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Motivazione al lavoro

Noi viviamo in una società a capitalismo avanzato ovvero l’orientamento culturale è liberista ovvero la
concezione dietro società e lavoro è che il lavoro è un mezzo x realizzarsi e + si lavora + la società sarà
migliore . Ha funzioni importanti x le persone ovvero :
• - Benessere materiale economico
• - Identità
• - Soddisfazione
Il lavoro invece apparente può trattarsi di un occupazione nominale ovvero qualcosa che faccio per
prendere soldi , per occupare il tempo ma senza mettere un valore aggiunto x la collettività .
In generale si può ritenere che vi sia un legame psicologico tra la persona e il lavoro, che travalica
l'obbligo o la necessità economica:- può trattarsi di passione professionale, competenza, soddisfazione
per i risultati: la persona in questo caso attribuisce importanza all'attività lavorativa in sé (job)- può
derivare dai significati sociali del lavoro: valori, etica sociale, appartenenza a determinati gruppi: in questo
caso la persona attribuisce importanza al propriolavoro in senso generale (work), (es. professioni sanitari
o insegnamento)- può derivare dallo stare in un'organizzazione: in questo caso prevalgono esperienze
psicologiche come l'orgoglio, il senso di cittadinanza organizzativa, il sentimento di membership (es:
Ferrari, Nasa...), c’è un immagine sociale a seconda dello specifico lavoro
La motivazione al lavoro: contenuti (processi psicologici che non rendono motivata una persona)e
contesto(spiegano in che modo funziona la persona motivata o non all’interno del contesto lavorativo)
La motivazione al lavoro può essere considerata come un insieme di forze che determinano la
direzione(verso o lontano dal lavoro), l'intensità(impegnarsi molto o poco) e la persistenza (lungo o breve
tempo)dell'azione nelle esperienze che caratterizzano la persona in rapporto al proprio lavoro. La
motivazione non è un tratto stabile e generale di personalità: in ogni momento le persone possiedono un
certo potenziale di motivazione che si esprime con diversi gradi di attivazione e di intensità, in funzione de
compiti da svolgere, degli obiettivi che si pongono e del contesto lavorativo in cui vivono.
Essa riguarda processi di:
1. scelta (direzione): quali obiettivi perseguire e attraverso quali azioni
2. investimento (intensità): quali e quante energie dedicare e quanto sforzo produrre. Si distingue tra
potenziale motivazionale (quanto sforzo e impegno si possono teoricamente esprimere) e motivazione
effettiva (quanta energia e sforzo si attivano in un certo momento per ottenere determinati risultati)
3. azione (persistenza): la durata e la tenuta dei processi psicologici necessari ad erogare energia e a
raggiungere un obiettivo, superando le difficoltà per avvicinarsi all'esito desiderato
Elementi complementari:
- la motivazione al lavoro non è direttamente osservabile, ma può essere inferita da una serie di fattori
personali e ambientali che ne costituiscono gli antecedenti e le conseguenze (es: sforzo)
- la motivazione riassume una serie di spinte individuali (pulsioni, bisogni, interessi, scopi) in relazione a
una serie di fattori organizzativi (tipo di mansioni, sistema premiante, natura dei feedback ricevuti) e
culturali (valori e significati attribuiti al lavoro)
- la motivazione è un elemento dinamico, che riflette sia cambiamenti di natura contingente sia modifiche
strutturali dell'assetto psicologico dell'individuo
- la motivazione è relativa al comportamento organizzativo ed è strettamente legata all'esperienza
lavorativa, tuttavia fattori esterni al lavoro (vita familiare, tempo libero) possono influenzare
significativamente la motivazione lavorativa
La motivazione al lavoro può essere applicata a diversi ambiti:
- motivazione alla prestazione: quanto impegnarsi, per quanto tempo e in funzione di quali risultati,
nell'attività lavorativa quotidiana
- motivazione all'apprendimento: impegno nell'acquisire nuove competenze o nell'aggiornarsi
- motivazione al lavoro in gruppo: quanto aiutare gli altri, proporre nuove idee
- motivazione alla carriera: accettare maggiori responsabilità, un nuovo incarico/trasferimento, se cercare
una nuova organizzazione chiaramente non tutti cercano la crescita
- motivazione verso l'organizzazione: quanto sforzarsi per migliorare il funzionamento organizzativo e far
crescere il prestigio aziendale
Chiaro che non tutti hanno tutte le motivazioni , c’è chi ne ha 1 chi di +.
Divisone tra
• - Motivazioni intrinseche: permettono di attivare e dare energia a una serie di comportamenti e
processi psicologici che producono benefici direttamente dall'attività in sé (senso di autonomia,
efficacia e realizzazione personale). Si ipotizza che siano fondate su un bisogno interno innato di
competenza e autodeterminazione.
• - Motivazioni estrinseche: attivate da una componente esterna, e funzionali a ottenere benefici non
strettamente riconducibili all'attività in sé: ottenere un riconoscimento, evitare una punizione, rispettare
un impegno.
A lungo questi due tipi di motivazione sono stati considerati contrapposti, e la ricerca scientifica si è
concentrata su quali aspetti (incentivi monetari, sistemi di supervisione o di sanzione...) siano più efficaci
nel motivare le condotte lavorative. McGregor (1960) ha definito:
- Teorie X i modelli di gestione del personale basati su una concezione dei dipendenti come indolenti,
indifferenti alle esigenze lavorative e resistenti al cambiamento, con politiche di gestione del personale
centrate sulla motivazione estrinseca (premi e sanzioni)
La persona non ama il lavoro ma si impegna xkè i soldi gli servono
- Teorie Y i modelli che considerano i lavoratori pronti ad assumersi le responsabilità e a condividere gli
obiettivi organizzativi, con politiche di gestione del personale centrate sulla motivazione intrinseca,
(arricchimento dei compiti, autonomia operativa e partecipazione alle decisioni) considero i dipendenti
come se fossero sulla stessa barca con me a remare nella stessa direzione
Secondo la teoria della valutazione cognitiva (Deci e Ryan, 1985) la motivazione intrinseca si baserebbe
sul sentimento di competenza e di autonomia, mentre introdurre benefici o obblighi esterni farebbe sentire
le persone maggiormente dipendenti da fattori esterni. Una metanalisi su 128 studi mostra che:
- alcuni incentivi tangibili (come il denaro) compromettono parzialmente la motivazione intrinseca
- incentivi fissi e indipendenti dalla performance (es: salario, bonus una tantum) NON incidono sulla
motivazione intrinseca
- riconoscimenti verbali (considerati come benefici estrinseci) NON interferiscono con la motivazione
intrinseca, in virtù del loro potenziale effetto informativo sulla prestazione
- rimproveri, richiami, sistemi di sorveglianza e controllo sembrano avere effetti negativi sulla motivazione
intrinseca, fino a condurre potenzialmente a veri stati di motivazione
I risultati di questa teoria sono molto dibattuti, poiché nelle esperienze lavorative reali, fattori intrinseci ed
estrinseci si legano indissolubilmente, mentre scelte e autonomia individuali sono costantemente vincolat
da esigenze organizzative: stipendio e sistemi premianti sono una misura implicita del prestigio, della
qualità del proprio operato, del livello di competenza acquisito e della capacità di creare ricchezza,
diventando quindi segno tangibile di riconoscimento e valorizzazione da parte dell'organizzazione
Nel 2014 Cerasoli, Nicklin e Ford hanno analizzato oltre 180 ricerche sulla motivazione in diversi contesti
(scuola, lavoro, salute), evidenziando come la motivazione intrinseca ha un peso maggiore nel
determinare la qualità della prestazione, mentre la motivazione estrinseca sembra agire più sulla quantità
della prestazione, concludendo che (relativamente alla prestazione) i due tipi di motivazione sembrano
operare in modo simultaneo e combinato.
La teoria dell'autodeterminazione (SDT, Self Determinated Theory, Gagné & Deci, 2005) si basa sul
principio che le persone agiscono per soddisfare alcuni bisogni intrinseci fondamentali:
- bisogni di autonomia: desiderio di agire sulla base della propria volontà e delle proprie scelte; sentiment
di libertà psicologica quando li soddisfo
- bisogni di competenza: conoscere e controllare l'ambiente; possedere un elevato sentimento di
autoefficacia, affrontare le situazioni; esplorare attivamente e con costanza le proprie capacità , se siamo
bravi non lo restiamo se non faccio esercizio
- bisogni di relazioni: propensione a essere connessi con altri; amare e prendersi cura; essere amati e
ricevere cure, non ambiti psicologici
Concetto importante distinzione tra motivazione autonoma ,intrinseca che porta ad agire partendo dalla
mia volontà sulla base della libera scelta e controllata , azioni che metto in atto a causa di una pressione
esterna o obbligo ad agire .
Nella SDT ha un ruolo cardine la distinzione concettuale tra motivazione autonoma (azioni condotte a
partire dalla propria volontà in base a una libera scelta: agire per il piacere di agire) e la motivazione
controllata (azioni avviate sotto una pressione esterna o un obbligo ad agire): secondo gli autori questi
due tipi di motivazione rispondono a diversi modelli di regolazione, e sono accompagnati da diversi
processi psicologici. La SDT propone di classificare le diverse motivazioni estrinseche a seconda del loro
grado di autonomia o di controllo esterno. domanda
Differenza essenziale tra motivazione intrinseca e totale mancanza di motivazione, quindi i poli non sono
estrinseca e in ma tra assenza totale
Complessivamente il modello prevede tre stati motivazionali generali disposti lungo un continuum:

