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NORTHANGER ABBEY

* Cronologia. 1793, 1798-1799; 1803, 1818

* Il romanzo gotico risponde al terrore reale attraverso un terrore fantastico.


i. si abbandona il realismo tipico del novel e si abbraccia una narrazione fantastica;
ii. si abbandona l’ambientazione londinese e si abbracciano luoghi esotici.
iii. esso si declina in varie forme e tradizioni: il gotico maschile (personaggi maschili, crudeli e violenti) e il
gotico femminile (miscuglo di romanzo sentimentale e romanzo gotico: romanzo gotico sentimentale)
iv. motivo dell’eroina perseguitata: donna sensibile, emblema di virtù borghesi, perseguitata dal malvagio.

Strutturato in tre parti (corrispondono a luoghi simbolici ai tre spazi in cui l’eroina si muove nelcromanzo):
a. spazio arcaico in cui l’eroina vive serena a contatto con la natura (movimento orizzontale), corrisponde
alla casa paterna. È spazio privo di momenti decisivi. Descrizioni di tipo pittoresco di paesaggi naturali.
Questo spazio in Northanger Abbey corrisponde all’ingresso dell’eroina nel mondo sociale: abbandonata
la casa familiare, Catherine approda a Bath, luogo della sua prima (duplice) educazione: educazione a
vivere nella socialità e società, ed educazione alla lettura.
b. spazio buio e labirintico (movimento verticale) che corrisponde al castello dominato dal malvagio.
La cultura diventa luogo di terrore. La protagonista ne esce indenne: la sua verginità viene preservata.
Catene di indizi si sostituiscono alla successione degli eventi; tutto si focalizza sulle proiezioni emotive
le prospettive visuali dell’eroina perseguitata. La maggiore onseguenza è la perdita del confine tra realtà
e l’immaginazione. La catena di indizi fa sì che non si comprenda mai il significato di quello che accade,
che resta offuscato dal mistero.
Lo spazio corrisponde all’approdo all’abbazia, in cui Catherine scopre che non può leggere la realtà
attraverso il filtro dei romanzi, come se fosse la protagonista del romanzo gotico della Radcliff (I misteri
di Udolpho) perché bisogna imparare a distinguere le due cose. In realtà comprenderà come la fantasia
non sia così distante dalla realtà: il cattivo dei romanzi gotici sarà in questo romanzo il generale Tinley.
(lo chiama Montoni, cioè come il cattivo di Udolpho).
— Si possono individuare tre piani tra i quali Catherine deve imparare a muoversi:
1. Piano della realtà (di cui deve imparare le regole; l’unico che può insegnargliele è Henry);
2. Piano della falsità (incarnato da Isabella e John, modificano la realtà come li è più comodo);
3. Piano della finzione letteraria (romanzo nel romanzo).
c. ritorno allo spazio arcaico; realizzazione della felicità attraverso il matrimonio tra l’eroe e l’eroina.
Il tutto è riportato sotto il dominio della razionalità. Se le spiegazioni finali sono necessarie per la
conclusione del romanzo, allo stesso tempo mostrano la totale meccanicità della conclusione stessa.
L’ultimo spazio corrisponde al lieto fine, che vede il matrimonio tra Tinley e Catherine.
Se il romanzo della Austen appare sin dall’inizio una parodia del romanzo gotico (Henry che racconta le
storie della Radcliff per spaventare Catherine durante il viaggio a Northanger Abbey), il finale in quale
modo legittima le sciocche fantasie libresche di Catherine: la crudeltà del generale è vera.
Perciò se il romanzo gotico reagisce all’orrore della storia, trasportando questi orrori in un mondo lontano
geograficamente ed esotico, il romanzo di Jane Austen, al contrario, tira fuori dal gotico i terrori e mostra
come essi siano reali, propri del mondo in cui vive, cioè l’Inghilterra.

* Il primo capitolo è costruito sulla negazione (la prima parola è no one «nessuno»). Infatti è un unico «no» che
contraddistingue l’intero capitolo, come se l’autrice volesse rifiutare la tradizione del romanzo precedente per
darne vita a uno nuovo. Lo stesso capitolo costruisce un personaggio che è il rovescio di quello del romanzo
sentimentale; lo scopo non è soltanto parodico: Jane è consapevole del fatto che, per creare una nuova forma di
romanzo, bisogna crearsi un nuovo pubblico, quello vecchio è abituato al romanzo sentimentale. È figlia di un
ecclesiastico, proviene da una famiglia benestante non ricca; non amava i giardini, non imparava mai qualcosa
senza che le venisse insegnato perché sempre distratta; il lato positivo è che non era sciocca perlomeno». C’è
breve presentazione dei genitori: la madre gode di un’ottima salute. Nei romanzi gotici invece le madri muoiono
dando alla luce i propri figli, anzi Catherine proviene da una famiglia numerosa di ben dieci figli; si dice «come
sarebbe stato ragionevole attendersi», nasconde l’intento parodico: il narratore commenta la vicenda.

* Tinley e il tema dell’educazione. Northanger Abbey è il romanzo di un’apprendista lettrice. Il romanzo si


