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Copyright © 2015
by
Fabio Piccini
Email: piccini@anoressia-bulimia.it
TABLE OF CONTENTS
Prefazione
Avvertenza
Guida alla lettura
1. Pane e bugie
2. Il digiuno intermittente in pratica
3. Decostruiamo la mitologia
4. La dieta che allunga la vita
5. Di bene in meglio
6. FAQ Una risposta per ogni domanda
7. Considerazioni conclusive
8. Appendici
Postfazione
Colophon
Prefazione
Per un autore, un libro è un po' come un figlio. Vede la luce dopo un lungo
periodo di gestazione e su di lui vengono riposti sogni e aspettative che sono
ovviamente associati a forti correnti emozionali. Il destino di un libro, proprio
come quello dei figli è legato a fattori in gran parte incontrollabili e
imprevedibili cui possono conseguire eventi estremamente fortunati o viceversa
luttuosi.
Il destino della prima edizione di questo libro, pubblicato nel marzo 2013 per
i tipi di Baldini Castoldi e Dalai, rientra in quello dei figli sfortunati. Dopo pochi
mesi dal suo lancio, quando già aveva scalato le classifiche della saggistica,
improvvisamente scomparve dal commercio a causa dell'improvviso e
drammatico fallimento del suo Editore.
Quali sono i vantaggi che questa edizione elettronica introduce rispetto alla
precedente? Il primo e il più importante consiste nel fatto che questa reloaded
edition è stata realizzata specificamente per essere fruita mediante dispositivi
digitali ed è pertanto costruita come un ipertesto.
Cosa significa questo? Significa che tutte le note a piè di pagina sono state
inserite nel testo sotto forma di iper-links (collegamenti ipertestuali) che si
riconoscono in quanto il testo linkato risulta colorato (provate a cliccare ora su
questo link esemplificativo per capire come funziona). Come avrete notato,
cliccando su questi link ipertestuali si apre la finestra del browser del vostro
dispositivo che vi conduce direttamente a una pagina di approfondimento.
Perché una guida alla lettura? Perché questo libro affronta argomenti
diversissimi e spazia in campi che vanno dall'antropologia, alla storia, alla
biochimica, alle neuroscienze, alla nutrizione e cerca di fare tutto questo nel
minor numero di pagine possibile.
Questo testo è in un certo senso il seguito - già preannunciato - del mio libro
"Pane Al Pane E Vino Al Vino" e accompagna il lettore alla scoperta dell'ultimo
e più importante segreto della dieta mediterranea originaria: la tecnica del
digiuno intermittente.
Nonostante questa parentela, il testo è stato concepito come uno stand alone
in quanto descrive un regime alimentare che può essere messo in atto con
successo indipendentemente da qualsiasi altra regola nutrizionale il lettore abbia
seguito fino ad oggi.
Ma veniamo ora alle istruzioni. Questo libro non promuove una nuova dieta
e non contiene ricette, ma descrive un modello di alimentazione mirante a
recuperare le proprietà salutari della dieta mediterranea originaria e insegna al
lettore come metterlo in pratica. Per anni si è creduto che "fare la dieta
mediterranea" significasse mangiare pane, olio d'oliva, formaggio, verdura,
pesce, fichi, uva e vino rosso ma oggi sappiamo che la dieta mediterranea è ben
altro.
Se dopo aver letto solo il secondo capitolo vi sembrerà invece che i piani
alimentari proposti siano eccessivamente rigidi, bizzarri, o addirittura incredibili,
vi consiglio di spingervi un po' più in là e proseguire con la lettura del terzo e del
quarto capitolo. Capire su cosa si basino i benefici di questo approccio
nutrizionale e perché non è così radicale come potrebbe sembrare a prima vista,
potrà convincervi a provarlo per testarlo e vedere se funziona anche per voi.
Se avete già letto il mo libro "Pane Al Pane E Vino Al Vino", e volete capire
come integrare i due piani alimentari, leggete anche il capitolo quinto. Vi
spiegherà come ottenere il massimo dei benefici dall'integrazione dei due metodi
grazie ad alcuni schemi esemplificativi, e vi insegnerà come mettere in atto la
vera "dieta mediterranea".
Noterete che per ogni capitolo sono previste alcune note (sotto forma di
collegamenti ipertestuali) le quali indirizzano il lettore ad approfondire specifici
argomenti. E' importante però sottolineare che il testo mantiene una totale
autonomia rispetto alle note di approfondimento inserite negli iper-links. Questo
significa che è possibile ignorarle senza perdere alcunché di importante e senza
distrarsi da ciò che si sta leggendo. Gli iper-links restano comunque a
disposizione per ulteriori approfondimenti critici.
Fatte salve queste cautele, la mia speranza è che questo libro possa aiutarvi a
riconquistare un maggior benessere e un miglior livello di salute, con l'augurio di
vivere un po' più a lungo. A tutti ricordo il mio indirizzo eMail cui inviare
domande, critiche o suggerimenti: piccini@anoressia-bulimia.it.
1. Pane e bugie
"Se racconti una bugia sufficientemente grossa e la ripeti sufficientemente a
lungo, alla fine tutti ci crederanno"
Adolf Hitler
Primo atto
La notizia venne fuori sotto Natale, e forse per questo passò quasi
inosservata. Era il 2004 e non sapendo bene come affascinare i propri abbonati e
stimolarli alla lettura in un periodo dell'anno tanto pieno di distrazioni, impegni
sociali e banchetti familiari, Jeoffrey Cannon, direttore della prestigiosa rivista
Public Health Nutrition, decise di scrivere un editoriale da premio Pulitzer.
Del resto, non fu proprio grazie al Seven Countries Study che il mondo
scoprì che quella mediterranea era la dieta cardio-protettrice per eccellenza? Lo
stesso Keys continuò ad eseguire periodicamente - per tutta la sua carriera di
professore emerito all'Università del Minnesota - il follow-up di questo studio e
dedicò l'intera vita alla diffusione della sua teoria che quella mediterranea fosse
la più sana delle diete.
Ironia, non credo casuale, della sorte Ancel Keys era appena morto in quello
stesso anno 2004 a Gallipoli, dove si era trasferito insieme alla moglie Margaret
e dove aveva vissuto fino alla veneranda età di cento anni, venendo addirittura
insignito della medaglia al merito della Salute Pubblica dal governo italiano.
Peccato - proseguiva Cannon nel suo editoriale - che il Dr. Keys avesse
trascurato un fattore non certo irrilevante per i risultati del suo studio (ed ecco la
bomba!), cioè l'abitudine ancor oggi molto comune tra gli abitanti delle zone
rurali della Grecia a seguire i precetti della Chiesa Ortodossa, la quale prescrive
la consuetudine del digiuno periodico.
E' noto infatti - proseguiva - che le regole della Chiesa Ortodossa greca
prescrivono ai fedeli di astenersi dal consumare carne, pesce, latte, uova,
formaggi e olio d'oliva ogni mercoledì e venerdì, ed estendono tale prescrizione
anche ai 15 giorni che precedono l'Assunzione, ai 48 giorni della Quaresima e ai
40 giorni che precedono il Natale, portando così il totale delle giornate di
restrizione dietetica a circa (udite, udite) 180 giorni l'anno!
Primo interludio
Accipicchia che regalo di Natale! Se c'era una cosa cui i nutrizionisti
avevano sempre creduto ciecamente questa era la teoria della dieta mediterranea
così come l'aveva diffusa a livello planetario lo studio di Ancel Keys. Mettere in
dubbio questo era come mettere in dubbio la classica teoria che "una caloria è e
resta sempre una caloria da qualunque cibo provenga" (una teoria che, per
esperienza, abbiamo già visto vacillare).
Uno studio che ancora oggi viene spesso citato dai pediatri alle giovani
mamme per spiegare loro perché il pane bianco faccia bene ai bambini. Insomma
veniva da pensare che a seguito dell'editoriale di Cannon si sarebbe scatenato un
terremoto tale che neanche il Grinch in persona sarebbe mai più stato capace di
emulare.
Secondo Atto
Per quanto possa sembrare incredibile, invece, non una foglia o quasi si
mosse nel variegato sottobosco della nutrizione umana per quasi un anno dopo
l'uscita dell'editoriale di Cannon. Col senno del poi, potremmo forse affermare
che la notizia era stata talmente grossa che probabilmente aveva avuto l'effetto di
una granata stordente sull'intera comunità scientifica e che pertanto necessitava
di un po' di tempo per poter essere digerita.
Nella lettera inviata alla rivista, la Dr.ssa Sarri riferiva che, ulteriormente
stimolata nelle sue ricerche dall'articolo letto sulla rivista alla vigilia del Natale
dell'anno prima, aveva deciso di andare a far visita al Prof. Christos Avannis, il
quale all'epoca del Seven Coutries Study era stato il responsabile della gestione
del gruppo di ricercatori greci che collaborarono all'indagine, per porgli una
domanda.
La domanda era la stessa che, da quel Natale in poi, era sicuramente nata
nella mente di ogni lettore dell'articolo di Cannon: quanti tra i partecipanti greci
allo studio Seven Countries seguivano effettivamente in quell'epoca i precetti
della Chiesa Ortodossa greca?
La risposta dell'anziano professore era stata lapidaria: nei primi anni Sessanta
non meno del 60% degli individui che parteciparono in qualità di soggetti
sperimentali allo studio seguivano rigorosamente i digiuni imposti dalle regole
religiose ortodosse.
Ma era vero, aveva ammesso Avannis, che nessuno dei ricercatori americani
diede mai alcun peso alla cosa, né fece alcun tentativo di differenziare i risultati
dello studio sulla base del fatto che i dati provenissero dai soggetti che
digiunavano piuttosto che dagli altri che non lo facevano.
Secondo interludio
Il Seven Countries Study fu il primo vero studio multicentrico al mondo ad
analizzare i legami tra dieta e malattie cardiovascolari, condotto con i più
rigorosi standard sperimentali dell'epoca. Concordo con Cannon nel ritenere che,
se venisse ri-valutato da un'odierna giuria di scienziati, sarebbe in grado ancor
oggi di difendersi bene.
Già, direte voi, ma supponiamo che i dati del Seven Countries Studies
possano davvero essere ri-analizzati, separando quegli individui che negli anni
Sessanta digiunavano per quasi metà dell'anno e riducevano così di circa il 15%
il loro apporto calorico totale e di circa il 50% le percentuali di proteine e lipidi
provenienti da carne, pesce (con l'unica eccezione di polipi, calamari, granchi,
aragoste e lumache di mare), latte, formaggi, uova e olio d'oliva, attuando così
una dieta vegana o quasi.
In effetti non occorre essere uno scienziato per capire che i risultati sarebbero
diversi. Se dovessimo trarre qualche conclusione da tutte queste riflessioni, certo
potremmo ammirare l'acume dimostrato dalla saggezza religiosa popolare nello
stabilire regole finalizzate ad una periodica disintossicazione del corpo (oltre che
dello spirito).
Purtroppo con il passare degli anni anche in Grecia si sono andate perdendo
le vecchie tradizioni e così i follow-up dei risultati dello studio condotti negli
anni successivi hanno dimostrato che la Grecia è giunta ad eguagliare le
statistiche negative di diffusione delle malattie cardiovascolari tipiche degli altri
paesi cui era stata confrontata con successo nel corso dello studio originale.
