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tenterà il rimedio estremo e tradizionale del “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, portando via

Catherine in Europa per un lungo periodo che poi si allunga ancor di più, Morris si trasferisce in casa del
dottore, berrà il suo vino, cincischierà nel suo studio, e si insedierà a Washington Square insieme a Lavinia,
e sarà questo l’unico modo per vivere temporaneamente in quel luogo. I due rimangono da soli, c’è la
descrizione da parte di Morris della stanza e degli
oggetti che la compongono, Catherine è percepita come un oggetto tant’è che Morris si assume il diritto di
studiarla liberamente. Lui le chiede di parlare di lei ma Catherine non ha molto da dire, le rivela soltanto di
non essere brava nel
Disegno, di avere una passione per il teatro e un grande interesse per la musica operistica (di Bellini e
Donizetti), di non amare la letteratura. Morris è d’accordo con lei: i libri sono «cose noiose». Ha inizio il
tentativo di Morris di assomigliarle perché è un essere camaleontico, tant’è che si attribuisce la qualità
principale di Catherine, cioè la naturalezza.
La seconda visita segna un ulteriore piccolo cambiamento in Catherine che si evince nella conversazione
con il padre, in cui per la prima volta risponde a tono cioè usando la stessa ironia del padre. Infatti quando
il padre le chiede con ironia se Morris le ha chiesto la mano, dopo un po’ di esitazione lei dice con 1lo
stesso tono: «forse lo farà la prossima volta». Il padre rimane ovviamente stupito, e quando Catherine si
difila in camera sua le viene in mente un’altra risposta cioè che Morris ha chiesto la sua mano e lei gliel’ha
negata.
La conclusione del capitolo è interessante, perché da un lato costruisce un’antitesi tra le due sorelle del
dottor Sloper, la signora Penniman, artificiosa, e la signora Almond, personaggio secondario ma con una
funzione importante perché è l’unica che vede Catherine con occhi diversi, soprattutto rispetto al fratello, la
quale cercherà di spingere quest’ultimo a osservarla con occhi diversi. C’è un dialogo tra fratello e sorella in
cui la Almond dice qualcosa di importante, cioè che il padre non rende giustizia a Catherine e introduce un
nuovo elemento: «sincerità» è una parola che si associa in modo prevalente a Catherine e che che Moriss
cerca di attribuire a sè stesso quando si propone come sincero e disinteressato corteggiatore di Catherine.
Ora la signora Almond inserisce un’altra variazione sul tema, dice che si deve tener presente che il calcolo
non significa necessariamente essere mercenari, ipotizza la possibilità che se pure Morris abbia tenuto
presente nel suo interese per Catherine la dote, questo non vuol dire che lei sarebbe infelice con lui. Ma noi
sappiamo che Morris si rivelerà interessato esclusivamente al denaro. Torna l’immagine dei vestiti e la
signora Almond è la sola che intuisce questi vestiti come una maschera con cui cerca di esprimersi
Catherine, ma la signora Almond intuisce che sotto questa maschera e questo stile falsato Catherine ne celi
uno suo.

SETTIMO CAPITOLO. Il dottor Sloper da buon investigatore sceglie di invitare a cena Morris e c’è il primo
incontro tra i due. Lui vorrebbe studiarlo da vicino per categorizzarlo ed esprimere un giudizio sul suo
conto. Anche in questo caso si può notare che non viene invitato soltanto Morris, ma gli ospiti non
sappiamo chi sono perché non vengono nominati nè descritti. Significativo è l’incipit del capitolo perché ci
mostra chiaramente che il dottore ha un’altra motivazione oltre all’indagine che sta compiendo,
motivazione che lo rende agli occhi del lettore ancora più colpevole nei confronti di Catherine: un verbo
importante è «entertain» che ora ricompare insieme a una serie di immagini legate al teatro: cioè il dottor
Sloper vuole divertirsi alle spalle della figlia. Tornano una serie di immagini e terminologie legate al teatro
(cioè il dramma, lo spettacolo, il protagonista). Il dottor Sloper non sarà solo spettatore ma si farà a un certo
punto lui stesso il regista di un altro spettacolo. Morris quindi viene invitato e seppure lo scontro vero e
proprio tra i personaggi è rinviato al momento della richiesta del matrimonio, è chiaro sin da subito che ci
troviamo di fronte a uno scontro tra intelligenze: entrambi i personaggi si capiscono al volo, si studiano e
sono in grado di giudicarsi a vicenda. Il primo giudizio a cui
giunge è che Morris ha la stessa sicurezza di un demonio; e Morris ha capito già tutto (cioè che il padre non




ha simpatia per lui), perché è come il dottore ed è in grado di riconoscere le qualità del padre. Ma
Catherine non capisce e infatti chiede di chi sta parlando. Morris le consiglia di chiederlo al padre ma lei
non ha il coraggio di contraddirlo nel caso in cui davvero il padre pensasse male, di conseguenza non gli
parlerà mai di Morris. «Io non dirò mai nulla di lei» è una frase importante tant’è che Morris le suggerisce
che cosa dovrebbe dire al padre, cioè che non importa nulla se a suo
padre Morris non piace. Nella pagina successiva si ripete la stessa battuta d’attacco («non gli piaccio»),
questa volta è rivolta alla signora Penniman, che risponde nel modo in cui Morris aveva richiesto da
Catherine («che importa?»). Quindi Morris riconosce che quella è la frase da dire, la frase che fa parte del
suo copione, che con l’alleanza di Lavinia cerca di mettere in atto. Un ultimo dialogo conclude il capitolo e
vede il dottor sloper con l’altra sorella, la Almond, nel quale
formula con più precisione la sua diagnosi. È questa anche l’occasione per ribadire l’importanza dello
sguardo su Cathe e la mancanza di questo sguardo da parte del padre. Nel dialogo risuona il termine
«bellimbusto», che appartiene al
gergo teatrale. Le sue osservazioni condannano Morris e il fatto che siano state fatte in una sola sera è
perché sono il
Frutto di trent’anni di studi. Allora Lavinia suggerisce che anche Catherine dovrebbe arrivare a queste
conclusioni che sono “giuste” perché ad arrivarci è stato il dottore. Il capitolo si conclude con una frase
ironica: «le comprerò un paio di occhiali». Anche in questa battuta si capisce che tutto è legato alla
questione degli sguardi, la signora Almond richiama il fratello alla possibilità di uno sguardo diverso rispetto
a quello che impiega per giudicare gli altri e soprattutto la figlia
E in questo è come se fosse superficiale dato che chi non riesce a vedere l’interorità e la sofferenza della
figlia è proprio lui quindi forse è lui a dover mettere gli occhiali.

OTTAVO CAPITOLO. Il capitolo ci presenta un mutamento di tono e di passo molto importante. Se


all’inizio il narratore e il dottore hanno lo stesso tono ironico nei confronti di Catherine e anche di Lavinia,
ora il narratore cambia strada.
l’incipit del capitolo è incisivo nel cambiamento, perché il narratore comincia a soffermarsi su Catherine, a
guardarla da vicino cioè fa cose che il dottore non fa. La sua voce è nuova, più sobria e semplice, non
ironica; comincia a provare più rispetto per i sentimenti di Catherine verso Morris. È il primo di una serie di
momenti in cui il narratore si avvicina a Cat. e così facendo permette anche al lettore di vederla per ciò che
è e coglierne l’interiorità. La scelta del silenzio è definita dal narratore la «muta eloquenza della povera
ragazza», un ossimoro perché dice che l’eloquenza di Catherine è muta. Ci fa quindi notare nel primo
capitolo di sguardo più ravvicinato rispetto a Catherine che il suo silenzio ha eloquenza, ha un suo stile, che
è diverso da quello della signora Penniman, di cui ci parla subito dopo. Il dottore nota che la sorella è
diventata taciturna con lui, non le parla più di Morris: la ragione è che la zia ha scelto la trama dell’intrigo e
del mistero. Ritorna anche il riferimento a un topic del romanzo gotico attraverso il termine «perseguitata».
Le trame della Signora Penniman sono letage a stereotipi letterari, e l’intelligente dottore lo comprende
perché è lui che la definisce così.

