gruppo e del lavoro, valorizzando le potenzialità di ciascuno, promuovendo
un rapporto dialogico e corresponsabile, un comportamento partecipe, proattivo.
Data la complessità dell’istituzione scolastica, è previsto che il Dirigente scolastico nello
svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative (esercizio del potere di
gestione) possa avvalersi di docenti da lui individuati cui può delegare specifici compiti.
La delega è lo strumento di organizzazione del lavoro, con la funzione specifica, di
razionalizzare e semplificare l’azione amministrativa.
Solitamente, trattandosi di un atto discrezionale e non dovuto, ci si avvale della delega nei
casi in cui determinati organi si trovano ad essere gravati da un’elevata mole di affari, per
cui si rende necessario, al fine di garantire un miglior funzionamento della macchina
amministrativa, affidare lo svolgimento di alcuni compiti ad altri organi, appartenenti allo
stesso ente (delega interorganica) o a diverso ente (delega intersoggettiva).
Nelle realtà complesse, come è la scuola, un mezzo per semplificare la gestione (di cui è
responsabile il Dirigente scolastico) è la delega di compiti.
Il delegante è il Dirigente scolastico, il delegato è un docente dell’istituzione scolastica o il
Direttore dei Sevizi Generali e Amministrativi.
Il Dirigente scolastico si trova in posizione di preminenza, infatti mantiene comunque poteri
specifici di direttivo, controllo, sostituzione in caso di inerzia del delegato e di annullamento
dell’operato del delegato, in via di autotutela dell’amministrazione.

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Il delegato:
- si giova di un incarico specifico a lui delegato (per sua natura temporaneo);
- ha il dovere di porre in essere tutte le attività connesse allo svolgimento della delega;
- ha responsabilità personale e diretta rispetto all’incarico conferitogli;
- non può in alcun caso delegare ad altri il proprio compito;
- risponde in sede civile e penale se non rispetta i termini specifici della delega
conferita.
Il delegato gestisce solo l’esercizio di un potere, ma non ne consegue la titolarità.
La delega è rilasciata per iscritto e formulata con estrema chiarezza, specie con riferimento
agli estremi del potere-compito conferito.
Philippe Perrenoud1 sostiene che al docente servano 10 competenze:
1. organizzare e animare situazioni di apprendimento;
2. gestire la progressione degli apprendimenti;
3. ideare e fare evolvere dispositivi di differenziazione;
4. lavorare in gruppo;
5. coinvolgere gli alunni nei loro apprendimenti e nel loro lavoro;
6. partecipare alla gestione della scuola;
7. informare e coinvolgere i genitori;
8. servirsi delle nuove tecnologie;
9. affrontare i doveri e i dilemmi della professione;
10. gestire la propria formazione continua.
Risulta evidente che la professione docente non si limita più nell’insegnare agli alunni la lezione
in classe, ma investe:
a. l’area delle competenze relative all’insegnamento (Didattica);
b. l’area delle competenze relative alla partecipazione scolastica (Organizzazione);
c. l’area delle competenze relative alla propria formazione (Professionalità).
L’articolazione del Contratto di lavoro, così come è strutturato (25/22+2/18 ore settimanali di
attività di insegnamento settimanali e 40 + 40 ore annue di attività funzionali all’insegnamento)
non è sufficiente a garantire l’effettuazione di tutte le attività relative all’organizzazione e alla
professionalità.
Le ore di insegnamento sono in linea con quelle dei Paesi europei, il problema riguarda il

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Si veda: Perrenoud, P. (2002). Nuove competenze professionali per insegnare. Dieci competenze per insegnare.
Roma: Anicia.

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riequilibrio all’interno dei diversi gradi scolastici, stante l’unicità del ruolo docente e la
medesima formazione universitaria.
È insufficiente la parte dell’orario di lavoro definito contrattualmente per lo svolgimento di
tutte le attività di servizio non di insegnamento, il problema quindi è quello di:
- rendere visibili le attività connesse alla funzione docente;
- prevedere un monte-ore adeguato di attività connesse all’insegnamento;
- predisporre un monte-ore consistente di formazione in servizio.
La scuola non può continuare ad essere sostenuta da un gruppo di docenti “volonterosi e
meritevoli” che effettuano gran parte delle ore di servizio con riconoscimenti economici
inadeguati (Fondo di istituto e bonus premiale), l’aggiornamento professionale ora obbligatorio
deve essere declinato in termini contrattuali certi e definiti.

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UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

2a Lezione – I gruppi di lavoro nella scuola: le competenze del dirigente scolastico e degli
organi collegiali

“Al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti della scuola dello Stato e delle competenze e delle
responsabilità proprie del personale ispettivo, direttivo e docente, la partecipazione alla gestione della
scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e
civica, sono istituiti, a livello di circolo, di istituto, distrettuale, provinciale e nazionale, gli organi
collegiali”.

Questo è l’articolo 3 del D. L. vo n. 297 del 16 aprile 1994 che riprende pedissequamente
l’articolo 1 del D.P.R. n. 416 del 31 maggio 1974 (Istituzione e riordinamento di organi
collegiali della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica).
Non c’è dubbio che l’introduzione degli organi collegiali rappresenti il punto di svolta nella
gestione della scuola intesa come organizzazione, in quanto la gestione collegiale della scuola
ha comportato anche la ridefinizione del ruolo del Direttore didattico e del Preside, divenuto
successivamente Dirigente scolastico.

Le competenze del Dirigente scolastico e degli organi collegiali nella costituzione dei
gruppi di lavoro
I cambiamenti delle competenze del Dirigente scolastico nella gestione della scuola e, di
conseguenza, nella gestione dei gruppi di lavoro, sono stati funzionali e hanno seguito lo stesso
percorso dell’attribuzione dell’autonomia alle istituzioni scolastiche.
Prima dell’avvento della scuola autonoma, il profilo del dirigente era delineato dall’articolo 396
del D. L. vo n. 297/1994:

“Il personale direttivo assolve alla funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo
o di istituto; a tal fine presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura l’esecuzione delle

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deliberazioni degli organi collegiali ed esercita le specifiche funzioni di ordine amministrativo”.

Il ruolo, quindi, risulta di “coordinamento” delle attività e, di conseguenza, anche dei gruppi di
lavoro. In altri articoli è menzionata la presidenza dei Consigli di
intersezione/interclasse/classe, del Collegio dei docenti, della Giunta esecutiva, ma nulla che
attenga direttamente alla gestione diretta del personale scolastico, dei docenti e dei gruppi in
particolare.
È l’articolo 25 del D. L.vo n. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche) a richiamare funzioni specifiche relativamente
alla gestione del personale scolastico laddove, tra le funzioni attribuite, specifica

“autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane, nel rispetto
delle competenze degli organi collegiali scolastici” e più avanti “nell’ambito delle funzioni attribuite
alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l’adozione di provvedimenti di gestione delle risorse e del
personale”.

Nello stesso decreto legislativo viene sancita la tripartizione dei poteri all’interno
dell’istituzione scolastica: accanto alle sopracitate competenze gestionali del Dirigente
scolastico, si affermano quelle di contenuto educativo-didattico, di pertinenza del Collegio dei
docenti.
Al Collegio dei docenti, tra gli organi collegiali della scuola, compete la responsabilità
dell’impostazione didattico-educativa, in rapporto alle particolari esigenze dell’istituzione
scolastica e in armonia con le decisioni del Consiglio di circolo o di istituto. Esso
mantiene competenza esclusiva per quanto attiene agli aspetti pedagogico-formativi e
all’organizzazione didattica.
La costituzione dei gruppi di lavoro è funzionale alla realizzazione del Piano triennale
dell’offerta formativa (PTOF), attiene a quella parte di Piano che si occupa dell’assetto
organizzativo dell’istituzione scolastica. Il Piano è elaborato dal Collegio dei docenti, sulla base
degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione amministrativa del Dirigente
scolastico ed è approvato infine dal Consiglio di Istituto.
A diverso titolo e livello, Dirigente scolastico e Organi collegiali intervengono nella
predisposizione del Piano, ma la competenza di elaborazione e quindi di individuazione
specifica dei gruppi di lavoro funzionali alla realizzazione del PTOF è indubbiamente del
Collegio dei docenti.

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Nella costituzione dei gruppi di lavoro intervengono con competenze diverse anche il Consiglio
di istituto e la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU).
Spetta infatti al Consiglio di istituto deliberare le attività previste nel PTOF che accedono al
Fondo di istituto, si tratta di una competenza meramente amministrativa, non intervenendo sulla
qualità delle attività previste; in sede di contrattazione, il Dirigente scolastico e la RSU devono
contrattare i compensi spettanti al personale per le attività connesse con il funzionamento della
scuola che eccedono quelle previste dall’articolo 29 del CCNL (le cosiddette 40 + 40 ore).
I compensi per i componenti dei gruppi di lavoro rientrano infatti tra quelli previsti all’articolo
88 c. 2.k (compensi per il personale docente, educativo ed ATA per ogni altra attività deliberata
dal consiglio di circolo o d’istituto nell’ambito del POF).

Le tipologie dei gruppi di lavoro


Nella pratica non mancano problemi interpretativi e fattispecie complesse, non facili da
risolvere, essendo oggettivamente difficile distinguere, in talune situazioni, le attività di
gestione e di organizzazione, proprie del Dirigente scolastico, da quelle meramente educative
e didattiche spettanti al Collegio docenti o al Consiglio di istituto.
Non esiste un assetto organizzativo unico e obbligatorio per tutte le istituzioni scolastiche.
L’autonomia organizzativa prevista all’articolo 5 del D.P.R. n. 275/1999 consente infatti alle
scuole di dotarsi di strutture proprie per la realizzazione dell’offerta formativa (v. nota 1).
I gruppi di lavoro possono però essere raggruppati in cinque grandi categorie a seconda dello
scopo per cui sono costituiti:
1. Figure che esercitano per delega, temporaneamente o stabilmente, attribuzioni
dirigenziali: i collaboratori del dirigente.
2. Gruppi di lavoro costituiti dal Consiglio di istituto. Ci sono materie di sua competenza
che presuppongono la predisposizione di documenti, di atti da approvare
successivamente. Il regolamento di istituto, i criteri generali per la programmazione
educativa, per l’attuazione delle attività parascolastiche, interscolastiche,
extrascolastiche, con particolare riguardo ai corsi di recupero e di sostegno, alle libere
attività complementari, alle visite guidate e ai viaggi di istruzione, le forme e le modalità
per lo svolgimento di iniziative assistenziali che possono essere assunte dal circolo o
dall’istituto sono compiti assegnati al Consiglio dall’articolo 10 del D. L.vo n. 297/1994
(v. Nota 2).
In campo amministrativo, l’articolo 33 c. 2 del D. I. n. 44/2001, assegna al Consiglio la

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deliberazione dei criteri per lo svolgimento dell’attività negoziale per la redazione dei
quali è necessaria l’istituzione di commissioni di lavoro (v. Nota 3).
3. Gruppi di lavoro costituiti per l’elaborazione di documenti previsti dalla normativa
scolastica: Piano triennale dell’offerta formativa, Rapporto di autovalutazione della
scuola, Piano di miglioramento, Piano annuale dell’attività, Gruppo di lavoro
sull’inclusione, Gruppo della sicurezza, Commissione elettorale.
In questo caso i componenti possono essere scelti dal Dirigente scolastico, nell’ambito
del 10% di docenti di supporto organizzativo e didattico previsto dall’articolo 1 comma
83 della Legge n. 107/2015, oppure dal Collegio dei docenti stesso;
4. Gruppi e Commissioni di lavoro di carattere educativo e didattico deliberati dal Collegio
dei docenti, quali sue articolazioni funzionali per l’elaborazione di progetti funzionali al
PTOF.
L’individuazione dei componenti spetta al Collegio stesso.
La Continuità, l’Orientamento, l’Aggiornamento, il Curricolo, le Metodologie, i
Dipartimenti disciplinari sono esempi di aree comuni da presidiare.
5. Commissioni o gruppi di lavoro di carattere organizzativo che svolgono compiti delegati
dal Dirigente scolastico (commissione orario, commissione gite, ecc.), oppure che
coordinano i laboratori presenti nella scuola (multimediali, scientifici, linguistici, ecc.).
L’individuazione dei componenti spetta al Dirigente scolastico.
La nomina formale dei componenti è sempre comunque riservata al Dirigente scolastico con
l’emanazione di un atto datoriale.
Al di là delle specifiche competenze, risulta necessaria la ricerca di un equilibrio tra dimensione
monocratica del Dirigente scolastico, quale di dirigente della Pubblica Amministrazione, a cui
competono:
- responsabilità in ordine all’applicazione delle norme legislative;
- autonomi poteri di direzione;
- esercizio della discrezionalità dirigenziale;
e la dimensione distribuita, in cui occorre tenere conto:
- della comunità professionale;
- degli organi collegiali;
- dei legami con il territorio;
- della necessità di valorizzare le risorse professionali;
- delle funzioni di coordinamento progettuale.

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Nota 1
D.P.R. n. 275/1999 - Articolo 5 c. 1.
Le istituzioni scolastiche adottano, anche per quanto riguarda l’impiego dei docenti, ogni
modalità organizzativa che sia espressione di libertà progettuale e sia coerente con gli obiettivi
generali e specifici di ciascun tipo e indirizzo di studio, curando la promozione e il sostegno dei
processi innovativi e il miglioramento dell’offerta formativa.

Nota 2
D. L. vo n. 297/1994 - articolo 10 c. 3 a.
Adozione del regolamento interno del circolo o dell’istituto che deve fra l’altro, stabilire le
modalità per il funzionamento della biblioteca e per l’uso delle attrezzature culturali, didattiche
e sportive, per la vigilanza degli alunni durante l’ingresso e la permanenza nella scuola nonché
durante l’uscita dalla medesima, per la partecipazione del pubblico alle sedute del consiglio.

Nota 3
D. I. n. 44/2001 – articolo 33 c. 2.
Al Consiglio di istituto spettano le deliberazioni relative alla determinazione dei criteri e dei
limiti per lo svolgimento, da parte del dirigente, delle seguenti attività negoziali:
a) contratti di sponsorizzazione;
b) contratti di locazione di immobili;
c) utilizzazione di locali, beni o siti informatici, appartenenti alla istituzione scolastica, da
parte di soggetti terzi;
d) convenzioni relative a prestazioni del personale della scuola e degli alunni per conto terzi;
e) alienazione di beni e servizi prodotti nell’esercizio di attività didattiche o programmate a
favore di terzi;
f) acquisto ed alienazione di titoli di Stato;
g) contratti di prestazione d’opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti;
h) partecipazione a progetti internazionali.

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3a Lezione – Lo staff: figure e funzioni

La costituzione di un gruppo di lavoro che operi con il Dirigente scolastico risponde a diverse
ragioni e necessità.
• Le responsabilità che gravano sul Dirigente scolastico. La complessità e l’eccessiva
burocratizzazione della macchina amministrativa, l’ampliamento delle responsabilità
delineano un quadro ancora più complesso della dirigenza. La possibilità che il Dirigente
sia coadiuvato da figure appositamente scelte per la gestione di specifiche aree della vita
scolastica, costituisce un mezzo per migliorare la qualità della scuola.
• L’esercizio di una leadership per l’apprendimento che, in quanto tale, richiede una
condivisione una delega di responsabilità.
• L’esercizio di una leadership autorevole, nella quale il Dirigente svolge una funzione di
facilitatore del gruppo e del lavoro, valorizzando le potenzialità di ciascuno,
promuovendo un rapporto dialogico e corresponsabile, un comportamento partecipe,
proattivo.
La collegialità, la condivisione, l’impegno di ciascuno, il riconoscimento dei differenti ruoli e
livelli di responsabilità gestionale, la diversità di opinioni mirata ad individuare scopi comuni
di lavoro costituiscono gli elementi fondanti un’organizzazione complessa come la scuola.

I riferimenti legislativi
L’articolo 25 c. 5 del D. L. vo n. 165/2001 dà al dirigente scolastico l’opportunità di avvalersi
nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative di docenti da lui
individuati, ai quali delegare specifici compiti funzionali al servizio scolastico. “Nello
svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di
docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato
dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia operativa, nell’ambito delle
direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi

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generali dell’istituzione scolastica, coordinando il relativo personale.”
La Legge 107/2015 al c. 83 dell’articolo 1 consente al dirigente scolastico di “(…) individuare
nell’ambito dell’organico dell’autonomia fino al 10 per cento di docenti che lo coadiuvano in
attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione scolastica”.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto scuola all’articolo 34 prevede che:
“Il dirigente scolastico può avvalersi, nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative
ed amministrative, di docenti da lui individuati ai quali possono essere delegati specifici
compiti. Tali collaborazioni sono riferibili a due unità di personale docente retribuibili, in sede
di contrattazione d’istituto, con i finanziamenti a carico del fondo per le attività aggiuntive
previste per le collaborazioni col dirigente scolastico”
L’istituzione dello staff dirigenziale diventa una stratificazione operativa delle capacità
gestionali ed organizzative dello stesso Dirigente, il quale è pienamente responsabile dei
risultati del servizio secondo quanto previsto dall’art.25 del decreto legislativo n.165 del 2001.
La legge 107/2015 consente al dirigente la possibilità di individuare delle figure di supporto,
responsabili di due aree particolarmente strategiche all’interno della scuola: quella
organizzativa e quella didattica, anche se in primis, spetta a lui “assicurare la qualità dei
processi formativi” (comma 3 del sopracitato articolo 25).
L’emanazione di norme legislative e contrattuali in tempi diversi crea alcune criticità che, in
attesa della firma di un contratto che tenga conto delle innovazioni introdotte nella scuola
nell’ultimo decennio, possono essere affrontate individuando la “ratio” delle norme e tenendo
insieme gli aspetti significativi delle norme.
Il comma 83 della Legge 107/2015 aggiunge infatti solo la consistenza numerica dello staff
dirigenziale (10 per cento), giacché anche prima dell’entrata in vigore della legge 107, il
Dirigente scolastico poteva costituire uno staff dirigenziale.
Vi è un’evidente sovrapposizione alle disposizioni presenti nell’art. 25, comma 5, del D. L. vo
n. 165/01 e nell’art. 88 del tuttora vigente CCNL Scuola del 29.11.07 che, ai fini della loro
retribuzione con il fondo d’istituto, limita a due i predetti docenti.
Senonché, sempre nell’art. 88 è previsto l’accesso al fondo d’istituto di tutto il personale (non
solo docenti) impegnato in attività-compiti-funzioni per corrispondere alle diverse esigenze
didattiche, organizzative, di ricerca e di valutazione necessarie alla realizzazione del POF (ora
PTOF), deliberate dal Consiglio d’istituto dopo aver acquisito la delibera del Collegio dei
docenti.
Lo staff del dirigente, in quanto direttamente o indirettamente funzionale alla realizzazione del
PTOF, ingloba quindi sia i due docenti collaboratori sia le altre figure di supporto organizzativo

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e didattico che dunque sono tutte remunerate con il fondo di istituto.

Le figure e le funzioni dello staff di direzione


Come detto nel precedente capitolo, vi sono figure di coordinamento e referenza in aree
individuate dalla legge (tutor dei docenti neo-immessi, componenti del Comitato per la
valutazione dei docenti, referenti per la disabilità e i bisogni educativi speciali, per la lotta al
bullismo e al cyberbullismo, ambientali, animatore digitale…). A queste si affiancano le figure
che ogni scuola individua nei propri organigrammi e funzionigrammi.
L’organigramma descrive l’organizzazione complessa dell’istituto scolastico e rappresenta la
mappa delle competenze e responsabilità dei soggetti e delle specifiche funzioni: il Dirigente
Scolastico, gli organismi gestionali (Consiglio di Istituto, Collegio Docenti, Consigli di
Intersezione, Interclasse, Consigli di Classe), le figure intermedie (collaboratori, funzioni
strumentali, responsabili di plesso e DSGA…).
Il funzionigramma costituisce la mappa delle interazioni che definiscono il processo di governo
dell’istituto con l’identificazione delle deleghe specifiche per una “governance partecipata”. In
esso sono indicate le risorse professionali assegnate all’ Istituto scolastico con i relativi
incarichi.
Si differenzia dall’organigramma poiché, alla semplice elencazione dei ruoli dei diversi
soggetti, aggiunge la descrizione dei compiti e delle funzioni degli stessi.
Posto che:
- la costituzione dello staff deve essere funzionale alla realizzazione del PTOF;
- può essere diversa da scuola a scuola;
- lo staff non deve essere necessariamente essere costituito da tutti i referenti, i coordinatori
dei gruppi di lavoro costituiti;
vi sono però figure che, data la loro funzione strategica debbono per forza essere inserite nel
gruppo di direzione.
Lo staff è infatti da intendersi come una cabina di regia che aiuta il dirigente a tenere sotto
controllo il funzionamento dei principali processi organizzativi e gestionali, quindi deve essere
costituito da un gruppo ristretto di docenti direttamente coinvolti in tali processi.
Ai membri dello staff, qualora il dirigente lo ritenga necessario, possono essere concessi esoneri
parziali o totali dall’insegnamento in classe, a condizione che le ore di insegnamento possano
essere affidate a docenti che debbono completare l’orario cattedra o a docenti assegnati come
organico potenziato e che appartengano alla stessa classe di concorso o a classe affine dei

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docenti cui è stato concesso l’esonero. Va tenuto presente che, una volta assegnati ad una
scuola, tutti i docenti rientrano nell’organico dell’autonomia e pertanto tutti possono svolgere
attività d’insegnamento in classe o di supporto organizzativo sia che appartengano all’organico
di diritto sia che siano stati assegnati come organico potenziato.
Si esaminano alcune figure che rivestono una funzione “apicale” e debbono far parte dello staff
di direzione.
I collaboratori del Dirigente
A seguito dell’emanazione della Legge n. 107/2015, non esistono più i due collaboratori del
Dirigente scolastico, come previsto dal CCNL di comparto, e non esiste più la funzione vicaria,
come stabilito dalla Legge di stabilità 2015. Nell’ambito del già citato 10% di docenti che il
Dirigente scolastico individua per attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione
scolastica, egli può assegnare l’incarico di sostituzione a qualunque docente, in caso di sua
assenza, per malattia, ferie, impegni istituzionali, permessi… Il Dirigente può anche decidere
di assegnare a un solo docente le funzioni di “vice”, ma è una sua decisione discrezionale.
Possiamo raggruppare le deleghe attribuite ai collaboratori in:
- Sostitutive
- sostituzione del Dirigente Scolastico in caso di assenza o impedimento;
- delega alla presidenza di Collegi dei Docenti, Consigli di classe, interclasse,
intersezione;
- concessione di permessi al personale docente, agli studenti.
- Rappresentanza dell’istituto:
- partecipazione ad incontri con enti ed associazioni esterni per conto dell’Istituzione
scolastica;
- partecipazione ad eventi e manifestazioni;
- Gestionali:
- supporto nella gestione complessiva dell’istituzione;
- assenze, attraverso la predisposizione, l’individuazione dei docenti sostituti, la
registrazione delle sostituzioni, la riorganizzazione temporanea del servizio
(assegnazione alunni in altre classi, utilizzazione risorse presenti …)
- emergenze relativa a strutture, condizioni igieniche e ambientali, mensa.
- Comunicative:
- predisposizione di comunicazioni ai docenti e al personale relativi ai plessi di
servizio

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- Organizzative:
- predisposizione dei quadri orari di insegnamento
- servizio dei docenti in caso di assemblee sindacali e scioperi;
- utilizzazione degli spazi comuni.
- Relazionali
- accoglienza dei nuovi docenti;
- rapporti con le famiglie.
- Coordinamento
- tra dirigente e docenti;
- gruppi di lavoro;
- incontri collegiali.
Il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (D.S.G.A.)
La presenza del Direttore SGA nello staff è fondamentale.
Il DSGA “coadiuva il dirigente”, anche lui è quindi un collaboratore del dirigente, inserito nello
stesso contesto in cui vengono previsti i docenti/collaboratori.
Il DSGA è una figura istituzionale, al contrario dei collaboratori, ha una propria autonomia di
natura operativa nella gestione dei servizi generali ed amministrativi della scuola.
L’offerta formativa necessita di un corretto uso delle risorse economiche ed è fondamentale
assicurare una comunicazione ed un contemperamento tra le esigenze progettuali e le
disponibilità economiche. La presenza del D.S.G.A. consente una pianificazione delle attività,
con le relative soluzioni dei problemi di carattere amministrativo.
In quanto responsabile del personale ATA, è fondamentale la sua presenza negli incontri in cui
vengono trattati aspetti relativi al funzionamento dei plessi scolastici, alle criticità che
insorgono nei rapporti tra docenti, personale amministrativo e ausiliario.
I referenti delle aree strategiche
La garanzia di un’offerta formativa di qualità passa attraverso il presidio di aree strategiche da
parte di docenti con le competenze organizzative e didattiche necessarie.
Le aree strategiche, i cui referenti devono far parte dello staff possono essere:
- area dell’offerta formativa: responsabilità del Piano Triennale dell’offerta formativa, il
curricolo verticale, la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa,
organizzativa e la valutazione;
- area della progettazione didattica: i dipartimenti disciplinari come articolazioni
funzionali al collegio dei docenti che sviluppano e processano la progettazione didattica;

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- area del RAV e del Piano di miglioramento;
- area della formazione in servizio, iniziale e permanente, dell’innovazione didattica e
tecnologica;
- area dell’inclusione: responsabilità sulle azioni inclusive, alunni con BES e gestione di
protocolli operativi, i modelli di personalizzazione dell’apprendimento, il Piano
Annuale dell’Inclusione, attività formative per il personale scolastico;
- area della continuità verticale ed orizzontale, iniziative interne tra i diversi ordini di
scuola ed esterne, orientamento e progetti di valorizzazione delle valenze educative del
territorio, l’alternanza scuola/lavoro (per le scuole secondarie di II grado), le reti di
scuola;
- area della sicurezza sui luoghi di lavoro: informativa continua sulla valutazione dei
rischi.
Le funzioni strumentali all’offerta formativa
Le funzioni strumentali all’offerta formativa costituiscono una risorsa che può far parte dello
staff del Dirigente. Le aree di intervento, gli obiettivi e i compiti sono infatti connessi alle
esigenze della realizzazione del PTOF. Gli ambiti di intervento sono riconducibili alla gestione
dell’offerta formativa, al sostegno ai docenti, agli interventi e servizi per docenti, alla
realizzazione di progetti formativi d’intesa con enti e istituzioni esterni.
A differenza delle altre figure, spetta però al Collegio dei docenti individuare le aree, il numero,
i destinatari di ogni incarico.
Il Dirigente scolastico, nell’individuazione delle aree, dei docenti a cui affidare gli incarichi di
supporto organizzativo e didattico deve naturalmente tener conto delle decisioni del Collegio
dei docenti in ordine alla scelta delle funzioni strumentali all’offerta formativa in modo da
“coprire” tutte le aree strategiche ed evitare duplicazioni di funzioni.
In un’ottica di gestione sistemica è evidente che la comunicazione interna ha un ruolo
determinante nel miglioramento dell’istituzione, le aree sono tra loro in rapporto di
interdipendenza, infatti perché vi sia una gestione efficace dei compiti connessi a ciascuna area,
occorre che si determini, tra le figure direttamente responsabili, una comunicazione continua
degli obiettivi da conseguire, a medio e a lungo termine: lo staff esige l’esercizio di una cultura
comunicativa.
Un elemento di funzionalità è rappresentato dalla cosiddetta “geometria variabile”.
Non è infatti necessario che lo staff si riunisca sempre al completo o che debba essere costituito
dai soli membri nominati.

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A seconda degli argomenti posti all’ordine del giorno, il gruppo può prevedere la presenza di
figure esterne che però hanno una competenza o una responsabilità specifica sull’argomento in
discussione.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

4a Lezione – La costituzione del gruppo di lavoro nella scuola

Nelle lezioni precedenti sono state esaminate le principali figure e le competenze relative alla
costituzione dei gruppi nella scuola.
Un funzionigramma perfetto, con figure e compiti ben definiti, di per sé non produce un
miglioramento del sistema scolastico se i gruppi di lavoro non agiscono in modo corretto.
La letteratura di settore ha evidenziato sette variabili essenziali per il buon funzionamento del
gruppo di lavoro.
Il Clima
Il clima è determinato dalle impressioni, dalle opinioni, dalle percezioni dei singoli membri del
gruppo intorno alla qualità dell’integrazione dei membri nel gruppo e alla sua atmosfera.
All’interno di una team possiamo distinguere due livelli:
a) un livello formale, costituito dalle variabili razionali, formalizzate, conosciute dai
membri del team.
Sotto questo aspetto di clima come ambiente di lavoro, le variabili importanti sono:
- la prescrittività del team;
- le responsabilità delegate;
- i livelli di prestazioni richiesti (standard);
- i riconoscimenti;
- la chiarezza organizzativa;
- lo spirito di gruppo (accettazione, buone relazioni).
b) un livello informale, costituito dalle variabili che emergono spontaneamente in base ai
vissuti emotivi dei membri del team e che scaturiscono dai bisogni individuali dei singoli
membri. Il clima è una variabile informale che si colloca nella parte emotiva del team e
determina la percezione del suo “funzionamento”. Da questo punto di vista “informale”
sono elementi qualitativi:
- l’autonomia personale;

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- la strutturazione del compito o del ruolo;
- l’orientamento del sistema di ricompense;
- il riconoscimento, l’aiuto e il sostegno reciproco.
I fattori che influenzano il clima sono:
- la qualità della leadership: competenza, coerenza, chiarezza, capacità strategica,
relazione con i collaboratori, impegno nel supporto;
- la qualità del gruppo: cooperazione, competenza, relazioni;
- la qualità del ruolo svolto: atmosfera professionale, persone collegate;
- il sistema premiale: tipo di meritocrazia, chiarezza;
- le comunicazioni organizzative: contenuti espliciti comunicati, mezzi. Un buon clima
si realizza quando i ruoli dei singoli sono riconosciuti e valorizzati, la comunicazione
è aperta, chiara e fornisce feedback sostenibili sui comportamenti dei singoli e sui
risultati conseguiti dal gruppo;
- l’adesione: il livello di accettazione-appartenenza al team;
- la collaborazione: il livello-tipo di impegno dato sugli obiettivi/strategia;
- l’identificazione: il livello di interiorizzazione dei valori del team.
Si prendono ora in considerazione alcuni temi citati nella trattazione del clima del gruppo.
La leadership
La leadership si evidenzia come connessione tra le variabili di tipo strutturale, quali l’obiettivo,
il metodo e i ruoli e le variabili di tipo processuale, quali il clima, la comunicazione e lo
sviluppo. L’insieme dei comportamenti del leader, come vengono percepiti dai collaboratori,
determina lo stile di leadership.
Esiste una vasta letteratura relativa ai modelli di leadership, questi possono essere sintetizzati
in due comportamenti generali:
- comportamento direttivo, orientato al compito: dare ordini su cosa va fatto, come, con
che mezzi, in che tempi ...
- comportamento di supporto, orientato alla relazione: coinvolgere il gruppo, incoraggiare
a fronte di difficoltà o titubanze, apprezzare l’impegno, riprendere gli errori e le
negligenze, non la persona.
Entrambi i comportamenti presentano aspetti positivi, ma anche possibili degenerazioni:
- uno stile eccessivamente direttivo rischia di diventare autoritario;
- uno stile eccessivamente coinvolgente/partecipativo può diventare assemblearismo, in cui
non si decide nulla se non con il consenso di tutti.

