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Bibliografia.
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Capitoli.
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Spesso quando si parla delle diverse Chiese Orientali si danno loro dei
nomi non tanto legati alla regione dove esse si trovano quanto legati alla loro
propia professione di fede; questi saranno nomi validi in tanto che conosciamo
bene i retroterra di queste comunità cristiane.
Va al di là dell'intenzione di questo corso di vedere storicamente queste
Chiese -ne dobbiamo vedere essenzialmente le liturgie- e di vedere anche le
diverse divisioni tra Oriente ed Occidente. Ne accenno pure qualcosa che
potrà, poi, aiutarvi a capire anche l'evoluzione liturgica, sia in questo stesso
corso, sia in altri corsi in cui avrete occasione di entrare in contatto
coll'Oriente cristiano.
Vorrei soltanto ricordare le divisioni sorte nel seno della Chiesa dopo i
concili di Efeso (431-433) e di Calcedonia (451). Ricordo anche il progressivo
allontanamento tra Oriente e Occidente -e qui parlando di Oriente penso
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Sul Monte Athos sopravvivrà fino al 1254 un monastero di monaci benedettini di rito
latino, quindi fin ben due secoli dopo il grande scisma del 1054.
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Una volta venivano chiamate Chiese Nestoriane; ormai preferiamo evitare gli aggetivi
di tipo confessionale e dare loro una denominazione di tipo geografico.
3
Cf., J. LABOURT, Le christianisme dans l'Empire Perse. Paris 1904.
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Si scoprì, nel 1625, una stella bilingue siro-cinese a Siganfu e datata dal 781; questa
stella ci informa dell'esistenza di una Chiesa pienamente strutturata in Cina a partire dal
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sopratutto a partire del XIV sec.,; nel nostro seccolo subì le persecuzioni dei
turchi, dei curdi e dei persiani. Attualmente i siro orientali ortodossi -e la
sua Chiesa sorella "Caldea"- si trovano in Iraq, Iran, Siria, India, le
repubbliche ex sovietiche e gli USA. La lingua di questa Chiesa fu il siriaco
che venne usato fino alle invasioni musulmane; poi fu usato l'arabo, benché il
siriaco, nel suo dialetto orientale, viene ancora usato a livello liturgico. La
Chiesa Siro orientale ebbe nel XII-XIII sec. parecchi milioni di fedeli, sparsi
tra 23 metropoli dell'Asia, Cina e India. Oggi ci sono due centri: uno nelle
montagne del Kurdistan, e l'altro nell'India, che è la Chiesa Siro-Malabar. È
difficile di dire quanti fedeli ci sono oggi nella Chiesa siro orientale; forse
tra 150.000 e 200.000; il patriarca risiede negli USA, e nel 1964 ci fu, a
causa dell'adozione del calendario gregoriano, un divisione in questa Chiesa,
che portò alla creazione di un secondo patriarcato siro orientale ortodosso.
635. Questa Chiesa sarebbe arrivata fino alla Mongolia, cf., PDOC, art., Église nestorienne,
189-191.
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Una volta venivano chiamate Chiese Monifisite; in questo caso, non essendo possibile
di usare per loro un’unica denominazione di tipo geografico, rimaniamo in una di tipo
confessionale.
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Nato verso 490 e morto nel 578, fu prima monaco e poi vescovo.
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Comunque ci sono dei segni di una presa di coscienza della propria tradizione
e di rilancio liturgico e teologico. Attualmente ci sono verso due milioni e
mezzo di siro ortodossi sparsi per l'Iraq, Siria, Turchia, Libano e tutta
l'Europa, Latinoamerica e USA.
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Cf., HE, VI.
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Ricevette una buona formazione greca; fu monaco e corepiscopo. Si impegnò nel lavoro
di traduzione di testi all'armeno, cf., PDOC 373-374.
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GIOVANNI PAOLO II, Orientale Lumen. Lettera Apostolica all’episcopato, al clero e ai
fedeli per la ricorrenza centenaria della <<Orientalium dignitas>> di Papa Leone XIII, EDB,
Bologna 1995, (OL).
10
Nicola Cabasilas, nei sette libri della sua opera La vita in Cristo centra tutta la sua
riflessione teologica / liturgica / spirituale attorno alla celebrazione liturgica dei sacramenti
dell’iniziazione cristiana -battesimo, cresima, eucaristia- e alla consacrazione dell’altare,
visti come i luoghi dove il cristiano riceve la pienezza della fede, il dono dello Spirito Santo,
e, assieme agli altri cristiani, celebra e vive questo dono; cf., NICOLA CABASILAS, La vita in
Cristo, Fonti cristiane per il terzo millenio 11, Città Nuova, Roma 1994.
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Cf., J. MEYENDORFF, La Teologia Bizantina, Marietti, Casale Monferrato 1984, p. 141.
12
Cf., J. CORBON, Liturgia alla sorgente, Paoline, Roma 1983, pp. 104-105.
13
IRENEO DI LIONE, Contro le Eresie, III,24,1.
14
Cf., B. PETRÀ, Liturgia e spiritualità nella tradizione orientale, in Rivista di Pastorale
Liturgica 30 (1992) 53-58.
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inserito nella comunità, nella tradizione della propria Chiesa e nella comunione
con le altre Chiese; in essa, nella liturgia, il credente esperimenta di essere
interiormente ed esteriormente parte di un mistero di vita che gli viene dato.
Le diverse tradizioni orientali hanno tanti punti ed aspetti che le diversifi-
cano tra di loro, ma in comune hanno soprattutto una cosa: il fatto che la
celebrazione liturgica -sia la liturgia eucaristica sia la liturgia delle ore- è il
porto dove viene adunata, vissuta, celebrata, proclamata e cantata la fede
della Chiesa; la liturgia in modo poetico-simbolico contiene tutta la fede della
Chiesa15.
La liturgia stessa delle diverse Chiese cristiane ci mette di fronte alla
scoperta dell’unità esistente tra liturgia e vita; essa ci viene offerta nella
celebrazione, ma dev’essere anche scoperta e vissuta; se quest’unità non è
scoperta, questo è probabilmente dovuto alla confusione tra la liturgia stessa
e la celebrazione liturgica, cioè la comunità può dirigere tutti i suoi sforzi
sulla celebrazione, sulle sue forme, sui suoi gesti, i testi, il canto, la
partecipazione di tutti, ma si può dimenticare il mistero centrale che viene
celebrato come se ciò andasse da se16; quindi la questione attorno alla quale
si gira non è tanto quella della celebrazione e vita quanto quella della liturgia
e vita, e questa -la liturgia- intesa come il Mistero totale di nostro Signore
Gesù Cristo17.
Possiamo parlare allora di un approccio liturgico alla teologia? Dopo
quanto abbiamo presentato nell’introduzione, cercheremo di rispondere a
questa domanda a partire dello studio di alcuni passi della la Lettera
Apostolica Orientale Lumen. Ci limiteremo alla presentazione di alcuni
paragrafi della prima parte della Lettera Apostolica, nei paragrafi 5-16, e
questo a partire de tre punti: 1. La liturgia come luogo della confessione e
della celebrazione della fede. 2. Il rapporto Parola / Eucaristia. 3. Il cristiano
e la liturgia della Chiesa.
15
Accenniamo qui a tutti i testi liturgici delle diverse tradizioni orientali cristiane -
inni, tropari, sedri- che cantano in forma spesso poetica e simbolica la fede delle diverse
Chiese cristiane, p. es. l’inno cristologico μovoγεvς della liturgia bizantina.
16
La liturgia di qualsiasi Chiesa cristiana deve evitare di cadere in una
Atematizzazione@ della celebrazione dimenticando colui che ne è il centro, cioè il mistero
pasquale di nostro Signore Gesù Cristo.
17
Cf., J. CORBON, Liturgia alla sorgente, pp. 20-21.