apre con l’ingresso nel mondo sociale, che coincide con la scoperta della lettura. Le donne non ricevevano una
istruzione adeguata; all’inizio si dice che è stata la madre ad avviare Catherine agli studi; i genitori non sono in
grado di istruirla correttamente perché la famiglia è numerosissima e gli zii, che ricoprono il ruolo di sostituti
parentali, sono cioè anche loro inadatti. Questa improprietà di linguaggio si può riscontrare sin dall’inizio del
romanzo, quando la signora Allen e Catherine prendono parte a un ballo, ma si rivelano inadatte, sono a disagio
e sole, non hanno nessuno con cui socializzare. Dominano infatti descrizioni negative (lotta, prigionia ecc.) che
entrano in contrasto con la situazione di piacevolezza che normalmente viene associata a un ballo. Per esempio
la descrizione della signora Allen è parodica: è bastato il suo aspetto elegante da gentildonna affinchè il signor
Allen la sposasse. Le loro conversazioni sono prive di contenuti. Non sappiamo se Jane Austen abbia letto i
romanzi di Mary Watson Craft, riconosciuta come la prima femminista dell’epoca. Tuttavia ci sono innegabili
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affinità tra quello che dice Mary Watson sul tema dell’educazione femminile e ciò che si ritrova nel romanzo
della Austen. Mary Watson Craft ha scritto Rivendicazione dei diritti delle donne, in cui denuncia l’insufficienza
dell’educazione delle donne all’interno della società. Ritiene che debbano essere istruite in modo da affrontare
razionalmente la realtà. L’unica istruzione a loro concessa aveva a che fare con il corpo, in modo che potesse
essere il giusto ornamento dell’uomo, come se fosse un oggetto (visione patriarcale radicalizzata
nella società). Nel corso del romanzo si imbatte in due coppie di fratelli: John e Isabella Thorpe (negativa),
Elenoir e Henry Tinley (positiva). Sarà Tinley il perfetto educatore di Catherine. I due si incontrano nel terzo
capitolo, ed è subito amore a prima vista. Vengono presentati dal maestro di cerimonia e insieme danzano per la
prima volta (la danza è la metafora del matrimonio e del contratto sociale, e unico momento in cui uomo e
donna hanno un contatto ravvicinanto — questi momenti non erano diffusi perchè gli incontri si tenevano con
gli accompagnatori —). La padronanza linguistica di Henry entra subito in contrasto con l’educazione sbagliata
di Catherine, che non sa come rispondere perché le manca la proprietà del linguaggio. Il metodo educativo di
Tinley ha l’obiettivo di far ragionare Catherine con la propria testa. È pronto a correggerla e a rettificarla. Henry
vede in Catherine un fascino che manca a Isabella, dato dalla purezza e autenticità dei suoi sentimenti, per
questo motivo vuole che a queste caratteristiche positive si aggiunga la capacità del pensiero per mezzo della
riflessione. Ma l’aspetto negativo è che Catherine crederà di vivere come la protagonista di uno dei libri che
legge, vivendo due vite, quella reale e quella finta (insita nei romanzi che legge). Alla fine del romanzo prevale
l’adesione alla vita reale (quindi Catherine affronta una doppia crescita: distinguere tra realtà e immaginazione e
separare il bene dal male, la falsa amicizia dall’autentica amicizia). Nel capitolo quattordici Henry si pone su un
gradino superiore a Catherine (lo fa spesso, deridendola), dicendo che mentre lei imparava a camminare lui
stava studiando ad Oxford. Obietta l’uso delle parole ‘straordinario’,’grazioso’, quest’ultimo da sostituirsi con
‘elegante’. Elenoir tenta di smussare l’ironia tagliente del fratello, invitando Catherine a utilizzare ogni parola
che desidera. La conversazione si sposta sul tema della storia: se il romanzo è una lettura femminile, invece la
storia è una lettura prettamente maschile: gli uomini hanno fatto la storia, le donne ne sono solo spettatrici.
Catherine rimprovera la storia per essere un miscuglio di realtà e finzione (Elenoir la difende, invece Tinley
elogia il romanzo e la finzione), e ne parla come un «tormento per bambini e bambine», qualcosa che nessuno
leggerebbe in modo spontaneo. Henry cerca di correggerle il termine, dice che sarebbe più opportuno dire
‘istruire’, tuttavia Catherine giustifica l’uso di ‘tormentare’ alludendo alle fatiche quotidiane della madre nel
tentativo di insegnare ai figli prima l’alfabeto, a parlare. Il capitolo è metaletterario perché, durante il processo
educativo messo in atto da Henry durante la passeggiata, di prende a modello il genere della prospect view (=
poesia topografica). È un genere che sorge in Inghilterra nel ‘600 (la prima opera s’intitola la Collina di Cooper)
e che diventa molto popolare nel ‘700. La peculiarità del genere è la descrizione paesaggistica che passa dalla
natura alla storia. Solo apparentemente la storia nei romanzi di Jane è presente di sfuggita, come in Orgoglio e
Pregiudizio attraverso l’immagine dei soldati. Tuttavia non è così (cf. del tema del matrimonio). Questa poesia
celebrava in origine il compromesso raggiunto dall’Inghilterra e legava il patriottismo con parole comincianti
per P: pace, plenty (abbondanza di raccolto e di prodotti) e property. Questo genere nel corso dei secoli muta la
propria trama in base ai cambiamenti storici in modo che la trama non è più idilliaca. The travel (= Il
viaggiatore) illustra la minaccia dell’unità politica dell’Inghilterra pastorale che precedentemente era stata
celebrata dal genere. Si parte con l’analisi del paesaggio (il narratore sottolinea che Catherine non sappia nulla:
«non sapeva nulla di disegno, nulla di gusto»). La parola chiave è «recinzione»: recinzione delle terre pubbliche
obbligata dalle leggi del ‘700, che favorisce il capitalismo e la rivoluzione agraria, che spodesta i piccoli
coltivatori e tutti coloro che usano le terre comuni, per spingerli verso la città e l’industria nascente. Si verifica
un equivoco che nel romanzo il lingua originale è più evidente. Jane Austen usa «come out» che può significare
‘apparire’ (persona che appare) o ‘accadere’ (evento che accade). In italiano l’equivoco si comprende meno
perché «apparire» non può essere utilizzato anche con il secondo significato. Elenoir quindi interpreta male,
pensa che Catherine stia parlando di una nuova sommossa, invece sta parlando della pubblicazione di un nuovo
romanzo gotico che la rende entusiasta. È Henry che comprende e scioglie l’equivoco. La descrizione di Henry
del tumulto richiama ciò che è successo nel 1780, quando una protesta di carattere religioso si è trasformata in
tumulti delle classi sociali meno abbienti: vengono bruciate le case dei maggiori possidenti inglesi, la banca
d’Inghilterra è assalita due volte [al di fuori della recenzione e del giardino (corrispondente alla finzione del
romanzo) ci sono più disordini, e la Austen si dimostra consapevole di tutto ciò in questo capitolo]. La funzione
del capitolo è quindi duplice:
- ricordare al lettore fatti veramente accaduti;
- inserire la complessità della voce narrante piuttosto che dei personaggi.
* Difesa del romanzo. Il narratore è solo una funzione di racconto. La voce narrante è maggiormente presente
all’inizio del capitolo per più ragioni: presenta l’eroina e la nuova forma di romanzo (il processo di educazione
non riguarda solo la protagonista: il lettore deve imparare a conoscere la nuova forma di romanzo (accentua il
carattere metaletterario della storia). Si ritrae soprattutto nella parte centrale, che corrisponde al momento gotico
del romanzo, il cui l’autrice fa uso del discorso indiretto libero: il narratore riporta i pensieri del personaggio
mettendosi alle spalle del personaggio stesso, utilizzando lo stesso linguaggio (riporta il pensiero con le parole
che lui stesso utilizzerebbe). L’obiettivo è favorire una maggiore vicinanza tra personaggio e voce narrante.
Jane fa uso dell’indiretto libero virgolettato (tipico della letteratura inglese settecentesca). La voce narrante non
è altro che un esempio di precisione linguistica in una realtà in cui l’argomento è sottovalutato.
In generale, possiamo dire che il narratore appare molto più vicino a Elenoir ed Henry (per l’ironia di Elenoir e
per la difesa del romanzo di Henry). Nel capitolo cinque è l’autrice stessa a prendere la parola e a mettere in atto
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la difesa del romanzo (ripresa anche nel capitolo 14, questa volta inaspettatamente messa in bocca a Tinley, una
figura maschile che normalmente disdegnerebbe la finzione letteraria e il romanzo). Certi hanno supposto che
l’inserimento della difesa del romanzo nel romanzo sia stato il frutto di un’ingenuità giovanile, dato che non è
presente nei romanzi successivi. Ma questa linea di pensiero non risulta: la difesa del romanzo è strategicamente
collocata prima dei dialoghi con Isabella. In precedenza la voce narrante sta raccontando il rapido progredire
dell’amicizia tra le due donne, citando i romanzi che leggono insieme. La lettura condivisa è uno dei piaceri di
questa amicizia.
È significativo proprio il fatto che dopo la parola romanzo, la voce narrante si fermi e commenti questa parola,
dando inizio alla difesa del genere. Jane ama il romanzo, nonostante i suoi contemporanei lo definissero “cosa
dappoco”, e nel romanzo: «pattume che invade la stampa», «i romanzieri fanno parte di una classe oppressa»,
«nessun’altra opera è stata tanto maltrattata». Le parole scelte invocano un campo di battaglia (injured body,
enemeis foes), come se ci fosse un corpo militare schierato contro i romanzieri, osteggiandoli nel loro lavoro. La
voce narrante è ironica, ancor più sarcastica e agguerrita. Come primi responsabili Jane individua i romanzieri,
che se fanno leggere le loro eroine si sentono quasi obbligati a scusarsi per l’ignobile passatempo scelto. Molti
romanzi da lei ammirati non erano pubblicati con l’etichetta «novel», bensì come «racconti morali» per non
attirare l’attenzione e sottrarsi alle critiche. Jane Austen fa del romanzo il luogo migliore in cui il linguaggio può
esplicarsi. Cita romanzi femminili, come Cecilia e Camilla di Funny Burney e Belinda di Maria Edgeworth. I
personaggi sono identificati in base al loro rapporto con i libri: John e Isabella sono negativi perché l’uno critica
il romanzo, l’altra è una finta lettrice; Elenoir, Tinley e Catherine sono personaggi positivi perché, al contrario,
lo adulano. In conclusione, la difesa del romanzo risuona ancora una volta: ritornata nella casa paterna, l’eroina
attira le attenzioni di sua madre, preoccupata del fatto che la figlia non la aiuti nelle faccende di casa. Per questo
motivo la invita a leggere un saggio, che Catherine ha sempre rifiutato e a cui Jane contrappone il romanzo in
quanto “genere superiore”, e che alla fine si dimostra davvero superiore perché tutte le fantasie di Catherine,
apparentemente false, si rivelano vere.