NONO E DECIMO CAPITOLO. Presenta un’altra scena a casa degli Almond; c’è un altro dialogo con
Morris, che si sente offeso dal modo in cui il dottor Sloper lo tratta, tanto che Morris prova a proporre a
Catherine un appuntamento all’esterno ma lei si rifiuta di accettare. La scena rappresenta un vero faccia a
faccia tra Morris e il dottore e si inizia a delineare la terribile alternativa a cui viene posta Catherine da
entrambi i personaggi, l!idea di dover scegliere e di mettere sulla bilancia i due affetti più importanti della
sua vita per poi rendersi conto che in realtà se lei li ama entrambi, nessuno dei due ama lei; un!annotazione
all!inizio del capitolo ci dà l!idea del tipo di relazione che il dottore ha con la figlia: il suo distacco che ignora
anche se vede il dolore della figlia, lo giudica come se stesse giudicando un!opera letteraria e dunque
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siamo ancora agli inizi dell!intreccio e decide in questa scena di mettere alla prova Morris, ma in realtà lo
offende parlando della sua situazione economica, della mancanza di un lavoro. I toni si fanno sempre più
accesi fino a quando arriveremo alla ad una vera e propria sfida e duello tra i due e tutto sul capo di
Catherine, che si trova tra due fuochi, dovendo scegliere uno e scegliendo Morris, ma le costerà
moltissimo.
Ritornano nel capitolo le immagini legate al contesto teatrale: emerge con maggior dettaglio quel
melodramma che sta costruendo Lavinia, un melodramma che non è solo costruito attorno a Catherine e
Morris ma nel quale lei stessa rivendica un ruolo da protagonista. Comincia processo di sostituzione, un
desiderare di prendere il posto di Catherine, che la induce, a conclusione della storia, a girare le carte e a
considerare che il suo affetto più profondo non è per Catherine, bensì per Morris, come se fosse lui suo
nipote. Ritorna il lessico del teatro a inizio del decimo capitolo: la signora Penniman diventa sempre più
protagonista, si sta impadronendo di tutti i ruoli, anche di quello di Catherine (il ruolo cioè di eroina). Il
romanzo ci sta lentamente mostrando come per questi tre personaggi, che dovrebbero ciascuno
interessarsi e amare Catherine, ma in realtà tutta la vicenda si sta trasformando in uno spettacolo teatrale.
Dopo il riferimento alla signora Penniman c’è un altro dialogo tra Morris e Catherine che ruota attorno alla
necessità di informare il padre dei loro sentimenti e quindi del fidanzamento, ma anche qui le convenzioni
della pratica sociale e del romanzo di matrimonio vengono capovolte perché è Morris che spinge
implicitamente Cathe a parlare con il padre, suggerendole ciò che gli deve dire. Toccherebbe a Morris
parlare con il padre, tuttavia è Morris stesso che la spinge implicitamente a parlare, scrivendo un copione
per lei. In conclusione Morris vuole da Catherine una dichiarazione di fedeltà (le dice di promettergli che, se
suo padre gli sarà contrario, lei dovrà continuare ad essergli fedele): Catherine ha già fatto la sua scelta ma
non può rispondere in questi termini, rifiutando le frasi messe dagli altri, e come spesso accade, la
conclusione è anche qui ironica (è interessante notare come l’ironia non sia rivolta a lei ma alla zia, che viene
richiamata in scena affinchè il narratore possa esercitare su di lei la sua ironia).

UNDICESIMO CAPITOLO. In questo capitolo Catherine si rivolge al padre per comunicare il suo
fidanzamento, e anche qui il capitolo ci mostra il sarcasmo crudele del dottore, che è l’arma principale che
utilizza nel dialogo con una figlia che fa fatica a tenergli testa e a rinunciare all’amore per il padre. Quindi
l’ironia del padre si contrappone alla semplicità delle parole e del modo di essere di Catherine. Allora prima
lei gli dice che deve parlargli, il padre già sa che la cosa che ha da dirgli riguarda Morris, poi c’è silenzio e
poi pronuncia le parole: «mi sono fidanzata!». Il padre trasalisce e poi chiede chi è il «felice mortale»?
(l’ironia tagliente è palpabile nelle sue parole). Catherine parla e non può non notare lo sguardo freddo del
padre, che in realtà non la guarda per niente. Le sue risposte sono dirette e semplici, con il tempo impara a
rispondere anche per le rime. Successivamente il dottore la definisce buona e semplice, cioè le sole qualità
che il padre riconosce alla figlia. E Catherine dice qualcosa che diventerà ricorrente: «mi sento molto
vecchia e molto saggia», due parole che ritornano nel romanzo anche più in là soprattutto al ritorno
dall’Europa, quando per esempio la zia Penniman le dice che è cambiata e lei risponde che è sempre la
stessa persona, solo più matura. il dottore ripete la sua diagnosi, parla dell!intelligenza di Morris e della sua
convinzione che Catherine non abbia nessuna dote se non il patrimonio per risultare attraente agli occhi di
Morris e tutto ciò riduce al silenzio l!eroina ed è interessante un breve commento del narratore verso la fine
del capitolo esprimendo un contrasto linguistico ritrovando in seguito quelle doti di eloquenza in difesa di
Morris e non è un caso che a fine capitolo utilizza parole simili per il padre.
È interessante il commento del narratore a questa scena, perché è l’unico che guarda Catherine e ci
racconta che se Catherine si sente più vecchia e saggia, in fondo sta ancora compiendo un percorso;
sembra lo stesso narratore dirlo con un certo imbarazzo perché dice che la ragazza si sedette con capo
chino e gli occhi sempre fissi su di lui (cioè lei lo guarda sempre, il romanzo ci dice sempre che il dramma di
Catherine non è solo quello dell’amore per Morris ma anche quello dell’amore per il padre), lo ammira, è
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soggiogata dallo stile del padre. Il capitolo sottolinea che siamo a metà: ci mostra bene che il processo
educativo è cominciato nel momento in cui si innamora di Morris, ma è combattuto perché prova
sentimenti forti anche per il padre. Il capitolo si conclude con la difesa dell’eloquenza di Catherine, la quale
attribuisce le stesse qualità al padre e anche a Morris: buono, gentile, generoso.

Il capitolo successivo è un capitolo in cui il narratore torna su Catherine. La struttura del romanzo è teatrale,
fatta di scene e dialogo. Il personaggio di Catherine si prepara ad un ennesimo dialogo con il padre.
Catherine riflette sul rapporto con la zia, su quello che è appena accaduto e il risultato è che si sente
vecchia e serena, non è qualcosa di negativo, sta acquisendo saggezza e forza. Catherine è andata dal
padre per dirgli che gli ha obbedito e non ha più visto Morris ma che desidera rivederlo. Catherine per la
prima volta nel rispondere al padre sembra dimostrare di aver acquisito un certo tipo di linguaggio. Con un
primo piano sul dottore ne notiamo tutta la durezza ma è un uomo intelligente e sa benissimo che sta
facendo soffire la figlia ma è sicurissimo di avere ragione. I sipari di questi capitoli sono sempre molto
significativi. Nell’ultimo capoverso il narratore ci mostra il dottore irritato dall’atteggiamento della figlia.
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DODICESIMO CAPITOLO. È il capitolo in cui Morris fa ciò che avrebbe dovuto fare sin da subito, cioè la
richiesta della mano di Catherine a suo padre. Più che una richiesta, è un vero e proprio duello tra due
personaggi intelligenti. Qui si rovesciano le parti, perché questa è una scena in cui il padre dovrebbe lodare
le lodi e la personalità della figlia, invece in qualche modo la definisce una ragazza debole e lascia che sia
Morris a difenderla. Il padre non vuole in sostanza che Morris sposi la figlia perché è povero, lo definisce
uno squattrinato. Infatti ricorre la parola «categoria», perché è proprio il pensiero categorico, strumento
valutativo e giudicativo, che il dottore invoca per il suo rifiuto. Morris è intelligente e dice che la figlia non
sposa una categoria ma un individuo. La sfida è legata a capire ama di più Catherine.

TREDICESIMO E QUATTORDICESIMO CAPITOLO. Il capitolo presenta un dialogo tra il Dottor Sloper e


la signora Almond, che rappresenta una sorta di controaltare del signor Sloper. Il primo in un certo senso
ha ragione nel dubitare della sincerità di Morris, ma si comporta in modo sempre più crudele e moralmente
sbagliato. L’ultima battuta del capitolo è importante perché ci dice su cosa conta il dottor Sloper, vale a dire
la contraddizione tra il voler usare la propria crudeltà nei confronti della figlia e l’amore che la figlia continua
a provare per il padre, le ci vorrà tempo per giungere alla consapevolezza che il padre non la ama e
neppure Morris. Le descrizioni nel romanzo sono scarne ed essenziali, invece questo è un momento diverso
perché ci spostiamo in un’altra zona di New York, a est di Washington Square in un quartiere più povero
dove abita una vedova con cinque figli.
La sua casa sia dall’esterno che dall’interno è minuziosamente descritta dal narratore, ogni dettaglio è
significativo nella tradizione del romanzo realista perché ci dà un quadro del personaggio: la casa
rappresenta il correlativo oggettivo del personaggio, che apparirà lindo, modesto, piccolo, minuto rispetto
al dottor Sloper. Egli è all’apice della scala sociale e questo serve a sottolineare la violenza di questo
incontro in cui in nome della sua idea di giustizia il dottor Sloper costringerà a far sì che la sorella parli male
del fratello e giunga in lacrime a dirgli di non accettare questo matrimonio. La descrizione ci ricorda che
questo è un romanzo storico. È tutto all’insegna del piccolo e minuto, lindo e ordinato. La vista dall’esterno
a cui si collega una deduzione che lo stesso Sloper fa. Il dottore inizia a irritarsi per un lieve ritardo della
donna, viene sottolineata l’umiltà priva di affettazione. Uno scontro tra due moralità diverse: fra quella che
risulterà la vera e sofferta umanità della signora Mongomery e di quel senso morale del Dottor Sloper che si
rivelerà crudele. Il medico utilizzando un termine tipico del suo linguaggio va subito al punto. Questo è il
capitolo in cui la crudeltà del Dottor Sloper è più evidente che mai. Il Dottor Sloper insiste sulla domanda