15
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OL 5.
19
OL 6.
20
Ibid.
16
17
21
Ibid.
22
Ibid.
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18
23
OL 9.
24
Ap 1,8; 1,17; Col 1,15.
25
1Cor 15,28. Cf., G. BRASÓ, Liturgia e Spiritualità, Roma 1958, pp. 87ss.
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e vita cristiana. La Parola di Dio è stata e viene letta, da ogni credente e dalla
comunità radunata per la liturgia, come rivelazione piena di Dio, rivelazione
della sua gloria e rivelazione dei suoi comandamenti26; bisogna dunque per ogni
cristiano l'accordo con la Parola di Dio vissuta come regola di vita. La Parola
di Dio, allora, è vista dalla tradizione cristiana come alimento per la fede e la
vita della Chiesa; Origene nelle sue omelie propone un rapporto strettissimo
tra la Parola di Dio e l'Eucaristia: per l’autore alessandrino ambedue sono
incarnazioni del Verbo di Dio e, per tanto, la meditazione della Sacra
Scrittura deve farci scoprire il Verbo di Dio, Gesù Cristo stesso, nascosto in
essa.
Per questo approccio di fede, possiamo dire quasi eucaristico, alla Sacra
Scrittura, i Padri -e specialmente ancora Origene e gli autori di tradizione
alessandrina- insisteranno nella vita di preghiera che il cristiano deve portare
a termine, soprattutto la preghiera che deve precedere e seguire la lettura
della Scrittura; Origene spesso insiste sulla necessità che sia lo Spirito che
guida la lettura e quindi la comprensione della Sacra Scrittura: lo stesso
Spirito che ispirò l'agiografo deve adesso ispirare l'esegeta. Cristo è
presente nella Sacra Scrittura e per questo anche ci viene letta nella liturgia
e per questo la usiamo come preghiera e come fonte di preghiera nei salmi.
Pregando i testi biblici la forza dello Spirito opera nel mondo.
In questo stesso senso, OL accenna chiaramente a questa lettura
liturgica della Parola, specialmente in riferimento al contesto monastico, a cui
vengono specialmente dedicati i paragrafi 9-16: Anche quando canta con i suoi
fratelli la preghiera che santifica il tempo, egli (il monaco) continua la sua
assimilazione della Parola. La ricchissima innografia liturgica, della quale
vanno giustamente fiere tutte le Chiese dell’Oriente cristiano, non è che la
continuazione della Parola letta, compresa, assimilata e finalmente cantata:
quegli inni sono in gran parte delle sublimi parafrasi del testo biblico, filtrate
e personalizzate attraverso l’esperienza del singolo e della comunità27.
Bisogna aggiungere, poi, che l’innografia delle Chiese orientali è chiaramente
teologica e dottrinale, nel senso che la teologia trinitaria, la cristologia,
l’ecclesiologia di ogni Chiesa cristiana si trovano contenute in essa.
26
Cf., T. SPIDLIK, La Spiritualité de l'Orient chrétien. Manuel systématique. Roma
1978, pp. 5 ss.
27
OL 10.
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In questo contesto, la liturgia, già per i Padri del IV-V sec., e poi per le
diverse Chiese orientali, diventa il luogo per eccellenza della mistagogia, cioè
28
ATANASIO DI ALESSANDRIA, Vita Antonii, PG 26, 835-837.
29
Commento al Diatessaron, I,18-19, cf., Sources Chrétiennes 121, Paris 1966, pp. 52-
53.
30
OL 10.
20
21
31
Cf., Le Catechesi Mistagogiche di Cirillo di Gerusalemme; le Omelie Mistagogiche di
Teodoro di Mopsuestia; le Omelie Catechetiche di Giovanni Crisostomo; le Omelie di
Ambrogio di Milano e di Agostino, tra molti altri; cf., M. JOURJON, Catéchèse et liturgie
chez les Pères, in La Maison-Dieu 140 (1979) 41-49.
32
Sul salmo 41,5, PL 36,466.
33
Cf., J. CORBON, Liturgia alla sorgente, p. 108.
21
22
34
OL 11.
35
Ibid.
36
Ibid.
22
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37
Cf., I-H. DALMAIS, Quelques grands thèmes théologiques des anaphores orientales, in
Eucharisties d'Orient et d'Occident, pp. 179-195.
38
P. EVDOKIMOV, L'Esprit Saint dans la tradition Orthodoxe, Paris, 1969.
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24
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Introduzione.
Allora, dai cieli della sua santità gloriosa, apparirà lo sposo celeste e
risusciterà dalla polvere tutti gli uomini; farà salire i giusti nelle altezze,
e i peccatori gli manderà nella geenna. La Chiesa Santa, sposa di Cristo
-che è i santi ed i veri fedeli-, verrà con gioia al suo incontro, scortandolo
con tutto l'onore, lui, lo Sposo vero, Gesù nostro Signore. Prenderà la
Chiesa sua sposa e la farà salire con lui nel cielo; la farà entrare nel suo
talamo e sedere alla sua destra e la rallegrerà con tutta sorte di beni
che non passano e non periscono. Lei si rallegrerà in Lui ed esulterà e
sarà nella gioia; e con voci mirabili e canti soavi canterà la lode con i cori
celesti. Che il Signore nostro ci conceda, anche a noi, di essere degni di
aver parte nella gioia dei santi, amen e amen.39
39
RABBAN BRIK-ISHO, Commento all'anno liturgico, in J. MATEOS, Lelya-Sapra: Les
Offices Chaldéens de la Nuit et du Matin. OCA 1562, Roma, PIO, 1972, pp. 461-464.
40
Ibid; cf., anche C. ANDRONIKOF, Le sens de la liturgie, p. 53.
41
L'iconografia bizantina e siriaca riguardo alla crocifissione è sempre costante a
mettere Maria ai piedi della croce, cioè "alla destra dello Sposo"; così l'icona della
crocifissione diventa per così dire anche icona della Chiesa che nasce dalla passione gloriosa
di Cristo, icona della Madre di Dio / della Chiesa, che stà alla destra del Figlio / dello Sposo.
26
27
tipica della domenica prima dell'inizio della Quaresima nel rito bizantino, nel
cammino di ritorno al paradiso che Adamo compie nella Chiesa e con la
Chiesa42, questa Chiesa non cessa di acclamare e di invocare il suo Signore
fino al suo ritorno. Questa lode, invocazione, supplica, viene fatta nella vita
liturgica delle diverse Chiese cristiane, una vita che segue, d'altronde, le
categorie del passato, del presente e del futuro, inserite in un ritmo
giornaliero, settimanale e annuo per le celebrazioni e le feste43. Le
celebrazioni delle Chiese sono i momenti -i καίρoι- in cui l'Economia della
salvezza diventa Liturgia. Questi momenti sono possibili in quanto irruzione
nel nostro tempo mortale di un Tempo vivente, liberato dalla morte... Esso
invade le nostre giornate, le nostre settimane ed i nostri anni, fino a che il
nostro vecchio tempo ne sia saturato e che il suo velo mortale si strappi... 44;
la Pasqua del Signore è l'evento centrale nella vita delle Chiese a partire di
cui si costruisce il ciclo liturgico
I diversi cicli, quello delle feste annuali, che ha come nodo centrale la
celebrazione pasquale, quello delle feste mensili, quello settimanale ed infine
il ciclo giornaliero, sono strettamente legati e compenetrati da far presente
nella vita della Chiesa i vari momenti della storia della salvezza e da penetrare
tutta la vita dei fedeli. Possiamo parlare di una sacramentalità del ciclo
liturgico delle Chiese orientali in tanto che in lui di nuovo Dio viene
all'incontro dell'uomo: Il nostro Dio non è al di sopra, ma davanti a noi
nell'attesa dell'incontro (Isacco di Ninive); si tratta, lungo il ciclo liturgico
delle diverse Chiese di una vera anamnesi del mistero della salvezza, in cui la
Chiesa, con la sua preghiera invoca lo Spirito Santo -fa l'epiclesi- sui fedeli
42
Il mio Creatore, il Signore, prendendomi dal fango della terra, mi ha formato... e mi
ha stabilito come capo della creazione, concittadino degli angeli... ma Satana mi ha preso
nell'amo e mi ha separato dalla gloria divina... ma tu, Signore di compassione, chiamami a te...