A un estremo si colloca la mancanza assoluta di motivazione (amotivazione), ossia la condizione in cui le


persone agiscono senza intenzione e senza controllo sul proprio comportamento, tanto per fare, oppure
non agiscono affatto: Non mi impegno perché considero il mio lavoro una perdita di tempo.
All'altro estremo si colloca la motivazione intrinseca (o autonoma), che caratterizza comportamenti attuati
in base a una scelta deliberata, interesse per l'attività in sé e realizzazione personale: mi impegno perché
il mio lavoro è stimolante/mi piace
Tra questi estremi si colloca la motivazione estrinseca, che caratterizza comportamenti attuati sotto una
pressione esterna o una necessità di agire, e si articola in quattro categorie a seconda del grado di
controllo esterno o di autonomia: regolazione a seconda di quanto la persona faccia le cose +- verso la
libera scelta o esclusivamente per motivazioni esterne , tra assenza e motivazione autonoma
1. Regolazione esterna: l'attività non interessa la persona, l'energia e il comportamento si mobilitano solo
grazie a incentivi esterni (es: stipendio); la motivazione controllata è molto alta a fronte di una motivazion
autonoma molto bassa e spesso riguarda esperienze lavorative di scarsa qualità e contenuto
professionale: mi impegno solo perché posso ottenere una ricompensa allienazione
2. Regolazione introiettata: il comportamento è motivato da obiettivi e scopi esterni (norme sociali, valori)
interiorizzati dall'individuo ma non pienamente accettati vado a lavorare xkè tutti ci vanno. L'individuo si
impone delle regole di comportamento per ottenere un'immagine positiva di sé in quanto lavoratore, per
evitare ansia o sensi di colpa, per cercare accettazione sociale (lavoro perché bisogna): mi impegno per
non sentirmi in colpa impone regole di comportamento + dalla parte di non motivazione motivazione
moderatamente controllata.
Cambia dall’esterna che c’è un po più ti motivazione , obbligata ma c’è.
3. Regolazione identificata: aumenta la componente di autonomia, il comportamento è motivato da una
scelta deliberata della persona che grazie al lavoro soddisfa dei bisogni personali e realizza la propria
identità (es: ruolo professionale): mi impegno perché il mio lavoro è in linea con i miei valori fa una scelta
non rispetto al lavoro in sé ma soddisfazione bisogni personali o identitari(medico non mi interessa curare
vite ma mi sento figo a dirlo , margine di scelta per questo lo spostamento e mi impegno , ma non perché
mi piace ma mi piacciono i vantaggi secondari che il ruolo mi porta)
4. Regolazione integrata: ha un alto grado di autonomia e basso di controllo esterno, si distingue dalla
motivazione intrinseca solo perché l'attività non è considerata interessante di per sé, ma serve a
soddisfare scopi, interessi e obiettivi integrati tra loro in una coerente immagine di sé (norme etiche,
utilizzo delle proprie competenze, rispondenza agli obiettivi organizzativi, riconoscimento da parte degli
altri) e integrati con l'identità della persona: mi impegno perché il mio lavoro ha un significato personale
per me mi sento bravo mi piace l’immagine sociale ma se avessi potuto avrei scelto altro .
Principali motivi di interesse di questa teoria:
- supera la dicotomia tra motivatori interni ed esterni: la motivazione dipende dalla salienza di alcuni
processi psicologici (grado di autonomia, di volizione e di scelta individuale)
- supera la concezione individualista della motivazione grazie al concetto di interiorizzazione, che
stabilisce un legame tra processi motivazionali individuali e processi sociali di costruzione dei significati
del lavoro
- stabilisce un legame tra motivazione e caratteristiche lavorative: la regolazione autonoma e
l'interiorizzazione di valori possono essere favorite da forme di appropriazione psicologica del proprio
compito lavorativo, che dipende anche dall'organizzazione del lavoro e dalla presenza o meno di margini
di autonomia e discrezionalità del lavoratore, rispetto l’intrinseca pura il lavoro in se non mi piace
Caratteristiche del lavoro e motivazione
Job design: insieme di attività e decisioni, normalmente prese dal management, su come i compiti
lavorativi devono essere svolti all'interno di un'organizzazione. Serve a definire le mansioni, le
responsabilità, gli obblighi, il sistema di relazioni organizzative, l'interazione con le tecnologie, i ritmi e la
regolazione dei tempi e le forme di coordinamento con altri. L'insieme di questi aspetti ha un'influenza
diretta su produttività e prestazione, tende a condizionare atteggiamenti e motivazione delle persone al
lavoro, la loro soddisfazione, la percezione di equità e la qualità delle interazioni con colleghi, superiori e
clienti. È possibile pensare di progettare compiti lavorativi motivanti?
Teoria delle caratteristiche lavorative (Job Characteristics Model, JCM, Hackman & Oldham, 1980): la
motivazione intrinseca dei lavoratori può essere stimolata attraverso la progettazione del lavoro (job
design), solo se il dipendente può applicare capacità diverse (varietà nelle capacità richieste), svolge una
mansione identificabile (identità del compito) e significativa (significatività del compito) per l'azienda, ha
dei margini di discrezionalità nell'adempimento dei suoi compiti (autonomia) e riceve dei feedback sulla
validità della propria performance nell'adempimento dei suoi compiti (autonomia) e riceve dei feedback
sulla validità della propria performance.
Tali caratteristiche lavorative innescano nel lavoratore tre stati psicologici tra loro complementari: il
feedback consente di imparare attraverso i risultati ottenuti, l'autonomia consente di essere responsabili
della propria prestazione e la varietà di competenze, insieme a identità e significatività del compito,
permettono di sperimentare il significato del proprio lavoro. Alcuni fattori di moderazione individuali
intervengono significativamente sugli esiti del job design: bisogno di crescita personale e professionale,
abilità e competenze possedute e soddisfazione relativa al contesto.

In seguito ai recenti cambiamenti nel mercato del lavoro, il modello JCM è stato ampliato in varie direttrici
tra cui i cambiamenti nelle organizzazioni:
- incertezza lavorativa e instabilità (contratti atipici) possono provocare caduta motivazionale, disimpegno
minore investimento nell'organizzazione, ma le soluzioni di job design possono attenuare il fenomeno, ad
esempio prevedendo arricchimenti nelle mansioni in occasione di ristrutturazioni aziendali
- perdita di unitarietà dello spazio e del tempo lavorativo (smart working): le ricadute sul piano
motivazionale possono essere positive se vengono gestite adeguatamente l'autonomia operativa e le
forme di telesorveglianza, ed è necessario predisporre opportunità di contatto e confronto con i colleghi,
per evitare gli effetti deleteri dell'isolamento sociale
- flessibilità nella gestione del tempo lavorativo: è normalmente associata a soddisfazione e produttività,
soprattutto se i lavoratori hanno un controllo diretto sulla gestione dell'orario, anche per la gestione dei
conflitti vita-lavoro (conciliazione delle carriere di entrambi i coniugi e della maternità o paternità)
Processi regolativi della motivazione al lavoro Le teorie di processo tentano di spiegare come le
persone sviluppano interessi, valori e bisogni relativi alla sfera lavorativa e come si crea, si indirizza e si
mantiene nel tempo l'attivazione di energia (=sforzo) che sostiene il comportamento lavorativo. Un
possibile modo di strutturare i diversi modelli teorici del processo motivazionale assume che l'azione
motivata sia parte di un complesso processo di autoregolazione individuale che procede per fasi (Hertel &
Wittchen, 2008), a ognuna delle quali sono associabili distinti processi mentali di regolazione.