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Posto che è ineliminabile la componente caratteriale del Dirigente scolastico come “persona”,
al di là della validità dei modelli, è importante considerare la specificità della scuola come
organizzazione.
La struttura a “legami deboli”, utilizzata da Karl Weick, connota il sistema scolastico e rende
impossibile la definizione di una leadership valida in ogni situazione (v. nota 1).
Cambiamento e innovazione sono i temi che caratterizzano il sistema scolastico, in tal senso
esercitare la leadership significa affrontare il cambiamento e quindi:
- promuovere il cambiamento per far fronte alle innovazioni legislative e didattiche;
- creare la visione dei nuovi obiettivi e sviluppare nel gruppo la motivazione a raggiungerli;
- ispirare impegno, lealtà e coinvolgimento;
- conquistare l’adesione del gruppo.
Considerando che la costruzione di relazioni positive è essenziale nella scuola a tutti i livelli,
G. P. Quaglino individua lo stile di leadership del dirigente più consono, orientandolo allo
sviluppo delle seguenti azioni:
a. Stretching: la leadership si declina secondo lo stretching quando: mette alla prova,
propone obiettivi sfidanti, spinge a fare di più, favorisce l’innovazione e la
sperimentazione dimostrando che è possibile riuscire anche nelle situazioni critiche,
promuove il cambiamento vincendo l’inerzia delle resistenze.
b. Sharing: la leadership si declina secondo lo sharing quando esplicita con chiarezza la
funzione della scuola e crea condivisione su essa, si preoccupa di realizzare una
comunicazione chiara, trasparente, credibile, crea occasioni di comunicazione e di
scambio, punta a comunicare il significato attraverso un’immagine non solo avvincente
ma anche capace di suscitare fiducia, rende disponibili le risorse, le informazioni e le
conoscenze, orienta verso i valori e le finalità generali.
c. Coaching: la leadership si declina secondo il coaching quando si propone di stabilire
buone relazioni, gestire il clima, agevolare le interazioni, creare un senso di comunità,
offrire sostegno prendendosi cura di singoli e del gruppo, contenere le emozioni, fornire
senso di sicurezza, ottenere fiducia; è capace di segnare tenendo conto delle necessità di
crescita propria di ciascuno, predispone opportunità di apprendimento, rispetta le persone,
dedicando ascolto, attenzione e disponibilità, offre sostegno di fronte all’incertezza, fa da
guida e da allenatore, favorisce la coesione l’integrazione del gruppo di lavoro.
d. Empowering: la leadership si declina secondo le Empowering quando incoraggia a
trovare una nuova definizione di sé stessi e del proprio ruolo, riconosce le individualità,

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sostiene l’espressione delle potenzialità individuali, riconosce il valore del lavoro svolto
contribuendo alla crescita personale professionale, accresce la presa di responsabilità di
ciascuno, punta a ottenere comportamenti organizzativi più efficaci (v. nota 2).
La comunicazione
La buona comunicazione è il processo che permette il funzionamento del lavoro di gruppo
favorendo lo scambio di informazioni finalizzato al raggiungimento dei risultati. Essa orienta
ed è orientata dal sistema di relazioni e di ruoli presenti nel gruppo stesso. I livelli di una
comunicazione efficace sono tre:
- interattivo, relazioni nel gruppo;
- informativo, scambio ed elaborazione di materiali e conoscenze inerenti il compito;
- trasformativo, scambi che producono il cambiamento.
L’obiettivo
Nessun gruppo di lavoro può essere efficace se l’obiettivo da raggiungere non è chiaro e
ampiamente condiviso dai suoi membri. L’obiettivo deve essere definito in termini di risultato,
costruito su dati osservabili e risorse disponibili, espresso in termini chiari, articolato in compiti
e scandito in indicatori che lo rendano valutabile. Un obiettivo chiaro e ben espresso
contribuisce a consolidare la coesione e il senso di appartenenza al gruppo da parte dei suoi
componenti, concorre a definire in maniera chiara il rapporto con l’organizzazione e a instaurare
un clima interno adeguato.
Il metodo
Il metodo stabilisce i principi, i criteri e le norme che orientano l’attività del gruppo; richiama
le modalità di organizzazione e strutturazione congrua dell’attività stessa. Un buon metodo di
lavoro incoraggia il gruppo e permette un miglior utilizzo nell’uso e nella gestione delle risorse
disponibili.
Il ruolo
Il ruolo è la funzione assegnata a ciascun membro del gruppo, tenuto conto delle competenze
possedute; esso implica anche l’insieme dei comportamenti che ci si attende da chi occupa una
certa posizione all’interno del gruppo stesso. La qualità della comunicazione interna al gruppo
è fondamentale per un efficace sistema di ruoli. L’efficacia della comunicazione permette che
si realizzi corrispondenza tra bisogni e richieste dei singoli e prestazioni e comportamenti del
gruppo.
Lo sviluppo
Questa variabile contraddistingue la costruzione del sistema di competenze del gruppo di lavoro
e la crescita del sistema delle competenze individuali. I due processi realizzano lo sviluppo del

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singolo all’interno del gruppo e la creazione all’interno del gruppo di un sapere condiviso e
diffuso, presupposti necessari alla realizzazione di gruppi di lavoro efficaci.
L’innovazione
Tutti i componenti del gruppo di lavoro devono evidenziare alcune qualità professionali
specifiche:
- attitudine al miglioramento continuo (agency). La scuola è continuamente oggetto di
innovazioni, di proposte di carattere didattico, di sollecitazioni provenienti dall’esterno;
- capacità di affrontare situazioni impreviste. La complessità delle relazioni determina
l’insorgenza continua di situazioni nuove;
- capacità propositive ed innovative per la comunità e relazionali all’interno della scuola.
Le innovazioni migliori non provengono tanto dall’esterno, ma dalla capacità
progettuale, di sperimentazione dei docenti, in primis, e di un territorio attento
all’importanza della scuola.
Lo staff rappresenta quindi per il dirigente un mezzo per controllare la sua direzione, in
un’ottica trasversale. La definizione dello staff serve proprio a questo: non solo per indicare le
figure che lo compongono cui sono affidati specifici compiti, ma soprattutto a richiedere loro
di pianificare procedure di azione e di documentarne gli esiti e gli sviluppi strada facendo.

Nota 1
Karl Weick affronta il caso delle organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole,
iniziando la trattazione con una efficace metafora:

“Immaginate di essere arbitro, allenatore, giocatore o spettatore di una singolare partita di calcio: il
campo ha forma circolare: le porte sono più di due e sono sparse disordinatamente lungo i bordi del
campo; i partecipanti possono entrare e uscire dal campo a piacere: possono dire: “ho fatto goal” per
quanto vogliono, in ogni momento e per quante volte vogliono; tutta la partita si svolge su un terreno
inclinato e viene giocata come se avesse senso. Ora, se sostituiamo nell’esempio l’arbitro con il preside,
gli allenatori con gli insegnanti, i giocatori con gli studenti, gli spettatori con i genitori e il calcio con
l’attività scolastica, si ottiene una descrizione altrettanto singolare delle organizzazioni scolastiche. Il
fascino di questa descrizione sta nel fatto che essa coglie all’interno delle organizzazioni didattiche un
nucleo di realtà diverse da quelle che possono essere evidenziate nelle stesse organizzazioni dalle
posizioni classiche della teoria burocratica” (Weick, 1988, p.355).

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L’organizzazione scolastica si presta, invece, ad essere vista come un sistema a legami deboli
o a connessioni lasche. Un esempio di attività labilmente collegate si può evidenziare
rapportando le attività svolte dal dirigente scolastico e quelle dell’operatore scolastico. Infatti,
il dirigente e l’operatore scolastico “sono in qualche modo legati fra loro, ma ognuno mantiene
una certa identità e indipendenza, e […] il legame che li unisce può essere saltuario, circoscritto,
poco importante, con scarsi effetti reciproci e/o lento nel metterli in relazione” (ibidem). Altri
elementi che si possono trovare in sistemi scolastici a legame debole sono insegnanti-materiali,
insegnante-insegnante, genitore-insegnante, insegnante-studente, dirigente-classe e così via.
Questi esempi evidenziano come gli elementi citati, evidenti di per sé, siano invece tra loro
legati – in modo meno intuitivo – da deboli collegamenti, nel senso che gli elementi hanno un
legame, seppur debole, all’interno del sistema-scuola, ma senza strutture rigide e prescritte.
Weick K. E., 1976, “Educational Organizations as Loosely Coupled Systems”

Nota 2
Gian Piero Quaglino, professore ordinario di Psicologia della formazione, ha insegnato presso
l’Università di Torino. “Scritti sulla formazione: leadership e cambiamento”

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

5a Lezione – La delega

Esaminate le competenze, l’importanza strategica dello staff nella gestione della scuola, gli
ambiti principali da presidiare e gli aspetti di clima, relazionali e comunicativi che consentono
ad un gruppo di lavoro il miglio funzionamento, è importante analizzare lo strumento giuridico
che consente l’effettiva condivisione della leadership della scuola, le possibilità ed i limiti entro
i quali il dirigente scolastico può assegnare incarichi e funzioni che la legge assegna al suo
ufficio.

I presupposti giuridici
L’istituto della delega, dal punto di vista giuridico, si fonda su dati e prescrizioni di diritto.
Nella scuola, le fonti giuridiche sono contemplate da:
- l’articolo 5 comma 8, del D. L. vo n. 297/1994 che prevede la possibilità per il Dirigente
scolastico di delegare la presidenza dei consigli di classe;
- l’articolo 17 c. 1 bis del D. L. vo n. 165/2001 che prevede la possibilità per il Dirigente
di delegare alcune competenze comprese nelle proprie funzioni a dipendenti che
ricoprano posizioni funzionali più elevate nei propri uffici;
- l’art. 25 comma 5 del D. L. vo n. 165/2001 che consente al Dirigente scolastico, nello
svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative, di avvalersi di docenti
da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti;
- l’articolo 32 del D. I. n. 44/2001 che prevede la delegabilità di singole attività negoziali
al Direttore dei servizi generali e amministrativi o a uno dei collaboratori;
- l’articolo 1 comma 83 della L. n. 107/2015, citato più volte:

“Il dirigente scolastico può individuare nell’ambito dell’organico dell’autonomia fino al 10 per
cento di docenti che lo coadiuvano in attività di supporto organizzativo e didattico dell’istituzione
scolastica”.

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Non sono delegabili:
- la titolarità delle relazioni sindacali, in rappresentanza della parte pubblica (art. 25 del D.
L. vo n. 165/01). In questa veste il Dirigente scolastico svolge e stipula la contrattazione
integrativa d’istituto ed è del tutto evidente che la delega ad un collaboratore fa insorgere
un conflitto di interessi in quanto il collaboratore è nel contempo parte (pubblica)e
controparte (dipendente);
- le attività svolte in qualità di datore di lavoro relative alla sicurezza (D. L. vo n. 81/2008);
- l’individuazione del responsabile del procedimento;
- l’individuazione del responsabile del procedimento di accesso;
- l’individuazione del responsabile del trattamento dei dati personali.

Le caratteristiche della delega


La delega è un atto amministrativo datoriale per effetto del quale, nei casi previsti dalla legge,
un organo o un ente, investito in via originaria della competenza a provvedere in una
determinata materia, conferisce ad altro organo o ente, autoritativamente ed unilateralmente,
una competenza di tipo derivato in quella stessa materia.
Dal punto di vista della scienza dell’amministrazione, essa è uno strumento per realizzare
un’organizzazione più razionale, decongestionando il carico funzionale attraverso il
conferimento ad altro soggetto dell’esecuzione della prestazione e semplificando l’azione
amministrativa.
La delega presuppone quindi due autorità, quella delegante e quella delegata, di cui una (quella
delegata) viene legittimata al compimento di atti o all’esercizio di funzioni di competenza del
delegante, in virtù di un atto della stessa autorità delegante.
La delega non comporta alcuna perdita di poteri in capo al delegante, che conserva la titolarità
della competenza delegata e trasferisce al delegato solo l’esercizio, per un tempo determinato,
di essa.
Nell’atto di conferimento, devono essere indicate le motivazioni che dimostrino la necessità di
conferire la delega
I casi pratici che rientrano nello schema della delega tipica sono numerosi, essendo espressione
della tematica più generale dei rapporti organizzatori della Pubblica Amministrazione.
Ci può essere uno spostamento della competenza tra due organi dello stesso ente (interorganica)
o tra due enti diversi (intersoggettiva): nel caso della scuola, l’autorità delegante e quella

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delegata operano all’interno dello stesso organo.
La delega è inoltre uno strumento privatistico, che si fonda sullo spostamento temporaneo di
competenze, un atto di autonomia privata, avente natura negoziale, che ha ad oggetto la
distribuzione di compiti e la ripartizione di sfere di competenza.

Il principio di competenza
Questo principio ha due accezioni:
a) Il soggetto che adotta l’atto di delega deve averne la “competenza”.
La mancanza della competenza è causa di nullità o annullabilità dell’atto, secondo la
gravità dell’incompetenza (difetto assoluto di attribuzione o incompetenza relativa) ai sensi
degli articoli 21 septies e 21 opties della l. n. 241/1990. La competenza è stabilità per legge,
che individua e ripartisce i poteri tra i diversi soggetti, organi e uffici delle pubbliche
amministrazioni.
Nella scuola la competenza è del Dirigente scolastico che attiva la delega di specifiche e
ben precisate al delegato.
b) La competenza tecnica del delegato. È evidente che la delega di funzioni presupponga
un’attenta valutazione delle capacità del delegato, cioè la particolare idoneità o abilità nel
compiere le funzioni delegate. La delega conferisce il potere di esercitare una competenza
“entro i limiti delle direttive” del delegante, il delegato gode di una circoscritta
discrezionalità nell’eseguire le istruzioni impartite, diversamente si ha un’attribuzione di
competenze. L’inosservanza delle direttive può dar luogo a responsabilità del delegato
perché le direttive rappresentano un limite ai poteri e alle facoltà conferite con la delega.
Il dirigente scolastico conserva, nei confronti del docente a cui ha conferito una delega, il potere
di:
a. impartire direttive, riguardo agli atti da compiere esercitando la delega;
b. sostituirsi al delegato, in caso di sua inerzia;
c. annullare, in sede di autotutela, atti illegittimi, eventualmente posti in essere a cura del
delegato;
d. revocare la delega di norma con atto scritto, ma che può anche essere esercitata
implicitamente attraverso l’esercizio del potere di delegante.
Esiste un cosiddetto “decalogo della delega” che ne riassume le caratteristiche essenziali:
1. La delega deve essere effettiva.
2. La delega deve essere esplicita, chiara, conferita in forma scritta.

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3. La delega è un atto recettizio, deve essere formalmente accettata dal delegato, non può
essere imposta, salvo i casi previsti per legge.
4. La delega vale per gli specifici compiti indicati e non per altri ritenuti impliciti.
5. Il delegato deve essere persona qualificata e tecnicamente capace.
6. Il delegato deve avere poteri di iniziativa ed organizzazione autonomi.
7. Il delegato può essere utilizzato per i compiti esclusivamente delegati, non ha
responsabilità per fatti non espressamente delegati.
8. Il delegante non deve ingerirsi nell’attività del delegato, salvo il diritto di controllo dei
risultati.
9. Se vi sono lacune nell’organizzazione del lavoro risponde sempre e comunque il
delegante che le ha create o tollerate. Il delegato risponde delle carenze occasionali,
dovute a sue negligenze, sempre nei limiti della delega.
10. Il Dirigente scolastico deve organizzare un sistema di controllo sul delegato.

La delega per sostituzione


La scuola, come gli altri organi amministrativi contempla, accanto al titolare, un docente a cui
sono attribuite funzioni vicarie che sostituisce il dirigente in caso di impedimento o assenza.
Giuridicamente si tratta della figura della cosiddetta “supplenza”, che consiste in un fenomeno
di duplice legittimazione ad esercitare la competenza, ossia una legittimazione primaria del
titolare ed una legittimazione secondaria del vicario. È un fenomeno previsto dalla legge, che
diventa operativo al verificarsi di un solo presupposto di fatto, l’impedimento o l’assenza del
titolare.
Il Dirigente scolastico può attribuire questa funzione ad uno o più docenti. È importante che, in
caso di assenza, sia identificato il docente che esercita la funzione in quel periodo.
Si tratta peraltro di una sostituzione temporanea, in quanto, in caso di assenza prolungata, il
MIUR deve nominare un funzionario con qualifica dirigenziale a cui attribuisce la reggenza
dell’istituto.
L’assegnazione della funzione vicaria è necessaria per impedire la paralisi dell’istituto in caso
di assenza del Dirigente. La delega, come si afferma sopra, è atto recettizio per cui deve essere
accettata dal docente, non può essere imposta. Nel caso in cui nessun docente accetti l’incarico
di collaboratore del dirigente con funzione vicaria, una vecchia norma (pre-scuola autonoma,
in cui i collaboratori venivano eletti dal Collegio dei docenti) prevedeva che, in caso di mancata
elezione, tutti fossero considerati arrivati a pari merito e che quindi la nomina spettasse al

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docente più anziano. Ma questo è relativo all’esito di una elezione (la regola vale per tutti di
casi di elezione). Siccome ora la nomina è riservata esclusivamente al dirigente, non vi è una
risposta univoca e certa nel caso in cui nessun docente accetti l’incarico. Non è comunque
obbligatorio avere i collaboratori (alcuni Dirigenti scolastici non li scelgono). È ovvio che in
questo caso, per scelta o per indisponibilità dei docenti, il Dirigente non potrà conferire alcuna
delega. Rimane la sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimento: in questo caso
può essere applicata la regola del docente anziano che svolgerà le funzioni assolutamente
indispensabili per il funzionamento della scuola, in attesa della nomina di un reggente.

La delega di firma e l’avvalimento.


Dall’istituto della delega, di cui si è detto sin qui, è bene tener distinti i seguenti istituti, in
quanto giuridicamente diversi:
1. La delega di firma intercorre tra soggetti che fanno parte dello stesso organo e comporta
semplicemente l’autorizzazione, concessa dal Dirigente ad altro soggetto, di apporre la
firma in calce ad un atto o provvedimento. Il provvedimento, tuttavia, rimane proprio del
delegante e non diviene di pertinenza di chi lo ha firmato per delega, con la conseguenza
che il delegante sarà ritenuto unico responsabile dell’atto. La delega di firma non comporta
spostamento della competenza. Il delegante può firmare in qualsiasi momento gli atti per i
quali ha dato la delega di firma. Essa può essere conferita per le attività strumentali
all’attività procedimentale, oppure avere validità nel tempo dell’assenza o
dell’impedimento del Dirigente.
2. L’avvalimento è la semplice utilizzazione di altro personale, ferma restando l’imputazione
degli atti all’ente utilizzatore; è anche la disposizione con cui il titolare di un ufficio
ripartisce tra i dipendenti le mansioni da svolgere. Questa è, giuridicamente, una
ripartizione interna di compiti e non comporta alcuna deroga “esterna” alla competenza.
In entrambi i casi non si può parlare di delega in senso proprio, poiché non vi è il
trasferimento dell’esercizio, della gestione di un potere.

Alcuni casi di esercizio della delega nella scuola


Riportiamo nella tabella alcune funzioni delegabili o non delegabili dal Dirigente e le figure
a cui possono essere attribuite.

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FUNZIONE DELEGATO
Procede anche all’individuazione del dipendente da Uno dei docenti collaboratori e
assumere con contratto a tempo determinato; stipula i D.S.G.A.
contratti individuali di lavoro del personale docente ed
ATA.

Concede congedi, ferie, festività, permessi retribuiti, Uno dei docenti collaboratori
permessi brevi, assenze per malattia, aspettative, (per il personale docente) e
infortuni. D.S.G.A. (per il personale
A.T.A.).

Predispone, sulla base di eventuali proposte degli Uno dei docenti collaboratori.
Organi collegiali, il Piano annuale delle attività e i
conseguenti impegni del personale docente che
possono prevedere attività aggiuntive.

Adotta il Piano di lavoro del personale ATA proposto Uno dei docenti collaboratori.
dal D.S.G.A.
Autorizza la partecipazione ad iniziative di Uno dei docenti collaboratori.
formazione e aggiornamento.
Infligge le sanzioni disciplinari. Questa funzione è delegabile ad
uno dei docenti collaboratori
(per il personale docente) e al
D.S.G.A. (per il personale
A.T.A.).

È titolare delle relazioni sindacali e rappresenta la FUNZIONE NON


parte pubblica. Svolge e stipula la contrattazione DELEGABILE
integrativa d’istituto. Dispone la convocazione delle
assemblee sindacali.

Svolge i compiti del datore di lavoro in tema di FUNZIONE NON


sicurezza. DELEGABILE
Individua i docenti che lo coadiuvano in funzioni di FUNZIONE NON
supporto organizzativo e didattico. DELEGABILE

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

6a Lezione – Il difficile rapporto tra impegno docente e impegno organizzativo

Il Contratto di lavoro
Nelle lezioni precedenti sono stati esaminati tutti gli aspetti legati agli impegni del Dirigente
scolastico e dei docenti nella gestione organizzativa della scuola.
È emerso con chiarezza che la professione docente non è racchiusa solo nella prestazione della
lezione: la preparazione di materiali didattici, documenti, esercitazioni, il coordinamento con i
colleghi, i rapporti con i genitori, l’impegno negli organi collegiali e soprattutto le
responsabilità nella gestione della scuola assorbono un tempo rilevante.
Gli impegni lavorativi del personale docente sono contenuti nel Contratto Collettivo Nazionale
di lavoro stipulato il 29.11.2007.
Il piano di lavoro è predisposto ad inizio d’anno scolastico dal Dirigente scolastico sulla base
delle proposte del Collegio dei docenti, il quale, successivamente lo approva, nel quadro della
programmazione dell’azione didattico-educativa.
Il Piano formalizza gli obblighi di lavoro dei docenti, di natura collegiale, complementari e
funzionali alle attività di insegnamento.
Ai sensi dell’articolo 29 del Contratto di lavoro, il Piano annuale delle attività prevede:
- fino a n. 40 ore annue per la partecipazione alle riunioni del Collegio dei docenti,
compresa l’attività di programmazione e verifica di inizio e fine anno e l’informazione
alle famiglie sui risultati degli scrutini trimestrali, quadrimestrali e finali e
sull’andamento delle attività educative nelle scuole e nelle istituzioni educative;
- fino a n. 40 ore annue per la partecipazione ai consigli di classe, di interclasse, di
intersezione; la programmazione di tale monte orario deve tener conto dei docenti con
un numero di classi superiori a sei.
All’interno del monte ore delle attività funzionali, si esauriscono tutti gli impegni istituzionali
collegiali ma, sia il cambiamento in atto nelle modalità di insegnamento, sia la mole di impegni
progressivamente aumentata nel corso degli anni per la gestione organizzativa della scuola
hanno determinato una difficile armonizzazione tra l’attività di insegnamento vera e propria e
tutti gli altri impegni connessi con la funzione docente e di carattere organizzativo.

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La complessità dell’insegnamento e gli impegni organizzativi
La trasformazione nei modi di elaborazione e trasmissione del sapere ha cambiato anche il ruolo
dell’insegnante: esiste un diverso rapporto tra “ore di lezione” e “impegni connessi”. Questi
ultimi diventano decisivi per qualificare ore di lezione in presenza e per perseguire migliori
risultati negli apprendimenti e nelle competenze degli allievi. Questi impegni funzionali alla
lezione non possono essere lasciati alla completa discrezionalità, dietro ad un concetto
importante quale è quello della “libertà di insegnamento” si celano talvolta comportamenti assai
differenziati tra docenti.
L’attività in classe è la punta di un “iceberg” al di sotto della quale vi è un lavoro di
progettazione, di predisposizione di risorse, di sviluppo di funzioni di “tutoring”, guida, ascolto
e orientamento personalizzato degli allievi.
Una ricerca effettuata tra i docenti della provincia di Bolzano (Indagine Apollis, 2006) ha
evidenziato che i tempi di precedenti e successivi necessari allo svolgimento della lezione sono
quasi pari all’ora stessa di lezione.
Un secondo aspetto della professione docente si riferisce agli impegni supplementari, che non
riguardano la totalità dei docenti: i coordinatori di classe, i rapporti con altre scuole, la
responsabilità dei laboratori, il coordinamento di gruppi di lavoro, la partecipazione a lavori di
commissioni, la responsabilità di plesso o sedi, l’assunzione di incarichi previsti dalla
normativa (collaboratore del dirigente, animatore digitale, funzione strumentale all’offerta
formativa, referente del gruppo di lavoro per l’inclusione, squadre di emergenza ed un’ulteriore
e variegata pletora di incarichi).
La già citata indagine “Apollis 2006” rileva un carico di lavoro oscillante tra 10/12 e 100 ore
annue per ciascun docente.
Un terzo aspetto riguarda la formazione e l’aggiornamento.
La legge n. 107/2015 lo definisce un elemento “obbligatorio permanente e strutturale” per la
professione docente, le azioni formative per gli insegnanti di ogni istituto sono inserite nel Piano
Triennale dell’Offerta formativa, in coerenza con le scelte del Collegio Docenti che lo elabora
sulla base degli indirizzi del dirigente scolastico. L’obbligatorietà non si traduce, quindi,
automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del
piano, la legge non definisce alcun tetto di ore.
Il profilo professionale quindi è costituito da:
1. competenze disciplinari solide, ben strutturate, da aggiornare continuamente.

31
2. competenze epistemologico-didattico-disciplinari, saper padroneggiare il proprio sapere
a seconda dell’età dei ragazzi, degli obiettivi stabiliti, dei ritmi di apprendimento di
bambini e ragazzi, dei loro interessi.
3. competenze psico-pedagogiche, necessarie per entrare in rapporto con gli allievi, per
realizzare una positiva comunicazione didattica, una proficua relazione educativa; in altri
termini per riconoscere i problemi e saperli gestire.
4. competenze organizzative, fondamentali per contribuire alla gestione della scuola in tutti
i suoi aspetti educativi, didattici, di coordinamento e con l’extrascuola.
Sintetizzando i compiti del docente possono essere classificati in:
Formativi
- attività di docenza;
- attività di formazione in servizio;
- attività di ricerca didattica.
Professionali
- impegni assunti all’interno della propria organizzazione scolastica;
- partecipazione ai dipartimenti, a gruppi di progetto, a nuclei di valutazione;
- svolgimento di funzioni di staff, strumentali, di supporto.
G. Cerini (v. Nota 1) ha delineato una “road map” della professionalità docente, evidenziando
i contenuti e proposte, Si riporta un estratto funzionale all’argomento trattato.
Contenuto Proposta
Insegnante professionista - Spazi di autonomia, ricerca e sviluppo;
- Sviluppo professionale” continuo;
- Profilo professionale in termini operativi e strutturato
per standard.
Completa “visibilità” del lavoro - Nuove prospettive di contrattazione, che portino anche
dell’insegnante a forme differenziate di rapporti di lavoro, basate sul
riconoscimento del tempo dedicato al lavoro:
- Insegnante con orario didattico ordinario;
- Insegnante con tempo pieno (didattica + attività di
supporto).
Crescita professionale - Sostegno alla progettualità individuale e collegiale;
individuale e collegiale - Valorizzazione degli spazi di progettualità all’interno

32
e all’esterno della scuola;
- Riconoscimento dei gruppi formali e informali.
Formazione continua in servizio - Sistema di formazione e aggiornamento articolato in:
- forme di consulenza in situazione (a scuola);
- attività approfondite e differenziate (personali);
- reti e comunità virtuali di insegnanti ricercatori.
Portfolio delle competenze per lo - Curriculum certificativo di:
sviluppo di carriera - attività di ricerca, formazione, innovazione;
- qualità dell’esperienza didattica;
- responsabilità via via assunte all’interno della
scuola.
Valorizzazione degli insegnanti - Responsabilità didattiche agli insegnanti più preparati
“migliori” (coordinamento gruppi disciplinari, formazione,
tutoraggio dei neo-docenti, valutazione, …)
Funzioni diverse, dentro e fuori - Figure intermedie;
la scuola - Funzioni interne alla scuola (coordinatore pedagogico,
documentarista, ecc.);
- Accesso a ruoli differenziati esterni (tirocinio
universitario, gestione centri servizi e laboratori,
carriera dirigenziale).

Gli aspetti retributivi


Oltre allo stipendio definito contrattualmente, le risorse economiche destinate a compensare i
compiti professionali sono:
- il Fondo per l’istituzione scolastica (FIS);
- il “Bonus” annuale di 500,00, che prevede tra le altre cose, la sua utilizzazione per
attività di aggiornamento;
- il compenso per la valorizzazione del merito (Bonus premiale).
Considerato che la seconda voce viene utilizzata autonomamente dal docente e che la terza è
maggiormente orientata a compensare gli apporti “qualitativi” del docente, il compenso per
queste attività aggiuntive ricade principalmente sulla voce “FIS”.
La distribuzione è oggetto di contrattazione ma, per quanto diversi possano essere i criteri e le

33
voci che ogni scuola decide di incentivare con il fondo, si può calcolare che ad ogni docente
possano essere assegnate mediamente 10/15 ore annue. Vero è che solo una parte di docenti
assume incarichi all’interno dell’organizzazione ma, per quanto diversa possa essere la quota
pro-capite, essa risulta chiaramente insufficiente a compensare l’impegno reale.
Risulta quindi necessaria una ridefinizione della disciplina contrattuale dell’orario di lavoro
degli insegnanti. Un primo aspetto è rappresentato dalla necessità di considerare a
livello annuale il complesso degli impegni professionali: si tratta di calcolare le ore di servizio
non su base settimanale, bensì annuale, considerando cioè il numero di settimane di lavoro non
prestato in alcuni mesi e ridistribuendolo nell’arco dei restanti mesi.
Non si tratta di aumentare l’orario settimanale di cattedra (assolutamente in linea con quello dei
principali Paesi europei), bensì di reperire, in forma obbligatoria e vincolante per tutti, quelle
risorse orarie per le attività di progettazione, valutazione collegiali e di supporto
all’organizzazione.
In sostanza si tratta di prevedere un monte-ore annuale (che attualmente è di 40 + 40 ore) per:
- partecipazione agli organi collegiali;
- attività di programmazione;
- progettazione, revisione e gestione del PTOF;
- incontri collegiali con genitori o specialisti/esperti.
Prevedere il recupero:
- delle ore effettuate per attività e/o discipline attività di ampliamento dell’offerta formativa
(viaggi di istruzione, progetti…) o di consolidamento (sviluppo, recupero, sostegno,
preparazione agli esami …) o per supplenze saltuarie;
- delle ore di formazione e aggiornamento;
- delle ore previste per il supporto organizzativo e didattico alla scuola;
attraverso l’aumento dei giorni di ferie previsti contrattualmente durante il periodo estivo.
L’organizzazione resta naturalmente assegnata a ciascuna istituzione scolastica autonoma,
gestita per gli aspetti educativo-didattici dal Collegio dei docenti e per la parte organizzativa
dal Dirigente scolastico, in una visione organizzativa di sistema.
Il Dirigente scolastico avrebbe gli strumenti reali per sostenere l’impiego di risorse
effettivamente disponibili e dare tangibili risposte alle esigenze organizzative e formative
emergenti nel proprio contesto.

34
Nota 1
Giancarlo Cerini, Dirigente - Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna – Autore di
testi sulla scuola.

35
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 1 - STAFF DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

Bibliografia

- Cerini, G., & Spinosi, M. (2015). Una mappa per la riforma. Viaggio tra i 212 commi
della legge 107/2015. Napoli: Tecnodid.
- Comoglio, M. (2003. La scuola comunità che apprende. Mestre: ISRE.
- Comoglio, M., & Cardoso, M.A. (1996). Insegnare e apprendere in gruppo. Roma: LAS
Editrice.
- Dozza, L. (1993). Il lavoro di gruppo tra relazione e conoscenza. Firenze: La Nuova Italia.
- Lewin, K. (1961). Principi di psicologia topologica. Firenze: O.S.
- Lewin, K. (1976). Teoria e sperimentazione in psicologia sociale. Bologna: Il Mulino.
- Perrenoud, P. (2002). Nuove competenze professionali per insegnare. Dieci competenze
per insegnare. Roma: Anicia.
- Quaglino, G.P., & Mander, M. (1987). I climi organizzativi. Bologna: Il Mulino.
- Quaglino, G.P., Casagrande, S., Castellano, A. (2001). Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo.
Milano; Cortina Editore.
- Spaltro, E., & De Vito Piscitelli, V. (1970). Psicologia per le organizzazioni. Roma: La
Nuova Italia Scientifica.
- Weick, K. (1976). “Educational Organizations as Loosely Coupled Systems”. Trad. it: Le
organizzazioni scolastiche come sistemi a legame debole. In Zan, S. (1988). Logiche di
azione organizzativa. Bologna: Il Mulino.

Risorse Normative

- Decreto Legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 “Testo Unico delle disposizioni legislative
in materia di istruzione” – articoli 7, 8, 10.
- D. L. vo n. 165 del 30 marzo 2001 “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche” - articoli 5, 17 e 25.

36
- Legge n. 107 del 13 luglio 2015, n.107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e
formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” - articolo 1
comma 83.
- Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto Scuola per il
quadriennio normativo 2006-2009 del 29 novembre 2007 – articoli 28, 29, 30, 31, 32, 33,
34, 88.