Aimè, sono stato spogliato dalla veste divina quando ho trasgredito il tuo comando, Signore...
e sono stato rivestito dalle foglie del fico e dalle tuniche di pelle... ma tu, Signore, nato dalla
Vergine negli ultimi tempi, chiamami e fammi entrare di nuovo nel paradiso... Paradiso
amabile... abitacolo divinamente creato, gioia senza fine, gloria dei giusti... per un mormorio
delle tue foglie supplica il Creatore dell'universo di riaprirmi le porte che ho chiuso per il
mio peccato... (Domenica della Tyrofagia, lucernario).
43
Cf., C. ANDRONIKOF, Le sens de la liturgie, p. 54.
44
J. CORBON, Liturgia alla sorgente. Paoline, Torino, 1983.
27
28
45
Cf., J. CORBON, Liturgia, op. cit., p. 160.
46
Adamo nel paradiso aveva "preso da se" il frutto dell'albero; adesso Cristo "dà lui
stesso" ai discepoli -all'uomo- il nuovo frutto dell'albero della vita.
47
Gv 19,5.
48
Nell'ufficiatura del mattutino del Sabato Santo questi temi: i due Adamo, la nuova
creazione, la misericordia di Dio..., vengono meravigliosamente contemplati dell'ufficio degli
"Enkomia", cf., capitolo sull'anno liturgico bizantino.
28
29
e che prolunga per sette giorni come un solo giorno la grande festa di Pasqua49
per sottolineare la non finitezza della Pasqua di Cristo.
49
Nel rito bizantino, durante tutta la settimana di Pasqua non vengono chiuse le porte
dell'iconostasi, come per sottolineare il rapporto diretto del cielo sulla terra stabilito dalla
risurrezione di Cristo.
50
Sarebbe da riproporre l'espressione "anno liturgico" piuttosto come "tempo
sacramentale".
51
Cf., J. CORBON, Liturgia, op. cit., pp. 161-163.
29
30
52
L'acqua benedetta il 6 gennaio che viene portata nelle case, oppure le uova pasquali,
ad esempio, sono fortemente legate al popolo che ne capisce la simbologia, al di là della
popolarizzazione dello stesso fatto.
53
L'Oriente cristiano non ha la spaccatura tante volte presente in Occidente tra
liturgia della Chiesa e devozioni popolari dei fedeli; in Oriente quello che potrebbe essere o
di fatto è devozione popolare, viene vissuto nell'insieme della liturgia delle diverse Chiese.
30
31
54
Cf., F.C. CONYBEARE, Rituale Armenorum, Oxford 1905, p. 526.
35
36
I temi che troviamo in ambedue le domeniche sono molto simili e non formano
che un unico mistero: l'inizio del cammino della Chiesa nella preghiera e nella
lode, verso Cristo nella sua centralità pasquale56. Il tema sponsale -applicato
anche all'incarnazione del Verbo-, sarà presente in modo largo nei testi delle
due domeniche:
55
Per quanto riguarda i nomi dati a queste domeniche, i testi siriaci sono:
"Santificazione della Chiesa" per la prima domenica e "Rinnovamento della Chiesa" per la
seconda; non c'è un accordo tra i traduttori: "consacrazione", "dedicazione" per la prima,
"dedicazione", "rinnovamento" per la seconda...
56
Cf., G. KHOURI-SARKIS, La fête de l'Église, op. cit., p. 186.
36
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O Chiesa fedele, come sei bella e adorna, sposata al tuo Sposo, Cristo...
sei colorata dal sangue dei martiri, raffermata dagli insegnamenti
provati, e ti compiaci dal pane celeste del Dio Altissimo... O Santa
Chiesa, canta la gloria dello Sposo che nel suo amore ti ha sposato, ti ha
salvato con la sua croce vivificante e ha deposto in te il suo Corpo ed il
suo Sangue, calice di salvezza, perdono per i credenti...57
57
Canoni dei salmi 45 e 140 del vespro della prima domenica.
58
Sedro del vespro della prima domenica.
37
38
Oggi Isaia si rallegra in te, Santa Chiesa, lui che aveva detto di te
dicendo che i popoli e i re verrebbero per onorarti... Il profeta Isaia ha
annunciato la Chiesa fedele. Ecco che i popoli da tutte le parti si
radunano e vengono da te. Ti portano i loro figli e le loro figlie che si
erano dispersi seguendo gli idoli... E lo Spirito Santo ti santificherà da
ogni macchia e abiterà in te affinché per mezzo di lui tu serva la Santa
Trinità...59
Questa Chiesa Davide la cantava -salmo 44-, questa figlia del re,
adornata non in modo figurato, come la tenda di Mosè, ma dal mantello
splendido della fede, il battesimo, i doni dello Spirito Santo, il santo
Altare e il sangue dell'Agnello senza macchia, suo sposo, Re dei re, e
dalle stelle che sono i dottori ispirati dallo Spirito Santo...62.
59
Sedro della seconda domenica al vespro.
60
L'introduzione alla professione di fede nella celebrazione eucaristica va introdotta
sempre da un'esortazione a proclamare la "fede vera".
61
Canone del salmo 45 della prima domenica.
62
Sedro della prima domenica al vespro.
38
39
diviso il suo corpo e si è fatto cibo; ha preparato col suo sangue una
bevanda, e da questo sangue i popoli sono stati riscattati...63
Per quanto riguarda le domeniche del ciclo del subara, vorrei indicare i
testi biblici e alcuni aspetti dei testi dell'ufficiatura65. Le pericopi bibliche
sono:
Annunciazione a Zaccaria:
Gn 15,1-18 (Le promesse ad Abramo).
Pr 1,1-19 (Raccomandazioni della sapienza).
Is 66,12-24 (Promessa di prosperità).
Rm 4,13-25 (La legge data ad Abramo).
Lc 1,1-25 (Annunzio a Zaccaria).
I testi della Sacra Scrittura ci situano attorno alle promesse fatte da
Dio, promesse che troveranno adempimento lungo i diversi annunzi delle
domeniche successive, come per sottolineare il progresso del cristiano nella
conoscenza del mistero di Dio: progressiva manifestazione del Verbo //
progressiva crescita del cristiano.
Lode a te, Cristo Dio nostro. Tu hai manifestato chiaramente alla tua
Chiesa santa il mistero della tua economia e la realtà della tua venuta
che ci riempie di gioia. Essa ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e
per la tua misericordia ci ha fatti figli tuoi. Quando arrivò il tempo della
tua vera manifestazione, hai mandato Gabriele, il primo degli angeli, al
sacerdote Zaccaria per dargli la buona novella della nascita di Giovanni
il tuo precursore; e gli disse: "Non temere Zaccaria, poiché la tua
preghiera è stata esaudita e la tua moglie partorirà un figlio e lo
63
Sedro della prima domenica al vespro.
64
Sedro della seconda domenica al vespro.
65
Cf., I-H., DALMAIS, Le temps de préparation, op. cit., pp. 30-36.
39
40
Annunciazione a Maria:
Gn 3,1-19 (Peccato).
Is 7,10-17 (Il segno di Acaz).
Is 8,1-4; 9,1-3 (Figlio di Isaia; promessa di liberazione).
Gal 3,15-29 (Legge e promessa).
Lc 1,26-38 (Annunzio a Maria).
