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Lacan e la causalità psichica

Analisi del pensiero lacaniano a partire dal concetto di causalità

Biografia
Jacques Lacan nacque a Parigi il 13 aprile 1901. Studiò medicina, specializzandosi poi in psichiatria sotto la guida
di G. Clèrambault, celebre per aver condotto ricerche sull'automatismo mentale. Nel 1931 entrò come interno
all'ospedale di Sainte-Anne. Ancora indifferente alle teorie freudiane, si avvicinò progressivamente a una
nozione di follia, intesa come esperienza creatrice, attraverso la mediazione del surrealismo.
Si laureò nel 1932 con la tesi sulla psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità, dove già si accenna ad
una nozione psicoanalitica di follia. Dopo la laurea, Lacan frequentò ancora i surrealisti, interessati alla scrittura
automatica attraverso libere associazione e alle modalità creative del linguaggio onirico, ed entrò a far parte
della Société psychanalytique de Paris (SPP), dedicandosi al lavoro psichiatrico nell'istituzione ospedaliera. Dopo
essere stato direttore dell'Institut de psychanalyse, il 20 gennaio 1953 venne eletto presidente della SPP, ma
ritenuto responsabile di aver fomentato le dure critiche rivolte da un gruppo di "allievi" al tentativo di ridurre la
psicoanalisi "nell'ambito delle scienze mediche e della neurobiologia", nonché all'ordinamento rigidamente
gerarchico e alle modalità burocratiche dell'analisi didattica, fu costretto, il 16 giugno 1953, a dimettersi.
Si distaccò quindi dalla SPP fondando la Société française de psychanalyse (SFP), che rivendicava una profonda
diversità "di ordine morale ma non teorico" nei confronti della SPP e identificava il proprio obiettivo nella
costituzione di un Istituto e di una Società psicoanalitica basati sul rispetto e sulla collaborazione reciproca.
Successivamente L., nella relazione Fonction et champ de la parole et du langage en psychanalyse, approfondì la
polemica con gli analisti dell'Istituto di Parigi e, attribuendo il successo della psicoanalisi, in particolare negli
Stati Uniti, a una mistificazione e a un disconoscimento ideologico dell'opera di Freud - che portò a una sempre
maggiore sottolineatura dell'aspetto terapeutico della psicoanalisi e a un progressivo disinteresse per "le
funzioni della parola e del campo del linguaggio" - propose un "ritorno a Freud". Questo tipo di critiche e di
posizioni, sostenute da L. in modo sempre più esplicito, portarono a un irrigidimento delle posizioni
dell'Associazione psicanalitica internazionale che nel 1963 chiese, come condizione per il riconoscimento della
SFP, l'allontanamento di F. Dolto e di L., considerato "inaccettabile come didatta". L. fu così costretto, assieme a
S. Leclaire, F. Dolto e F. Perrie, a dimettersi dal direttivo della SFP, al cui interno si costituirono le condizioni per
una nuova scissione.
Le sue tesi, elaborate soprattutto nel corso dei seminari del mercoledì tenuti a partire del 1953 nell'ospedale di
Sainte Anne, sono raccolte negli "Scritti". Lacan volle ritornare all'insegnamento originario di Freud, che a suo
avviso è stato travisato negli sviluppi successivi della psicoanalisi. Il 5 gennaio 1980 propose lo scioglimento
dell'EFP e il 21 febbraio dello stesso anno fondò la nuova associazione La cause freudienne. Figura di primo
piano della cultura e del movimento psicoanalitico francese, sostenitore di un "ritorno a Freud" contro le
deviazioni di certe correnti della psicanalisi, anche ortodossa, e dei neofreudiani americani, identificò nel
sovvertimento della concezione tradizionale della soggettività, che fece risalire a Cartesio, la vera rivoluzione del
pensiero freudiano.
Da questo presupposto derivano tre tesi cardine: 1) l'inconscio, il centro della vita pulsionale condizionato dal
linguaggio, coincide realmente con il soggetto; 2) L'Io - che, a partire dal 1936, L. considerò fondamentalmente
all'interno della problematica del "farsi del soggetto", sottolineando in modo particolare la differenziazione tra
Je e Moi, tra soggetto e Io - svolge una funzione narcisistica e quindi difensiva, mentre il soggetto immaginario è
l'"assoggettato", è privo di una vera autonomia; 3) la cura non cerca la Guarigione ma la Verità.
Nella polemica contro la "prassificazione americana della psicoanalisi", L. collegò la teorizzazione
metapsicologica di Freud a uno studio delle dimensioni simboliche che costituì, per il pensatore francese, il
nucleo essenziale della scoperta freudiana. A partire dal 1953 e fino al 1980 tenne ogni mercoledì dei "seminari"
all'ospedale Sainte-Anne, seguiti dagli allievi e apprezzati da intellettuali come Merleau-Ponty, Bataille,
Hyppolite. Morì a Parigi il 9 settembre 1981.
Scritti – volume I
Gli Scritti sono stati per gli anni Sessanta e Settanta il testo che ha canonizzato il pensiero di Lacan e dunque un
anno di svolta: quello in cui Lacan diventò compiutamente Lacan. Per quanto la sua figura venga maggiormente
associata alla modalità dei Seminari, Giacomo Contri (il suo primo traduttore italiano), ricorda che nel 1983
scriveva che la pubblicazione degli Scritti divide idealmente la serie dei seminari in due: quelli precedenti, più
tecnici con uno stile più piano e accessibile e un’attenzione marcata verso la clinica; e quelli successivi, dove, più
consapevole dell’originalità del suo insegnamento, maturò lo stile più ostico con giochi di parole, omofonie e
neologismi che lo ha poi reso famoso.
Con le sue teorie l'autore intende tornare all'insegnamento originario di Freud (che a suo avviso è stato
travisato negli sviluppi successivi della psicoanalisi), grazie a un “grande ritorno a Freud", non tanto in termini
interdisciplinari, ma come ricostituzione del tessuto interno del discorso psicoanalitico. La rivoluzione è infatti
consistita nel detronizzare l'Io, riconoscendo nell' inconscio la vera voce dell'individuo. Come aveva mostrato
Freud, soprattutto nell' "Interpretazione dei sogni", l'inconscio è " strutturato come un linguaggio"e l'analisi
dell'inconscio è dunque fondamentalmente la decifrazione di tale linguaggio. È la scoperta del primato del
significante, che non coinvolge solo il significato, ma anche i fondamenti del soggetto, del senso e, in ultima
analisi, della realtà.
Tessuta tale giunzione tra psicoanalisi e linguistica, Lacan riporta la scienza al problema della verità, ridefinendo
il fondamento del soggetto e dell'accesso all’ordine simbolico (ovvero il linguaggio), ordine che si fonda sulla
rimozione dell'immaginario, ossia su una scissione fra psichismo inconscio e conscio. Con l'accesso all'ordine
simbolico si accede, al tempo stesso, alla società e alla cultura, necessarie al sorgere della soggettività. Il
simbolico è il luogo dell'inconscio impersonale, dove sono depositati i simboli linguistici e sociali, privi di
significazione, finché non s'incarnano in un individuo. Il soggetto conferisce significato a questi simboli,
accentrandosi intorno a un'unità immaginaria, l’Io.
L'analisi e la terapia psicoanalitica non devono mirare a potenziare l'Io, cioè la dimensione conscia, ma
consentire l'accesso alla verità dell'inconscio. La verità, infatti, risiedendo nell'inconscio, non è oggetto di un
sapere posseduto dall'Io; anzi, il sapere, in quanto dominio di un oggetto, si oppone, secondo Lacan, alla verità.
Solo la psicoanalisi, operando una riduzione dell'Io, può lasciare che la verità parli, anche se mai nella sua
interezza in quanto l’Io è il risultato di una costruzione.