Gli autori dello studio sostenevano infatti di aver fatto riferimento al modello
di dieta mediterranea descritto in un manuale nato all'interno della Facoltà di
Medicina dell'Università di Harvard e pubblicato quattro anni prima delle
scoperte della Sarri e dell'editoriale di Cannon.
Brad Pilon, questo è il suo nome, noto anche come personal trainer ed
esperto in performance nutrition, ha approfittato delle nuove ipotesi messegli a
disposizione dalle ricerche di questi autori per trovare ulteriore sostegno
scientifico ad un suo fortunato pamphlet "Eat Stop Eat", sorta di bibbia degli
intermittent fasters diffusa soltanto in formato elettronico e reperibile
esclusivamente presso il sito internet dell'autore.
Per quanto Pilon non sia un ricercatore universitario né faccia parte di alcun
gruppo di ricerca istituzionale, è forse l'unico nutrizionista che finora è stato in
grado di mettere a frutto le scoperte della Sarri e per questo si merita certamente
tutto il successo che il popolo della rete ha attribuito al suo libro, ben scritto ed
impeccabilmente documentato dal punto di vista scientifico.
Riflessioni
"Quale può essere il motivo per cui un ricercatore esperto quale era Ancel
Keys finì per ignorare totalmente la religiosità dei cretesi, le loro regole
alimentari, e la ricaduta che tutto questo poteva avere sui risultati del suo
studio?", si chiedeva Jeoffrey Cannon nel concludere Out of the Christmas Box
alla vigilia del Natale 2004.
E' piuttosto improbabile che tanto Keys quanto i suoi colleghi non fossero
venuti a conoscenza dei digiuni rituali della popolazione cristiana ortodossa,
anche perché questo problema, come testimonia il professor Avannis, venne
sollevato dallo staff dei ricercatori cretesi.
Se è vero quanto sostiene la Nestle, cioè che la maggior parte dei fondi per la
ricerca nei Dipartimenti di Nutrizione universitari statunitensi proviene proprio
da sovvenzioni erogate dell'industria, con la speranza che i risultati degli studi
possano essere in qualche modo utilizzati a scopo di marketing, non stupisce
constatare che le conclusioni della Sarri siano state "insabbiate".
No, non è strano se studi che sostengono il digiuno intermittente come stile
di alimentazione salutare abbiano avuto così scarsa popolarità in un pianeta dove
il denaro fa girare ogni cosa, anche la salute pubblica. Ma è chiaro che, a questo
punto, il passo successivo consiste nell'andare a verificare se esistano
fondamenti scientifici che depongono in favore dei benefici del digiuno.
Mai legge potrebbe essere più vera, soprattutto se applicata alla salute
pubblica. Se i nutrizionisti prestassero un po' più di attenzione alla storia
dell'alimentazione umana, ivi compresa la storia delle tradizioni culinarie e dei
supposti legami tra queste e la salute dell'uomo, credo anch'io che si eviterebbero
molti errori.
Gli studi sul digiuno si sono andati moltiplicando negli ultimi due decenni; si
è visto così che le tre tipologie più diffuse di digiuno consistono nella restrizione
calorica semplice, nel digiuno intermittente (o a giorni alterni) e nella restrizione
delle scelte dietetiche.
La legge di Hofmekler
Alla prima legge di Cannon si rifanno (anche se in maniera indiretta) le
teorie di Ori Hofmekler, autore isreaeliano che ha conosciuto una discreta
celebrità con il libro: "The Warrior Diet", cui sono seguiti altri due titoli
decisamente stimolanti, tutti centrati sulla teoria del digiuno intermittente come
chiave per il recupero della salute metabolica, del ringiovanimento del corpo e
della forma fisica.
Ma resta il fatto che Hofmekler è soltanto una cavia che compie esperimenti
su sé stesso, ma non è uno scienziato e al lettore scettico rimane il dubbio che sia
solo un abile mestierante. Come fare dunque per verificare scientificamente le
sue suggestive teorie?
Le leggi di Mattson
Mark P. Mattson è un tipetto magrolino dall'aria famelica e dall'età
indefinibile che, a prima vista, non si riesce bene a capire a quale specifica
corporazione professionale appartenga. Lo sguardo però tradisce una certa
sicurezza in sé stesso, e a ragione.
La sua produttività come ricercatore ben si sposa alle sue abitudini di vita.
Mattson infatti introduce nel proprio corpo dalle 2000 alle 2200 Kcalorie al
giorno, corre per quattro miglia tutte le mattine a digiuno appena si alza dal letto,
non fa colazione e alle cinque è già in laboratorio dove passa la giornata a
scrivere, progettare esperimenti, insegnare a studenti e specializzandi, poi fa uno
spuntino vegetariano mentre i colleghi pranzano, per concentrare infine la
maggior parte del suo introito calorico e nutrizionale nel pranzo serale.
Adesso sta dando la caccia ad un premio Nobel, perché cerca di isolare nel
suo laboratorio le sostanze neuro-protettive che vengono liberate nel sangue in
risposta allo stimolo della fame e di definire la sequenza dei geni che ne
codificano l'espressione.
Lo so, anche io stentavo a credere che tutto questo fosse vero, ma dopo aver
parlato con Mattson e aver esaminato i risultati dei suoi studi, ivi compresi gli
ultimi articoli non ancora pubblicati, mi sono convinto della validità delle sue
teorie (e ho cominciato a testarle su di me).
E' ben noto che il cibo costituisce la quinta causa di disturbi da dipendenza
dopo alcool, tabacco, cocaina e sesso. E' stato inoltre dimostrato in diversi studi
fatti sugli animali che i cibi eccessivamente ricchi di zucchero e grassi vegetali
idrogenati sono in grado di "prendere in ostaggio" i sistemi dopaminergici del
cervello che presiedono alla percezione del piacere, costringendo così gli animali
ad assumerne quantità sempre maggiori in modo compulsivo.
Il sistema pare funzionare tanto efficacemente che negli ultimi dieci anni
Lisle e Goldhamer si sono guadagnati addirittura l'onere della prova della loro
teoria grazie all'interessamento di Colin Campbell, professore emerito di
biochimica nutrizionale alla Cornell University (nonchè autore del China Study),
e presto arriveranno i primi risultati degli studi attualmente in corso.
Conclusioni
A partire dalle scoperte di una sconosciuta ricercatrice cretese, passando
attraverso le ricerche antropologiche di un artista israeliano, fino agli
avveniristici studi di uno dei maggiori ricercatori statunitensi, tutte le evidenze
puntano in un'unica direzione: digiunare fa bene. Anzi, fa molto meglio che non
mangiare spesso.
Sono d'accordo sul fatto che mangiare spesso (ma poco e timerizzando
l'assunzione di carboidrati) possa essere un buon modo per stabilizzare la
glicemia e recuperare la salute metabolica in certi individui, o che un digiuno
prolungato ed incongruo possa causare danni alla salute fisica, o predisporre a
disturbi alimentari (il mio libro precedente parla proprio di questo), però non
condivido affatto le suddette affermazioni terroristiche sul digiuno in generale.
Anzi, come vedremo più avanti, ritengo il digiuno intermittente un punto di
arrivo nel percorso del recupero di uno stile alimentare più salutare.
Molti non sanno ben definire cosa potrebbe accader loro ma certo è che, alla
sola idea di saltare l'agognato pasto, cominciano a sentirsi deboli, nervosi,
stanchi, annebbiati, tutti effetti - badate bene - innegabilmente psicosomatici, in
quanto il saltare un pasto non è assolutamente in grado di causare tali sintomi.
Prima di cominciare
Dopo tante considerazioni storiche e antropologiche, eccoci arrivati alla parte
centrale del libro. In questo capitolo troverete infatti i protocolli di digiuno
intermittente che considero maggiormente efficaci insieme alle istruzioni
necessarie alla loro messa in pratica.
Dato che, seguendo quanto io stesso raccomandavo nella guida alla lettura, è
possibile che alcuni di voi abbiano iniziato a leggere il libro proprio a partire da
questo capitolo, ritengo utile ricordare alcune importanti indicazioni e contro-
indicazioni all'uso di questi programmi. Iniziamo dunque con le indicazioni.
Diario di bordo
So che la riterrete una seccatura (perché aspettare ancora?), ma vi prego di
fidarvi della mia parola. E' solo utilizzando qualche metodo di misura che è
possibile verificare con sicurezza, la velocità e la direzione del proprio procedere
(gli atleti lo sanno bene). Inoltre, ciò vi permetterà anche di valutare il vostro
stato di salute prima di iniziare.
La seconda cosa che dovrete assolutamente fare sono alcuni esami del
sangue. Non molti. Solo quelli necessari a valutare la vostra situazione
metabolica iniziale e a verificare se siete affetti da una sindrome metabolica, una
condizione asintomatica che predispone allo sviluppo di una lunga serie di
malattie del progresso, quali diabete, infarti, ictus, etc. (e non sarebbe strano,
dato che essa è diagnosticabile in circa 17 milioni di italiani). Se vi interessa
saperne di più sulla sindrome metabolica, troverete maggiori dettagli in
appendice.
Gli esami che dovrete richiedere al vostro medico di base informandolo delle
vostre intenzioni di provare un protocollo di digiuno intermittente sono i
seguenti:
1. insulinemia
2. glicemia
3. colesterolemia HDL
4. trigliceridemia
5. proteina C reattiva (PCR-hs)
6. uricemia
7. 25-OH D (vitamina D)
Come ultima cosa, annotate nel taccuino anche i valori della vostra pressione
arteriosa (calcolata facendo la media tra i valori di PA misurata nel braccio
destro e nel braccio sinistro).
Istruzioni generali
Una volta creato il diario di bordo, possiamo cominciare. Iniziamo dunque
con il definire chiaramente i limiti di ciò che andremo a fare. Con il termine
digiuno si intende il fatto di astenersi volontariamente dall'assumere cibo per un
determinato periodo di tempo.
Nel terzo e nel quarto capitolo vedremo che la ricerca scientifica dimostra
che i massimi benefici si ottengono da digiuni di durata inferiore alle 72 ore, ma
per i fini che ci proponiamo qui è importante non superare mai la durata
massima di 24 ore di astensione dal cibo.
La fame
Qualcuno di voi sa, per esperienza diretta, cosa sia la fame? La fame è un
istinto primario che si manifesta mediante una sensazione che segnala al corpo
che è a corto di energia e che è necessario rifornirsi di cibo. E' probabile che la
maggior parte dei lettori (con l'esclusione di coloro i quali "hanno fatto la
guerra") non abbia mai realmente sperimentato la fame ma che si sia piuttosto
abituato a definire con questo termine il cosiddetto appetito.
E' possibile cioè che molti di voi confondano la vera fame con una
sensazione di rimescolamento gastrico e di aumentata salivazione ("l'acquolina
in bocca") che hanno imparato a riconoscere fin da piccoli e che è diventata in
seguito un riflesso condizionato.
E' infatti altamente improbabile che una persona nata e cresciuta in Italia
negli ultimi cinquant'anni possa aver realmente sofferto la fame, a meno di non
appartenere ad una delle fasce più svantaggiate della popolazione.