La domenica dell'annunzio a Maria sottolinea la realtà della venuta del
Signore:
Lode al Messia, Figlio eterno, senza principio. Dalla sua volontà, per la
nostra salvezza, venne ad abitare nel grembo della Vergine, per la voce
del capo degli angeli, per volontà di suo Padre e per opera dello Spirito
santo. Senza cambiamento, incarnato dalla Vergine e dallo Spirito Santo,
è apparso come uomo nel mondo, facendo della terra un secondo cielo.
Oggi, insieme a Gabriele, noi la glorifichiamo... Noi ti lodiamo o Dio
eccelso che abiti in una luce inaccessibile, te che sei misericordioso e
compassionevole... e hai disposto a nostro favore questa nuova
economia... E in questo giorno noi diciamo... a Maria, madre del nostro
Signore: noi ti salutiamo, piena di grazia, il Signore è con te... noi ti
salutiamo, piena di grazia, madre del Creatore del mondo intero;... noi ti
salutiamo vello benedetto che hai accolto il Verbo di Dio come la
rugiada;... noi ti salutiamo, collina sacra da dove si è staccata la roccia
senza intervento umano;... noi ti salutiamo, dolce colomba, poiché il tuo
Creatore ha cresciuto nel tuo seno, come un bambino; noi ti salutiamo,
66
Lc 1,13-16; sedro del vespro della domenica dell'annunzio a Zaccaria.
40
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luce di coloro che siedono nelle tenebre e nell'ombra della morte... noi ti
salutiamo, bella tra le donne, piena dei favori divini...67
Visitazione a Elisabetta:
Es 19,1-13 (Promessa dell'alleanza).
Is 6,1-12 (Vocazione di Isaia).
Ger 11,1-8 (Parole dell'alleanza).
Eb 11,1-11 (Esempio della fede).
Lc 1,39-56 (Visitazione a Elisabetta).
Lode a Dio che si è incarnato per concepirci, per sua grazia, a una
figliolanza spirituale e accordarci una nuova nascita divina per
l'abbondanza della sua misericordia. Lui, senza limite, ha voluto lasciarsi
limitare nel seno di sua Madre...69.
67
Sedro del vespro della domenica del annunzio a Maria.
68
Canone del salmo 140, vespro della domenica della visitazione.
69
Sedro del vespro della domenica della visitazione.
41
42
Notiamo il contrasto, tipico nella lingua siriaca, tra due parole sinonimi: verbo
e parola.
70
Preghiere di San Giacomo.
42
43
sostanza prima dei secoli, dei tempi e delle generazioni; te che sei al di
là di qualsiasi ragionamento umano, hai voluto nascere dalla Vergine pura
non sposata a causa del tuo grande amore per la nostra razza umana...
Tu sei nato nell'umile Betlemme, te che riempi i cieli; hai voluto dormire
in una miserabile grotta, tu che avanzi sui cherubini... hai voluto essere
avvolto in panni, tu che riempi la terra dei colori diversi e hai messo nel
cielo le stelle...71.
71
Serdo del vespro della domenica prima di Natale.
43
44
Ode 3a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Trasalisci e danza, o Terra che produceva penosamente le spine delle passioni.
Ecco, ora arriva il Coltivatore immortale, Colui che toglie da te la maledizione.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Preparati, Vello divino, Vergine senza macchia73. Come la pioggia infatti, Dio
scende sopra di te per prosciugare i fiumi della trasgressione.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Disponiti, divina Pergamena. In te infatti, il dito del Padre viene ad iscrivere
la divina Parola incarnata, Colui che libera dalla trasgressione della follia.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Candelabro d’oro74, ricevi il fuoco della Divinità acceso per te. Esso porta la
luce al mondo, e in lui vengono sciolte le tenebre dei nostri peccati.
72
Vengono riportate soltanto le odi del mattutino.
73
Gd 6,36-40.
74
Es 25,31.
44
45
Ode 4a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Il mistero già stabilito prima dei secoli cammina verso la sua manifestazione.
Terra e cieli insieme, rallegratevi e gridate di gioia.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Grande palazzo del Re, apri le divine porte del tuo udire. Ecco che entrerà
Cristo, la Verità, ed abiterà in te.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Per rialzare dalla sua caduta la nostra prima madre, il Redentore si fa
conoscere, prendendo dimora in una Madre che non conobbe le nozze. A Lui
cantiamo: gloria alla tua potenza, o Signore.
Ora e nei secoli dei secoli. Amin.
Nel passato, Abacuc ti annunziò come Montagna ombreggiata dalle virtù. Da
essa il nostro Dio deve venire a manifestarsi, o Vergine immacolata, unico
ornamento dei mortali.
Ode 5a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
O Agnella senza macchia, l’Agnello del nostro Dio si affretta a penetrare in
te, sua Madre, per portare i nostri peccati.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Fra poco, come sta scritto, il ramo mistico farà sbocciare il fiore divino, reso
visibile per noi dalla Radice di Jesse.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Resa feconda dalla voce dell’Angelo, come una Vigna, preparati, o Vergine, a
far crescere il grappolo maturo ed incontaminato.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Rallegrati Isaia, il più grande dei Profeti. Come l’hai preannunciata, nel suo
seno la Vergine concepirà l’Angelo del Grande Consiglio.
Ode 6a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
L’Arcangelo Gabriele ti fece sentire il ARallegrati@. Infatti, o Vergine, stai
per concepire inspiegabilmente nel tuo seno la gioia di Eva persa a causa della
trasgressione.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
45
46
Non temere nulla, o Vergine, il fuoco della Divinità non brucerà il tuo grembo.
Infatti, nel passato ti prefigurava, o tutta Pura, il roveto che ardeva senza
mai consumarsi.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Montagna che Daniele vide nello Spirito, rallegrati, o Vergine. Da te infatti si
staccherà la pietra spirituale che distruggerà i simulacri inanimati dei demoni.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Il Re della pace viene riposare sopra di te, per portare la pace a quelli che
sono insidiati e rovinati dai cattivi consigli del Serpente.
Kondakion
Alla voce dell’Arcangelo per la venuta dello Spirito Santo, concepirai, o Madre
di Dio, Colui che condivide il trono del Padre e la sua stessa sostanza, il
Richiamo di Adamo.
Ode 7a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Arca spirituale che il vero Legislatore viene a costruire armoniosamente in
Te per stabilirvi la sua dimora, riempiti di gioia. Per te, infatti, rinnoverà
quelli che erano rovinati.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Quando si accorse della pacifica venuta in te del Salvatore, il divino coro dei
Profeti ti gridò: Rallegrati, redenzione di tutti! Rallegrati, unica speranza
degli uomini.
Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo
Non temere la voce! Non spaventarti di colui che parla! Egli è il servitore di
Dio: viene a manifestarti il mistero nascosto agli Angeli, Maria benedetta,
che non conoscesti le nozze.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Vedi la creazione intera sottomessa alla schiavitù del nemico, o Vergine. Per
le viscere della sua misericordia. Colui che ama il bene volle prenderla in
compassione per mezzo di te. Non rifiutare dunque di credere alla parola
dell'Angelo.
Ode 8a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
46
47
Nube leggera della luce, Tu che non hai conosciuto le nozze, preparati! Ecco
che dall’alto il sole impenetrabile risplenderà su di te. Fra poco, dopo essersi
nascosto in te, si manifesterà al mondo e squarcerà l’oscuramento del male.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Il primo liturgo degli Angeli proferý con voce gioiosa l’annuncio, o Pura, che
l’Angelo del Grande Consiglio si sarebbe incarnato da te per bontà. A Lui
gridiamo: opere tutte, lodate il Signore.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Il Signore nostro Creatore ti ha conosciuto come rosa pura delle vette e come
profumo scelto. Ora, o Pura, si è innamorato della tua bellezza e ha voluto
prendere carne dal tuo sangue per distruggere nella sua benevolenza i miasmi
dell’inganno.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Senza lasciare la destra del Padre, Colui che è sopra ogni essenza viene
abitare in te, o Immacolata, per portarti alla sua destra come Regina bella e
vicina. Ora tendi pure la tua destra a quanti si prostrano davanti a te e salvaci.