Causalità psichica
In ambito psicologico la causalità è un concetto cardine sul quale si basano diverse teorie psicologiche e
psicoanalitiche. Il dizionario di psicoanalisi definisce il concetto generale di causalità come <<connessione che
stabilisce tra due entità un rapporto per cui la seconda è univocamente prevedibile a partire dalla prima, o
perché la prima contiene la ragione dell'accadere della seconda, o perché il rapporto di successione tra la prima
e la seconda è uniforme e costante.>> Sempre all'interno della definizione leggiamo che <<l'epistemologia
contemporanea, abbandonando il concetto secondo cui le leggi scientifiche sono traduzioni realistiche dei
fenomeni naturali […] ha sostituito il concetto di causalità con quello di “legge descrittiva” che non avanza più la
pretesa di “spiegare” i fenomeni, ma solo quella di “comprenderli” e di “descriverli” […]>>.

Freud stesso adotta il principio di causalità, costruendo una psicologia basata sul modello delle scienze naturali.
Come conseguenza di questo rigore causale, se la causalità non è affermata a livello conscio va ricercata e
individuata a livello inconscio.
La contestazione di questo principio è invece avvenuta ad opera di K. Jaspers, L. Binswanger e C. G. Jung, per i
quali la psiche porta con sé un'intenzionalità e un senso irriducibili alle leggi meccanicistiche di causa ed effetto
che valgono invece per i fenomeni naturali.
Jacques Lacan, d’altro canto, sostiene che sia necessario costruire una scienza della causa e designa come tale la
psicoanalisi, definendola la scienza della causalità psichica, il cui problema non può essere lasciato solo allo
studio delle scienze naturali.
Tramite la prima definizione di inconscio, ossia di inconscio strutturato come un imago, egli implica che
l'immagine stessa sia anzitutto causalità psichica, implica <<l'imago come oggetto dell'attività psichica>>1.

