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ELEMENTI DELLA PROPOSIZIONE.

La proposizione è l’unità elementare del discorso, che può corrispondere a una sola parola, purchè abbia senso compiuto, che esprime in
modo adeguato i sentimenti o le intenzioni del parlante ed è perfettamente conclusa in sé stessa.
è il caso delle interiezioni (malum, «diamine!»);
è il caso delle esclamazioni (o tempora, o mores!);
è il caso dei titoli.
Elementi essenziali della proposizione: soggetto e predicato. Esistono però dei casi particolari di proposizioni in presenza di:
1) verbi impersonali che denotano i fenomeni atmosferici («tuona» tonat, «nevica» ningit etc.)
2) frasi nominali (gnomiche), realizzate senza predicato («quante teste, tanti pareri»).
3) esistono poi casi in cui la proposizione non può non considerarsi ellittica, cioè incompleta, quand’è
priva del soggetto, del predicato o di entrambi questi elementi; perché si abbia senso compiuto,
occorre sottintendere gli elementi mancanti, desumendoli dal contesto (sum è spesso sottinteso).

Il predicato è l’evento o lo stato che si enuncia. Si distingue in:


1) predicato verbale: è costituisto da un verbo;
2) predicato nominale: è costituito da un sostantivo, un aggettivo o un avverbio, uniti a una voce del
verbo sum, che prende il nome di copula.

Fortes fortuna adi vat. La fortuna aiuta i coraggiosi.


Iustitia est domina et regina virtutem. La giustizia è signora e regina delle virtù.
* Il nome del predicato concorda con il soggetto nei modi seguenti:
- in genere, numero e caso se è un aggettivo. / Pater est bonus «il padre è buono».
- in caso se è un sostantivo. /Divitiae sunt causa malorum «la ricchezza è causa di mali».

Il soggetto è il nome o l’espressione nominale a cui si riferice il predicato. Può costituire il soggetto di una proposizione:
1) una parola indeclinabile;
2) un insieme di parole congiunte tra loro;
3) un’intera proposizione (prop. sostantiva).

Il pronome si accorda col sostantivo al quale si riferisce in genere e numero; il caso è determinato dalla funzione che il pronome compie
nella proposizione in cui si rova.

L’attributo è un aggettivo che qualifica o determina un sostantivo, indipendentemente dal predicato, che concorda in genere, numero e
caso con il sostantivo a cui si riferisce. Se l’attributo è riferito a due o più sostantivi, l’accordo si attua con uno dei sostantivi, in
genere col più vicino.

L’apposizione è un sostantivo che specifica un altro sostantivo indipendentemente dal predicato, e può a sua volta essere accompagnata
da un attributo. Si trova generalmente dopo il nome proprio di persona e concorsa con il nome a cui si riferisce in caso, genere
e numero (se si tratta di un nome mobile, cioè con forme diverse per il genere e per il numero).
Gallos ab Aequitantis Garumna flumen div dit. Il giume Garonna divide i Galli dagli Aquitani.
M. Marcellus Syracusas, urbem ornantissimam, cepit. Marco Marcello si impadronì di Siracusa, città
ricchissima di opere d’arte.
Si distingue in:
1) apposizione epesegetica (o dichiarativa): è l’apposizione che specifica un sostantivo generico.
Duae res, quae languorem aff runt ceteris, Due core, che infiacchiscono gli altri,
illum acuebant, otium et solitudo. in lui acuivano l’ingegno, riposo e solitudine.
2) apposizione epitetica: è l’apposizione determinata da un aggettivo o da un genitivo, normalmente è posposta:
Apud Herod tum, patrem historiae, sunt In Erodoto, padre della storia
innumerabiles fabulae. ci sono innumerevoli leggende.