Ode 9a
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Eva mangiò il frutto, funeste produttore della nostra morte. In te, invece, o
Signora, germogliò il frutto benefico dell’immortalità, Cristo, la dolcezza
nostra. Lodandolo, Lo glorifichiamo.
Santissima Madre di Dio, salvaci.
Chinando i cieli, ora scendi verso di noi, o Verbo. Il tuo trono, il seno della
Vergine, è preparato per te. In esso ti sederai come Re splendente, per
rialzare dalla caduta l’opera della tua destra.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Cristo si è innamorato della tua bellezza, o Immacolata, e viene abitare nel
tuo seno per liberare il genere umano dalla deformazione delle passioni e
restituirlo alla sua bellezza antica. Adorandolo, lo glorifichiamo.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
Terra non seminata, o Pura, tramite la parola, ricevi la Parola celeste come un
grano, che produce frutto. Germinerà in te e nutrirà le estremità della terra
con il pane della conoscenza. Adorandolo, ti glorifichiamo.
Exapostilarion:
Ti offriamo, o Tutta Pura, quale dono prefestivo, la ricchezza dell'amore
verso i poveri, la purezza e la saggezza, inni, preghiere e lacrime, digiuno e
47
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49
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51
52
52
53
Vorrei citare all’inizio del capitolo un aneddoto e due testi che ci faranno capire
meglio tutta la problematica proposta. L’aneddoto accade durante la Pasqua delle Chiese
ortodosse di qualche anno fa, nella celebrazione del mattutino di Pasqua, ero andato
nella comunità greco-ortodossa di una grande città italiana, ed eravamo usciti fuori della
chiesa per il canto del vangelo della risurrezione e il canto del tropario Χριστός vέστη
κ vεκρv, e per gentilezza del parroco della chiesa cattolica latina che era accanto,
eravamo situati nell’interno dell’atrio di questa chiesa ed aveva aperte -per dare più
sfondo alla celebrazione- le sue porte ed illuminato il presbiterio. Qui -si deve dire che
in quell’anno la Pasqua cattolica era stata celebrata una settimana prima-, in alto nel
presbiterio c’era una grande striscia di stoffa bianca con una scritta in rosso: Cristo è
risorto, scritta, nell’insieme di quel presbiterio già di per se non molto bello, di un
cattivo gusto spaventoso. Racconto questo aneddoto non tanto per questo del cattivo
gusto, ma per un altro fatto più importante, cioè quella comunità per celebrare la
risurrezione del Signore aveva voluto -e forse dovuto- esprimerlo in modo grafico, in
una immagine anche se scritta. Aveva sentito il bisogno di far evidente ai propri occhi
la Parola che li era stata proclamata -quindi che aveva sentito- il mistero che aveva
celebrato.
Il primo testo è di Origene: In modo che diventati degni dell’aiuto divino, vedano
Gesù e ascoltino lui che parla75.
Il secondo testo, è dell’VIII sec., tratto dal Trattato sulle Immagini contro
Costantino Caballin: Se un pagano ti viene e ti dice: Mostrami la tua fede... tu lo porti
nella chiesa e gli fai vedere la decorazione che è in essa, gli mostri i santi dipinti. Lui ti
chiede: Chi è quell'uomo crocifisso? Chi è quell'uomo che risuscita e che calpesta il capo
di quel vegliardo? Non è dall'immagine che tu puoi trarre il tuo insegnamento, per poter
insegnare lui che quel crocifisso è il Figlio di Dio morto per i nostri peccati, che quel
risorto ha allo stesso tempo risuscitato Adamo e che calpesta l'inferno?76
75
Origene, In Math., lib XI,6.
76
Cf., PG XCV, 293 CD.
53
54
di Cristo e soprattutto della Madre di Dio e dei santi sono delle icone dell’umanità
trasfigurata, sono delle icone non tanto di un santo concreto ma di quel santo in quanto
cristiano che si è configurato pienamente al mistero di Cristo. La quarta è quella
artistica, anche questa legata con le precedenti, nel suo aspetto di bellezza che penetra
nell’uomo attraverso i suoi occhi; in questo senso vorrei semplicemente accennare a un
brano della lettera Orientale Lumen che in qualche modo vuol integrare questo aspetto:
In un suo articolo che porta proprio per titolo AVedere la Parola@77, il prof. C.
Valenziano evidenzia quello che cercavo di proporvi nell’aneddoto, cioè il legame stretto
tra audizione e visione, tra parola e immagine., legame che si evidenzia in modo chiaro
nella celebrazione liturgica, nell’aula celebrativa. Questo legame la Sacra Scrittura lo
tiene presente quando diverse volte collega il vedere all’udire: Ap 1,12: Κα πέστρεψα
βλέπειv τv φωvv -et conversus sum ut viderem vocem; salmo 44,11: κoυσov κα
δ -audi et vide; e soprattutto il salmo 47,9: καθάπερ κoύσαμεv oτως εδoμεv v
πόλει κυρίoυ -sicut audivimus sic vidimus; Ct 2,14: δεξόv μoι τv ψιv σoυ κα κoυτισόv
με τv φωvήv σoυ -ostende mihi faciem tuam sonet vox tua in auribus meis; finalmente
ancora 1Gv 1,1-3: quod audivimus -κηκόαμεv- quod vidimus -ωράκαμεv- oculis nostris,
quod perspeximus -θεασάμεθα- et manus nostrae temptaverunt de verbo vitae, et vita
manifestata -εφαvερώθη-... quod vidimus -ωράκαμεv-et audivimus -κηκόαμεv-...
Audizione/visione, quindi, legate al cammino che ogni cristiano fa nella conoscenza di
Dio, in una conoscenza legata direttamente ad un fatto centrale e radicale della
confessione di fede cristiana cioè l’Incarnazione. Nella professione di fede niceno-
costantinopolitana si afferma: propter nos homines et propter nostram salutem
descendit de coelis et incarnatus est...78. Nell’incarnazione, il Verbo di Dio si fa uomo
perfetto, e diventa una realtà che può essere vista, percepita, toccata; si crea quindi,
specialmente nella celebrazione liturgica -celebrazione di questo evento: l’incarnazione,
la passione, la morte e la risurrezione di Cristo-, questo movimento, dinamica, tra l’udire
la Parola, vedere la Gloria, sperimentare il Mistero. Dalla parte di Dio c’è la Parola, la
Gloria, il Mistero; dalla parte dell’uomo c’è l’udire, il vedere, lo sperimentare79.
77
VALENZIANO, C., Vedere la Parola. Liturgia e Ineffabile, in Ecclesia Orans 9 (1992) 121-140.
78
Conciliorum Œcumenicorum Decreta, op. Cit., p. 24.
79
VALENZIANO, C., Vedere la Parola. Liturgia e Ineffabile, op. Cit., p. 125.
54
55
Questo legame/unità stretto tra l’udire ed il vedere, che va a sua volta collegato
fortemente ad una antropologia in cui l’uomo è un’unità di corpo e anima, ha portato le
chiese cristiane a proporre l’icona, l’immagine come epifania della Parola, come
manifestazione di ciò che viene annunziato, proclamato, come incarnazione della stessa
Parola. Questa realtà è stata colta dai padri del concilio niceno II di cui cercheremo di
approfondire il significato.
80
Concilio Nicea II, sessione IV (Mansi 13,116).
81
Ibid., 269.