* Isabella.
a) è una falsa amica che aspira al ruolo di eroina che tuttavia non le spetta;
b) è un personaggio comico che fa le battute più divertenti del romanzo ma che in realtà finge, interpreta un
ruolo e una parte determinati. Nel II cap. emergono le qualità che rendono Catherine un’eroina: il cuore
affettuoso, la timidezza, l’assenza di presunzione (che caratterizza invece Isabella), l’aspetto gradevole, la
timidezza e la mente ingenua (è la principale vittima delle macchinazioni messe in atto anche dalla stessa
Isabella). Uno degli aspetti che caratterizzano Isabella è l’esagerazione del linguaggio, ricco di superlativi
che mascherano falsità («sono ore e ore che ti aspetto» è un linguaggio esagerato; si contraddice dicendo
«mezz’ora». Prima definisce con un superlativo il cappellino («incantevole») tuttavia dopo lo paragona a
quello di Catherine.
c) Uno dei piaceri che condividono le due amiche è il piacere della lettura. Ma il romanzo ci mostra come,
anche se è stata Isabella ad avviare Catherine alla lettura, è in realtà una cattiva lettrice poichè non legge
veramente: parla di libri semplicemente riportando il parere degli altri (la vera lettrice è Catherine). Gli
unici suoi interessi sono gli uomini (dice una cosa e poi ne fa un’altra, è estremamente contraddittoria:
vuole evitarli tuttavia poi li insegue). C’è il rischio che Catherine cominci a parlare come Isabella («per
nulla al mondo», «incantevole»: Isabella è una falsa maestra). L’antagonista di Isabella è Elenoir, la vera
amica di Catherine.
• Nell’ottavo capitolo viene fatta una descrizione che mette in luce la propriety e l’antagonismo
con Isabella. È dotata di un’autentica eleganza, di un viso grazioso e di modi gradevoli; non è
nè timida, né espansiva; non ha bisogno di fare qualcosa per attirare uomini e le lusinghe.
La voce narrante lascia sempre intendere, dietro la sua ironia, la falsità di Isabella: pone l’accento che la
loro «salda» amicizia in realtà è nata solo due settimane prima.
d) Isabella è la protagonista della seconda trama matrimoniale che, a differenza della prima, non ha esito
positivo. Nel capitolo 15 si mette in scena il fidanzamento di Isabella e Morland. L’interesse di Isabella
per Morland è in realtà mosso dal denaro. Afferma, mentendo, di aver provato per lui amore a prima vista.
L’affermazione però comincia a insinuare il dubbio in Catherine, che rimane interdetta quando la falsa
amica dice qualcosa di tanto esagerato, rinnegando la sua famiglia.
e) Isabella è descritta come personaggio tragico, di cui ci viene mostrato il destino duro di chi non ha una
rendita e deve perciò assolutamente trovare marito. Prima arriva la lettera che annuncia il consenso della
famiglia di Morland ma poi giunge la notizia del concreto lato finanziario, che dimostra come Morland sia
più povero di quanto si pensasse. Nella lettera si parla di una parrocchia la cui rendita è di 400 sterile e
che verrà affidata a James non appena avrà l’età giusta per assumersi l’incarico. Si tratta di una generosa
offerta, se si considera che James proviene da una famiglia numerosissima, tuttavia Isabella e sua madre
non sono soddisfatte. Dunque cambia tutto per Isabella, che cerca ora di accalappiarsi il fratello di Tinley.
Il romanzo tuttavia la lascia senza marito. Isabella si dimostra dispiaciuta agli occhi di Catherine solo per
l’obbligo di rinviare il matrimonio, ma l’eroina rimane interdetta perché «per un attimo l’aveva trovata
diversa». In conclusione possiamo affermare che Isabella incarna l’idea di gioventù intesa come mobilità,
che rifiuta di darsi una forma. Dice a Catherine che non è dispiaciuta per il mancato matrimonio, che non
bisogna avere fretta nel cercare marito (al contrario, è sempre stata Isabella ad avere fretta).

* John. Vuole realizzare con sua sorella un doppio matrimonio, convinto di una rendita che tuttavia non esiste. Si
presenta come personaggio falso, che mente pur di raggiungere i suoi obiettivi e che modifica la realtà a proprio
piacimento. È lui il principale fautore dell’equivoco: sostituisce la realtà con la finzione a causa della sua vanità,
poichè auspica al proprio matrimonio con Catherine e a quello di Isabella con James; fa credere che i Morland
abbiano a disposizione una eredità, poichè nipoti degli Allen, che dovrebbero contribuire alla dote di Catherine,
che viene dunque così trasformata in una ricca ereditiera. Tuttavia, essendo stato rifiutato da Catherine, mette in
scena un’altra finzione, rendendo i Morland più poveri di quanto in realtà non lo siano, contribuendo a causare
la cacciata di Catherine dall’abbazia per volere del generale. Ciò che caratterizza il personaggio è certamente la
mancanza di propriety. Per esempio Catherine al ballo a cui è stata invitata a partecipare insieme a John viene
lasciata da sola, perché fondamentalmente John ha altro da fare. Tutte le conversazioni con Thorpe riguardano le
sue virtù, i suoi talenti e i suoi cavalli; odia i romanzi, ma Catherine inizialmente non riesce a far valere le sue
opinioni poichè John è troppo sicuro di sé; è un ritratto caricaturale di quello che dovrebbe essere un esponente
maschile della società. Sin da subito si rende conto della falsità, dimostrando di possedere grande capacità di
giudizio, ma fa finta di niente in un primo momento e non riesce a rifiutarlo, anche perché Isabella e James, al
contrario, lo adulano. (Elizabeth, al contrario, è più matura, riesce da subito a rifiutare Collins). Le scene ci
mostrano una Catherine che vuole rifiutare John tuttavia teme l’alternativa di rimanere sola, e non può fingere di
non essere lusingata quando John la invita al ballo con anticipo. In un secondo momento troverà il coraggio di
definirlo «sgradevole» e di allontanarsene.
• CAPITOLI UNDICI-DODICI-TREDICI: Cath ha preso appuntamento con Tinley per fare una passeggiata
ma viene sequestrata da James, Isabella e John per visitare il castello di Blaze, che dovrebbe essere il più
vecchio di tutto il paese, ma che alla fine si rivela molto moderno. Un indizio di come cominci a confondere
realtà e finzione si riscontra in un riferimento al tempo: «Oh, se avessimo il tempo che avevano a Udolpho
o quanto meno in Toscana e nel sud della Francia». Il solo fatto di nominare il castello accende il desiderio
di vivere un’avventura in stile romanzo gotico. L’eroina è quindi divisa tra due passioni: Tinley da un lato e
il gotico dall’altro. Thorpe mette in scena una finzione: dice di aver visto Tinley andare verso Lansdown
Roard in compagnia di una donna. In realtà questa bugia viene smentita poco dopo, quando Catherine vede
Tinley e sua sorella in lontananza e capisce che è stata imbrogliata. Un’altra finzione di Thorpe si realizza
nel capitolo tredici, in cui cancella un impegno di Catherine, preso con Elenoir, a sua insaputa. Tuttavia in
questo caso sceglie di precipitarsi dai Tinley per dare una spiegazione. Non aspetta che il servitore le apra la
porta, lei piomba in casa inaspettatamente lasciando sbalordita la famiglia. Tuttavia Tinley apprezza il gesto
e la invita a trattenersi (lo fa perché sa che è una ricca ereditiera e quindi vuole organizzare il matrimonio).

* Property / Propriety. Il romanzo di Jane Austen vuole da un lato affermare un compromesso (matrimonio tra la
borghesia e la piccola nobiltà terriera, la landed gentry) e dall’altro la consapevolezza che il compromesso è
difficile da raggiungere, sia per le spinte che provengono dal basso (dal proletariato, effetto importante della
rivoluzione industriale), sia per le spinte che provengono dall’interno stesso delle classi dominanti.
Per comprendere la dialettica tra le classi, guardiamo a tre concetti:
- Property “patrimonio di beni”;
- Propriety “proprietà, decenza”;
- Improvement “miglioramento, sviluppo”.
Property e propriety erano un tempo sinonimi, denotavano entrambi il possesso in senso materiale.
Successivamente hanno acquisito due sensi differenti. Innanzitutto vediamo che la proprietà terriera è sacra per la
piccola nobiltà perché ne garantisce stabilità e benessere economico, ma con lo sviluppo sociale e le spinte che
vengono dal basso non basta più essere proprietari terrieri, bisogna comportarsi in un determinato modo: mostrare
decoro, buone maniere, giusto trattamento dei loro inferiori, proprietà di linguaggio, capacità di esprimersi ecc.
Questi romanzi sono definiti ‘romanzi di maniere’ perché appunto il matrimonio è anche tra proprietà terriera e
comportamento morale: il matrimonio genera un improvement “sviluppo”, “miglioramento”.
Il termine era inizialmente legato ad operazioni di profitto monetario, equivalente a ‘to invest’, cioè “investire”.
Nel XVIII secolo diventa una parola chiave per indicare la modernizzazione e sviluppo del capitalismo agrario,
andrà a indicare un miglioramento non solo economico ma anche e soprattutto personale (improve ourserlf). Nella
seconda parte del romanzo Catherine arriva a Northanger e si aspetta di trovare un’antica abbazia che risponda
alle sue fantasie cimentate dal romanzo gotico, tuttavia vi trova invece un qualcosa di molto moderno. Il generale
che vi trova è simbolo di un improvement “a metà”: infatti, se per mantenere potere la classe aristocratica deve
modernizzarsi e rinnovarsi, passando ad un’agricoltura capitalistica, allo stesso tempo deve migliorare se stessa.
Darcy non solo è un grande proprietario terriero: nonostante le apparenze, alla fine è la perfetta incarnazione di
property e propriety (es. Darcy ed Elizabeth non si sono ancora riconciliati e lei va a visitare la casa di Darcy. La
governante lo descrive “perfetto” nella maniera in cui si comporta con i suoi dipendenti: non basta la proprietà ma
ci vuole un codice comportamentale appropriato. Il generale di Northanger ha la property ma non la propriety).
Jane non è solo portavoce dell’ideologia della sua classe sociale. La recinzione simbolica dà senso alla frase che si
configura come dichiarazione di poetica: “tre o quattro famiglie in un villaggio di campagna sono tutto ciò che mi
serve per scrivere i miei romanzi”. Si concentra infatti su una porzione della società, landed gentry, con dei precisi
valori; è consapevole tuttavia di ciò che c’è fuori da questo giardino. James Morgan dimostra al contrario di avere
la propriety: è un fratello affettuoso, destinato a soffrire e ad essere vittima delle macchinazioni dei Thorpe. Prima
saluta in modo affettuoso la sorella, e solo in un secondo momento si presenta a Isabella (John fa il contrari).






