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MODULO: UN’INTRODUZIONE ALLA LINGUISTICA TESTUALE

1. INTRODUZIONE

La Linguistica Testuale è una disciplina piuttosto ‘giovane’: storicamente, la si


può far risalire agli anni Sessanta/Settanta del Novecento. In particolare, essa
prende l’avvio in una serie di studi in ambito soprattutto tedesco, olandese e
austriaco: si deve in particolare a Weinrich (1967) l’affermazione che
«Linguistik ist Textlinguistik» (Harald Weinrich, Syntaxals Dialektik (Bochumer
Diskussion). L’ipotesi da cui in un certo senso parte e su cui in effetti si fonda
la linguistica testuale è quella secondo cui l’oggetto della linguistica non debba
essere tanto l’enunciato quanto piuttosto il testo: in questo tipo di approccio, è
il testo a dover essere considerato il ‘primitivo’, il segno base.
Storicamente, l’interesse per il livello testuale nasce, nell’ambito della
linguistica, come interesse per le relazioni di connessione che si manifestano a
livello superiore alla frase. Esistono infatti relazioni di tipo morfosintattico che
agiscono oltre i confini della singola frase, ad esempio le relazioni di accordo tra
un sostituente e il suo antecedente, o le relazioni tra i tempi verbali in una
narrazione; esistono inoltre relazioni tematiche e logiche tra le frasi di un testo
che sono segnalate da congiunzioni e connettivi.

Se ad esempio confrontiamo tra loro i due brani seguenti:

(A) Marco aveva un gran bisogno di una macchina nuova. Paolo aveva una gran
voglia di comprarsene una. Da quando aveva cambiato lavoro però la sua
disponibilità economica era piuttosto limitata. Pertanto si era accontentato di
accompagnare l’amico al concessionario Alpha Romeo. La macchina scelta fu una
146 grigia.

(B) La storia di Napoleone è la storia di un grande conquistatore. C’era una volta


una ragazzina di nome Elena. Secondo le previsioni, il tempo sarà bello per una
settimana.

È evidente che se (B) è soltanto una sequenza di enunciati, (A) è un testo; ora, è
proprio l’esistenza di fenomeni che trascendono la dimensione dell’enunciato a
condurre alla fondazione della linguistica testuale. Quali sono i fenomeni che
trascendono l’enunciato, che si possono spiegare soltanto facendo riferimento
al testo? Nella fattispecie, in (A) si osservano:

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- la ripresa pronominale nel secondo enunciato: «comprarsene» (particella
pronominale) + «una» (pronome pieno) che si riferiscono ad un elemento
dell’enunciato precedente («macchina»);
- la consecutio temporum, ossia la consequenzialità dal punto di vista
temporale;
- la ripetizione «un gran bisogno»/ «una gran voglia»: ripetizione che dà coesione
al testo;
- la presenza di connettivi di varia natura;
- la selezione dell’articolo che si ha non in base a fatti grammaticali, ma
extralinguistici: si parla di «una» macchina perché è un elemento nuovo, non
dato, mentre «la macchina» fa riferimento ad un elemento ormai noto;
-l’ordine dei costituenti: il fatto che «macchina nuova» sia introdotta da articolo
indeterminato è dovuto, come s’è detto, al fatto che dal punto di vista
pragmatico si veicola un’informazione nuova, per cui occorre tra l’altro in
posizione finale (struttura dato/ nuovo, in ordine non marcato); nella frase non
marcata in italiano (e non solo), l’ordine dei costituenti dal punto di vista
pragmatico presenta una struttura del tipo ‘dato’ / ‘nuovo’: qui l’oggetto della
frase («una macchina») è pragmaticamente nuovo (lo si comprende dalla
selezione dell’articolo e dall’ordine dei costituenti).
Una grammatica dell’enunciato non riesce a dare conto di questi fenomeni. La
linguistica generale, strutturale non è attrezzata a studiare il testo perché la
lingua è da essa intesa come sistema di sistemi, cioè come un numero definito
di elementi la cui identità è data dai rapporti contrastivi con gli altri elementi;
invece il testo è la scelta tra un insieme non chiuso di elementi, per cui è
difficile individuare delle relazioni contrastive. Obiettivo della linguistica
generale è guardare alle strutture; invece obiettivo della linguistica testuale è
guardare alle selezioni delle strutture prodotte per costruire unità linguistiche
di livello superiore (il testo).

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2. STORIA DELLA LINGUISTICA TESTUALE

La linguistica testuale presenta, nella sua storia, tre ‘fasi’ principali:

(1) la fase dell’analisi transfrastica;


(2) la fase della costruzione di grammatiche testuali;
(3) la fase della costruzione di teorie del testo.

Prima però di analizzare nello specifico queste fasi, occorre dire che l’attenzione
al testo in senso stretto è sì recente (risale – come s’è detto – agli anni
Sessanta/Settanta), ma che per essere più precisi non si può in alcun modo
affermare che non si sia mai registrata una qualche attenzione alla dimensione
testuale prima di questo periodo. Infatti alcuni ambiti scientifico-disciplinari
già nella fase greco-romana si erano posti il problema del testo: si pensi alla
retorica greco/latina, la cui finalità era quella di formare individui che avevano
il compito di parlare in pubblico e quindi dovevano persuadere gli altri delle
loro idee; momenti fondamentali della retorica erano, come è ben noto,
l’inventio (la ricerca delle idee), la dispositio (l’ordine di presentazione delle
idee), l’elocutio (la ricerca dell’espressione migliore), la memoria e l’actio. Ora,
tra retorica e linguistica testuale ci sono alcuni pattern comuni che sono
riassumibili nei seguenti punti: 1) il passaggio dall’idea all’espressione può
essere sottoposto ad un training cosciente; 2) tra vari testi che esprimono una
data successione di idee ve ne sono alcuni di qualità superiore rispetto ad altri;
3) è possibile giudicare i testi in base agli effetti che essi hanno su chi ascolta;
4) i testi sono veicoli di un’interazione finalizzata. Altra disciplina con cui la
linguistica testuale è in contatto, senza contare materie come la filologia, la
metodologia artistica e la sociologia, è la stilistica sia in senso classico
(Quintiliano, I sec. d.C.) che in senso moderno: per stabilire lo stile di un
autore in termini linguistici si analizzano le strutture selezionate e le
occorrenze stilistiche; non è soltanto l’occorrenza assoluta o relativa di una
struttura a caratterizzare lo stile, ma qualcosa di più, cioè quanto più una
struttura è non predicibile dal punto di vista testuale, tanto più è
caratterizzante lo stile di un autore.