E' però vero che la sensazione dell'appetito è abbastanza simile alla fame ed
in effetti la differenza tra le due risiede più che altro nell'intensità e nella
frequenza con cui questi stimoli si manifestano.
In altre parole, dopo che sono trascorse circa dodici ore dall'ultimo pasto si
sperimenta una sensazione di "languore" che viene percepita - talora anche
rumorosamente - proprio come un movimento dello stomaco.
Anzi, questo metodo ci permette di renderci conto che buona parte di quello
stimolo che ci siamo abituati a chiamare fame dipende invece da un tentativo
psicologico di colmare una sensazione di vuoto interiore che è conseguenza di
conflitti, ansie, insicurezze, tristezza, etc. ma che non ha nulla a che fare con la
fame vera.
Introduzione ai protocolli
Una volta capiti i concetti generali che spiegano il meccanismo del digiuno
intermittente, l'obiettivo consiste nello strutturare un protocollo nutrizionale che
alterni momenti di digiuno (un po' più prolungati del semplice digiuno notturno)
a momenti di normale alimentazione.
Nessun animale chiede ad un suo simile che cosa sarebbe meglio mangiare a
cena o a colazione, né si preoccupa delle calorie, o dei grassi ingeriti, soltanto
l'uomo lo fa; in natura questo problema è inesistente e non esistono nutrizionisti,
né linee guida.
Da questo discende che la nutrizione naturale (quella che seguono gli ultimi
cacciatori-raccoglitori rimasti sulla terra) è per definizione irregolare: quando si
trova carne si mangia carne, quando si trova frutta si mangia frutta, se non si
trova nulla si resta a stomaco vuoto. A questo mi riferisco quando parlo di
irregolarità.
In natura inoltre la nutrizione è unicista nel senso che, una volta catturata una
preda (o trovate le uova di qualche animale, o qualche prodotto vegetale), il
pranzo si limita a questo. Non esistono antipasti, contorni o quant'altro.
Tutto il contrario di ciò che fa l'uomo del ventunesimo secolo il quale,
convinto di essere più intelligente degli altri animali e dei suoi predecessori, si è
inventato tutta una serie di regole nutrizionali eleggendole al ruolo di linee guida
per la sua specie, la quale - seguendole anno dopo anno per qualche decina di
anni - ha ottenuto come unico risultato quello di iniziare a soffrire di alcune
malattie che, essendo sconosciute in passato, sono state tristemente definite
"malattie del progresso".
Questa premessa serve per spiegare che i protocolli che elencherò di seguito
sono semplicemente alcuni tra i tanti che è possibile creare a partire da questi
presupposti e che essi possono essere individualizzati sulla base delle abitudini
lavorative e sociali e delle preferenze personali di ciascuno, ma l'importante è
ricordarsi di applicare "la regola dell'irregolarità".
I protocolli presentati sono inoltre quelli che più di altri sono stati sottoposti
a verifica sperimentale e quelli da cui discende la maggior parte delle nozioni
scientifiche di cui oggi disponiamo a proposito di quello che gli scienziati
chiamano digiuno intermittente (intermittent fasting).
Questo significa che sarà possibile bere caffè, tè, camomilla, tisane, acqua e,
se proprio non riuscirete a farne a meno, dolcificare queste bevande usando
qualche compressa di sostituti ipocalorici dello zucchero, tipo eritritolo,
aspartame o stevia. Le istruzioni sono dunque semplicissime. Niente cibo o
bevande caloriche per ventiquattro ore continuate.
Il modo più semplice per mettere in atto questo esperimento consiste nel
selezionare nella propria agenda una giornata zeppa di impegni, una di quelle in
cui si usa dire: "oggi non avrò neanche il tempo di mangiare un boccone".
Ecco, una volta trovata una giornata del genere, fate un'abbondante colazione
e poi datevi l'obiettivo di non mangiare più nulla fino alla mattina successiva. Se
preferite, potreste anche decidere di iniziare la vostra giornata di digiuno dopo
pranzo (prolungando così il digiuno fino al pranzo del giorno seguente), o dopo
cena.
Dopo che sarete riusciti in questo intento, dimenticatevi di quello che avete
fatto. Evitate cioè di entrare nella mentalità di dover "recuperare il digiuno" nei
pasti successivi; non ve n'è alcun bisogno, non vi ammalerete per il fatto di non
aver mangiato per un giorno, anzi il vostro corpo ve ne sarà grato in quanto gli
avrete dato la possibilità di disintossicarsi un po'.
Dopo aver provato questo metodo e aver riscontrato che il digiuno non è
affatto una cosa impossibile né invalidante, vi suggerisco in ogni caso di
sperimentare anche una routine di digiuno più breve.
E non è neanche vero che per un individuo adulto la colazione sia il pasto più
importante della giornata. Questo non è mai stato dimostrato da uno studio
scientifico controllato eppure, grazie alla sapiente abilità degli uomini del
marketing delle multinazionali dell'alimentazione, la maggior parte delle persone
è davvero convinta che sia così e trema all'idea di rinunciare alla colazione per
paura degli effetti collaterali più incredibili.
Durante il sonno, onde far fronte al digiuno notturno, il corpo produce grandi
quantità di glucagone, ormone della crescita (GH) e testosterone, che ordinano ai
tessuti del corpo di riparare i danni della giornata e costringono le cellule
adipose a bruciare parte dei grassi immagazzinati allo scopo di produrre il
glucosio necessario a fornire l'energia per fare questi "lavori di riparazione"
(mantenendo nel frattempo stabile la glicemia) mediante il meccanismo della
gluconeogenesi.
Se siete i classici italiani che appena alzati si fanno un caffè e null'altro, sarà
facilissimo (lo fate già da soli), basterà abolire lo zucchero, o il latte, che mettete
di norma nel caffè e qualsiasi altra cosa siate abituati a consumare insieme al
caffè (frutta e succhi compresi).
Un modo per farlo può essere quello di ritardare di un'ora la colazione per i
primi due giorni, poi di posticiparla di due ore per altri due giorni, e così via,
procrastinandola di un'ora ogni due giorni, finché non si sia raggiunta la finestra
temporale desiderata. Il minimo obiettivo consigliato è infatti quello di riuscire a
spostare in avanti l'ora della colazione fino a farla coincidere con il pranzo,
arrivando così a totalizzare circa 16 ore di digiuno.
Nelle ore restanti (in rosso scuro nello schema) ricordo che è possibile bere
caffè, tè, camomilla, tisane, acqua a volontà, ma non bevande contenenti calorie,
quali latte o succhi di frutta. Attenti anche alle gomme da masticare e alle
caramelle zuccherate.
Una volta che sarete riusciti a trasformare il pranzo nella vostra nuova
colazione (il che accadrà dopo circa due settimane, quando consumerete il primo
pasto della giornata intorno alle ore tredici), potrete spingervi ancora più in là e
provare a mirare ad un obiettivo più ambizioso: spostare ulteriormente l'ora della
colazione fino a farla coincidere con quella della merenda.
Il vostro nuovo obiettivo sarà quello di consumare il primo pasto della
giornata intorno alle quattro del pomeriggio, in modo da ampliare così la finestra
di digiuno fino ad un massimo di 19 o 20 ore, portando la finestra alimentare a 4
o 5 ore (realizzerete in tal modo un "protocollo 19/5", o un "protocollo 20/4").
Arrivati a questo punto, potrete complimentarvi con voi stessi, ne avrete tutte
le ragioni: con questo protocollo avrete infatti re-imparato ad alimentarvi come
facevano i vostri avi o, se preferite, come fanno gli animali selvatici e le ultime
tribù di cacciatori-raccoglitori rimaste sul pianeta.
Come dimostrano i risultati della ricerche citate nel terzo e nel quarto
capitolo, arrivati a questo punto saranno trascorsi circa due mesi dall'inizio degli
esperimenti ed è molto probabile che avreta visto regredire i segni e i sintomi di
qualsiasi sindrome metabolica non complicata.
Si è visto infatti che consumare una certa quantità di cibo anche nelle
giornate cosidette "di digiuno" permette di ottenere tutti i benefici di questo tipo
di protocollo senza subire alcuno dei suoi potenziali effetti negativi anzi, diversi
studi dimostrano che così adattato è in grado di provocare una quantità di effetti
benefici sulla salute.
Questo protocollo, proprio come gli altri due, può essere sottoposto ad una
quantità di variazioni allo scopo di adattarlo alle proprie necessità esistenziali e,
sotto la supervisione di uno specialista, può addirittura essere mescolato al
secondo. Oppure può essere modificato sostituendo talora alla restrizione
calorica una restrizione nutrizionale (introducendo magari alcune giornate di
alimentazione iperproteica, o di juice fasting, etc.).
Questi sono tutti segni di stress eccessivo; quando si verificano vuol dire che
state correndo troppo, o che non mangiate abbastanza, e questo è un grave
errore. E' sufficiente aver pazienza, non ossessionarsi nel tentativo di fare tutto in
fretta e alla perfezione, ma ascoltare il proprio corpo.
Si tratta di un digiuno modificato che viene di solito prescritto per tre, sette o
quindici giorni (a seconda degli obiettivi e della situazione metabolica di base
del soggetto) nel corso del quale è permesso alimentarsi solo con succhi e
centrifugati freschi di verdura e frutta di provenienza biologica, mentre è vietata
l'assunzione di cibi solidi (anche se vegetali).
Si tratta (come nel caso del digiuno in genere) di una pratica controversa che
vanta sia estimatori che detrattori, sulla quale non esistono studi scientifici
controllati. Nel primo capitolo - se ricordate - abbiamo parlato del juice-fasting
che viene utilizzato nella seconda fase del programma di Lisle e Goldhamer alla
True North Clinic e abbiamo detto che attualmente è in corso uno studio di
efficacia del protocollo True North ad opera dell'équipe del Prof. Colin
Campbell.
Cosa mangiare
Avrete notato come fino ad ora io non abbia fatto alcuna menzione al tipo di
cibi che è possibile consumare durante i pasti che seguono la fine della fase di
digiuno. Le regole da seguirsi sono infatti molto semplici e hanno il solo scopo
di garantire un'alimentazione equilibrata.
Ma, ripeto, in questo caso i vincoli sono minori rispetto a quelli del
protocollo del giorno di digiuno settimanale. La regola di limitare il consumo di
zuccheri e di abolire il consumo di alimenti contenenti grassi vegetali idrogenati
rimane valida, ma per il solo motivo che questi alimenti causano stati
infiammatori e alterazioni cellulari che predispongono a diabete e malattie
cardiovascolari.
Ma per essere ancora più chiaro cercherò di tradurre questa immagine in una
lista della spesa che possa essere copiata, o trascritta, ed usata tutti giorni.
Questa è dunque una lista orientativa di ciò che il carrello della spesa dovrà
contenere, una lista che poi andrà adeguata ovviamente ai gusti e alle preferenze
individuali, privilegiando, ove possibile, alimenti di provenienza locale e
biologica.
LISTA DELLA SPESA MEDITERRANEA
Con questi ingredienti è infatti possibile preparare la quasi totalità dei piatti
della cucina tradizionale mediterranea. L'unica aggiunta che farei a questa lista
sarebbero un pò di frutta e verdure latto-fermentate (insalatini, crauti, olive,
mele, cipolle, etc.), per via del loro salutare contenuto in batteri probiotici che
vanno ad arricchire il microbioma intestinale (si veda in appendice per maggiori
dettagli in merito).