Il complemento predicativo è un sostantivo, aggettivo e participio che determina insieme il predicato verbale e il soggetto (predicativo
del soggetto) oppure il predicato verbale e il complemento oggetto (predicativo dell’oggetto). Prendiamo in esame queste due
proposizioni: «il valoroso generale morì in battaglia» e «il generale morì da valoroso in battaglia». Nel primo caso «valoroso» è
l’attributo, in quanto esprime una qualità permanente del sostantivo, che prescinde dall’azione espressa dal verbo; nel secondo
caso l’attributo esprime una qualità del sostantivo che vale soltanto per il momento dell’azione espressa dal verbo e in quanto
tale costituisce il predicativo.
Si magnus vir cec dit, magnus iacuit. Se un grande uomo cadde, giacque grande.
Defendi rem publicam aduscens, non deseram senex. Difesi lo stato da giovane, non lo abbandonerò da vecchio.
* La funzione del complemento predicativo può essere simile a quella dell’avverbio. Infatti, in italiano spesso il predicativo ha valore
avverbiale. / Fugaces labuntur omni «gli anni scorrono velocemente» (che equivale a dire «gli anni scorrono veloci»).
* In italiano il predicativo può essere preceduto da particelle («da», «per», «come») che mancano in latino.
Il latino usa ut quando:
a) esprime un paragone, soprattutto ipotetico. / Deum maxime Mercurium «adorano come Dio soprattutto Mercurio».
b) esprime una causa. / Possum falli, ut homo «posso ingannarmi, come uomo» (poichè sono uomo);
c) esprime una limitazione. / Quos tum, ut pueri, refutare solebamus «in quel tempo solevamo confutarli, da fanciulli (come
potevamo a quell’età).








SINTASSI DEI CASI.

IL NOMINATIVO

Il nominativo è il caso del soggetto e del complemento predicativo del soggetto (e dei loro eventuali attributi e apposizioni).
* La funzione primaria del nominativo è nominare. Perciò, il nominativo si utilizza nelle frasi nominali, nelle enumerazioni e nelle
esclamazioni.
* Il nominativus pedens o «principio di proposizione» è un nominativo asintattivo, più frequente nella lingua d’uso.
Tu si te di ament, agere tuam rem occasio est. Tu, col favore degli dei, è il momento buono di fare i tuoi affari.
1. IL DOPPIO NOMINATIVO.
La costruzione del doppio nominativo si verifica quando a un medesimo predicato si legano due termini in nominativo (di solito
soggetto e nome del predicato oppure soggetto e complemento predicativo del soggetto). Il costrutto ha luogo con i verbi copulativi,
così chiamati perché adoperano una funzione analoga a quella della copula. Il verbo sum e i verbi copulativi mantengono il costrutto
del doppio nominativo, anche se si trovano all’infinito, preceduti da un servile (un verbo che, unito a un infinito, serve a conferirgli
una determinazione non accessoria: possum, debeo, volo, nolo, malo, soleo, incipio, desino etc.) Oltre a sum, sono copulativi:
a) alcuni verbi intransitivi (attivi o deponenti) che indicano un cambiamento di stato o un modo di essere, come:
appareo «appaio»1 nascor «nasco»
existo, evado «riesco» videor «sembro»
fio «divengo» vivo «vivo»
maneo «rimango»2 discedo «me ne vado»

b) Alcuni verbi transitivi (passivi):


I. appellativi:
appellor, vocor, dicor, nominor «sono chiamato»;
inscribor «sono intitolato»;
II. elettivi:
fio, creor, legor, eligor, designor «sono eletto, sono nominato, sono scelto»;
III. estimativi:
putor, exsistimor, iudicor, habeor, ducor, numeror «sono reputato, considerato, ritenuto»;
cognoscor «sono conosciuto»;
invenior, reperior «sono trovato»

2. NOMINATIVO + INFINITO (verbi costruiti personalmente).


1. videor. Se l’italiano predilige la costruzione impersonale, del tipo «mi sembra che tu sia buono», in cui il verbo «sembrare»
rimane fisso alla terza persona singolare, il latino predilige una costruzione personale, del tipo «a me sembri buono», in cui il
verbo «sembrare» ha un soggetto proprio. Se nella costruzione personale la persona che sembra (soggetto di videor) e la persona
a cui sembra coincidono, si può omettere il dativo del pronome personale.
lat. illi videor errare: it. gli sembra che io sbagli (impersonale)
a lui sembro sbagliare (personale)
Può accadere che il latino adoperi la costruzione “impersonale” di videor, in questo caso seguito da accusativo + infinito: ma è
impersonale solo in apparenza, perché regge la completiva all’infinito, che funge da soggetto al verbo videor.
Tale costruzione ricorre quando videor:
a) assume il senso deliberativo di «sembrare bene, sembrare opportuno»; questo accade nelle formule ellittiche si videtur,
videbitur etc. / Visum est mihi de senectute aliquid ad te conscribere «Mi sembra opportuno [quindi: ho deciso di] comporre
per te qualcosa sulla vecchiaia».
b) assume il senso opinativo nei seguenti casi: 1) è accompagnato da un aggettivo neutro come turpe, utile, idoneum etc.:
Turpe mihi videbatur in urbem reverti «mi sembrava sconveniente ritornare in città»; 2) ha come completiva oggettiva una
proposizione costruita con l’infinito di uno dei verbi impersonali piget, pudet, taedet, miseret, paenitet o con la perifrasi
fore ut + congiuntivo (che serve a tradurre l’infinito futuro dei verbi privi di supino): Mihi videtur te paenitere «mi sembra
che tu ti penta».
2. passivo dei verba dicendi: verbi che indicano “narrare”: dicor «si dice che io», feror, trador «si tramanda che io».
Brutum et Cassium laudavisse dicor. Si dice che io abbia elogiato Bruto e Cassio.
3. passivo dei verba iudicandi: verbi che indicano “giudicare”: putor, credor «si crede che io», existimor «si stima che io»,
perhibeor «si tramanda che io», invenio «si trova che io».
4. passivo dei verba iubendi e impediendi: verbi che indicano “comandare” e “impedire”: iubeor «mi è comandato di», vetor e
prohibeor «mi è vietato di», sinor «mi è permesso di». Questi verbi hanno come soggetto la cosa o la persona a cui si riferisce il
comando o il divieto:
lat. milites iubentur movere castra. it. ai soldati si comanda di levare il campo (impersonale)
i soldati sono comandti di levare il campo (personale)