HARRIS. È nell’ambito della linguistica strutturale, che pure – come s’è detto –
è distante dalla linguistica testuale nei suoi esiti più maturi per quanto
concerne strumenti e obiettivi, che nasce l’attenzione al testo in senso stretto:
nel 1952 il linguista americano Zellig S. HARRIS, maestro di Chomsky elabora
l’analisi distribuzionale (l’analisi della distribuzione è finalizzata
all’individuazione delle categorie: identità di distribuzione è indice di identità di

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categoria). Nella sua Discourse Analysis (Z. S. HARRIS, Discourse Analysis, in
«Language» Vol. 28, No. 1, pp. 1-30), il linguista americano parte dal fatto che il
linguaggio si presenta sotto forma di “connected speech”: l’essenza di un testo
può essere individuata nella ripetizione di elementi che ricorrono nello stesso
contesto (ciò, come si vede, è indiziale del fatto che lo studio linguistico inizia a
rivolgersi non più all’ambito dell’enunciato, ma a quello del testo).

Nell’esempio seguente:
MARIO è un BAMBINO PRODIGIO. I BAMBINI PRODIGIO hanno spesso
DIFFICOLTÀ INTERAZIONALI. MARIO non fa eccezione: ha DIFFICOLTÀ
INTERAZIONALI

si nota che la ripetizione di uno stesso elemento garantisce alla sequenza di


enunciati il fatto di essere un testo e non una sequenza di enunciati sconnessi.
Ma le equivalenze di questo genere che si possono rintracciare nei testi sono
poche: non bisogna cercare soltanto identità a livello della struttura
superficiale, ma attraverso la pronominalizzazione: è proprio Harris ad
individuare il concetto di «trasformazione», individuando la struttura
superficiale e la struttura profonda: es. «(EGLI) ha difficoltà» (‘Egli’ sottinteso fa
parte della struttura profonda).
Il problema è che ragionare in termini di distribuzione elimina taluni aspetti,
cioè lascia fuori l’aspetto semantico, e non è possibile spiegare un testo senza
considerare la semantica.

Si veda il seguente esempio:


Es. A) Romano Prodi è a colloquio con Giorgio Napolitano. Se è maschio, lo
chiameremo Romano o Giorgio.

Qui, formalmente c’è ripetizione, ma non c’è relazione semantica: i due


enunciati sono sconnessi: certo, c’è la ripetizione di elementi, ma non si può
parlare di testo.

Al contrario, se si analizza quest’altro esempio:


Es. B) Il premier è partito subito dopo per Bruxelles. Il capo del governo italiano
insieme al capo del governo francese hanno preso delle importanti misure. Il
primo ministro ha dichiarato che l’accordo è stato raggiunto.

si nota che esso è a tutti gli effetti un testo, sebbene non ci sia equivalenza
secondo l’ottica distribuzionale, che si ‘ferma’ per così dire ai pronomi; tuttavia
bisogna sottolineare che Harris ha compreso l’importanza di un elemento

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fondamentale del testo quale la ripetizione, la ricorrenza di pattern sintattici.
Con Harris non siamo ancora nell’ambito dell’analisi transfrastica, ma ancora
in quello della linguistica strutturale.

ANALISI TRANSFRASTICA. Il punto di riferimento dell’analisi transfrastica è


ancora la frase, l’enunciato: si tratta di analisi di regolarità che trascendono i
limiti dell’enunciato, ma in cui comunque l’enunciato è il punto di partenza.
Horst ISENBERG definisce il testo come sequenza coerente di enunciati
(sottolineando quindi il ruolo di enunciato); si tenga presente che la coerenza
(non la coesione, la connettività), come poi vedremo meglio, è legata alla
semantica. La formulazione più esplicita di queste tesi si deve a Roland
HARWEG che si occupa di relazioni referenziali (es. una ‘catena’ del tipo «Mario
Monti» / «Primo Ministro» / «Premier» / «Egli» è una relazione semantica, in cui
i diversi termini rimandano allo stesso referente, per cui sono detti coreferenti,
cioè termini che denotano uno stesso referente). Se per HARRIS la
quintessenza del testo è l’equivalenza di parti del testo, per HARWEG il testo è
tenuto insieme da meccanismi di sostituzione (riprendendo il precedente
esempio, «Monti» è sostituito da «Primo Ministro», poi da «Egli»: i pronomi sono
il collante del testo, se si intende con pronome tutto ciò che sta al posto del
nome, ad es. rapporti di sinonimia, rapporti tra elementi che fanno parte di
una classe e la classe intera). Harweg vede la pronominalizzazione come la
quintessenza del testo. «Il testo – spiega Harweg in un lavoro del 1968 (R.
Harweg, Pronomina und Textkonstitution, München, Fink, 1968) – è una
successione linguistica costituita mediante concatenazione pronominale
ininterrotta».
Ma basta davvero la pronominalizzazione (il rapporto di sostituzione) per dire
che un testo è un testo? Si prenda il seguente esempio:

Mia sorella insegna LINGUE. Le LINGUE più studiate nel MONDO sono l’inglese e
lo spagnolo. Mi piacerebbe fare il giro del MONDO. Negli ultimi tempi il MONDO
sembra andare alla deriva.

Pur essendo caratterizzata dalla ricorrenza degli stessi elementi coreferenziali


(‘lingue’, ‘mondo’), questa sequenza di enunciati non è un testo.
Si prenda invece in considerazione il seguente esempio:

Tutte le mattine Carla va in PISCINA. D’inverno la domenica Claudia non è in


casa perché va a SCIARE. Giancarlo ha persino vinto una medaglia d’argento a
TORINO. Tutti i miei figli sono SPORTIVI.