55
56
Per i padri c’è anche un rapporto molto forte tra i vangeli e le imagini:
Le immagini sono state trasmesse nella Chiesa così come i vangeli; poiché con la
lettura udita dalle orecchie l’ascolto perviene alle orecchie, con l’immagine vista
dagli occhi l’intelletto è illuminato similmente, e con le due cose interdipendenti,
dico la lettura delle Scritture e lo sguardo alla pittura, apprendiamo la medesima
notizia pervenendo alla memoria della storia. Per ciò sull’attività unificata
dell’ascolto e della vista è detto nel Cantico dei Cantici (2,14): Mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce... alla cui parola siamo consonanti cantando anche noi con
il salmo (47,9): come avevamo udito così abbiamo visto82.
Un primo punto è assai chiaro: nell’iconografia, sia quella dipinta che pure quella
musiva, l’artista esprime la sua fede e soprattutto la fede che la Chiesa confessa -siamo
sempre in quel quod audivimus sicut et vidimus, e mette in rapporto il fedele con
l’archetipo dell’icona. Fu in qualche modo dalla venerazione spontanea del popolo per
l’icona che nacque la riflessione teologica, sia quella che si vuol iconodula che quella che
si vuol iconoclasta. L’icona cristiana è chiaro che non è un idolo neppure una proiezione
umana, ma si riferisce al volto di Dio reso visibile, manifesto, nella sua incarnazione 84.
Un monaco armeno del VII sec., Vartanes Kertogh indica in un suo trattato che le
immagini cristiane non somigliano agli idoli poiché si riferiscono a Cristo e ai suoi eletti,
e che le immagini vengono dipinte in nome di Dio così come lui è apparso visibile. Infatti
conosciamo l’Invisibile attraverso quel che è visibile85. L’icona, quindi, trova il suo
fondamento teologico nell’incarnazione del Verbo di Dio resosi visibile in nostro Signore
Gesù Cristo. Questa è una ragione teologica sufficiente ma allo stesso tempo presto si
82
Ibid., 220-222.
83
OUSPENSKY, L., La teologia dell’icona, op. cit., p. 6.
84
Cf., ROUSSEAU, D., L’icona, op. cit., p. 51.
85
Cf., S. DER NERCESSIAN, Une apologie des images du VII siècle, in Bysantion 17 (1944-1945) 58-
87.
56
57
Due concili ecumenici sono da rilevare in primo luogo, quelli di Costantinopoli del
553 (II) e quello del 681 (III). Il concilio di Costantinopoli II di 553 fu convocato da
Giustiniano per cercar di risolvere lo scisma monofisita sollevato all’indomani di
Calcedonia (451). Il concilio cerca una soluzione nella condanna dei tre fautori
dell’indirizzo antiocheno della cristologia: Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e
Iba di Edessa. Risolta almeno a livello teologico la controversia monofisita, sorge -e ne
è una conseguenza normale- la proposta fatta dal patriarca Sergio di Costantinopoli
secondo cui se no si può parlare di Aun’unica natura@ in Cristo dopo l’incarnazione, si
può parlare di Aun’unica energia@, che sarebbe quella divina; questa soluzione permise
l’adesione di importanti gruppi di Armenia, Siria ed Egitto, ma porta ad una nuova eresia,
quella del monoergenismo e del monotelismo86. Questa problematica porta alla
convocazione del III concilio di Costantinopoli nel 681. Il problema, visto come una
nuova edizione della crisi monofisita, veniva proposto nella linea che in Cristo, dopo
l’incarnazione, benché ci fossero due nature, c’era soltanto una volontà. Nel concilio
l’opera di Massimo il Confessore fu decisiva in questo senso; non si poteva privare la
natura umana di Cristo della sua volontà umana; in lui ci sono due volontà libere, quella
divina e quella umana e questo senza opposizione tra di loro poiché la volontà umana in
Cristo è sottoposta a quella divina. La volontà di Gesù libera, trasfigura e divinizza la
nostra volontà e diventa libera di voler e di poter fare il bene. Il chiarimento teologico
di questi due concili di fronte al mistero di Cristo rappresenta un progresso anche per
l’iconografia intanto che le dichiarazioni contro il monofisismo e contro il
monoergenismo e il monotelismo tendono a sottolineare la realtà piena dell’incarnazione
del Verbo di Dio, fondamento della teologia dell’icona cristiana.
86
Cf., ROUSSEAU, D., L’icona, op. cit., pp. 52-53.
87
Viene chiamato Quinisesto in tanto che è un complemento dei due -quinto e sesto ecumenici- che
lo avevano preceduto; chiamato anche in Trullo per il luogo del palazzo imperiale dove fu celebrato, cf.,
OUSPENSKY, L., Théologie de l'icône, op. cit., pp. 55-56.
88
Cf., OUSPENSKY, L., Théologie de l'icône, op. cit., pp. 55-62.
57
58
89
Per ambedue i canoni, MANSI XI 976 CD; 977 E-980 AB.
58
59
grazia e di verità (Gv 1,14ss). L’immagini, quindi non vuol più mostrare il simbolo -
l’agnello- ma la verità, il compimento della parola -il Verbo incarnato. Giovanni, certo, no
adita un agnello ma colui che l’agnello simboleggiava, e per questo il concilio slitta verso
il divieto della raffigurazione dell’agnello.
Il canone ancora afferma: Pur onorando le figure e le ombre in quanto simboli della
verità e rappresentazioni imperfette date in vista della Chiesa, noi preferiamo la grazia
e la verità ricevendo questa verità come compimento della legge. I soggetti simbolici
sono una tapa superata ed ordina di sostituirli con la rappresentazione diretta di ciò
che prefiguravano, poiché l’immagine contenuta nei simboli veterotestamentari diventa
realtà nell’incarnazione. Poi il canone fa la formulazione del legame diretto tra icona ed
incarnazione di Cristo: Attraverso ciò comprendiamo l’elevazione dell’umanità di Dio
Verbo e siamo indotti a ricordare la sua abitazione nella carne, la sua passione, la sua
morte salvifica e con questo stesso la liberazione che ne risulta per il mondo; sarà
questa espressione il fondamento dogmatico usato dagli iconoduli lungo tutto il periodo
iconoclasta. Non si tratta dunque nell’icona della rappresentazione di un mero fatto
storico ma deve riflettere la gloria di Dio presente in quel fatto, in quel santo, in Cristo
Signore90. L’icona deve rispondere all’esperienza e alla conoscenza che la Chiesa ha del
mistero divino, deve rispondere alla rivelazione divina. In fondo l’iconografia cristiana,
a partire del concilio Quinisesto e durante tutta la lotta iconoclasta, cerca di
trasmettere e rivelare fedelmente per mezzo di un’immagine storica un’altra realtà, una
realtà spirituale ed escatologica91.
La crisi iconoclasta.
Malgrado le decisioni conciliari del Quinisesto, non si evitò lo scoppio della crisi
iconoclasta. Lungo i primi secoli cristiani, aspetti possiamo dire pagani, naturalistici,
erano entrati anche nell’arte e la Chiesa, certamente, lotta contra questi aspetti sia per
rifiutarli che per cristianizarli; allo stesso modo che nell’ambito teologico l’eresia può
essere vista come il frutto dell’incapacità umana ad accedere alla rivelazione divina nella
sua pienezza, come il frutto della tendenza naturale a rendere la rivelazione più
90
Cf., OUSPENSKY, L., Théologie de l'icône, op. cit., pp. 58-59.
91
Ibid.
59
60
accessibile, così anche l’arte profana introduceva nella Chiesa degli elementi che
Aabbassavano@ la rivelazione, che volevano farla più accessibile, deformando così la
dottrina evangelica. Uno dei possibili canali di infiltrazione del mondo nella Chiesa è
l’arte, facendo credere ad essa che l’arte è ciò e nient’altro, che ha i propri valori e che
costoro, senza la riflessione -la teologia- della Chiesa può esprimere il sacro92. Questo
sarebbe uno degli spunti per una riflessione sull’arte nella Chiesa, sul luogo che esso ha
e sul ruolo che la Chiesa svolge nell’adempimento dell’arte. I due concili di Costantinopoli,
il II ed il III -553 e 681- segnano in qualche modo la fine delle controversie
cristologiche nella Chiesa; i diversi aspetti cristologici vengono separatamente risolti,
ma in questo momento, a partire della fine del VII sec., e l’inizio dell’VIII sec., con
l’inizio della controversia iconoclasta, è l’insieme del mistero dell’Incarnazione del Verbo
di Dio che viene colpito93.