Qualcuno tra i lettori potrebbe chiedersi: perché in questa lista non sono
presenti alimenti industriali confezionati? La risposta è che quasi tutti gli
alimenti industriali contengono una quantità di coloranti, conservanti,
antiossidanti, etc. sulla cui innocuità a lungo termine nessuno è in grado di
pronunciarsi con sicurezza.
E' senza dubbio vero che si impiega più tempo a prepararli che non a
comprarli pre-confezionati, ma questo è uno dei motivi per cui mangiare slow-
food anziché fast-food fa ingrassare di meno: perché il cibo non è già pronto per
il consumo e perché contiene ingredienti di migliore qualità nutrizionale e
minore densità calorica.
Quanto mangiare
Parliamo ora delle quantità di cibo che è opportuno consumare nel corso di
questi protocolli di digiuno intermittente. Anche per quanto riguarda questo
argomento, con l'unica eccezione delle giornate di restrizione calorica previste
dal terzo protocollo, non vi sono regole eccessivamente rigide da seguire; vi è
però qualche differenza tra i diversi tipi di schemi nutrizionali proposti.
Come regola generale valida per tutti, si ricordi che, il fatto di limitare la
quantità di carboidrati assunti in un pasto ricco di proteine, permette di mangiare
quantità maggiori di cibo senza eccessivi imbarazzi digestivi e senza grandi
rischi per la linea (per motivi riferibili alla chimica della digestione degli
alimenti).
Del resto, questo stile alimentare è in tutto e per tutto simile a quello degli
animali selvatici, i quali quando mangiano seguono come unica regola il
raggiungimento di uno stato di sazietà e riescono a far questo senza soffrire di
obesità né di alcuna delle patologie correlate agli abusi alimentari.
Si tratta di protocolli facili da mettere in pratica. Tutto ciò che si deve fare
consiste nel dividere in maniera consapevole i momenti di digiuno da quelli di
alimentazione nel modo più regolare possibile. Ma qual è tra i modelli proposti il
migliore? Quale é il più efficace?
Senza dubbio, quello che riuscirete ad utilizzare più spesso con irregolare
regolarità, un fatto questo che dipende esclusivamente da motivazioni personali
e di opportunità, dall'organizzazione della giornata lavorativa, dalle attività
sociali e dallo stile di vita di ciascuno.
Qualcuno poi potrebbe essere tentato di chiedermi quale sia il protocollo che
io stesso uso. Credo di avere già risposto a questa domanda parlando delle mie
preferenze per l'irregolarità e di come io ritenga che la nostra dieta dovrebbe
cercare di mimare la nutrizione originaria della specie umana.
Agli atleti che necessitano di perdere peso consiglio di solito il mio stesso
protocollo con l'avvertimento di misurare preventivamente le necessità caloriche
e proteiche in modo da non rischiare di mangiare troppo poco rispetto alle loro
necessità.
Se vogliamo riportare in funzione alcuni dei geni più antichi del nostro
corredo genetico allo scopo di facilitare l'espressione di queste caratteristiche
fisiche, dobbiamo mettere in atto una tipologia di sforzo fisico che riproduca
l'attività che era tipica di un Cro-Magnon, un nostro antenato vissuto circa
28mila anni or sono.
Questi era infatti portatore di un corredo genetico molto simile al nostro che
gli conferiva una eccezionale forza e una grande prestanza fisica, entrambe
testimoniate dai suoi resti scheletrici rinvenuti dagli archeologi. Come è
possibile raggiungere questo obiettivo?
Cercate di dedicare più tempo ad attività fisiche giocose, che siano fatte per
il piacere di provare certe sensazioni piuttosto che con lo scopo di bruciare
calorie. Al termine di ciascuna di queste attività godetevi un meritato riposo,
anche solo per una manciata di minuti. E tutte le volte che potete muovetevi a
piedi o in bicicletta anziché usare veicoli a motore.
Tutta un'altra cosa che il correre per ore su un tapìs roulant nel chiuso di una
palestra. O sfinirsi con interminabili sessioni di sollevamento pesi. O passare ore
immersi nell'acqua tiepida a fare esercizi di acqua-gym al ritmo di una musica
assordante.
Lauren ha scritto un libro in cui illustra ben 125 diversi esercizi che è
possibile eseguire senza ricorrere ad alcun tipo di attrezzo ma utilizzando
soltanto la macchina-corpo. Dal punto di vista nutrizionale egli non segue il
digiuno intermittente ma propone piuttosto un'alimentazione ad introito
controllato di carboidrati quale quella che io stesso alterno al digiuno
intermittente. Anche in questo caso si tratta dunque di un protocollo
assolutamente compatibile con quelli presentati in questo libro.
Se volete liberarvi una volta per tutte dalla schiavitù della palestra (e dai
costi economici che questa comporta), scegliete uno di questi due programmi e
non ve ne pentirete. Trascorse le prime due settimane di adattamento al nuovo
regime alimentare, abituatevi ad allenarvi a digiuno e fate in modo di consumare
un pasto ricco di carboidrati (anche ad elevato indice glicemico) dopo
l'allenamento; in questo modo la stimolazione anabolica sarà ancora più efficace.
Ciò nonostante, vi sono alcune riflessioni che vorrei condividere con voi. Da
molti anni ormai i metodi di sfruttamento intensivo delle coltivazioni hanno
impoverito i terreni di molti dei minerali che vi erano in origine contenuti e che
vi vengono poi reintrodotti esclusivamente mediante concimi chimici derivati
dal petrolio.
La maggior parte degli animali (bovini, suini, ovini, pollame e pesci) viene
ormai allevata facendo ricorso a mangimi industriali derivanti da soia e mais
transgenici. In aggiunta a ciò, ai bovini vengono somministrate regolarmente
massicce dosi di antibiotici per curare le infezioni che l'ipernutrizione a base di
mais causa al loro apparato digerente. E allo scopo di favorirne la massima
crescita vengono spesso usati ormoni di diverso tipo.
Anche nel caso di animali allevati a fieno e cresciuti sui prati la situazione
non è ottimale in quanto l'impoverimento dei terreni provoca uno snaturamento
delle caratteristiche nutrizionali delle piante che vi crescono.
L'altra deficienza che più spesso riscontro tra i miei pazienti è la carenza di
vitamina D. Vi spiego il perchè. La vitamina D - o meglio le diverse forme della
vitamina D - sono contenute principalmente nel tuorlo d'uovo, nel burro, nel
grasso di pesce, nel fegato, nel grasso di pollo e anatra; tutti alimenti che negli
ultimi vent'anni sono stati demonizzati come non salutari. E questo ha portato ad
una progressiva diminuzione nell' assunzione di vitamina D.
E' vero che il corpo è in grado di produrla quando la cute è esposta al sole,
ma certo non bastano due settimane di vacanza per recuperare il deficit
accumulato nel corso di un anno. Ed inoltre oggi sappiamo che la vitamina D è
stata promossa al ruolo di ormone. Ormone dell'immunità, per essere più precisi.
Dunque se un test dei livelli di 25-OH D presente nel sangue vi conferma che
anche voi ne siete deficitari la soluzione può essere una sola: assumerla sotto
forma di supplemento una volta al mese (troverete maggiori dettagli in merito in
appendice).
Una volta capiti i segreti della fisiologia del digiuno, imparare a praticarlo in
forma intermittente è facilissimo. I principali vantaggi che derivano da questo
tipo di alimentazione sono un miglior livello di benessere generale, la
regressione dei sintomi delle principali malattie del progresso, nonché un
sensibile aumento dell'aspettativa di vita.
Se invece siete interessati a sentire direttamente dalla mia voce una serie di
ulteriori lezioni sul digiuno intermittente, potete provare il mio corso online
iFast e, se dopo averlo provato deciderete di acquistarlo, potrete farlo con uno
sconto del 50% rispetto al prezzo di listino utilizzando al checkout il coupon
"fidelity50". Si tratta di un piccolo regalo riservato ai miei lettori.
Avvertenza
I protocolli descritti devono la loro efficacia ad un meccanismo che si
chiama ormesi. Ciò significa che sfruttano i benefici fisiologici derivanti dalla
combinazione di un gioco di stress metabolici (dieta e allenamento) che
funzionano nei modi descritti soltanto quando vengono messi in atto in maniera
acuta ed intermittente.
Guglielmo di Occam
Prima dimostrazione
La domanda che più frequentemente le persone si pongono di fronte all'idea
di ridurre la frequenza dei pasti riguarda la debolezza. Ovvero, come è possibile
digiunare (anche solo parzialmente) e riuscire ciò nonostante a stare in piedi?
Se non si mangia, non si hanno energie. Non è forse questo che si sente
ripetere continuamente in televisione nelle pubblicità delle merendine? La
risposta è un sonoro no! Non è assolutamente vero. Sono più di vent'anni che
fisiologi e medici dello sport si pongono questa domanda e la risposta è sempre
rimasta invariata.
Tutti gli studi fatti su individui adulti (non mi risulta infatti che esistano studi
controllati eseguiti sui bambini) hanno dimostrato che anche nel caso di digiuni
protratti da uno a tre giorni - ben superiori quindi a quanto suggerito dai
protocolli presentati - si verificava solo una minima variazione dei livelli di
energia dei soggetti studiati.
I soggetti su cui sono stati eseguiti questi studi erano diversissimi e andavano
dagli sportivi dilettanti ai professionisti, ai militari di leva, ed in tutti i casi è
risultato chiaro che le uniche attività che potevano risentire negativamente di
questo tipo di digiuni (che erano molto più intensi e privativi del programma
proposto) erano gli sport di endurance tipo maratone, gran fondo ciclistiche o
triathlon stile Ironman, sport cioè che prevedono uno sforzo atletico costante e
prolungato per più ore.
E' stato dimostrato infatti che è la durata e non l'intensità dello sforzo atletico
che viene maggiormente compromessa dal digiuno. Ma attenzione, in tutti questi
studi i soggetti che si erano prestati volontari per l'esperimento non erano stati
addestrati preventivamente al digiuno, pertanto si trattava di persone il cui
metabolismo non aveva avuto il tempo di adattarsi a questo tipo di regime
alimentare.
Nella mia esperienza personale (io stesso ho testato tutti questi protocolli), e
in quella degli atleti che supervisiono, una volta che il corpo si è adattato al
digiuno intermittente, è possibile eseguire allenamenti atletici pesantissimi senza
la minima diminuzione di performance e senza la minima stanchezza.
Il perché ve lo spiegherò nel prossimo capitolo, ma per quanti tra voi temono
ad esempio di soffrire di ipoglicemia cito un ultimo studio condotto su un gruppo
di fondisti. Gli atleti furono costretti a correre per novanta minuti al 75% della
loro capacità aerobica massimale per ben due volte, dapprima nel loro normale
stato di nutrizione e poi a seguito di ventitré ore di digiuno.
Seconda dimostrazione
Stabilito senza ombra di dubbio che mangiare meno non può causare alcuna
diminuzione delle performances fisiche - certo non con i protocolli proposti in
questo libro - il secondo pregiudizio che bisogna affrontare è se mangiare meno
possa causare una diminuzione delle performances intellettuali.