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Questo è un testo anche se non c’è ricorrenza di elementi e
pronominalizzazione. È un testo per la presenza di relazioni lessicali (scelta di
serie di parole che rimandano allo stesso campo semantico), per la presenza
dell’elenco, per il riferimento a Torino (per cui il lettore ha delle conoscenze
enciclopediche che gli permettono di sapere che a Torino si sono svolti i XX
Giochi Olimpici Invernali nel 2006 e che alle Olimpiadi si vincono delle
medaglie). Inoltre, se non avessimo l’ultimo enunciato, non si potrebbe
indiscutibilmente classificarlo come testo; i primi tre enunciati costituiscono
un elenco, il quarto è una sorta di riassunto. La coerenza quindi non va cercata
sul piano lineare, ma su un ordinamento gerarchico (a livello più profondo). Si
veda anche il seguente esempio:

Paolo è un ottimo nuotatore. Giovanni ama leggere romanzi. Oggi piove a


catinelle. I miei cugini s’incontreranno a fare spese.

Come si vede, l’ultimo enunciato fornisce la chiave di lettura per quelli


precedenti, si colloca su un piano diverso rispetto agli altri.
Si veda, ancora, il seguente esempio:

Lord M. che fu primo ministro quando Vittoria divenne regina non gradiva il
cinguettio degli uccelli e non sapeva distinguere un usignolo da un’allodola. Egli
comunque preferiva il canto dei merli; ma soprattutto gli piaceva il gracchiare
delle cornacchie e poteva stare ad ascoltarle per ore. Vittoria ne era sorpresa; a
lei non piacevano i loro richiami striduli e insistenti.

Si notano molteplici legami coesivi: si vedano innanzitutto le lunghe catene


coreferenziali:
1) «Lord M.» / «che» / «primo ministro» / «ø non gradiva» (per ø s’intende
‘soggetto sottinteso’) / «ø non sapeva» / «Egli» / «gli» / «ø poteva stare ad
ascoltarle»);
2) «Vittoria» / «regina» / «Vittoria» / «lei»;
3) «cornacchie» / «ascoltarle» / «loro».
Si osservino anche le relazioni lessicali: «cinguettio» / «uccelli» / «usignolo» /
«allodola» / «merli» / «gracchiare» / «cornacchie» / «richiami». Altri elementi
coesivi nel testo sono gli indicatori di paragone («preferiva» / «soprattutto»), la
coerenza temporale (la presenza esclusiva dell’imperfetto), parallelismi sintattici
(«non gradiva» /«non sapeva»), la punteggiatura (es. uso sapiente del punto e
virgola).

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Il limite dell’analisi transfrastica è quello di non giungere alla comprensione del
fatto che il testo è un insieme di rapporti testuali che non sempre sono
esplicitati a livello visibile.

GRAMMATICA TESTUALE. Per affrontare la necessità di fare i conti con la


semantica globale di un testo, occorre superare la grammatica transfrastica,
per la quale ad essere importante è l’enunciato e il testo non è che una somma
di enunciati, e per la quale insomma la differenza tra l’enunciato e il testo non
sarebbe che quantitativa. In realtà la differenza non è solo quantitativa, ma
anche qualitativa: esiste infatti una gerarchia semantica. Proprio per questo
motivo, storicamente si rese necessaria la costruzione della grammatica
testuale, che si basa sulla consapevolezza che accanto alla competenza
linguistica (cioè quella delle strutture linguistiche che fa riconoscere al parlante
l’accettabilità di un enunciato) è importante la competenza testuale (che
comprende abilità del tipo ‘comprendere se un testo è finito o non finito’,
‘redigere un riassunto’, etc.); gli obiettivi della grammatica testuale sono:
individuare cosa fa di un testo un testo, individuare i confini tra i testi,
individuare le tipologie testuali differenti in base agli elementi linguistici. Il
linguista olandese Teun A. VAN DIJK (Some aspects of text grammars. A Study
in theoretical poetics and linguistics, The Hague, Mouton, 1972) evidenzia il
concetto di macrostruttura testuale (con riferimento al significato globale del
testo) e quello di microstrutture (cioè gli enunciati di superficie): è proprio
l’individuazione della macrostruttura di un testo che ci permette di individuarlo
e sintetizzarlo.

TEORIA DEL TESTO. La teoria del testo è il passaggio storicamente


successivo: si basa sulla consapevolezza dell’importanza del contesto
pragmatico: si passa dal cotesto (il testo) al contesto (il contesto pragmatico in
cui il testo è prodotto): ci si riferisce alla teoria di DRESSLER e BEAUGRANDE.
È importante sottolineare che nell’ambito delle teorie del testo convivono
prospettive estreme: c’è chi crede che la pragmatica sia componente aggiuntiva
alla linguistica testuale e chi invece ritiene che sia necessario fare pragmatica
del testo. Sovraordinata alla competenza testuale si ritiene comunque
fondamentale la competenza pragmatica; il testo è finalizzato ad un obiettivo
comunicativo: perché sia considerato efficiente, bisogna ‘contestualizzarlo’ per
verificare se esso è efficace e adeguato al contesto in cui viene prodotto: sono
queste abilità che fanno capo alla competenza pragmatica. Il modello elaborato
negli anni Ottanta da Beaugrande e Dressler considera il testo soggiacente ai
sette principi della testualità. Solo i primi due fanno riferimento al testo: la
coesione e la coerenza; gli altri elementi riguardano il ‘prima’ e il ‘poi’ del testo:

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intenzionalità (volontà di creare un testo con finalità comunicativa),
accettabilità (volontà di accettare la comunicazione), situazionalità (condizioni
che rendono un testo rilevante per una situazione comunicativa), informatività
(conoscenze condivise e non condivise tra l’emittente e il destinatario),
intertestualità (dipendenza di un testo dalla conoscenza di un altro testo).