che è ovviamente problematica per la sorella di Morris che risponde, con sincerità, dicendo che è difficile
parlare del proprio fratello. Il Dottor Sloper non darà alcuna somma di denaro alla figlia se deciderà di
sposarsi con quell’uomo. Dall’egoismo passa ad un'altra “diagnosi”, il dottore si interrompe e smette di
parlare di categorie e tipi e dice lei ha sofferto immensamente. Dà una nuova diagnosi estremamente
calcolata e tocca una ferita nella signora Mongomery, lo fa con calcolo e la sta facendo crollare piano piano.
Da un lato la signora Mongomery piange davanti a questa affermazione. Torna in questo capitolo l’idea
della moralità. L’unica che sembra possedere una sincera moralità è la Signora Mongomery, lei tenta
nell’ultima pagina del capitolo una difesa del fratello dopo cedere al dottor Sloper. Il dottore è riuscito nel
suo intento. C’è la soddisfazione morale del Dottor Sloper.

QUINDICESIMO CAPITOLO. Esso porta avanti la vicenda fino al raggiungimento della crisi. La trama
prosegue su vari filoni che si incrociano. Ciascun personaggio scrive una trama per Catherine, silenziosa e
che mostra un lento processo di crescita in atto. Importanti saranno il tema della scrittura e anche la trama
gotica. Non a caso il capitolo si apre con uno sguardo su Catherine in silenzio. Questo silenzio viene
definito un muto rimprovero. I silenzi di Catherine diventeranno sempre più potenti ed eloquenti. Torna
quell’idea di divertimento. Da un lato vediamo una Catherine che ha problemi con l’espressione di sé e
della scrittura. Si torna spesso sull’idea dello sguardo. Catherine chiede di essere guardata e compresa, ma
(p.83) è lei che comincia a guardarsi, un processo di introspezione. Nelle parole di Catherine ci sarà sempre
l’idea di essere se stessa, non cambiare ma voler essere consapevole di se stessa. A Catherine non piace
scrivere ma piace copiare, ad esempio citazioni dai libri. Nelle pagine successive si parla dello scambio di
lettere con Morris. Catherine è silenzio e immobilità che si agita. La seconda parte del capitolo ci mostra la
trama gotica. Anche in questo caso i vocaboli che utilizza il narratore rimandano al metaletterario. Si
alternano romanzo gotico e melodramma. In questo momento di crisi Catherine rifiuterà il ruolo che la zia
pretende. Catherine sarò i grado di scrivere la propria storia e non farsi scrivere dagli altri.
Pagina 85 si fa riferimento in inglese al termine plot (in italiano tradotto con faccende), in realtà quello è un
chiaro riferimento letterario che viene però tradotto in modo non corretto. C’è un gioco ironico basato sulle
scelte dei vocaboli che fanno chiaro riferimento alla letteratura; questa è la parte più comica di un romanzo
amaro, in cui vediamo un personaggio che invita ad agire Catherine ma poi agisce lei al posto suo. I termini
usati rimandano a questa tradizione. La situazione è comica ma ci consente di prendere le misure di questi
personaggi. Morris si dimostra molto maleducato e fa aspettare mezz’ora la signora Penniman e Morris non
offre alla signora nemmeno il the che ha preso.

SEDICESIMO CAPITOLO.
È in continuità con il capitolo precedente. Continua il gioco sulla natura metaletteraria del romanzo. Il
narratore ci dà il pensiero segreto di Morris a pagina 89 che pensa fra se e sé che la donna è un’idiota. La
signora Penniman presenta la finestra della sua cameretta a Morris. Ad ogni modo la Penniman pensa di
dover dare un messaggio a Catherine, dicendole che l’uomo è stato lì. La scena si chiude con un commento
ironico. Morris se ne va immaginandosi ancora possibile proprietario della casa. Fra qualche capitolo,
quando il dottor Sloper e Catherine partiranno per l’Europa lui potrà istallarsi lì. Si attua una sorta di
sostituzione die personaggi. Morris prende posto del Signor Sloper.

DICIASSETTESIMO CAPITOLO
Catherine cerca di ricostruire la verità, fa domande a Penniman riguardo il suo incontro con Morris. La
signora Penniman dice che riferirà a Catherine quello che Morris le aveva detto. Anche la zia si accorge
dopo questo dialogo qualche cambiamento in Catherine. Catherine cerca di capire dalla Signora Penniman
se quello che ha detto Morris è vero ma accostando le due scene vediamo che la Signora Penniman
inventa. La signora Penniman dice: sei gelosa di me, rovesciando ancora una volta le cose. Si conclude con

una sprta di sconfitta della Penniman. La Signora Penniman si accosterà sempre più a Morris arrivando a
preferirlo a sua nipote. Siamo ad un punto centrale, il viaggio in Europa. L’Europa è l’ultima strategia che il
Dottor Sloper trova per impedire questo matrimonio. Per Catherine è l’ultima obbedienza al padre e per
Morris è l’ultimo tentativo per sperare che il Dottor Sloper cambi idea. Il dottor Sloper raggiunge l’apice
della crudeltà nei confronti di sua figlia. Catherine passa dalla cieca obbedienza alla comprensione
profonda di quello che il padre prova. Questo la trasformerà completamente e questa crescita sarà notata
da tutti. Ciò che rende diversa Catherine è la sincerità della sua passione che fa sì che progressivamente
Catherine si sottragga a quel costante tentativo da parte degli altri di parlare per lei e scrivere la sua storia.
Accetta di andare in Europa ma lo fa con una risolutezza d’animo che è nuova per lei. Morris è ben felice di
rimandare il matrimonio e lo fa con tono frivolo, continuando a considerare Catherine non sufficientemente
intelligente da modificare la decisione del padre. Non si descrive il viaggio in maniere attenta, c’è uno
scarso interesse per le descrizioni. Rimaniamo ancora a Washington Square. Morris prende il posto del
Dottor Sloper e la Signora Penniman sembra prendere il posto di Catherine.

Il capitolo successivo è un capitolo in cui il narratore torna su Catherine. La struttura del romanzo è teatrale,
fatta di scene e dialogo. Il personaggio di Catherine si prepara ad un ennesimo dialogo con il padre.
Catherine riflette sul rapporto con la zia, su quello che è appena accaduto e il risultato è che si sente
vecchia e serena, non è qualcosa di negativo, sta acquisendo saggezza e forza. Catherine è andata dal
padre per dirgli che gli ha obbedito e non ha più visto Morris ma che desidera rivederlo. Catherine per la
prima volta nel rispondere al padre sembra dimostrare di aver acquisito un certo tipo di linguaggio. Il
dottore che è sempre stato lontano dal melodramma, ora diventa melodrammatico. A pagina 102
Catherine spera ancora che il padre possa cambiare idea e lui risponde come un padre da melodramma,
con toni che contrastano con il suo rigore scientifico. Il dottore si rallegra del dolore inferto alla figlia. Il
capitolo successivo è quello della notte orribile, c’è ancora una delusione nonostante la notte sia stata
davvero orribile per Catherine. Proprio perché nel capitolo precedente il dottore ha assunto toni da
melodramma il tono si fa più alto, la tensione si fa più alta ma anche comica, perché la Penniman dice :”a
me sembra tu parli come un vero autocrate.” Il dottor Sloper torna alla realtà. Lavina vorrebbe avere la
soddisfazione di vedere Catherine di recitare il suo copione. Ma Catherine non dà soddisfazione alla zia, la
quale piuttosto che rallegrarsi che la nipote stia meglio prova a darle indicazioni su come comportarsi. Il
romanzo mette in luce la forza di Catherine di voler essere se stessa. Il narratore ci fa entrare nei pensieri e
nelle contraddizioni di Catherine. Il capitolo si chiude con un breve riferimento ad una lettera di pochissime
parole. Con il capitolo venti arriviamo ad un incontro decisivo fra Morris e Catherine perché il tema di
questo incontro è il matrimonio, scegliere come agire rispetto alle circostanze e alla minaccia del padre. La
bellezza di Morris è la cosa che più l’aveva attratta sin dall’inizio. Morris fa la proposta di matrimonio a
Catherine secondo lo stile melodrammatico di un matrimonio fatto su due piedi, all’improvviso. Catherine
riesce a parlare con il padre solo usando il linguaggio dell’ironia. Catherine dice che ha scelto Morris.
Catherine esita pensando al padre e Morris torna all’attacco, ancora una volta su padre e la paura e accusa
Catherine di avere paura del padre. Catherine si trova in mezzo tra Morris e il padre. Un capitolo teatrale di
doppio dialogo: un primo dialogo fra il dottor Sloper e la Signora Almond e poi un dialogo fra la Signora
Penniman e Morris, dove rivediamo il proseguimento della trama gotica ma in un’altra forma. La signora
Penniman sembra cambiare trama davanti all’annuncio del dottore. Il capitolo sembra aprirsi con una
ripetizione: “non lo molla, non lo molla.” Il Dottor Sloper capisce il significato di queste parole e sa che si
attendono che cambi idea e che venga a più miti consigli. Viene usata la parola superficiale, parola chiave
nella critica di James sul realismo francese che rimane in superficie e non va a fondo dell’anima. La Almond
cerca sempre di ricordare al signor Sloper di dover andare in profondità e non rimanere in superficie. La
soluzione che il Dottor Sloper ha trovato è quella di allontanare la figlia e portarla in Europa. La scena si
chiude e inizia una seconda scena a due, cambia il linguaggio e il tipo di stile. L Signora Penniman ha