Terza dimostrazione
Abbiamo già demolito i due principali pregiudizi sul digiuno, ma vi sono
almeno altri due "falsi miti" che necessitano di chiarimenti in quanto
preoccupano in particolare gli sportivi (siano essi dilettanti o professionisti).
Del resto, se questo non fosse vero perché mai si venderebbero tanti
supplementi iperproteici e ipercalorici agli sportivi? O perché si scomoderebbero
tanti atleti professionisti allo scopo di fare la pubblicità alle merendine?
Giova peraltro ricordare che, sebbene tutti questi studi siano stati eseguiti su
soggetti che seguivano protocolli assolutamente diversi dai programmi di
digiuno intermittente che vengono proposti in questo libro, in tutti i casi si è
visto che digiuni protratti fino ad un massimo di 72 ore non comportavano una
significativa distruzione muscolare né compromettevano la sintesi di nuove fibre
muscolari.
Tutti questi studi dimostrano una sola cosa: ciò che influisce sulla
costruzione o la distruzione delle masse muscolari (almeno nel breve periodo)
non è tanto l'alimentazione quanto piuttosto il tipo di allenamento messo in atto
dal soggetto.
Questo del resto era già stato dimostrato sul finire degli anni Novanta dal
canadese Mauro Di Pasquale, ex-campione olimpionico di sollevamento pesi
divenuto in seguito medico sportivo, il quale descrisse la cosiddetta dieta
metabolica (che potremmo definire un protocollo di digiuno intermittente tipo
ADF) come strategia per la definizione della massa muscolare nei body-builders
professionisti.
Quarta dimostrazione
Il digiuno fa venir fame? Dipende dal tipo di digiuno e dalla sua durata.
E' noto fin dai primi studi scientifici sugli effetti della fame che, anche a
fronte di regimi ipocalorici estremamente restrittivi, questa sensazione tende a
scomparire entro la prima settimana, salvo poi ricomparire in seguito quando
l'organismo entra in un meccanismo di auto-cannibalizzazione a seguito della
prolungata restrizione alimentare (come nel caso dell'anoressia nervosa), per poi
scomparire infine in prossimità della morte. Attenzione però che qui stiamo
parlando della sensazione di fame che origina dalla "pancia" e non di quella che
origina dalla "testa" degli individui.
E' infatti ben noto a tutti quel senso di languore che si impadronisce di noi
quando scocca l'ora del pasto. E' anche però ugualmente risaputo che, passata
un'oretta dall'orario stabilito, la suddetta sensazione scompare per ripresentarsi
soltanto in prossimità del pasto successivo.
Il fatto che si tratti di una fame di testa (che gli scienziati chiamano fame
limbica) e non di pancia (definita invece fame somatica) ci spiega perché la
sensazione scompare dopo poco tempo anche se non si è mangiato nulla.
Questo ci dice inoltre che la fame - così come molte altre sensazioni - è
plasmabile sulla base delle abitudini e dei ritmi circadiani (ossia relativi ad un
arco di 24 ore) di un individuo e può essere pertanto modificata e adattata a
nuove abitudini nutrizionali.
Per tornare alla domanda iniziale, cioè se sarete tormentati dalla fame, la
risposta è no. Seguendo i programmi proposti, nei limiti e nei modi suggeriti,
non soffrirete la fame, certo non quella di pancia.
Il motivo lo abbiamo già detto: il vostro corpo imparerà nuovi orari ai quali
aspettarsi il cibo e reagirà di conseguenza. Basandomi sulla mia esperienza
personale, posso garantirvi che questo è assolutamente vero. Per alcuni di voi
sarà una scoperta talmente stupefacente che stenterete a credere ai vostri sensi.
Quinta dimostrazione
I miti sul digiuno non finiscono qui; rimane ancora da discutere il ben noto
pregiudizio delle patologie conseguenti alle alterazioni ormonali. Ma andiamo
per ordine. La prima domanda cui dare risposta è: il digiuno può causare
alterazione della produzione degli ormoni? La risposta è sì, vediamo quali.
Uno dei primi effetti del digiuno è infatti un sensibile aumento delle funzioni
immunitarie che dipende da una maggiore attività di tutti i tipi di globuli bianchi,
da un'aumentata produzione di anticorpi, da un incremento delle capacità
battericide e da una potenziata resistenza di cuore e cervello ai danni ischemici
derivanti da tromboembolie.
Abbiamo già visto nei capitoli precedenti come, a seguito di digiuni anche
prolungati, il calo delle performances sia fisiche che intellettive sia da ritenersi
praticamente nullo. Il merito è da attribuirsi ai meccanismi di compenso che il
corpo umano mette in atto allo scopo di far fronte all'emergenza.
Dato che gli ormoni sono i messaggeri che portano alle cellule gli ordini di
servizio emanati dalla "centrale operativa" (in questo caso il Sistema Nervoso
Autonomo), ecco spiegate le modifiche dei livelli di ormoni circolanti.
Sesta dimostrazione
L'ultimo pregiudizio da sfatare è quello secondo cui il digiuno causerebbe
disturbi del comportamento alimentare. L'argomento è molto delicato, pertanto
cercherò di sviscerarlo con la massima chiarezza possibile.
Conclusioni
Il digiuno intermittente è qualcosa di profondamente diverso dal digiuno
prolungato e dalle diete restrittive.
Abraham Lincoln
Il SNA è chiamato così proprio per la sua autonomia dal Sistema Nervoso
Centrale e dal Sistema Nervoso Periferico dai quali prende a prestito alcune
strutture anatomiche ma dai quali è solo parzialmente controllabile (posso
decidere di modificare consapevolmente il mio ritmo respiratorio, ma se cercassi
di non respirare più, il SNA non me lo permetterebbe perché questo metterebbe a
rischio la mia vita).
Esso è stato creato allo scopo di garantire la stabilità dei parametri critici per
la sopravvivenza dell'organismo e, grazie alla sua capacità di modificare l'attività
dei muscoli lisci (quelli che controllano lo stato di contrazione dei visceri, dei
vasi sanguigni, delle pareti delle ghiandole, etc.), è abilitato ad agire in qualsiasi
modo ritenga necessario per ottenere questo fine.
La "moneta energetica" per eccellenza del corpo umano, l'unica cioè da cui le
cellule traggono l'energia che serve a far funzionare ogni reazione chimica, è il
glucosio. Perché il corpo possa funzionare a dovere è pertanto necessario che
venga mantenuto ad ogni costo un flusso stabile di glucosio nel sangue (la
cosiddetta glicemia).
Se il digiuno non si protrae per più di sei-otto ore (come accade di notte,
durante il sonno), i livelli di glucosio vengono mantenuti stabili grazie alla
glicogenolisi epatica (distruzione delle riserve di glicogeno presenti nel fegato).
Dato che l'insulina porta all'accumulo di grasso bianco, essa genera (in
maniera diretta o indiretta) anche stati infiammatori, aumento della pressione
arteriosa, stress cardiocircolatorio e anomalie a diversi organi e sistemi, così,
dopo qualche anno di questo regime, il corpo cerca di mettere in atto un
meccanismo di compenso allo scopo di limitare i danni.
Per quanto detto poc'anzi, questi due semplici rimedi attuati in successione o
in maniera alternata - quando associati a fasi di alimentazione normale - sono in
grado di invertire quasi completamente il processo, anche se questo è già in fase
avanzata.
Anche prescindendo dagli altri effetti metabolici del digiuno, il solo fatto di
permettere un miglior controllo glicemico, sembra in grado di influire
sensibilmente sulla longevità. Ma vediamo in maggiore dettaglio che cosa
succede nel nostro organismo quando si inizia a saltare qualche pasto.
Rigenerare il metabolismo
Abbiamo detto che mangiare meno e/o meno spesso attiva una serie di
meccanismi metabolici che l'uomo moderno ha ereditato da migliaia di
generazioni di antenati che avevano imparato a sopravvivere in condizioni di
difficile accessibilità al cibo.
I principali fattori metabolici che entrano in gioco nel corso del digiuno e che
permettono al corpo di inserire questa marcia in più, simile ai rapporti ridotti dei
moderni veicoli fuoristrada, sono:
il glucagone
l'ormone della crescita GH
il fattore neurotrofico BDNF
la proteina mTOR
i geni MYH7 che codificano la produzione delle catene pesanti di miosina
le sirtuine ed i geni SIRT
altri fattori di riparazione cellulare (Hsp, FoxO, IFNgamma, etc.)
Tutti questi fattori condividono più o meno gli stessi stimoli attivatori (il
digiuno e lo sforzo muscolare) ed inibitori (l'insulino-resistenza e la
sedentarietà). Esaminiamoli ora in maggior dettaglio.
E' dimostrato che, in un individuo che metta in atto una nutrizione ed una
attività fisica adeguate, la sua produzione può continuare fino a tarda età
favorendo in tal modo il mantenimento di un metabolismo sano.
E' stato recentemente dimostrato che, sebbene la maggior parte dei neuroni
del cervello umano si formi nel periodo prenatale, il sistema nervoso mantiene
per tutta la durata della vita la capacità di produrne di nuovi a partire da cellule
staminali mediante un processo definito neurogenesi.
Ultima, ma non meno importante, è la famiglia delle sirtuine e dei geni SIRT
che regolano la loro produzione all'interno delle cellule umane. Le sirtuine sono
proteine implicate in fenomeni che influenzano l'invecchiamento, la regolazione
della trascrizione genetica, l'apoptosi (morte cellulare) e la resistenza allo stress,
ma anche l'efficienza energetica e la vigilanza in tutte quelle situazioni in cui
l'apporto alimentare si riduce (restrizione calorica e digiuno intermittente).
Scoperte nel 1991 da un ricercatore del MIT di Boston nelle colture cellulari
di alcuni lieviti, sono state in seguito approfonditamente studiate dal gruppo di
David Sinclair a Baltimora il quale - non a caso - lavora al National Insitute on
Aging ed il cui laboratorio si trova a due rampe di scale di distanza da quello di
Mark Mattson.
E' ancora troppo presto per definire con esattezza il ruolo complesso che
queste proteine ricoprono nelle cellule umane, ma è dimostrato che uno dei loro
compiti principali consiste nel riparare il DNA e con esso tutti i geni che
subiscono una alterazione della loro espressione a causa dell'invecchiamento
cellulare o di aggressioni indotte da oncogeni.
Ciò avverrebbe grazie all'attivazione di geni che codificano per una serie di
altre proteine (Hsp, FoxO, IFNgamma, etc.) deputate a riparare le cellule
danneggiate in diversi organi e sistemi quando queste non possono replicarsi a
causa di un deficit energetico.
Come si può vedere da questa immagine, il digiuno intermittente va ad agire
sia sulla fisiologia cellulare che dell'organismo in toto.
Tra questi ultimi, oltre a quelli citati sinora, figurano anche altri che vanno ad
agire a livello molto più complesso (quali PPAR, un attivatore di alcune funzioni
energetiche dei mitocondri, Hsp e FoxO, che proteggono la trascrizione dei geni,
o l'IFN-gamma, che è uno stimolatore della ricrescita delle fibre nervose).