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3. EVOLUZIONE DELLA NOZIONE “TESTO”

Partendo dagli anni ’60, alcuni studiosi usano il termine ‘testo’, altri il termine
‘linguaggio’, e altri ancora tutti e due i termini ‘testo’ e ‘linguaggio’ come
sinonimi.
Hjelmslev, nel suo studio “Prolegomena to a Theory of Languages” sostituisce i
termini soussuriani di ‘Langue’ e ‘Parole’ con ‘Sistema’ (o Lingua) e ‘Processo’ (o
Testo). La lingua va determinata e definita solo partendo dai Processi, cioè dai
testi: “L’esistenza di un sistema è supposta necessariamente dall’esistenza di
un processo: il processo esiste grazie ad un sistema (di sostegno) che lo guida e
lo determina nel suo possibile sviluppo”. Ma, dal momento che “…un processo
è inimaginabile senza un sistema (di sostegno)…” e che “…un sistema è
inimaginabile senza un processo…” è impossibile “…avere un testo senza una
lingua (di sostegno). Per cui, ogni lingua naturale è contemporaneamente
processo e sistema”. Detto altrimenti, “..l’attività linguistica può definirsi
paradigmatica, i cui paradigmi si manifestano in tutte le loro intenzioni e un
testo come sintagmatico, le cui catene, anche se infinitivamente lineate, si
manifestano in tutte le loro intenzioni”. Dunque, per Hjelmslev, ad interessare
la teoria linguistica sono i testi. Anche se lui fa riferimento solo al linguaggio
scritto, indubbiamente la sua nuova concezione sul testo costituisce una teoria
basiliare per la Linguistica testuale.
Harris usa i termini ‘testo’ e ‘linguaggio’ senza fare una netta distinzione. Così,
lui scrive che “…un linguaggio può essere un’opera di 10 volumi” e che “..un
libro è un continuum ininterrotto di frasi oppure una catena chiusa di frasi…”.
Halliday, nella sua definizione, si basa nelle tre funzioni del linguaggio: la
funzione ideativa, la funzione interpersonale e la funzione testuale;
quest’ultima avente a che fare con la creazione del testo. “…Il testo è un’unità
linguistica che realizza il linguaggio, come la frase un’unità sintattica… la
funzione testuale non si limita solo nello stabilire dei rapporti tra le frasi, bensì
nell’organizzazione interna e nel significato delle frasi…” Halliday considera il
testo un’unità linguistica, mettendo in rilievo la sua funzione di realizzare il
linguaggio; cioè il nostro linguaggio viene realizzato mediante i testi. Ciò che è
importante nella definizione di Halliday è il fatto che lui vede il testo nell’ambito
della lingua e non mette il segno di uguaglianza tra il testo e il linguaggio.
Pure Coulthard usa i termini ‘testo’ e ‘linguaggio’. Lui individua tre livelli nella
comunicazione umana: il significato o il linguaggiop, la forma o la sintassi, la
materiao la fonologia. “Le frasi si combinano per formare testi e i rapporti tra le
frasi riguardano la coesione grammaticale; gli enunciati si combinano per
formare il linguaggio e i rapporti tra di essi riguardano la coerenza
grammaticale”. La novità che porta la definizione di Coulthard è

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l’evidenziazione di un elemento molto importante dell’organizzazione del testo:
la coesione grammaticale.
Gli studi degli anni ’60 – ’70 portarono delle novità nei confronti della nozione
del ‘testo’, però senza giungere ad una definizione completa.
Gli studi della fine degli anni ’70 e più tardi quelli degli anni ’80 diedero nozioni
più complete ed esatte per la nozione ‘testo’.

Il Testo secondo Beaugrande e Dressler

Il testo è l‟unità fondamentale dell‟attività comunicativa umana, la


manifestazione linguistica di un messaggio inviato da un emittente a uno o più
destinatari affinché questi, dopo averne riconosciuto l‟unità” e l‟autonomia”, lo
interpretino e lo comprendano. La testualità non è dunque una caratteristica
intrinseca di un insieme di enunciati: è attribuita a un oggetto linguistico da
un essere senziente che lo assoggetta a scrutinio e valutazione.
1. Un testo è unitario se presenta: i) una superficie linguistica in cui tutti gli
elementi siano collegati tra di loro; ii) un contenuto tematicamente continuo,
nel quale l‟argomento centrale del discorso appaia trattato in maniera
sufficientemente esaustiva sia in relazione ai fini dell ‟emittente sia alle
aspettative presumibili del destinatario.
2. Un testo è autonomo se presenta i segni di una relativa indipendenza da altri
testi con i quali concorra, dai quali sia “circondato”.
La definizione di Beaugrande determina chiaramente il posto e la funzione del
testo. Considerando il testo ‘un’unità transistemtica’ accetta il suo carattere
complesso (globale-coerente). Ancora, sottolineando che ‘il posto dell’unità testo
è nel linguaggio’ mette in risalto una carattersitica molto importante, cioè che:
il nostro linguaggio (scritto o orale) è composto di testi, definendo il testo un
atto che realizza la comunicazione tra gli uomini.
Gli studi fatti negli anni ’80 porteranno indubbiamente definizioni più complete
sulla nozione ‘tetso’.
La nozione di testualità ha affascinato i linguisti, dando vita a numerosi
modelli teorici. Nello specifico, secondo il noto modello di Robert-Alen de
Beaugrande e Wolfgang Ulrich Dressler, il testo è un‟occorrenza comunicativa
che soddisfa sette criteri, in parte inerenti al testo, in parte incentrati sugli
utenti o sulla situazione comunicativa.
Secondo lo studioso svizzero Adam, “il testo è una struttura gerarchica
complessa che contiene un numero N di sequenze – ellittiche o complete – dello
stesso tipo o di tipi diversi.

[#T#[sequenza[macrofrasi[frase (1)]]]]

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sequenze frasi (alcune)

in altre parole, le frasi costituiscono gli elementi di un’unità maggiore, delle


macrofrasi, queste ultime fungono da unità constitutive della sequenza e
quest’ultima è unità formativa del testo.
Adam, oltre a dare una definizone nuova sul ‘testo’, fu tra i primi a parlare
anche dell’esistenza di tipi di testo, la cui differenza si realizza mediante la
sequenza dominante.