1
Lacan, J. (2007), Scritti (trad. It.). Milano: RCS Libri S.p.A. (ed. or.: Ecrits. Parigi: Editions du Seuil, 1966), p.
183.
Questa appare come una tesi forte, come affermato dallo stesso autore: <<sono chiamato a formulare una
posizione radicale del problema>>2. Egli sostiene inoltre che l'immagine implichi necessariamente assenza di
immaginazione: per spiegare ciò raffigura l'Immaginario come un "chiuso mondo a due", popolato solo dal
soggetto e dalla sua immagine riflessa. In questo riflesso il soggetto vede la sua illusoria interezza, che di fatto
non possiede. Si ha perciò da un lato un soggetto frammentato, non completo, che dall’altro lato vede
un’immagine riflessa di sé, un’immagine però piena, unitaria, un Io completo. Arrivando a interiorizzare come
propria tale immagine (che ricordiamo viene in primo luogo vista come esterna a sé), il soggetto non potrà che
interiorizzare allo stesso tempo l’illusione di essere completo come la propria immagine, di essere un Io. Lacan
riconosce dunque nell’Io la funzione di “armatura”, un costrutto che per questi motivi inevitabilmente aliena il
soggetto. Con ciò egli si distanzia dalla concezione di Io più comunemente adottata dalle correnti postfreudiane
dei suoi tempi (in particolare dalla “Psicologia dell’Io”): per esse, infatti, il soggetto coincide in toto con l’Io e
quest’ultimo viene considerato come la sintesi della personalità, libero da conflitti.
E’ a questo punto chiaro come tale posizione sia inconciliabile con quella di Lacan, che al contrario sostiene con
forza una disgiunzione tra un Io alienante e un soggetto che desidera un’identità non frammentata.

E’ nel solco di questa alienazione da parte dell’Io che è possibile affermare che l'immagine non è un prodotto
del soggetto (il soggetto dunque non crea l’immagine grazie alla sua immaginazione), ma al contrario è
l'immagine a produrre il soggetto. Si configura per questo un'”azione morfogena” da parte dell'imago: Lacan
stesso parla di "aspirazione", intesa in un duplice significato. Da una parte il soggetto, nella sua incompletezza,
aspira a raggiungere l'unità dell'immagine; dall'altra l'imago dà forma al soggetto aspirando via qualcosa da
esso. Per questo l'immagine è sempre un’immagine costituente, ma al contempo sottratta, che si dà cioè
solamente in una sottrazione.
Tali argomentazioni confluiscono nel concetto fondamentale di causalità psichica dell'immagine, la quale
consiste nell'influenza da parte dell'imago nella costituzione dell'essere del soggetto.

E' necessario a questo punto riprendere la conseguenza ultima dello stadio dello specchio: il bambino arriva a
capire che ciò che vede riflesso nello specchio è la sua stessa immagine.
E' da qui che il bambino inizia a identificare il proprio Io con l'interezza dell'immagine riflessa, quando in realtà
esso è un soggetto frammentato. In questo Lacan prende le distanze da Hegel negando una sintesi finale che
costituirebbe la completezza del soggetto.
Non arrivando a una effettiva sintesi, il soggetto è costretto in una dialettica incessante di identificazioni
narcisistiche con immagini esteriori. Usando le stesse parole di Lacan: << […] appare l'illusione fondamentale di
cui l'uomo è servo […] e cioè quella passione di essere un uomo che è la passione dell'anima per eccellenza, il
narcisismo, che impone la propria struttura a tutti i suoi desideri, anche ai più elevati>>3.
La prima di queste identificazioni avviene con la madre, tramite la quale raggiunge un'interezza, un’unità. Solo
nel momento in cui arriverà ad una graduale identificazione con il padre, il bambino prenderà consapevolezza
del proprio sé staccandosi dalla madre e superando il complesso edipico. Questa identificazione (inerente
ancora una volta al registro dell'Immaginario) con il padre avviene tramite l'assunzione della "metafora paterna"
fino al livello simbolico, cioè come Simbolo.
Perciò un corretto superamento del complesso di Edipo permette l'accesso al registro simbolico, del linguaggio;
da qui ci si ricollega alla seconda definizione dell'inconscio data da Lacan, cioè strutturato come linguaggio. A
conferma di ciò, egli stesso scrive: <<nel linguaggio si giustificano e si denunciano gli atteggiamenti
dell'essere>>4.
Qualora non avvenisse il superamento del complesso il soggetto è destinato alla deriva psicotica, narcisistica,
non riuscendo quindi a stabilire un rapporto solido con la realtà tramite il passaggio al registro simbolico:
rimanere nell'ordine materno equivale alla follia.