D'altra parte una cosa è parlare dell'utilità del digiuno in termini buddhisti e
un'altra è parlarne in termini scientifici perché, come ho già premesso, per
sfidare la disinformazione diffusa dai media è opportuno essere in grado di citare
le fonti cui si fa riferimento nel sostenere le proprie tesi (particolarmente quando
queste vanno in netta controtendenza rispetto al flusso delle informazioni
condivise dai più).
Un passo indietro
Nel marzo 2012, al termine di una lunga ricerca sugli effetti metabolici dei
diversi tipi di nutrienti presenti nel cibo (proteine, carboidrati e lipidi), pubblicai
un libro che si intitolava provocatoriamente "Pane Al Pane E Vino Al Vino", nel
quale erano riassunti i risultati di una minuziosa analisi comparativa di tutti gli
studi che erano stati pubblicati dalle maggiori riviste scientifiche negli ultimi
venti anni e che avevano come oggetto questo argomento.
Dopo aver parlato di questi risultati con alcuni colleghi ed essermi reso conto
che anche molti medici di base ignoravano l'evoluzione delle moderne teorie
nutrizionali, decisi di scrivere quel libro tentando di condensare in maniera
chiara e comprensibile a tutti queste nuove scoperte.
Per capire il tono e i contenuti del testo, vi riporto le prime righe della quarta
di copertina che iniziava con queste parole:
Fare colazione con uova e pancetta fa ingrassare più che fare colazione con
brioche e cappuccino. Vero o falso?
Mangiare pane fa bene al cuore e alla circolazione del sangue. Vero o falso?
Il modo migliore per perdere peso è limitare la quantità di grassi nella dieta.
Vero o falso?
Mangiare salsicce predispone all'infarto cardiaco. Vero o falso?
Una dieta ricca di carboidrati protegge da molti tumori. Vero o falso?
E poi proseguiva affermando: "Se avete risposto "Vero" a una o più
domande, fareste bene e rivedere le vostre opinioni sul concetto di sana
alimentazione. In ogni caso non deprimetevi troppo, siete in buona compagnia.
Migliaia di medici e di nutrizionisti, nonché molte agenzie governative della
salute continuano a commettere gli stessi errori facendo riferimento ad
informazioni scientifiche ormai datate, essendo influenzati dalla pubblicità
(quando non addirittura dagli interessi) delle aziende produttrici di alimenti".
Partendo dai risultati emersi da queste ricerche, alla fine del libro, pur senza
fornire una vera e propria dieta o suggerire ricette, proposi un regime alimentare
finalizzato a combattere i danni metabolici indotti dalla dieta ad elevato tenore di
carboidrati che gli italiani seguono attualmente, ritenendola la "dieta
mediterranea".
Il mio scopo era infatti quello di restaurare ciò che rimaneva di utilizzabile
nelle regole della dieta mediterranea originaria, in modo da permettere a tutti i
lettori di riconquistarne i benefici effetti salutari, liberandosi nel contempo dal
rischio di contrarre una o più delle cosiddette malattie del progresso.
Era stato proprio nel corso delle ricerche bibliografiche fatte per condurre la
mia meta-analisi che ero incappato, assolutamente per caso, nell'editoriale di
Natale scritto da Jeoffrey Cannon nel 2004.
Ero ovviamente rimasto affascinato da ciò che avevo letto, ma mi ero anche
reso subito conto che seguire quel nuovo filo di Arianna avrebbe comportato una
deviazione veramente eccessiva rispetto al progetto iniziale. Feci così il grosso
sforzo di tenere a freno la mia curiosità e decisi che avrei rimandato il tutto alla
conclusione del mio studio sulle regole della buona nutrizione.
Con il senno del poi ritengo di aver fatto la scelta giusta, perché ciò mi ha
permesso di prendere tutto il tempo necessario per valutare con chiarezza questi
nuovi dati oltre che per capire le differenze esistenti tra queste due teorie
nutrizionali (in apparenza opposte) e sperimentare le loro possibili integrazioni.
Un passo avanti
Consideriamo le evidenze cliniche che emergono da tutti gli studi più recenti
e mettiamole insieme ordinandole una dopo l'altra.
Tutto questo nasce dal fatto che gli alimenti caratterizzati dalle peggiori
qualità nutrizionali sono spesso gli unici che le persone più povere possono
permettersi. I cibi integrali, le carni magre, il pesce fresco, la frutta e la verdura
di stagione ed i prodotti biologici in genere sono tra gli alimenti più costosi in
assoluto.
E' stato dimostrato che le ricerche sulla palatabilità hanno permesso alle
aziende produttrici di alimenti di rendere questi cibi di bassissima qualità
particolarmente gustosi tanto da scatenare vere e proprie dipendenze.
Ridurre la frequenza dei pasti può infatti rendere accessibili cibi ad elevata
densità nutrizionale anche a persone che provengono dalle fasce più svantaggiate
della popolazione.
E' evidente che uno schema nutrizionale del genere, basato sulle regole
alimentari della dieta mediterranea originaria, può essere considerato a ragione il
più salutare tra quelli attualmente esistenti. Sicuramente è più salutare di quelli
suggeriti dalle linee guida nutrizionali dei paesi occidentali.
Questo non esclude però che i due sistemi (quello dei pasti piccoli e
frequenti e il digiuno intermittente) possano essere integrati in molti altri modi.
Qualche idea? Tenendo ferma come base della propria alimentazione la
modalità dei piccoli pasti a ridotto tenore di carboidrati, è possibile inserire il
metodo del digiuno intermittente (qualsiasi protocollo) in periodi selezionati
dell'anno in cui si desideri:
A tutti gli atleti i quali temono che il fatto di limitare l'apporto di carboidrati
nella dieta possa diminuire le performances fisiche o la concentrazione in gara,
consiglio la rassicurante lettura dell' ultimo libro del prof. Stephen Phinney che,
sono certo, riuscirà a convincere anche i più scettici a sperimentare
un'alimentazione a ridotto tenore di carboidrati.
Approfondimenti
A chi voglia approfondire ulteriormente questi argomenti, ricordo che i pochi
testi esistenti sono in lingua inglese. La buona notizia è che fortunatamente tutti
questi libri sono molto economici (o gratuiti) ed immediatamente disponibili per
la lettura in quanto scaricabili via internet sotto forma di eBook.
In questo testo rieditato lo scorso anno egli concentra la sua attenzione sul
confronto tra diversi protocolli di digiuno intermittente che dettaglia con
precisione, elencando i cibi assunti settimanalmente, il tipo di allenamenti
effettuati e confronta minuziosamente pro e contro di ciascuno di questi. Il libro
si può scaricare gratis dal suo sito internet; una ragione in più per leggerlo
immediatamente.
Se, come credo, il suo libro vi sarà piaciuto, probabilmente sarete ben
disponibili a comprare il suo nuovo eBook che è appena uscito su Amazon al
prezzo di 8,17 dollari americani.
Schemi di alimentazione
Allo scopo di esemplificare meglio come funziona nella pratica di tutti i
giorni il tipo di alimentazione suggerita, riporto a mo' di esempio due settimane
tipo prese dal mio diario nutrizionale (uso il software Nutrinote). La prima senza
e la seconda con l'introduzione dei digiuni.
Non assumo farmaci al di fuori degli integratori descritti nel testo e di una
dose di 5 grammi di creatina monoidrato Creapure® (un attivatore del
metabolismo energetico comunemente usato nella pratica sportiva) più 5 grammi
di BCAA che assumo con una tazza di tè verde dopo gli allenamenti.
Il mio peso è mediamente stabile con fluttuazioni di circa 500 grammi. Negli
schemi esemplificativi non sono incluse le quantità degli alimenti, che variano in
basa alla mia sensazione di sazietà. I condimenti sono a piacere.
Aggiungo infine che quasi ogni giorno bevo almeno un litro e mezzo di
acqua o tè verde (non zuccherato) che assumo tra un pasto e l'altro. Nei mesi
estivi raddoppio le quote di liquidi assunti.
Lunedì
Colazione: Uova sode, semi di lino tritati, coppiette di Ariccia (carne secca
speziata di manzo o maiale), uva, caffè nero senza zucchero con cannella in
polvere.
Pranzo: Dopo l'allenamento: pizza farcita, insalata mista, birra doppio malto.
Spuntino: Frullato di frutta con proteine isolate del siero di latte, datteri.
Cena: Salmone bollito, avocado condito con limone, carote in insalata, acqua
con limone.
Martedì
Colazione: Yogurt intero, frutti di bosco, caffè nero senza zucchero con
cannella in polvere.
Mercoledì
Pranzo: Petto di tacchino ai ferri, avocado condito con limone, fichi d'india,
acqua con limone.
Giovedì
Venerdì
Sabato
Colazione: Uova sode, semi di lino tritati, pere con pasta di mandorle, caffè
nero senza zucchero con cannella in polvere.
Domenica
Cena: Insalata mista con uova e tonno, mele, un bicchiere di vino rosso.
Martedì
Colazione: Bresaola di cavallo con melone, caffè nero senza zucchero con
cannella in polvere.
Pranzo: Insalata di pollo con fagiolini bolliti, avocado e semi misti con pesto
alla genovese, prugne, un bicchiere di vino rosso.
Cena: Tè verde.
Mercoledì
Pranzo: Petto di tacchino ai ferri, avocado condito con limone, fichi d'india,
acqua con limone.
Spuntino: Formaggi misti con pere, insalata mista, un bicchiere di vino rosso.
Cena: Tè verde.
Giovedì
Colazione: Uova con bacon, carote con aceto balsamico, caffè nero senza
zucchero con cannella in polvere.
Venerdì
Spuntino: Frullato di proteine isolate del siero di latte con latte e banana.
Cena: Tè verde.
Sabato
Pranzo: Grigliata di pesce con verdure miste, semi misti, mele, un bicchiere
di vino rosso.
Domenica
Colazione: Uova in camicia, semi di lino tritati, pere, mandorle, caffè nero
senza zucchero con cannella in polvere.
Konrad Lorenz
Se applicato con regolarità nei modi descritti, esso rappresenta nella maggior
parte dei casi un efficace regime dimagrante e permette inoltre un ri-assetto del
metabolismo. Rappresenta anche un ottimo metodo per disintossicare il corpo, in
quanto mette a riposo l'apparato digestivo e soprattutto diminuisce la quantità di
grasso bianco, quella componente dell'organo adiposo da cui dipendono i
sintomi della sindrome metabolica (tutto questo è spiegato meglio nelle
Appendici).
Per quanto riguarda i benefici sulla longevità, è chiaro che questi possono
diventare evidenti solo se il digiuno intermittente viene trasformato in uno stile
di vita introducendolo con regolarità nelle proprie regole alimentari.
Grazie alla combinazione di questi due meccanismi, una volta passati i primi
giorni di adattamento al digiuno, la sensazione di fame percepita si attenua di
molto.
E' un fenomeno che può accadere le prime due o tre volte che lo si
sperimenta, ma attenzione: questo non dipende dal fatto di essere affamati, ma
semplicemente dalla convinzione di dover mangiare di più dato che si è
digiunato per "tanto" tempo. Altre volte accade di mangiare in eccesso perché si
pensa di aver diritto a concedersi un premio per il fatto di aver fatto un
"sacrificio".