Quali sono i fattori che portano alla crisi iconoclasta? In primo luogo sappiamo da
alcuni Padri i malintesi e gli abusi nella venerazione delle icone; nel VII sec., gli abiti di
alcuni uomini e donne aristocratici bizantini erano ricamato con temi agiografici. Alcuni
sacerdoti celebravano i Santi Misteri su un’icona invece che sull’altare; oppure c’erano
anche dei casi della fabbricazione di Areliquie@ a partire di icone. Nei fedeli si
trovavano anche dei casi in cui si venerava più l’icona che la persona ivi rappresentata.
C’erano anche dei motivi di Ascandalo@ nelle stesso immagini; Sant’Agostino, nel De
Trinitate94 lascia intendere che nella sua epoca c’erano dipinti che rappresentavano
Cristo in modo arbitrario, secondo la propria immaginazione; indica forse questo la
presenza già nel V secolo di un certo Acanone@ iconografico per la rappresentazione di
Cristo? Abbiamo testimonianze scritte che alcune immagini scandalizzavano i fedeli a
causa della loro raffinata sensualità che non si accordava col personaggio
rappresentato; quindi agli occhi degli iconoclasti l’arte sacra era impotente a riflettere
la gloria di Dio e dei santi, a riflettere in fondo il mondo spirituale. Gli atti del concilio
di Nicea II rapportano delle posizioni degli iconoclasti che sono molto chiare in questo
senso: Come si può -si chiedono gli iconoclasti- osare rappresentare per mezzo della vile
arte greca la gloriosissima Madre di Dio che ha accolto nel su grembo la pienezza della
Divinità, Colei che è più alta del cielo, e più gloriosa dei cherubini? Come non vergognarsi
di rappresentare con l’ausilio di un arte pagana coloro che devono regnare con Cristo,
condividere il suo trono, giudicare l’universo e assomigliare all’immagine della sua Gloria,
quando la Scrittura ci dice che il mondo intero non è degno di loro?95
Ci sono dei fattori esterni anche nella lotta iconoclasta, fattori legati sia allo
spandersi dell’islam; fattori pure legati allo spandersi della vita monastica -nell’impero
92
Ibid., pp. 63-64.
93
Ibid.
94
VIII,4,7, cf., PL 42, 951-952.
95
Mansi XIII, 276,277 D.
60
61
bizantino tra VII e VIII secc., c’erano verso centomila monaci96, costoro fabbricavano
e diffondevano delle icone e ci furono degli scontri con l’impero che in qualche modo
spinsero anche la persecuzione iconoclasta. Un fatto è importante: le lotte iconoclaste
del VIII-IX sec., sono un fenomeno molto complesso, le cui fonti -sia testi patristici
iconoduli che iconoclasti, atti conciliari, etc.- ci fanno vedere che nel suo retroterra ci
sono soprattutto delle motivazioni religiose, dogmatiche, ma anche delle motivazioni
politiche, sociali, economiche; comunque, come fa notare Ouspenski nel suo trattato
sull’icona e come cercheremo di vederlo nel Niceno II, c’era una base dottrinale molto
importante e c’era poi un fatto da non dimenticare e che attraverso i testi dei Padri
abbiamo intravisto: l’iconoclasmo esisteva già prima che il potere imperiale prendesse
posizione a suo favore, e continuò a esistere -e forse esiste tuttora direi in ambito
soprattutto occidentale- anche quando l’impero adottò una posizione direttamente
iconodula; l’iconoclasmo si ripresenta -e sotto gli stessi presupposti ideologici- lungo la
storia dell’arte e della teologia delle Chiese cristiane senza essere legato ad alcun
potere imperiale97.
96
Cf., ROUSSEAU, D., L’icona, p. 57.
97
Cf., OUSPENSKY, L., Théologie de l'icône, op. cit., p. 70.
98
Cf., DUMEIGE, G., Nicée II, op. cit., pp. 83-84.
99
Ibid., pp. 236-238.
61
62
100
Cf., Ibid., p. 85.
101
Cf., CHENU, B., Tracce del volto, op. cit., pp. 103-104.
102
Ci furono un paio di tentativi di colpo di stato da parte di Niceforo, fratello di Leone V; dopo il
secondo, Irene l’obbligò ad accettare i sacri ordini, cf., DUMEIGE, G., Nicée II, op. cit., pp. 99.
103
Cf., VRIES, DE, W., Orient et Occident, op. cit., pp. 224-226.
62
63
Le sessioni conciliari.
Dall’inizio delle sessioni del concilio104, i vescovi iconoclasti furono considerati
come eretici e si chiese di loro la rinuncia dai loro errori, e tre di loro fecero atto
publico di ritrattazione. Nicea II, nella sesta sessione rifiuta, una dopo l’altra, le
decisioni di Hieria che non viene considerato più come concilio ecumenico. Si sollevarono
delle questioni sulla reintegrazione dei vescovi iconoclasti e su una loro riordinazione,
questione sollevata dai monaci105.
La prima sessione del concilio (4 settembre 787) fu dedicata all’inaugurazione
dell’assise e alla reintegrazione dei vescovi iconoclasti.
La seconda sessione (26 settembre 787) fu dedicata alla ritessitura della
comunione tra Costantinopoli e le altre sedi patriarcali, specialmente con Roma ed il suo
vescovo Adriano I. Venne letta la lettera di indirizzo mandata al concilio dal papa, in cui
troviamo sottolineata tra l’altro il primato di Pietro; la tradizione iconodula della Chiesa
di Roma e dei suoi vescovi nella venerazione delle imagini di Cristo, di sua Madre e dei
santi; le immagini si giustificano dalla loro utilità catechetica; la contemplazione
dell’immagine visibile porta lo spirito del fedele alla contemplazione dell’invisibile
divinità.
La terza sessione (28 settembre 787) fu dedicata all’adesione delle Chiese
patriarcali di Oriente.
La quarta sessione (1 ottobre 787) il concilio volle mettersi nella linea della
tradizione delle Chiese cristiane, nel senso di dimostrare che le sue prossime e future
decisioni dogmatiche entravano nella tradizione della Chiesa; il concilio cita passi
scritturistici vetero e neotestamentari in cui si parla di immagini benché simboliche (Es
25,22; Nm 7,89; Ez 41,18-20 -i cherubini sull’arca dell’alleanza; Eb 9,25); cita anche
testi patristici, rammenta la tradizione di miracoli adoperati da icone e comincia a
precisare la differenza che bisognerà segnalare tra i termini greci proskinein e
latreuein nel culto dato a Dio e alle icone106.
La quinta sessione (4 ottobre 787) fu dedicata allo studio dei decreti di Hieria; gli
iconoclasti erano presentati come emuli dei giudei, dei pagani, dei manichei; alla fine
della sessione, un’icona fu messa in mezzo all’assemblea, accanto al libro dei Vangeli;
immagine e Parola erano messi allo stesso livello107.
104
Una prima sessione del concilio si celebrò nel 786 a Costantinopoli; in essa vi parteciparono allo
stesso livello vescovi iconoclasti e vescovi iconoduli; in qualche modo bisognava che l’iconoclastia fosse
condannata da un concilio. L’assemblea fu dispersa dalle truppe militari; l’anno successivo, il concilio fu
convocato, per ragioni di sicurezza, a Nicea, cf., VRIES, DE, W., Orient et Occident, op. cit., p. 227.