• - Fase 1: scelta L'azione motivata comincia con la definizione di uno scopo, ossia la scelta di un
determinato corso d'azione in base a preferenze, aspettative di successo e benefici raggiungibili in
relazione all'impegno richiesto, attraverso un processo deliberativo (o decisionale) che implica la
gestione delle informazioni relative alle diverse opzioni e una valutazione della fattibilità e
dell'attrattività degli scopi in competizione.
Teoria dell'Aspettativa-Strumentalità-Valenza (Vroom, 1964) Considera la motivazione (non solo nel
lavoro, ma anche in contesti quali l'educazione, la salute e lo sport) come risultato di un percorso cognitiv
di stima e valutazione degli esiti possibili di un'azione che coinvolge tre variabili:
1. 1. Valenza (=preferenza, desiderabilità e attrattività, componente affettiva) attribuita al risultato
quanto gli esiti attesi dall'azione sono considerati soggettivamente positivi (=desiderabili) in base a
propri atteggiamenti, valori e preferenze
2. 2. Strumentalità (relazione percepita tra sforzo/impegno e benefici di secondo ordine): la
probabilità percepita che i risultati dell'impegno siano associati a specifiche conseguenze
strumentali (=estrinseche), positive e salienti per la persona
3. 3. Aspettativa: la probabilità percepita che lo sforzo e l'impegno messo nell'azione condurrann
effettivamente ai risultati attesi; l'aspettativa definisce le condizioni percepite di realizzabilità di un
obiettivo, ed è collegata con la nozione di autoefficacia percepita MOTIVAZIONE = V x S x A
• - Fase 2: Pianificazione degli obiettivi Una volta definito lo scopo da raggiungere, segue un
processo di pianificazione degli obiettivi (goal setting): individuazione dei passaggi da compiere,
verifica della fattibilità degli stessi, articolazione del compito in sub-obiettivi.
Teoria del goal setting (Locke & Latham, 1990) La presenza di un obiettivo organizzativo prefissato (no
necessariamente deciso dall'individuo) può avere una valenza motivante, purché sia sufficientemente
sfidante (=difficile e impegnativo) ma realizzabile. Il livello di difficoltà dell'obiettivo non corrisponde al
livello di difficoltà della prestazione: il medesimo obiettivo può risultare eccessivo per alcuni e agevole pe
altri. Per essere motivante, l'obiettivo deve essere specifico, ossia ben identificato, chiaro, non generico e
formulato in modo da poterne valutare il raggiungimento.
Obiettivi di questo genere mobilitano una serie di processi cognitivi connessi con l'attivazione di energia e
l'orientamento del comportamento intenzionale:
• - focalizzazione dell'attenzione su informazioni relative all'obiettivo
• - intensità dell'impegno concentrato e finalizzato al raggiungimento dell'obiettivo
• - persistenza nel tempo dello sforzo e dell'azione orientata allo scopo
• - ideazione e adozione di strategie finalizzate all'ottenimento del risultato
Servono anche una serie di condizioni contestuali:
• - accettazione e condivisione (dai lavoratori)
• - legittimazione e fiducia (nei confronti dell'autorità)
• - goal commitment: se l'obiettivo è dotato di valore, perseguibile e utile induce i lavoratori a
sentirsi intrinsecamente motivati a perseverare anche di fronte a ostacoli e difficoltà
• - feedback sulla qualità e quantità del lavoro compiuto e sulla distanza che ancora separa
dall'obiettivo (favorisce l'autoregolazione e può generare reazioni emotive)
• - elevata autoefficacia (favorisce la risposta a obiettivi sfidanti e impegnativi, il goal
commitment e l'utilizzo proattivo dei feedback)
- Fase 3: Esecuzione e controllo (autoregolazione) La terza fase dell'azione motivata prevede
l'erogazione di energia per il raggiungimento dello scopo (goal striving) e l'attuazione dei piani
implementati nella fase 2, attraverso processi operativi di monitoraggio, controllo e regolazione del
comportamento, che permettono di valutare se l'obiettivo è realmente perseguibile e se si sta agendo
correttamente per raggiungerlo
Autoregolazione: una serie di processi psicologici (pensiero, ragionamento, attenzione, emozioni, azioni
che permette di controllare i comportamenti orientati allo scopo al variare del tempo e dei cambiamenti di
contesto. Questi processi includono attività di monitoraggio (raccogliere informazioni per verificare il
procedere dell'azione verso lo scopo), di autovalutazione (confrontare l'attuale prestazione con standard
personali, comportamenti precedenti o prestazioni di altri), e di reazione interna (aggiustamento
comportamentale, attivazione di meccanismi di autopunizione o di autogratificazione, meccanismi di
risposta emotiva).
Processi che intervengono nell'autoregolazione:
• - Allocazione di risorse: processo che determina quanto tempo, energia cognitiva, attenzione,
sforzo fisico e perseveranza vadano dedicati a diversi progetti e piani d'azione.
• - Regolazione dell'azione: processo attraverso cui si determinano le condotte da tenere, si
aumenta o diminuisce lo sforzo, si persevera o si abbandona, si modifica il piano di azione, si decid
di investire tempo per acquisire nuove risorse (es: nuove competenze), si cerca di intervenire per
modificare la realtà.
• - Autoefficacia: percezione di padronanza della situazione, di riuscire a influenzare l'ambiente
esterno e di poter perseguire i propri scopi controllando le difficoltà ambientali. Interviene
significativamente nei processi di autoregolazione (favorisce l'accettazione di obiettivi sfidanti grazie
alla percezione di controllo percepito sulla situazione e di realizzabilità dei progetti) alimentando il
comportamento motivato, ma è anche un esito dei processi regolativi, perché può aumentare o
diminuire a seconda dei successi o dei fallimenti conseguiti.
- Fase 4 Valutazione degli esiti Una volta completata l'attività, ne vengono valutati gli esiti in termini di
effettivo raggiungimento dello scopo, benefici ottenuti e adeguatezza rispetto allo sforzo erogato. I
processi valutativi prevedono attività di trattamento delle informazioni, di confronto rispetto a parametri
prefissati e attività di giudizio, e l'esito della valutazione diventerà input per futuri processi di
autoregolazione e scelta degli scopi.
Modello di Adams sull'iniquità dello scambio (1963) Ipotizza che la valutazione degli esiti non avveng
in termini di investimenti e risultati, ma in rapporto a quanto altri hanno investito e ottenuto in circostanze
simili (es. colleghi), oppure in base a un'immagine ideale di equilibrio. La percezione di giustizia si basa s
tre diversi principi:
- Principio strumentale di difesa degli interessi personali: voglio ottenere quanto mi spetta
- Principio sociale di confronto con gli altri: voglio ottenere quanto hanno avuto altri simili a me
- Principio morale basato su regole e valori relativi al giusto modo di fare le cose: voglio essere trattato in
modo giusto.
La percezione di ingiustizia spinge le persone a riportare in equilibrio la situazione attraverso alcune
strategie:
- modifica degli input o dei risultati: riduzione dell'impegno e dello sforzo, oppure tentativo di aumentare i
benefici ottenibili
- modifica dei referenti: cambiare gli individui o i gruppi utilizzati come termini di confronto sociale
- modifica del bilancio risorse/risultati: riconsiderare il valore delle risorse immesse o dei risultati ottenuti
- abbandono: cambiare lavoro o uscire dall'organizzazione
Teoria sulla giustizia organizzativa (Greenberg & Colquitt, 2005)
Amplia il modello di Adams aggiungendo le caratteristiche del contesto sociale, ossia:
- giustizia distributiva: la credenza che l'organizzazione distribuisca i benefici in modo equo e
corrispondente alle attese
- giustizia procedurale: la credenza che l'organizzazione utilizzi modi adeguati di allocare e distribuire le
risorse
Secondo questa teoria, la percezione di giustizia da un lato si basa sulla quantità di benefici ricevuti (in
assoluto e rispetto a quanto ottenuto da altri) e dall'altro dipende dalle modalità in base alle quali sono
distribuiti i benefici e le sanzioni: diventano fondamentali modalità di gestione organizzativa quali i sistem
di valutazione delle risorse umane, la trasparenza e la chiarezza delle regole, i modelli di comunicazione
interna, il rispetto di diritti e regole
Il lavoratore e i suoi compiti
Il termine prestazione viene utilizzato con due differenti significati:
1. Le attività e le azioni del lavoratore, ossia le condotte e i processi cognitivi e comportamentali finalizzat
agli scopi (cosa viene attivato, mentalmente processato e concretamente fatto dalla persona)
2. Gli esiti/risultati delle attività, ovvero le conseguenze quantitative e qualitative delle azioni svolte, che
hanno un effetto per l'organizzazione e per il lavoratore e che spesso vengono usati per descrivere,
misurare e valutare un'attività di lavoro.
I compiti lavorativi prescritti dall'organizzazione sono indicazioni formali che esprimono le richieste
lavorative a cui il lavoratore dovrebbe rispondere con la sua attività, e riguardano gli obiettivi da
raggiungere, i mezzi e le procedure da usare, la divisione dei compiti tra vari operatori, i tempi da
rispettare, gli esiti attesi e ricavi presumibili e le condizioni esterne entro cui operare. Spesso queste
indicazioni sono accompagnate da istruzioni e protocolli che formalizzano le attività da eseguire,
evidenziando la loro funzione sociale di mediazione tra il lavoratore e il suo oggetto di lavoro.
I compiti realmente svolti dal lavoratore fanno parte delle pratiche lavorative con cui la persona affronta e
risolve a modo suo i problemi concreti del lavoro quotidiano. Le pratiche lavorative nella maggioranza dei
casi si traducono in prestazioni adeguate sul piano qualitativo e quantitativo, ma si discostano dai compiti
assegnati a causa dell'alto tasso di variabilità delle situazioni di lavoro, come imprevisti, variazioni
quantitative e qualitative della produzione, tentativi di ovviare all'uso di mezzi ritenuti inadeguati o obsolet
con altri più adatti, creazione di alternative nelle procedure per semplificare il lavoro, variarlo e renderlo
meno faticoso o più soddisfacente, variazione dei ritmi di lavoro
L'attività lavorativa differisce dai compiti formalizzati anche perché una progettazione ingegneristica per
quanto accurata non risolve il problema dei continui adattamenti comportamentali stimolati dalla situazion
concreta di lavoro, soprattutto quando è sottoposta a rapidi cambiamenti. Infine vanno considerate le
differenze individuali tra lavoratori: abilità cognitive e sensoriali, capacità fisiche, caratteristiche
socioculturali e di personalità, locus of control, automonitoraggio e autoefficacia. Gli scostamenti tra
compiti prescritti e compiti reali sono dei compromessi operativi di adattamento delle condotte alle
situazioni concrete, e si traducono generalmente in modifiche relative a tempi, strumenti e mezzi di lavoro
e alle procedure lavorative.
Variazioni nella prestazione La prestazione lavorativa può subire variazioni nel corso del tempo a causa
delle difficoltà nel mantenere un equilibrio tra mantenimento dell'efficacia/efficienza lavorativa e un livello
accettabile di benessere personale (stanchezza, soddisfazione, stress...). Bisogna distinguere tra
variazioni a breve termine (dovute a imprevisti sul lavoro o a condizioni psicofisiche transitorie) e
variazioni progressive e a più lungo termine.
Possono esserci anche variazioni positive, dovute ai processi di apprendimento sul lavoro e all'efficacia
del processo di socializzazione lavorativa, con la conseguenza che:
- diminuisce la necessità di controllare le azioni e di verificare la conoscenza dichiarativa: le azioni
diventano più rapide e in parte automatiche
- diventa prioritaria la conoscenza procedurale e si esprimono nuove capacità (di pianificazione,
valutazione delle alternative, definizione delle priorità ecc) che riducono i tempi di realizzazione e le
inefficienze, e facilitano il miglioramento della prestazione
Analizzare il lavoro: approcci e strumenti Analisi del lavoro: processo di raccolta e valutazione delle
informazioni sulla natura del lavoro, sul modo di svolgerlo, sugli strumenti da usare, sulla maggiore o
minore complessità e difficoltà, sulla rilevanza e criticità del lavoro nell'insieme delle attività organizzative
(es. lavori pericolosi) e sui requisiti individuali necessari per svolgerlo.
L'analisi del lavoro fornisce informazioni fondamentali in molteplici settori:
- Politiche del personale (gestione delle risorse umane): la selezione del personale si basa su precise
descrizioni delle attività e delle esigenze lavorative proprie di una mansione, la valutazione delle
prestazioni considera se le prestazioni corrispondono alle richieste, una corretta pianificazione del
personale (reclutamento, tempi e metodi da usare) deriva direttamente dall'analisi del lavoro, un sistema
premiante equo si basa sulla valutazione delle prestazioni e sul differente valore delle attività lavorative
- Job design: i processi di correzione e progettazione del lavoro finalizzati a una gestione delle attività più
sicura e più soddisfacente si basano direttamente su una corretta e chiara analisi del lavoro (relazione tra
lavoratore e strumenti, condizioni di lavoro, conoscenze sui rapporti intra gruppo e inter gruppi)
- Sicurezza lavorativa: individuare le criticità del lavoro rispetto alla sicurezza e alla prevenzione dei risch
psicofisici e psicosociali da stress, collegabili con processi, mezzi e tempi di lavoro, e con l'ampiezza dello
sforzo fisico e mentale richiesto al lavoratore; ciò è possibile solo grazie ad un'analisi del lavoro precisa e
accurata
- Formazione: obiettivi, metodi e tempi del progetto formativo sono strettamente connessi con le esigenze
della prestazione, le risorse cognitive e affettive del lavoratore e le sue modalità di apprendimento
- Orientamento e counseling di carriera: l'analisi del lavoro evidenzia le caratteristiche del lavoro svolto,
fornendo informazioni attendibili in situazioni di mobilità occupazionale o di cambiamento lavorativo, e
sostegno ai processi decisionali e alla progettazione della carriera
- Classificazioni e profili professionali: l'analisi del lavoro permette di delineare gli insiemi di competenze
che caratterizzano un profilo professionale
L'analisi del lavoro identifica correttamente le responsabilità, i compiti, le attività reali e i requisiti necessa
per svolgere il lavoro. La tradizionale job-analysis, incentrata su un job circoscritto e stabile, non è più
sufficiente per rendere ragione della complessità del lavoro attuale: serve quindi una work analysis, che
permetta di cogliere da un lato la logica e i significati delle attività concrete realizzate in un dato contesto,
e dall'altro la variabilità e l'ampiezza delle responsabilità, dei compiti, delle qualità e delle competenze
individuali (Bartram, 2008).