37
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA
UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

1a Lezione – Introduzione

Gli approcci utilizzati nell’ambito del project management consistono in diversi approcci
metodologici adottabili per la gestione delle attività di un progetto, che includono gli approcci
agili, interattivi, incrementali e basati sulla successione di fasi predefinite. Ciascuno di questi
approcci presenta vantaggi e svantaggi che possono consigliarne l’adozione in certi contesti di
progetto piuttosto che sconsigliarlo in altri. In progetti reali non è raro rilevare l’adozione di
approcci misti che utilizzano parti dell’uno o dell’altro a seconda del contesto o della fase del
progetto.
Indipendentemente dall’approccio utilizzato, una particolare attenzione va dedicata alla
definizione chiara degli scopi/obiettivi del progetto e delle loro implicazioni; anche la
definizione chiara dei ruoli e delle responsabilità di tutti gli attori coinvolti, inclusi i
committenti, riveste una importanza decisiva per il successo del progetto.

Progetto
Un progetto comporta:
- una combinazione di risorse e di fattori organizzati, uniti temporaneamente per
raggiungere un obiettivo unico e definito con vincoli di tempo, di costo e di risorse;
- un insieme di attività che originano un cambiamento nella cultura aziendale ed uno
sviluppo delle professionalità, dei sistemi e dell’organizzazione;
- un complesso sforzo innovativo che comporta compiti interrelati eseguiti da varie unità
organizzative con obiettivi, risorse, temi e budget definiti seppur dinamicamente
variabili;
- un processo legato ad un arco di vita non ciclico, necessario per raggiungere specifici
obiettivi definiti;
- un reticolo di impegni reciproci e comunicazioni trasversali alle funzioni coinvolte;
- un approccio metodologico organizzato per fasi e teso al raggiungimento di un obiettivo
prefissato in un contesto;

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Il progetto è, dunque, un insieme di tutte le attività richieste per il raggiungimento di un
obiettivo non continuo né ricorrente mediante il coordinamento di apporti specialistici
controllando, durante tutto il lavoro, che l’obiettivo sia raggiunto a predeterminate condizioni.

Elementi di un progetto
Per gestire progetti in modo efficace è importante comprendere le caratteristiche del ciclo di
vita che differenziano una tipologia di progetti dall’altra in relazione al contesto in cui il
progetto è chiamato ad operare.
In tal senso è importante decidere con quale metodo verranno gestite le varie fasi del ciclo di
vita dei progetti e quali saranno le persone coinvolte.
Inoltre ogni project manager (responsabile di progetto per la scuola) deve comprendere quale
deve essere il suo ruolo affinché le attività si svolgano secondo il ciclo previsto, nel modo e nel
tempo stabiliti. Sua sarà infatti la responsabilità del risultato e della qualità del lavoro svolto.
Il dirigente deve supportare il Project Manager (responsabile di progetto per la scuola) per
garantirne il successo attraverso il coinvolgimento di altri ruoli chiave.
Infatti, per raggiungere il successo nel gestire progetti, ci si deve attivare per attingere alle
competenze ed all’esperienza di una pluralità di soggetti interni all’organizzazione ed esterni
all’organizzazione.
Il momento dell’esecuzione vera e propria di un progetto costituisce il “picco” di massimo
impegno e costo in termini di risorse.
Per questo è assolutamente necessario svolgere con estrema attenzione le fasi precedenti
affinché possano “intercettare” e risolvere le possibili criticità di un progetto in un momento in
cui le risorse impegnate (project manager e team di progetto) sono ancora poche ed il costo è
ancora basso.
Risolvere quelle stesse criticità quando il progetto è ormai in fase di realizzazione comporta
inevitabilmente un costo ed un tempo ben maggiori a causa del numero più elevato di risorse
coinvolte.

Il fund raising
Le modalità di fund raising implicano la capacità delle singole scuole di attrarre risorse.
Questo processo potrebbe condurre a un grande cambiamento nelle condizioni di
funzionamento della scuola statale: fino ad oggi tutti gli istituti potevano contare grosso modo

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sulle stesse risorse: poche, ma per tutti nella stessa misura. Domani il budget degli istituti
potrebbe variare sensibilmente in funzione della capacità di fund raising.
L’attività di ricerca di finanziamenti per le istituzioni scolastiche è fondata sul principio di
sussidiarietà ed è un elemento di welfare.
È un modo di interpretare il ruolo delle istituzioni scolastiche nel territorio e di costruire risposte
mirate ai bisogni emergenti, arricchendo e qualificando l’Offerta formativa. Si deve perciò
configurare come opportunità e non come necessità. L’attività di fund raising dovrebbe essere
collocata in un più ampio quadro, in una nuova stagione di rapporti di collaborazione tra
amministrazione e cittadini.
La ricerca di fondi è un’attività strategica che si avvale di una progettazione di largo respiro:
coinvolge aspetti di comunicazione e di gestione ed investe la crescita organizzativa
dell’istituzione scolastica.
Il fund raising non può derogare dalla costruzione del consenso nella realtà sociale della scuola.
La ricerca di fondi sarà tanto più efficace quanto più l’istituzione scolastica avrà creato
un’identità forte e sarà radicata nel territorio.
La fiducia è una delle parole chiave della ricerca di fondi e la fiducia si costruisce nelle reti
sociali, attraverso una chiara finalizzazione delle attività proposte per il finanziamento e
mediante la coerenza dei comportamenti. In questo campo sono rilevanti la scelta di obiettivi
fattibili, distintivi e motivanti per l’intera comunità, la rendicontazione delle azioni sviluppate,
la visibilità dei risultati ottenuti, il ringraziamento ai donatori.
Queste sono condizioni minime necessarie per affrontare problemi di credibilità nell’opinione
pubblica e combattere l’idea che il sostegno alla scuola sia una sorta di tassazione mascherata.
È evidente che, dal punto di vista organizzativo, tutto ciò richiede una forte integrazione di
competenze e la capacità di rivolgersi in modo selettivo ad una molteplicità di interlocutori, in
relazione agli obiettivi che ci si propone di raggiungere.

La gestione dei progetti PON


I PON Istruzione FSE e FESR 2007-2013 sono intervenuti nelle quattro Regioni dell’Obiettivo
Convergenza (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia) con un’azione sinergica, che ha consentito
di raggiungere importanti risultati, sia in termini generali di miglioramento complessivo del
servizio scolastico erogato sul territorio sia in particolare sui fronti strategici del contrasto alla
dispersione scolastica e del miglioramento delle competenze.
Sussistono ancora delle criticità e ampi fabbisogni di intervento che riguardano sia la

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partecipazione di giovani e adulti ai percorsi d’istruzione-formazione sia i livelli di competenza
degli studenti.
Pertanto il nuovo PON 2014-2020 è in continuità delle azioni intraprese nel periodo 2007-2013,
per proseguirle e implementarle, rivolgendosi a tutte le scuole d’Italia.
Il Programma Operativo Nazionale a titolarità del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca ha ricevuto formale approvazione da parte della Commissione Europea, che lo ha
adottato con Decisione C (2014) n.9952, del 17/12/2014.
Il PON 2014-2020 Per la Scuola 2014IT05M2OP001 plurifondo (FSE e FESR) “Per la scuola
competenze e ambienti per l’apprendimento”, è finanziato con il Fondo Sociale Europeo e con
il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale e riguarda l’intero territorio nazionale.

FSE - FERS
Vi è una forte integrazione fra gli interventi finanziati dal FSE e dal FESR, che si traduce nella
definizione di un PON Plurifondo.
In coerenza con la missione dei due Fondi, gli investimenti in infrastrutture scolastiche e
formative e in dotazioni tecnologiche, volti ad aumentare l’attrattività della scuola e a dotarla
di ambienti di apprendimento più adeguati, realizzabili attraverso il FESR, sono infatti
strettamente complementari alle azioni di contrasto alla dispersione scolastica, innalzamento
delle competenze, sviluppo professionale dei docenti, ecc., realizzati attraverso il contributo del
FSE e insieme concorrono al raggiungimento dei risultati attesi del Programma.
La strategia si focalizza su priorità strategiche ed è finalizzata, da un lato, a perseguire l’equità
e la coesione, favorendo la riduzione dei divari territoriali, il rafforzamento delle istituzioni
scolastiche contraddistinte da maggiori ritardi e il sostegno degli studenti caratterizzati da
maggiori difficoltà, e, dall’altro, a promuovere le eccellenze, per garantire a tutti l’opportunità
di accedere agli studi, assicurando a ciascuno la possibilità del successo formativo e la
valorizzazione dei meriti personali, indipendentemente dal condizionamento del contesto socio-
economico di provenienza.

Il coinvolgimento delle risorse umane nella realizzazione dei progetti (gruppi di progetto)
L’evoluzione tecnologica e culturale impongono lo sviluppo costante di nuove iniziative e
progetti per affrontare le sfide del futuro.
Per ogni dipendente di un’organizzazione diventa quindi sempre più probabile trovarsi

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coinvolto nella partecipazione a progetti insieme con altri colleghi in modo da trasferire al
progetto competenze tipicamente interfunzionali necessarie a raggiungere gli obiettivi per cui
il progetto viene avviato.
In questa logica diviene quindi importante condividere tra i componenti il team di progetto gli
elementi di una comune metodologia di lavoro e di una comune organizzazione del lavoro.
Per i membri di un team ci sono molti modi per apprendere come funzionano i progetti e come
poter contribuire al lavoro di squadra:
- partecipare a dei corsi di formazione;
- approfondire l’argomento attraverso la lettura di diversi materiali.
Più in generale, le aree di conoscenza che anche un team member dovrebbe approfondire
riguardano:
- panoramica sulle modalità di gestione progetti;
- Best Practices;
- qualità e competenze del team;
- struttura, articolazione e organizzazione del lavoro;
- ciclo di vita di un progetto;
- valutazione della fattibilità e dei rischi;
- ruoli e responsabilità interni ed esterni;
- gestione dei membri del team;
- gestione dei conflitti di ruolo e responsabilità.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA
UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

2a Lezione – Il project management: approcci e modelli

La gestione per progetti rappresenta un paradigma produttivo attorno al quale i processi


operativi delle aziende di produzione di beni e servizi tendono ad organizzarsi con sempre
maggiore frequenza.

Progetto
Un progetto comporta:
- una combinazione di risorse e di fattori organizzati, uniti temporaneamente per
raggiungere un obiettivo unico e definito con vincoli di tempo, di costo e di risorse;
- un insieme di attività che originano un cambiamento nella cultura aziendale ed uno
sviluppo delle professionalità, dei sistemi e dell’organizzazione;
- un complesso sforzo innovativo che comporta compiti interrelati eseguiti da varie unità
organizzative con obiettivi, risorse, temi e budget definiti seppur dinamicamente
variabili;
- un processo legato ad un arco di vita non ciclico, necessario per raggiungere specifici
obiettivi definiti;
- un reticolo di impegni reciproci e comunicazioni trasversali alle funzioni coinvolte;
- un approccio metodologico organizzato per fasi e teso al raggiungimento di un obiettivo
prefissato in un contesto.
Il progetto è, dunque, un insieme di tutte le attività richieste per il raggiungimento di un
obiettivo non continuo né ricorrente mediante il coordinamento di apporti specialistici
controllando, durante tutto il lavoro, che l’obiettivo sia raggiunto a predeterminate condizioni.

Approcci
Gli approcci utilizzati nell’ambito del project management consistono in diversi approcci
metodologici adottabili per la gestione delle attività di un progetto, che includono gli approcci
agili, interattivi, incrementali e basati sulla successione di fasi predefinite. Ciascuno di questi

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approcci presenta vantaggi e svantaggi che possono consigliarne l’adozione in certi contesti di
progetto piuttosto che sconsigliarlo in altri. In progetti reali non è raro rilevare l’adozione di
approcci misti che utilizzano parti dell’uno o dell’altro a seconda del contesto o della fase del
progetto.
Indipendentemente dall’approccio utilizzato, una particolare attenzione va dedicata alla
definizione chiara degli scopi/obiettivi del progetto e delle loro implicazioni; anche la
definizione chiara dei ruoli e delle responsabilità di tutti gli attori coinvolti, inclusi i
committenti, riveste una importanza decisiva per il successo del progetto.
Nel caso di progetti molto complessi (ad esempio nel caso di un insieme di progetti correlati) e
comunque in caso di impatti rilevanti dei progetti sulle organizzazioni coinvolte e sui loro
processi, il progetto deve essere considerato all’interno di un approccio più globale, agendo sul
piano del Change management che si occupa principalmente di gestire l’impatto umano e
organizzativo di una trasformazione all’interno di un contesto aziendale e/o sociale.
Il Project Management è costituito, pertanto, da un insieme di principi, di metodi e di tecniche
tra loro integrati per gestire progetti.
Definiamo adesso i vari approcci.

Approccio classico
L’approccio classico è di fatto rappresentato dalla ortodossia del PMBOK sviluppato dal
Project Management Institute. I processi del PMBOK, se applicati in modo appropriato ai
progetti, consentono di pianificare, eseguire e monitorare tutti gli aspetti che direttamente o
indirettamente possono influire sull’esito del progetto.
I gruppi di processi di un progetto sono:
- allestimento e avviamento del progetto (gruppo di processi di avvio);
- pianificazione e progettazione (gruppo di processi di pianificazione);
- esecuzione o produzione (gruppo di processi di esecuzione);
- monitoraggio e controllo;
- completamento e diffusione dei risultati (gruppo di processi di chiusura).

Rational unified process


Il Rational Unified Process (RUP) è un framework per lo sviluppo iterativo di prodotti software
creato da Rational Software Corporation (una divisione di IBM a partire dal 2003).
Nello schema del RUP, il ciclo di vita di un processo software viene suddiviso in cicli di
sviluppo, a loro volta scomposti in fasi.

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Nel RUP ogni fase ha un certo insieme di obiettivi e si conclude con la realizzazione di un
deliverable (prodotto) di qualche genere. Le fasi sono ulteriormente scomposte in iterazioni,
che sono associate a periodi temporali e hanno scadenze precise.

Approccio critical chain


L’approccio del Critical Chain (catena/percorso critico) sviluppato da Eliyahu M. Goldratt si
focalizza sulla disponibilità delle risorse oltre che sulle dipendenze logiche tra attività di
progetto.
L’approccio è derivato dall’applicazione della teoria dei vincoli al project management.
L’obiettivo è quello di aumentare la produttività dei progetti (rappresentabile come la
percentuale delle attività completate con la qualità richiesta entro le date di distribuzione
previste dalla pianificazione impostata) all’interno di una organizzazione. Le risorse vengono
identificate come il vincolo primario di ogni progetto.

Approccio event chain


La metodologia Event chain (ECM o metodologia della Catena Critica) costituisce un ulteriore
affinamento delle metodologie di project management basate sul Critical Path (CPM o
Metodologia del Percorso Critico) e sul Critical chain.
L’ECM è un approccio di modellazione e di analisi dei reticoli di pianificazione che considera
e gestisce l’incertezza di alcune catene di eventi in grado di impattare sul piano del progetto.

Approcci di project management basati sui processi (AGILE e XPM)


Gli approcci di project management basati sui processi (process-based management) derivano
da una generalizzazione del concetto di controllo di progetto.
Questi approcci, con maggiore diffusione nell’area informatica, sono stati indotti dall’uso del
Capability Maturity Model Integration (CMMI) e dello standard ISO/IEC15504 (SPICE -
Software Process Improvement and Capability Determination) che riscuotono una popolarità
più vasta.
Uno di questi approcci più conosciuti è rappresentato dalla Metodologia agile, basata sui
principi di Management dell’interazione umana (human interaction management) che
privilegiano la vista dei processi di collaborazione umana tra gli attori coinvolti nella gestione
del progetto. Negli approcci Agile software development e Flexible product development il

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progetto viene visto come una serie di task relativamente snelli, disegnati ed eseguiti in modo
fortemente orientato alla domanda, secondo una logica adattativa, piuttosto che come risultato
di un processo completamente pianificato fin dall’inizio.
L’Extreme Project Management (indicato anche come XPM), anch’esso ispirato alla
Metodologia agile rispetto al project management tradizionale, si focalizza maggiormente
sull’obiettivo, ne riduce l’ambito agli aspetti essenziali e si dimostra particolarmente versatile
di fronte al cambiamento delle condizioni del contesto in cui il progetto si trova.
L’XPM sostiene che, usando per i progetti modelli troppo complessi, specialmente quando si
dilatano su alcune settimane, in molti casi si originano dei costi supplementari dannosi e si
abbassano la flessibilità e la reattività del progetto. I fautori dell’XPM si sono ispirati ad
approcci leggeri presenti nella Ingegneria del software come l’Extreme Programming e le
tecniche scrum. Se usato in combinazione con il process modeling ed i principi di gestione delle
interazioni umane, l’XPM per molti versi può essere considerato come la generalizzazione
dell’Extreme Programming all’ambito della gestione di progetto.

Modelli
I modelli di project management waterfall si basano sul principio che una fase non può iniziare
se la fase precedente non è terminata in quanto necessita dei prodotti e della documentazione
creati dalla fase precedente.
Nella realtà esiste sempre un certo margine di sovrapposizione delle suddette fasi poiché, ad
esempio, alcune attività di pianificazione possono essere svolte mentre ancora si stanno
completando quelle relative all’avvio del progetto.
Questa modalità è particolarmente utile quando le informazioni di cui si dispone sono
consistenti e permettono quindi di pianificare il progetto avendo tutti gli elementi per poter
costruire il piano di progetto.
Quando questo non è possibile, è opportuno gestire il progetto con un modello iterativo che ben
si presta a gestire progetti di ricerca e sviluppo.
Un modello iterativo di project management parte dal presupposto di ritornare più volte sulle
varie fasi ridefinendo di volta in volta i vincoli di progetto finché non si raggiunge un sufficiente
grado di maturità del prodotto che consente di stabilizzarlo e renderlo disponibile sotto forma
di release per poi migliorarlo nel tempo attraverso nuovi progetti che produrranno nuove release
o versioni dello stesso prodotto.
In questa logica è anche possibile che in un determinato momento una componente del progetto

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sia in una fase di definizione mentre un’altra componente sia in una fase di implementazione.
È naturalmente possibile anche utilizzare un mix dei due modelli gestendo il progetto
complessivo con un modello waterfall per contenerne i costi complessivi e gestendo la
produzione di alcuni deliverables con un modello iterativo se il progetto è innovativo e non si
dispone di tutte le informazioni necessarie a pianificarlo in modo completo al primo passaggio.
Nei modelli di project management iterativi i costi possono andare fuori controllo se non si
adottano misure di contenimento.
Ciò impone di adottare un modello di Project management di tipo “time & money boxing” per
cui ad ogni ciclo di sviluppo vengono assegnati finestre temporali e budget rigidi e ci si
accontenta della qualità raggiunta entro tali finestre.
È bene ricordare che buona parte delle cause di insuccesso di un progetto derivano dalla
tendenza a dedicare poco tempo alle fasi di definizione e pianificazione per cui c’è
effettivamente la possibilità che un approccio iterativo venga inteso come un modo per aggirare
il problema rimandando al ciclo successivo di sviluppo gli inconvenienti che sono emersi
durante l’implementazione.
Il problema del contenimento dei tempi e dei costi è un fatto ineludibile e nella maggior parte
dei casi un approccio altamente strutturato come il metodo waterfall consente di tenere sotto
controllo i tentativi di deviare rispetto agli obiettivi fissati in fase di avvio.
Un ulteriore approccio di Project Management, che consente di gestire situazioni in cui esistono
vincoli specifici sulle risorse impiegate sulle diverse attività che compongono un progetto, è
quello della Critical Chain (già analizzato anche negli approcci).
Questo approccio implica una diversa modalità di costruzione della schedulazione di progetto
introducendo delle protezioni rispetto a possibili sforamenti rispetto ai tempi concordati.
Applicare il modello della critical chain permette inoltre di far emergere la generale tendenza
a sovrastimare la durata delle attività di progetto per proteggersi dalle interferenze e dai ritardi
organizzativi.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

3 a Lezione - Gli elementi di un progetto

Normalmente i criteri adottati per gestire progetti e valutarne il successo sono relativi alla
capacità di:
- realizzare ciascun deliverable previsto;
- raggiungere gli obiettivi di tempo;
- rimanere nell’ambito del budget fissato;
- coinvolgere le persone giuste;
- utilizzare al meglio le risorse;
- tener conto dei cambiamenti nel modo in cui l’organizzazione opera;
- analizzare i rischi che potrebbero compromettere il successo del progetto;
- tener conto delle esigenze del personale e degli altri soggetti interessati che saranno
influenzati dalle modifiche introdotte dal progetto.
Purtroppo molti progetti falliscono nel produrre i deliverable concordati a causa di una serie di
motivazioni in gran parte evitabili:
- nel gestire i progetti non viene tenuto conto delle necessità, del potere e del ruolo degli
stakeholder di progetto;
- difficoltà nel comunicare con gli stakeholder e nel tenerli informati sugli sviluppi del
progetto;
- mancanza di attenzione verso l’impatto del lavoro di progetto sulle attività quotidiane
dell’organizzazione;
- costosa tendenza a fare più di quanto richiesto per alcune componenti del progetto,
finendo per trascurare quanto richiesto da altre componenti del progetto;
- scarsa tendenza a valutare in modo programmatico i rischi di progetto, per poi
“riscoprirli” come variabili dipendenti;
- attenzione insufficiente a pianificare e successivamente controllare il lavoro di progetto.
Ciò deriva principalmente dall’assenza di un metodo formalizzato per gestire progetti che
supporti ogni responsabile di progetto nel definire, chiarire e documentare: “cosa deve essere

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fatto, perché, da chi, come e quando”; le modalità per superare le criticità che si incontrano
durante lo sviluppo di un progetto; le modalità per tracciare il lavoro; i templates di base per lo
svolgimento dell’attività di project management.

Elementi di un progetto
Per gestire progetti in modo efficace è importante comprendere le caratteristiche del ciclo di
vita che differenziano una tipologia di progetti dall’altra in relazione al contesto in cui il
progetto è chiamato ad operare.
In tal senso è importante decidere con quale metodo verranno gestite le varie fasi del ciclo di
vita dei progetti e quali saranno le persone coinvolte.
Inoltre ogni project manager (responsabile di progetto per la scuola) deve comprendere quale
deve essere il suo ruolo affinché le attività si svolgano secondo il ciclo previsto, nel modo e nel
tempo stabiliti. Sua sarà infatti la responsabilità del risultato e della qualità del lavoro svolto.
Il dirigente deve supportare il Project Manager (responsabile di progetto per la scuola) per
garantirne il successo attraverso il coinvolgimento di altri ruoli chiave.
Infatti, per raggiungere il successo nel gestire progetti, ci si deve attivare per attingere alle
competenze ed all’esperienza di una pluralità di soggetti interni all’organizzazione ed esterni
all’organizzazione.
Il momento dell’esecuzione vera e propria di un progetto costituisce il “picco” di massimo
impegno e costo in termini di risorse.
Per questo è assolutamente necessario svolgere con estrema attenzione le fasi precedenti
affinché possano “intercettare” e risolvere le possibili criticità di un progetto in un momento in
cui le risorse impegnate (project manager e team di progetto) sono ancora poche ed il costo è
ancora basso.
Risolvere quelle stesse criticità quando il progetto è ormai in fase di realizzazione comporta
inevitabilmente un costo ed un tempo ben maggiori a causa del numero più elevato di risorse
coinvolte.

Le responsabilità coinvolte nel gestire progetti


La definizione delle responsabilità all’interno di un progetto dipende dalle politiche che ogni
organizzazione deve darsi riguardo la governance dei progetti e che andranno dettagliate.
In termini generali e considerando le varie fasi del ciclo di vita di un progetto, la declinazione

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delle responsabilità può essere così articolata:
In fase di start-up si deve:
- definire e documentare le necessità che portano ad avviare il progetto;
- specificare, quantificare e concordare i risultati desiderati e i benefici attesi;
- incaricare un responsabile di progetto e, se necessario, definire un team di progetto;
- documentare le premesse e le motivazioni del progetto, nonché i risultati attesi;
In fase di iniziazione e pianificazione il team deve:
- pianificare le attività necessarie per produrre i deliverable attesi ed ottenere i benefici
previsti;
- decidere come impostare i rapporti con le principali parti interessate (stakeholders);
- decidere come organizzare il processo di delivery;
- pianificare i tempi ed i costi previsti;
- determinare il fabbisogno di risorse e garantire che possano essere disponibili quando
necessario;
- individuare, qualificare e quantificare i possibili rischi di progetto
In fase di Esecuzione il team deve:
- attuare i principi di governance per gestire progetti;
- mobilitare il personale e le risorse necessarie per produrre i deliverable previsti;
- proseguire l’attività di pianificazione e ri-pianificazione sulla base di un costante
monitoraggio e controllo del lavoro svolto/da svolgere;
- gestire gli eventuali rischi che si possono presentare in questa fase;
- attuare processi strutturati di comunicazione con tutte le persone impattate dal progetto
o dai suoi prodotti (stakeholders);
- raccogliere e presentare i dati sull’avanzamento di progetto per intervenire
tempestivamente sulle criticità di progetto e valutare le performances complessive;
- informare sistematicamente gli stakeholder sull’andamento del lavoro e le eventuali
necessità di supporto organizzativo per superare le criticità emerse;
- rivalutare progressivamente la fattibilità del progetto alla luce dei nuovi elementi emersi
e delle variazioni d’ambito eventualmente emerse;
- assicurare che i deliverable realizzati siano idonei funzionalmente e qualitativamente.
In fase di Chiusura del progetto il team deve:
- verificare l’effettiva ultimazione dei lavori;
- chiudere gli eventuali contratti con fornitori o terze parti;
- valutare insieme i risultati del progetto in rapporto al Piano di Project Management;

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- assicurarsi che tutte le criticità e le modalità di superamento siano documentate per
gestire progetti futuri;
- documentare i benefici ottenuti attraverso il progetto;
- valutare le performances delle risorse coinvolte e aggiornare i curricula in base alle
competenze acquisite nel progetto oppure evidenziare i fabbisogni di formazione;
- rilasciare le risorse per consentirne la successiva riallocazione.
Successivamente alla chiusura del progetto si dovrà:
- rivedere eventualmente le prassi aziendali ed il piano strategico sulla base degli elementi
eventualmente emersi dal progetto;
- comprendere i necessari miglioramenti da introdurre su metodologia e politiche
aziendali per gestire progetti alla luce di quanto emerso.

Le fasi di gestione di un progetto


Possiamo suddividere la gestione di un progetto in tre distinte fasi:
- pianificazione;
- programmazione;
- controllo.

La pianificazione del progetto


La fase di pianificazione del progetto rappresenta il punto di partenza di qualunque progetto
organizzato. Essa è di fondamentale valore al fine del successo dell’intero progetto in quanto
formalizza al meglio l’area di intervento del progetto, gli obiettivi e le risorse necessarie.
Può essere generalmente suddivisa in alcune sottofasi:
a) definizione della missione del progetto. Il primo passo della pianificazione di un
progetto consiste nel costruire un accordo tra tutti i componenti del gruppo di progetto
sul suo scopo. Il chiarimento è fondamentale per introdursi in modo unitario alla
definizione degli obiettivi. La definizione concisa della missione deve tenere conto della
definizione stessa di progetto e quindi porre in luce scopo, tempi e costi.
b) Individuazione degli obiettivi del progetto. Il documento “obiettivi del progetto” deve
evidenziare in modo chiaro i risultati che si intendono ottenere ed i vincoli (di costo, di
tempo, di personale) che determinano i limiti per la realizzazione del progetto. Il gruppo
di progetto dovrebbe quindi discutere e concordare su ciò che si otterrà a fine progetto
e sull’esistenza di vincoli e risorse limitate che influiscono sulle attività esecutive del

51
progetto.
c) Stesura della cosiddetta Work-Breakdown Structure, ossia scomposizione in attività
elementari dell’intero progetto. Questo strumento tende ad evidenziare “cosa” deve
essere fatto e costituisce un supporto fondamentale alle successive fasi di
programmazione e controllo che dovranno definire e gestire le responsabilità e la
tempificazione delle attività individuate. Il gruppo di progetto determina la struttura
delle attività utilizzando la tecnica della scomposizione “gerarchica” delle attività
(struttura ad albero).
d) Attribuzione ad ogni attività elementare delle risorse necessarie alla realizzazione del
progetto, sino a poter determinare, sia pure in prima approssimazione, i costi dell’intero
progetto. Per lo svolgimento di tale fase ogni elemento della WBS deve essere
esaminato e, per ciascuno, occorre identificare: tipo di risorsa, entità della risorsa e costo
stimato.
In sintesi, scopo finale della pianificazione del progetto è l’effettuazione di una prima analisi di
fattibilità allo scopo di verificare attuabilità e condizioni del progetto.

La programmazione del progetto


In questa seconda fase lo scopo è quello di organizzare le attività e le risorse del progetto
effettuando una tempificazione realistica dell’inizio e della fine di ciascuna sotto attività del
progetto. La determinazione dei costi globali operata in questa seconda fase assume
generalmente un livello di precisione estremamente più elevato.
Le sottofasi della programmazione possono essere così sintetizzate:
a) attribuzione di responsabilità (matrice compiti responsabilità);
b) effettuazione della programmazione reticolare del progetto (network planning);
c) realizzazione del diagramma di Gantt;
d) analisi dei problemi potenziali del progetto;
e) analisi delle risorse disponibili;
f) valutazione economica del progetto.

La fase di controllo
Si concretizza in un monitoraggio continuativo del rispetto dei parametri di scopo, tempo e
costo definiti nelle due fasi precedenti. Porta alla definizione di eventuali azioni correttive ed
all’aggiornamento continuo delle previsioni, anche in seguito ad una modifica richiesta dal
committente. Termina con una valutazione finale e con le attività di chiusura del progetto.

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Tramite il controllo di avanzamento si opera un monitoraggio continuativo dei parametri di
scopo (qualità), tempo e costo del progetto. Tale controllo si effettua in genere attraverso una
serie di verifiche a scadenze prefissate indicate sullo stesso Diagramma di Gantt. Scopo primo
del controllo è l’individuazione di scostamenti dagli obiettivi di programma al fine di
intraprendere immediatamente azioni correttive.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

4 a Lezione – Il fund rising

Fund raising
“Fund raising” è una espressione inglese che non è traducibile semplicemente in raccolta
fondi. “To raise” ha il senso di far crescere, coltivare, sorgere, ossia di sviluppare i fondi
necessari a sostenere un’azione senza finalità di lucro.
Il fund raising trova le sue origini nell’azione delle organizzazioni non profit, quelle
organizzazioni che hanno l’obbligo di non destinare i propri utili ai soci, ma di reinvestirli per
lo sviluppo delle proprie finalità sociali. Attualmente la raccolta fondi viene praticata anche da
enti e servizi pubblici.
Le modalità di fund raising implicano la capacità delle singole scuole di attrarre risorse.
Questo processo potrebbe condurre a un grande cambiamento nelle condizioni di
funzionamento della scuola statale: fino ad oggi tutti gli istituti potevano contare grosso modo
sulle stesse risorse: poche, ma per tutti nella stessa misura.
Domani il budget degli istituti potrebbe variare sensibilmente in funzione della capacità di fund
raising.
L’attività di ricerca di finanziamenti per le istituzioni scolastiche è fondata sul principio di
sussidiarietà ed è un elemento di welfare.
È un modo di interpretare il ruolo delle istituzioni scolastiche nel territorio e di costruire risposte
mirate ai bisogni emergenti, arricchendo e qualificando l’Offerta formativa. Si deve perciò
configurare come opportunità e non come necessità.
L’attività di fund raising dovrebbe essere collocata in un più ampio quadro, in una nuova
stagione di rapporti di collaborazione tra amministrazione e cittadini.