105
Bisogna accennare qui all’opera di riconciliazione adoperata dal patriarca Tarasio, sia di fronte
ai vescovi che venivano dell’iconoclasmo sia di fronte alle posizioni rigoriste dei monaci, cf., DUMEIGE, G.,
Nicée II, op. cit., pp. 104-105.
106
Cf., DUMEIGE, G., Nicée II, op. cit., pp. 106-122.
107
Cf., Ibid., pp. 128-129.
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La sesta sessione (6 ottobre 787) fu dedicata alla confutazione punto per punto
dell’Oroj di Hieria. Fu una delle sessioni più lunghe. a) Hieria venne dequalificato come
concilio ecumenico per la mancata partecipazione dei patriarcati orientali e di Roma; i
Padri ni Nicea consideravano come tradizione cristiana dall’inizio l’esistenza delle
immagini, tradizione che non bisognava dimostrare perché legata strettamente alla
tradizione che unisce audizione del Vangelo e visione dell’immagine: quod audivimus sic
et vidimus, già citato parecchie volte. b) Per Nicea l’immagine non è niente di blasfemo
che potrebbe abbassar la divinità che si vuol rappresentare; l’imagine non ha un’anima
ed hanno un ruolo di rappresentazione e di venerazione per il loro archetipo. Immagine
e prototipo sono diversi: essa porta al modello ma non è il modello; dipingendo Cristo
sotto forma umana, non se ne separa la divinità; bisogna sempre affermare l’unità di
Persona del Verbo incarnato. c) Sull’Eucaristia come vera immagine di Cristo, Nicea II
semplicemente dice che i Santi Doni non sono immagine ma vero Corpo e Sangue di
Cristo. d) E’ soprattutto l’economia divina che ha permesso di fare delle immagini, in
tanto che il Verbo di Dio si è fatto uomo108.
La settima sessione (13 ottobre 787) è dedicata alla presentazione dell’ di
Nicea II.
L’ottava sessione (23 ottobre 787) fu la conclusione dell’assise conciliare109.
108
Cf., Ibid., pp. 129-136.
109
Cf., Ibid., pp. 140-150.
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vera adorazione, che secondo la nostra fede conviene solo alla natura divina, ma
allo stesso modo che rendiamo omaggio all’immagine della Croce preziosa e
vivificante, al santo vangelo e ad altri oggetti sacri, ai quali si rende omaggio con
l’incensazione e i ceri secondo il pio costume degli antichi. Perché l’onore reso
all’immagine va al suo prototipo, e chi venera l’icona venera la persona che vi è
rappresentata.
Questo è infatti l’insegnamento dei nostri santi padri, tale è la tradizione della
santa Chiesa cattolica che ha diffuso il Vangelo da un capo all’altro del mondo. Così
noi seguiamo Paolo che ha parlato in Cristo e la cerchia divina degli apostoli e la
santità dei Padri che avevano le tradizioni che noi seguiamo. Così cantiamo
profeticamente gli inni di vittoria della Chiesa: AGioisci, figlia di Sion, rallegrati
con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme. Il Signore ha revocato la tua condanna,
ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più
la sventura e la pace sarà su di te per sempre@ (Sof 3,14-15).
Così decidiamo che coloro che hanno l’audacia di pensare o d’insegnare diversa-
mente seguendo l’esempio degli eretici nefasti, di disprezzare le tradizioni
ecclesiastiche, di suscitare innovazioni o di rinnegare qualcosa di quel che è stato
santificato dalla Chiesa, si tratti del vangelo, o della raffigurazione della croce, o
della pittura delle icone, o delle sacre reliquie dei martiri; o coloro che hanno
sentimenti cattivi, perniciosi o sovversivi verso le tradizioni della Chiesa cattolica;
quelli infine che osano dare un uso comune ai vasi sacri o ai venerabili monasteri,
decidiamo che, se sono vescovi o chierici, siano deposti, se sono monaci o laici siano
scomunicati110.
Il testo sottolinea la tradizione vivente della Chiesa che viene aggiunta a quella
scritta. C’è una affermazione dell’ispirazione divina dell’icona. Essa attesta i veri frutti
dell’incarnazione mostrando l’imagine del Verbo di Dio incarnato. Vorrei sottolineare
alcuni punti di questo testo:
1. Noi conserviamo senza introdurre niente di nuovo tutte le tradizioni ecclesiasti-
che, scritte o non scritte, che sono state stabilite per noi. Una di queste è la
rappresentazione di immagini dipinte; la tradizione delle icone entra direttamente nella
grande tradizione della Chiesa, specialmente quella dei Padri: camminando per la via
regale e seguendo l’insegnamento divino ispirato dei nostri santi Padri e della tradizione
della Chiesa cattolica.
2. Il culto dato alle icone parte e si centra nell’incarnazione del Verbo di Dio: in
armonia con la storia della predicazione evangelica in vista della credenza nella vera e
non illusoria incarnazione di Dio Verbo e per nostra utilità.
3. Il culto -l’onore- dato all’icona non è lo stesso che si dà a Dio; è una venerazione
dell’immagine non il culto che dobbiamo dare al prototipo: siamo maggiormente incitati
110
MANSI, XIII, (6a sessione).
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Benché la Chiesa cattolica con la pittura rappresenti Cristo nella sua forma umana,
non separa la sua carne della divinità che si è unita ad essa, al contrario crede che
la carne è deificata e la confessa una con la divinità, ... Allo stesso modo che chi
raffigura con la pittura un uomo non lo rende con questo inanimato ma l’uomo al
contrario rimane animato e l’immagine è chiamata suo ritratto a causa della sua
somiglianza; allo stesso modo quando facciamo l’icona del Signore, confessiamo la
sua carne deificata e non riconosciamo nell’icona nient’altro che un’immagine che
raffigura una somiglianza del prototipo. È per questo che essa riceve il suo nome;
è unicamente in questo che ne è partecipe e per questo è venerabile e santa111.
In qualche modo questo testo dà quello che è la teologia dell’icona: Benché la Chiesa
cattolica con la pittura rappresenti Cristo nella sua forma umana, non separa la sua
carne della divinità che si è unita ad essa, al contrario crede che la carne è deificata e
la confessa una con la divinità... L’icona non è un semplice ritratto; l’icona rappresenta
la Persona divina incarnata attraverso la carne deificata della sua natura umana.
111
Ibid.
112
Cf., PG XCV, 293 CD.
66
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capitolo del corso. La terza era quella antropologica, che abbiamo anche intravisto, cioè
le icone non sono dei ritratti personali e nemmeno storici, ma delle rappresentazioni del
mistero della filantropia di Dio manifestata in Cristo; quindi le icone di Cristo e
soprattutto della Madre di Dio e dei santi sono delle icone dell’umanità trasfigurata,
sono delle icone non tanto di un santo concreto ma di quel santo in quanto cristiano che
si è configurato pienamente al mistero di Cristo. La quarta è quella artistica, anche
questa legata con le precedenti, nel suo aspetto di bellezza che penetra nell’uomo
attraverso i suoi occhi.
113
Cf., CORBON, J., Liturgia alla sorgente, op. cit., p. 168.
114
MANSI XIII 244b.
115
Cf., CORBON, J., Liturgia alla sorgente, op. cit., pp. 168-169.
67
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116
MAHMOUD ZIBAWI, Orienti cristiani, Jaca Book, Milano 1995.
117
Cf., OZOLINE, N., La théologie de l’icône, in AA.VV., Nicée II 787-1987, pp. 404-405.
118
In questo senso facciamo notare la cristologia diversa presente nei due battisteri di Ravenna:
quello ortodosso, in cui Cristo nudo nel battesimo è un’immagine sessuata, mentre che nel battistero degli
ariani Cristo nudo nel battesimo è un’immagine asessuata.
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