* Seconda parte: il generale Tinley. Personaggio importante nella seconda parte, secondario nella prima perché
è poco presente. Quando è presente, la voce narrante sottolinea una contraddizione in lui, che attira l’attenzione
di Catherine quando si rende conto che in sua presenza tutto assume un’atmosfera più fredda.
La seconda parte è al contempo la più metaletteraria, per via delle numerosissime fantasie fiabesche, ma è anche
la più politica, per i riferimenti politici legati al periodo della composizione del romanzo.
Catherine commette un altro errore, confondendo realtà e finzione: ipotizza che sia stato il generale a uccidere
sua moglie (per esempio quando comprende che il ritrato della moglie è sato spostato dal salotto allo studio per
volere del generale). Ma Tinley comprende ciò che succede nella mente di Catherine e la invita a guardare la
realtà ma in realtà capiremo che in fondo non ha tutti i torti. Il generale infatti è un esempio del cattivo uso del
potere e del denaro, incapace di raggiungere l’equilibrio perfetto tra property e propriety. Nel viaggio verso
l’abbazia viene chiesto a Catherine di proseguire il viaggio da sola nel calesse di Tinley. Si tratta questa di una
scelta che manca in modo esplicito di propriety. Giunti a Northanger inoltre, Catherine immagina di vedere
l’abbazia, ma questa è talmente bassa che a stento riesce a vederla. I cancelli sono moderni, le finestre hanno la
forma gotica ma i vetri sono nuovi. È un’abbazia moderna, frutto dell’improvement del generale. È assente nel
generale il rispetto verso la tradizione: egli viaggia in un’unica direzione: una modernità che oscura la tradizione
(per esempio ammette che il salone deve ancora essere arredato perché aspetta la padrona per essere completato.
Se cioè per Catherine all’inizio l’abbazia è un luogo misterioso e fantastico, assimilabile a quella dei romanzi
gotici, alla fine è una casa uguale a tutte le altre: la finzione lascia il posto alla realtà). Ad un certo punto nel
capitolo 23 il generale si ritira nel suo studio perché dice di doversi occupare di alcuni opuscoli ed ecco che la
storia entra nella finzione letteraria: in Inghilterra era stato abolito l’habeas corpus, un principio che tutelava
l’inviolabilità personale, poiché stabiliva che ogni persona imprigionata dovesse essere consegnata alla giustizia
e sottoposta al processo. L’abolizione però consentì agli aristocratici e ai possidenti di arrestare chiunque fosse
sospettato di sedizione e ribellione. Quindi il generale viene presentato come appartenente a una classe egemone
che preferisce la repressione alla conciliazione. Quando l’equivoco viene messo in scena, Catherine fa ritorno a
casa, completamente sola. Giunge a farle visita Henry, che è diverso dal solito: si comporta come avrebbe fatto
Catherine, è silenzioso e imbarazzato (arrossisce). È in questo momento che avviene la tanto osteggiata richiesta
di matrimonio. I motivi del matrimonio prescindono dalla dote dell’eroina, riguardano la sua purezza: è una
circostanza nuova in un romanzo, e la voce narrante si preoccupa di specificarlo.
Il finale è accelerato e meccanico: a sole due pagine dalla conclusione il romanzo mette in scena un personaggio
nuovo, che ‘risolve’ la trama e garantisce il perfetto matrimonio e il perfetto finale. Il personaggio (di cui non si
sa il nome) conferisce il denaro e il titolo. La condizione finanziaria di Catherine, che è stata vaga durante tutto
il romanzo, finalmente viene esplicitata: tremila sterline, quindi si scopre che non era né ricca, né povera.

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO.

* Il titolo originario è Prime impressioni. La prima stesura risale al 1897-1798, successivamente il romanzo viene
revisionato e l’edizione ufficiale risale al 1813. La lettura della prima stesura corrisponde alla rilettura delle
prime impressioni, permettendone il superamento e il raggiungimento del perfetto compromesso.

* Tema della lettura. È l’attitudine o non alla lettura che ci consente di giudicare i personaggi:
i. Il signor Bingley, Mr. Collins, Lidia e Kitty (sorelle di Elisabeth) non leggono, insieme a Caroline
Bingley, che finge di interessarsi alla lettura unicamente per poter sedurre Darcy.
(Catherine e Morris di Washington Square non leggono giudicano i libri «cose noiose», anche se in questo
caso Morris sta cercando di assomigliarle quindi si attribuisce le qualità di Catherine).
ii. Mr. Bennet e Mary leggono in modo sbagliato, estraniandosi dalla vita sociale (Mr. Bennet fa della sua
biblioteca un rifugio vero e proprio; Mary, invece, abbandona il percorso matrimoniale). Con un libro, Mr.
Bennet non si accorge del tempo che passa. È un rapporto negativo perché la lettura lo isola, infatti è il
principale portavoce di un matrimonio sbagliato.
iii. Darcy ed Elisabeth sono i portavoci di una lettura corretta. Elisabeth non è solo la grande lettrice dei libri
ma anche la grande lettrice della realtà che la circonda: anche in questo romanzo la lettura passa dai libri
al mondo circostante; sia Darcy, sia Elisabeth, si interrogano e cercano di comprenderlo. Per Elisabeth la
comprensione del mondo equivale alla comprensione dei caratteri degli altri personaggi, in primis Darcy,
tant’è che il romanzo è permeato dalla metafora del ritratto. Se è semplice comprendere i caratteri più
semplici (Collins, Jane, Bingley, Lady Catherine), non lo è altrettanto per i caratteri più complessi, tra cui
Darcy e Wickam, in cui commette degli errori. In questo caso il ritratto di Darcy che Elisabeth scova nella
sua dimora a Pemberly è decisivo per la svolta degli eventi. Il primo ballo tra Elisabeth e Darcy mette in
scena due caratteri forti, mostrando la profonda consapevolezza della propria identità, e che prefigura la
loro unione finale. Il dialogo è ricco di ironia e frecciatine, di cui Elisabeth è l’istigatrice principale. I due
personaggi sono sullo stesso livello. L’interesse primordiale di Elisabeth è proprio studiare il carattere di
Darcy (è l’artista che vuole realizzare il ritratto di Darcy).

* Tema del matrimonio. Un luogo comune definisce i romanzi di Jane Austen distanti dall’epoca storica in cui
sono scritti e di conseguenza dagli eventi stessi (es: rivoluzione francese e rivoluzione industriale). Questa linea
di pensiero proviene dalla tematica centrale dei romanzi: l’avventura matrimoniale, protagonista della quale è
una giovane che deve affrontare il passaggio dalla condizione di figlia alla condizione di moglie. La storia è
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presente solo di riflesso (in Orgoglio e Pregiudizio compaiono figure di soldati e militari). Non è così: si pensi
alla centralità del tema matrimoniale (molti hanno considerato i suoi romanzi dedicati esclusivamente a lettirici
donne, come se Jane Austen fosse ossessionata dal tema matrimoniale perché non si è mai sposata, cosa non
assolutamente vera), che non riguarda solo la sfera privata ma anche la sfera sociale. Infatti il matrimonio era
entito come un contratto sociale tra le parti. Ne consegue che i romanzi di Jane sono al tempo stesso ‘romanzi
di formazione’ e ‘romanzi sociali’, ma mai ‘romanzi privati’. In Northanger Abbey, Bath impersona un vero e
proprio mercato matrimoniale: si fa di tutto per trovare marito (Isabella e John). Il tema matrimoniale accomuna
i quattro i romanzi, scritti a distanza di tempo (i primi risalgono agli inizi dell’Ottocento, gli ultimi due alla fine
dell’Ottocento); e hanno tutti protagoniste femminili. James ne la prefazione al Ritratto di Signora si domanda
come si possa scrivere un romanzo intorno a una donna, dato che storicamente alle donne non è consentito
l’accesso al mondo del lavoro. L’unica avventura concessa alle donne è quella che dalla casa paterna confluisce
nella casa del marito: un cammino in apparenza lineare, ma che in realtà prende le sembianze di un labirinto
vero e proprio, che costringe ciascuno dei personaggi a compiere scelte importanti che non sempre si rivelano le
più giuste. Le protagoniste dei romanzi della Austen sono in grado di sbagliare prima e di rimediare ai loro
errori dopo. Si parla di Elizabeth come un’eroina del rifiuto: Orgoglio e Pregiudizio si apre con il rifiuto del
matrimonio con Collins da parte di Elizabeth, che consentirebbe alla sua famiglia di conservare il patrimonio
paterno, e per questo favorito soprattutto da sua madre. Ma Elizabeth si rifiuta e dal rifiuto nasce la vicenda
protagonista dell’opera - rifiuta anche Darcy all’inizio- ); rifiuta la richiesta di promessa di Lady Catherine di
non sposare Darcy e la proposta di matrimonio di Darcy stesso. Tutti cercano di ingabbiarla in uno schema, ma
nel momento delle richieste Elisabeth fa valere le sue posizioni e il suo carattere, dimostrando di possedere buon
senso, intelligenza e prontezza. Orgoglio e Pregiudizio si considera il romanzo perfetto sia perché si realizza il
matrimonio perfetto tra due classi, borghesi e aristocratici, sia, come sostiene Trilling, tra due stili differenti:
bibliotecario della tradizione (Darcy) e la romanzesca ironia del rifiuto (Elisabeth) L’idea del matrimonio
perfetto non si incontra più nei romanzi di Jane; i genitori di Elizabeth non a caso sono un chiaro segno di un
matrimonio che non è riuscito: il padre della protagonista è sempre chiuso nella propria biblioteca, estraneato
dal mondo e dalla famiglia. Se per Jane il matrimonio è l’unica strada possibile, che si declina in due modi,
riuscita o fallimento, Henry James cerca alla fine del secolo di mostrarci un’altra possibilità (mette in scena non
più un realismo sociale ma un realismo nuovo di tipo introspettivo): il matrimonio è il tema centrale ma in modo
diverso. Henry sposta l’attenzione: non più sul ‘to do’ = sul fare, ma sul ‘to be’ = sull’essere: l’obiettivo cioè
diventa fare un romanzo in cui l’avventura della coscienza femminile è altrettanto interessante da seguire.
L’incipit del romanzo recita: «è una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo di ingente
fortuna cerchi una moglie». Quello che colpisce è il riferimento alla sfera economica, insieme a want, che
indica un bisogno. L’ironia sta nel fatto che è vero il contrario: è la donna che cerca marito e ricchezza.
Charlotte per esempio è costretta a sposare Collins per paura di restare esclusa dal mercato matrimoniale.
L’uomo è considerato property della donna, cioè sua proprietà legittima. Ma anche qui c’è l’ironia: chi ha
la property è l’uomo, ma la donna viene considerata la proprietaria legittima di quell’uomo.
Dunque il linguaggio è ironico e sintetico ma nasconde un’enorme complessità. Entra in contrasto con il
linguaggio sbagliato e retorico di Collins, pieno di inutili subordinate.