Non è affatto vero. E' quando si seguono le diete iperproteiche che si diventa
aggressivi. Nel caso del digiuno intermittente è possibile essere un po' più
irritabili e ciò è causato dal fatto che il digiuno modifica la produzione di alcuni
neuro-mediatori (serotonina e dopamina) da parte del cervello.
Di solito l'irritabilità è più evidente nelle persone che fanno un uso eccessivo
di zuccheri e carboidrati raffinati. In questi casi, si tratta di una vera e propria
sindrome da astinenza derivante dal fatto che nel cervello lo zucchero va a
legarsi ai recettori dei cannabinoidi e degli oppioidi endogeni, dando origine ad
una dipendenza simile a quella causata dagli stupefacenti.
Una buona strategia, per aggirare questo problema, può essere quella di
iniziare a sperimentare il digiuno all'inizio di un week-end lungo in modo da
avere due o tre giorni liberi da stress lavorativi. Un'altra buona strategia è quella
di avvisare conviventi e amici che si sta facendo un esperimento nutrizionale che
potrebbe dare origine ad un po' di nervosismo.
E' una cosa che potrebbe accadere; i comportamenti alimentari sono soggetti
a fortissime pressioni sociali e spesso queste ultime sono di difficile
comprensione. Ho visto persone obese cui parenti e amici avevano consigliato
per anni di dimagrire le quali, nel momento in cui finalmente cominciavano a
perdere peso, sebbene fossero ancora in sovrappeso di venti o trenta chili, si
sono sentite dire: "Ma non stai esagerando un po'? Così è troppo!".
In questo caso bisogna spiegargli bene che cosa si sta facendo. Il fatto di
essere un medico non significa essere onniscienti. Moltissimi colleghi ignorano
gran parte della ricerca scientifica che esula dal proprio ambito specialistico.
Inoltre la maggior parte degli studi citati in questo libro risale agli ultimi
quindici anni ed ha avuto davvero poca diffusione al di fuori degli ambienti della
ricerca. Quindi è possibile che molti medici non ne abbiano nemmeno sentito
parlare.
In ogni caso, consiglio di far vedere al proprio medico questo libro, in modo
che possa accertarsi di persona che non si sta facendo qualche dieta "fai-da-te" e
verificare che si tratta di un programma solidamente fondato sulla ricerca
scientifica.
Un'altra strategia può essere quella di patteggiare con lui un periodo di prova
di trenta-sessanta giorni, trascorsi i quali lui stesso potrà verificare i risultati e gli
eventuali effetti positivi o negativi del digiuno intermittente.
In realtà può fare tutto ciò che vuole e che gli piace di più. Può utilizzare
questo tempo libero per andare a fare una passeggiata. Può andare a prendere il
sole. Può andare in biblioteca, o a leggersi il giornale al parco. Può andare a fare
jogging, o andare in palestra. Può andare a fare un pisolino, o magari a fare
l'amore. Può andare a fare la spesa. Può frequentare un corso di lingue, o di
musica.
Le possibilità sono davvero infinite e limitate solo dalla propria fantasia, dal
luogo, dalla stagione dell'anno e dalle condizioni atmosferiche.
Quando non mangio di solito mi viene mal di testa, cosa devo fare?
Esiste una moltitudine di studi che indagano questo problema. Può accadere
in effetti che certe persone siano più sensibili di altre all'effetto della micro-
chetosi metabolica. Questo non è il segno di un danno, ma solo una fase di
adattamento.
Se un'ora ogni due giorni è uno shift troppo rapido e causa effetti collaterali
come la cefalea, consiglio di rallentare un po' la progressione e magari avanzare
l'orario soltanto di una mezz'ora ogni due giorni. Inoltre, se una persona è
particolarmente sensibile alla cefalea da micro-chetosi, consiglio di utilizzare
solo quei protocolli che prevedono i digiuni regolari (o le restrizioni caloriche) di
durata più breve, mentre sconsiglio l'uso del digiuno di ventiquattro ore perché
in questo caso il corpo non ha tempo di adattarsi efficacemente al meccanismo
metabolico.
Questo dipende molto dal peso di partenza del soggetto e dalla sua situazione
metabolica (se è presente cioè, o meno, una sindrome metabolica). Nella mia
esperienza, a seconda dei protocolli utilizzati, si perdono da 400 ai 600 grammi a
settimana. Il che significa intorno ai 2 Kg al mese (all'incirca 20 kg in un anno)
fino al raggiungimento del proprio peso-forma.
Dopo un digiuno (qualsiasi sia stata la sua durata) sarebbe una buona idea
cominciare a rialimentarsi con cibi ricchi di fibre, vitamine e minerali. Ecco
perché si consiglia di solito un'insalata mista di frutta e verdura, o una
macedonia non zuccherata, magari addizionate di noci, mandorle, o semi misti.
Si tratta di una cosa che occasionalmente può accadere, per i motivi più vari.
In questo caso consiglio di mangiare qualcosa senza farsi tanti problemi, magari
proprio una bella insalata con una dose di buone proteine (tonno, uova, pollo, o
formaggio) e di grassi buoni (mandorle, noci, semi di zucca e di girasole, olio
extravergine di oliva). Le regole rigide servono solo a chi non si sa regolare!
Esistono diversi studi che hanno testato l'efficacia del digiuno intermittente
nell'invertire forme iniziali di diabete. E' chiaro però che in casi come questi, in
cui è presente una specifica patologia, ogni cambiamento deve essere
supervisionato dal medico che ha in cura il soggetto.
Fatta questa premessa, posso dire che esistono diversi studi (alcuni di questi
sono stati citati nel capitolo 4) che dimostrano come, negli animali da
esperimento, il digiuno intermittente associato a diete a ridotto contenuto di
carboidrati possa avere effetti benefici sui tumori.
Quello che sappiamo per quanto riguarda l'uomo è che, quando si segue una
chemioterapia, il digiuno intermittente può essere una strategia efficace per
diminuire la debolezza, il senso di spossatezza e gli effetti gastrointestinali che
conseguono ai trattamenti chemioterapici. Ma, allo stato attuale della ricerca, più
di questo non sappiamo.
Esistono altri protocolli di digiuno intermittente oltre a quelli
presentati?
Michael Pollan
L'Italia - così come gli altri paesi industrializzati - sta attualmente scontando
i risultati fallimentari di quello che, dal punto di vista scientifico, potremmo
definire come uno studio sperimentale multicentrico sugli effetti di una
alimentazione ad elevato tenore di carboidrati raffinati.
diabete tipo 2
sovrappeso e obesità
sindrome metabolica
In altre parole, sebbene un italiano su due non abbia le risorse adeguate per
metabolizzare questa quota eccessiva di carboidrati - se non a prezzo dello
sviluppo di gravi malattie - la maggior parte dei nutrizionisti si ostina a credere
che le attuali linee guida alimentari italiane possano andare bene per tutti, quasi
fossero un indumento a taglia unica.
Nel frattempo, la ricerca scientifica più recente ci dimostra che, mentre non
esiste una modalità alimentare che vada bene per tutti, una dieta ad elevato
contenuto di carboidrati raffinati associata ad una eccessiva frequenza dei pasti è
una sicura ricetta per lo sviluppo di insulino-resistenza e quest'ultima è la chiave
di volta di una quantità di patologie metaboliche.
Se devo essere onesto, non credo (purtroppo) che la situazione sia destinata a
cambiare in tempi brevi. Anche se nel marzo 2015 il comitato di esperti che
supervisiona la redazione delle linee guida statunitensi ha decretato che non ci si
deve più preccupare del contenuto di colesterolo degli alimenti (perchè hanno
capito non è lì il problema), la notizia è stata insabbiata.
Prevedo dunque che ci vorranno ancora molti anni e un coro di voci come la
mia per riuscire a far nascere nella mente degli italiani il sospetto che tanto
accanimento nel sostenere le attuali linee guida alimentari da parte di certi
"esperti" possa essere giustificato solo dall'uso di informazioni scientifiche
ormai datate o, peggio, da cointeressenze con aziende del settore alimentare.
Carl Sagan
Si tratta cioè di una serie di fattori di rischio di origine metabolica che hanno
come esito finale lo sviluppo di eventi patologici importanti quali le malattie
cardiovascolari (infarto, ictus, etc.), il diabete di tipo 2, molte malattie
infiammatorie ed alcuni tumori.
* Insulina + 10 mU/ml.
Non deve dunque stupire il fatto che la diffusione di questa sindrome vada di
pari passo con la diffusione dell'obesità, la quale purtroppo aumenta ogni anno
nella popolazione italiana riguardando sia i maschi (28%) che le femmine (32%)
che i bambini (23%) e, se a questi numeri andiamo a sommare anche gli
individui che sono semplicemente in sovrappeso (ma non ancora obesi), queste
percentuali di prevalenza lievitano ulteriormente di un quarto.
Se a tutto questo aggiungiamo anche i costi derivanti dalla cura delle malattie
cardiovascolari, scopriamo che riuscire a invertire la prevalenza della sindrome
metabolica (insegnando agli italiani come alimentarsi in modo più salutare)
significa salvare vite umane, risparmiare sofferenza e disabilità a moltissime
persone e diminuire sensibilmente i costi di gestione della salute pubblica.
Teniamo presente infine che queste problematiche sono molto più diffuse
negli strati più poveri della popolazione ed in quelli a più bassa scolarità. Per
quanto il livello di scolarità possa non cogliere altre condizioni sociali che
possono influenzare il rischio di contrarre malattie - quali ad esempio
l'occupazione - tuttavia ci dà un'indicazione di quello che sta accadendo nella
popolazione con livello culturale meno elevato.
Vi dirò di più, il tessuto adiposo è importante sia a causa della sua fisiologia
(produce ormoni che hanno il cervello per bersaglio) che per la patologia che
consegue ad un suo accumulo eccessivo allorché secerne numerosi mediatori
dell'infiammazione (le adipochine) che sono in grado di influenzare lo stato di
salute dell'uomo provocando la sindrome metabolica.
Le proteine dai nomi complicati che sono state citate nel quarto capitolo
(BDNF, mTOR, miosina a catene pesanti, sirtuine, PPAR, FoxO, etc.), sono tutte
sostanze che attivano questi meccanismi.
Quando l'organismo percepisce un calo dei livelli di zuccheri nel sangue, per
esempio, si attiva un meccanismo che mira a rendere le cellule più sensibili agli
stimoli insulinici, allo scopo di facilitare la penetrazione del glucosio nelle
cellule (contrastando così l'insulino-resistenza indotta da diete ad elevato tenore
di carboidrati) e questo meccanismo antagonizza lo sviluppo del diabete di tipo
2.
Questi effetti si sono dimostrati efficaci sia nel proteggere individui sani
dallo sviluppo di eventi patologici che nell'invertire il corso di eventi patologici
già in atto. Il digiuno parrebbe essere in grado addirittura di stimolare la
differenziazione di nuove cellule nervose a partire da cellule staminali.
Per essere ancora più chiari, non crediate che se due fa bene quattro farà
meglio e non cercate mai di manipolare queste tecniche al di là di quanto
raccomandato, o al di fuori della supervisione di uno specialista. Rischiereste di
ottenerne più danni che benefici.
Con il termine generico di chetosi si intende uno stato metabolico nel corso
del quale il fegato produce alcune sostanze che si chiamano corpi chetonici.