Attività strategica
La ricerca di fondi è un’attività strategica che si avvale di una progettazione di largo respiro:
coinvolge aspetti di comunicazione e di gestione ed investe la crescita organizzativa

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dell’istituzione scolastica.
Il fund raising non può derogare dalla costruzione del consenso nella realtà sociale della scuola.
La ricerca di fondi sarà tanto più efficace quanto più l’istituzione scolastica avrà creato
un’identità forte e sarà radicata nel territorio.
La fiducia è una delle parole chiave della ricerca di fondi e la fiducia si costruisce nelle reti
sociali, attraverso una chiara finalizzazione delle attività proposte per il finanziamento e
mediante la coerenza dei comportamenti. In questo campo sono rilevanti la scelta di obiettivi
fattibili, distintivi e motivanti per l’intera comunità, la rendicontazione delle azioni sviluppate,
la visibilità dei risultati ottenuti, il ringraziamento ai donatori.
Queste sono condizioni minime necessarie per affrontare problemi di credibilità nell’opinione
pubblica e combattere l’idea che il sostegno alla scuola sia una sorta di tassazione mascherata.
È evidente che, dal punto di vista organizzativo, tutto ciò richiede una forte integrazione di
competenze e la capacità di rivolgersi in modo selettivo ad una molteplicità di interlocutori, in
relazione agli obiettivi che ci si propone di raggiungere.
Per chi voglia intraprendere attività di fund raising, non mancano inoltre difficoltà anche nella
interpretazione delle norme. Il timore di incorrere involontariamente in errori dalle onerose
conseguenze può sconsigliare iniziative potenzialmente rischiose.
Talvolta infatti appare complesso giungere ad una corretta qualificazione giuridica delle azioni
intraprese, qualificazione dalla quale derivano specifiche conseguenze operative e precisi
adempimenti. Un esempio tipico di questa difficoltà è ad esempio nella distinzione tra
donazioni, sponsorizzazioni e contratti pubblicitari.
Perciò appare indispensabile prevedere appositi fondi di compensazione gestiti centralmente, e
alimentati anche da una quota parte dei finanziamenti privati alle scuole, per intervenire sulle
realtà che ne avranno bisogno.
Un meccanismo simile deve essere previsto per tutti i capitali privati attratti dalle scuole e deve
essere gestito dal MIUR per intervenire a supporto dove riterrà più opportuno.
Accanto ad una totale trasparenza e pubblicità nella gestione dei fondi, va rafforzato il modello
di controllo all’interno dell’istituzione scolastica, che si dovrà dotare di modelli di
organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire reati o comunque comportamenti non
adeguati, e di modalità di vigilanza sul funzionamento e l’osservanza dei modelli, anche
eventualmente attraverso appositi organismi dotati di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
Il riferimento e i principi ispiratori per tale modello possono essere in parte trovati in quanto
definito dal Decreto Legislativo 231/2001 per gli enti e le società privati, che stabilisce una
responsabilità amministrativa a carico dell’ente per i reati commessi nel suo interesse o a suo

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vantaggio da persone fisiche in posizione apicale o da loro dipendenti che agiscono in nome e
per conto dell’Ente che rappresentano.
Come noto tale norma non si applica allo Stato e agli enti pubblici, ma in considerazione della
novità rappresentata dall’ingresso di fondi privati nella scuola potrebbero – e dovrebbero –
esserne adottati ed estesi alle scuole alcuni principi a garanzia dell’integrità del sistema.

Aspetti rilevanti
Sono molti infatti gli aspetti che rendono rilevante il potenziale di fund raising del mondo della
scuola:
1. è uno dei beni comuni maggiormente percepito dalla comunità: la qualità della scuola
in Italia è sicuramente ritenuto un bene intoccabile e indispensabile;
2. la scuola ci sono i minori che oggi sono i soggetti a maggiore rischio e il cui futuro è
messo in forte discussione e quindi essa si occupa di un soggetto sul quale si è
fortemente sensibilizzati;
3. la scuola è un’istituzione comunitaria. È un luogo di comunità per vocazione,
fortemente radicato sul territorio che ha il potere di entrare naturalmente in tutte le case,
in tutte le famiglie;
4. è un pezzo essenziale del welfare per il quale vi è una crescente voglia di attivarsi.
In poche parole la scuola (ossia l’istruzione e la formazione del capitale umano) è una causa
sociale fortissima che può scalare in pochissimo tempo anche le alte posizioni delle tradizionali
cause sociali sostenute attraverso il fund raising.
È chiaro che per trasformare quest’opportunità in realtà c’è bisogno di formazione,
professionalizzazione, assistenza e ci sarebbe bisogno di una politica di promozione e
incentivazione del fund raising.

Le condizioni
Parliamo invece delle condizioni che devono realizzarsi all’interno degli istituti scolastici
affinché possano fare con successo il fund raising. Sono quattro e vengono di seguito
evidenziate:
1. è necessario acquisire una più forte identità sociale. L’identità tecnico-amministrativa
burocratica, tipica della pubblica amministrazione, non è la veste più adatta per la
raccolta fondi. Peraltro la scuola ha alle sue spalle una forte storia sociale fatta di scuole

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popolari, imprese di formazione non profit e una presenza significativa di comitati di
genitori. Inoltre la scuola non è solo un servizio, ma un luogo di socializzazione e di
socialità, un’istituzione della società civile, un bene pubblico.
2. è necessario radicarsi nella comunità. Questo è possibile solo se facciamo entrare la
comunità nella scuola e se portiamo questa dentro la comunità. Integrarsi pienamente
nella comunità vuol dire inserire la scuola in reti sociali relazionali e di interesse che
possono veicolare in modo efficace la causa sociale dell’istruzione proprio perché
largamente condivisa.
3. è essenziale mettere al centro del fund raising la produzione di valore sociale aggiunto
e non il mero bisogno gestionale. Altrimenti si rischia di fare campagne minimaliste
basate sulla mera carità. Ci riferiamo a: innovazione tecnologica, programmi didattici
avanzati, attività sociali e paradidattiche, esperienze di incontro con il mondo del lavoro;
4. è necessario che la scuola si doti di una governance allargata del fund raising. Ossia che
in primo luogo se ne occupi il livello dirigenziale. Ma governance allargata vuol dire
che si tratta di coinvolgere nel fund raising della scuola famiglie, studenti, partner delle
scuole, fornitori, sia per il loro valore testimoniale (in quanto membri della comunità),
sia in quanto apportatori di opportunità e relazioni sociali che altrimenti gli operatori
della scuola farebbero fatica a procurarsi.

Tra passato e futuro


In Italia prevale l’idea che la scuola pubblica, in quanto patrimonio dello Stato, non necessiti di
fondi privati. Alcuni potrebbero pensare che il fund raising aumenti il divario ideologico che
esiste tra la scuola pubblica e quella privata. In realtà non è così. Non parliamo di ideologia, ma
di un’idea di bene comune, in cui elementi ed istituzioni del welfare sono oggetto di
un’attenzione di tutta la società sia attraverso le sue istituzioni pubbliche, e le relative economie,
sia attraverso istituzioni sociali e le relative economie (economia sociale, civile di comunità,
ecc.) di cui il fund raising rappresenta lo strumento principale. Per cui il fund raising contribuirà
ad affermare una nuova idea di welfare e di bene comune, fatto di partecipazione democratica
e appassionata alla sostenibilità del welfare.
Il problema non è se “sia lecito o meno fare fund raising”: il problema sentito nelle scuole da
docenti, genitori, dirigenti è quello delle “condizioni per cui vale la pena farlo”. E tali condizioni
riguardano: la capacità e l’intenzione di investire su professionalità, il ruolo dei genitori e della

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comunità nel processo di governo e gestione delle scuole, l’apertura delle scuole al territorio
quale presidio del welfare e non solo in quanto erogatore di servizi scolastici, il rapporto con il
mondo del lavoro e quindi delle aziende, la scelta dei macro-obiettivi sui quali investire in
termini di fund raising. Il problema sta più nella mission e nella strategia della scuola che nel
mercato.
Servono consulenti, o meglio formatori e facilitatori, per garantire che il personale scolastico
abbia la professionalità e la strategia giusta per fare fund raising in modo efficiente ed efficace;
i genitori servono perché il vero attore della raccolta fondi, quello più credibile, è la comunità.
Solo loro possono metterci il giusto e necessario entusiasmo. È una questione innanzitutto di
fiducia, ma è anche una questione di capitale relazionale, di cui possono essere portatori
principali le famiglie. Bisogna accogliere e accompagnare la spontanea voglia della comunità
di occuparsi della scuola e favorire questo entusiasmo.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

5 a Lezione – La gestione dei progetti PON

Il Programma Operativo Nazionale (PON) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della


Ricerca, intitolato “Per la Scuola - competenze e ambienti per l’apprendimento”, finanziato dai
Fondi Strutturali Europei contiene le priorità strategiche del settore istruzione e ha una durata
settennale, dal 2014 al 2020.
Il PON “Per la scuola” è rivolto alle scuole dell’infanzia e alle scuole del I e del II ciclo di
istruzione di tutto il territorio nazionale. È articolato in 4 assi ciascuno con i propri obiettivi
specifici.

Finalità
Punta a creare un sistema d’istruzione e di formazione di elevata qualità, efficace ed equo
offrendo alle scuole l’opportunità di accedere a risorse comunitarie aggiuntive rispetto a quelle
già stabilite dalla “Buona Scuola”.
Per la Programmazione 2014-2020 è disponibile, infatti, un budget complessivo di poco più di
3 miliardi di Euro così diviso:
- 2,2 miliardi circa stanziati dal Fondo Sociale Europeo (FSE) per la formazione di alunni,
docenti e adulti;
- 800 milioni dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) per laboratori,
attrezzature digitali per la Scuola e per interventi di edilizia.

PON “per la scuola. Competenze e ambienti per l’apprendimento”


I PON Istruzione FSE e FESR 2007-2013 sono intervenuti nelle quattro Regioni dell’Obiettivo
Convergenza (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia) con un’azione sinergica, che ha consentito
di raggiungere importanti risultati, sia in termini generali di miglioramento complessivo del

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servizio scolastico erogato sul territorio sia in particolare sui fronti strategici del contrasto alla
dispersione scolastica e del miglioramento delle competenze.
Sussistono ancora delle criticità e ampi fabbisogni di intervento che riguardano sia la
partecipazione di giovani e adulti ai percorsi d’istruzione-formazione sia i livelli di competenza
degli studenti.
Pertanto il nuovo PON 2014-2020 è in continuità delle azioni intraprese nel periodo 2007-2013,
per proseguirle e implementarle, rivolgendosi a tutte le scuole d’Italia.
Si propone:
- Il contrasto alla dispersione scolastica e formativa;
- Il rafforzamento delle competenze chiave degli allievi;
- Lo sviluppo professionale dei docenti;
- Il rafforzamento delle competenze degli adulti;
- La diffusione delle competenze digitali nella scuola;
- La riqualificazione degli istituti scolastici;
- Il potenziamento della capacità istituzionale.

La strategia del programma e la dotazione finanziaria


Il Programma Operativo Nazionale a titolarità del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca ha ricevuto formale approvazione da parte della Commissione Europea, che lo ha
adottato con Decisione C (2014) n.9952, del 17/12/2014.
Il PON 2014-2020 Per la Scuola 2014IT05M2OP001 plurifondo (FSE e FESR) “Per la scuola
competenze e ambienti per l’apprendimento”, è finanziato con il Fondo Sociale Europeo e con
il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale e riguarda l’intero territorio nazionale.

FSE - FERS
Vi è una forte integrazione fra gli interventi finanziati dal FSE e dal FESR, che si traduce nella
definizione di un PON Plurifondo.
In coerenza con la missione dei due Fondi, gli investimenti in infrastrutture scolastiche e
formative e in dotazioni tecnologiche, volti ad aumentare l’attrattività della scuola e a dotarla
di ambienti di apprendimento più adeguati, realizzabili attraverso il FESR, sono infatti
strettamente complementari alle azioni di contrasto alla dispersione scolastica, innalzamento

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delle competenze, sviluppo professionale dei docenti, ecc., realizzati attraverso il contributo del
FSE e insieme concorrono al raggiungimento dei risultati attesi del Programma.
La strategia si focalizza su priorità strategiche ed è finalizzata, da un lato, a perseguire l’equità
e la coesione, favorendo la riduzione dei divari territoriali, il rafforzamento delle istituzioni
scolastiche contraddistinte da maggiori ritardi e il sostegno degli studenti caratterizzati da
maggiori difficoltà, e, dall’altro, a promuovere le eccellenze, per garantire a tutti l’opportunità
di accedere agli studi, assicurando a ciascuno la possibilità del successo formativo e la
valorizzazione dei meriti personali, indipendentemente dal condizionamento del contesto socio-
economico di provenienza.
Qualità degli apprendimenti e inclusività della formazione rappresentano i due assi portanti su
cui si incardina la strategia di intervento del nuovo Programma, orientata a garantire:
- l’ampliamento degli orari di apertura e delle tipologie di attività offerte dalle scuole;
- una scuola “aperta” concepita come civic center destinato non solo agli studenti, ma
anche alla cittadinanza, polo di aggregazione delle comunità locali dove promuovere
azioni di prevenzione del disagio giovanile e di contrasto alla dispersione scolastica;
- l’accesso scolastico precoce attraverso il potenziamento della scuola dell’infanzia,
l’incremento del tempo scuola e l’ampliamento delle offerte per tutta la fascia dei
piccoli;
- l’organizzazione di spazi didattici strutturati rispondenti a nuovi standard qualitativi e
architettonici in un’ottica di “smart school”;
- lo sviluppo di un’edilizia scolastica innovativa, comprensiva di dotazioni tecnologiche
in grado di rispondere in maniera diretta alle esigenze dettate dalla “società
dell’informazione”;
- una particolare attenzione alle aree scolastiche più compromesse e a maggiore rischio
di evasione dall’obbligo;
- l’organizzazione di percorsi specifici per l’integrazione degli studenti con svantaggi e/o
deficit socioculturali e linguistici;
- l’orientamento degli studenti finalizzato a favorire il massimo sviluppo delle
potenzialità e delle attitudini di ciascuno, a neutralizzare gli effetti delle disuguaglianze
sociali, a valorizzare il merito individuale indipendentemente dalla situazione sociale di
partenza;
- lo sviluppo di un sistema di istruzione degli adulti in grado di presidiare i processi
formativi - lungo tutto l’arco della vita;

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- il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, attraverso una ripianificazione di
interventi prioritariamente tesi a rafforzare la cerniera tra formazione e mercato
occupazionale;
- un’adeguata valorizzazione del personale scolastico, in particolare i docenti, con nuove
prospettive di carriera e di adeguata formazione e aggiornamento delle competenze;
- l’avvio di un appropriato sistema nazionale di valutazione, che consenta di definire
obiettivi di miglioramento della performance misurabili e di verificarne il
conseguimento, in un’ottica di trasparenza e di rendicontazione sociale, nonché di
benchmarking internazionale.

GPU e SIF 2020


Questi sono i nomi delle piattaforme informative che gestiscono il «Pon per la scuola».
I due sistemi sono perfettamente integrati in un processo di governance on line in cui i soggetti
coinvolti lavorano e comunicano tra loro scambiando anche flussi informativi con l’esterno
(MEF - IGRUE) tramite porte di dominio.
Accedere è semplice: basta entrare sulla home page della sezione dedicata ai «Fondi Strutturali
Europei» e selezionare nel box Accesso ai servizi una delle due voci presenti:
- gestione interventi;
- gestione finanziaria.
Per entrambe le applicazioni i DS, i DSGA e gli USR inseriscono nella pagina di login le
credenziali SIDI.
La piattaforma GPU serve per la progettazione, la presentazione e la gestione del progetto. SIF
2020 è invece la piattaforma per la gestione finanziaria.

Chiusura realizzazione progetto


La “Chiusura realizzazione progetto” è relativa alla piattaforma GPU e riguarda il termine delle
attività procedurali/attuative del progetto. Viene effettuata dalla scuola dopo aver inserito tutte
le attività procedurali/gestionali del progetto (es. inserimento della data dell’iscrizione in
bilancio, inserimento degli incarichi, inserimento delle procedure di aggiudicazione di beni e
servizi, aggiornamento del valore delle spese generali, convalida delle forniture, inserimento
della documentazione richiesta nella sezione “documentazione e chiusura”).

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Gestione documenti e certificazioni (SIF 2020)
La certificazione di spesa (Modello CERT) è la dichiarazione, da parte della scuola, delle spese
sostenute per il progetto in un determinato periodo. Tale attestazione deve contenere riferimenti
e documenti idonei alla dimostrazione del pagamento già effettuato dalla Istituzione Scolastica
e quietanzato dall’Istituto Cassiere. Copia dei documenti probatori della spesa devono essere
conservati presso il soggetto beneficiario del finanziamento.
Questa attestazione, ai fini dei Regolamenti Comunitari, rappresenta la richiesta di rimborso da
parte del Beneficiario.

Flusso finanziario: certificazione e rendicontazione


È regola generale che non sia ammissibile un doppio finanziamento delle spese attraverso altri
programmi nazionali o comunitari.
La normativa comunitaria (art. 125 del Reg. 1303/2013) attribuisce all’Autorità di Gestione la
responsabilità della gestione del Programma Operativo conformemente al principio della sana
gestione finanziaria. Ciò impone che, in qualsiasi momento si riscontrino condizioni di non
ammissibilità o di irregolarità, l’Autorità di Gestione non conceda o revochi l’autorizzazione.
È necessario, pertanto, che qualsiasi irregolarità riscontrata sia segnalata nel più breve tempo
possibile utilizzando l’apposito formulario.

Contabilità separata per i progetti finanziati dal PON


La volontà di assumere la responsabilità dell’attuazione del Progetto cofinanziato con i Fondi
Europei da parte dell’istituzione scolastica è formalmente manifestata dalle deliberazioni degli
Organi Collegiali così come avviene del resto per il Piano Triennale dell’Offerta Formativa
(PTOF); nelle stesse deliberazioni deve essere manifestata la volontà di inserire il Progetto
all’interno del PTOF.
I fondi di provenienza comunitaria, come quelli della quota nazionale, non costituiscono una
“gestione fuori bilancio” ma vengono regolarmente introitati nel bilancio dell’Istituzione.
Con ciò, la loro gestione (pur se tenuta distinta, in appositi aggregati di entrata e di uscita, al
fine di consentirne ogni verifica anche da parte degli organi comunitari) deve sottostare alla
stessa disciplina (compresa quella di vigilanza e controllo) che regola tutte le attività effettuate

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con i finanziamenti nazionali.
Ai sensi del Regolamento Europeo n. 1303/2013 è indispensabile, tuttavia, che la gestione degli
interventi finanziati con i Fondi Strutturali sia tenuta distinta da quella delle altre spese di
funzionamento nel bilancio della scuola in modo da poter essere individuata e provata in caso
di verifica amministrativo-contabile da parte di organi comunitari e nazionali. In particolare,
l’art. 125, comma 4, lettera b, del citato Regolamento (UE) n. 1303/2013 prevede l’utilizzazione
di una codificazione contabile di tutte le iniziative cofinanziate con i Fondi Strutturali. È
pertanto necessario che vi sia una “area specifica delle entrate” nell’ambito dei Programmi
Annuali dei singoli istituti al fine di evitare la commistione, nella gestione dei Fondi Strutturali,
con fondi di altra provenienza.
Per ciascun Progetto occorrerà, ovviamente, predisporre la Scheda illustrativa finanziaria (Mod.
B), e il modello Sintesi POF – progetto previste dall’art. 2, comma 6, del medesimo
Regolamento.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

6 a Lezione – I gruppi di progetto

La diffusione di una cultura del project management all’interno delle organizzazioni è un


processo lungo e difficile e la formazione dei responsabili di progetto deve accompagnare e
sostenere la diffusione di questa disciplina.
Ma è anche necessario che tutti coloro che sono destinati a partecipare a vario titolo ai progetti
vengano anch’essi adeguatamente formati in modo da poter comprendere le logiche
complessive del lavoro per progetti.
Attraverso l’addestramento dei team di progetto, chi è chiamato a collaborare con il project
manager potrà comprenderne l’impostazione, la terminologia e gli standard adottati.

La formazione dei responsabili di progetto


Il processo di qualificazione professionale si sviluppa durante tutta la carriera professionale.
Infatti strumenti, tecniche, metodi e tecnologie sono destinati ad evolvere nel tempo e
mantenersi aggiornati è di vitale importanza per organizzare e supportare il lavoro dei team di
progetto.
In una prima fase occorre sviluppare alcune competenze di base:
- i fondamenti metodologici di project management;
- l’utilizzo degli strumenti software per gestire un progetto;
Man mano che la carriera evolve verso ruoli più specialistici sarà poi possibile ampliare le
conoscenze acquisite attraverso la partecipazione a corsi di project management di contenuto
avanzato e specialistico.
Le organizzazioni che vogliono favorire tale processo di sviluppo è opportuno che investano
nello sviluppo delle competenze del personale attraverso programmi in house.

65
Il team di progetto
L’evoluzione tecnologica e culturale impone lo sviluppo costante di nuove iniziative e progetti
per affrontare le sfide del futuro.
Per ogni dipendente di una organizzazione diventa quindi sempre più probabile trovarsi
coinvolto nella partecipazione a progetti insieme con altri colleghi in modo da trasferire al
progetto competenze tipicamente interfunzionali necessarie a raggiungere gli obiettivi per cui
il progetto viene avviato.
In questa logica diviene quindi importante condividere tra i componenti il team di progetto gli
elementi di una comune metodologia di lavoro e di una comune organizzazione del lavoro.
Per i membri di un team ci sono molti modi per apprendere come funzionano i progetti e come
poter contribuire al lavoro di squadra:
- partecipare a dei corsi di formazione;
- approfondire l’argomento attraverso la lettura di diversi materiali.
Più in generale, le aree di conoscenza che anche un team member dovrebbe approfondire
riguardano:
- panoramica sulle modalità di gestione progetti;
- Best Practices;
- qualità e competenze del team;
- struttura, articolazione e organizzazione del lavoro;
- ciclo di vita di un progetto;
- valutazione della fattibilità e dei rischi;
- ruoli e responsabilità interni ed esterni;
- gestione dei membri del team;
- gestione dei conflitti di ruolo e responsabilità.
Come si può vedere, alcuni dei contenuti possono guardare al progetto dal punto di vista del
responsabile di progetto o team leader. Questo è essenziale in quanto tutti i membri del team
devono essere consapevoli di come un progetto dovrebbe essere effettivamente gestito in modo
da poter meglio assicurare il loro contributo e garantirne così il successo.
Inoltre la formazione dei team di progetto serve a diffondere all’interno dell’organizzazione la
disciplina del project management come cultura unificante volta a favorire il raggiungimento
degli obiettivi strategici.
Senza una cultura omogenea e che riconosce i benefici di gestire progetti in modo strutturato,
diviene più difficile per ogni project manager coinvolgere le persone e conseguire i risultati

66
attesi.

Modalità di coinvolgimento delle risorse umane


L’organizzazione-scuola è un sistema complesso ove interagiscono valori, regole ed obiettivi.
La modalità più efficace di coinvolgimento delle risorse umane nella progettazione e
realizzazione di un progetto è la comunicazione. La comunicazione può contribuire al
miglioramento dell’organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni attraverso lo sviluppo
delle risorse umane e l’affermazione di una diversa modalità di lavoro nelle strutture pubbliche.
Storicamente le Pubbliche Amministrazioni avevano un’organizzazione piramidale,
verticalizzata, gerarchizzata e non interessata alla comunicazione interna. Tradizionalmente, le
rare esperienze di comunicazione interna nelle Pubbliche Amministrazioni erano condotte dai
responsabili del personale (top down) e dai dirigenti delle strutture circa le questioni giuridiche
e normative del lavoro.
La progressiva introduzione di forme efficaci di comunicazione interna negli apparati pubblici,
a partire dagli anni ’90, ha avuto il merito di contribuire in maniera significativa al cambiamento
dell’organizzazione, passando da modelli rigidi a moderne strutture flessibili orientate:
- alla cooperazione e alla conoscenza per il raggiungimento di risultati condivisi;
- all’organizzazione del lavoro di gruppo;
- alla semplificazione;
- a promuovere e sviluppare processi di cambiamento basati sui comportamenti non
formali, ma improntati alla ricerca del miglioramento del rapporto costo-benefici,
all’efficacia, all’efficienza, al rendimento, all’economicità dell’azione amministrativa.
La moderna comunicazione interna sollecita, con la conoscenza degli obiettivi, delle strategie
e dei processi in atto nel progetto, il senso di appartenenza del singolo dipendente, un diverso
sistema di relazioni nell’ambiente di lavoro e in particolare nel team di progetto, ottenendo
l’adesione e il coinvolgimento dei singoli nella realizzazione dei programmi e dei progetti.
La comunicazione interna è un momento significativo nella vita della scuola, perché tende a
restituire centralità e valore alle risorse umane nell’ambito dell’organizzazione dei fattori e delle
variabili (risorse ambientali, finanziarie, tecnologiche ed umane) da cui dipende il prodotto-
servizio nelle pubbliche amministrazioni La comunicazione interna efficace prepara, promuove
e accompagna il singolo progetto.
La gestione delle risorse umane è l’aspetto più importante della nuova cultura organizzativa

67
delle autorità pubbliche e, dunque, la comunicazione efficace, lo stile di direzione e
l’attivazione della motivazione costituiscono gli elementi fondamentali che esprimono una
competenza relazionale nella gestione delle risorse umane da parte del dirigente pubblico o del
responsabile del progetto.

Gestione del gruppo


Il dirigente deve possedere una professionalità basata su conoscenze e capacità di base.
Per conoscenze di base ci si riferisce, soprattutto, al saper gestire i comportamenti individuali
per orientarli funzionalmente all’organizzazione; saper valutare ogni comportamento come
coerente – incoerente rispetto agli obiettivi da raggiungere; saper raccogliere i fatti ed
analizzarli prima di prendere una qualsiasi decisione nei confronti del team di progetto; gestire,
valutare e scegliere non in funzione delle proprie motivazioni, caratteristiche e valori.
La capacità gestionale è un’attitudine ad utilizzare strumenti di valutazione e gestione della
prestazione sia reali che potenziale; la capacità organizzativa è invece la capacità di definire
ruoli, compiti ed obiettivi nonché strumenti di informazione e controllo; le capacità sociali sono
invece atte a diagnosticare realtà socio-organizzative e pianificare interventi socio-
organizzativi; le capacità relazionali permettono infine di raccogliere informazioni sugli
individui per poter esercitare influenza, motivare e comunicare efficacemente.
Soprattutto, il dirigente deve introdurre il miglioramento organizzativo del lavoro attraverso la
comunicazione efficace e lo stile di direzione democratico-partecipativo.
La comunicazione è alla base di tutte le relazioni interpersonali e da essa dipende la loro qualità.
In ambito sociologico, il processo comunicativo è inteso come trasmissione di significato tra
uomo e uomo. Nel processo di comunicazione, capita, spesso di assistere ad una combinazione
di diverse modalità di trasmissione, verbale e non verbale, di significato.
La comunicazione verbale costituisce il presupposto di base per ogni processo globale di
comprensione e di scambio, non di rado con lo scopo di favorire, in un dato ambito, la
trasmissione di valori comuni. Comunicare con gli altri, scambiare esperienze, idee ed emozioni
con le persone che lavorano in un progetto, è di fondamentale importanza.
Quando si comunica, si cerca di stabilire una “comunanza” con qualcuno, si cerca cioè di
percepire una informazione, un’idea.
In senso tecnico, la comunicazione può essere definita un trasferimento bilaterale di conoscenza
basato su emissione, trasmissione, ricezione ed interpretazione di un messaggio tra soggetti
diversi in forma di feed-back (effetto retroazione).

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Il feed-back è un elemento molto importante della comunicazione, difatti se il trasmittente vuole
trasferire un messaggio si dovrà chiedere in che modo il ricevente interpreterà tale messaggio
e quale feed-back darà.
Il feed-back da parte del ricevente rappresenta la verifica del risultato del messaggio trasmesso.
Ad esempio, la richiesta di operare per un progetto può essere espressa come ordine (che il
subalterno accetterà per paura di essere punito ma il compito verrà svolto con senso di noia e
frustrazione in quanto la persona si sentirà attaccata nel proprio senso di identità e autostima)
oppure con rispetto ed empatia, agendo sulla motivazione delle persone, tenendo presente il
bisogno individuale delle persone di stima e considerazione positiva.

Conclusioni
Un team ad alte performance deve essere caratterizzato dall’interazione e collaborazione dei
membri e dal coinvolgimento delle specifiche doti tecniche dei singoli. In questo caso il
compito del dirigente o del project manager è quello di dare continuamente rafforzamenti
positivi e costruttivi, attraverso una comunicazione efficace.
Lo spirito del team aiuta a condividere azioni, a migliorarle, a prendere decisioni ed inoltre
rafforza il singolo che riesce in questo modo a dare il meglio delle sue performance.
Esistono diversi tipi di team, dal gruppo di lavoro in cui prevale il singolo a quello in cui prevale
l’unione e in cui aumenta il grado di performance.
Ci possono essere diversi livelli di gruppi:
- 1° livello: gruppo in cui si ha un alto grado di individualità;
- 2° livello: team potenziale, livello intermedio in cui le caratteristiche tipiche di un team
non sono ancora definite;
- 3° livello: team reale, gruppo abbastanza integrato e con performance migliori;
- 4° livello: high performance team, gruppo con integrazione elevatissima e capace di
raggiungere risultati straordinari.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 2 - PROJECT MANAGEMENT

Bibliografia

- Armone, A. & Summa, I. (2003). Dirigere la scuola tra norma e organizzazione. Torino: Euroedizioni.
- Armone, A. & Visocchi R. (2005). La responsabilità del dirigente scolastico. Roma: Carocci.
- Blake, R.R. & Mouton, J.S. (1964). The managerial grid. Houston TX: Gulf Publishing.
- Boldizzoni, D. (Ed.). (2003). Management delle risorse umane. Il Sole 24 Ore edizioni.
- Caramazza, M. (1990). La competenza politica del project manager. Economia & Management, vol. 16,
n. 9.
- Cartei, C. (2011). La responsabilità del dirigente scolastico tra leadership e management. Brescia:
Pensa Multimedia.
- Damiani, M. & Moroni, C. (2003). Project Manager? Sì ma per caso. ZeroUno, n. 256, maggio.
- Damiani, M. (1997). Project Management Basic Principles and Project Life Cycle. Padova: SGE
Edizioni.
- Damiani, M., Lo Valvo, P. & Pipitone, I. (2004). Project Management. Organizzazione, metodi,
relazioni. Sole 24 Ore.
- Hersey, P. & Blanchard, K.H. (1977). Management of organizational behavior. Englewood Cliffs NJ:
Prentice Hall.
- Serio, N. (2016). Funzioni e responsabilità del dirigente scolastico. Roma: Armando Editore.

70
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

1a Lezione – Introduzione

Nella scuola italiana i progetti sono gli elementi qualificanti dell’offerta formativa.
Un “progetto” può essere definito come un insieme di attività integrate volte a conseguire uno
o più obiettivi di qualità, in un certo tempo e con budget e risorse predeterminati.
La gestione efficace dei progetti si rivela spesso molto complessa, non sempre nelle scuole sono
presenti strumenti gestionali, organizzativi e culturali sufficienti.
Una cultura organizzativa diffusa è peraltro uno dei fattori determinanti affinché i progetti
perseguano le finalità formative per cui sono stati ideati.
Occorre precisare che la scuola non lavora solo per progetti e che non esiste a priori
un’organizzazione ottimale di progetto, ma è necessario individuare gli aspetti qualificanti e i
presupposti che permettano all’organizzazione di coltivare progetti di successo.
Ciò detto, è indubbio che il futuro della scuola si fondi sulla capacità del suo personale di
progettare e gestire sistemi complessi. In una situazione di sempre maggiore competitività tra
le varie offerte formative e di progressiva riduzione dei fondi “a pioggia”, l’unica fonte di
approvvigionamento delle risorse necessarie per la realizzazione di interventi qualificanti e
sostenibili sono i progetti.
C’è un filo conduttore tra processi e progetti. I processi sono attività collegate tra loro,
finalizzate al raggiungimento di un risultato che viene ripetuto indefinitamente perseguendo
l’efficienza di flusso. I progetti sono attività collegate tra loro finalizzate al raggiungimento di
un obiettivo unitario.
Le competenze di Project Management diventano quindi basilari per una corretta gestione dei
progetti all’interno di un’istituzione scolastica affinché, attraverso il controllo di tutte le fasi, il
progetto consenta di realizzare con efficacia le finalità formative per cui è stato pensato.
L’adozione delle tecniche e le pratiche del Project Management permette infatti di individuare,
valutare, mitigare e ridurre a livelli accettabili i rischi nel corso dell’esecuzione del progetto.
La condizione essenziale per la realizzazione del Project Management è la precisa conoscenza

71
degli strumenti metodologici ed operativi necessari per pianificare, monitorare e controllare un
progetto sotto il profilo tecnico ed economico.
In tutta Europa, per far fronte alle nuove sfide educative, sono state trasferite responsabilità agli
istituti scolastici. L’autonomia scolastica si colloca nel più vasto processo di riorganizzazione
del sistema formativo e ne è l’aspetto chiave, in quanto consente di sviluppare piani formativi
che permettano agli allievi di acquisire non solo competenze di base, essenziali per lo sviluppo
della vita civile e professionale, ma anche competenze specifiche rispondenti alle diverse
esigenze del territorio, nonché una maggiore integrazione tra scuola, autonomie locali e mondo
delle imprese. In questo contesto, il Dirigente scolastico si colloca in una rete complessa di
relazioni fra molti soggetti, studenti, famiglie, insegnanti, personale, amministrazione
scolastica e stakeholders, con l’obiettivo di garantire una più agevole fruizione del servizio di
istruzione e una maggiore sinergia di interventi. Il profilo del dirigente scolastico deve essere
in grado di integrare leadership e management, visione di lungo periodo e gestione del
quotidiano per rendere efficace l’azione educativa e necessita di un’adeguata formazione per
sostenere le politiche e i processi di innovazione.
In tale ottica il profilo del Dirigente è accomunato a quello del manager pubblico o privato,
sulla base di una comune modalità di espletazione del ruolo attraverso l’esercizio di autonomia,
responsabilità, autosviluppo e del comune possesso di soft skill, ovvero competenze orizzontali
che fanno leva sulle su attitudini personali che devono avvalersi però dei contributi teorici di
gestione delle organizzazioni complesse.
La conoscenza della metodologia del Project Management è utile a tutte le figure apicali
(Docenti e Direttore dei servizi generali e amministrativi) che presidiano aree strategiche del
servizio scolastico, in quanto in tali ambiti esercitano un ruolo di promozione e coordinamento
di progetti.
Dirigente scolastico, Direttore dei servizi generali amministrativi e Docenti devono quindi
avere una base comune che si esplicita rispetto a:
- conoscenze e le competenze manageriali e di leadership educativa per la conduzione;
- conoscenza dei temi della gestione delle istituzioni scolastiche (pianificazione,
progettazione, valutazione, Project Management…);
- visione integrata delle principali funzioni organizzative scolastiche nell’ottica
dell’interdisciplinarità;
- capacità di integrazione, nel sistema scolastico, di esperienze significative (good
practices) nell’ottica del miglioramento.