Lacan stesso afferma che <<il fenomeno della follia non è separabile dal problema della significazione per
l'essere in generale, cioè del linguaggio per l'uomo>>5 e continua poi con <<[…] e l'essere dell'uomo non solo
non può essere compreso senza la follia, ma non sarebbe l'essere dell'uomo se non portasse in sé la follia come

2
ivi, p. 145.
3
ivi, p. 181.
4
ivi, p. 161.
5
ivi, p.160.
limite della sua libertà>>6. Anzi, <<lungi dall'essere per la libertà un "insulto", ne è la più fedele compagna>> 7 ed
è per questo che Lacan <<[rigetta] la causalità della follia in quell'insondabile decisione dell'essere in cui questo
comprende o misconosce la propria liberazione, in quel tranello del destino che lo inganna su una libertà che
non ha affatto conquistato […]>>8.
In altre parole follia e libertà sono strettamente legate: la prima costituisce il limite della seconda e il folle è tale
perché misconosce la corretta via per il raggiungimento della sua libertà. Questo misconoscimento manifesta il
paradosso del folle: egli vuole imporre <<la legge del suo cuore>> a ciò che gli appare come il <<disordine del
mondo>> non sapendo che questo disordine del mondo è proprio la manifestazione del suo essere attuale
mentre invece la legge del suo cuore è l'immagine rovesciata e virtuale del suo stesso essere.
Dunque, il misconoscimento da parte del soggetto è doppio proprio perché sdoppia il proprio essere nella sua
attualità e virtualità. In particolare, per raggiungere la libertà, il soggetto può sfuggire dalla sua attualità solo
tramite questa virtualità, chiudendosi di fatto dentro un cerchio che tenta di rompere con violenza e
aggressività, andando però a creare un contraccolpo sociale ai danni di se stesso.

Questa formula della follia, che Lacan riprende da Hegel, è applicabile dialetticamente a tutte le forme di
identificazioni narcisistiche finalizzate al raggiungimento (inattuabile) di una identità completa.
Ciò significa che anche per il folle (che non viene perciò disumanizzato considerandolo “altro” o “diverso”
dall’uomo), la vita psichica ruota anzitutto attorno al percorso narcisistico-identificatorio di ricerca
(interminabile) di un’identità completa.
Il folle, in particolare, si vede però precluso l’accesso al registro del Simbolo, del linguaggio. Ma essendo
quest’ultimo l’unico strumento per rapportarsi al Reale, per interpretarlo e viverlo correttamente, al folle è di
fatto precluso un rapporto sano con la realtà ed è costretto a interpretarla con l’unico registro che gli
appartiene, quello dell’Immaginario.
Esso, risulterà ora comprensibile, è strutturalmente inadatto al compito per cui il folle lo utilizza e nel soggetto
non tardano a generarsi aggressività e violenza non appena egli si rende conto di non riuscire a raggiungere
l’ideale che si è prefissato

Alla fine di questo (seppur breve e limitato), ragionamento possiamo affermare e comprendere che la
psicoanalisi, nella concezione propria di Lacan, si configura come la clinica delle forme possibili che
l'assorbimento alienante del soggetto può assumere nell'immagine. La psicoanalisi come clinica
dell'Immaginario.

Riferimenti bibliografici
Il paragrafo inerente alla causalità psichica contiene citazioni e/o riferimenti relativi ai seguenti testi:
-Lacan, J. (2007), Scritti (trad. It.). Milano: RCS Libri S.p.A. (ed. or.: Ecrits. Parigi: Editions du Seuil, 1966).
-Recalcati, M. (2008). L’immaginario, il simbolico e il reale?. In Cappa, F. (a cura di). Tracce di Immaginario.
Milano-Udine: Mimesis Edizioni, pp. 15-19.
-Rycroft, C. (1981), Dizionario critico di psicoanalisi (trad. it.). Roma: Astrolabio (ed. or.: A critical dictionary of
psychoanalysis. New York: Basic Books, 1968).

Su una nota a parte, il saggio di Recalcati non è stato citato durante la trattazione perché ciò non è stato
ritenuto utile ai fini del lavoro richiesto, ma è comunque stato utilizzato come “guida” per addentrarsi nel
pensiero e nelle parole di Lacan. Per questo figura nei riferimenti bibliografici.

Un lavoro di:
Matteo Ciccarelli 278122
Rebecca Costantini 277959
Michela Francia 27
Alice Gori 278779
Giorgia Paoletti 278118

6
ivi, p.170.
7
ibid.
8
ivi, p. 171.

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