Approcci all'analisi del lavoro


Work-oriented Worker-oriented
Questi approcci descrivono i compiti Individuano le attività e gli attributi cognitivi, emotivi
indipendentemente dal lavoratore. e comportamentali che servono al lavoratore per
Tendono a essere più oggettivi, servono svolgerle bene. Fortemente influenzati dal
a descrivere gli aspetti specifici del lavoro lavoratore e dalla sua esperienza,
e a progettarlo o correggerlo. sono preferibili nella valutazione e selezione del
personale. Inoltre sono più adatti alla variabilità dei
contesti lavorativi attuali, a far emergere le pratiche
lavorative reali e a inferire requisiti di conoscenze
e capacità necessari allo svolgimento del lavoro
Approccio sistemico all'analisi del lavoro (Leplat & Cuny, 1984) Dopo una fase preliminare di analisi dei
documenti e dei dati di archivio per comprendere le priorità, la struttura e il modo di lavorare dell'unità
organizzativa, è necessario individuare gli obiettivi del lavoro (tipi di richieste, procedure da seguire...), le
condizioni di esecuzione (tipo di strumenti, complessità degli stessi, rischi d'uso), i tempi lavorativi (turni,
orari, ritmi), l'organizzazione del lavoro (divisione dei compiti, gerarchia, controlli), l'ambiente fisico
(microclima, rumore...) e l'ambiente sociale (relazioni interpersonali, gruppi, leadership).
Questi fattori di contesto permettono di farsi un'idea della complessità del lavoro e delle esigenze
lavorative cognitive, emotive e comportamentali da adempiere utilizzando le proprie risorse personali: a
questo punto, con l'aiuto del lavoratore, possono essere descritte e analizzate le attività lavorative (intese
come insiemi di azioni e operazioni da eseguire per raggiungere gli obiettivi e come processi mentali
coinvolti nella prestazione) e gli esiti del lavoro, intesi sia come prestazione che come effetti sulla persona
L'analisi del lavoro può essere approfondita aumentando il grado di dettaglio attraverso la task analysis,
che si concentra sui compiti, sulla sequenza logica temporale delle azioni, sull'intensità dello sforzo
mentale e sulle modalità di gestione delle informazioni, soprattutto in contesti lavorativi ad alta tecnologia
e fortemente informatizzati. La task analysis permette di:
- Identificare i costi fisici e mentali dell'attività lavorativa in un dato contesto o durante una specifica fase
del lavoro
- Evidenziare le criticità dell'attività lavorativa
- Intervenire in fase di progettazione per automatizzare i processi o favorire la prestazione riducendo la
fatica e migliorando l'efficienza
- Definire le capacità e le competenze richieste al lavoratore
- Identificare i bisogni formativi e definire i percorsi più adatti rispetto ai modi con cui viene svolta la
prestazione
I risultati essenziali di un'analisi del lavoro, in diversi gradi di dettaglio, sono:
1. Descrizione del lavoro (job description): un report che riporta compiti, metodi di lavoro, procedure,
attrezzature utilizzate, collegamenti con altre posizioni, standard di prestazione e responsabilità della
posizione lavorativa analizzata, all'interno di una certa area di attività.
2. Specificazione del lavoro: un documento che sottolinea le caratteristiche ritenute più importanti perché
il lavoratore svolga in modo ottimale il compito e il proprio ruolo lavorativo
Esempio 1 [1/3] 1.
• - Settore: Engineering Azienda: Il nostro cliente è una storica realtà di piccole/medie
dimensioni, in continua crescita e leader di mercato anche a livello internazionale, nel suo settore d
riferimento.
• - Descrizione: RESPONSABILE ACQUISTI
La figura risponde alla proprietà e in accordo con le politiche e le procedure definite dalla direzione
generale, avrà l'obiettivo principale di gestire tutte le attività connesse agli acquisti diretti.
Nello specifico si occuperà di:
- scouting fornitori (ricerca sul mercato di nuovi fornitori, nuove soluzioni,ecc)
- negoziazione contratti fornitori di materiale (materia prima, packaging, materiale di consumo, conto terz
e lavoro, etc..)
- gestione solleciti, qualità fornitori (garantire lo stato di avanzamento dell'ordine, il rispetto dei tempi di
consegna da parte dei fornitori esterni e nei confronti dei clienti, massimizzare la resa dell'organizzazione
evitando i fermi produttivi, verificare i fornitori in conto lavoro)
- interfaccia con tutti gli enti aziendali coinvolti nei processi di acquisto.
Il candidato ideale ha cultura universitaria ad indirizzo tecnico o cultura equivalente, ha maturato
un'esperienza almeno quinquennale nell'ambito acquisti presso aziende manufatturiere e che operano co
logiche di Make to stock e make to order, è dotato di forte autonomia e concretezza operativa, possiede
ottime doti di mediazione e di negoziazione, è in grado di relazionarsi a vari livelli di interlocutore.
Completano il profilo una buona conoscenza della lingua inglese, dimestichezza nell'utilizzo di software
informatici per la gestione degli acquisti/magazzino/programmazione della produzione (ERP) conoscenza
del pacchetto Office.
Esempio 2 [1/4] 2.
Settore: Engineering Azienda: Il nostro Cliente, storica realtà operante nel settore alimentare, nell'ottica d
un potenziamento della propria struttura, ci ha incaricato di ricercare la figura di: Descrizione: SENIOR
BUYER - SETTORE ALIMENTARE
La risorsa, rispondendo alla Proprietà, si occuperà di:
- Gestire il ciclo di acquisto delle materie prime, per analizzarne e definirne i fabbisogni, per realizzare
previsioni in base alle quali redigere i contratti di fornitura con i diversi produttori
- Supervisionare l'intero ciclo di fornitura del prodotto: dalla definizione e invio dell'ordine alla consegna
della merce, e l'eventuale risoluzione di difformità
-Gestire e coordinare direttamente tutte le attività relative al reperimento di fonti di approvvigionamento,
definizione della catena di fornitura, negoziazione, stipula del contratto, invio ordine e gestione della
consegna
- Supportare e coordinarsi con i colleghi degli altri dipartimenti (e.g: Qualità, Produzione, Commerciale)
Una volta consolidato il ruolo sarà responsabile dell'area acquisti
Il candidato/a ideale è in possesso dei seguenti requisiti:
- Formazione Tecnica, preferibilmente Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, Agraria, Economia o
cultura equivalente
- Esperienza di almeno 3 - 5 anni nel ruolo, all interno di realtà operanti nel settore alimentare e con
esperienza nell'acquisto di materie prime
- Ottime capacità relazionali e negoziali, una spiccata attitudine alla comunicazione e all'ascolto
- Leadership e capacità di lavorare in team
- Disponibilità a trasferte in Italia/Estero
- Buona conoscenza della lingua inglese
Esempio 3 [1/4] 3.
Settore: Engineering Azienda: Per importante realtà operante nel settore di analisi chimiche specifiche,
stiamo selezionando il profilo di :
Descrizione: TECNICO SENIOR SPETTROMETRIA DI MASSA La risorsa, a riporto della direzione
generale, è inserita all'interno del laboratorio nel settore chimico-strumentale e avrà le seguenti
responsabilità:
• - utilizzo delle apparecchiature cromatografiche abbinate alla spettrometria di massa per
esecuzione di analisi e per attività di ricerca e sviluppo in team o in autonomia - elaborazione dei
dati analitici, taratura e manutenzione ordinaria delle apparecchiature utilizzate - organizzazione e
controllo delle attività finalizzate al mantenimento dell'accreditamento delle prove del settore in cui
opera, coordinamento e sviluppo delle attività di validazione metodi interni/verifica metodi normati
• - - redazione di documenti inerenti la qualità (procedure di prova per le prove di competenza,
istruzioni operative, taratura delle apparecchiature di competenza ecc.), - gestione della
documentazione tecnica legata all'accreditamento per le prove del proprio settore.
Il candidato ideale è in possesso dei seguenti requisiti:
-Laurea magistrale in Discipline scientifiche (Chimica, Chimica e tecnologie farmaceutiche, Tecnologie
alimentari, Biotecnologie o equipollenti)
- comprovata esperienza nell'utilizzo delle tecniche in spettrometria di massa (LC-MS e/o GC-MS) e di
software strumentali
- capacità nella gestione di campioni, nella pianificazione dei controlli analitici, nell'elaborazione statistica
dei dati
- conoscenza della norma UNI EN ISO/IEC 17025 e dei documenti prescrittivi emanati dall'ente di
accreditamento unico ACCREDIA.
Esempio 4 [1/2] 4.
Gruppo internazionale operante nel settore del Travel Retail ricerca per i propri punti vendita in Stazione
a Padova risorse da inserire nel ruolo di addetti alle vendite. Il ruolo prevede:
- Movimentazione e sistemazione della merce.
- Gestione delle attività connesse al buon funzionamento e all’organizzazione del punto vendita.
- Orientamento al cliente nel rispetto degli standard aziendali. Il candidato ideale possiede i seguenti
requisiti:
Precedente esperienza maturata nel settore retail come addetti/e vendite con utilizzo di cassa;
- Capacità di gestione del cliente;
- Buona conoscenza della lingua inglese ed eventualmente di una seconda lingua;
- Disponibilità e flessibilità d'orario. Richiesta disponibilità immediata al lavoro su turni e part-time.
Retribuzione in base al CCNL Turismo e Pubblici Esercizi con iniziale contratto a termine.
Sede di lavoro: Stazione di Padova La ricerca ha carattere di urgenza e prevede un inserimento
immediato
Esempio 5 [1/1] 5. Offresi possibilità di lavoro a figura professionale con esperienza-formazione
amministrativa Centro medico odontoiatrico in Padova, per implementazione organico, ricerca specifica
professionalità Il diploma di laurea sarà valutato come elemento di rilievo nel curriculum. Si richiede
flessibilità nell’orario di lavoro e disponibilità full time
Psicologia e sicurezza nei luoghi di lavoro
Vi è sicurezza sul lavoro in un'organizzazione quando c'è una bassa probabilità di minaccia (immediata o
differita) all'incolumità delle persone, delle proprietà e dell'ambiente durante lo svolgimento di un'attività
lavorativa. L'attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro richiede diverse competenze disciplinari: diritto,
ingegneria, ergonomia, psicologia, informatica, medicina e scienze dell'organizzazione.
La gestione della sicurezza è una combinazione complessa in cui interagiscono fattori strutturali
(adeguatezza delle infrastrutture), tecnologici (funzionalità degli strumenti di protezione), gestionali e
organizzativi (attenzione manageriale ai fattori di rischio, allocazione del personale, sistemi di
comunicazione) e individuali (comportamento dell'operatore, competenze e abilità, livello di fatica).
La psicologia del lavoro può occuparsi di sicurezza secondo diversi approcci:

L'analisi degli incidenti nei luoghi di lavoro evidenzia come qualche comportamento umano errato sia
sempre un anello della catena di avvenimenti che conducono all'evento catastrofico. Il modello di Reason
(1990) sulla tassonomia degli errori umani cerca di sistematizzare le categorie di errori umani che
possono portare a incidenti o catastrofi, con una prima distinzione tra:
a) Atti non intenzionali, cioè privi di pianificazione da parte degli individui
b) Atti intenzionali, cioè derivanti da una pianificazione da parte dell'individuo.
Gli atti non intenzionali, si dividono in:
1. Disattenzioni (slips): l'incidente o l'errore è provocato da azioni che deviano dal corso previsto senza
che l'individuo se ne renda immediatamente conto. L'intenzione è corretta, ma l'azione non è congruente
con l'intenzione.
2. Dimenticanze (lapses): errori di memorizzazione o di recupero dati dalla memoria durante l'esecuzione
di un compito. Questi errori sono attribuibili ad azioni mancate o ad omissioni (es. mail senza allegato).
I comportamenti pericolosi dovuti ad atti non intenzionali di solito dipendono da un malfunzionamento
cognitivo e costituiscono dei fallimenti di esecuzione di un compito che derivano da cadute di attenzione,
fallimento degli automatismi comportamentali e sovraccarichi di lavoro, che possono compromettere lo
svolgimento adeguato delle azioni pianificate. Queste fonti di errore sono presenti spesso in compiti
routinari e in processi cognitivi automatici, e sono particolarmente rischiosi perché imprevedibili e difficili
da individuare.
Gli atti intenzionali si dividono in:
1. 1. Sbagli (mistakes): l'incidente o l'errore è provocato da un'intenzione errata che genera
un'azione anch'essa sbagliata. Anche i mistakes derivano da un malfunzionamento cognitivo, ma
legato a processi di inferenza o di giudizio, e alla scelta di determinati corsi di azione: costituiscono
dei fallimenti di pianificazione che derivano da una errata interpretazione del problema o delle
soluzioni adottate per risolverlo.
Gli sbagli si dividono a loro volta in:
a. Sbagli rule-based: dovuti a un'applicazione di regole non adeguata, ad esempio regole generali
non applicabili alla situazione specifica. Le misure adottate e i comportamenti conseguenti l'errata
interpretazione possono aggravare ulteriormente la situazione.
b. Sbagli knowledge-based: dovuti a conoscenze e competenze insufficienti per affrontare la
situazione imprevista e non familiare. Avvengono quando l'analisi del problema non è adeguata, la
qualità delle soluzioni non è verificata o la fiducia nei propri mezzi è sopravvalutata. Questa
categoria di errori è tipica (ma non esclusiva) dei ruoli di alto profilo (manager, supervisori)
1. 2. Violazioni: l'incidente o l'errore è provocato da un comportamento non congruente a
istruzioni, norme e codici deliberatamente adottato. Sono azioni intenzionali, consapevoli e
finalizzate a un corso di azione non sicuro da parte dell'individuo, fortemente legate al contesto
sociale e organizzativo, e riguardano il mancato rispetto di codici e norme di sicurezza e l'adozione
di comportamenti non a norma. Le violazioni possono costituire una forma particolare di
comportamenti controproducenti, relativa alla sicurezza sul lavoro
Le violazioni si dividono a loro volta in:
a. Violazioni di routine: fanno parte di un repertorio comportamentale abituale della persona e si
ripetono regolarmente. Possono essere attuate per fronteggiare la pressione temporale, ottenere
una gratificazione psicologica dal lavoro o per la convinzione che seguendo le norme sia
impossibile eseguire il compito
b. Violazioni eccezionali: sono atti intenzionali che si manifestano in occasioni particolari a fronte d
circostanze specifiche
Reason individua tre limiti del funzionamento cognitivo che possono essere considerati come
precursori psicologici di slips, lapses e mistakes:
1. Razionalità limitata: le risorse cognitive sono limitate e spesso insufficienti a trattare in modo
razionale e consapevole la mole di informazioni necessaria a risolvere un problema
2. Razionalità imperfetta: l'utilizzo di euristiche ed errori strutturali nei processi di stima, giudizio,
scelta e decisione semplificano le operazioni mentali relative a compiti complessi, ma possono
offrire soluzioni inadeguate
1. 3. Razionalità riluttante: il tentativo di evitare la tensione cognitiva legata a un problema, la
difficoltà ad elaborare informazioni complesse e per lunghi periodi di tempo, la riluttanza
nell'applicazione del ragionamento analitico e la scarsità delle risorse attentive disponibili per la
risoluzione di problemi possono facilmente condurre ad errori
Per ridurre il potenziale impatto negativo degli incidenti e degli sbagli (intenzionali o meno) è
necessario attuare delle misure preventive: progettisti, ergonomi e tecnici devono tener conto dei
potenziali comportamenti inadeguati (anche non intenzionali) quando creano impianti e attrezzatur
di lavoro, mentre gli psicologi possono intervenire sulla prevenzione delle violazioni intenzionali
attraverso interventi di formazione sugli esiti negativi delle violazioni, sul cambiamento di
atteggiamenti, sulla consapevolezza circa la percezione distorta dei rischi.--> Tener conto dei
potenziali comportamenti inadeguati (anche non intenzionali)
Sicurezza come prodotto organizzativo
Nella genesi e nella dinamica degli incidenti impattano anche i fattori organizzativi: secondo Turner gli
incidenti sono generati dalla discrepanza tra le assunzioni culturali dell'organizzazione (come si pensa ch
vadano le cose) e la realtà (come funzionano effettivamente). Gli errori non si commettono
esclusivamente perché l'operatore è disattento, negligente o non sufficientemente formato: alcuni contest
organizzativi sono dei facilitatori di errori, ad esempio a causa di mancanza di comunicazione, scarsa
manutenzione o errori di progettazione.
Anche riguardo le violazioni, conformarsi alle norme di sicurezza o non farlo spesso deriva dalle norme
implicite del gruppo di riferimento e del contesto organizzativo, e può accadere che si creino dei processi
di “normalizzazione di comportamenti insicuri”, soprattutto a carico di lavoratori temporanei o con contratt
atipici.
Swiss Cheese Model (modello del formaggio svizzero) di Reason (1997, 2003) [1/5] Ogni incidente è
provocato dall'intreccio tra errori attivi (collegati alle prestazioni dei lavoratori, che spesso attivano
materialmente l'incidente, e i cui effetti sono immediatamente percepiti e facilmente individuabili) e
condizioni latenti (associate ad attività distanti dall'incidente sia nel tempo che nello spazio, come le
attività manageriali, normative e organizzative).
Un incidente organizzativo ha origine dalla concatenazione di svariati fattori che nascono da molti livelli
del sistema (istituzionale, organizzativo, professionale, tecnologico, individuale) in combinazione con un
fattore scatenante (un atto non sicuro, volontario o meno) che supera le difese costruite per premunirsi
contro gli incidenti. In altre parole, gli incidenti sono provocati da un insieme collegato di eventi e fattori
scatenanti (di natura umana, sociale, organizzativa e tecnologica), che singolarmente appaiono
insignificanti, ma entrando in relazione tra loro e in presenza di difese del sistema deboli, aumentano le
probabilità dell'accadimento disastroso