72
Da un punto di vista operativo, ciò si traduce in:
- gestione integrata dei progetti: l’ideazione, la pianificazione, lo sviluppo del progetto;
- gestione delle tempistiche del progetto: la tempistica, il cosiddetto “time management”
è importantissimo perché il rispetto dei tempi è addirittura cruciale per il successo del
progetto. In questa area sono inquadrate le singole attività, le loro caratteristiche, come
si inseriscono nel disegno generale del progetto attraverso strumenti appositi di
cronoprogrammazione;
- Gestione dei costi di progetto: i costi, l’analisi costi – benefici sono fondamentali nel
Project Management poiché essi rappresentano sempre un vincolo nella gestione dei
progetti. La capacità di pianificare, stimare i costi, valutare e parametrare i
miglioramenti attesi rispetto ai costi risulta essenziale anche nelle istituzioni scolastiche,
non perché la scuola sia un ente economico a fine di lucro, bensì perché comunque
amministra soldi pubblici;
- gestione delle risorse umane legate al progetto: le conoscenze che fanno capo a
quest’area si concentrano sulla progettazione dell’organizzazione che dovrà occuparsi
del progetto, sulle modalità di scelta del personale scolastico necessario e sullo sviluppo
del team di progetto;
- gestione della comunicazione all’interno del progetto: il Dirigente scolastico passa gran
parte del suo tempo a comunicare con gli altri: con il team di progetto, il personale
scolastico, le famiglie, gli enti esterni e tutte le altre parti interessate a seguire da vicino
lo svolgimento del progetto. Quest’area non può essere trascurata a vantaggio dello
sviluppo delle competenze più prettamente tecniche, una buona conoscenza delle
principali metodologie di comunicazione e soprattutto l’utilizzazione di quelle più
idonee facilita la riuscita di qualsiasi progetto;
- gestione contrattuale dei progetti: quest’area racchiude le conoscenze legate alla
preparazione, gestione, amministrazione e chiusura del contratto.
In questi ultimi anni, le Pubbliche Amministrazioni sono state interessate, al pari delle imprese,
ad una vera e propria rivoluzione digitale.
La norma che ha dato il via al processo è il Codice di Amministrazione Digitale, emanato nel
2005.
Con il CAD il legislatore italiano ha inteso riunire e riordinare le numerose norme già esistenti,
integrandole con nuove disposizioni, proprio al fine di racchiudere in un’unica fonte i principi,
le regole e gli istituti fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo della digitalizzazione e

73
della dematerializzazione dell’attività amministrativa, in modo tale da porre le basi per una
struttura burocratica più efficiente e rapida e, soprattutto, meno costosa.
Il testo del CAD, tuttavia, non si focalizza esclusivamente sull’operato della Pubblica
Amministrazione; il legislatore ha infatti approfittato di tale provvedimento per introdurre da
un lato una serie di strumenti e nozioni che esplicano la loro efficacia anche al di fuori
dell’ambito amministrativo (la posta elettronica certificata, alla firma digitale, la
generalizzazione della rilevanza dei documenti informatici), dall’altro, per sancire una serie di
diritti innovativi per cittadini e imprese (il diritto all’uso delle nuove tecnologie, l’accesso e il
diritto alla trasmissione di documenti in formato digitale, il diritto ai pagamenti con modalità
elettronica).
Le Istituzioni scolastiche hanno dovuto introdurre nuove procedure nelle relazioni con l’utenza,
in particolare attraverso l’adozione di misure inerenti:
- l’adozione della Posta Elettronica Certificata (PEC);
- la creazione di un sito istituzionale;
- l’adozione del protocollo informatico;
- la conservazione digitale dei documenti;
- la messa a disposizione di moduli e formulari;
- il divieto di richiesta di documentazione già in possesso della Pubblica
Amministrazione.
Le metodologie di Project Management condividono lo stesso background concettuale di alcuni
tra i più famosi approcci al cambiamento legati al processo di digitalizzazione.
Le metodologie di Project Management sono considerate infatti il più importante motore del
cambiamento, nei casi in cui venga adottato un approccio al cambiamento legato
all’introduzione delle cosiddette “TIC” (Information and Communication Technologies).
A livello scolastico il processo di digitalizzazione ha ricevuto un notevole impulso
dall’introduzione del Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), un documento
pensato per guidare le scuole in un percorso di innovazione e digitalizzazione, previsto nella
riforma della Scuola (legge n. 107/2015).
Il documento ha funzione di indirizzo, punta a introdurre le nuove tecnologie nelle scuole, a
diffondere l’idea di apprendimento permanente (life-long learning) ed estendere il concetto di
scuola da luogo fisico a spazio di apprendimento virtuali.
Il Piano si articola in 5 passaggi: strumenti, competenze, contenuti, formazione,
accompagnamento. Per ognuno di essi sono stati identificati obiettivi e azioni specifiche. Non
si guarda solo all’elemento tecnologico, ma si propone una visione di innovazione che

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coinvolge in prima persona studenti e personale.
All’interno del Piano, l’animatore digitale riveste un ruolo strategico.
La sua azione si sviluppa su tre azioni: fungere da stimolo alla formazione interna, favorire la
partecipazione e stimolare il protagonismo degli studenti aprendo i momenti formativi alle
famiglie e altri attori del territorio, individuare soluzioni metodologiche e tecnologiche
sostenibili da diffondere all’interno degli ambienti della scuola, in sinergia con attività di
assistenza tecnica condotta da altre figure.
Viene esaminato infine il contributo del Project Management nella gestione finanziaria della
progettazione scolastica.
Questo aspetto non può essere più sottostimato anche nell’organizzazione scolastica, la
dimensione progettuale, l’aumento dei finanziamenti provenienti da fondi europei, vincolati al
rispetto di procedure rigide per la loro erogazione determinano la necessità di un’attenzione
particolare da parte di tutti i componenti della scuola.
Ogni progetto deve prevedere una descrizione analitica delle attività previste e delle modalità
di verifica e valutazione.
Non sempre vi è attenzione al controllo dei costi. Una corretta progettualità deve essere attenta
a:
- pianificare le risorse necessarie (personale, mezzi, materiali) e le quantità associate per
ciascuna attività prevista;
- stimare i costi associati alle risorse previste;
- controllare i flussi di cassa previsti;
- determinare le procedure da attuare per il controllo e la revisione dei costi.
I piani elaborati in fase di avvio del progetto devono essere aggiornati di frequente sulla base
degli stati di avanzamento. L’utilizzo di diagrammi di Gantt e reticoli di progetto aiuta ad
acquisire una chiara visione di come stanno procedendo i lavori e ad intervenire per tempo
prima che si producano effetti negativi
La scarsità di risorse porta a sottovalutare l’impatto sulla qualità del progetto. Se nel breve
termine l’economicità può configurare un illusorio contenimento dei costi, la ricaduta
sull’organizzazione, sugli studenti è comunque proporzionale alle risorse investite.
La necessità di contenere i costi non porta ad indicare con precisione il livello di
esperienza delle risorse coinvolte nel progetto, il livello di inquadramento e le procedure per
l’allocazione, la formazione, la sicurezza sul lavoro da verificare attentamente prima di
conferire gli incarichi.

75
Gli standard di qualità devono quindi essere accuratamente tenuti in debita considerazione. Una
scuola non si qualifica con il numero di progetti realizzati.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

2a Lezione – Il project management nelle aziende e nella scuola

Le ragioni del Project Management nelle aziende


L’attuale sistema economico si caratterizza per la complessità e per i livelli sempre più alti di
competizione. In un simile contesto è assolutamente fondamentale, insieme al raggiungimento
degli obiettivi, anche la capacità di operare secondo parametri di efficienza.
Essere in grado di monitorare costantemente tutte le variabili di un progetto (costi, tempi e
qualità) cercando al contempo di ottimizzare l’allocazione delle risorse e definire gli elementi
necessari al raggiungimento degli obiettivi definiti sono elementi essenziali che determinano il
successo di un’azienda.
La cultura del “controllo” rappresenta la ragione principale per il monitoraggio dei rischi che
ciascun progetto, in misura diversa, presenta sempre. Ogni progetto strategico o limitato deve
essere gestito seguendo regole e metodologie universalmente riconosciute come valide che
permettono di mantenere sotto controllo l’investimento di risorse umane e finanziarie.
L’esigenza di conciliare gli obiettivi di tempi, costi e qualità dei prodotti e dei servizi offerti,
insieme all’imprescindibile ricerca di una flessibilità strategico – organizzativa trovano una
risposta nell’approccio ormai consolidato del Project Management. Questo consente di gestire
un qualunque progetto nei suoi aspetti organizzativi, di pianificarne le risorse e di controllarne
le performance.
L’attività comporta l’applicazione di una metodologia di lavoro a sua volta articolata in molti
processi. Questa tematica è stata trattata nell’unità didattica precedente.
Il valore del Project Management è riconducibile ad un insieme di benefici per le
organizzazioni, per i team di progetto che si trovano ad operare in un clima di certezza
organizzativa e soprattutto per gli utenti o clienti che fruiscono dei risultati.
Il valore del Project Management non risiede solo nell’infrastruttura metodologica ed
organizzativa, ma soprattutto nelle competenze delle persone che partecipano ai progetti e negli
strumenti che vengono messi a loro disposizione.

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Ottimizzare i compiti “routinari”, abituali significa risparmiare tempo e dedicare quindi le
energie migliori ai progetti innovativi.
Disporre di processi standard riduce l’improvvisazione ed evita di partire ogni volta da zero,
consentendo di rendere esplicite e di consolidare nel tempo le prassi migliori.
Disporre di una buona metodologia, significa anche averla calata nella propria realtà e averne
personalizzato i processi, in modo che riflettano il settore in cui si opera ed il linguaggio e la
cultura presenti nell’organizzazione e nella pratica operativa. In questa prospettiva, il valore del
Project Management dipende dal livello di allineamento tra la metodologia, le caratteristiche
dell’organizzazione e delle persone che sono chiamate ad adottarla.

I benefici del Project Management


In termini generali, l’adozione di una metodologia e di specifiche strategie produce un aumento
dell’efficacia complessiva dei progetti (intesa come la capacità di raggiungere gli obiettivi
concordati) ed al tempo stesso un notevole miglioramento dell’efficienza in termini
di ottimizzazione delle risorse, contenimento dei rischi e dei costi complessivi.
Più dettagliatamente i benefici del Project Management sono:
- Maggiore efficienza: il progetto procede secondo una precisa “roadmap” che può
essere facilmente seguita e portare al completamento del progetto. Una volta che le
attività da svolgere sono state pianificate, descritte e comunicate ai membri del team
insieme alle loro responsabilità, ciò consente di evitare fraintendimenti e di facilitare il
lavoro delle persone, incanalando le risorse verso il raggiungimento degli obiettivi
individuati.
- Maggiore soddisfazione da parte della committenza: ogni volta che un progetto viene
completato in tempo, entro il budget e l’ambito concordati, ciò produce un aumento
della soddisfazione dei clienti / utenti.
- Replicabilità: le stesse strategie che hanno permesso di completare con successo un
progetto possono in seguito essere attuate in progetti similari. Ciò produce una
propagazione del valore del Project Management all’interno di un’organizzazione.
- Sviluppo professionale: all’interno dei team: le persone imparano a fare sempre meglio,
a migliorare la loro efficienza. Una pianificazione efficiente del lavoro è, prima di tutto,
un’educazione al lavoro.
- Migliore reputazione: la capacità di portare risultati applicando in modo efficace il
Project Management comporta un migliore posizionamento di mercato e un aumento

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della considerazione da parte di clienti potenziali.
- Maggiore flessibilità: il Project Management struttura un piano ben definito, ma è
possibile in ogni momento rivedere il piano poiché presuppone il monitoraggio
sistematico dei processi.
- Maggiore capacità di valutare i rischi: l’identificazione, analisi e valutazione dei rischi
è una delle caratteristiche del Project Management.
- Aumento della qualità: la definizione puntuale delle procedure, la chiarezza degli
obiettivi, il controllo permettono la realizzazione dei risultati attesi del progetto.
- Maggiore produttività: una puntuale definizione di ciò che deve essere fatto e delle
modalità in cui le attività previste devono essere svolte migliora la capacità delle
persone di comprendere ciò che ci si aspetta da loro ed in definitiva ne facilita il lavoro.
- La cultura delle buone prassi: il Project Management valuta le esperienze,
trasformando i successi in buone prassi: un capitale importante per ogni organizzazione.

Il Project Management nella scuola


La scuola, intesa come organizzazione sociale, presenta elementi comuni con tutte le altre, come
norme, valori, struttura dell’autorità, divisione del lavoro ma anche alcune caratteristiche
particolari come, ad esempio, un debole livello di interdipendenza tra le sue componenti e la
difficoltà ad individuare precisi criteri di valutazione della performance.
Nella scuola l’introduzione di metodologie di gestione aziendale è vissuta con “sospetto”.
La specificità della scuola è custodita gelosamente in misura per certi aspetti legittima.
È stato ribadito più volte che l’avvento dell’autonomia scolastica ha determinato un positivo
aumento delle capacità e delle responsabilità formative dei docenti, ma anche un notevole
decentramento delle responsabilità amministrative all’interno delle istituzioni scolastiche.
L’idea del Project Management non è nuova al mondo della formazione e della didattica. Nel
1918 W.H. Kilpatrick, sulla base dell’impostazione di J. Dewey sull’insegnamento come
formazione della personalità dello studente, aveva proposto di impostare tutto il lavoro
scolastico come percorso progettuale, elaborando il “Metodo dei progetti” nella didattica.
La progettazione è un elemento costitutivo dell’attività formativa: la progettazione didattica, i
progetti educativi (educazione ambientale, stradale ed educazione alla salute…) il Piano
Educativo Individualizzato, il Progetto Didattico Personalizzato fino al Piano Triennale
dell’Offerta Formativa, il documento fondamentale delle Istituzioni scolastiche, sono costruiti
come progetti e determinano la necessità competenze metodologiche specifiche.

79
Inoltre, l’esigenza di organizzare l’offerta formativa per progetti assume il carattere di modalità
operativa con la legge sull’autonomia scolastica e la riforma degli ordinamenti.
Il termine progettazione ricorre in molti articoli del Regolamento dell’autonomia; all’articolo 1
comma 2, si afferma che “L’autonomia delle Istituzioni scolastiche (...) si sostanzia nella
progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, istruzione, formazione”;
all’articolo 6 si fa cenno della progettazione formativa, in relazione all’autonomia di ricerca e
di sviluppo delle scuole.
L’autonomia incide in modo rivoluzionario sulla gestione e l’organizzazione e soprattutto sulla
didattica, con la definizione e la progettazione autonoma dei curricoli, ponendo così la necessità
di una nuova cultura professionale degli operatori scolastici.
La concezione del progetto in campo educativo differisce da quello economico o aziendale,
anche se la scuola può proficuamente tenere in considerazione e mutuare elementi procedurali
propri di questi contesti per ottimizzare i propri interventi. Il rigore del percorso metodologico,
il controllo dei costi, dei risultati sono infatti elementi imprescindibili, in ogni caso, il punto di
riferimento resta il soggetto che apprende e non si può prescindere dalla realtà soggettiva degli
allievi e dalle loro aspirazioni formative.
La scuola, intesa come agenzia formativa, è chiamata a rispondere degli obiettivi che intende
perseguire, attraverso un’attenta gestione delle risorse e dei processi organizzativi. In tal senso
la scuola è sistema integrato, con un approccio orientato al cambiamento, al miglioramento
nella gestione di un sistema dinamico e aperto al territorio, fondato sulla progettazione per
promuovere cultura e creare valore a beneficio di tutti gli studenti.
Non esiste una definizione inequivocabile e comunemente accettata di “gestione del
cambiamento”. Le trasformazioni possono essere comprese e studiate classificandole sulla base
di diversi fattori che possiamo ricondurre a tre gruppi diversi:
- le filosofie o “prospettive”;
- gli elementi scatenanti o “trigger”;
- gli agenti del cambiamento.
Tali fattori si traducono in differenti categorizzazioni del cambiamento.
Applicato alla scuola, l’aspetto di prospettiva coinvolge gli aspetti istituzionali, psicologici,
sistemici e culturali.
La filosofia razionale, per esempio, parte dal presupposto che il cambiamento possa essere
intrapreso attraverso un approccio pianificato un approccio pianificato in “step”.
Per quanto riguarda i “trigger”, la richiesta di cambiamento proviene da richieste sia “esterne”
(la politica, l’economia, la società), per adeguare il sistema formativo al progresso delle

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conoscenze e alle richieste economiche e sociali, sia “interne” (i docenti), come volontà di
sviluppare una nuova didattica.
Esiste dunque un legame tra le metodologie di Project Management e la gestione del
cambiamento. Le metodologie di Project Management sono associate ai cambiamenti
organizzativi, sotto due punti di vista diversi:
- un aspetto riguarda il legame di questa metodologia di lavoro con i processi di
informatizzazione che sarà trattata successivamente.
- un secondo è relativo agli aspetti socio-comportamentali. Il Project Management include
infatti abilità interpersonali quali leadership, team building, motivazione,
comunicazione, influenza, gestione del processo decisionale, consapevolezza politica e
culturale, negoziazione, costruzione della fiducia, gestione del conflitto e coaching, che
sono competenze chiave di cittadinanza, essenziali per chiunque operi nella scuola e che
costituiscono oggetto di formazione per gli studenti.
In tal senso è interessante la declinazione del Project Management alla luce delle competenze
chiave di cittadinanza per l’apprendimento permanente.
In un convegno organizzato dall’Istituto Italiano di Project Management nel 2016, le otto
competenze di cittadinanza per l’apprendimento permanente sono state collegate agli aspetti
caratterizzanti il Project Management per dimostrare l’importanza di tale metodologia nello
sviluppo delle competenze chiave.

Direttiva 2006/962/CE relativa alle “competenze chiave per l’apprendimento permanente”


per una rinnovata offerta formativa nei Paesi membri “…di cui tutti hanno bisogno per la
realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e
l’occupazione” (Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio “Relativa a
competenze chiave per l’apprendimento permanente”).
Competenza Project Management
Imparare ad imparare I Progetti sono unici, è quindi necessario utilizzare le
esperienze e competenze possedute per la definizione del
progetto.
Progettare Sono le azioni che consentono la realizzazione del progetto
Comunicare La comunicazione è uno degli elementi di conoscenza. Il
Project Manager è un comunicatore.
Collaborare e partecipare Il progetto è lavoro di team. La motivazione, la negoziazione,
la gestione dei conflitti, la condivisione sono gli elementi

81
cardine della collaborazione.
Agire in modo autonomo e Il progetto presuppone l’assunzione di responsabilità e
responsabile l’adizione di scelte individuali.
Risolvere i problemi Il problem solving è un elemento di base del Project
Management: ipotesi, verifica delle ipotesi, realizzazione,
valutazione.
Individuare collegamenti e Il progetto richiede un approccio sistemico, attraverso l’uso
relazioni di tecniche probabilistiche e di analisi dei rischi.
Acquisire ed interpretare La comprensione dei problemi è basata su un’analisi rigorosa
l’informazione ed oggettiva di tutte le informazioni.

Come si vede il Project Management non è solo utile per razionalizzare l’azione organizzativa
della scuola, ma rappresenta una metodologia fondamentale per la didattica e lo sviluppo delle
competenze degli studenti.

82
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

3a Lezione – Gli attori della scuola

Alla luce della metodologia del Project Management, la progettualità scolastica necessita:
- di un nuovo impianto culturale per una corretta e proficua gestione dei progetti;
- di responsabili di progetto;
- di figure che operino collegialmente in “Project Management Team”.
La progettualità investe tutti i livelli del settore formativo nelle Istituzioni Scolastiche, ma i
principali responsabili di progetti possono essere individuati nei Docenti, nel Dirigente
Scolastico in quanto responsabili dell’azione formativa e in tutti i Docenti coinvolti nella
gestione dei progetti con funzioni apicali.

Il Dirigente scolastico
Il profilo del Dirigente della scuola ha subìto un’evoluzione di contenuto e posizionamento che
rende indispensabili, così come per il sistema generale del management pubblico e privato,
elevate capacità di risposta a continue istanze e sollecitazioni di natura sempre diversa.
Il Dirigente scolastico deve essere in possesso di competenze “ampie”, nessuna delle quali può
essere considerata caratterizzante ed esclusiva. La competenza organizzativa costituisce però
un elemento peculiare, al fine di presidiare la gestione di un sistema complesso in cui operano
sinergicamente vincoli finanziari, normativi, gestionali.
Il dimensionamento scolastico, il mutamento profondo della fisonomia delle istituzioni
scolastiche hanno determinato un cambiamento del modello di dirigenza che, da una relazione
diretta e in presenza, nella quale egli era in grado di dare risposta ai problemi all’atto del loro
presentarsi, si è trasformato in un’azione fondata sulla capacità di prevedere il verificarsi di
situazioni problematiche, di individuare in anticipo soluzioni e procedure per fronteggiarle.
Nell’impossibilità di essere presente nella molteplicità di sedi assegnate, il Dirigente deve
potenziare la sua competenza organizzativa, che richiede attenta capacità di analisi e

83
valutazione e accurata stima di costi e benefici nelle diverse soluzioni.
Diventa quindi strategico l’esercizio ampio della delega, il ricorso a strumenti di verifica a
distanza, di tecniche di modellizzazione e di controllo di gestione.
L’autonomia scolastica si connota come attribuzione diretta alle singole Istituzioni scolastiche
di un potere di autogoverno e di autonomia didattica, di reale autonomia progettuale a livello
locale, con nuove libertà e nuove responsabilità verso i soggetti in formazione ed il successo
formativo. Il profilo del Dirigente scolastico rimanda alla cultura sostanziale della qualità, della
responsabilità, della professionalità.
Al profilo e alla professionalità del Dirigente Scolastico, deve essere attribuito un valore
culturale più ampio, in termini di prospettive, legate anche alle capacità di Project Management,
di flessibilità organizzativa, di orientamento ed indirizzo.
Tale valore si esplicita in termini di leadership e managerialità.
Il tema della leadership è stato trattato nel primo capitolo della presente unità didattica.
La leadership educativa si intreccia con la managerialità del Dirigente scolastico in modo
complementare. La managerialità si riferisce alla gestione dell’organizzazione della scuola, con
riferimento agli aspetti economici e finanziari, ai rapporti scuola-territorio ed ha in comune con
la leadership educativa, la matrice pedagogica, per la finalità stessa della scuola rivolta alla
formazione della persona, per la peculiarità del rapporto docente/studente e dei prodotti della
scuola, riconducibili all’attività nel suo insieme, per i livelli di apprendimento degli allievi e
per la qualità del servizio erogato dalla scuola.
La leadership educativa e la managerialità del Dirigente scolastico sono strumenti atti a
garantire la qualità dei prodotti scolastici, con riferimento all’offerta formativa reale, ai livelli
di apprendimento conseguiti dagli allievi e al clima relazionale, parte inscindibile con la
formazione. Il Dirigente Scolastico può concretizzare il suo impegno in tale direzione,
garantendo una buona amministrazione dell’Istituzione scolastica e qualificando la didattica
offerta con interventi mirati a orientare i processi formativi, curando la formazione degli
operatori scolastici, attraverso uno stile relazionale collaborativo e nuove metodiche come il
Project Management.
La valorizzazione della dimensione pedagogica costituisce al tempo stesso la specificità della
dimensione operativa e pragmatica del Dirigente Scolastico e il sostrato teorico per la
riflessione pedagogica, per affrontare una quotidianità sempre nuova, problematica ma
stimolante e creativa; in uno sfondo di complessità operativa leadership educativa e
management si fondono in una leadership gestionale con finalità educative.
Al Dirigente Scolastico “Project Manager” è richiesta una competenza organizzativa,

84
gestionale, di promozione, di valutazione per diffondere tra gli operatori scolastici una cultura
condivisa di responsabilità e rendicontazione, una cultura progettuale, di valorizzazione delle
risorse, orientata agli obiettivi, ai risultati e alla valutazione.
Gli strumenti a supporto del Dirigente scolastico per un possibile modello di “governance”,
ispirata al Project Management, che tenga conto dell’organizzazione e della gestione delle
istituzioni scolastiche autonome e dei processi di innovazione in corso possono essere
individuati in queste azioni:
- acquisire le conoscenze sul funzionamento dei principali servizi erogati, al fine di
agevolare l’introduzione di logiche di gestione per processo, integrate tra le diverse
funzioni apicali;
- trasmettere conoscenze, metodologie di analisi e strumenti a supporto dell’azione
dirigenziale (sotto il profilo normativo e di pianificazione, progettazione, valutazione);
- potenziare le capacità progettuali e di problem solving per promuovere e gestire in modo
flessibile il cambiamento e perseguire in maniera efficace ed efficiente gli obiettivi della
scuola;
- sviluppare competenze comportamentali, relazionali, negoziali e organizzative, per
caratterizzare una dirigenza in grado di assumere ruoli di coordinamento e integrazione
tra le varie componenti del sistema, facendo leva sull’aspetto motivazionale;
- promuovere e sostenere la diffusione delle competenze sopracitate tra tutti i docenti e il
D.S.G.A. necessarie per la gestione condivisa di un’organizzazione complessa qual è la
scuola.

Il Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA)


La qualità del rapporto tra Dirigente scolastico e DSGA è di fondamentale importanza.
Il rapporto è gerarchico, ma il DSGA ha una sfera d’azione autonoma e a rilevanza esterna,
coincidente con le proprie responsabilità dirette.
Nel rispetto delle reciproche competenze, tra il Dirigente e il DSGA è opportuna una
collaborazione basata sulla fiducia, per la predisposizione degli strumenti per la gestione
finanziaria, per il supporto alle attività didattiche e nella gestione del personale ATA.
Nella gestione dei progetti, assume rilevanza il ruolo del Direttore dei Servizi Generali
Amministrativi, cui competono operazioni di carattere finanziario e contabile, fondamentali per
la realizzazione delle iniziative.

85
Al DSGA compete la redazione della scheda illustrativa finanziaria di ciascun progetto, nella
quale sono riportati l’arco temporale in cui l’iniziativa deve essere realizzata, nonché i beni e i
servizi da acquistare.
Altro possibile incarico, previsto dal “Codice degli appalti” e connesso con il Project
Management è quello relativo al Responsabile Unico del Procedimento (RUP).
Il RUP è una figura centrale nei progetti della Pubblica Amministrazione e quindi anche nella
scuola.
Nelle Linee Guida pubblicate da ANAC, si prevede che per lavori di particolare complessità, il
RUP debba avere la qualifica di Project Manager.
In questi casi, è peraltro prevista la possibilità di rivolgersi a consulenti esterni qualificati. Il
fatto sostanziale è che anche al D.S.G.A. sono necessarie competenze di Project Manager per
svolgere il ruolo di Responsabile del procedimento.
Non esiste alcuna disposizione che obbliga il dirigente ad assumere la funzione di RUP. Nella
scuola la funzione assimilabile al RUP è il DSGA in virtù del profilo contrattuale di questi e
dell’espressa disposizione prevista all’articolo 34 del D.I. 44/2001. Fa eccezione il caso di
appalto di lavori pubblici, dove il Dirigente è obbligato a svolgere in proprio tale funzione
perché in tale evenienza il RUP, se non ha qualifica dirigenziale, deve necessariamente essere
dotato di laurea tecnica (ingegneria o architettura). La qualifica dirigenziale è "assorbente"
rispetto a tale esigenza.

Il Docente
Si è già affermato che il profilo docente non è più esclusivamente orientato all’insegnamento
della disciplina. Ai docenti erano richieste competenze tecnico-disciplinari e l’adeguamento ad
orientamenti e norme fissati a livello nazionale: i programmi.
Agli studenti era attribuito un ruolo generalmente passivo di ricettori dei contenuti trasmessi.
L’attività di programmazione, pur flessibile, consisteva nell’elenco tassonomico di obiettivi e
funzioni volti garantire un apprendimento individualizzato, che garantisse a tutti gli stessi
obiettivi, linearmente distribuiti.
Il progetto formativo era dato normativamente dallo standard dei programmi prescrittivi.
Oggi il progetto costituisce il modulo operativo per eccellenza della scuola dell’autonomia e la
costruzione del curricolo è il baricentro dell’intera attività scolastica.
La progettazione curricolare è la complessa fase generativa, il quadro d’azione con un orizzonte
valoriale per la formazione del soggetto, la fase culturalmente più delicata ed elevata del lavoro

86
dei docenti, caratterizzata dalla responsabilità delle scelte effettuate.
Nello scenario della scuola dell’autonomia, il docente è il professionista che opera in
un’organizzazione di persone in un progetto di ricerca a cui si richiedono, oltre le competenze
tecnico-disciplinari, competenze trasversali di pianificazione, organizzazione, realizzazione,
controllo e valutazione.
L’elaborazione del curricolo richiede al docente progettatore una chiara e attenta definizione
degli obiettivi pedagogici e sociali di una scuola chiamata a formare soggetti, nel rispetto della
loro integrità e delle diversità, coinvolgendo i soggetti in formazione in una responsabile e
consapevole partecipazione nel processo formativo e nella costruzione della cittadinanza
democratica.
Il docente progettatore attua il suo ruolo in termini di competenze, fissando gli elementi
essenziali dei saperi da articolare in ‘piani di studio’, operando sia a livello disciplinare che
interdisciplinare.
Seppur con tutta l’attenzione alla salvaguardia delle esigenze di ogni studente, dello specifico
educativo che caratterizza la professione, non vi è dubbio che la progettazione sia anche rispetto
delle procedure, qualsiasi sia la scelta metodologica attuata. La programmazione per obiettivi,
la progettazione per competenze, la programmazione reticolare, per sfondo integratore hanno
metodologie proprie che debbono essere rispettate. Ciò è più vero nel momento in cui tali scelte
si inseriscono nella più ampia progettazione curricolare di istituto attraverso il confronto
collegiale.
In un’organizzazione in cui al Dirigente è richiesto di esercitare una leadership “diffusa”, il
docente si trova inoltre ad assumere un ruolo di Project Manager nel momento in cui è posto a
capo dei progetti di ampliamento dell’offerta formativa, di gruppi di lavoro specifici, oppure è
investito di incarichi o referenze, in virtù di particolari competenze: l’animatore digitale, il
coordinatore del gruppo di lavoro per l’inclusione, il coordinatore della sicurezza sono esempi
tra i molteplici incarichi necessari al funzionamento organizzativo della scuola.
È del tutto evidente che in tali frangenti il docente esercita le funzioni di leadership e di
management nei confronti di un gruppo di colleghi, in tal senso la sua azione deve essere
orientata alle direttive presenti nel Project Management.