* Struttura: il romanzo diviso in due parti:


I) performativa, equivale alla «commedia sociale», che si sviluppa con la conversazione, gli incontri e quei
momenti in cui la società celebra sè stessa; qui si compiono le scelte e si commettono gli errori.
II) rilettura degli errori. Gli errori di Orgoglio e Pregiudizio portano conseguenze, tra cui: rimanere zitelle e
insediarsi in matrimoni sbagliati. nella seconda parte il dialogo è meno importante, domina la narrazione
insieme al processo di rilettura. La rilettura avviene grazie alla lettera e al ritratto di Darcy.

WASHINGTON SQUARE.

* Henry James è uno scrittore rivoluzionario, che lascia alla tradizione successiva gli strumenti utili a favorire la
nascita del romanzo modernista novecentesco. Nasce nel 1843 e muore nel 1916, in un’epoca importante: siamo
agli inizi della prima guerra mondiale, che modifica la visione della realtà in modo radicale (Ritratto di signora
è un «romanzo ponte», poichè anticipa la tradizione del romanzo novecentesco e va verso la contemporaneità).
Nel 1850-1855 in America si apre la stagione letteraria del «rinascimento americano», nella quale si realizzano
capolavori in vari generi letterari (romanzo, poesia, racconto): così la letteratura americana comincia pian piano
a distaccarsi dalla letteratura della madre patria inglese. Tre fasi della carriera letteraria di James:
I) 1860-1881:
Primi esperimenti letterari: da un lato guardano alla tradizione di Nathaniel Hawthorne, autore della
Lettera Scarlatta, dall’altro il grande modello della tradizione del realismo europeo e francese, Balzac.
Legge scrittori francesi e scrive dei saggi. Il più importante risale al 1879: è una biografia critica di
Hawthorne, uno dei suoi padri letterari (autore nato in America ma vissuto in Inghilterra, tanto da ottenere
la cittadinanza inglese un anno prima della sua morte). C’è da parte di Henry un sentimento di filiazione e
insieme desiderio di superare il modello. Nell’autobiografia racconta una scena di sé da bambino che
sente nominare il libro di Hawthirne e si mette a scrivere; il giorno della morte del modello riceve una
lettera da parte dell’editore di una rivista che accetta la pubblicazione del suo primo racconto. È questo un
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perfetto passaggio di testimone.
Nel 1870 prende parte al dibattito sul romanzo in Inghilterra. Condivie con i romanzi novecenteschi il
costante intreccio tra attività narrativa e riflessione critica e teorica allo stesso tempo.
In questa data muore Dickens e la tradizione letteraria precedente, contrastata dalle nuove generazioni. È
anche l’anno in cui viene emanata la legge che rende obbligatoria l’istruzione per tutti fino ai sedici anni,
e che comporta la nascita di un nuovo pubblico di lettori che impara a leggere, anche quei libri non adatti
al loro livello di istruzione.
1880 Washington square;
1881 Ritratto di signora
II) 1890-1895:
Permeata dallo sperimentalismo; sono anni definiti «drammatici», perché James è un autore acclamato
tuttavia gli manca lo stretto rapporto con il pubblico. Dunque si dedica al teatro, tuttavia i suoi drammi si
rivelano un disastro. Al debutto del primo dramma abbandona il teatro per assistere ad un’opera di Oscar
Wilde in un teatro vicino, torna alla conclusione della messa in scena della sua opera e viene fischiato dal
pubblico.
III) Dopo il 1895:
James ritorna sulla scena narrativa. Dalla sperimentazione teatrale ricava una nuova forma narrativa,
intitolata «metodo scenico», in cui mescola la «scena» e il «raccontare la narrazione».
Si dedica al romanzo: Gli ambasciatori (1901), Le ali della Colomba (1902) e la Coppa d’oro (1904).
Sono romanzi complessi che segnano una svolta e fanno di lui il maestro della generazione successiva.
Prima di morire si impegna in un progetto singolare: era consuetudine alla fine della carriera di un
autore realizzare un’edizione completa e lussuosa delle sue opere, rilegate nello stesso modo, come segno
dell’importanza e riconoscimento dell’opera dell’autore. James non si accontenta di vedere pubblicati i
suoi romanzi in questa edizione celebrativa, per cui s’impegna negli anni 1907-1909 nella realizzazione di
una speciale edizione intitolata «L’edizione di New York», come omaggio alla sua città natale.
Quest’opera prevede tre momenti essenziali:
rilettura/scelta delle opere da inserire nell’edizione (Washington Square, considerato uno dei romanzi
romanzi più famosi, rimane fuori; Ritratto di signora no);
riscrittura delle opere, non cambiando la trama ma modificando lo stile e intervenendo anche in modo
decisivo (evidente di più nelle opere giovanili che nelle più tarde). Il risultato è che il testo che
leggiamo risulta stratificato nel tempo, per es: l’edizione che leggiamo di Ritratto di signora risale al
1900.
scrittura di una prefazione in cui racconta la genesi del romanzo, elaborando una teoria del romanzo.
Queste prefazioni verranno estratte e pubblicate in un volume a parte, tant’è che si trovano in un
volume italiano intitolato «Le prefazioni».

* Il germe della storia raccontata in Washington Square proviene dalla vita reale, da aneddoti e storie che James
ha sentito. Una sera un’attrice shakesperiana gli racconta una storia vera e lui il giorno dopo la mette per iscritto,
definendo già la trama del romanzo e inserendo parole chiavi che ritorneranno nel romanzo, come la descrizione
di Morris «bello» e la presentazione di Catherine come «opaca, bruttina e ordinaria». Se la maggior parte delle
sue opere è ambientata in Europa, Washington Square è ambientato in America, nella sua New York natale.
Inoltre, anche se il fatto ascoltato è recente, James sceglie di ambientarlo nella New York della sua infanzia. La
motivazione della trasposizione storica e geografica ha a che fare con il carattere metaletterario del romanzo: la
protagonista dall’animo puro che si innamora di un corteggiatore infido (come accade nella storia vera narratagli
da una testimone, vicina alla vicenda) trova un riscontro nell’opera di Balzac, Euégenie Grandet, ma anche nel
racconto di Hawthorne, La figlia di Rapacccini, ambientato in un’Italia fantastica. Attraverso la letteratura, egli
ha cercato di ricreare il proprio mondo in un’America in cui per gran parte dell’Ottocento l’opzione del romanzo
realista non era possibile, considerata la giovane età dell’America e insieme la mancanza delle stratificazioni
sociali che rendevano possibile l’esistenza del novel in Inghilterra. Il romanzo non deve considerarsi una ripresa
o una imitazione delle opere di Balzac e Hawthirne, anzi: James finisce per proporre un modello nuovo, tutto
suo, che mette da parte la dimensione del realismo, per privilegiarne una più introspettiva.