ripreso i contatti con Morris anche dopo che la nipote glielo aveva vietato. Si fa seguire fino alla porta di
una chiesa ma non quella dove va di solito, una meno elegante. Quello che la Signora Penniman vuole dire
a Morris è che ha ripensato al matrimonio immediato e anche a Morris fa comodo il nuovo progetto. Il
consiglio è di essere molto paziente, di vigliare e attendere. Morris continua ad essere ironico nei suoi
confronti. Nello spiegare il suo cambio di programma diventa melodrammatica. La Signora Penniman
ricorda che Catherine tiene così tanto a Morris che, pur avendo detto altro, lui può cambiare idea. Siamo
giunti al momento di crisi fra Morris e Catherine ed è quello che il capitolo successivo ci disegna: la grande
crisi che si concluderà con il cambiamento di programma e ancora una volta Catherine si trova sballottolata
fra la trama del Dottor Sloper che la porta in Europa e l’allontana, quindi la necessità di ubbidire. Il viaggio
in Europa segnerà un discrimine, il viaggio doveva durare 6 mesi ma dura 12 mesi, si parla molto poco del
suo viaggio in Europa ma si vede un’unica scena che è stata molto criticata perché ritenuta piena di
steriotipi, ma in realtà è qualcosa che James fa volutamente. La scena è da romanzo gotico, il Dottor Sloper
minaccia la figlia come un villain del gotico. Il dottor Sloper utilizza un linguaggio talmente duro che dopo
questo anno passato da sola con il padre Catherine si convince che il padre non la ama.

DICIOTTESIMO CAPITOLO
Questo capitolo ci porta in Europa: si apre e si chiude con due immagini che utilizza il Dottore per
descrivere la figlia. Il silenzio di Catherine irrita profondamente il padre e dice che praticamente è priva di
intelligenza. L’Europa non è descritta tranne per una valle. È una strana descrizione, è piena di clichè.
Qualcuno ha visto in questa scena una sorta di caduta di tono nel romanzo. Ci vuole mostrare qualcosa di
abbastanza sorprendente nel personaggio del Dottor Sloper. Attraverso questa scena gotica il narratore ci
mostra come nella sua crudeltà si avvicini alla Signora Penniman e all’estremo opposto. Il Dottor Sloper
diventa una sorta di villan gotico. Il Dottor Sloper ammette di poter essere un uomo collerico e durissimo.
C’è quasi una minaccia fisica che si nasconde in questa scena. Una muta intensità che lo rende pericoloso.
C’è un altro dialogo fra Catherine e il padre in cui il padre le chiede di comunicargli se andrà via con Morris.
Catherine dice che non la perderà, non sta perdendo una figlia, in realtà la perderà a causa della frase che
dice in chiusura, dicendole che portandola all’estero il valore è raddoppiato, poiché un anno fa era un po’
rustica. Descrive Catherine come una pecora sacrificale ingrassata. Queste parole sono parole su cui
Catherine rifletterà fino a giungere a una dolorosa amara ma giusta e consapevole conclusione.

DICIANNOVESIMO CAPITOLO
Assistiamo a uno storico dialogo fra Catherine e la zia, in cui il cambiamento nel personaggio di Catherine è
visualizzato con nettezza. La zia è contenta di comunicare a Catherine che ha quasi vissuto con Morris.
Cerca di interpretare Morris per lei e di spiegarglielo e Catherine è giustamente infastidita e legge tutta la
falsità nella zia. Catherine è affilata come un tempo era il padre nel rispondere alla zia. Il commento ironico
in risposta all’affermazione riguardo allo scialle regalato alla zia induce la zia a farle dire: Catherine sei
cambiata. Catherine risponde che non è cambiata ed è sempre la stessa, ma invece Catherine è cambiata
perché è consapevole di voler essere se stessa. Catherine dice che non riuscirà mai a far cambiare idea al
padre e che da lui non si aspetta più niente. È giunta alla dolorosa consapevolezza che il padre non la ama.
È tornata per sposarsi e dovrà scontrarsi con l’altra grande ferita che le sarà
inferta da Morris. Il cambiamento di Catherine diventa anche un cambiamento fisica, ci viene detto che è
diventata bella. È più consapevole di sé, ha acquisito molta sicurezza. Il capitolo si chiude con un discorso
di Catherine. Il discorso di Catherine è autorevole, quasi spaventa e mette a tacere il Dottor Sloper. C’è
dopo l’incontro con Morris e qui inizia a sfaldarsi il sogno di Catherine e questa idea per cui è tornata. La
cosa dura per alcuni capitoli perché Morris oltre che a mostrarsi nella sua venalità non ha il coraggio nel dire

che ha cambiato idea e la vuole lasciare. Segno della maturazione del personaggio di Catherine è che sarà
lei a dirgli di no. Morris è ferito nell’aver perso nel duello con il padre. Catherine dice: come può essere
battuto se ci sposiamo. Lei dovrà capire che entrambi gli uomini che ha amato in realtà non la amano. Le
scene dialogiche una con la zia l’altra con Morris sono molto simili. Il dottor Sloper capisce che Morrisi si è
aggirato fra le sue cose, in casa sua. I termini usati sono quelli delle trame gotiche anche se adesso sin
passa dal matrimonio clandestino alla scena madre della rottura. Morris non lo dice a Catherine ma lo dice
alla Signora Penniman. Nelle parole di Morris risuona il modo di parlare del Dottor Sloper. In questa serie di
rinunce c’è la rinuncia anche di Lavina. il narratore riprende l’immagine del coltello del sacrificio. Vediamo
questo personaggio abbandonato da tutti. Continua la pratica del linguaggio indiretto da parte di Morris
che chiede aiuto alla zia per preparare Catherine. La scena si chiude di nuovo con un tentativo di scrivere
fino all’ultimo la storia di questo personaggio che invece resisterà con grande forza e poi con l’ironico
riferimento alla scena dell’ultimo addio. Morris parla di viaggio, di lavoro, non trova la forza finché nel
momento in cui Morris sta per andare via, Catherine dice Morris lei vuole lasciarmi. Così si conclude il
capitolo quando c’è un nuovo affondo su Catherine da parte del narratore, vicinissimo al personaggio e ci
racconta la passione e il dolore e la consapevolezza. Nel dolore e nella sofferenza rivendica il proprio esser
sola e la propria autonomia. Vivrà dentro di sé la propria sofferenza senza volerla comunicare a nessuno.
Quello che ci viene raccontato è il desiderio che il padre non sappia cosa è successo e al padre non lo
racconterà mai. il padre comprende, abbiamo un’altra scena comica in cui nel dolore della scena, il padre di
Catherine dice che ‘la canaglia si è tirata indietro’ e la signora Penniman, che ha suggerito a Morris di tirarsi
indietro, dice ‘Mai.’. Importanti le parole che il narratore usa per indicare le emozioni e i sentimenti di
Catherine, che parla con durezza alla signora Penniman. La signora Penniman l’ha tradita e rinuncia a lei
come ha rinunciato al padre e come rinuncerà a Morris e sarà sola. Attraverso un altro parallelismo che
riguarda sempre il dottor Sloper e Morris, vedremo che entrambi si rivolgeranno a lei attraverso uno scritto.
Morris non ha il coraggio di un congedo di persona le scrive una lettera, mentre le parole del dottor Sloper
saranno nel testamento. In entrambi i casi Catherine commenta le parole scritte che riceve dall’uno e
dall’altro. È la lunga lettera con cui la lascia. Ironicamente il narratore separa l’amarezza, l’insincerità che lei
coglie in Morris e poi l’apprezzamento stilistico. Rispetto a tutta questa vicenda, Catherine non darà mai al
padre la soddisfazione di conoscere fino in fondo la verità. Quando il padre le chiederà spiegazioni, dirà
che è stata lei a rompere il fidanzamento. La vicenda ormai si è praticamente conclusa, resta adesso
l’epilogo. A partire da questo momento, accade qualcosa di parallelo. Il tempo che si è mosso a passettini
in questo succedersi di scene adesso riprende a cavalcare velocemente e a spostarci avanti nel tempo, fino
a darci l’ultima scena che vede la ricomparsa di Morris. Il narratore ha compiuto un percorso d i conoscenza
ed è consapevole della ferita del dolore id Catherine, il dottore no e il narratore lo punisce dandogli un
castigo per il sarcasmo. Il dottore non si rassegna ma non avrà mai questa soddisfazione. Il dottor Sloper è
incapace di vedere la figlia. Il narratore lascia scorrere velocemente il tempo. Il Dottor Sloper invecchia ma
pur invecchiando vede solo la superficie della figlia. Ci viene detto appunto velocemente che ci sono altri
corteggiatori per Catherine e che rifiuta tutti nonostante il padre questa volta vorrebbe che si sposasse e
invece Catherine resta ferma nella sua nuova forza e consapevolezza che il narratore esplicita. Viene da
queste ferite e da questo dolore la consapevolezza e la forza che il personaggio acquisisce alla fine della
storia. James dà un finale simile a quello della lettera scarlatta. Catherine smette di parlare con il padre e
con la zia ma è apprezzatissima nella comunità.