Le condizioni latenti sono presenti nel sistema prima che avvenga l'evento avverso, quindi possono
essere individuate e riparate prima che causino danni: pur essendo ineliminabili, si può intervenire
rendendole visibili per poterle correggere. Un near miss (quasi-incidente) è un evento che avrebbe potuto
avere conseguenze disastrose, ma che non si è concretizzato in un incidente, e può essere utile per vari
motivi:
a) se migliora le misure di prevenzione può funzionare come un “vaccino” per mobilitare le difese del
sistema contro eventi più seri in futuro
b) fornisce informazioni qualitative su come elementi apparentemente insignificanti possono creare
incidenti più grandi
c) essendo più frequente permette un'analisi quantitativa e qualitativa approfondita
d) ricorda i rischi che il sistema deve affrontare, riducendo i rischi di oblio organizzativo
Costi e ricavi del lavoro
Ogni esperienza lavorativa implica alcune caratteristiche desiderabili (es. la soddisfazione)
insieme ad elementi di difficoltà o esiti negativi del lavoro: nella quotidianità lavorativa questi
aspetti sono spesso intrecciati e si correlano. Soddisfazione lavorativa: atteggiamento (→
formato da una componente cognitiva, emotiva e comportamentale) favorevole verso il
lavoro, che da un punto di vista emotivo comporta un generale appagamento per il lavoro
svolto e da un punto di vista cognitivo esprime un giudizio in cui costi e ricavi dell'attività
svolta si bilanciano.
I modelli teorici della soddisfazione lavorativa si dividono in tre classi, a seconda dei
presupposti teorici:
- Modelli di discrepanza: la soddisfazione lavorativa deriva da un confronto tra ciò che il
lavoro offre realmente o ciò che le persone desiderano o ritengono giusto ottenere dal lavoro
(raggiungimento delle attese provocate da motivazioni intrinseche o estrinseche, oppure
equilibrio tra investimenti fatti e ricavi ottenuti)
- Modelli situazionali: la soddisfazione lavorativa deriva da una relazione positiva tra la
persona e le componenti del lavoro che ritiene rilevanti. Altri aspetti situazionali, come il
reddito, la sicurezza e stabilità del posto e la qualità delle condizioni fisico ambientali sono
considerati antecedenti della soddisfazione
- Modelli disposizionali e di personalità: a parità di condizioni lavorative, le differenze
dipenderebbero da caratteristiche individuali: autostima, autoefficacia, locus of control interno,
capacità di sopportare lo stress, atteggiamenti verso la vita e basso livello di nevroticismo;
l'affettività negativa come tratto personale stabile avrebbe un ruolo nella bassa soddisfazione
per la tendenza a sovrastimare gli elementi di minacciosità ambientale, a percepire
negativamente le richieste lavorative e a sperimentare spesso preoccupazione, ansia,
tensione e stress. Un'attenzione eccessiva agli aspetti di personalità rischia di sottovalutare le
interazioni persona-ambiente e le relazioni lavorative; inoltre questo approccio sembrerebbe
indicare che l'organizzazione non ha responsabilità sugli esiti del lavoro per i lavoratori.
Lavoro emotivo: sforzo psicologico che gli individui sostengono per corrispondere ad attese,
regole e prescrizioni emotive tipiche delle organizzazioni in cui lavorano (es. lavori educativi,
sociali, sanitari e di front office). Le principali strategie di gestione del lavoro emotivo sono:
1. Strategie superficiali: modifica intenzionale dell'espressione delle emozioni, senza
cercare di cambiare ciò che si prova realmente. Queste strategie provocano nei
lavoratori una condizione di dissonanza emotiva tra l'espressione pubblica di emozioni
simulate e quelle effettivamente sperimentate, con conseguente aumento di
insoddisfazione, disimpegno, esaurimento emotivo
2. 2. Strategie profonde: il ruolo ricoperto richiede che il lavoratore controlli e modifichi il
proprio stato emotivo per renderlo coerente con le attese, e poi lo esprima nella forma
desiderata dall'organizzazione. Queste strategie sembrano efficaci e alla lunga
promuovono una adeguata qualità della vita lavorativa