* Romanzo del non matrimonio: la protagonista è raccontata nel suo percorso di formazione, che in questo caso
non si conclude con il matrimonio. Il finale del romanzo vede la solitudine dell’eroina, ma non è un finale
tragico, perché si realizzerà in compenso una grande formazione e crescita. Se abbiamo definito Elisabeth
Bennet l’eroina del rifiuto (perché rifiuta Collins e Darcy, poi la proposta di Lady Catherine), Catherine rifiuta
l’idea del matrimonio come unico destino adatto alla donna, in nome della libertà e dell’indipendenza.
James gioca con le aspettative del lettore: gli fa credere di star leggendo un romanzo di formazione, invece non
è così. All’inizio del romanzo per esempio si narra l’incontro tra Morris e Catherine, che prefigura il matrimonio
ma questo non avviene. Inoltre alla fine del terzo capitolo si parla della famiglia della signora Almond: se una
figlia si sposa, l’altra si fidanza, ma la ripetizione ironica di «puntualmente» dà al lettore l’idea erronea che un
secondo matrimonio ci sarà. Anche l’incipit del romanzo dà al lettore false speranze: momento sociale che vede
un ricevimento e un ballo, tipici dei romanzi di Jane Austen. Un altro esempio del rovesciamento delle pratiche
sociali e del romanzo del matrimonio sta nel fatto che Morris non ha il coraggio di chiedere al padre di Cathe la
sua mano, dunque la obblig a farlo al suo posto, impnendole un copione.
























* Catherine è la protagonista, nonostante venga presentata per ultima (Sloper, Lavinia, e Catherine; alcuni critici
hanno pensato che sarebbe stato meglio intitolare il romanzo con il nome della protagonista. È presentata come
un’antieroina; la sua prima descrizione, fondata sulla negazione, ricorda la Catherine di Northanger Abbey.
Non è sveglia negli studi ma non è neanche ottusa, nessuno la considera bella (non ha la bellezza della madre).
L’unico aspetto positivo è la salute: «carnagione chiara, fresca, in cui il bianco e il rosso si trovano equamente
distribuiti». Nel terzo capitolo continua la sua caratterizzazione attraverso l’abbigliamento (luogo comune della
descrizione realista, insieme alla casa e ai luoghi): la mancanza di stile di Catherine, rispetto agli stili forti degli
altri personaggi, si identifica con la scelta sbagliata di un abito, che provoca l’ironia del narratore e del dottore.
In modo ironico viene definita «regale creatura»: il suo vestito non si sposa con la sua giovane età.
Non è un caso che James scelga di vestirla di rosso e dorato, i due colori della Lettera scarlatta. Catherine è una
delle eroine più silenziose della letteratura; il suo è un silenzio che da un lato racconta il drammatico tentativo
dei personaggi di scrivere la sua storia al posto suo, dall’altro la sua resistenza, che pur avviene nel silenzio.
Quando lo incontra, James e chiede se le gira la testa, e lei pronuncia un solo monosillabo «yes». Considera il
padre l’uomo più illustre e intelligente della terra: prova per lui ciò che lui non prova per lei. La tragedia della
sua storia sta nel fatto che nessuno dei due uomini che ama di più nella sua vita la ricambia. È presentata come
una nullità, uno «spazio vuoto», da cui nessuno si aspetta qualcosa, specie il padre, che l’ha congelata nella
categoria della delusione. Nonostante tutto, è protagonista di una crescita: da vittima e personaggio semplice,
diventa complesso, artefice del proprio destino. La crescita ha inizio quando si innamora di Morris, Catherine è
chiamata a fare una scelta: Morris o il dottor Slooper, gli affetti più importanti della sua vita. Il padre non vuole
che sposi Morris perché è povero, lo definisce uno squattrinato, infatti ricorre la parola «categoria», perché è
proprio il pensiero categorico che il dottore invoca per il suo rifiuto. L’occasione per evitare il matrimonio si
prospetta nel viaggio in Europa, che per Catherine rappresenta l’ultima occasione di obbedienza al padre e per
Morris l’ultimo tentativo affinchè il dotore possa cambiare idea. Pian piano il narratore ci fa sempre più entrare
nei pensieri, mettendo in luce la vera natura di Catherine e le sue contraddizioni. Il viaggio in Europa dura
dodici mesi e serve a Catherine a comprendere la natura del padre e il fatto che lui non la ami veramente.
Alla fine del romanzo Catherine è più sicura di sé stessa, risponde con lo stesso tono del padre, è consapevole di
voler essere sé stessa. Il suo cambiamento interiore corrisponde al cambiamento fisico: diventa bella, più matura
e consapevole. Il padre alla fine del romanzo deve ricredersi sulla sua sorte e ammettere di essere stato sconfitto.
Lo stesso narratore elogia le sue qualità sin dall’inizio del romanzo, quasi preannunciando il cambio di rotta: ne
parla come un’eroina, la definisce timida e «la creatura più tenera del mondo».
Alla delusione del padre si accosta la delusione del matrimonio. Morris non ha il coraggio di dirle che non vuole
più sposarsi, quindi è lei a rifiutarlo, rivendicando il diritto di stare da sola, soffrire in solitudine. Catherine non
darà mai al padre la soddisfazione di conoscere la verità, anche quando questo le chiederà spiegazioni, lei gli
dirà che è stata lei a rompere il fidanzamento. Morris le scriverà una lettera, indicando le motivazioni della fine
del matrimonio, il dottore una lettera. Catherine legge le lettere con uno spirito critico ormai maturo. Il romanzo
si conclude con una eroina ormai quarantenne che torna nel luogo del suo peccato con un ruolo nuovo, perché
smette di parlare con la zia e il padre, rifiuta ogni possibile pretendente alla fine del romanzo, ferma nella sua
forza d’animo e consapevolezza raggiunta. Ottiene un ruolo di spicco in società, perché le ragazze si rivolgono a
lei per confidarle i propri amori.

* Slooper. È il padre di Catherine, è un personaggio complesso che non si evolve nel corso del romanzo. Rimane
rigidamente ancorato alle sue idee e alle sue caratterizzazioni. Subisce una crescita interiore che si interrompe a
un certo punto. Inoltre proprio per questo motivo James gli attribuisce un nome parlante, cioè Sloper, che vuol
dire «pendio», ‘qualcosa che scende’: un nome che prefigura il destino per personaggio. Da un lato esiste la sua
reputazione di dottore, la posizione di prestigio, la forza e l’abilità intellettuale, dall’altro il suo fallimento nel
rimanere ancorato alle sue idee, scivolando nel villan del romanzo gotico. Per mezzo della figura del dott.Sloper,
l’autore mette in scena una forte critica alla tradizione del realismo europeo (attraverso lo stile dei personaggi
James fa un discorso sul romanzo, dimostrandone il carattere metaletterario). Sia la sua professione di medico,
paragonata a quella dei romanzieri modernisti (Zola), sia il suo pensiero, fanno sì che Sloper incarni il ruolo e lo
stile del romanziere realista. Egli è un personaggio categorico: ha la capacità di osservare chi gli sta incontro e
assegnargli una categoria, giungere a una diagnosi. Accanto al pensiero categorico si colloca la superficialità del
personaggio, paragonabile alla superficialità del realismo francese, che rimane in superficie e non s’addentra in
fondo all’anima. La signora Almond cerca sempre di ricordare al fratello di non essere così superficiale.
Un’altra parola chiave della sua descrzione è «intelligente», corrispondente all’originale «clever», che denota
le capacità intellettuali e anche quelle di furbizia e astuzia. La stessa parola chiave il narratore la utilizza per
Morris, tant’è che tra i due personaggi si combatte una battaglia di stili. La parola chiave che il narratore utilizza
per descrivere Catherine in un primo momento è «natural».
Il dottore ha sposato una ricca ereditiera, il suo è un matrimonio felice e ricambiato. È proprio l’amore per sua
moglie, che poi muore, a fargli dare il suo stesso nome alla figlia. La moglie è tutto quello che sua figlia non è:
amabile, colta, garbata ed elegante. Le uniche qualità positive della figlia sono la salute e la robustezza fisica.
Il metro attraverso cui giudica le altre donne è la moglie, presentata come la donna perfetta perché dotata di una
intelligenza e bellezza. Se la moglie è perfetta, Catherine è il suo opposto: è una delusione, non solo perché non
è un maschio, ma anche perché è considerata da lui la ragione della morte della moglie. Un’altra parola chiave è
«entertain», “divertirsi”: non solo Sloper non sa leggere e comprendere la figlia, si prende anche beffa di lei,
fregandosene delle sue sofferenze. In un episodio si racconta che il dott. Slooper, quando Catherine è piccola, si
preoccupa che sia intelligente. La sorella gli chiede se secondo lui è più importante l’intelligenza o la bontà, ma
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tronca la conversazione in modo perentorio, dicendo che la bontà in questo mondo non serve a niente.
Pochi giorni dopo pronuncia questa frase: «non voglio doverla paragonare a un buon panino imburrato»: ironia
che sfocia in sarcasmo, riduce sua figlia a un mero oggetto. L’ironia si riscontra nella frase: «posibile che questa
magnifica ragazza sia mia figlia?» La definisce: «creatura regale». La sua caratterizzazione presenta una nota
dolente: alla fine del primo capitolo si racconta la morte del primo figlio (definito ironicamente «promettente»
nonostante avesse tre anni), insieme alla moglie. Il dottore resta solo, ha Catherine ma per lui è una delusione.
Per tale ragione (anche perché Catherine non si sposa alla fine della vicenda) il romanzo è definito «romanzo
dei vedovi».