VENTESIMO CAPITOLO
Si avvicina il momento del congedo dal padre. Ancora una volta non avrà quello che desidera da Catherine
e ancora una volta constateremo che l’antiretorica di Catherine risulta incomprensibile per Sloper. Il padre
chiede a Catherine di prometterle di non sposare Morris e Catherine è indignata da questa richiesta. Suo
padre stava cercando di trattarla come l’aveva già trattata anni prima, era stata così umile in gioventù che


ora si poteva permettere di avere un po’ di orgoglio. Le ultime parole del Dottor Sloper sono le parole
contenute nel testamento. Il commento di Catherine a questo testamento è ancora una volta stilistico –
linguistico: Catherine dice che avrebbe voluto che il testamento fosse stato formulato diversamente. Ancora
una volta a distanza di tanti anni, così come il padre aveva fatto, anche la Signora Penniman torna a parlare
di Morris, cercando di provocare un incontro. Catherine non vorrebbe ma senza la sua approvazione
avviene questo incontro. La conclusione del romanzo è una conclusione certamente non felice,
contrariamente a Jane Austen. Con James ci siamo spostati su un tipo di trama diversa. Una trama che non
prevede necessariamente personaggi femminili che sono personaggi centrali dei romanzi di James. Il
romanzo che abbiamo letto è un romanzo che oltre a raccontare la storia di questo personaggio attraverso
la dimensione stilistica e metaletteraria fa un discorso su nuove trame rispetto alla tradizione. La trama che
ci propone è una trama diversa che mira a una introspezione del personaggio, ad una crescita del
personaggio e questo può esser per James più avvincente ed interessante della tipica trama matrimoniale.
Il tempo è trascorso, è passato un quarto di secolo, il padre non c’è più lasciando come ultima parola
categoria e mostrandoci che non è cambiato, lo stesso vale per la zia Penniman e per Morris, che sono di
nuovo in combutta. La zia ripropone a Catherine la possibilità del matrimonio. L’unico personaggio che è
cambiato dalla sofferenza è Catherine. Nonostante i dinieghi di Catherine che non ha voglia di incontrare
Morris, egli arriva in casa. Ritroviamo una Catherine silenziosa, vengono sottolineati i suoi eloquenti silenzi.
Quello che conta sono le ultime parole del libro, l’ultimo sguardo che il narratore getta su Catherine.
L’immagine di Catherine silenziosa, in salotto, contrapposta alla signora Penniman che dice a Morris che
Catherine tornerà. La parola importante – in inglese – è quella che definisce il ricamo. James sceglie come
termine fancy work, significa ricamo ma anche lavoro di fantasia. Mostra un personaggio diverso,
consapevole, autonomo, che ha dato forma alla sua vita e alla sua storia. Il finale è amaro e la condanna alla
solitudine ma non è del tutto tragico o triste, perché ha rifiutato il disegno degli altri e ha in mano la propria
storia e la propria vita attraverso l’immagine del fancy.

Ritratto di Signora segue di un anno Washington Square, in realtà James ci lavora contemporaneamente. È
un romanzo più complesso di Washington Square.

HENRY JAMES :
RITRATTO DI SIGNORA

La prefazione di Ritratto di Signora è molto complessa, può essere utilizzata per cogliere alcune questioni
importanti. Comune in queste prefazioni è la delineazione dell’origine dell’opera. James definisce questo il
germe dell’opera, racconta la genesi del romanzo di cui sta parlando. La genesi dell’opera sta
nell’emergere di un personaggio femminile, slegata da qualunque trama. Questa diventerà la pietra
angolare del romanzo e creerò un personaggio solido per quanto un personaggio slegato da ogni trama
possa creare un romanzo privo di architettura. Generalizza dicendo che di solito parte dal personaggio e
non dalla trama. Insiste nel raccontare una dissociazione fra personaggio e trama. La trama viene definita
nefanda. Leggendo attentamente la prefazione non solo James racconta la genesi e le particolari difficoltà
che la scelta di questo germe e questa idea significano per il romanziere, ma
definisce anche una connessione fra il personaggio e il romanziere. Romanziere e personaggio possono
essere descritti come in cerca di una trama. Isabel subisce nel romanzo due trame: una trama a fin di bene
ordita dal cugino, che fa in modo che Isabel diventi quello che è. Plot come trama ha doppio significato:
trama narrativa e trama ordita da qualcuno. C’è anche una trama negativa che porterà al matrimonio di
Isabel al centro del romanzo. Tutti i personaggi che la circondano si fanno portatori di una trama e Isabel
come Catherine cercherà di resistere ad ogni forma id trama. Ne abbraccerà una nel romanzo e sarà la
peggiore che potrebbe abbracciare: la scelta matrimoniale. Isabel non è semplicemente una vittima. Isabel

dichiara in tutta la prima parte di voler rifiutare la trama matrimoniale in nome dell’indipendenza, vedremo
però che alla trama matrimoniale giungerà al centro del romanzo.

Al centro del romanzo abbiamo un vuoto tra il momento in cui Osmon fa la sua proposta di matrimonio e
non abbiamo nemmeno la scena dell’accettazione da parte di Isabel. Lo veniamo a sapere dagli altri
personaggi che cercano di ostacolare questa scelta e poi la vediamo dopo due – tre anni divenuta ritratto
di signora, infelice. Il matrimonio è al centro e tutta la seconda parte sarà un lungo processo di rilettura
della propria storia da parte del personaggio di Isabel. Isabel dovrà rendersi conto perché tra tutti i suoi
corteggiatori ha sposato il personaggio peggiore e quello che la rende infelice, l’incarnazione del potere
maschile e patriarcale. Vedremo Isabel lottare contro questa ideologia incarnata dal personaggio del
marito, è però anche introiettata dentro di lei e quindi funziona. Anche in questo caso il finale sarà agro –
dolce, infelice ma di acquisizione di consapevolezza. C’è analogia nella trama tra romanziere e come si
descrive il personaggio.

Il romanziere si descrive come uno che rifiuta la trama tradizionale, il romanzo è pieno di riferimenti
metaletterari. Il verbo che ricorre spesso è to do, fare. Al termine nefando di plot, James sostituisce il
termine rumore. I personaggi saranno potenziali portatori di una trama, se ciò è vero per i personaggi
maschili ed è più logico ed evidente, dato che sono portatori di una certa trama matrimoniale, continuano
ad essere una possibilità anche dopo il matrimonio. Ciò è vero però anche per i personaggi femminili, sia la
zia infelicemente sposata che vive separata dal marito, l’amica Erietta, modello di donna nuova, giornalista
americana. Tutti questi personaggi hanno un punto di contatto, una affinità con Isabel e mostrano una
possibile trama. Ciò che il personaggio fa nella prima parte del romanzo è rifiutare, con il rischio che questo
comporta, cioè essere semplicemente spettatore del mondo, non agire ma guardare gli altri. Si pone
ancora la questione che cosa si può fare con questo personaggio.