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4. ORGANIZZAZIONE INTERNA DEL ‘TESTO”

Nella parte centrale del modulo telegrafico leggiamo la parola “TESTO”; è


un’indicazione per chi fa il telegramma ed è invitato a scrivere ciò che vuole
comunicare (e cioè il testo del telegramma) sulle sue righe punteggiate
sottostanti:

Telegramma

RIUNIONE COLLABORATORI RIVISTA RINVIATA QUINDICI MARZO ORE SEDICI –


PREGHIAMOLA INTERVENIRE – CORDIALITA’
GIANDOMENICO ROSSI

Il testo telegrafico soprariportato è un insieme di parole, collegate con certe


regole, che comunica il rinvio di una riunione.
Facciamo 3 domande:

a) potrebbe essere diverso questo testo telegrafico? Certamente sì: per esempio
potrebbe essere più lungo:

RIUNIONE COLLABORATORI RIVISTA RINVIATA QUINDICI MARZO ORE SEDICI


CAUSA INDISPOSIZIONE EDITORE. PREGHIAMOLA INTERVENIRE. CORDIALITA’
GIANDOMENICO ROSSI.

oppure potrebbe essere più breve, saltando la parola ‘cordialità’ e firmando con
il suo cognome.
Se il testo non è né più lungo né più corto dipende dalle decisioni di chi ha
scritto il telegramma. Evidentemente non gli è sembrato necessario spiegare la
causa del rinvio; e invece gli è sembrato gentile aggiungere una parola di saluto
e firmare anche con il nome di battesimo.
Quindi, un testo contiene tutto quello che allo scrivente interessa
comunicare.

b)perché il testo del telegramma non indica il “luogo” del nuovo appuntamento?
Evidentemente chi ha scritto il telegramma sa che questa informazione è già
nota al ricevente (e quindi inutile). In caso contrario avrebbe dovuto
aggiungerla.
Quindi, un testo ben fatto deve contenere tutto quello che è necessario al
ricevente per interpretare la comunicazione.

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c)perché il testo è stato scritto così come lo leggiamo, e non in modo più
completo e scorrevole? Per esempio:

LA RIUNIONE DEI COLLABORATORI DELLA RIVISTA E` STATA RINVIATA AL


GIORNO QUINDICI MARZO ALLE ORE SEDICI. LA PREGHIAMO DI INTERVENIRE.
MOLTI SALUTI CORDIALI. GIANDOMENICO ROSSI.

La risposta è: chi ha fatto il telegramma ha accettato le “regole” in uso per quell


particolare tipo dis crittura (‘stile telegrafico’); cioè ha saltato tutte le parole di
collegamento, che non erano strettamente necessarie alla comprensione del
testo; ha fuso “La preghiamo” (due parole) in “Preghiamola” (una sola parola).
Quindi, un testo rispetta, di solito, regole di scrittura che sono tipiche di
certe forme di comunicazione.
Concludendo: un testo è un tessuto di parole che dice in maniera completa e
unitaria:
a)tutto quello che allo scrivente (o parlante) interessa comunicare;
b)tutto quello che serve al ricevente per interpretare la comunicazione;
c)e che dice tutto questo in un certo modo, facendo certe scelte linguistiche
che rispettano (o meno) regole tipiche del “genere” a cui il testo appartiene.
Tutti e tre questi elementi sono necessary per produrre un testo ben fatto,
comprensibile, efficace.
Per spiegare che cosa è un testo, non abbiamo parlato né della sua lunghezza
né del suo argomento. Un testo è un testo se possiede le tre caratteristiche
elencate sopra; per esempio è un testo l’insegna di un negozio: “LIBRERIA”.

LIBRERIA

Quell’unica parola infatti:


a)comunica in modo unitario e completo quello che interessa al proprietario del
negozio, e cioè quale tipo di prodotto egli vende;
b)fornisce a chi legge l’informazione necessaria per decidersi ad entrare (se
vuole comprare un libro), o no (se non lo vuole comprare);
c)rispetta le regole in uso per la scrittura delle insegne: una sola parola (o
pochissime parole: ‘Casa del caffè’, ‘Articoli da regalo’, ecc.) che, di solito indica:
-o il luogo in cui si vende un prodotto: profumeria, salumeria, latteria ecc.;
-o l’attività di chi commercia quell prodotto: fioraio, fornaio, macellaio ecc;
-o il prodotto stesso: filati, tabacchi ecc.
-o il nome, o il cognome del proprietario: Luisa, Oreste, Rosie cc.

Ed è un testo ‘Pinocchio’, che usa moltissime parole per comunicare:


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a)quello che all’autore del libro interessava raccontare: le “avventure” di un
burattino di legno che diventa un “ragazzino per bene”;
b)quello che è necessario ai lettori per capire e interpretare la storia;
c)rispettando le regole del testo narrativo: per esempio scegliendo un titolo (Le
avventure di Pinocchio), dividendo il racconto in capitoli (36, ciascuno con un
suo titolo particolare), rispettando un certo ordine (cronologico) degli
avvenimenti, fra l’inizio (C’era una volta…) e la fine (Com’era buffo, quand’ero
burattino! E come ora son contento di essere diventato un ragazzino
perbene!...), e così via.

Un inizio, uno svolgimento e una fine

Ogni testo deve avere un inizio e una fine, se è vero che è un testo. Cambierà la
distanza fra questi due punti; cambierà il percorso o lo svolgimento del testo
fra questi due punti estremi; ma questi devono in ogni modo esistere perché, se
il testo è un’unità linguistica, deve avere i suoi confini.
Naturalmente non è sempre facile stabilire questi confini, specialmente in testi
orali come la conversazione; però esistono, e certe volte sono anche segnalati
dagli interlocutori (inizio: “Vorrei parlarti di una cosa che mi sta molto a
cuore…; fine “Va bene; non ne parliamo più, per ora”) o da avvenimenti
esterni: una telefonata ha inizio quando, chiamati dallo squillo
dell’apparecchio, solleviamo il ricevittore e diciamo “Pronto”, e ha fine quando
rimettiamo a posto il ricevittore.
Ci sono poi testi orali in cui inizio e fine sono chiarissimi: per esempio una
conferenza, una predica, un comizio, un esame.
Ci sono segnali esterni alla lingua, che ci aiutano a delimitare un testo:
l’insegna di un negozio è di solito un rettangolo di un certo materiale all’interno
del quale è scritta la parola (o le parole) che informano sul prodotto in vendita.
Nel caso di LIBRERIA il testo ha come inizio la lettera “L-“ e come fine la lettera
“–A”.
Il percorso fra questi due punti è rappresentato dalla serie di lettere che,
seguendosi in un certo ordine, formano l’unica parola che costituisce il testo:
“L-i-b-r-e-r-i-A”. non ci sono “tappe” intermedie: inizio e fine della parola sono
al tempo stesso inizio e fine del testo.
In realtà potremmo dividere la parola in due “pezzi”: libr-/-eria, ognuno dei
quail fornito di significato: libr- ci fa capire che si tratta di qualche cosa che ha
a che fare con il “libro”; -eria ci precisa che si tratta del “luogo” in cui il libro si
vende, che si tratta di un luogo solo (e che la parola è di genere femminile).