* Lavinia. È la sorella di Slooper. Non evolve nel corso del romanzo, è un personaggio «caricaturale». Anche il
suo nome parla, significa «scribacchino», è cioè legato a una cativa letteratura, come le storie e le trame ricche
di artificio e finzione, che il personaggio cerca di elaborare, e che ci dà l’idea della falsità che vuole mettere in
atto. È una donna frivola, dotata di una scarsa intelligenza. La sua artificiosità è evidente nel modo di parlare e
nel suo modo di vestire. Nel suo primo ritratto la parola «fiori» risuona per due volte. È una donna alta, sottile,
bionda, amabile, ma non del tutto sincera (in opposizione a «natural»). Dal punto di vista letterario, rappresenta
la tradizione, che si oppone al romanzo realista (e quindi al dottor Slooper): la tradizione del romanzo gotico
(tant’è che nel corso del romanzo progetta una sua storia, fatta di matrimoni segreti, rapimenti: tutti gli elementi
tipici del gotico). Durante il viaggio del fratello e della nipote in Europa, Lavinia si sostituisce a Cathe. Accanto
a lei si colloca la signora Almond, l’altra sorella, che guarda con occhi puri Catherine, cercando di spingere suo
padre a considerare la figlia in modo diverso. Una delle aggettivazioni che zia Almond che le attribuisce è
«sincerità», una qualità di cui Morris tenta di accalappiarsi.

* Morris. È personaggio camaleontico, nel senso che non ha uno stile proprio. Il suo nome si associa a una città
che rimanda alla strana mobilità del personaggio, che è capace in modo camaleontico di adattarsi agli stili degli
altri personaggi. La prima sua caratterizzazione è la bellezza. Nel primo incontro con Catherine lei rimane in
silenzio. All’inizio i suoi silenzi sembrano segno di impaccio, ma poi acquistano forma di eloquenza diventando
forma di resistenza al tentativo di chiunque di attribuirle uno stile. Si nota sin da subito il contrasto tra la vera
naturalezza di Catherine e la finta naturalezza di Morris, che si sforza di presentarsi naturale. Ma la sua bellezza
fa sì che Catherine cominci a paragonarlo a delle opere d’arte, a statue (qualcosa di artificioso). Vuole Catherine
unicamente per la sua dote, il suo patrimonio, non è sincero con lei. I personaggi del romanzo sono caratterizzati
da uno stile, mettono in scena una lotta di stili.
Slooper: realismo; Lavinia: artificio;
Catherine: silenzio, non ha stile, lo deve trovare. Morris: camaleontico
Il primo incontro tra Sloper e Morris è uno scontro tra intelligenze: si evince la necessità reciproca di studiarsi
e di categorizzarsi, esprimendo un giudizio l’uno sull’altro. L’incontro avviene durante una cena alla quale sono
invitati altri ospiti, tuttavia al lettore non vengono presentati; l’invito di Morris nasconde una motivazione che
va oltre la semplice conoscenza di colui di cui la figlia potrebbe innamorarsi, bensì la parola «entertain» ancora
una volta: vuole divertirsi alle spalle della figlia. Tornano dunque le immagini legate alla sfera teatrale: dramma,
spettacolo, protagonista ecc. Morris riconosce sin da subito il dottor Slooper come un demonio, lo categorizza e
non ha simpatia perché comprende che questo astio è ricambiato.

* Il narratore. È onniscente, presenta tratti della biogradia di James, tanto che a un certo punto si lascia andare a
una parentesi topografica su New York. Nonostante tutto, rimane una funzione del racconto, anche se occupa un
ruolo a sé nel romanzo, pur rimanendo privo di nome poichè personaggio esterno alla vicenda narrata.
Come Catherine, anche il narratore subisce una trasformazione nel corso della narrazione: se inizialmente è più
vicino al dottor Sloper (si pensi all’estrema somiglianza del tono ironico e del linguaggio), successivamente va a
perdere la propria ironia nei confronti dell’amore che Catherine prova per Morris. Anzi, fa qualcosa che nessun
altro personaggio fa: si avvicina a Catherine, la vede con occhi diversi, fa il tifo per lei e comincia a raccontarci
la sua evoluzione.
Un personaggio che cresce nel corso del romanzo è la città di New York. Bisogna fare qui una distinzione tra
le città europee e le città americane. Le prime cresono a partire da un centro, seguendo un movimento rotatorio.
Le secondo si sviluppano in modo retto. Manatthan segue questo modello ma rappresenta un caso diverso, data
la sua peculiarità di isola, che rende la sua possibilità di crescita alquanto limitata. La linea retta in ogni caso ha
un movimento verticale, che sale, infatti Manatthan prevede una zona bassa (downtown),, una zona di mezzo
(midtown) e una alta (uptown). La prima rappresenta la zona delle origini, nucleo originario della città, la parte
della città che più assomiglia a una città europea: le strade non sono necessariamente dritte, hanno un nome, ed
è il luogo da cui prende le mosse la vita di Sloper. Nel primo capitolo si dice che dopo il matrimonio felice con
la moglie Catherine, presentata come l’opposto dell’omonima figlia, il dottore sceglie di far costruire una casa a
Washington Square. Gran parte del romanzo infatti è ambientato in questa città, ma non mancano riferimenti ad
altri luoghi. Col tempo la città di Washington Square assume la dimensione di «pianta a griglia»: poichè un’isola
fondata su rocce rigide, può permettersi una crescita verso l’alto. Il dottore stesso ha all’inizio una crescita, che
tuttavia non prosegue in alto come quella della città (la sua è una crescita interiore che si interrompe).

RITRATTO DI SIGNORA.






* Prefazione a Ritratto di signora. Le prefazioni, testi complessi, toccano questioni che non hanno direttamente
a che fare con il romanzo di cui parla. Innanzitutto comprendiamo la genesi dell’opera, la sua origine, o come
dice James il germe dell’opera. La genesi dell’opera non sta nella trama, ma in un personaggio femminile, una
giovane donna slegata da qualsiasi trama. Questo presupposto è la pietra angolare del romanzo, che dà vita a un
romanzo solido come una casa perfettamente costruita, nonostante il rischio che un personaggio, da solo, possa
generare un romanzo privo di architettura. Leggendo attentamente la prefazione, non solo Henry James racconta
la genesi e le particolari difficoltà che la scelta di questo germe e questa idea significano per il romanziere, ma
definisce anche una connessione tra il personaggio e il romanziere, entrambi descritti alla ricerca di una trama.
Isabel, protagonista del romanzo, subisce una doppia trama:
una a fin di bene, ordita dal cugino, che fa in modo che erediti una grande somma, permettendole di coniugare
l’indipendenza caratteriale e l’indipendenza economica;
una negativa, rappresentata dal matrimonio, che ha sempre rifiutato in nome dell’indipendenza. Ma Isabel
non è la vittima, è artefice del suo destino, compie delle scelte ragionate.

* Il romanzo possiamo dividerlo in due parti:


I) eroina del rifiuto: la donna giunge dall’America attirando l’attenzione di quattro uomini (un industrialista
americano, un rappresentante del vecchio mondo europeo e lord inglese, il cugino malato di tubercolosi che le
cede la sua intera eredità e il quarto, che occupa il centro del romanzo). Nonostante la difficoltà riscontrata da
James nella prefazione sulla difficoltà di fare un romanzo su un personaggio femminile per via della limitatezza
delle azioni che sono possibili alle donne nella società, si verifica un vuoto dal momento in cui Osmon le fa la
proposta di matrimonio, a cui Isabel non risponde, fino ai due anni successivi, in cui la protagonista diventa il
ritratto di signora, una donna infelice che ha dovuto sopportare la morte di un figlio.
II) momento della rilettura degli errori: Isabel si interroga sui motivi che l’hanno spinta a sposarsi con l’uomo
peggiore, incarnazione del potere maschile e patriarcale. James vuole mostrare come la via del matrimonio non
sia sempre la scelta più giusta. Il finale è agrodolce, perché infelice da un lato, e ricco di consapevolezza della
propria indipendenza dall’altro.