1 Appareo significa classicamente «apparire, comparire, mostrarsi» e non è un sinonimo di videor.


2 Maneo e i suoi composti indicano la continuazione di uno stato preesistente;







L’ACCUSATIVO.

L’accusativo è il caso del complemento oggetto. Esso indica anche altre funzioni:
a) Accusativo semplice;
b) Doppio accusativo;
c) Accusativo di estensione nello spazio;
d) Accusativo di esclamazione.
1. L’ACCUSATIVO SEMPLICE (accusativo dell’oggetto). La gran parte dei verbi transitivi latini corrisponde ad altrettanti transitivi
latini, ma ci sono verbi che in latino sono transitivi (cioè reggono il complemento oggetto) ma in italiano intransitivi:
iuvo, adi vo «giovo a» Imbres arva iuvantes. Le piogge che sono utili ai campi.
iuvat «piace a»
fugio, effugio «sfuggo a» Multa effugisti, te nondum. Sei sfuggito a molti mali, ma non ancora a te.
refugio «rifuggo da»
deficio «vengo meno a» Hostes res frumentaria deficere coepit. Ai nemici cominciarono a venir meno
le vettovaglie.
ulciscor «mi vendico di»; assume pure il senso di «punisco»: «saranno i suoi costumi a punirlo».
sequor, subesquor «tengo dietro a» Aestatem autumnus sequitur. All’estate tien dietro l’autunno.
abdico «abdico a, rinuncio a».
spero «spero in qualcosa», despero «dispero di qualcosa»;

doleo «mi dolgo di» e tutti i verbi che esprimono sentimenti:


maereo «mi affliggo di»
queror, conqueror «mi lamento di»
fastidio «provo fastidio di»
gratulor «mi congratulo di»

oleo, redoleo «mando odore di» e tutti i verbi che esprimono sensazioni fisiche:
sapio, resipio «ho sapore di»

* MISERET, PAENITET, PIGET, PUDET, TAEDET essendo impersonali, si impiegano solo alla terza persona singolare,
per questo motivo la persona che prova il sentimento si pone in accusativo. La cosa che determina il sentimento è espressa con:
- Il genitivo se è un sostantivo;
- Il nominativo se è un pronome neutro;
- Infinito semplice
- Infinito + accusativo se è una frase.
- Dichiarativa con quod + indicativo o congiuntivo
Id me pudet. Mi vergogno di ciò
Pudet me sic tecum loqui. Mi vergogno di parlarti così

* DECET, FALLIT, FUFIT, LATET, PRAETERIT, DEDECET, IUVAT sono semimpersonali, nel senso che hanno tutte le persone
ma presentano la seguente costruzione:
- la persona che subisce l’azione (a cui si inganna, conviene, sfugge etc.) va in accusativo;
- la cosa si esprime con: nominativo, infinito semplice, infinito + accusativo, oppure interrogativa indiretta.
Haec [vestis] me decet. Quest’[abito] mi sta bene.
Oratorem irasci minime decet, simulare non dedecet. All’oratore non si addice affatto l’adirarsi, mentre non
sconviene il fingerlo.

2. ACCUSATIVO DI ESTENSIONE NELLO SPAZIO. È molto usato nella terminologia militare, serve in latino per indicare:
1. Le dimensioni di una cosa (quanto lunga, quanto larga, quanto alta, quanto profonda, quanto grossa);
2. Lo spazio percorso.
3. La distanza, spesso in unione ai verbi absum e disto.