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Questi “pezzi” vengono chiamati monemi, a indicare che si tratta delle più
piccole unità linguistiche ancora fornite di significato.
Anche la notizia di cronaca giornalistica che riproduciamo qui sotto ha segnali
esterni che la delimitano rispetto ad altri testi, presenti sulla stessa pagina del
giornale: le due linee verticali della “colonna” e la linea orizzontale del “taglio”

TESTO
Sul sequestro dei “Puffi” si deciderà il 7 novembre
Enunciato (1) Milano– (1)Almeno fino al 7 novembre Capoverso1
Enunciato (2) continuerà il “sequestro dei Puffi”.(2)In quella
data, infatti, il pretore Milanese Enrico
Imprudente deciderà se accogliere il ricorso
presentato dalla ditta “Virca” di Gallarate
contro la Milanese “Giochi import”, ambedue
importatrici dei popolari “ometti blu”.

Enunciato (3) (3)Dall’aprile dello scorso anno,ben 270 mila Capoverso 2


puffi della “Gioca import” sono bloccati in
magazzino. In attesa che il magistrato dia
ragione a uno o allaltro dei due concorrenti.
Enunciato (4) (4) La vicenda si trascina da molto tempo a
suon di querele.

Anche per questo testo possiamo dire che comincia con lalettera “S-“ e che
finisce con la lettera “-E”, seguita dal punto fermo finale. Però, il percorso
interno contiene delle tappe e precisamente:
-le parole, seguendosi in un certo ordine, formano dei raggruppamenti
segnalati dai punti fermi. D’ora in poi chiameremo enunciati questi
raggruppamenti di parole, delimitati dai punti fermi.
-gli enunciati, seguendosi in un certo ordine, formano i capoversi, segnalati
dall’ “a capo” e dalla piccola rientranza, di qualche spazio bianco, con cui
comincia il discorso dopo l’andata a capo.
-i capoversi, seguendosi in un certo ordine, formano il testo dell’articoletto.
C’è infine da notare la presenza di un titolo, riassuntivo e anticipato della
notizia.
Anche il testo contenuto in un volume ha chiari segnali esterni di inizio e di
fine: il libro ha una copertina, una pagina di frontespizio, a volte pagine
bianche, messe una all’inizio e l’altra alla fine del testo.
Anche il testo / libro comincia con una lettera e finisce con una lettera

15
I Promessi sposi (di Alessandro Manzoni)
Capitolo Primo
Quel ramo del lago di Como….Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi,
credete che non s’è fatto apposta.
Il percorso interno contiene però delle “tappe” che, di solito, sono più numerose
di quelle già elencate per gli articoli di gironale o per altri scritti brevi.
-i vari capoversi, seguendosi in un certo ordine, formano i paragrafi, segnalati
da numeri arabi (1.1., 1.2., 1.3., ecc.), forniti di un loro titolo e separati fra
loro a spazi bianchi.
-i vari paragrafi, seguendosi in un certo ordine, formano i capitoli, segnalati da
un numero arabo (1., 2., 3., ecc.), forniti di un loro titolo e separati fra loro con
cambio pagina.
-i vari capitoli, seguendosi in un certo ordine, formano le parti del libro,
segnalate da un aggettivo che le “ordina” progressivamente (Prima Parte,
Seconda Parte, Terza Parte ecc.), fornite di un loro titolo e separate fra loro da
una pagina che si chiama “occhiello”.
-infine, le vari le varie parti, seguendosi in un certo ordine, formano l’intero
testo.
Dunque, le varie “tappe” possibili per giungere al testo (il testo / libro) sono le
seguenti:
parola – enunciato – capoversi – paragrafi – capitoli – parti – testo.
Ma attenzione: queste sono tutte le possibili “tappe” e tutte le possibili unità
linguistiche (dalla parola al testo); ma molte di queste possono mancare.

Selezione e Combinazione
Che cosa succede quando uno di noi produce un testo, orale o scritto? Prima di
tutto deve scegliere le parole (o la parola, se il testo ha bisogno di una parola
sola).
Anche per scrivere una semplice cartolina bisogna scegliere nel deposito della
nostra memoria, la formula di saluto che ci sembra più opportuna: “Saluti”,
“Un abbarccio affettuoso”, “Un pensiero da…”, ecc. Questa scelta si chiama più
precisamente selezione.
Facciamo un esempio. Sulle istruzioni per l’uso di uno smacchiatore c’è scritto:

AGITARE BENE IL FLACONE. PREMERE SULLA VALVOLA E SPRUZZARE


IL PRODOTTO SULLA MACCHIA TENENDO IL CONTENITORE A CIRCA
QUINDICI CENTRIMETRI DAL TESSUTO.

E’ un testo molto semplice, ma chi ha scritto ha dovuto fare un bel lavoro per
selezionare ogni parola: per scegliere “AGITARE” deve aver scartato sbattere,
16
scuotere ecc. Per scegliere “FLACONE” deve aver scartato bombola, spruzzatore,
contenitore (che userà subito per evitare la ripetizione) ecc.
Il cervello della persona che ha scritto queste “istruzioni” deve aver lavorato più
o meno come si dimostra in seguito:

frullare sventolare scuotere AGITAR sbattere scrollare eccitare


E

accuratament lungament energicament BEN fortement scrupolosament attentament


e e e E e e e

un gli lo IL la le i

bombol contenitor recipient FLACON spruzzator tubett barattol


a e e E e o o

Perché ha selezionato quelle parole e non altre?