(Work) Engagement: questo costrutto indica un importante fattore positivo per l'esperienza
lavorativa, contiguo a quello di soddisfazione. La soddisfazione però ha un livello minore di
attivazione, riguarda l'appagamento di un interesse o di un bisogno ed è provocata da scopi
già ottenuti, mentre l'Engagement ha un livello di attivazione maggiore, comprende passione
ed entusiasmo ed è maggiormente orientato al futuro.
Vi sono diverse prospettive di studio, che considerano l'Engagement:
- Come uno stato psicologico durevole, strettamente connesso con emozioni positive: il
lavoratore sente un forte interesse per il suo ruolo lavorativo, agisce con impegno e
prestazioni superiori agli standard e prova un senso di forte coinvolgimento personale con
l'organizzazione, che lo fa sentire ispirato, realizzato ed emotivamente soddisfatto
- Come un positivo e appagante stato di benessere individuale che si esprime attraverso il
lavoro, che viene affrontato con energia, dedizione e pieno coinvolgimento personale
- Come polo positivo opposto rispetto al Burnout in un continuum che coinvolge le stesse
dimensioni
- Come espressione di sé sul lavoro sul piano fisico, mentale ed emozionale, una piena
presenza psicologica che si esprime nel sentirsi coinvolti, connessi e integrati con le attese
del ruolo lavorativo
In generale tutti gli approcci riconoscono nell'engagement due dimensioni: energia e
identificazione con il lavoro.
Macey e Schneider propongono di articolare
l'engagement secondo tre aspetti:
- Engagement di tratto, per riferirsi sostanzialmente alla personalità proattiva
- Engagement di stato per intendere il coinvolgimento lavorativo
- Engagement comportamentale per riferirsi ai comportamenti di cittadinanza organizzativa
(insieme di comportamenti altruistici non strettamente legati al ruolo lavorativo)
Il lavoratore engaged è energico, entusiasta del lavoro anche sul piano affettivo, percepisce il
proprio ruolo come impegnativo e sfidante ma non stressante, e spesso quando lavora perde
la cognizione del tempo. Inoltre egli non mette a rischio il proprio benessere e le proprie
relazioni per il lavoro e non subisce la spinta compulsiva a lavorare tipica del Workaholism.
Gli antecedenti dell'Engagement sono di due tipi:
1. Fattori di contesto: tutti gli aspetti fisici, tecnici, sociali e organizzativi che riducono il costo
psicologico delle richieste lavorative e stimolano la crescita personale e professionale del
lavoratore 2. Risorse personali: autoefficacia (percezione di poter riuscire nei compiti e di
controllare le difficoltà ambientali), resilienza (insieme di fattori protettivi che permettono di
affrontare attivamente e positivamente condizioni stressanti ed eventi avversi), stima di sé,
ottimismo (tendenza affettiva a vedere positivamente la realtà e ad aspettarsi risultati positivi
indipendentemente dalle condizioni esterne)
Fatica fisica, mentale ed emotiva
Fatica fisica: prevalentemente connessa con richieste lavorative di tipo psicomotorio, è
dovuta al consumo delle riserve di energia e all'accumulo di sostanze catabolitiche, con
necessità di reintegrazione attraverso il riposo; quando il sonno non è sufficiente al recupero
si parla di fatica cronica o patologica. Questo tipo di fatica riguarda lavori di concetto quando
richiedono frequenti viaggi aerei o di lavorare fino a tardi intaccando il ritmo sonno-veglia. La
fatica fisica non patologica risulta temporanea e reversibile cambiando il tipo di richieste
lavorative e gli stimoli ambientali, e usufruendo di adeguate pause, riposo e sonno.
Fatica mentale: processo che conduce al decremento delle capacità di lavoro e delle
prestazioni lavorative e a una modifica dello stato emotivo della persona, dovuta a un
duraturo periodo di sovraccarico lavorativo in risposta a richieste di natura cognitiva, emotiva
e relazionale.
Fatica emotiva: percezione di essere svuotati di energie dalle crescenti richieste emozionali
degli altri e sentimento di esaurimento dovuto al sovraccarico emozionale. La fatica emotiva è
particolarmente collegata al lavoro emozionale e alle situazioni che comportano un'intensa
attività di relazione con le persone (es. ambito educativo o sociosanitario) o di adattamento
psicosociale (cambiamenti organizzativi, conflitti, ristrutturazioni aziendali).
È importante sottolineare che il decremento delle prestazioni si determina solo se non esiste
la possibilità di compensare la carenza (ad esempio aumentando il livello di attivazione,
aumentando temporaneamente lo sforzo, usando caffè o farmaci) grazie a spinte
motivazionali che permettono il provvisorio mantenimento del livello di attività, ma possono
produrre effetti peggiorativi nel periodo successivo.
Noia: stato affettivo insoddisfacente (contiguo alla fatica mentale) di bassa attivazione
psicofisica, con tratti di tristezza, solitudine e distraibilità. Il lavoratore non trova interesse per
l'attività lavorativa e trova difficile concentrarsi sui compiti, percepiti come richiedenti sforzi
eccessivi e con scarsi ritorni di soddisfazione e benessere. La noia comporta un netto calo
delle prestazioni, soprattutto se si svolgono compiti che richiedono vigilanza e attenzione
sostenuta, con conseguente aumento della probabilità di incidenti e infortuni.
La noia, dovuta a compiti percepiti come troppo semplici, ripetitivi e poco stimolanti, è
correlata con l'insoddisfazione, l'aumento di manifestazioni ansioso-depressive e la riduzione
del benessere individuale, e spesso provoca condotte disfunzionali, controproducenti o di
ritirata per cercare di ristorarsi.
Saturazione lavorativa: perdita di valore e di attrattività del lavoro, provocata da mansioni
ripetitive, monotone e con scarse valenze affettive, che si esprime con vissuti emotivi di
apatia, irritabilità e avversione per i compiti
Lo stress lavorativo
Lo stress lavorativo risulta assai diffuso sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di
sviluppo; assume vaste proporzioni nei diversi settori lavorativi, coinvolge le più svariate
categorie professionali e supera i confini dei luoghi di lavoro influenzando la vita privata dei
lavoratori, la famiglia, le responsabilità personali e i differenti contesti di vita. Lo stress, in
quanto tale, non è uno stato negativo né una malattia: è una risposta (generale e aspecifica)
di adattamento dell'organismo a un cambiamento della sua omeostasi interna prodotto da
uno stressor (Selye, 1956).
Lo stress lavoro-correlato viene definito come una condizione fisica o psicologica che
insorge in una persona quando si trova ad affrontare situazioni lavorative percepite come
minacciose, che richiedono risorse interne o esterne superiori a quelle che ritiene di avere. La
valutazione di pericolosità innesca varie risposte di adattamento fisico, biologico, psicologico
e comportamentale che coinvolgono l'intera persona e i suoi vissuti esperienziali. Se queste
risposte di adattamento non ristabiliscono l'equilibrio o si rivelano disadattive rispetto
all'eccesso di richieste, possono provocare conseguenze negative a breve e a lungo termine,
anche gravi.

Gli approcci teorici di ricerca sullo stress cercano di comprendere le dinamiche


dell'interazione tra persona e ambiente, ossia il processo di interazione tra stimoli e risposte
che produce esiti rilevanti per le persone.
Modello domanda-controllo
(Job Demands-Control) (Karasek, 1979) ipotizza che la relazione tra job demands (carico
lavorativo, ritmi di lavoro, conflitti...) e possibilità di controllo (discrezionalità e possibilità
decisionale) possa innescare il processo di stress e conseguentemente lo strain lavorativo,
anche cronico. L'interazione tra queste dimensioni produce 4 tipi di esperienza psicosociale:
1. alte richieste e basso controllo: alto strain
2. basse richieste e alto controllo: basso strain
3. alte richieste e alto controllo: lavori attivi
4. basse richieste e basso controllo: lavori passivi
Il modello è stato successivamente implementato (Demand-Control-Support Model, Johnson
& Hall, 1988; Karasek & Theorell, 1990) introducendo una terza dimensione, il supporto
sociale, che svolge una funzione di moderazione dell'impatto negativo sulla persona delle
richieste lavorative attraverso il sostegno strumentale (aiuto in caso di difficoltà) e il sostegno
socio emotivo (condivisione dei vissuti emotivi).

Modello Effort/Reward Imbalance, ERI (Siegrist, 2001)