Hi novissimos adorti et multa Milia passum prosecuti… Questi, avendo assalito i soldati della retroguardia e avendoli
incalzati per molte miglia….

Teanum abest ab Larino milia passuum. Teano dista da Larino diciotto miglia.

3. ACCUSATIVO ESCLAMATIVO. Nelle esclamazioni spesso l’accusativo è da solo o accompagnato da particelle.


Nugas! Sciocchezze!

4. DOPPIO ACCUSATIVO.
1. DELL’OGGETTO E DEL LUOGO (verbi composti con CIRCUM E TRANS). I verbi che indicano il moto, composti con
circum e trans (traduco, traicio, circumduco, transmitto, transporto) sono determinati da due accusativi, uno del complemento
oggetto (retto dal verbo) e l’altro di luogo (retto dalla preposizione).
Quos Pompeius omnia sua praesidia circumduxit. Pompeo li condusse a visitare (li condusse intorno a)
tutti i suoi trinceramenti.


















2. DELL’OGGETTO E DEL COMPLEMENTO PREDICATIVO DELL’OGGETTO. Hanno questa costruzione:


a) Verbi elettivi, appellativi ed estimativi, che nella forma passiva si costruiscono con il doppio nominativo.
Plauto escam malorum appellat voluptatem. Platone chiama il piacere incentivo al male.
b) L’espressione certiorem facere aliquem de aliqua re «fare consapevole qualcuno di qualche cosa», cioè «informare».
Caesar de Crassi adventu certior est factus. Cesare fu informato dell’arrivo di Crasso.
3. DELLA PERSONA E DELLA COSA. Si trova con i verbi doceo «insegno», edoceo «insegno bene», celo «nascondo», i verba
rogandi che indicano «chiedere, pregare, interrogare (posco, reposco, flagito, oro, rogo, interrogo, peto etc).
accusativo della persona a cui insegno
I) doceo, edoceo +
accusativo della cosa insegnata
Catilina iuventutem mala facinora edocebat. Catilina insegnava ai giovani imprese malvagie.
*doceo nel significato di «informo» si costruisce con de + ablativo della cosa.
Adherbal Romam legatos miserat, Aderbale aveva mandato a Roma ambasciatori,
qui senatum docerent de caede fratris affinchè informassero il senato dell’uccisione del fratello.
* Se ciò che si insegna è rappresentato da un verbo, questo va all’infinito.
* Se ciò che si insegna è una proposizione, si rende con accusativo + infinito oppure con una interrogativa indiretta.
Socratem fidibus [canere] docuit nobilissimus fidicem. A Socrate un notissimo musicista insegnò a suonare
la cetra.

accusativo della persona che si tiene all’oscuro


II) celo +
accusativo della cosa che si nasconde
Non te celavi sermonem Ampi. Non ti ho tenuto nascosto il discorso di Ampio.
* Molto frequente è la costruzione celo aliquem de aliqua re.
* Al passivo il soggetto è sempre rappresentato dalla persona; la cosa si indica con de + ablativo o con l’accusativo di un
pronome neutro. / Non est de illo veneno celata mater. « La madre non fu tenuta all’oscuro di quel veleno».

posco «chiedo», accusativo della cosa


III) reposco «chiedo indietro, reclamo» +
flagito «chiedo insistentemente» accusativo della persona
Claves portarum cum magistratus propocisset. Avendo chiesto ai governanti le chiavi delle porte.

oro «prego» a) un solo accusativo della persona o della cosa;


IV) rogo «chiedo con preghiera» + b) doppio accusativo se la cosa è data da un pronome neutro (accusativo di relazione)
interrogo «interrogo». o nel caso contrario ut / ne + congiuntivo;
c) con rogo e interrogo la cosa è espressa con de + ablativo.













IL GENITIVO.

1. GENITIVO POSSESSIVO. Indica il possesso, l’appartenenza in senso proprio o figurato di una determinata cosa.
Domus locupletissima Cn. Pompei. La ricchissima casa di Gneo Pompeo.
2. GENITIVO DICHIARATIVO (EPESEGETICO). Determina un nome generico indicandone l’appartenenza a una specie.
Arbor palmae. L’albero della palma (arbor esprime il concetto generico di albero, albae determina di quale specie si tratta).
3. GENITIVO DI CONVENIENZA. Indica la persona o la cosa a cui conviene, spetta o si addice un’azione o funzione
Est adulescentis maiores natu vereri. È proprio dell’adolescente rispettare quelli più vecchi.
4. GENITIVO DI QUALITA’. Indica le doti, le proprietà caratteristiche, appartenenti a una persona o a una cosa.
- genitivo per le qualità morali permanenti.
Facilitatis nimiae fuisse princeps dicitur. Si dice che l’imperatore fosse di eccessiva disponibilità.