87
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

4a Lezione – La gestione dei tempi e degli spazi

La pianificazione di un progetto costituisce un’attività fondamentale, non solo per gli “attori”
coinvolti ma, nel caso di un progetto di ampliamento dell’offerta formativa, anche per gli
studenti: rendere noti finalità, obiettivi e tempi di un’attività sono fattori essenziali per far leva
sulla motivazione ad apprendere.
Ogni problema affrontato durante la pianificazione consente di prevedere gli sviluppi, gli aspetti
critici del progetto, prima che possano produrre effetti dirompenti.
Abbiamo visto in precedenza i ruoli e le responsabilità connesse al Project Management, in
questo capitolo vengono trattati due aspetti essenziali per la progettazione: i tempi e la gestione
degli spazi “virtuali”.

I tempi
Il calcolo della durata di un progetto rimanda alla durata delle attività che compongono il
progetto stesso. Occorre premettere che la durata di un’attività non è mai caratterizzata dal
100% di certezza in quanto influenzata da innumerevoli fattori, per cui deve essere sempre
considerata in termini probabilistici (v. nota 1).
Questo fatto suggerisce ulteriormente di considerare la stima della durata di un progetto come
un valore da analizzare in termini presunti: la valutazione di progetti analoghi per ambito e
dimensioni, i destinatari del progetto sono variabili da tenere in considerazione.
Ciò però non significa sottodimensionare la variabile “tempo”: occorre essere scrupolosi sulla
pianificazione, puntare al massimo rispetto dei tempi, valutare con attenzione “l’inatteso”.
Difficilmente i progetti sono a se stanti, una progettazione è di per sé reticolare, coinvolge
persone, risorse, incide sulla più ampia attività scolastica ed i ritardi hanno ripercussioni esterne.
Occorre quindi essere realistici e comprendere che l’aiuto del team può essere fondamentale
nella gestione del tempo sul lavoro.

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In tal senso, la letteratura corrente individua alcune regole utili per la gestione del tempo da
parte di chi ha la responsabilità organizzativa del progetto.

1. Dare priorità alle attività che permettono agli altri di andare avanti.
La mancanza di efficienza parte dalla guida. Per questo, nella gestione del tempo nel
lavoro è fondamentale dare priorità a tutti i compiti che permettono al team di essere il più
produttivo possibile, analizzare in tempo reale i problemi rappresentati, fornire le direttive
utili sono azioni costanti del Dirigente scolastico durante lo svolgimento del progetto.
2. Nei momenti topici, concentrarsi esclusivamente sul progetto.
Il Dirigente scolastico è sottoposto giornalmente a sollecitazioni, urgenze che fanno
saltare compiti essenziali. In alcuni momenti, è fondamentale invece concentrarsi
esclusivamente sul proprio lavoro. Per farlo al meglio, è meglio estraniarsi, chiedendo di
non essere disturbati e dedicare tempo ed energie alla realizzazione del progetto.
3. Essere scrupolosi nella pianificazione.
Indipendentemente dall’attività in corso, è fondamentale rispettare la pianificazione.
Eventuali eccezioni al calendario sono consentite esclusivamente per questioni di
fondamentale importanza. È complicato, nella gestione del tempo nel lavoro, ritagliare
un po’ di spazio per “l’inatteso”.
4. Coinvolgere il team nelle decisioni di riprogettazione del tempo.
Tutti gli attori coinvolti nella realizzazione del progetto pianificano il loro tempo. È
fondamentale l’aiuto del team nella gestione del tempo sul lavoro. In particolare,
coinvolgere gli altri nelle decisioni di modifica può essere molto produttivo, possono
emergere idee migliori, oltre al fatto che tutti possono riparametrare le proprie
prestazioni: un team più coinvolto è anche più efficiente e motivato.
5. Imparare a dire no.
La regola più importante per la gestione del tempo nel lavoro è dimensionare
correttamente i carichi di lavoro, assegnarli in maniera corretta ed assicurarsi
dell’affidabilità delle persone.
Fatto questo, occorre resistere alla tentazione di concedere proroghe, effettuare
ridistribuzioni del lavoro, confidando su disponibilità personali, amicali e creando
dissapori all’interno del gruppo.

Il cronoprogramma

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La definizione di un cronoprogramma costituisce un metodo importante nella pianificazione
delle attività necessarie per completare un lavoro o un progetto.
Esso consiste nella rappresentazione grafica della calendarizzazione delle attività contenute di
un progetto e consente quindi di visualizzare quando una attività deve essere avviata, quando
deve essere completata e quali sono le attività che la precedono e che la seguono.
Con il cronoprogramma si ha una visione dello sviluppo di un progetto e tutti i soggetti coinvolti
hanno la consapevolezza del lavoro da svolgere e della successione delle fasi.
In base al cronoprogramma si possono fare scelte volte ad anticipare alcune attività, ridurne la
durata aumentando il personale, tagliare le attività non a valore aggiunto.
Nella scuola risulta funzionale il diagramma a barre o diagramma di Gantt.
Il diagramma di Gantt è uno strumento molto versatile per rappresentare, visualizzare, e
tracciare le tempistiche e l’avanzamento di un progetto. In tal senso, si presta a rappresentare
ogni tipologia di progetto indipendentemente dalle sue dimensioni, impatto, importanza.

90
Il cronoprogramma è il punto di riferimento per calcolare gli scostamenti in corso d’opera
rispetto a quanto pianificato e consente di valutare l’impatto di eventuali modifiche del progetto.
In questo modo è possibile agire in modo proattivo, monitorando in corso d’opera le attività
critiche per evitare che eventuali ritardi si traducano in un ritardo complessivo di tutto il
progetto.
Il cronoprogramma può quindi essere aggiornato più volte durante la vita del progetto ed ogni
volta costituirà il nuovo riferimento (baseline dei tempi) per valutare gli eventuali
aggiustamenti futuri.
Spesso il cronoprogramma è utilizzato per presentare agli stakeholder del progetto il lavoro che
verrà fatto in modo da acquisirne il consenso o raccogliere le eventuali obiezioni così da arrivare
a soluzioni concordate.

La gestione degli spazi: il lavoro da remoto


Nonostante l’importanza sempre maggiore della progettazione sia organizzativa che didattica
nella scuola, l’organizzazione rimane giustamente ancorata alle previsioni contrattuali che, a
sua volta, fanno riferimento alle attività e ai compiti routinari dell’insegnamento. Il piano delle
attività prevede con rigore calendari e ordini del giorno dei Collegi dei docenti, dei Consigli di
classe. Gli spazi di progettazione, con la sola eccezione della scuola primaria, devono essere
spesso ritagliati in momenti e luoghi non istituzionali, facendo leva su disponibilità e

91
motivazioni personali o su riconoscimenti economici aggiuntivi insufficienti a remunerare il
tempo effettivo di lavoro.
Al di là delle questioni contrattuali, una possibile soluzione sicuramente funzionale alle attività
dei gruppi di progetto è rappresentata dal lavoro “in remoto”.
Lo smart working è una modalità di lavoro sempre più diffusa soprattutto tra le funzioni apicali,
per la gestione dei progetti in rete che coinvolgono più scuole, anche distanti tra loro. Occorre
innanzi tutto non confondere il significato del termine con la tipologia contrattuale della
modalità flessibile di lavoro subordinato, che consente di aumentare la produttività, grazie a
una nuova ridefinizione dei comportamenti, degli spazi e della tecnologia.
L’impegno a scambiarsi mail, ad inviarsi materiali che testimoniano l’avanzamento dei lavori,
ad attivare, in altri termini forme di comunicazione a distanza in modo non pianificato rende
incerto il rispetto dei tempi ed il reale controllo del lavoro.
La diffusione del lavoro “da remoto” pone ai Dirigenti scolastici, ai Coordinatori dei progetti
la necessità della gestione del team che lavora in momenti e in luoghi diversi.
Anche in questo caso ci sono regole per gestire nel modo migliore la comunicazione e l’intesa
all’interno del team e ottenere la massima produttività dal lavoro a distanza:
- Individuare i membri giusti per il team. Il primo fattore a fare la differenza all’interno
del team sono sempre le risorse. Una regola che vale a maggior ragione nella gestione del team
al lavoro da remoto. Non tutti sono disposti o in grado di lavorare da soli, per questo è
necessario individuare persone capaci di accettare la sfida e di lavorare in maniera indipendente,
ma rispettosa degli “step” di monitoraggio.
- Individuare lo strumento più adeguato (tool). La scelta dello strumento migliore è
fondamentale per la creazione di un team di lavoro a distanza, perché consente di gestire al
meglio le risorse, organizzare il team e tenere ogni componente membro sulla stessa lunghezza
d’onda. E-mail, piattaforme, videoconferenze, e-seminar sono gli strumenti indispensabili
per una gestione efficace del lavoro da remoto per il team.
- Pianificare il lavoro e tenersi in contatto. La pianificazione del lavoro è indispensabile
in ogni team, a maggior ragione nel lavoro a distanza dove tutti devono elaborare strategie e
processi di lavoro compatibili con quelli degli altri. La pianificazione dei momenti di verifica,
di aggiornamento, fatti salvi i contatti incidentali per risolvere questioni pratiche, sono
fondamentali.
- Definire obiettivi chiari e raggiungibili. Per una corretta gestione del team che lavora
da remoto, è fondamentale far capire perfettamente ad ogni membro del team a cosa si sta
lavorando e quali sono le priorità e gli obiettivi precisi. L’importanza di avere chiari e

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raggiungibili obiettivi di progetto non può essere trascurata.
- Predisporre lo schema della comunicazione da remoto. La comunicazione da remoto
deve seguire uno schema prefissato, per quanto la rete possa essere funzionante, le distorsioni
sono sempre possibili, le incomprensioni sicuramente maggiori rispetto ad un contatto visivi
reale. Per questo la conoscenza precisa degli argomenti da trattare risulta molto importante.

Nota 1
Nella scuola, le principali criticità per la definizione dei tempi possono dipendere da:
• Sovrastima. Poiché non tutte le informazioni sono note o chiare nel momento in cui le
stime vengono formulate, si tende a sovrastimare i vari compiti in modo da proteggersi
da eventuali ritardi, da sforamenti di budget e dall’incertezza tipica delle fasi di avvio.
Questo fatto riguarda tutte le attività e si amplifica in base al numero di persone coinvolte.
La somma di queste imprecisioni porta a sovrastimare il costo e la durata del progetto.
• Sindrome dello studente. L’impegno è crescente man mano che ci si avvicina alle
scadenze. Spesso ci si impegna solo quando si avverte la pressione psicologica
dell’approssimarsi del termine ultimo per completare il lavoro.
• Legge di Parkinson. Le attività tendono ad impegnare tutto il tempo pianificato. Ad
esempio se si assegna una durata di 10 giorni per una attività che può durare 8 giorni,
difficilmente questa verrà conclusa in 8 giorni e nella migliore delle ipotesi finirà per
durarne 10.
• Multitasking. Spesso vengono programmati più compiti in parallelo, ma ciò è rischioso
perché si tende a procrastinare l’attività ritenuta meno importante a favore di quelle
importanti.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

5a Lezione – Il Project Management e la digitalizzazione

Il tema può essere affrontato sotto un duplice aspetto:


1. i processi di digitalizzazione e dematerializzazione della Pubblica Amministrazione;
2. il Piano Nazionale per la Scuola Digitale.

La dematerializzazione
Sono diversi gli scopi dei processi di informatizzazione e dematerializzazione:
- la necessità di favorire la comunicazione tra Pubblica Amministrazione e cittadini
utenti attraverso mezzi rapidi e snelli;
- la necessità di mettere a disposizione delle Amministrazioni e dei dipendenti pubblici
strumenti in grado di incrementare l’efficienza e l’efficacia del sistema pubblico;
- la riduzione della spesa pubblica, in termini di risparmi diretti e indiretti.
Il Codice dell’Amministrazione digitale (CAD) stabilisce le regole per la digitalizzazione della
Pubblica Amministrazione. È stato emanato con il D. L. vo n. 82 del 7 marzo 2005, integrato
ed aggiornato con il D. L. vo n. 235 del 30 dicembre 2010.
Gli ambiti di azione del Codice di interesse per le istituzioni scolastiche sono i seguenti:
- La Posta Elettronica Certificata (PEC). Tutte le comunicazioni effettuate mediante la
posta elettronica certificata equivalgono a notifica per mezzo posta. La PEC diventa
per tutti il mezzo più veloce, sicuro e valido per comunicare con le Amministrazioni
Pubbliche. Da lì passano comunicazioni, atti e provvedimenti, ma anche istanze e
dichiarazioni che un cittadino può trasmettere usando la propria casella PEC come
strumento di identificazione che può evitare, nella maggior parte dei casi, l’uso della
firma digitale.
- Il sito istituzionale. Le Pubbliche Amministrazioni devono avere un sito istituzionale e

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pubblicare l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui il cittadino può rivolgersi per
qualsiasi richiesta. Le Amministrazioni devono tenere aggiornati i dati obbligatori
presenti nei siti istituzionali. Il Codice introduce l’obbligo di pubblicare sui siti pubblici
in modo integrale tutti i bandi di concorso, le linee guida dell’ANAC indicano i
documenti che obbligatoriamente devono essere pubblicati. Il sito web scolastico non è
solo la vetrina della scuola, l’aspetto comunicativo tra scuola e utenza deve essere
funzionante e aggiornato per far “girare” l’informazione e facilitare le comunicazioni
sia interne che esterne.
- Il protocollo informatico. Vi è l’obbligo di protocollare in via informatica ogni
comunicazione in ingresso e in uscita.
- La firma digitale. È possibile sottoscrivere i documenti informatici con la firma
elettronica avanzata che ha piena validità legale.
- La validità dei documenti. Attraverso semplici sistemi di contrassegni generati dai
cittadini è possibile sancire la conformità dei documenti cartacei a quelli digitali. La
dematerializzazione riguarda infatti sia la produzione direttamente digitale degli atti, sia
la digitalizzazione di quelli che erano stati prodotti in forma analogica (su carta).
- La conservazione digitale dei documenti. I documenti prodotti in formato elettronico
possono esser conservati in “conservatori accreditati” anche privati (soggetti che
ottengono da DigitPA il riconoscimento del possesso dei requisiti di sicurezza e
affidabilità per effettuare il processo e la conservazione dei documenti informatici). Ciò
è possibile anche per quelli prodotti in forma cartacea, che possono essere digitalizzati,
senza successivo obbligo di conservazione dell’originale. È sufficiente certificare il
processo di digitalizzazione. È ovviamente fatta salva l’integrità cartacea di particolati
documenti dotati di valore storico, culturale o artistico.
- Gli open data. Le Amministrazioni devono aggiornare, divulgare e permettere la
valorizzazione dei dati pubblici secondo i principi del cosiddetto “open government”.
In particolare devono essere assicurati la gratuità dell’accesso e la pubblicazione dei
dati in formato aperto in modo che possano essere rielaborabili da terzi.
- Disponibilità di moduli e formulari. Le Pubbliche Amministrazioni devono
provvedere a definire e a rendere disponibili per via telematica l’elenco della
documentazione richiesta per i singoli procedimenti, i moduli e i formulari validi ad
ogni effetto di legge, anche ai fini delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e delle
dichiarazioni sostitutive di notorietà.
- Divieto di richiesta di documentazione già in possesso della Pubblica

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Amministrazione. La Pubblica Amministrazione non può richiedere dati che già
possiede. Le banche dati in possesso delle singole amministrazioni devono essere messe
a disposizione di tutte le amministrazioni attraverso convenzioni volte a disciplinare le
modalità di accesso ai dati senza oneri.
- Continuità operativa e disaster recovery. Le Pubbliche Amministrazioni devono
predisporre appositi piani di emergenza idonei ad assicurare la continuità delle
operazioni indispensabili a fornire i servizi e il ripristino della normalità operativa in
caso di eventi e calamità.
La corretta gestione con strumenti informatici dei flussi documentali nelle Pubbliche
Amministrazioni diviene quindi un momento fondamentale del processo di dematerializzazione
dei documenti e dei procedimenti amministrativi, ponendosi come un processo qualificante di
efficienza, efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa.
È necessario però che il cambiamento investa non solo l’aspetto tecnologico, ma anche
organizzativo e soprattutto culturale.
Per raggiungere questo obiettivo le Pubbliche Amministrazioni non devono guardare alla
soluzione tecnologica o applicativa, ma avere una strategia ed una “governance” fatta di
competenze e di formazione, per garantire una digitalizzazione dei processi che oggi vengono
gestiti con strumenti e modalità analogiche. Non si può pensare infatti, di fare le stesse cose che
si fanno con la carta, utilizzando però strumenti digitali e documenti informatici, è necessario
un ripensamento metodologico dei processi nel momento in cui si passa dall’analogico al
digitale.
Per “governare” la transizione e l’implementazione delle innovazioni continue connesse al
progresso delle tecnologie, la metodologia del Project Management è importante laddove tiene
insieme le capacità di leadership del Dirigente scolastico e del Direttore s.g.a. con le necessità
di garantire efficienza, efficacia ed economicità nell’erogazione dei servizi tipiche del
management.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD)


I riferimenti normativi connessi con l’adozione del Piano Nazionale della Scuola Digitale sono
i seguenti:
- la Legge n. 107 del 13 luglio 2015 ha previsto l’adozione del Piano nazionale per la scuola
digitale al fine di introdurre, nel mondo della scuola, azioni e strategie dirette a favorire
l’uso delle tecnologie nella didattica e a potenziare le competenze dei docenti e degli studenti

96
nel campo del digitale;
- il Decreto Ministeriale n. 435 del 16 giugno 2015 ha stanziato risorse per
l’organizzazione di percorsi di formazione diretti concretamente a favorire un pieno sviluppo
del processo di digitalizzazione delle scuole attraverso l’animatore digitale, un docente
individuato sulla base della normativa vigente nell’ambito di ciascuna istituzione scolastica.
Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è il documento di indirizzo del Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il lancio di una strategia complessiva di
innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo
nell’era digitale.
Il progetto di innovazione nella scuola era stato preceduto da altri atti:
- azione LIM, del 2008 che prevedeva la diffusione capillare della Lavagna Interattiva
Multimediale (LIM) nella didattica in classe;
- azione Cl@ssi 2.0, per la trasformazione della classe in laboratorio, con l’obiettivo di
stimolare l’ideazione e la realizzazione di ambienti di apprendimento innovativi.
- azione Editoria digitale scolastica, avviata nel 2010 e finalizzata alla produzione di
contenuti digitali.
- azione wi-fi, per la connettività wireless nelle scuole.
- azione Poli Formativi, con l’individuazione di scuole dove organizzare e gestire i corsi
di formazione sul digitale rivolti ai docenti.
Il piano opera su diversi fronti, ognuno dei quali si prefigge obiettivi specifici.
1. Gli strumenti per:
- fornire a tutte le scuole le condizioni per l’accesso alla società dell’informazione;
- fare in modo che il “Diritto a Internet” diventi una realtà, a partire dalla scuola;
- coprire l’intera filiera dell’accesso digitale della scuola, per abilitare la didattica digitale.
2. Gli spazi e gli ambienti per l’apprendimento per:
- potenziare l’infrastrutturazione digitale della scuola con soluzioni “leggere”, sostenibili
e inclusive;
- trasformare i laboratori scolastici in luoghi per l’incontro tra sapere e saper fare,
ponendo al centro l’innovazione;
- passare da didattica unicamente “trasmissiva” a didattica attiva, promuovendo ambienti
digitali flessibili;
- allineare l’edilizia scolastica con l’evoluzione della didattica;
- ripensare la scuola come interfaccia educativa aperta al territorio, all’interno e oltre gli

97
edifici scolastici.
3. L’identità digitale per:
- associare un profilo digitale (unico) ad ogni persona nella scuola, in coerenza con
sistema pubblico integrato per la gestione dell’identità digitale (SPID);
- ridurre la complessità nell’accesso ai servizi digitali MIUR;
- associare il profilo digitale di docenti e studenti a servizi e applicazioni semplici ed
efficaci, in coerenza con le politiche sul miglioramento dei servizi digitali al cittadino.
4. L’Amministrazione digitale per:
- completare la digitalizzazione dell’amministrazione scolastica e della didattica e
diminuire i processi che utilizzano solo carta;
- potenziare i servizi digitali scuola-famiglia-studente;
- aprire i dati e i servizi della scuola a cittadini e imprese.
5. Le competenze degli studenti per:
- definire una matrice comune di competenze digitali che ogni studente deve sviluppare;
- sostenere i docenti nel ruolo di facilitatori di percorsi didattici innovativi, definendo con
loro strategie didattiche per potenziare le competenze chiave;
- coinvolgere gli studenti attraverso format didattici innovativi;
- innovare i curricoli scolastici.
6. Digitale, imprenditorialità e lavoro per:
- colmare il divario digitale, sia in termini di competenze che occupazioni, che
caratterizza particolarmente l’Italia;
- promuovere carriere in ambito “STEAM” (Science, Technology, Engineering, Arts &
Maths);
- valorizzare il rapporto tra scuola e lavoro;
- coinvolgere gli studenti come leva di digitalizzazione delle imprese e come traino per
le vocazioni dei territori;
- promuovere la creatività, l’imprenditorialità e il protagonismo degli studenti nel quadro
della valorizzazione delle competenze chiave e per la vita all’interno dei curricoli
scolastici.
7. I curricoli digitali per:
- incentivare il generale utilizzo di contenuti digitali di qualità, in tutte le loro forme, in
attuazione del Decreto ministeriale sui Libri Digitali;
- promuovere innovazione, diversità e condivisione di contenuti didattici e opere digitali;

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- bilanciare qualità e apertura nella produzione di contenuti didattici, nel rispetto degli
interessi di scuole, autori e settore privato.
8. La formazione del personale per:
- rafforzare la preparazione del personale in materia di competenze digitali, raggiungendo
tutti gli attori della comunità scolastica;
- promuovere il legame tra innovazione didattica e tecnologie digitali;
- sviluppare standard efficaci, sostenibili e continui nel tempo per la formazione
all’innovazione didattica;
- rafforzare la formazione all’innovazione didattica a tutti i livelli (iniziale, in ingresso,
in servizio).

L’animatore digitale
L’animatore digitale ha un ruolo strategico nella diffusione dell’innovazione digitale a scuola.
Le sue azioni mirano a:
1. formazione interna per stimolare la formazione interna alla scuola negli ambiti del PNSD,
attraverso l’organizzazione di laboratori formativi (senza essere necessariamente un
formatore), favorendo l’animazione e la partecipazione di tutta la comunità scolastica alle
attività formative, come ad esempio quelle organizzate attraverso gli snodi formativi;
2. coinvolgimento della Comunità scolastica, per favorire la partecipazione e stimolare il
protagonismo degli studenti nell’organizzazione di workshop e altre attività, anche
strutturate, sui temi del PNSD, anche attraverso momenti formativi aperti alle famiglie e
ad altri attori del territorio, per la realizzazione di una cultura digitale condivisa;
3. creazione di soluzioni innovative di carattere metodologico e tecnologico sostenibili da
diffondere all’interno degli ambienti della scuola (es. uso di particolari strumenti per la
didattica di cui la scuola si è dotata; la pratica di una metodologia comune; informazione
su innovazioni esistenti in altre scuole; laboratori di coding per tutti gli studenti), coerenti
con l’analisi dei fabbisogni della scuola stessa, anche in sinergia con attività di assistenza
tecnica condotta da altre figure.
La figura dell’animatore digitale ha tratti comuni con il Project Manager, la scelta deve cadere
su insegnanti “innovatori” che siano esperti di metodologie e di tecnologie didattiche e che
posseggano buone doti organizzative e capacità di coinvolgimento e leadership rispetto ai
colleghi. In ogni scuola italiana vi è quindi una figura dedicata esclusivamente all’innovazione

99
digitale di natura metodologica e didattica che può anche fruire di esoneri parziali o totali.
L’animatore digitale, non è una “funzione strumentale”, bensì funzione strategica prevista e
definita dalla legge di riforma. Egli affianca il Dirigente e il Direttore dei Servizi
Amministrativi nella progettazione e realizzazione dei progetti di innovazione digitale
contenuti nel PNSD.

100
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

6a Lezione – Il Project Management e la pianificazione finanziaria

Il budget
In letteratura si è soliti definire la gestione finanziaria come un complesso di decisioni e
operazioni dirette a reperire e/o impiegare i mezzi finanziari.
Effettuare un processo di pianificazione finanziaria significa, in termini sintetici, verificare che
il percorso di sviluppo dell’impresa risponda al requisito di equilibrio finanziario.
Per non rischiare di trovarsi in condizioni di difficoltà a causa della mancanza di un costante
monitoraggio della situazione in essere e futura, è necessario mettere in atto un “percorso
logico” di pianificazione finanziaria, verificando se la direzione intrapresa e le scelte
conseguenti coniughino il paradigma di equilibrio economico e finanziario con quello della
realizzazione del progetto.
Nella pianificazione finanziaria di un progetto occorre in primo luogo effettuare una verifica
anticipata dei fabbisogni e dei potenziali problemi ad essi collegati, ma non devono essere
sottostimati gli effetti futuri, il “valore aggiunto” che la sua realizzazione porta con sé, in
ragione del fatto che nella scuola gran parte dei progetti opera su persone, siano essi studenti
che docenti e personale scolastico.
Il modello tradizionale controllo delle misure finanziarie incoraggia comportamenti e scelte a
breve termine, ma questo non tiene in conto la specificità della scuola.
Un’analisi non può essere “neutra”, laddove si manifestano lacune gravi nell’organizzazione,
negli apprendimenti, è doveroso valutare gli effetti immediati di un progetto, gli obiettivi
devono tendere maggiormente all’ottimizzazione dell’intervento; in un piano di miglioramento
continuo, ordinato l’analisi deve anche orientarsi a valutare gli effetti futuri, meno verificabili,
ma non per questo meno importanti.
È errato ritenere che una gestione efficace della scuola possa applicarsi a tutti gli obiettivi
teoricamente disponibili, senza un’opportuna scelta tra quelli cui dare priorità. La distribuzione
delle risorse economiche a pioggia, oppure suddivise matematicamente in base al numero dei

101
plessi scolastici, degli alunni possono costituire una base per assicurare a tutti le condizioni di
funzionamento, ma non devono essere l’esclusivo metro di assegnazione, non può accadere
laddove vi sia l’individuazione delle criticità, oppure di condizioni per l’introduzione e lo
sviluppo di metodologie innovative.
Il Project Management fornisce principalmente indicazioni per la gestione finanziaria che
riguardano l’allocazione di progetti e iniziative superiori in ordine di grandezza rispetto a quelli
di un singolo progetto. Ciò dipende dal fatto che i progetti “complessi” comportano maggiori
tipologie di spesa rispetto ad un singolo progetto soprattutto per l’acquisizione di mezzi e
materiali.
Una premessa ovvia ma necessaria riguarda il coinvolgimento del Direttore dei Servizi Generali
e Amministrativi sia per favorire il controllo dell’avanzamento dal punto di vista dei flussi
finanziari complessivi sia per adeguare le prassi interne alle necessità ove necessario.
Il Dirigente scolastico in collaborazione con il DSGA i referenti di ciascun progetto deve quindi
provvedere a gestire tutti i processi coinvolti nell’individuazione delle risorse (uomini, mezzi,
materiali), di definizione del budget complessivo e dei singoli progetti, di individuazione delle
fonti di finanziamento.
Questo processo si sviluppa un quattro fasi:
- definizione del budget;
- stima dei costi;
- sviluppo del piano finanziario complessivo;
- monitoraggio e controllo dei costi complessivi.
Il budget è il documento che evidenzia i risultati economici e finanziari che l’azienda intende
raggiungere.
Determina, cioè, gli obiettivi di gestione, da confrontare con i risultati effettivi.
Gli elementi del budget sono stimati prima che il progetto sia eseguito.
La prima azione nello sviluppo del budget per assicurarsi il successo del progetto è quella di
identificare le risorse necessarie attraverso la formazione dei centri di costo che possono essere
diversi a seconda della "natura" e dello "scopo".
Nella costruzione di un budget è impossibile creare stime precise al 100%, ma l’approccio deve
essere il più realistico possibile.
La stesura del budget avviene basandosi su esperienze progettuali simili in passato, se presenti
e formulando stime per ogni attività prevista: preparare un buon budget significa dettagliare i
costi. Una volta definite le voci, definito il costo e disposti gli incarichi, occorre effettuare una

102
revisione dell’intero documento in termini di flusso della spesa in base alla sequenza delle
azioni, così da renderlo facilmente comprensibile a tutti gli interessati. Ciò può essere fatto
mediante la redazione di un documento finale, snello, chiaro.
In genere questo è il documento che si porta all’approvazione degli organi collegiali, laddove
sia previsto. La deliberazione di un progetto preciso, con tutti gli elementi, presentati in
anticipo, rende consapevole l’adesione di tutta la scuola e crea condivisione.
I costi del progetto sono di tipo diretto e indiretto, interni ed esterni.
Il costo diretto è la spesa direttamente collegata all’esecuzione del progetto, il costo degli esperti
esterni, dei materiali, dei sussidi, di eventuali spostamenti, di ore eccedenti dei docenti, di
eventuali iniziative propedeutiche di formazione, di noleggio di strutture. Questi sono
facilmente identificabili.
I costi indiretti sono le spese fisse non direttamente imputabili al progetto, come i costi generali
dell’organizzazione: questi possono essere calcolati in percentuale.
I costi interni sono relativi allo staff e ai costi fissi dell’organizzazione.
Si tende a non calcolare il costo delle persone in termini di tempo impiegato quando si tratta di
progetti interni all’organizzazione, ma questo è un errore anche la partecipazione all’attività
avviene all’interno dell’orario di servizio dei componenti, ciò rappresenta un costo del progetto
che deve essere quantificato.
Per i progetti esterni invece occorre effettuare il calcolo dettagliato del costo delle persone, che
comprende il costo orario lordo della persona moltiplicato per le ore stimate. II costo relativo
alle persone deve includere sia le ore stimate nell’eseguire l’attività specifica sia quelle per
remunerare la progettazione la redazione di report, la restituzione finale.
Completano i costi interni, i costi fissi relativi alla struttura generale e i costi di attrezzature
specifiche utilizzate per il progetto.
I costi esterni comprendono qualsiasi acquisto effettuato da fornitori esterni, quali attrezzature,
servizi, consulenze, materiale e logistica.
Si è detto che la fase previsionale non può coincidere al 100% con i costi effettivi.
L’analisi delle varianze è un processo molto importante e va continuamente monitorato nella
fase dell’esecuzione.
Un buon sistema è quello di stampare il report delle varianze a colori mettendo in evidenza
quelle positive (colore verde) e quelle negative (colore rosso), per la singola voce, quella totale
del progetto di spesa e quella totale assoluta dell’intero budget. In questo modo si evidenziano
immediatamente i correttivi da apportare attraverso la procedura delle compensazioni.
Un aspetto importante nella definizione del budget riguarda gli eventuali ricavi, ciò però non

103
riguarda la progettualità della scuola che è istituzione senza fine di lucro, se non per alcune
prestazioni prodotti e manufatti predisposti da istituti tecnici o professionali. Ma in questo caso
la normativa assegna al Consiglio di istituto la definizione dei criteri per l’utilizzazione di questi
ricavi.
La maggior parte dei progetti di scuola sono di tipo interno, quindi caratterizzati generalmente
solo dai costi che riguardano l’organizzazione per realizzare il progetto.
I problemi più comuni che portano ad un non rispetto del budget sono differenti:
- Molti sono i casi in cui il budget è rispettato a un certo punto dell’esecuzione, le fasi
successive richiedono aumenti di costi rispetto a quello previsti, con il continuo sforzo
per effettuare manovre di aggiustamento.
- È frequente il caso in cui la stima dei costi faccia riferimento a risorse che in fase di
esecuzione vengono in parte sostituite con altre, con una richiesta di spesa maggiore.
Cambiare le risorse non è sempre controllabile, può comportare l’esaurimento di interi
capitoli di spesa in netto anticipo rispetto alla conclusione dei lavori. Spesso accade ad
esempio che il monte-ore destinato a una commissione di lavoro si esaurisca prima della
fine del compito assegnato, determinando la mancata realizzazione del progetto e/o
l’assoluta inutilità del lavoro svolto dai componenti.
Per queste ragioni diviene importante stabilire sempre una percentuale di costi aggiuntivi.