Vengono infatti chiamati in questo modo tre sottoprodotti della gluconeogenesi:
l'acetone, l'acido aceto-acetico e il beta-idrossibutirrato anche se, dal punto di
vista biochimico soltanto i primi due sono tecnicamente dei veri chetoni.
Perché il fegato produce queste sostanze? Quando non vengono introdotti
alimenti per più di sei ore (durante il sonno, per esempio), il corpo riesce a
mantenere costante la glicemia basandosi solo sulla capacità del fegato di
produrre glucosio, lo zucchero presente nel sangue che serve a finanziare tutte le
reazioni biochimiche necessarie al buon funzionamento dell'organismo.
Questa via metabolica utilizzata dal fegato per produrre glucosio a partire da
precursori non glucidici si chiama gluconeogenesi e si trova descritta in tutti i
libri di biochimica. Se vi siete mai posta qualche domanda su come fanno a non
morire di fame gli animali che cadono in letargo la risposta è semplice: grazie al
meccanismo della gluconeogenesi epatica e alla conseguente chetosi metabolica.
Questo è anche il motivo per cui una persona può sopravvivere per giorni
senza mangiare e ciò nonostante riuscire a svolgere la maggior parte delle sue
attività quotidiane. La gluconeogenesi e la chetosi metabolica che a questa
consegue, è un meccanismo evolutivo che l'uomo ha raffinato nel corso di
centinaia di migliaia di anni di permanenza sul pianeta allo scopo di non restare
senza energie allorchè era costretto dalla contingenza e dagli eventi a non
introdurre alimenti per qualche giorno, oppure a cibarsi soltanto di proteine e
grassi.
Se questo meccanismo non fosse esistito e/o se esso fosse stato in alcun
modo dannoso per la salute, la nostra specie si sarebbe estinta da millenni. Per la
maggior parte della sua evoluzione (prima cioè dell'invenzione dei
supermercati), l'uomo ha infatti dovuto adattarsi a nutrirsi in maniera
intermittente.
E' importante pertanto stabilire una volta per tutte che la chetosi metabolica
che consegue a una giornata di digiuno (che è il massimo intervallo di digiuno di
cui si parla in questo libro) non ha niente a che fare con stati di chetosi
patologiche quali la cheto-acidosi del diabete scompensato. Impariamo una volta
per tutte a non confondere questi due stati, in quanto il primo è assolutamente
adattativo e fisiologico mentre é il secondo che è patologico.
Essi sono implicati nel metabolismo dei lipidi, dove concorrono ad elevare i
livelli di colesterolo HDL e ad abbassare i livelli di trigliceridi circolanti. Ed
essendo i precursori delle prostaglandine anti-infiammatorie, sono implicati
anche nella modulazione nelle reazioni immunitarie.
Per tutti coloro che non sono in grado di seguire queste indicazioni, consiglio
invece l'utilizzo di integratori alimentari a base di Omega-3. Dato che i preparati
in commercio vengono di solito ottenuti a partire da olio di pesce, la mia
raccomandazione è di acquistare un prodotto certificato esente da
contaminazioni da mercurio, che abbia un contenuto in EPA e DHA compreso tra
il 35 e il 50%, e di assumerne un grammo con ogni pasto o spuntino.
Nei casi di grave obesità, sono addirittura solito prescriverne dosi doppie o
triple nei primi mesi di transizione alla nuova alimentazione, in quanto è
dimostrato che una adeguata supplementazione di acidi grassi Omega-3 accelera
la lipolisi e la perdita di peso in soggetti obesi sottoposti a terapia nutrizionale.
I diversi filoni di questa ricerca hanno dimostrato che noi umani siamo un
ecosistema complesso in quanto ben il 90% delle cellule presenti nel nostro
corpo sono in realtà di origine batterica (avete letto bene, questo significa che in
un corpo umano ci sono più batteri che cellule umane).
E non pesano neanche poco, perché se andiamo a misurare a quanto
ammonta la popolazione dei batteri che un umano si porta dietro scopriamo che,
in un adulto di corporatura media, la massa totale di questi batteri pesa più del
suo cervello (ovvero da 2,5 a 3,5 Kg.).
E' evidente che queste scoperte hanno reso immediatamente antiquato tutto
ciò che credevamo di sapere a proposito di microbiologia (in quanto la maggior
parte dei batteri che riteniamo di conoscere sono i patogeni, mentre dei simbionti
non sappiamo quasi nulla), di metabolismo (dato che si è visto che buona parte
delle reazioni metaboliche sono facilitate, o ostacolate, da enzimi batterici) e di
nutrizione umana (visto che, a seconda di come cambia la nostra dieta, si
modificano le percentuali di batteri residenti nel nostro intestino e gli effetti
metabolici che sono ad essi attribuibili).
Come se già questo non bastasse a confonderci le idee, ecco arrivare nuove
evidenze sperimentali che ci dimostrano come i batteri prelevati dall'intestino di
un umano obeso, se trapiantati nell'intestino di un topino germ-free (ovvero
cresciuto in un'atmosfera di totale sterilità ed il cui intestino è assolutamente
sterile), fanno sì che in breve tempo anche il topo divenga obeso.
Proprio così, e pare che questo sia da attribuirsi al fatto che i geni che alcuni
batteri "prestano" al corpo dell'ospite servono a modificare l'assorbimento di
alcuni nutrienti e a stimolare il comportamento alimentare (anche se, in questo
caso, in maniera patologica per l'ospite).
La buona notizia è che questo è in parte possibile già oggi, dato che
sappiamo che il solo fatto di modificare la frequenza dei pasti e la qualità dei
nutrienti presenti nella dieta è sufficiente a cambiare la tipologia e le percentuali
relative dei batteri presenti nel nostro intestino. Questo è il motivo per cui nella
lista della spesa presente al capitolo 2 figurano alimenti fermentati.
Non trovate affascinante tutto ciò? Non è bello sapere che sebbene viviamo
praticamente in ostaggio di una sterminata comunità di microbi questi ultimi
cercano di fare qualcosa di utile per noi (anziché cercare di semplicemente di
ucciderci)?
Dico sul serio! E' la legge della simbiosi che dice che se un saprofita fa
vivere più a lungo il suo ospite, inevitabilmente vivrà più a lungo anche lui. Non
a caso oggi sappiamo che il modo migliore per sconfiggere un'infezione
intestinale da Clostridium Difficile non consiste nella somministrazione di
qualche innovativo antibiotico ma nel somministrare al paziente un clistere di
feci provenienti da un individuo sano; si chiama trapianto fecale (FMT) e la
FDA ne ha autorizzato l'uso due anni fa.
E si è visto che assumere troppi antibiotici nelle prime fasi della vita
predispone ad alterazioni permanenti del microbioma e, almeno in alcuni casi,
condanna il soggetto all'obesità per il resto della vita.
Ed infine (per coloro che sono affascinati dalla chirurgia bariatrica come
opzione terapeutica per l'obesità) che ogni qual volta andiamo ad alterare
l'anatomia dell'apparato digerente, inevitabilmente alteriamo anche tutto
l'ecosistema batterico che lo abita e da cui dipendono alcune funzioni
metaboliche fondamentali. Ciò spiega bene il perché di certi effetti collaterali
devastanti che talora conseguono a questo tipo di interventi.
Se volete saperne di più su questi affascinanti argomenti vi consiglio di
visitare il sito del Progetto Microbioma Italiano. Se poi deciderete di partecipare
al progetto potrete ordinare il kit per l'analisi del microbioma direttamente dal
sito del nostro laboratorio.
Livelli più elevati di vitamina D sono associati a una maggiore lunghezza dei
telomeri (i segmenti terminali dei cromosomi umani) e questo comporta una
maggiore longevità cellulare. Inoltre i livelli di vitamina D circolante sono
direttamente proporzionali ai livelli di colesterolo HDL; maggiore è la quantità
di vitamina D e più elevato sarà il colesterolo HDL.
Anche perché esiste un pool di vitamina D nel corpo nel quale vengono
immagazzinate le quantità eccedenti i 40 ng/ml, il quale, una volta riempito,
permette di mantenere stabili i livelli circolanti per molti mesi. Un valore
plasmatico adeguato di vitamina D dovrebbe pertanto situarsi tra i 40 e gli 80
ng/ml.
Una cosa che è importante ricordare è che qualora si opti per una
supplementazione di vitamina D sotto forma di integratore, allo scopo di evitare
il rischio di calcificazioni anomale (arteriose, tendinee, renali, etc.) è necessario
assumere sempre anche un' adeguata supplementazione di vitamina K2.
Sinceramente non saprei. Certo è che dal momento in cui sui farmaci ipo-
lipemizzanti è stato costruito uno dei business più floridi dell'intera industria
farmaceutica mondiale, la maggior parte degli studi pubblicati in materia
vengono eseguiti sotto l'egida (e con il finanziamento) di Big Pharma e ciò
suscita il sospetto di pericolosi conflitti di interesse.
Già dai primi anni Novanta si sa che una terapia sostitutiva con testosterone
o gonadotropine è in grado di ridurre i livelli di colesterolo circolante in soggetti
affetti da ipogonadismo. E questa è una scoperta indubbiamente interessante
perchè ci deve far riflettere.
Come pure interessante è il riscontro che la supplementazione di vitamina
D3 (anch'essa un ormone steroide) in soggetti carenti porta ad una riduzione dei
livelli di colesterolo circolante. A fronte di questi dati, non sorprende dunque la
teoria di Sergey A. Dzugan il quale sostiene che l'iper-colesterolemia sarebbe da
attribuirsi ad un tentativo da parte del corpo di compensare un deficit di
produzione di ormoni steroidi, una teoria che ha trovato grande riscontro nella
community dei medici anti-aging.
Ogni qual volta c'è da costruire (o da ri-costruire) qualcosa ecco che il corpo
inizia a produrre colesterolo. Seguendo questo filo logico si potrebbe anche
ipotizzare che pure un eccessivo stato infiammatorio possa aumentare la
richiesta di colesterolo circolante per permettere di produrre maggiori quantità di
cortisolo da parte delle ghiandole surrenali se il suo livello è insufficiente (avete
mai sentito parlare di sindrome da furto del pregnenolone, anche detta sindrome
da fatica cronica?).
L'unica cosa che viene da chiedersi a fronte di queste evidenze, è come mai
non siano stati fatti ulteriori studi per verificare più approfonditamente queste
ipotesi. La risposta è chiara: perchè se queste teorie venissero confermate
andrebbero a rovinare un mercato piuttosto fiorente. Duole dirlo ma temo sia
così.
Allora a cosa può servirci in pratica leggere e discutere tutte queste bizzarre
ipotesi? Beh, quantomeno a non spaventarci se scopriamo di avere il colesterolo
alto e poi a pensarci due volte prima di assumere un ipo-lipemizzante. O
quantomeno ad escludere prima l'esistenza di un deficit di ormoni steroidi
(testosterone, estrogeni, progesterone, cortisolo o vitamina D).
Perciò, una rivisitazione dei nostri stili alimentari rappresenta ormai una
priorità assoluta per i vantaggi che comporta, a livello individuale (sulla salute e
sulla tasca) ed a livello di comunità (maggiore salubrità dei nostri spazi vitali).
Paolo Ranalli
Direttore