Dunque come si è visto nella prefazione James fa una sorta di breve excursus sui personaggi femminili nella
letteratura inglese, non nomina Jane Austen ma si sofferma su personaggi Shakesperiani e su una
romanziera vicina nel tempo George Eliot.
Ci sono stati personaggi femminili estremamente importanti ma perché sono importanti per gli uomini per
cui erano importanti. James è scrittore metaforico per eccellenza e usa una metafora: riprende un’immagine
di George Eliot che definisce la figura femminile uh fragile vaso e si chiede appunto cosa fare di questo
personaggio. Come spesso fa in queste prefazioni James richiama una sorta di dialogo con se stesso,
l’immagine è quella della bilancia e dei pesi della bilancia. Bisogna dare ai personaggi femminili un ruolo
uguale se non superiore ai personaggi femminili. Importante è stabilire il rapporto con i personaggi satelliti.
James ci fa capire che questa è la svolta nella genesi del romanzo, l’idea che un romanzo incentrato non sul
fare ma sull’essere (beeing). L’avventura di una coscienza femminile potrà essere altrettanto interessante se
non più delle avventure raccontate da Stevenson.

Ci può essere comunque una avventura avvincente per il lettore anche senza battaglie, sottolinea
l’importanza di alcune scene (p.57): Isabel quando trovo Madame Merl al piano e riconosce in quella
presenza una svolta nella sua vita. Sceglie questo momento nella prima parte del romanzo, in cui non
accade nulla di particolare se non un dialogo. Poi sceglie un altro momento per dimostrare quale sia la
nuova idea di trama e di romanzo ed è quello che lui stesso definisce uno dei momenti migliori del libro, in
cui davvero si realizza a pieno la sua idea. Quello che dice James attraverso quell’immagine non è del tutto
vero, diventerà vero nei romanzi più vicini al tempo delle prefazioni, in cui ci sarà una continua centralità
della coscienza di un personaggio all’interno del romanzo. Isabel è sempre al centro dello sguardo del
narratore e di se stessa, ma non è sempre figura centrale. Ci sono momenti in cui Isabel non è presente.

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Non è un caso che James scelga questo momento e lo descrive come il migliore del libro. Pur essendo
partito dall’idea di scrivere un romanzo con al centro un personaggio femminile che possa essere
estremamente interessante, James giunge a dire che anche una vita interiore può essere interessante. La
cosa più avvincente del romanzo è un capitolo statico in cui in apparenza non succede assolutamente nulla.
Sta parlando del capitolo 42, è una situazione assolutamente statica, siamo appunto nella seconda metà del
romanzo. Isabel si è sposata ma il matrimonio non ci viene raccontato. Avvenimenti fondamentali per
tradizione non vengono raccontati, ma si sofferma invece sul primo momento del romanzo in cui Isabel
comincia a ripensare al suo passato e a se stessa, Isabel fa una operazione non dissimile da quella che fa
Elizabeth quando legge la lettera di Darcy.
Isabel ci viene mostrata seduta, c’è solo una candela accesa. Questo lungo capitolo non è altro che un tuffo
nella mente del personaggio. Il narratore quasi si identifica con il personaggio, è nascosto alle spalle del
personaggio e noi seguiamo questo suo immobile vedere che non è che il primo passo di un processo
introspettivo. Il termine vedere è un altro termine cruciale per il romanzo.

PRIMO CAPITOLO
Inizia con la descrizione di una cerimonia, la pratica sociale del the. Sembra che Isabel debba apprendere la
lezione secondo cui la società viene prima dell’individuo. Il viaggio di Isabel potrebbe anche essere indicato
come un viaggio di casa in casa. È questo il luogo in cui il romanzo inizia e finisce. Il termine Garden court
unisce in sé interno ed esterno. Attraverso un flashback torneremo indietro in America. La descrizione della
casa è una sorta di viatico per dirci qualcosa del personaggio. Dopo l’eredità ricevuta da Isabel la seguiamo
in Italia, dove si svolgerà la maggior parte del romanzo. Luci e ombre sono presenti già qui, perché nella
descrizione siamo in quell’ora del crepuscolo in cui l’ombra cala ed è data dal fatto che presento verranno
meno tre die personaggi. Se questa ombra è presente sin dall’inizio si addenserà man mano che il viaggio
proseguirà. Sarà interessante paragonare le varie descrizioni delle case. La casa matrimoniale di Isabel che è
a Roma e anch’essa ha un nome significativo: si chiama palazzo Roccanera.
Questo capitolo è strutturato su un gioco di sguardi. È come se ci fosse un occhio incorporeo di un
osservatore ipotetico che descrive. Come la scelta evidente di riferire l’ingresso in scena della protagonista
così anche quello die personaggi presenti nel capitolo. I personaggi sono presentati prima per litote e poi
attraverso le loro ombre. Abbiamo la descrizione del luogo e del rapporto che lega il vecchio signore alla
casa di Garden court. Man mano cominceremo ad avere una conversazione e il tono è comico. La parola
facezie è continuamente ripetuta nell’intero capitolo. Vengono delineati alcuni dei temi fondamentali che il
romanzo dovrà affrontare e che sono tutti collegati l’uno all’altro, da una parte l’importanza della ricchezza e
del denaro. Dall’altro il tema del matrimonio. A sostenere l’importanza e la necessità del matrimonio è un
vecchio che ha avuto un matrimonio fallito come il signor Tachet. Il problema della libertà e
dell’indipendenza. Come viene chiarito dalla interpretazione del telegramma della signora Tachet che parla
dell’arrivo di una nipote. Come detto in questo primo capitolo, ci sono vari tipi di indipendenza. James
gioca con le aspettative del lettore, disattendendone le aspettative.
Il titolo del libro è pittorico ma va inteso in vari modi. Tutto il romanzo è un ritratto in progress che viene
dipinto a poco a poco. Un ritratto che procede lentamente all’interno del romanzo, abbiamo pochissimi
tratti descrittivi, sappiamo che è una giovane donna intelligente e presuntuosa, dandoci un segno
importante del narratore rispetto al personaggio e parlando di una dote l’intelligenza e di un vizio, la
presunzione. Quanto all’altro significato del titolo è quello che emerge quando questa espressione appare
per la prima volta all’interno del romanzo. Quando ci riavviciniamo alla vita e alla storia di Isabel tramite il
subplot, la trama. L’assoluta centralità del personaggio di Isabel di cui parla James nella prefazione non è
del tutto vera. Essenziale nella seconda parte del romanzo è questo momentaneo distanziarsi da Isabel e

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non dirci nulla dall’esterno del fallimento del suo matrimonio. Attraverso Rosieè, personaggio centrale del
subplot, che vediamo il palazzo di Roccanera, il palazzo che imprigiona Pancy, la sua innamorata.

Attraveso i suoi occhi rivediamo Isabel la prima volta dopo il matrimonio e viene definita appunto ritratto di
Signora. Isabel è stata congelata in un ruolo, in cui è semplice appendice del marito. In questo capitolo ci
appare come una apparizione vera e propria come se venisse dal nulla, senza storia e senza origini.
Nel dialogo che avviene fra lei e lord Warbournt viene ribadito il concetto di libertà, che va insieme
all’indipendenza. Soltanto con il terzo e il quarto capitolo abbiamo il flashback, il ritorno alle origini che
però non spiega del tutto il personaggio, ciò che lo spiga maggiormente è la casa e il luogo in cui la
incontriamo, lo studiolo, che ci dà una idea del rapporto con il mondo di Isabel prima che la sua storia
abbia inizio. Ci viene descritta mentre sta leggendo una storia del pensiero tedesco. La sua concezione
dell’io è fortemente americana, che deriva dal trascendentalismo americano che deriva dall’idealismo
tedesco. Questo tipo di lettura è un segnale ed è importante che ci venga mostrato che Isabel è una
appassionata lettrice .La preferenza di Isabel di immaginare quello che c’è fuori piuttosto che vederlo,
perché nel mondo esterno c’è delizia e spavento.