L’analisi costi – benefici


L’analisi costi – benefici indica l’insieme delle tecniche di valutazione dei progetti
di investimento basate sulla misurazione e la comparazione di tutti i costi e i benefici
direttamente e indirettamente ricollegabili agli stessi.
È errato ritenere che nelle scuole non sia importate effettuare questo tipo di analisi. L’idea che
un l’esecuzione porti comunque ad un miglioramento è diffusa nella scuola, ma è erronea.
L’analisi costi – benefici ha una sua ragion d’essere anche nella scuola poiché:
- in senso generale è comunque doveroso per la Pubblica Amministrazione gestire in
modo corretto i fondi pubblici;
- è da dimostrare che tutti i progetti apportino comunque un beneficio;
- l’istituzione scolastica autonoma ha notevolmente ampliato il budget e la sua capacità
negoziale: la progettualità comporta ad esempio l’adesione a PON, a FESR, movimenta
migliaia di euro, è sottoposta a procedure europee rigorose che prevedono anche questo
tipo di analisi.

104
Valutare i possibili scenari di un progetto è un’operazione preliminare fondamentale per i
processi decisionali: uno studio comparativo sui benefici che è possibile ricavare dall’adozione
del progetto e sui costi da sostenere per introdurlo è un supporto utile per la scelta della proposta
migliore fra diverse alternative progettuali.
L’analisi costi-benefici e uno strumento pratico, è un metodo di valutazione utile per prevedere
gli effetti dell’introduzione o della modifica di un progetto, di una decisione o di un qualsiasi
intervento all’interno della scuola; uno strumento che permette l’analisi comparata dei possibili
vantaggi e dei relativi costi.
La valenza positiva per la scuola è rappresentata dal fatto che non si tratta di una mera analisi
finanziaria, che valuta esclusivamente la redditività di un progetto, ma prende in considerazione
anche il valore non strettamente economico: se il progetto è quello di migliorare la relazione tra
docenti o tra docenti e alunni si debbono ad esempio prendere in considerazione i benefici
associati al miglioramento del clima e quindi della fiducia, del rispetto, della chiarezza
fondamentali in un contesto dove le relazioni umane costituiscono l’elemento fondante del
lavoro
L’analisi costi-benefici è utile per:
- decidere se intraprendere un progetto;
- decidere quale intraprendere tra diversi progetti;
- fissare obiettivi adeguati;
- sviluppare misure di successo adeguate;
- preparare una stima delle risorse necessarie per svolgere il lavoro di progetto.
L’analisi costi-benefici viene effettuata utilizzando le metodologie descritte in precedenza per
la definizione dei costi, valutando con attenzione sia i benefici immediati sia le ricadute in
termini di miglioramento generale di clima, miglioramento delle metodologie di lavoro e di
reputazione della scuola.
Al di là di un mero calcolo ragionieristico l’analisi costi-benefici è indicativa della capacità del
Dirigente scolastico di compiere analisi di prospettiva realistiche e fondate.

105
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 3 - PROJECT MANAGEMENT, RISORSE UMANE E


STRUMENTALI DELLA SCUOLA

Bibliografia

- AA. VV. (2000). Piccolo manuale del project management. Milano: Edicart.
- AA. VV. (2012). Organizzare e gestire progetti. Milano: Rizzoli ETAS.
- Amato, R., & Chiappi, R. (2016). Tecniche di Project Management. Milano: Franco
Angeli.
- Baldini, M., Miola, A., Neri, P. (2005). Lavorare per progetti. Project management e
processi progettuali. Milano: Franco Angeli.
- Bove, A. (2008). Project management. La metodologia dei 12 step. Come applicarla in
tempo reale per gestire con successo piccoli e grandi progetti. Milano: Hoepli
- Dell’Anna, A., & Dell’Anna, M. (2016). Il project management nella scuola superiore.
Gestione progetto e organizzazione d'impresa: Matematicamente.it
- Giorgi, G., Torreggiani, A. (1992). Il project manager pubblico. L'innovazione nella
pubblica amministrazione. Rimini: Maggioli.
- Grandi, A. (2017). Gestione dei progetti di innovazione. New York: Mc Graw Hill
Education.
- Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica (1993). Il
nuovo sistema di controllo interno nelle pubbliche amministrazioni. Roma, Istituto
Poligrafico e Zecca dello Stato.

Sitografia
http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf
http://www.provincia.bz.it/cultura/download/Manuale_Project_Management(1).pdf
http://bias.csr.unibo.it/golfarelli/SISPEC/dispense/SemnarioProject%20Management06-
07.pdf
http://www.humanwareonline.com/project-management/center/tag/gestione-tempi-di-
progetto/

106
https://www.gema.it/blog/tag/project-management/

http://www.mondadorieducation.it/risorse/media/secondaria_secondo/strumenti/strumenti_36/
pag_24_28_Str36.pdf

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

1 a Lezione – Introduzione

La funzione comunicativa del project management


La capacità di comunicazione costituisce una delle competenze sociali che ogni project manager
dovrebbe sviluppare essendo la sua una professione in cui buona parte del tempo viene occupata
da rapporti interpersonali con i vari stakeholder di progetto per scambiarsi informazioni utili
per il buon esito dei lavori.
Per tale motivo, in questo ruolo si trovano a proprio agio persone con particolari doti di
estroversione e di apertura. Ciò non significa però che persone con tratti caratteriali diversi
oppure ancora acerbe dal punto di vista comunicativo non possano sviluppare la propria
capacità di comunicazione.
In questa professione è facile farsi prendere dall’illusione che alla fine ciò che conta siano solo
le competenze tecniche o metodologiche.
I rapporti umani sono importanti in ogni attività e c’è il rischio di farsi percepire come freddi e
distanti se tutte le questioni vengono affrontate solo sul piano tecnico ed organizzativo.
È vero che ci si rapporta dentro un sistema di ruoli e di obiettivi, ma è importante che vengano
curati tutti gli aspetti che possano favorire uno scambio comunicativo efficace.

Competenze sociali del project manager


Non sempre il solo possesso di credenziali e certificazioni è sufficiente ad assicurare il controllo
su tutti i fattori che possono intervenire durante il ciclo di vita di un progetto.
Essere tecnicamente competenti ed avere una conoscenza approfondita delle metodologie e
degli strumenti di project management è certamente una base imprescindibile per poter svolgere
in modo professionale il ruolo di project manager.
Molto spesso, però, i progetti sono fortemente condizionati dal modo in cui vengono gestiti i
rapporti personali con i vari stakeholders.
Tutto questo rimanda ad un particolare insieme di competenze che un project manager deve

108
saper padroneggiare: le cosiddette competenze sociali o relazionali ed interpersonali.
Mentre le competenze tecniche e metodologiche vengono chiamate hard skills in quanto
risultano difficili da acquisire senza un’adeguata preparazione ed esperienza, le competenze
sociali vengono anche chiamate soft skills in quanto più legate ad aspetti comportamentali e ad
atteggiamenti di fondo.
Ciò non significa però che siano competenze facili da acquisire e spesso accade che project
manager molto preparati tecnicamente siano carenti proprio su questo fronte, forse proprio
perché confidano troppo sulle proprie capacità tecnico-metodologiche.
Le competenze sociali implicano anche un profilo attitudinale orientato in questa direzione, ma
è comunque possibile imparare a sviluppare tali capacità attraverso programmi di formazione
manageriale.
Per competenze sociali si intende: capacità di comunicare in modo efficace; capacità di
negoziare obiettivi, risorse e tempi; capacità di decidere e prendere decisioni insieme con altre
persone; capacità di collaborazione; capacità di guida (leadership) di un team di progetto.

Metodi di comunicazione
I metodi di comunicazione devono essere selezionati in base a:
- il tipo di informazione da distribuire;
- i requisiti per facilitarne la comprensione e la condivisione;
- la tempistica necessaria per ottenere risposte efficaci;
- il contesto organizzativo e le politiche aziendali in materia di comunicazione;
- l’importanza del progetto e l’impatto sugli obiettivi aziendali.
Ciascuna delle seguenti modalità può essere utilizzata per distribuire le informazioni all’interno
di un progetto: riunioni del team di progetto; colloqui individuali one-to-one; incontri con gli
stakeholders; videoconferenze; colloqui telefonici one-to-one e one-to-many; e-mail; sito
intranet del progetto; strumenti di gestione del workflow.
La scelta del metodo si basa sui destinatari delle informazioni, l’ambiente organizzativo, le
politiche aziendali, la disponibilità di strumenti software, le dimensioni del progetto ed altri
fattori.
Ci sono pro e contro per i diversi metodi di comunicazione. In generale è bene utilizzare un mix
di strumenti in modo da limitare il più possibile il ricorso a comunicazioni unicamente informali
e destrutturate.

109
La valutazione per la riprogettazione
Preso atto che la valutazione finale si colloca, dal punto di vista temporale, nel momento in cui
il progetto è appena terminato o terminato da poco tempo (in questo caso l’oggetto della
valutazione è l’obiettivo specifico del progetto e, in particolare, il grado di raggiungimento dei
risultati attesi, alla luce delle modalità con cui sono state portate a termine le attività previste)
e che la valutazione ex post viene realizzata dopo un certo lasso di tempo dalla fine del progetto
(che può essere un anno o un tempo più prolungato a seconda della complessità del progetto.
Si parla in questo caso di valutazione d’impatto e in un certo senso è questa la valutazione che
permette di esprimere un giudizio circa il grado di raggiungimento dell’obiettivo generale), ci
soffermiamo sulle fasi della valutazione che permettono una riprogettazione e cioè la fase ex
ante e la valutazione on going.
La valutazione ex ante si inserisce nella prima parte del ciclo del progetto: l’identificazione.
La valutazione fatta in questo momento del ciclo del progetto ha come finalità quella di valutare
preliminarmente, e con forte sforzo di astrazione, il progetto così come identificato. In questo
modo è possibile già in fase di identificazione correggere alcuni aspetti del progetto che
palesemente potrebbero inficiarne la realizzazione.
La valutazione on going è quella che viene realizzata nel corso dell’implementazione del
progetto, in genere nel medio periodo.
In questo caso la funzione dell’attività di valutazione, che si avvicina per alcuni aspetti
all’attività di monitoraggio, è di realizzare una valutazione intermedia del progetto per
individuare le eventuali distorsioni o le problematiche che si sono venute a creare, in un
momento in cui il progetto non è ancora terminato e sono quindi ipotizzabili delle misure
correttive.

I processi e gli strumenti di valutazione del project management


Valutare significa esaminare in maniera esaustiva, critica e oggettiva l’adeguatezza degli
obiettivi e la qualità delle azioni compiute in relazione ai risultati ottenuti, agli effetti provocati
e ai bisogni che si prefiggono di soddisfare.
Valutare non significa utilizzare esclusivamente una tecnica, ma sviluppare un processo le cui
fasi devono essere programmate durante tutto l’arco di vita del progetto stesso, in relazione alle
diverse aree di interesse.
Occorre ribadire che l’attività valutativa non necessariamente è collocata temporalmente nel

110
momento in cui terminano le attività del progetto.
Esistono altri momenti nel contesto del ciclo del progetto in cui, non solo è possibile, ma anche
auspicabile implementare un’attività valutativa. È tuttavia chiaro che, a seconda del momento
in cui si realizza la valutazione, lo scopo e le modalità della stessa saranno diverse.
In secondo luogo è possibile concludere che la valutazione, di qualsiasi genere sia, è un’attività
complessa, che richiede l’analisi di diversi elementi e che la possibilità di esprimere un giudizio
obiettivo è conseguenza del fatto di averli correttamente analizzati.
La valutazione, poi, non è un giudizio fine a se stesso ma deve avere una funzione positiva di
orientamento. Ecco quindi che l’analisi del contesto in cui è stato realizzato il progetto, con
tutte le caratteristiche e tutti gli elementi particolari che lo connotano, è un elemento
fondamentale per comprendere le eventuali distorsioni o gli effetti inaspettati che si sono
realizzati.

Coinvolgimento delle risorse umane nella visione ciclica tra progettazione, valutazione e
comunicazione
Investire nella motivazione di un gruppo di lavoro comporta innumerevoli vantaggi. Ogni
manager di progetto, coordinatore, o responsabile d’azienda lavora più o meno
consapevolmente su almeno quattro aspetti della sfera psicologica (personale e sociale) delle
persone con cui collabora:
- relazione: mettere in connessione le persone, facilitare acquisizione e scambio di
strategie e conoscenze utili, perseguimento di un clima sereno nel team;
- obiettivi: trasferire le strategie e tradurre gli obiettivi come vision generale e come input
personale;
- stimoli: lavorare sulle componenti emotive non intenzionali per favorire il lavoro di
squadra e comportamenti virtuosi;
- consapevolezza: potenziare le competenze individuali ed individuare punti di forza e
debolezze per rendere più proficua l’attività lavorativa.
Gli strumenti e i comportamenti più incisivi per il coinvolgimento delle risorse umane nella
visione ciclica tra progettazione, valutazione e comunicazione sono: organizzare riunioni pre-
lavoro brevi, follow up a cadenza regolare; fornire feedback costruttivi ai propri collaboratori;
promuovere i valori aziendali a tutti i livelli anche grazie a momenti di convivialità; fornire
l’accessibilità immediata alle informazioni utili a svolgere il lavoro al proprio gruppo grazie

111
anche all’utilizzo appropriato delle nuove tecnologie; promuovere un sistema di regole interno
trasparente, chiaro e non burocratico che eviti fraintendimenti; essere portavoce delle criticità
del gruppo ai livelli più alti ed essere propositivo nel formulare soluzioni ad hoc;
responsabilizzare, rendere effettiva la partecipazione attiva dei propri collaboratori nelle
decisioni, stimolandone la creatività e lasciando loro libertà di espressione; stimolare
l’apprendimento, diventare un consigliere professionale affidabile grazie a atteggiamenti
sempre propositivi e mai giudicanti; affiancare i collaboratori sul campo in modo intensivo,
rendendoli autonomi, affidabili e necessitanti di sola supervisione in breve tempo.
Il cambiamento deve provenire necessariamente dall’alto, nel senso che la direzione deve
credere e promuovere il coinvolgimento dei lavoratori con azioni concrete.
Per concludere si può dire che l’evoluzione positiva della motivazione nel contesto lavorativo
dipende dalla capacità, da parte di chi ha la responsabilità di gestirlo, di costruire sistemi
produttivi nei quali operi personale che possa sentirsi coinvolto, autonomo, consapevole,
responsabile, ma anche e soprattutto soddisfatto del proprio lavoro.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

2 a Lezione – La funzione comunicativa del project management

Premessa
Secondo gli assiomi della comunicazione elaborati dalla Scuola di Palo Alto (California), in
una comunicazione sono sempre presenti degli elementi. Essi sono:
- 1° assioma: è impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone,
anche il semplice guardarsi negli occhi, è comunicazione rivolta ad un altro soggetto.
Quindi, l’uomo anche quando è silenzioso comunica. Ogni comportamento è
comunicazione.
- 2° assioma: in ogni comunicazione si ha una metacomunicazione che regolamenta i
rapporti tra chi sta comunicando.
- 3° assioma: le variazioni dei flussi comunicativi all’interno di una comunicazione sono
regolate dalla punteggiatura utilizzata dai soggetti che comunicano.
- 4° assioma: le comunicazioni possono essere di due tipi analogiche e digitali.
- 5°assioma: le comunicazioni possono essere di tipo simmetrico, in cui i soggetti che
comunicano sono sullo stesso piano e di tipo complementare, in cui i soggetti che
comunicano non sono sullo stesso piano.

Competenze comunicative del project manager


La capacità di comunicazione costituisce una delle competenze sociali che ogni project manager
dovrebbe sviluppare essendo la sua una professione in cui buona parte del tempo viene occupata
da rapporti interpersonali con i vari stakeholder di progetto per scambiarsi informazioni utili
per il buon esito dei lavori.
Per tale motivo, in questo ruolo si trovano a proprio agio persone con particolari doti di
estroversione e di apertura. Ciò non significa però che persone con tratti caratteriali diversi

113
oppure ancora acerbe dal punto di vista comunicativo non possano sviluppare la propria
capacità di comunicazione.
In questa professione è facile farsi prendere dall’illusione che alla fine ciò che conta siano solo
le competenze tecniche o metodologiche.
I rapporti umani sono importanti in ogni attività e c’è il rischio di farsi percepire come freddi e
distanti se tutte le questioni vengono affrontate solo sul piano tecnico ed organizzativo.
È vero che ci si rapporta dentro un sistema di ruoli e di obiettivi, ma è importante che vengano
curati tutti gli aspetti che possano favorire uno scambio comunicativo efficace.

Come migliorare la propria capacità di comunicazione


Per migliorare la propria capacità di comunicazione, un project manager dovrebbe:
- curare l’accountability: per accountability si intende l’insieme di integrità personale e
capacità di rendere conto di ciò che si sta facendo o non si sta facendo;
- inserire la comunicazione nel proprio piano di lavoro quotidiano: i project manager
subiscono ogni giorno pressioni di vario tipo e così, invece di agire da forza trainante,
finiscono per andare a rimorchio dell’ultimo problema o richiesta degli stakeholder. Per
evitare o contenere tutto questo nonché per regolare la comunicazione tra i vari soggetti
coinvolti in un progetto è opportuno predisporre un piano della comunicazione di
progetto e condividerlo con tutti gli interlocutori;
- essere specifico: la tendenza a generalizzare e a dare per scontate le cose è un rischio
che deve essere assolutamente evitato. Ci si trova spesso a gestire progetti molto
complessi e difficili. Con questo livello di complessità occorre accettare la sfida di
rendere chiari i requisiti, le indicazioni, le istruzioni, le scadenze e gli obiettivi. Il modo
migliore perché ciò avvenga è di essere estremamente specifici. Come project manager,
non si può avere sempre tutte le competenze tecniche specifiche per comprendere ogni
aspetto del progetto. Ma si dovrebbero conoscere molto bene quali siano gli obiettivi
all’origine del progetto, gli obiettivi che andrebbero poi distribuiti all’interno del gruppo
di lavoro dove sono presenti le competenze tecniche necessarie. Insieme con il team
sarà possibile tradurre quindi gli obiettivi generali in attività specifiche;
- dimostrare empatia e sostegno: questa è la parte più difficile perché non sempre capita
di lavorare con persone a noi affini. Occorre imparare a riconoscere e apprezzare la
diversità come opportunità e non come minaccia. Può essere utile in molte circostanze
fare un passo indietro e pensare a come le parti si sentono, le emozioni che possono

114
provare. Questo esercizio, se praticato con costanza, può portare a comprendere come
ciascuno debba essere trattato tenendo conto della propria storia, del proprio vissuto
emotivo, delle proprie capacità e dei propri limiti. Pensare che sia possibile trattare tutti
allo stesso modo è illusorio. Può far risparmiare energie, ma alla fine le persone sentono
di subire una sorta di violenza e provano frustrazione. Curare i dettagli di una
comunicazione, di un colloquio, di un incontro di lavoro non significa solo curarne la
validità dei contenuti, ma soprattutto comprendere chi c’è dall’altra parte e tarare lo stile
di comunicazione in funzione delle caratteristiche dei propri interlocutori.
- svolgere nelle fasi preliminari di avvio del progetto un’attenta analisi degli
stakeholder: può sicuramente aiutare il project manager nel comprendere come
impostare la propria strategia di comunicazione.

Competenze sociali del project manager


Non sempre il solo possesso di credenziali e certificazioni è sufficiente ad assicurare il controllo
su tutti i fattori che possono intervenire durante il ciclo di vita di un progetto.
Essere tecnicamente competenti ed avere una conoscenza approfondita delle metodologie e
degli strumenti di project management è certamente una base imprescindibile per poter svolgere
in modo professionale il ruolo di project manager.
Molto spesso, però, i progetti sono fortemente condizionati dal modo in cui vengono gestiti i
rapporti personali con i vari stakeholders.
Tutto questo rimanda ad un particolare insieme di competenze che un project manager deve
saper padroneggiare: le cosiddette competenze sociali o relazionali ed interpersonali.
Mentre le competenze tecniche e metodologiche vengono chiamate hard skills in quanto
risultano difficili da acquisire senza un’adeguata preparazione ed esperienza, le competenze
sociali vengono anche chiamate soft skills in quanto più legate ad aspetti comportamentali e ad
atteggiamenti di fondo.
Ciò non significa però che siano competenze facili da acquisire e spesso accade che project
manager molto preparati tecnicamente siano carenti proprio su questo fronte, forse proprio
perché confidano troppo sulle proprie capacità tecnico-metodologiche.
Le competenze sociali implicano anche un profilo attitudinale orientato in questa direzione, ma
è comunque possibile imparare a sviluppare tali capacità attraverso programmi di formazione
manageriale.
Per competenze sociali si intende:

115
- capacità di comunicare in modo efficace;
- capacità di negoziare obiettivi, risorse e tempi;
- capacità di decidere e prendere decisioni insieme con altre persone;
- capacità di collaborazione;
- capacità di guida (leadership) di un team di progetto.

Capacità di comunicazione
Mentre può risultare abbastanza semplice redigere in modo accurato il piano della
comunicazione di un progetto, non risulta altrettanto semplice comunicare in via diretta con
tutte le persone coinvolte in un progetto.
Svolgere incontri, riunioni, presentazioni e colloqui richiede di saper comunicare in modo
efficace pensieri, idee, proposte e soluzioni.
Tutto questo obbliga ad uscire dal recinto confortevole della tecnica per immergersi nelle acque
non sempre sicure dei rapporti interpersonali. In particolare quando occorre ottenere il consenso
di interlocutori difficili o non ben disposti nei nostri confronti.
In questo può aiutare l’acquisizione di tecniche di comunicazione e presentazione efficaci ed
una chiara comprensione di quanto la capacità di comunicare bene sia importante al giorno
d’oggi.
Capacità di negoziazione
Prendere decisioni sapendosi muovere all’interno di più opzioni costituisce la base del lavoro
di ogni manager.
Quando questa attività deve essere svolta insieme con altri interlocutori possono nascere
incomprensioni e conflitti legati a differenze di opinioni o di obiettivi personali o di settore. Da
queste situazioni si esce solo attraverso percorsi di mediazione e negoziazione che devono
essere affrontati in modo strutturato e non improvvisato.
Si tratta di situazioni delicate che troppo spesso vengono vissute all’interno di logiche amico-
nemico che portano solo a trasformare i conflitti in scontri che spesso precludono il buon esito
del nostro lavoro. Anche in questo caso è possibile sviluppare le capacità negoziali attraverso
percorsi formativi che trasferiscono metodi e stili adeguati a gestire tali situazioni.
Leadership
Dover gestire un team di progetto e le relazioni con gli stakeholders può risultare
particolarmente difficile se non si viene riconosciuti come persone autorevoli.
L’autorevolezza non è qualcosa che può esser imposto come l’autorità.
Essa implica il fatto di possedere capacità e competenze che sono riconosciute dai propri

116
interlocutori. Non basta quindi possedere tali capacità. Occorre che anche gli altri ne siano
consapevoli. Competenza e reputazione sono alla base della leadership in campo professionale
insieme ad un altro fattore imprescindibile: l’affidabilità e la capacità di farsi carico dei
problemi che man mano emergono.
Tutto questo è però solo il punto di partenza, perché una volta che l’autorevolezza è riconosciuta
occorre trasformarla in comportamenti agiti. Trasferire queste competenze è compito della
formazione manageriale.

Problem Solving & Decision Making


Un project manager è prima di tutto un risolutore di problemi. Viene messo a capo di un
progetto proprio per occuparsi di valutarne la fattibilità, di gestirne i tempi, i costi ed i rischi in
modo da minimizzare incidenti di percorso ed insuccessi.
Tutto il ciclo di vita di un progetto è costellato da situazioni problematiche che necessitano di
soluzioni efficaci e possibilmente rapide.
Ciò mette in gioco la capacità di sapersi muovere senza ansia in situazioni difficili e di decidere
in base ad approcci razionali evitando di suscitare reazioni emotive.
Pertanto è importante acquisire metodi per gestire in modo strutturato il processo decisionale
soprattutto quando le decisioni riguardano una pluralità di soggetti oppure quando devono esser
prese in gruppo e col contributo di diversi stakeholders.

117
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

3 a Lezione – Gli strumenti della comunicazione del project management

Scopo della comunicazione di un progetto è assicurare che le persone (come i vari stakeholders,
i membri del team di progetto, lo sponsor, ecc.) abbiano le informazioni giuste al momento
giusto, in particolare per quanto riguarda l’andamento del progetto, al fine di prendere le
decisioni più opportune.
Ciò richiede una grande capacità di pianificazione e di distribuzione efficace delle informazioni
nonché un’attenta selezione degli strumenti e dei metodi per essere sicuri di raggiungere le
persone che devono essere raggiunte nel modo più appropriato per valutare o prendere
decisioni.

Metodi di comunicazione
I metodi di comunicazione devono essere selezionati in base a:
- il tipo di informazione da distribuire;
- i requisiti per facilitarne la comprensione e la condivisione;
- la tempistica necessaria per ottenere risposte efficaci;
- il contesto organizzativo e le politiche aziendali in materia di comunicazione;
- l’importanza del progetto e l’impatto sugli obiettivi aziendali.
Ciascuna delle seguenti modalità può essere utilizzata per distribuire le informazioni all’interno
di un progetto:
- riunioni del team di progetto;
- colloqui individuali one-to-one;
- incontri con gli stakeholders;
- videoconferenze;
- colloqui telefonici one-to-one e one-to-many;
- e-mail;

118
- sito intranet del progetto;
- strumenti di gestione del workflow.
La scelta del metodo si basa sui destinatari delle informazioni, l’ambiente organizzativo, le
politiche aziendali, la disponibilità di strumenti software, le dimensioni del progetto ed altri
fattori.
Ci sono pro e contro per i diversi metodi di comunicazione. In generale è bene utilizzare un mix
di strumenti in modo da limitare il più possibile il ricorso a comunicazioni unicamente informali
e destrutturate. Il tutto può essere delineato in un piano della comunicazione.

Il project communication plan


Con riferimento alle finalità del progetto, il piano di gestione della comunicazione avrà la
seguente articolazione:
- esigenze degli stakeholders riguardo la comunicazione di progetto;
- informazioni da comunicare inclusi i format, il livello di dettaglio, i templates dei
documenti utilizzati;
- finalità per la distribuzione delle informazioni (ad esempio, condividere
informazioni, prendere decisioni);
- tempistiche e frequenza delle comunicazioni;
- responsabilità per la comunicazione delle informazioni;
- responsabilità nel trattamento di informazioni riservate;
- metodi o strumenti utilizzati per trasmettere informazioni (ad esempio, e-mail,
riunioni);
- risorse stanziate per la comunicazione delle informazioni tra cui le aspettative di
tempo e budget;
- tempi e responsabilità per l’escalation delle problematiche che devono essere risolte
a un livello superiore;
- modalità per aggiornare il piano della comunicazione e perfezionarne la gestione;
- glossario dei termini più utilizzati nella documentazione di progetto;
- diagrammi che rappresentano i flussi di informazioni nel progetto, compresi i flussi
di lavoro con la sequenza di autorizzazione, reporting, piani di incontro, ecc.;
- vincoli di comunicazione esistenti (leggi, normative, politiche e regolamenti in
vigore).

119
Il piano di gestione della comunicazione di progetto, una volta predisposto, andrà a far parte
del piano di project management.

Gli strumenti della comunicazione


La comunicazione va programmata sin dalle prime fasi di pianificazione. Questo significa che
bisogna definire e preparare un “piano della comunicazione”, in cui dettagliare con esattezza
tutte le informazioni in grado di soddisfare le specifiche esigenze conoscitive espresse dagli
stakeholder di progetto.
Le domande a cui il piano di comunicazione deve dare risposta sono: in che modo e con quali
tempi verranno raccolte, elaborate e distribuite le informazioni destinate ai vari interlocutori del
progetto?
Il piano della comunicazione di un progetto è un documento unico in cui si dettagliano:
- le metodologie da utilizzare per l’elaborazione e la conservazione delle informazioni di
progetto;
- le tipologie di informazioni da gestire e la relazione tra queste informazioni ed il
progetto;
- i modi ed i tempi in cui le informazioni vanno distribuite;
- i modelli e la struttura delle informazioni prodotte;
- i metodi di accesso e aggiornamento delle informazioni da parte dei vari “detentori”
(profili di utenza).
Per arrivare a questo risultato, nella stesura del piano della comunicazione i fattori da valutare
sono:
- esigenze di comunicazione: si tratta di raccogliere e descrivere l’insieme delle esigenze
informative (requirements) relative agli stakeholder di progetto. Tale descrizione deve
chiarire come funziona l’organizzazione del progetto, chi fa che cosa e con quali
responsabilità, come funzionano eventuali regolamenti e discipline, come sono collocati
i vari stakeholder di progetto, quali sono i vincoli informativi esterni;
- tecnologie: si tratta di fare una ricognizione degli strumenti tecnologici in essere o da
predisporre per la gestione della comunicazione fra i vari stakeholder di progetto. La
scelta delle tecnologie deve garantire la prontezza della comunicazione sulla base dei
tipi di tecnologie disponibili, della capacità del personale di progetto nell’utilizzarle, dei
possibili sviluppi delle tecnologie prescelte;

120
- vincoli: si tratta di valutare eventuali vincoli esterni che influenzano la comunicazione
di progetto;
- presupposti: si tratta di identificare, documentare e validare a priori come assunzioni
vere alcuni aspetti della comunicazione, influenzati dai fattori di incertezza previsti
nella fase di pianificazione del progetto.

La gestione della comunicazione


La gestione della comunicazione di progetto viene indicata come una delle aree di conoscenza
di cui il manager di progetto dovrebbe farsi detentore, per gestirne il relativo processo. Tale
area riguarda tutti i processi necessari per comunicare in modo coerente, efficace e tempestivo
con i vari interlocutori coinvolti nel progetto.
Nella sostanza si tratta di:
- facilitare la raccolta, l’elaborazione, la produzione e la distribuzione delle
informazioni sul progetto;
- definire e supervisionare tutti i “collegamenti” critici fra le persone interessate al
progetto;
- agevolare il flusso delle idee e delle informazioni che sono necessarie per il successo
del progetto stesso.
La comunicazione di progetto è un argomento di fondamentale importanza. Ma come spesso
accade, soprattutto in contesti non strutturati, i responsabili di progetto hanno la tendenza ad
investire tempo e risorse su attività di natura tecnica, più strettamente legate alla fase di
esecuzione del lavoro, sottovalutando il peso e gli impatti che la comunicazione ha sul progetto.

L’importanza della comunicazione


La comunicazione è un atto bilaterale che coinvolge due o più persone
Comunicare vuol dire mettere in comune. Quando si comunica si stabilisce una connessione
con il destinatario (caso di comunicazione uno a uno) o con i destinatari (caso di comunicazione
uno a molti).
Grazie a questa connessione si inviano dei messaggi. In altri termini, si condividono
informazioni, idee, o semplicemente un atteggiamento con l’interlocutore che può essere
rappresentato dal team di progetto e dagli stakeholder in generale.

121
All’invio di un dato messaggio, un errore comune è dare per scontato che il destinatario
(ricevitore) lo interpreterà esattamente nel modo in cui intendeva colui che il messaggio lo ha
inviato (trasmettitore).
Per evitare questo disallineamento tra ciò che si trasmette e ciò che effettivamente arriva a
destinazione è necessario che si prendano in considerazione tutte le variabili che potrebbero
influenzare l’efficacia della comunicazione (diversità caratteriali e culturali, il luogo dove si
comunica, comunicazione non verbale, stato emotivo del destinatario, ecc.).
La comunicazione è un processo essenziale nella vita di tutti i giorni, tutto il mondo ruota
intorno ad esso. L’origine stessa del termine (dal latino communico = mettere in comune, far
partecipe) ci aiuta a comprenderne l’importanza.
Nel caso specifico di nostro interesse, possiamo dire che la comunicazione è lo scambio efficace
di informazioni tra un punto del progetto ad un altro.
La comunicazione è uno strumento essenziale per il project manager. Non esiste attività
impegnativa come la comunicazione. La comunicazione deve esserci dall’inizio del progetto e
continua per tutta la sua durata, fino alla chiusura.
Buona parte del tempo di un project manager viene speso per comunicare ciò che sta per essere
fatto (comunicazione ex ante o preventiva), ciò che si sta facendo (comunicazione in itinere) e
ciò che è stato fatto (comunicazione ex post o consuntiva).
È quindi importante conoscere i passi necessari per impostare una comunicazione efficace sul
progetto ed essere, allo stesso tempo, consapevoli dei maggiori ostacoli che potrebbero
presentarsi lungo il percorso.