-prima di tutto il testo si riferiva a particolari oggetti, a una particolare
operazione (la “smacchiatura”), e quindi, fra tutte le parole italiane, bisognava
scegliere quelle che erano più proprie per indicare oggetti e quell’operazione.
Per es. Il flacone poteva essere chiamato anche bombola, contenitore, recipiente,
ma non barattolo o bottiglia, o scatola ecc (che si riferiscono ad altri
contenitori).
-poi ha dovuto tener conto delle regole di scrittura che valgono per quel tipo di
testo: brevità, chiarezza, tono impersonale, una certa cura formale.
Insomma, anche per produrre un testo così semplice, il cervello deve fare un
lavoro molto complicato.
Ma non basta selezionare: mentre sceglie le parole, il cervello deve anche
pensare a metterle assieme, e cioè combinarle.
Quando combiniamo le parole in un testo occorre rispettare tre regole:
a)la prima, importantissima regola è quella di mettere assieme le parole che
vadano bene d’accordo per il loro significato: cioè parole che realizzino una
buona connessione di significato. Dovendo parlare di un FLACONE (che è un
recipient per liquidi) era giusto scegliere una parola come AGITARE, in
connessione con la prima
b)combinare le parole in un testo significa anche stare attenti alla loro
collocazione. Le parole vanno cioè disposte in un certo ordine.
Chi ha scritto la istruzioni per l’uso dello smacchiatore ha collocate le parole
nell’ordine più normale.

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La collocazione è molto importante nella produzione di un testo. A volte
dipende da essa il significato stesso del; testo.
1.So quello che dico
2.Dico quello che so
Sono tutte e due collocazioni regolari ma il significato di 1 e 2 cambia
completamente.
c)combinare bene le parole significa anche accordarle nella forma (accordo
morfologico)
Concludendo, per fare un testo compiamo due operazioni:
-La selezione, o scelta delle unità che ci servono (nel magazzino della nostra
memoria)
-La combinazione: connessione di significato, collocazione in un certo ordine,
accordo di forma

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5. CRITERI E PRINCIPI REGOLATIVI

a.Criteri inerenti al testo

I. La coesione
Concerne il modo in cui le componenti del testo di superficie, ossia le parole
che effettivamente udiamo o leggiamo, sono collegate fra di loro in base a forme
e convenzioni grammaticali.

II. La coerenza
Concerne la configurazione di concetti e relazioni tra concetti soggiacente al
testo di superficie. In parole più semplici, la coerenza è la caratteristica di un
testo che presenti contenuti logicamente ben collegati tra di loro, ed è pertanto
il risultato dei processi cognitivi degli utenti, volti al recupero delle informazioni
implicite contenute in uno scambio comunicativo.

b.Criteri incentrati sugli utenti del testo

I legami pertinenti alla conformazione di un testo non rappresentano una


condizione necessaria e neppure sufficiente a determinare coerenza ed efficacia
performativa. Ci occorrono, pertanto, anche nozioni incentrate sull ‟emittente e
sul destinatario, i cui ruoli sono fondamentali per la buona riuscita di qualsiasi
evento comunicativo:

III. L’intenzionalità
Si riferisce all‟atteggiamento del producente testuale che vuole formare un
testo coeso e coerente, capace di soddisfare le sue intenzioni, ossia di divulgare
conoscenze o di raggiungere il fine specifico di un progetto.

IV. L’accettabilità
Si tratta della manifestazione complementare dell ‟intenzionalità. Essa esprime
la volontà del ricevente di attivare uno scambio comunicativo, riconoscendo
nella sequenza di enunciati inviatigli dal suo interlocutore un testo compiuto,
coeso e coerente, che sia magari utile o rilevante per acquisire conoscenze o per
avviare la cooperazione a un progetto.

c. Criteri incentrati sulla situazione comunicativa

V. L’informatività

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Si parla e si scrive per comunicare qualcosa di nuovo od ottenere uno scopo,
non per enunciare l’ovvio. Questo criterio concerne la misura in cui gli elementi
testuali proposti sono attesi o inattesi, noti o ignoti/incerti. L’elaborazione di
notizie altamente informative è più impegnativa di notizie meno informative;
però, in compenso, è più interessante.

VI. La situazionalità La situazione in cui un testo viene prodotto ne decide il


senso e l’uso. Un testo come “Portaaaa!” ha senso se pronunciato in una stanza
in cui qualcuno ha aperto una porta che dovrebbe restare chiusa; non ne ha se
pronunciato in mezzo a una distesa verde e priva della pur minima struttura
architettonica.

VII. L’intertestualità
L‟intertestualità è la caratteristica di un testo di istituire rapporti con altri testi
compresenti o presenti nel contesto culturale di fruizione e, dunque, depositati
in qualche modo nel patrimonio mnemonico dell‟interprete.

I principi regolativi

I sette criteri sopra elencati fungono da principi costitutivi della comunicazione


mediante i testi. Occorre, però, che ci siano pure dei principi regolativi che non
definiscano, ma controllino la comunicazione testuale:
I. Efficienza. Dipende dal grado di impegno nell‟uso di un testo da parte degli
interlocutori: la finalità comunicativa deve essere raggiunta in maniera
economica, senza troppi elementi di novità informativa.
II. Effettività (o EFFICACIA). Dipende dall‟impressione lasciata da un testo,
che deve essere in grado di esplicare la propria funzione con forza. Ad esempio,
un testo scritto potrà garantirsi una certa effettività attraverso artifici grafici,
strutturali o lessicali che rendano le informazioni che veicola particolarmente
memorabili.
III. Appropriatezza: è data dall‟accordo tra il suo contenuto e i modi in cui
vengono soddisfatte le condizioni della testualità. Si noti, infatti, che l ‟efficienza
e l‟effettività tendono a lavorare in opposizione tra di loro. Il compito
dell‟appropriatezza è quello di mediare tra questi due fattori opposti per
indicare in ogni situazione qual è il giusto equilibrio fra convenzionale e non
convenzionale.