CAPITOLO QUARTO
Di Isabel si dice che possedesse l’intelligenza. Alla fine Isabel è caratterizzata come un originale rispetto al
suo contesto, come diversa. Viene descritta un’Isabel originale rispetto al suo contesto, quasi straniera,
diversa. In modo essenziale alla pagina 30 quando si parla dell’immaginazione di Isabel ci viene presentato
un personaggio che al contrario delle sorelle vuole gettare alle spalle il proprio passato, vuole ricominciare
e avere una strada davanti. Non a caso ala fine del romanzo nonostante il romanzo termini con il suo ritorno
a Roma, in realtà il romanzo si conclude ancora con Isabel che ha un cammino davanti a sé, a sottolinearci
ancora questa ricerca. Ci viene presentata come accanita lettrice. Quando la seguiremo nel suo percorso,
non la vedremo più leggere i libri ma fare uno sforzo di lettura che riguarda il mondo esterno e poi se
stessa. Questo flashback si conclude con una rapida apparizione di Woodwod. Le due trame matrimoniali
principali di questa parte sono già aperte e attivate. Rimangono per tutto il romanzo anche dopo i rifiuti di
Isabel, anche dopo il suo matrimonio, sempre potenzialità aperte, trame mai davvero concluse. C’è un
finale che lascia intendere al lettore una possibile conclusione matrimoniale. In qualche modo Isabel è
attratta da entrambi gli uomini, qualcosa da cui Isabel si possa sentire attratta, Caspar è americano come lei
e incarna anche lui a suo modo un’idea di indipendenza e libertà che è iscritta nella Dichiarazione
d’Indipendenza americana. Egli parlerà la stessa lingua di Isabel, dicendo che vorrà darle di nuovo
indipendenza e libertà, è il personaggio più sensuale fra i corteggiatori di Isabel, non a caso l’unica scena
che comporti un bacio è la scena con lui. Caspar, un nome così gutturale e Woodgood (che significa buon
legno in qualche modo). A queste trame matrimoniali si accosterà l’altra trama che riguarderà Tacher, che è
il personaggio più vicino ad Isabel, che più l’ha amata e che più Isabel amerà, quando disobbedendo al
marito andrà da lui. In tutta la prima parte del romanzo, Isabel sceglie di non scegliere poiché scegliere
potrebbe significar eprivarsi di altro. Ci si sofferma molto sul suo personaggio e sul suo rapporto con Isabel,
utilizzando spesso delle metaforedi arte nel piacere che questo personaggio prova nel guardare Isabel.
Queste tre trame sono già tutte avviate nello svolgersi dei capitoli continueranno ad intrecciarsi. Quali
motivazioni hanno queste scelte di non scegliere, questi rifiuti di Isabel. Perché sceglie proprio Osmold,
nonostante la disapprovazione generale. Per comprendere questo dobbiamo fare un salto.

CAPITOLO DICIANNOVESIMO
È il capitolo a cui James ha fatto riferimento nella prefazione. Il Signor Tacher è moribondo e viene
rappresentato un altro personaggio che diventa quasi un modello per Isabel, da cui però rimarrà delusa e
che nel finale sarà chiaro che Isabel non vorrà più vedere e che questo personaggio sarà condannato a

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tornarsene in America. Come si vedrà nel capitolo che si svolge nel convento in cui è stata rinchiusa dal
padre, quella solidarietà femminile che incarna Isabel non esclude Madame Merl nonostante quello che le
ha fatto, poiché in essa vede una vittima dell’ideologia patriarcale. In questo capitolo viene menzionato per
la prima volta Osmort che è molto più che un amico per Madame Merl. Le due donne, proprio a partire dal
tema del matrimonio, intavolano una conversazione filosofica quasi metafisica sulla propria concezione
dell’io.

Entrambe hanno concezioni totalmente contrapposte di quello che è l’io ed entrambe estreme e sbagliate.
A partire da questa idea di casa che è fondamentale vien fuori appunto l’idea di Madame Merl per la quale
l’io è tutto proiettato nella vita sociale. L’io di Madame Merl è eccessivo perché dice delle verità però è una
versione socializzata dell’io, la versione socializzata del sé che finisce per dire che io sono gli abiti che mi
metto e le cose che indosso. È come dire l’idea dell’io che è anche caratteristica del romanzo realista. A
proposito di Washington Square se nella tradizione realistica era appunto tipico del romanziere descrivere
case e oggetti per descrivere l’io del personaggio il rischio era di rimanere in superficie e non andare in
profondità. Il self ha un guscio che va preso in considerazione, il self ha bisogno di limiti. La sua concezione
è così estrema che sembra annullare l’individualità più profonda di un individuo. Contrapposta a questa è la
concezione dell’io di Isabel. L’io di Isabel è un essere totalmente individuale, un io in espansione e in uno
stato di individualità. Ogni scelta diventa un condizionamento e una rinuncia a qualcosa d’altro. Come si
sbaglia Madame Merl si sbaglia anche Isabel nel suo estremismo. Come la concezione dell’io di Madame
Merl presenti dei rischio evidenti, questa concezione dell’io di Isabel presenta vari rischi: l’irresponsabilità
verso gli altri. I personaggi si dividono in characters, con cui sono indicati i personaggi complessi e a tutto
tondo, come Madame Merle, Isabel, Ralph, poi ci sono le charicstures, personaggi che sono piatti in
qualche modo, che hanno una sola dimensione, come ad esempio la signora Touchett, poi c’è un terzo
termine usato per Lord Warburton figure, oltre che essere un personaggio complesso è anche
rappresentativo di qualcosa. Lord Warburton rappresenta un intero sistema della tradizione inglese che
questo personaggio si porta dietro e l’idea di Isabel di essere introdotta in questo sistema la spaventa e
rifiuta. Isabel resiste rispetto all’essere inglobata nel sistema di Lord Warburton. Isabel non resiste però a
Osmon.
Questo si può considerare un romanzo ponte fra la tradizione ottocentesca e novecentesca, gioca con le
aspettative del lettore per rifiutare queste trame.

In maniera diversa Lord Warburton e Caspar sono figure diverse e in qualche modo contrapposti, ma
entrambi sono vissuti da Isabel come figure piene, rispetto alle quali questo personaggio è attratto ma
spaventata, prova quasi un senso di soffocamento rispetto a questi due personaggi. Quale ragione spinge
Isabel ad abbracciare la trama matrimoniale che ha sempre rifiutato, anche incoraggiata dalla sua amica
Henrietta, che comunque alla fine si sposerà con un inglese. Isabel si innamora e il narratore sottolinea
come ad un certo punto del romanzo anche Osmon si innamora di Isabel, anche se bisogna capire cosa sia
l’amore per Osmon. Isabel in Osmon vede un vuoto e quindi un’anima sorella, un’altra se stessa. L’errore di
Isabel è un errore narcisistico, cerca un altro se stesso e in più ha ereditato i soldi di Touchett. Il grande
errore che fa è pensare che questo personaggio abbiamo un grande gusto estetico, che a questa
aristocrazia del gusto che Osmon incarna corrisponda anche una aristocrazia morale, ma si accorgerà del
profondo errore che commette. Rivelatrici in questo senso sono le parole che madame Merle utilizza prima
che incontriamo questo personaggio, descrivendolo (p.190). Il riferimento alla figlia e all’essere padre è
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importante perché quello che scoprirà Isabel e quello che scopriremo insieme a lei è che a differenza di
quello che crede Isabel di aver trovato un’anima gemella, pur essendo privo di denaro quest’uomo per il
solo fatto di essere maschio e padre incarna un potere e un’ideologia patriarcale estremamente forte.
Questo lo vediamo innanzitutto nel rapporto con la figlia, cosa che Isabel non vede perché non è presente
inizialmente. Da un lato c’è questa idea di negatività che l’attrae, dall’altro c’è appunto una sorta di
generosità di liberarsi da questo denaro. Questo anche nonostante Osmond le dice qualcosa che potrebbe
rivelare qualcosa in più su di lui (fine capitolo ventinovesimo) in cui si definisce la convenzionalità stessa, è
vero, ma lei non lo riconosce. Il narratore ci racconta Osmond, ci dice che si è innamorato di Isabel, il
problema è cosa intende Osmod per amore. Egli intende far di Isabel l’oggetto più bello della sua
collezione: un ritratto di signora, che sia espressione della mente e della volontà del marito.