* James s’interroga sulla trama ideale per il suo personaggio, rifiutando la trama tradizionale del matrimonio.
Partiamo dall’analisi di un verbo che ricorre spesso: to do. In effetti sin dall’inizio del romanzo ci si chiede:
Isabel cosa farà? Questa domanda letteraria e storica al tempo stesso trova una risposta in qualcosa di diverso.
Il fatto che la storia continui dopo il matrimonio permette di scandagliare la sua personalità, andando oltre la
semplice trama. “A do” significa «rumore», termine di Shakespeare, creato intorno al personaggio per indicare
una serie di figure che creano una trama alternativa, un disturbo. Tutti i personaggi sono potenziali portatori di
una trama: hanno un’affinità, un contatto con la protagonista e le offrono un’alternativa possibile. E ci si chiede
cosa si può fare con un personaggio femminile? James fa un breve excursus sui personaggi femminili della lett.
inglese, ma non nomina Jane Austen: nomina Shakespeare, George Eliot. Si tratta di personaggi femminili che
sono importanti soltanto perché hanno a che fare con uomini importanti. James spiega il concetto attraverso una
metafora ripresa da Eliot, che definisce la figura femminile un fragile vaso, si chiede cosa farne di questo vaso.
La metafora che James riprende è quella dei pesi della bilancia: la centralità della figura femminile deve essere
legata alla sua umanità, quindi: non si deve solo mettere al centro del’attenzione la donna, ma l’io, tralasciando
l’introspezione degli altri personaggi. Bisogna concentrarsi quindi sul to be piuttosto che sul to do. L’avventura
di una coscienza femminile può essere altrettanto interessante se non più delle avventure tipiche dei personaggi
femminili (in poche parole: il matrimonio). Per dimostrare che l’avventura della coscienza femminile può essere
altrettanto interessante, prende a esempio il capitolo quarantadue, dove domina la staticità, poichè non succede
niente: nonostante l’immobile vedere, nonostante la staticità, c’è mobilità, perché la trama scorre. Isabel chiude
gli occhi e comincia a fare un bilancio della propria vicenda esistenziale. Dall’azione si passa alla riflessione,
alla rilettura. Isabel si è sposata, ma non ci viene raccontato né il momento del matrimonio, né altri momenti
fondamentali. Isabel ci viene mostrata seduta, con una candella accesa: il capitolo è un tuffo nella mente del
personaggio, anche grazie all’uso del discorso indiretto libero, per cui il narratore si nasconde alle spalle del
personaggio. Il termine «vedere» è significativo perché Isabel è sempre al centro degli sguardi di chiunque,
nonostante non sia sempre presente sulla scena. Ora è lei a guardare se stessa. La prima reazione è quella di
considerarsi vittima, chiusa, prigioniera a causa di Osmond.

* Man mano che la riflessione va avanti, Isabel riconosce la propria responsabilità, di non essere semplicemente
una vittima. Riconosce che ha fatto un errore di lettura. Riconosce che lui non l’ha ingannata, è lei che non l’ha
letto in modo giusto: quello che aveva considerato un uomo nobile sotto tutti i punti di vista è egoista. Scopre
ancora una volta che questo errore l’ha riportata dove non voleva andare, ad esser chiusa in un rigido sistema.
Per darci l’idea della trasformazione del personaggio James ricorre ad una metafora. In uno dei capitoli del
romanzo ci viene detto che Isabel considera il suo io come un bel giardino da cui torna sempre con un mazzo di
fiori. Adesso riprende l’idea del giardino, trasformandola. La notte di veglia e di riflessione nasce da una specie
di epifania: lei vede Osmond seduto e Madame Merle in piedi. Questa cosa le fa venire in mente che ci sia una
intimità diversa fra questi personaggi, la lotta di Isabel con l’ideologia e con se stessa è contemporanea allo
svilupparsi di una solidarietà femminile come atto di resistenza vero e proprio. Una scena significativa è quella
del capitolo quarantatrè, in cui Isabel accompagna Rosieè a un ballo. Da una parte c’è una frase significativa del
potere a cui Pancy, Madame Merle e poi Isabel sono costrette. Il punto di svolta rispetto alla creazione di una
forte solidarietà femminile arriva quando ormai Isabel ha in mano tutte le carte della vicenda: conosce il vero
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rapporto che c’è fra Madame Merle e Osmond, viene a sapere delle sue macchinazioni e decide di disobbedire al
marito e di tornare dove il libro era cominciato, a Garden Court, per dare il suo saluto a Ralph. Isabel decide di
andare a salutare Pancy nel convento dove è stata rinchiusa, il convento viene mostrato come luogo di
costrizione e repressione, è lì perché deve scordarsi di Rosieè. Isabel è sul treno, guarda fuori e in lei scatta
qualcosa, l’idea di un futuro, che ci sia ancora una strada davanti a lei nonostante tutto.

* James richiama le trame tipiche, già note del romanzo di formazione, rifiutandole. È importante comprendere
che la scelta di Isabella di sposarsi è consapevole, non è una trappola in cui cade; anche Osman si innamora di
lei, per quanto il suo amore sia da considerarsi tale, «fare di Isabel l’oggetto più bello della sua collezione»,
farla diventare la perfetta signora. Isabel vede in Osmond una specie di anima sorella, un’altra se stessa. L’errore
di Isabel è un errore narcisistico, perché cerca un’altra sé. Nel momento in cui ci viene detto che è innamorato,
ci viene detto che Osmod pensa che Isabel ha troppe idee e debba perdere un po’ della sua intelligenza. Tutti si
opporranno a questa scelta e il romanzo ci mostra un’Isabel che continua attivamente a difendere la sua volontà
contro tutti gli altri, facendo della sua scelta matrimoniale una scelta di indipendenza. Viene eliminata del tutto
la scena del matrimonio e i primi anni. Sembra paradossale e contraddittorio che, da un lato nella prefazione
James lamentava la mancanza di azioni di donne di un certo tipom ma poi elimina proprio quelle azioni nei suoi
romanzi; ad esempio non è raccontato il viaggio in Europa prima di sposare Osmond, ma ci viene raccontato
l’avventura e il dramma della consapevolezza di questo personaggio. finale amareggia molti lettori e lettrici ma
non è un finale totalmente tragico, e il ritorno a Roma di Isabel, che viene annunciato e non descritto, non
equivale ad un ritorno dal marito.

* Il primo capitolo comincia con la descrizione della cerimonia del tè, pratica sociale che indica una lezione che
Isabel dovrà apprendere, cioè che la società viene prima dell’individuo fortemente legato all’io. Uno dei luoghi
simbolici del romanzo è la casa; viaggia di casa in casa e questo è il luogo in cui il romanzo comincia e finisce.
La casa matrimoniale a Roma ha nome significativo palazzo Roccanera, vera e propria prigione nell’ombra.

* Il titolo Ritratto di signora va inteso in due sensi:


pittorico, perché l’intero romanzo è un ritratto in Progress, viene dipinto a poco a poco, attraverso un continuo
gioco di sguardi e pochi tratti descrittivi. Sappiamo che protagonista è una donna intelligente e presuntosa.
Isabel è stata congelata in un ruolo, per il quale deve essere una sorta di appendice del marito. Attraveso i suoi
occhi, rivediamo Isabel la prima volta dopo il matrimonio, che viene definita appunto ritratto di Signora.
Isabel è stata congelata in un ruolo, in cui è semplicemente un’appendice del marito. Inizialmente appare come
una apparizione vera e propria, come se venisse dal nulla, senza storia e senza origini. Nel dialogo che avviene
fra lei e Lord Warbournt è ribadito il concetto di libertà, che va insieme all’indipendenza. Soltanto con il terzo e
il quarto capitolo abbiamo il flashback, il ritorno alle origini, che però non spiega del tutto il personaggio, ciò
che lo spiega maggiormente è la casa e il luogo in cui la incontriamo, lo studiolo, che ci dà una idea del rapporto
con il mondo di Isabel prima che la sua storia abbia inizio. Ci viene descritta mentre sta leggendo una storia del
pensiero tedesco. La sua concezione dell’io è fortemente americana, che deriva dal trascendentalismo americano
che deriva dall’idealismo tedesco. Questo tipo di lettura è un segnale ed è importante che ci venga mostrato che
Isabel è un’appassionata lettrice, con la sua preferenza di immaginare quello che c’è fuori piuttosto che vederlo,
perché nel mondo esterno c’è delizia e spavento.

* Conversazione sull’io tra Madame Merl e Isabel.


Entrambe hanno concezioni contrapposte di quello che è l’io, ed entrambe estreme e sbagliate.
Madame Merl crede che l’io sia tutto proiettato nella vita sociale; la versione socializzata del sé che finisce
per dire io sono gli abiti che mi metto e le cose che indosso. Washington Square: se nella tradizione realistica era
tipico del romanziere descrivere case e oggetti per descrivere l’io del personaggio, il rischio era di rimanere in
superficie e non andare in profondità. Il self ha un guscio che va preso in considerazione, il self ha bisogno di
limiti. La sua concezione è così estrema che sembra annullare l’individualità più profonda di un individuo.
Isabel ha una concezione opposta, basata su un io individuale. Tuttavia anche in questo caso è un estremismo
e come sbaglia Madame Merl, sbaglia Isabel. Il rischio della concezione dell’io di Isabel è l’irresponsabilità
verso gli altri. I personaggi si dividono in characters: personaggi complessi, a tutto tondo (es: Madame Merle,
Isabel, Ralph), charicstures: personaggi piatti, unidimensionali (signora Touchett) e figure (Lord Warburton).
Lord Warburton oltre ad essere un personaggio complesso è anche rappresentativo del sistema della tradizione
inglese; Isabel è spaventata all’idea di essere introdotta in questo sistema, vi resiste, ma non resiste a Osmon.

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