Consigli per una comunicazione efficace


1. È importante che rimanga traccia di quanto comunicato e delle azioni che ne derivano.
2. Svolgere incontri periodici senza verbalizzarne i contenuti finisce per ottenere effetti
deresponsabilizzanti.
3. Concludere una riunione senza formalizzare le decisioni prese e le azioni di follow-up
non consente di verificare in seguito l’effettiva implementazione di quanto deciso.
4. Scambiare informazioni solo via telefono o email non consente sempre di dare le
risposte più adeguate e circostanziate.
5. È invece opportuno avere incontri periodici di analisi dell’avanzamento lavori, incontri
periodici di gestione delle issues, finestre temporali quotidiane in cui affrontare in
videoconferenza problemi che non possono attendere l’incontro successivo, e solo in

122
forma residuale chiamate telefoniche per affrontare problemi che non possono
attendere.
Questo consentirebbe di affrontare i problemi in modo strutturato nel momento giusto
e con le informazioni giuste senza costringersi a gestire tutto in emergenza.
6. È inoltre importante il format di comunicazione prescelto. È diverso gestire un incontro
piuttosto che scrivere una lettera o una mail o effettuare una videoconferenza ecc.
Occorre quindi massimizzare l’efficacia e l’efficienza della comunicazione e questo
richiede abilità e competenze particolari al Project Manager.
Le logiche che verranno utilizzate per gestire le comunicazioni in un progetto non possono
essere improvvisate e devono essere pianificate prima che il progetto parta in modo da fornire
un preciso punto di riferimento alle persone nello svolgimento del loro lavoro.

123
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

4 a Lezione – La valutazione per la riprogettazione

Progettazione, documentazione e valutazione


Documentare il lavoro del project management sembra essere una pratica attraversata da
contraddizioni. È un’operazione al tempo stesso richiesta per poter effettuare i controlli dovuti
e l’eventuale riprogettazione, ma nei fatti poco attuata dall’organizzazione stessa del lavoro
educativo tanto che non è raro sentire i progettisti lamentarsi del fatto di dover scrivere nei
ritagli di tempo.
Nella scuola, generalmente, l’atto del documentare sembra essere correlato per lo più a pratiche
di scrittura particolari: alla stesura di relazioni, di raccolte di dati funzionali a pratiche di
controllo; a un uso della parola scritta non finalizzato all’espressione di esperienze, di vissuti o
di riflessioni a essi inerenti.
Pare importante risignificare il termine documentazione: documentare vuol dire disporre gli
eventi, le esperienze in una forma tale da poter essere ricordati, tenuti in considerazione per
poter essere ripresi, pensati, ripensati, condivisi. Questo può avvenire anche in forme diverse
da quella scritta.
Documentare sembra corrispondere allora a fermarsi, a ritagliare particolari, a immortalare
attimi per utilizzarli anch’essi come mediatori in un discorso, in modo che aiutino a cercare, in
maniera condivisa, il senso di un’esperienza.
Senza un’adeguata documentazione, non ci può essere un’efficace valutazione.
Valutare, nel sentito comune, sembra possa significare innanzitutto dare valore: nel caso delle
pratiche e del lavoro del project management, attribuire valore a quanto si è fatto, promosso, a
quanto è accaduto, nei processi del progetto.
Valutare i processi posti in atto all’interno di un progetto non consente di giungere alla
definizione di modalità di intervento “giuste” in assoluto. Valutare i processi consente di
comprendere come un determinato processo abbia funzionato, di individuare le condizioni
(istituzionali soggettive, culturali, organizzative, territoriali) contingenti o strutturali che hanno

124
consentito a quel processo di svolgersi in un certo modo producendo determinati effetti. La
valutazione, in questo senso, non consegna nessuna “ricetta pronta all’uso”, ma offre
l’opportunità di contestualizzare, nominare, riflettere e quindi elaborare l’esperienza
progettuale, per ritornare su alcuni aspetti che non hanno funzionato e riprogettare.
La valutazione, in questo senso, consente di imparare dall’esperienza; la valutazione sembra
essere una risorsa essenziale per la progettazione e la riprogettazione.
La valutazione non può essere una pratica individuale, che il singolo può svolgere in solitudine,
né una pratica solo burocratica. Valutare implica la mobilitazione di tutte le risorse del team di
progetto.

La valutazione per la riprogettazione


La valutazione viene generalmente associata alla fase finale e al risultato di un’opera di analisi
di un progetto o di un programma già terminati (valutazione finale, valutazione ex post). Esiste
anche quella che normalmente viene definita valutazione ex ante, che si colloca nella fase di
identificazione del progetto.
Le funzioni della valutazione sono molteplici e dipendono, in particolare, dal momento in cui
si compie questa attività, che è una fase specifica del così detto Project Cycle Managment.
In termini generali si può dire che, attraverso una sorta di feedback alle lessons learnt, la
valutazione fornisce elementi utili per migliorare gli interventi in settori e contesti simili a quelli
oggetto del programma o del progetto valutati.
La valutazione rientra e fa parte integrante del ciclo del progetto, ma occorre sottolineare che
sono più di uno i momenti nel project cycle in cui è possibile e opportuno implementare
un’attività valutativa.
Esistono infatti diversi tipi di valutazione, caratterizzati dal fatto di porsi in un particolare
momento del ciclo del progetto e, di conseguenza, dall’avere funzioni peculiari e ben definite.
Preso atto che la valutazione finale si colloca, dal punto di vista temporale, nel momento in cui
il progetto è appena terminato o terminato da poco tempo (in questo caso l’oggetto della
valutazione è l’obiettivo specifico del progetto e, in particolare, il grado di raggiungimento dei
risultati attesi, alla luce delle modalità con cui sono state portate a termine le attività previste)
e che la valutazione ex post viene realizzata dopo un certo lasso di tempo dalla fine del progetto
(che può essere un anno o un tempo più prolungato a seconda della complessità del progetto.
Si parla in questo caso di valutazione d’impatto e in un certo senso è questa la valutazione che
permette di esprimere un giudizio circa il grado di raggiungimento dell’obiettivo generale), ci

125
soffermiamo sulle fasi della valutazione che permettono una riprogettazione e cioè la fase ex
ante e la valutazione on going.
La valutazione ex ante si inserisce nella prima parte del ciclo del progetto: l’identificazione. La
valutazione fatta in questo momento del ciclo del progetto ha come finalità quella di valutare
preliminarmente, e con forte sforzo di astrazione, il progetto così come identificato. In questo
modo è possibile già in fase di identificazione correggere alcuni aspetti del progetto che
palesemente potrebbero inficiarne la realizzazione.
La valutazione on going è quella che viene realizzata nel corso dell’implementazione del
progetto, in genere nel medio periodo.
In questo caso la funzione dell’attività di valutazione, che si avvicina per alcuni aspetti
all’attività di monitoraggio, è di realizzare una valutazione intermedia del progetto per
individuare le eventuali distorsioni o le problematiche che si sono venute a creare, in un
momento in cui il progetto non è ancora terminato e sono quindi ipotizzabili delle misure
correttive.

La valutazione on-going
La valutazione on-going è uno strumento di supporto alla programmazione e
all’implementazione del progetto, finalizzato a fornire una lettura critica, continua e sistematica
dei loro effetti e dare evidenza dei fattori di successo e di insuccesso.
Essa deve inoltre far emergere le buone prassi e le opportunità di miglioramento della
programmazione.
L’approccio alla valutazione on-going si basa sulla ricostruzione dell’intervento logico dei
progetti e rappresenta una novità. Comprende tutte le attività di valutazione da farsi nel corso
dell’intero periodo di programmazione, comprese le valutazioni ex ante, intermedia ed ex post,
nonché qualunque altra attività connessa alla valutazione che il team di progetto ritenga utile
per migliorare la gestione del programma stesso.
Nel contesto della progettazione, la valutazione on-going è investita dell’importante compito di
restituire un’adeguata e tempestiva conoscenza degli effetti delle scelte operate.
Dalla valutazione on- going emerge l’esigenza di identificare gli elementi che ne influenzano
(positivamente o negativamente) la realizzazione, in un’ottica di diffusione delle pratiche e
della loro trasferibilità; ma anche di formulare giudizi e raccomandazioni sulla sua rilevanza e
coerenza, sull’efficienza ed efficacia, nonché sulla sua sostenibilità.
L’esercizio valutativo diviene peraltro ancor più rilevante, considerata l’innovatività dello

126
strumento, se consente la diffusione e la condivisione dei risultati, perché può favorire la
definizione di buone prassi e l’identificazione di percorsi e modelli di governance in grado di
ottimizzare l’utilizzo di tale strumento.
È un approccio che deve evidentemente essere adattato alle specificità della progettazione,
attraverso la definizione di percorsi valutativi e indicatori aggiuntivi, complementari e anche
diversi, di indagine e analisi “tematica” dello strumento.
La valutazione on-going potrebbe dare tuttavia un significativo contributo alla migliore
attuazione del progetto nella misura in cui ne sia chiaro l’intervento logico: le relazioni
intercorrenti tra gli obiettivi di sviluppo, gli output e i risultati attesi (misure, risorse finanziarie,
meccanismi di delivery), oltre che gli effetti attesi.

Conclusione
Appare opportuno sottolineare che i cambiamenti nel sistema di monitoraggio e valutazione
riflettono i principali cambiamenti concettuali, ovvero il passaggio da un approccio
prevalentemente measure-led ad un approccio marcatamente objective-led e l’affermazione di
un approccio strategico alla programmazione.
La valutazione on-going comprende tutte le attività di valutazione da effettuarsi nel corso
dell’intero periodo di programmazione, comprese le valutazioni ex ante, intermedia ed ex post,
nonché qualunque altra attività connessa alla valutazione che il team responsabile del progetto
ritenga utile per migliorarne la gestione.
Le valutazioni hanno lo scopo di migliorare la qualità, l’efficienza e l’efficacia dell’attuazione
del progetto. Esse misurano l’impatto dei progetti in rapporto agli orientamenti strategici e ai
problemi specifici.
La valutazione diventa un processo complesso, oltre che una serie di “prodotti”, e coinvolge
una serie di attori e di attività. Pertanto è strategico, oltre che necessario, esaminare l’andamento
del progetto rispetto ai suoi obiettivi mediante indicatori di risultato ed eventualmente
d’impatto, per migliorare la qualità del progetto e la sua attuazione; è, inoltre, fondamentale
esaminare le proposte di modifiche che si rendono necessarie per la buona riuscita del progetto.
Per quanto detto nei paragrafi precedenti, appaiono dunque evidenti gli stimoli a considerare
un approccio nuovo alla valutazione, non più esclusivamente indirizzato solo all’accountability,
ma che sia anche orientato al suo utilizzo come strumento per favorire percorsi di
apprendimento sul funzionamento, sulle eventuali modifiche e sugli effetti del progetto.
Come detto, la finalità complessiva della valutazione in itinere consiste nel generare un “valore

127
aggiunto” in termini conoscitivi, in particolare con riferimento agli effetti generati. Solo così è
possibile immaginare che i processi di gestione e di (ri)programmazione si arricchiscano di
informazioni utili per migliorare l’efficienza e l’efficacia della loro azione.
Un principio che connota questo approccio alla valutazione implica che il team di progetto,
responsabile delle varie fasi del progetto stesso, abbia una maggiore consapevolezza
dell’importanza di tali attività.

128
MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

5a Lezione – I processi e gli strumenti di valutazione del project management

Un progetto può essere considerato come una “serie di attività volte a produrre obiettivi
chiaramente definiti in un periodo di tempo stabilito relativamente a un determinato budget”,
oppure, come un modo per definire e gestire risorse finanziarie e processi di cambiamento.
Un progetto deve contenere obiettivi definiti in scala gerarchica (input, attività, risultati, finalità
e obiettivo generale), un insieme di presupposti specifici e un sistema di verifica e valutazione
dei risultati ottenuti, cioè un sistema di monitoraggio.

Sistema di monitoraggio
Un sistema di monitoraggio ad hoc per la valutazione dei progetti contribuisce a facilitare il
processo di gestione, legittima e rafforza la credibilità del progetto, motiva i partecipanti, è in
grado di trasferire e riprodurre i benefici ottenuti.
Deve pertanto soddisfare una serie di condizioni:
- deve essere delineato nella fase iniziale del progetto;
- deve essere strutturato intorno ad un gruppo di indicatori controllabili in maniera
oggettiva;
- deve essere organizzato in considerazione dei momenti critici del progetto in modo
da garantirne il controllo;
- deve assicurare la partecipazione di tutti gli attori coinvolti.

Strumenti di monitoraggio
Data la quantità e la complessità degli elementi coinvolti, è necessario stabilire strumenti
appropriati atti a garantire le condizioni necessarie affinché il processo di monitoraggio si

129
applichi alle azioni da intraprendere, ai risultati attesi e al rispetto del budget (controllo dei
costi).
Strumenti di documentazione, risultati e output
È importante classificare e registrare il contenuto, la rilevanza e l’ubicazione di tutta la
documentazione e la corrispondenza relativa alla partnership mediante un unico sistema di
gestione della documentazione comune a tutti i partner.
Nelle procedure di reporting, al fine di assicurare il controllo di qualità, è necessaria la massima
trasparenza nell’evidenziare e comunicare i contributi forniti da ognuno dei partner nel
raggiungimento di risultati tangibili. Un elenco di tutti gli strumenti e gli output relativi al
progetto deve essere disponibile, aggiornato e accessibile a tutti i partner. Si è soliti, nel caso in
cui il progetto preveda l’utilizzo di un sito web, creare un’area riservata ove si caricano tutti gli
strumenti di progetto che divengono accessibili al solo partenariato.
Sistema interno di monitoraggio
Sviluppare e aggiornare costantemente un sistema web-based di comunicazione interna serve a
tenere informati tutti i partner dei progressi fatti. Tale sistema deve operare sulla base di una
responsabilità condivisa e non dell’apporto esclusivo “dall’alto al basso”.
Reporting
Un sistema di comunicazione efficiente, come già delineato in un’altra lezione, può facilmente
rappresentare la base di una struttura di reporting interno semi-informale.
La stesura di rapporti e relazioni interne non rappresenta sempre una necessità del programma,
ma tale compito può essere pensato come uno strumento interno per monitorare da vicino
l’avanzamento dei lavori e in particolare delle spese. Tuttavia, se ulteriormente sviluppato, un
tale sistema può essere utilizzato per facilitare e velocizzare le procedure di rendicontazione
ufficiale.
Modifiche
Si presume che la fase di implementazione rispetti i termini definiti nella progettazione. Nel
caso in cui sia necessario introdurre delle modifiche (anche dovute a eventuali inadempienze
dei partner o a spese inferiori a quelle previste) è prudente rispondere tempestivamente alle
necessità di cambiamento e informarne il project officer per trovare insieme delle soluzioni.
Lasciare che un problema, non così evidente, cresca in maniera non controllata e che poi non si
sia più in grado di correggerlo, può produrre effetti assai negativi nel lungo periodo.

La valutazione

130
Gli indicatori sono strumenti di misurazione che forniscono dati utili per la gestione del progetto
nonché per il monitoraggio e la valutazione dell’efficienza delle attività svolte. In tal modo
permettono di migliorare il processo decisionale, di promuovere una maggiore efficienza e di
produrre risultati più rilevanti.
Gli indicatori devono essere in relazione diretta con gli obiettivi principali del progetto e fornire
un quadro adeguato di ciò che il progetto si propone di ottenere. Tuttavia, poiché tali indicatori
possono fornire solamente “un’istantanea” parziale dello stato di avanzamento dei lavori, la
prima decisione da prendere riguarda “che cosa” misurare, cioè stabilire quali sono le parti del
progetto più importanti e degne di interesse.
La difficoltà nella selezione degli indicatori è quella di trovare quantità/elementi misurabili che
possano rispecchiare gli effetti più significativi, combinando ciò che è sostanzialmente
rilevante, quale riflesso dei risultati attesi, con ciò che è invece realistico in termini di raccolta
e gestione dei dati.
Fin da subito il team di progetto deve accordarsi sul tipo di indicatori unit-based (a base
unitaria) da utilizzare nella valutazione del progetto, stabilire una base di partenza dalla quale
iniziare a lavorare, introdurre dei target da raggiungere e definire meccanismi e momenti
specifici di raccolta dati al fine di poter misurare i progressi.
Alcuni dei problemi chiave relativi ai processi di monitoraggio e valutazione possono essere
eliminati fin dall’inizio definendo un ampio insieme di indicatori appropriati che misurino in
modo chiaro il fine delle attività e gli obiettivi del progetto:
- indicatori di output: misurano ciò che le attività di progetto producono;
- indicatori di risultato: misurano gli effetti immediati sui beneficiari scelti;
- indicatori di impatto: misurano i contributi a lungo termine rispetto all’obiettivo
generale.
Caratteristica fondamentale degli indicatori dovrebbe essere la capacità di descrivere e
verificare gli obiettivi di progetto in termini operativamente misurabili, quali quantità, qualità
e tempo necessario al fine di rispondere alle seguenti domande:
- Come sapere se ciò che è stato programmato sta veramente accadendo?
- Come verificare il successo del progetto?
Al fine di misurare e valutare ogni elemento della performance reale del progetto (risultati,
efficienza finanziaria ecc.), è bene definire indicatori specifici e rilevanti che possano essere
realmente applicabili e misurabili in relazione alle esigenze e ai tempi del progetto (prendere
come riferimento i momenti in cui un dato obiettivo viene raggiunto).

131
Processo di valutazione
Valutare significa esaminare in maniera esaustiva, critica e oggettiva l’adeguatezza degli
obiettivi e la qualità delle azioni compiute in relazione ai risultati ottenuti, agli effetti provocati
e ai bisogni che si prefiggono di soddisfare.
Valutare non significa utilizzare esclusivamente una tecnica, ma sviluppare un processo le cui
fasi devono essere programmate durante tutto l’arco di vita del progetto stesso, in relazione alle
diverse aree di interesse. Pertanto, la valutazione può essere:
- ex-ante – pianificazione logica (progettazione e individuazione delle risorse inclusa
un’analisi costi-benefici):
- interim/durante – rilevanza ed efficacia delle azioni di implementazione (gestione del
progetto, valutazione degli obiettivi, controllo dei fattori esterni);
- ex- post – efficacia e impatto dei risultati (obiettivi raggiunti, valore aggiunto).
Inoltre, il processo di valutazione deve tener conto sia degli approcci più strettamente misurabili
(aspetto finanziario, risultati, valore) che di quelli formativi (sviluppo di competenze specifiche,
miglioramento delle performance).
Il processo di valutazione implica un certo equilibrio tra tempo e risorse, lavoro di ricerca e
analisi, gestione del team di lavoro e costruzione di relazioni con gli attori interessati. Perché
tale processo si svolga in modo efficiente è necessario:
- definire il contesto del progetto (attori e beneficiari; attività, tipo di valutazione richiesta);
- stabilire di comune accordo alcuni chiari termini di riferimento relativi al processo di
valutazione;
- sviluppare una proposta di piano di lavoro per la valutazione (approccio generale, quadro
logico e analitico, metodologia e tecniche, programma di lavoro relativo a quali
informazioni raccogliere e in che modo);
- pianificare e inserire a budget le risorse necessarie per questo processo (personale/giorni
lavorativi, tipo di personale richiesto, competenze necessarie);
- effettuare la valutazione (implementare il metodo e il programma di lavoro, coltivare le
relazioni con gli attori coinvolti, gestire il team di lavoro, risolvere le questioni
impreviste);
- definire un programma di presentazione dei risultati (pianificare la frequenza di riunioni
e i momenti più opportuni);
- definire la natura e lo stile dei rapporti di valutazione.

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Conclusioni
Una buona pianificazione progettuale parte da un iniziale processo di monitoraggio e
valutazione. È necessario capire e concordare sull’importanza del processo di valutazione, così
come è bene comprendere qual è l’atteggiamento dei diversi partner in relazione a tale processo.
Nel cercare di stabilire se alcuni interventi specifici possono fare la differenza, bisogna tener
conto di aspetti quali eventuali opinioni di “esperti” e punti di vista degli attori coinvolti. Nel
valutare i possibili effetti potrebbe essere utile una misurazione “prima e dopo” (serie
temporali) o “con e senza” (ubicazione e contesti).
È importante anche non sottovalutare che gli interventi “soft” producono effetti meno ovvi e
sono più difficili da valutare.
Alla luce delle considerazioni fatte sopra è possibile formulare alcune osservazioni conclusive.
Prima di tutto occorre ribadire che l’attività valutativa non necessariamente è collocata
temporalmente nel momento in cui terminano le attività del progetto.
Esistono altri momenti nel contesto del ciclo del progetto in cui, non solo è possibile, ma anche
auspicabile implementare un’attività valutativa. È tuttavia chiaro che, a seconda del momento
in cui si realizza la valutazione, lo scopo e le modalità della stessa saranno diverse.
In secondo luogo è possibile concludere che la valutazione, di qualsiasi genere sia, è un’attività
complessa, che richiede l’analisi di diversi elementi e che la possibilità di esprimere un giudizio
obiettivo è conseguenza del fatto di averli correttamente analizzati.
La valutazione, poi, non è un giudizio fine a se stesso ma deve avere una funzione positiva di
orientamento. Ecco quindi che l’analisi del contesto in cui è stato realizzato il progetto, con
tutte le caratteristiche e tutti gli elementi particolari che lo connotano, è un elemento
fondamentale per comprendere le eventuali distorsioni o gli effetti inaspettati che si sono
realizzati.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

6a Lezione – Coinvolgimento delle risorse umane nella visione ciclica tra progettazione,
valutazione e comunicazione

Premessa
Sul coinvolgimento delle risorse umane nella visione ciclica tra progettazione, valutazione e
comunicazione sono state spese molte parole, sia da professionisti del settore, sia da
appassionati dell’argomento.
I motivi per cui le persone vogliano lavorare per un progetto sono diversi.
Il primo aspetto che bisogna adeguatamente considerare è la creazione del senso di
appartenenza verso l’organizzazione, cioè quel comune sentire fra dipendenti e scuola che si
riflette sulle performances anche progettuali.
È difficile dare una definizione precisa alla complessità delle dinamiche umane ma sicuramente
il cosiddetto commitment è parte di questa complessità.
Il commitment è l’identificazione della persona con l’organizzazione, il suo coinvolgimento che
contribuisce con altri fattori alla crescita organizzativa e culturale.
Il coinvolgimento fa sì che la persona voglia far parte dell’organizzazione, ne accetti gli
obiettivi, ne condivida i valori e s’impegni responsabilmente all’interno dell’organizzazione.
Le motivazioni che spingono la persona a ‘legarsi’ ad un’organizzazione sono diverse: il
riconoscimento da parte dei colleghi e/o da altri soggetti, la convenienza economica, ecc.;
queste ragioni sono valide ma sono riconducibili al mero tornaconto personale.
Le persone agiscono in base al senso che attribuiscono agli eventi e alle interazioni nelle quali
sono coinvolte. Selezionano gli eventi rilevanti ai fini del perseguimento dei propri obiettivi.
Di conseguenza si ritiene che il comportamento delle persone sia determinato da una
mescolanza di condizioni ambientali e motivazioni personali.
Tralasciando la parte strettamente individuale, ci concentriamo su alcuni fattori esterni che
orientano il comportamento delle persone.
Negli ambienti dove è percepito un forte commitment, l’atteggiamento dei capi verso i propri

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collaboratori è riassumibile in questi tre termini:
- sostegno del capo verso i collaboratori;
- correttezza del capo;
- fiducia verso il capo.
Sostegno del capo verso i collaboratori
Sentirsi ascoltati dal project manager e sapere che alle richieste o dubbi sarà data certamente
una risposta, aumenta il senso di affiliazione, di stima verso l’organizzazione e può innescare
un circolo virtuoso di aiuto reciproco nel gruppo.
Essere apprezzati o anche più semplicemente essere considerati per le proprie opinioni, invoglia
le persone a restituire il favore attraverso un maggior impegno sul lavoro, l’aiuto reciproco per
il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Correttezza del capo
La coerenza del project manager fra detto e fatto, il suo agire nel rispetto dei valori condivisi,
il seguire per primo le regole imposte ai propri collaboratori, il non fare favoritismi sono
comportamenti che identificano la sua integrità, onestà ed adeguatezza nel ricoprire il ruolo.
Fiducia verso il capo
Il mantenere gli impegni presi, il non trarre vantaggio dalla propria posizione di potere fanno sì
che il capo sia credibile, sia assunto come modello cui ispirarsi e ci sia un clima di reciproco
affidamento e affiatamento.
Ispirare fiducia è uno degli ingredienti basilari per la costruzione di un buon rapporto lavorativo
e spesso tale aspetto è trascurato perché ritenuto scontato. Il capo, oltre ad essere competente
tecnicamente, deve svolgere le sue mansioni in certi modi che rimandano al concetto di
correttezza e integrità di cui sopra. L’ambiguità nell’applicazione di questi principi nell’agire
quotidiano crea diffidenza fra le persone e poca collaborazione, scarsa comunicazione e
opportunismo.

L’importanza della comunicazione nel coinvolgimento delle risorse umane


Questo meccanismo virtuoso si diffonde attraverso una comunicazione efficace.
La comunicazione aperta e onesta, la condivisione delle informazioni, l’ascolto attivo, i
feedback sul lavoro svolto favoriscono lo scambio di esperienze, di conoscenze e soprattutto
d’incontro reciproco che permette a ciascuno di essere considerati e valorizzati come persone e
stimati per le proprie qualità.
La comunicazione aperta e schietta permette al management di essere incisivo, far trasparire i

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valori, traducendoli in comportamenti e condividendoli con i propri collaboratori.
La chiarezza d’intenti ha numerosi vantaggi, ma il più importante è essere d’esempio per il
gruppo, trascinandolo verso obiettivi sempre più ambiziosi.
In sintesi, la chiave vincente del coinvolgimento delle risorse umane nella visione ciclica tra
progettazione, valutazione e comunicazione è la motivazione.

Il coinvolgimento e la partecipazione: l’empowerment


L’evoluzione positiva della motivazione nel contesto lavorativo dipende dalla capacità, da parte
di chi ha la responsabilità di gestirlo, di costruire sistemi produttivi nei quali operi personale
che possa sentirsi coinvolto, autonomo, consapevole, responsabile, ma anche e soprattutto
soddisfatto del proprio lavoro.
Con il termine empowerment (letteralmente dare potere, permettere di), si intende un sistema
di gestione che consiste nell’accrescimento delle possibilità dell’individuo di controllare la
propria vita, fondandosi su un processo attraverso il quale le persone, a partire da qualche
condizione di svantaggio e di dipendenza, vengono rese “potenti” (empowered) ovvero
rafforzano le proprie capacità e possibilità reali di scelta e di intervento (si vedano i costrutti
motivazionali dell’autodeterminazione e di regolazione).
Nato negli anni ‘80 in ambito lavorativo, tale costrutto viene utilizzato ampiamente negli studi
sul management e sulle organizzazioni solo negli ultimi anni. Si possono definire
“empowerizzanti” quelle modifiche delle prestazioni richieste e del sistema dei riconoscimenti,
che portano le persone di un’organizzazione a ricavare dalla loro attività una maggiore
esperienza di realizzazione delle proprie potenzialità e della propria influenza.
Il lavoratore empowered dovrebbe conoscere se stesso, le proprie possibilità e limiti, avere una
buona autostima, saper padroneggiare la propria disciplina, saper prendere decisioni efficaci,
saper risolvere i problemi.
Per ottenere un sistema di gestione empowering, le strategie di formazione dovranno a questo
punto essere finalizzate soprattutto a sviluppare quell’intelligenza emotiva ed interpersonale
che consiste nella capacità di motivare se stessi, riconoscere le proprie emozioni e quelle degli
altri, ossia di saper essere empatici nel comunicare e risolvere i problemi.
La condizione di lavoratore empowered viene fuori sia dalle azioni di supporto del manager,
che ha la responsabilità di guidare il collaboratore in un percorso di continua ridefinizione e
affinamento del proprio progetto professionale, oltre che personale, sia da una propensione
naturale del lavoratore a svilupparsi autonomamente, andando cioè alla ricerca di un proprio

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sistema di ricompense personali, a prescindere dagli interventi che l’azienda (scuola) può
intraprendere a scopi motivazionali.
In definitiva, una parte importante del processo di empowerment va demandata a motivazioni
intrinseche (ad esempio desiderio di sperimentarsi con situazioni nuove e difficili, di
compiacere le figure autorevoli di riferimento, di ricevere l’ammirazione dei propri pari, di fare
le cose meglio di altri, di svolgere un compito nel migliore dei modi, ecc.).
La responsabilità del management può essere quella di fornire delle “motivazioni strumentali”,
aiutando cioè il dipendente a esprimere al meglio le sue motivazioni intrinseche in un setting
professionale.

Strumenti e comportamenti per il coinvolgimento delle risorse umane nella visione ciclica
tra progettazione, valutazione e comunicazione
Gli strumenti e i comportamenti più incisivi per il coinvolgimento delle risorse umane nella
visione ciclica tra progettazione, valutazione e comunicazione sono:
- organizzare riunioni pre-lavoro brevi, follow up a cadenza regolare;
- fornire feedback costruttivi ai propri collaboratori;
- promuovere i valori aziendali a tutti i livelli anche grazie a momenti di convivialità;
- fornire l’accessibilità immediata alle informazioni utili a svolgere il lavoro al
proprio gruppo grazie anche all’utilizzo appropriato delle nuove tecnologie;
- promuovere un sistema di regole interno trasparente, chiaro e non burocratico che
eviti fraintendimenti;
- essere portavoce delle criticità del gruppo ai livelli più alti ed essere propositivo nel
formulare soluzioni ad hoc;
- responsabilizzare, rendere effettiva la partecipazione attiva dei propri collaboratori
nelle decisioni, stimolandone la creatività e lasciando loro libertà di espressione.
Non controllare compulsivamente i propri collaboratori perché ciò è percepito come
mancanza di fiducia e rispetto nei loro confronti. La fiducia crea fiducia.
- stimolare l’apprendimento, diventare un consigliere professionale affidabile grazie
a atteggiamenti sempre propositivi e mai giudicanti. Essere autorevole e non
autoritario;
- affiancare i collaboratori sul campo in modo intensivo, rendendoli autonomi,
affidabili e necessitanti di sola supervisione in breve tempo.

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Il cambiamento deve provenire necessariamente dall’alto, nel senso che la direzione deve
credere e promuovere il coinvolgimento dei lavoratori con azioni concrete.

Conclusioni
In sintesi si può dire che quando le risorse umane si sentono coinvolte:
- indirizzano verso il proprio lavoro uno sforzo discrezionale alto ed efficace;
- raggiungono la produttività soggettiva massima;
- sono veramente soddisfatte del proprio lavoro.
Investire nella motivazione di un gruppo di lavoro comporta pertanto innumerevoli vantaggi.
Ogni manager di progetto, coordinatore, o responsabile d’azienda lavora più o meno
consapevolmente su almeno quattro aspetti della sfera psicologica (personale e sociale) delle
persone con cui collabora:
- relazione: mettere in connessione le persone, facilitare acquisizione e scambio di
strategie e conoscenze utili, perseguimento di un clima sereno nel team;
- obiettivi: trasferire le strategie e tradurre gli obiettivi come vision generale e come
input personale;
- stimoli: lavorare sulle componenti emotive non intenzionali per favorire il lavoro di
squadra e comportamenti virtuosi;
- consapevolezza: potenziare le competenze individuali ed individuare punti di forza
e debolezze per rendere più proficua l’attività lavorativa.

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MODULO 2 - PROJECT MANAGEMENT: LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA A
SCUOLA

UNITÀ DIDATTICA 4 - COMUNICAZIONE E VALUTAZIONE DEL PROJECT


MANAGEMENT

Bibliografia

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Dal piano di gestione, ai report, alla chiusura del progetto. Milano: Franco Angeli
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- Caramazza, M. (1990). La competenza politica del project manager. in Economia & Management, vol.
16, n. 9.
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- Damiani, M. & Lo Valvo, P. & Pipitone, I. (2004). Project Management. Organizzazione, metodi,
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