Nel momento in cui ci viene detto che è innamorato, ci viene detto che Osmod pensa che Isabel ha troppe
idee e debba perdere un po’ della sua intelligenza. Un’idea della libertà che il romanzo continua almeno
fino all’inizio della seconda parte a tenere in vita. Da un lato non ci mostra tutto ciò che concerne il
matrimonio, c’è un gap profondo. Assistiamo alla dichiarazione di Osmond ma non vediamo la scena
dell’accettazione da parte di Isabel ma il comunicare questa decisione agli altri : Caspar, Mrs. Touchett,
Ralph. Tutti si opporranno a questa scelta e il romanzo ci mostra un’Isabel che continua attivamente a
difendere la sua volontà contro tutti gli altri, facendo della sua scelta matrimoniale una scelta di
indipendenza. Viene eliminata del tutto la scena del matrimonio e i primi anni. Può sembrare paradossale e
contraddittorio che da un lato nella prefazione James lamentava la mancanza di azioni di donne di un certo
tipo ma poi elimina proprio quelle azioni nei suoi romanzi; ad esempio non viene raccontato il viaggio in
Europa prima di sposare Osmond, ma ci viene raccontato l’avventura e il dramma della consapevolezza di
questo personaggio. La seconda parte comincia dal capitolo 36, siamo in anni molto vicino alla
pubblicazione (è pubblicato nel 1881). Se nonostante Isabel sia stata al centro di questo gioco di sguardi,
James cede lo sguardo a Rosieè, personaggio che viene introdotto tardi all’interno del libro, in modo da
creare una

trama secondaria che rispecchi quella primaria e che ci permetta di guardare Isabel attraverso i suoi occhi e
farci lentamente accostare al dilemma e alla crisi che il personaggio sta vivendo. È attraverso Rosieè che
prima vediamo il palazzo di Roccanera, descritto come una sorta di fortezza e prigione. Non sappiamo nulla
e quello che vediamo di Isabel è appunto la sua descrizione ancora attraverso gli occhi di Rosieè. Isabel
almeno all’apparenza è diventata un ritratto di signora, diventando un pezzo della collezione del marito.
Vengono chiamati tutti i personaggi di nuovo intorno a Isabel. Vediamo tutta la contraddittorietà della lotta
di questo personaggio che da un lato indossa una maschera davanti a tutti e non vuole confessare la
propria infelicità e che deve combattere una durissima battaglia ed è questa l’avventura tutta interiore del
personaggio, una battaglia contro Osmond che incarna l’ideologia patriarcale, ma anche contro se stessa
che ha introiettato questa ideologia. Fino alla fine vorrebbe accontentare il marito e fare quello che le
chiede di fare.

La scena che James definisce un immobile vedere è importante perché Isabel sembra chiudere gli occhi e
comincia per lunghe pagine a fare quello che è un primo bilancio soggettivo della propria vicenda
esistenziale. È il momento in cui dall’azione si passa alla riflessione, alla rilettura. Adesso sono gli occhi della
coscienza che guardano e guarda se stessa. Cambia anche il ritmo e il fraseggio del romanzo. James ci dà il
passo dell’incertezza, dei dubbi e delle domande intorno ad Isabel.

La prima reazione è quella di considerarsi vittima, chiusa, prigioniera a causa di Osmond in un mondo per
lei oscurato. Poi invece man mano che la riflessione va avanti Isabel riconosce la propria responsabilità, di

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non essere semplicemente una vittima. Riconosce che ha fatto un errore di lettura. Riconosce che lui non
l’ha ingannata, è lei che non l’ha letto in modo giusto (p.418). È come se anche noi capissimo con Isabel, si
ricorda di quelle frasi a cui non aveva dato peso e giunge a comprendere il suo errore: quello che aveva
considerato un uomo nobile sotto tutti i punti di vista è egoista (p.449). Isabel capisce che Osmond non è
affatto un’anima sorella perché hanno un’idea completamente opposta.

Scopre ancora una volta che questo errore l’ha riportata dove non voleva andare, ad esser chiusa in un
rigido sistema. Per darci l’idea della trasformazione del personaggio James ricorre ad una metafora. In uno
dei capitoli del romanzo ci viene detto che Isabel considera il suo io come un bel giardino da cui torna
sempre con un mazzo di fiori. Adesso riprende l’idea del giardino, trasformandola. Questo è un momento
straordinario, sia dal punto di vista stilistico sia del plot. Si tratta però solo dell’inizio, i capitoli successivi ci
mostrano un’Isabel che combatte con se stessa e con l’ideologia del marito e dovrà giungere alla verità. La
notte di veglia e di riflessione nasce da una specie di epifania: lei vede Osmond seduto e Madame Merle in
piedi. Questa cosa le fa venire in mente che ci sia una intimità diversa fra questi personaggi, la lotta di
Isabel con l’ideologia e con se stessa è contemporanea allo svilupparsi di una solidarietà femminile come
atto di resistenza vero e proprio. Una scena significativa è quella del capitolo quarantatrè, in cui Isabel
accompagna Rosieè ad un ballo. Da una parte vediamo una frase significativa del potere a cui Pancy,
Madame Merle e poi Isabel sono costrette. Questo ballo diventa l’immagine della costrizione del sistema.
Isabel lentamente comincia anche a togliere la maschera nel parlare con Henrietta, cerca un modo per
allontanare gli altri da sé. A pagina 513 James ci racconta una scarrozzata di Isabel da sola per Roma. Isabel
cerca di diluire la propria sofferenza e la propria infelicità nelle sofferenze della città eterna. Il punto di
svolta rispetto alla creazione di una forte solidarietà femminile arriva quando ormai Isabel ha in mano tutte
le carte della vicenda: conosce il vero rapporto che c’è fra Madame Merle e Osmond, viene a sapere delle
sue macchinazioni e decide di disobbedire al marito e di tornare dove il libro era cominciato, a Garden
Court, per dare il suo saluto a Ralph. Isabel decide di andare a salutare Pancy nel convento dove è stata
rinchiusa, il convento viene mostrato come luogo di costrizione e repressione, è lì perché deve scordarsi di
Rosieè.

Il capitolo 52 è tutto al femminile, è qui che si crea quella promessa di solidarietà. Se a Isabel è chiaro che
non vuole avere più alcun rapporto con Madame Merle è chiaro che anche lei è costretta a quel sistema
come Isabel e Pancy. Finalmente c’è il colloquio con Pancy in cui la solidarietà si esplica in una doppia
direzione: da un lato le fa una promessa dicendole che non l’abbandonerà, perché la ragazza dice che ha
paura del padre e di Madame Merle. Quando Pancy dice che non le piace Madame Merle, Isabel dice che
non deve dire così, perché Pancy è la figlia di Madame Merle. Il capitolo si conclude con il saluto fra Isabel
e Madame Merle che andrà in America. Il capitolo successivo ci mostra come il processo di lettura della
propria storia non è completato ma ancora in corso. Isabel adesso ha tutte le carte, tutti i pezzi per
ricostruire una rilettura del romanzo.

Isabel è sul treno, guarda fuori e poi al panorama subentrano le visioni interiori. Isabel ha la tentazione di
andare fino alla fine di questa infelicità. In Isabel scatta qualcosa, l’idea di un futuro, che ci sia ancora una
strada davanti a lei nonostante tutto. Pensando a Madame Merle che va in America, c’è uno scatto. Torna
l’idea di felicità, di libertà, di avere un cammino davanti. Questo viaggio in treno è stato un momento in cui
andare fino in fondo all’infelicità e ritrovare fiducia in un cammino davanti a lei. Arriva in tempo per dare un
ultimo addio a Ralph. Il romanzo si conclude con una scena che a volte ha scontentato lettori e lettrici,
perché ci ritroviamo su quella panchina dove le trame matrimoniali inizialmente si erano incrociate e la
stessa Isabel ripensa a quei momenti passati ed è la scena con Caspar, che torna a proporle una nuova
trama, la trama del suo amore, che sarebbe una trama adulterina. È l’unico momento in cui si esplica

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qualcosa di sensuale nel romanzo, qualcuno ha voluto vedere una sorta di frigidità rispetto alla forza del
personaggio ma se la leggiamo bene la scena è da un lato fortemente violenta, e ciò che la fa reagire come
reagirà è che se Caspar sembra parlare lo stesso linguaggio di Isabel, eppure Isabel si accorge che c’è una
trappola, già prima della scena del bacio Caspar le dice Ralph mi ha affidato a me (p. 584). Isabel reagisce a
questa cosa, le è insopportabile l’idea che loro se la siano ‘passata’ e dice che non hanno il diritto di parlare
così di lei e reagisce a questa che è la retorica del protettore cavalleresco. È l’ennesima trappola
dell’illusione dell’amore romantico. Dal punto di vista luminoso il romanzo procede dalla luce verso il buio,
qui la cosa si trasforma, questo bacio diventa un lampo di luce ma che acceca, e il ritorno dell’oscurità
diventa libertà. Il bacio viene definito come un atto di possesso. Ancora una volta l’ultima immagine che
abbiamo è quella di un personaggio che ha un cammino davanti a sé, questa è l’immagine di una donna
che ci viene descritta con un futuro davanti, che è giunta ad una profonda trasformazione da tutto ciò, un io
che cerca una libertà che nasce dalla consapevolezza. Il romanzo si chiude con un ultimo breve dialogo fra
Caspar e Henrietta, da qui veniamo a sapere che è partita. Probabilmente Isabel tornerà dal marito, ma il
romanzo dice solo che ‘stamane è partita per Roma’. L’unica promessa che ha fatto è quella di tornare da
Pancy. Il romanzo si chiude così e i mutamenti che fa James quando scrive per la New York edition non fa
mutamenti di plot ma stilistici, solo in questa parte inizialmente nel 1881 il romanzo finiva con le parole di
Henrietta. Da alcuni questa conclusione era stata interpretata come una speranza a Caspar, aggiunge
dunque poi altre frasi in modo da non lasciare questa strada a Caspar.

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