Ipotizza che lo strain derivi dalla percezione di squilibrio (svantaggioso per il lavoratore) tra
sforzi profusi nel lavoro e ricavi ricevuti (stipendio, stima, possibilità di controllo, status...). In
particolare, uno sforzo elevato associato a basse ricompense comporta un rischio per il
benessere soggettivo e una serie di conseguenze di strain fino al burnout.
Nel modello vengono ritenute importanti le motivazioni come moderatore della relazione tra
sforzo-ricompense ed esiti finali (livello di benessere), che possono portare le persone a
sottostimare i costi e sovrastimare i ricavi. Lo squilibrio può essere accettato
temporaneamente in attesa di raggiungere altri scopi considerati importanti, oppure dipendere
dal fatto che il lavoratore non ha alternative possibili.
Gli stressor lavorativi sono gli stimoli ambientali che innescano il processo di stress, sotto
forma di richieste e carico lavorativo per l'individuo, di minaccia per l'equilibrio dei suoi
rapporti con l'ambiente organizzativo o di eventi che mettono alla prova le capacità di
tolleranza individuale. Koslowsky (1998) classifica gli stressor, differenziandoli a seconda del
livello di analisi in:
1. stressor individuali
2. stressor di gruppo e organizzativi
3. stressor extraorganizzativi.
1. Gli stressor individuali comprendono tre tipi di fattori stressogeni:
- stressor soggettivamente percepiti, che riguardano:
a) la percezione di una situazione stressante sulla base di una valutazione soggettiva,
indipendentemente
dalla corrispondenza con attributi oggettivi;
b) la percezione di inadeguatezza
retributiva come elemento fondamentale dello scambio lavorativo;
c) la percezione di ostilità dell'ambiente (discriminazioni)
- stressor connessi a caratteristiche oggettive dell'occupazione: riguardano caratteristiche
riscontrabili o misurabili anche oggettivamente, tra cui
a) le modalità di impiego (in particolare part-time, impieghi a tempo determinato, effetti di
insicurezza dovuti a instabilità occupazionale e scarse opportunità di carriera),
b) il tipo di occupazione (medici, infermieri, poliziotti...),
c) il tempo impiegato per recarsi al lavoro (pendolarismo e percezione soggettiva di
disconfort),
d) i frequenti viaggi per ragioni di lavoro,
e) i possibili effetti negativi del cambiamento di lavoro o del pensionamento sull'identità̀
personale
- job stressor in senso stretto [1/2]:
a) richieste del compito lavorativo (sottocarico
o sovraccarico di lavoro, qualitativo o quantitativo);
b) pressioni di ruolo (ambiguità di ruolo: scarse informazioni per operare; conflitto di ruolo:
aspettative organizzative in contrasto con le attese individuali; insufficienza di ruolo:
incapacità organizzativa di utilizzare in modo soddisfacente le risorse del lavoratore);
c) responsabilità nei confronti di altre persone (costo potenziale rispetto alle decisioni da
prendere nei confronti dei subordinati)
d) relazioni con i superiori non eque, ingiuste o scorrette;
e) ritmi di lavoro sproporzionati rispetto ai tempi di esecuzione;
f) sovraccarico mentale (eccessivo numero di richieste concentrate in una certa unità di
tempo);
g) sottocarico mentale (richieste lavorative molto inferiori alle capacità della persona e
monotonia dovuta a situazioni ripetitive);
h) possibilità o meno di autonomia decisionale e controllo sul proprio lavoro e sulle modalità
di gestione degli imprevisti
2. stressor di gruppo e organizzativi L'organizzazione ha un'influenza indiretta sullo stress che
si aggiunge a quella diretta esercitata attraverso compiti e ruoli assegnati: sono stati
dimostrati ripetutamente effetti negativi (ansia, esaurimento emotivo, tensione e scarsa
soddisfazione) dovuti:
a) alla presenza di rapporti interpersonali scadenti e a scarso sostegno sociale,
b) ai cambiamenti tecnologici (se non progettati con cura)
c) alla possibile minaccia percepita dai lavoratori per la eventuale scarsa esperienza nel
gestire le tecnologie complesse (technostress: particolare processo di stress connesso a
fattori tecnologici, che provoca sovraccarico cognitivo dovuto all'utilizzo eccessivo e senza
pause ragionevoli dei dispositivi elettronici per la gestione delle informazioni)
d) all'instabilità lavorativa crescente (licenziamenti effettivi, minaccia di disoccupazione,
cambiamenti forzati di mansione) collegata a politiche di razionalizzazione attuate senza
alcun coinvolgimento dei lavoratori.
3. Stressor extraorganizzativi
Si tratta di tre categorie principali di fattori stressogeni non collegati direttamente all'attività
lavorativa, ma che interagendo con stressor individuali e organizzativi possono attivare un
processo di stress con esiti negativi anche gravi.
1. Valori e aspettative (sicurezza, successo sociale, equilibrio vita-lavoro...) possono
diventare fonte di stress se assumono un significato conflittuale per la persona o sono
impossibili da conseguire a causa di ostacoli nel normale ambiente di vita lavorativa ed extra
lavorativa
2. Ambiente fisico e sociale: sono stimoli misurabili oggettivamente che riguardano sia
l'ambiente fisico che quello sociale, come il rumore (danni uditivi, peggioramento dei processi
cognitivi, reazioni emotive e comportamentali negative), la densità sociale e l'esperienza
soggettiva di affollamento (interferenze sulle attività cognitiva e sulle relazioni interpersonali,
percezioni di irritazione che si accumulano nel corso del tempo), la temperatura
(affaticamento mentale e interferenza su funzioni cognitive basilari), agenti tossici o inquinanti
chimici, qualità dell'ambiente fisico e sociale (degrado urbano, livello di criminalità percepita)
3. Fattori legati alla vita quotidiana: eventi della vita di grande portata (lutti, separazioni,
malattie, disoccupazione improvvisa) o eventi sgradevoli di dimensioni limitate che si ripetono
troppo frequentemente. Il conflitto vita-lavoro può esprimersi in modi più o meno espliciti: il
tempo consumato in un ambito viene sottratto all'altro, le tensioni percepite in un ambito
possono riversarsi nell'altro (spill-over effect), stanchezza, contrarietà o conflitti nel corso del
tempo possono interferire nella qualità e quantità delle prestazioni in ciascuno dei due ambiti,
attivando percezioni di inadeguatezza, sovraccarico e disagio psicologico.
Fattori di moderazione tra stressor ed esiti
Numerosi moderatori intervengono nella relazione tra stressor ed esiti dello stress, e
spiegano sia le differenze individuali nella risposta alla stessa situazione, sia la differente
risposta della stessa persona al medesimo stressor in momenti differenti.
I fattori di moderazione dello stress vengono comunemente divisi in fattori individuali e fattori
lavorativi e organizzativi.
- Fattori individuali [1/2]
1. Caratteristiche personali: le risorse individuali possono modificare la percezione di
minaccia, la valutazione delle proprie capacità di controllo degli eventi e la percezione di
sostegno sociale
2. Locus of control: le persone con orientamento interno reggono meglio le situazioni incerte
3. Autoefficacia: la percezione di padronanza della situazione e di competenza
nell'influenzare l'ambiente esterno e nel perseguire i propri scopi permette di rispondere
meglio agli stressor
4. Ottimismo disposizionale: tendenza ad attendersi risultati positivi nel futuro, che svolge una
funzione di autoregolazione stimolando la scelta di strategie attive per fronteggiare le difficoltà
e migliorare il controllo della situazione
5.Personalità di tipo A (competitività estrema, aggressività repressa a fatica, fretta,
impazienza, attività incessante, ipervigilanza, tensione nel tono di voce e nella muscolatura,
sentimenti di urgenza temporale): questo tipo di persona, che generalmente mostra
performance elevate, sembra subire conseguenze dello stress più gravi, particolarmente a
livello di danni all'apparato cardiocircolatorio e gastrointestinale, ed è spesso fonte di strain
per i colleghi.
6. Tolleranza emozionale dell'incertezza: le persone che rispondono meglio all'incertezza e
assumono iniziative strategiche per ridurla e risolverla (anche attraverso il coinvolgimento e il
sostegno di persone significative) riescono a gestire meglio lo stress

- Fattori legati al lavoro e all'organizzazione


1. Fattori di vulnerabilità dei gruppi: fattori
socio demografici (età e grado di istruzione), di posizione sociale, di stile comportamentale, di
competenza e capacità, di salute fisica o legati a caratteristiche non lavorative.
2. Grado di controllo situazionale: la percezione di poter esercitare un buon livello di
discrezionalità nei modi e nei tempi di rispondere alle richieste attenua la condizione
stressogena e i suoi effetti .
3. Clima psicosociale e supporto sociale: un clima psicosociale non eccessivamente
competitivo e il sostegno di colleghi e
superiori, soprattutto di tipo pratico (es. dare informazioni corrette) e affettivo
(rinforzi e incoraggiamenti emozionali) attenua la pressione delle richieste lavorative e il
rischio di stress. Disporre di adeguati sostegni sociali influenza direttamente le cause di
stress (effetto preventivo), le misure di rimedio (effetto curativo) e modera l'azione del fattore
di stress (effetto tampone, buffering effect)
Conseguenze dello stress  stress outcomes
1. Esiti psicofisici: alterazioni del battito cardiaco, aumento della pressione sanguigna e del
colesterolo, variazioni delle catecolamine e altri ormoni. Malattie indicative di strain: malattie
cardiovascolari e bronchiali, disfunzioni gastrointestinali, diabete. Particolarmente rilevanti
sono le forme di stress acuto e le loro conseguenze, tra cui la sindrome o disturbo post-
traumatico da stress, connesso a eventi critici importanti quali traumi da incidenti sul lavoro,
catastrofi ecc.
2. Esiti psicologici e di disagio psichico: riduzione di attenzione e concentrazione, disturbi
nelle funzioni mnestiche, disturbi del sonno, ansia e disturbi dell'umore provocate dalla
situazione di minaccia percepita o dalla mancanza di progetti, dalla scarsità di stimoli,
dall'insoddisfazione e così via (sindrome da impotenza appresa).
3. Esiti comportamentali sul lavoro: disfunzioni delle condotte lavorative: rotture e interruzione
dei comportamenti di ruolo (es. errori nella sequenza delle azioni), aumento dei
comportamenti di ritirata (es. ritardi, assenteismo), sviluppo di comportamenti aggressivi
(verbali e fisici), rottura dell'equilibrio con la vita non lavorativa (es. conflitti in famiglia),
aumento di condotte autolesive (es. abuso di sostanze). Un elevato livello motivazionale fa
mantenere alto il livello di prestazione nonostante le condizioni stressanti, ma rimuovere la
percezione delle conseguenze patogene spesso ha ripercussioni anche a lungo termine.
4. Esiti per la vita personale: riduzione dei significati attribuiti al lavoro (abbassamento delle
aspettative, povertà di progetti significativi, incertezza verso il futuro), interferenza con la vita
familiare (incomunicabilità tra vita lavorativa e familiare, tensioni coniugali...), impoverimento
della vita sociale (diminuzione di interessi e desideri, apatia e isolamento sociale, riduzione
delle relazioni di sostegno...).
5. Esiti socio economici e organizzativi: la scadente qualità dell'esperienza lavorativa provoca
conseguenze che ricadono sull'organizzazione e su tutta la società: peggioramento del clima
organizzativo, delle relazioni intragruppo, diffusione di conflittualità latente, perdite di
efficienza, aumento dei comportamenti di ritirata, ridotta produttività, aumento del tasso di
incidenti/infortuni e delle spese sanitarie...
Il burnout è una grave forma di stress cronico, formato da tre componenti:
- Depersonalizzazione: atteggiamento negativo verso il proprio lavoro (cinismo) che si
esprime con l'aumento della distanza psicologica tra il lavoratore e l'utente/cliente che viene
percepito negativamente
- Esaurimento emotivo dovuto a un eccessivo coinvolgimento emozionale che inizialmente
drena energie, poi si raffredda e si inaridisce
- Senso di ridotta efficacia professionale: la sensazione di non riuscire più a utilizzare le
proprie capacità lavorative né a realizzare le
proprie aspettative
Job Demands-Resources model (Schaufeli & Salanova, 2007)
Questo approccio considera lo stress lavorativo come un continuum, in cui ad un estremo si
trova il burnout e all'altro il work engagement. Il modello assume che le attività lavorative
possano presentare job demands eccessive per il lavoratore, ma anche job resources
funzionali al raggiungimento degli obiettivi e allo sviluppo personale e professionale.
Le job demands sembrano stimolare un processo di indebolimento del benessere,
consumando le energie mentali, emotive e fisiche dei lavoratori e rappresentando i principali
antecedenti del burnout, mentre le job resources (stipendio, opportunità di carriera, relazioni
sociali, partecipazione alle decisioni...) sembrano stimolare il processo motivazionale,
assicurando aumento dell'impegno, basso cinismo, prestazioni eccellenti e una riduzione
dell'impatto delle richieste lavorative e sono correlate al work engagement.

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