- ablativo per le qualità fisiche e quelle morali transitorie.


Agesilau et statura fuit humili et corpore exiguo. Agesilao fu di bassa statura e di corpo piccolo.
5. GENITIVO PARTITIVO. Indica il tutto di cui il sostantivo reggente evidenza una parte. Si trova in dipendenza da:
a) sostantivi che indicano numero e quantità (pars, multitudo «una grande quantità», turba «una folla» etc).
Militum pars incolumis in castra pervenit. Una parte di soldati giunse sana e salva nell’accampamento.
b) comparativi o superlativi come maior, prior «il maggiore, il primo fra i due»;
c) indefiniti e numerali come nemo, nullus, aliquis, quis etc.
d) pronome neutri come nihil, aliquis, quid, hoc, quod;
e) aggettivi sostantivati come multum, plus, minus, tantum;
f) avverbi di luogo come ubi, eo;
g) avverbi di quantità come satis, parum, nimis.
6. GENITIVO DI STIMA. Indica quanto si stima qualcuno sul piano morale in presenza di verbi che indicano la stima morale come
aestimo, duco, facio, puto, habeo etc.
Sextilius magni aestimabat pecuniam. Sestilio stimava molto il denaro.
7. GENITIVO DI PREZZO. Indica a quanto qualche cosa può essere venduta o acquistata in presenza di verbi che indicano il prezzo
o la stima commerciale come aestimo, sum «valgo», emo «acquisto», vendo, veneo, conduco etc.
Dic quanti cupias cenare. Dì a quanto vuoi cenare.
8. GENITIVO DI COLPA. Indica il reato o la colpa di cui qualcuno è accusato o per cui è condannato in presenza di verbi giudiziari
come accuso, insimulo, arguo «accuso, incolpo», postulo, arcesso, damno, condemno, absolvo etcc. Può essere preceduto dagli
ablativi crimine o scelere.
9. GENITIVO DI PENA. Indica la pena o il castigo che viene inflitto a una persona riconosciuta colpevole; si distingue dal genitivo di
colpa perché dipende da verbi che esprimono la condanna come damno, condemno, libero, absolvo. La pena è espressa in ablativo,
ad eccezione della pena indeterminata che va al genitivo (tanti, quanti, dupli, tripli etc.).
Aristides exilio decem annorum multatus est. Aristide fu condannato a dieci anni di esilio (= a un esilio di dieci anni).
10. GENITIVO CON INTEREST E REFERT. Tali verbi, usati nel significato di «importa, interessa, sta a cuore», sono impersonali e
si costruiscono in un modo particolare:
- al genitivo se è un sostantivo
I) la persona a cui una cosa importa si esprime: - con mea, tua, nostra, vestra «a me, a te, anoi, a voi importa» se è un
pronome personale di prima o seconda persona
- con eius, eorum, earum «a lui, a loro importa» se è un pronome
personale di terza persona; sua è usato solo nelle infinitive riferito al
soggetto della reggente.
II) la cosa che importa è espressa: - con un pronome neutro in nominativo come hoc, illud, id, quod etc.
- con l’infinito
- con una frase infinitiva o interrogativa indiretta
III) il fine per cui una cosa importa è espresso: - con ad + accusativo
IV) quanto una cosa importa è espressa: - con neutri avverbiali multum, tantum, plus, plurimum
- con avverbi magnopere, magis, maxime, minime
- con i seguenti genitivi di stima: magni, permagni, parvi, tanti, quanti.

11. GENITIVO CON VERBI DI MEMORIA. I verbi che significano «ricordare» «dimenticare» possono reggere un genitivo di natura
partitiva, secondo le seguenti modalità:
a) memini, reminiscor «mi ricordo» obliviscor «mi dimentico» hanno il genitivo o accusativo del nome della persona o della cosa
di cui ci si ricorda, ma l’accusativo se la cosa è rappresentata da un pronome o un aggettivo neutro (hoc, id, quod, multa).
b) recordor «mi ricordo» è costruito con de + ablativo con i nomi di persona o pronome; accusativo (raro il genitivo) con nomi di
cosa o pronomi e aggettivi neutri.
c) Moneo, admoneo, commoneo, commonefacio «far ricordare, richiamare alla memoria di altri»: accusativo della persona a cui
si fa ricordare qualcosa e de + ablativo o genitivo della cosa ricordata.









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