20
6. LA TESTUALITÀ

Coesione e elementi per la sua realizzazione nel testo

La Coesione è l'insieme di meccanismi di cui un testo si serve per


assicurare il collegamento tra le sue parti al livello profondo. Essa è
paragonabile ad un muro il quale superficialmente appare come compatto
grazie all’uso della tintura, ma sotto questo strato è costituito da mattoni resi
uniti e compatti dal cemento: la coesione testuale è proprio questa compattezza
profonda, ottenuta attraverso l’uso di “parole – collante” che rendono appunto
coese (= compatte) le frasi e le sequenze / paragrafo ( = mattoni ) che formano il
testo. Il grado di coesione testuale è dato quindi dalla sintassi superficiale del
testo: le ripetizioni, le unità tempo aspettuali, i parallelismi, i deittici sono
fenomeni che garantiscono coesione al testo.

Ad esempio in un testo si verificano spesso ripetizioni di elementi (ricorrenza);


ciò avviene in particolare nella lingua parlata, perché non c'è il tempo di
pianificare l'enunciazione e perché il testo di superficie si disperde facilmente;
per evitare queste ripetizioni al livello formale esistono dei meccanismi
particolari quali i FÓRICI e le ELLISSI.

I FORICI ( o PRO-FORMA o SOSTITUENTI ) sono parole economiche, brevi e


prive di significato particolare che possono presentarsi nel testo di superficie
per far le veci di espressioni determinate che attivano un contenuto. Esse
consentono agli utenti del testo di tenere il contenuto a portata di mano nella
propria memoria senza dover ripetere tutto.

I FORICI più noti sono i pronomi che svolgono la funzione di “conferire” con il
sostantivo al posto del quale vengono usati ( Cfr. Etimologia “PRO” – NOMEN =
“ al posto del nome”): è come se nome e pronome sostituente fossero collegati
nel testo da un filo invisibile che rende il testo coeso ( metafora del textum =
tessuto con trame ben fitte e unite = coese).

Dal punto di vista della funzione testuale, i pronomi si distinguono in


anaforici e cataforici, mentre il termine con cui “conferiscono” ( = a cui si
riferiscono ), è detto co-referente, e questo può trovarsi prima ( = fisicamente a
sinistra) o dopo ( = fisicamente a destra ) nel testo.

Si dicono pronomi anaforici quei pronomi che vengono usati DOPO il co-
referente ad esempio:

es. c'era una volta una ragazza, ella era bionda.

21
Le anafore possonoessere classificate in:

anaforici di tipo sintattico, come quelle realizzate con i pronomi o con la


ripetizione dell’antecedente preceduto dall’articolo determinativo (ad esempio,
“ritirai il pacco e lo consegnai a Marco”; “Una fioriera è caduta da un davanzale
al quinto piano. La fioriera è rimasta intatta, ma un passante si è rotto la
testa.”).
anafore di tipo semantico, caratterizzate da relazioni di sinonimia: “Gli
insegnanti elementari sono in soprannumero; il provveditore cercherà di
destinare alcuni maestri a mansioni d’ufficio”. Iponimia: “Giuseppe ha
finalmente comprato un’automobile nuova; è stato a lungo incerto tra una Fiat
e una Ford”. Meronimia: “Luisa attraversò il corridoio; aprì la porta della camera
da letto ed entrò nel bagno attiguo” (relazione ‘parte di’ senza la menzione del
nome sopraordinato). Incapsulamento: “I ragazzi vorrebbero andare a Milano
con l’aereo. Questa soluzione mi sembra troppo dispendiosa.” (ripresa di
un’intera parte del testo attraverso un sintagma nominale generico).
anafore di tipo pragmatico, in cui il rapporto di coreferenza si instaura in
base a conoscenze extralinguistiche condivise dal ricevente; questo tipo di
anafora può essere però un modo per trasmettere all’ascoltatore/lettore nuove
informazioni: “Arrigo Sacchi parteciperà a un nuovo programma di sport. L’ex
allenatore della nazionale di calcio svolgerà il ruolo di commentatore”.

Se invece il pronome “conferisce” con un termine posto dopo ( = fisicamente a


destra nel testo ), esso è detto Pronome cataforico (es. “Silvia lo aspettava
ormai da diversi giorni, quando all’improvviso lui si fece vivo con una telefonata.
La sua voce aveva un tono preoccupato, e Silvia pensò che Giovanni fosse di
nuovo nei guai”)

Anaforici e cataforici permettono al lettore / ascoltatore di “muoversi”


fisicamente nel testo, a sinistra o a destra, attivando significati che rendono
coeso il contesto ( ex. “Ragazzi! Vi dico questo …”).

Le ELLISSI sono mezzi di coesione che consistono nella cancellazione degli


elementi che vengono ripresi in un testo. In italiano, ad esempio, si verifica
molto spesso l'ellissi del soggetto:

es. Lory non riusciva a seguire il film, quindi[0] si addormentò.

es. Hai visto nessuno? No[0](non ho visto nessuno)

Le ellissi occorrono anche in inglese:

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Do you want a cup of tea? Yes I do [0] (want a cup of tea).

Un altro mezzo di coesione è costituito dai GIUNTIVI, ossia le congiunzioni (e),


le disgiunzioni (o) le controgiunzioni (ma, però), le subordinazioni, tutte
relazioni di coerenza che tengono connesse le frasi tra loro.

Per garantire la coesione di un testo esiste anche un procedimento mediante il


quale, utilizzando particolari elementi linguistici, i DEITTICI, si mette in
rapporto l’enunciato con la situazione spazio-temporale a cui si riferisce. I
deittici in senso stretto possono essere personali e sociali, spaziali e temporali,

La deissi personale riguarda la codifica del ruolo dei partecipanti all'evento


comunicativo; sono deittici i pronomi tonici: la 1° persona singolare (io), indica
il riferimento del parlante a se stesso, la 2° persona (tu) indica il riferimento del
parlante a chi parla e la 3° persona (egli) indica un riferimento a persone
assenti; e i pronomi atoni o clitici (ne, lo, la, li, ecc.) che sono usati per riprese
anaforiche, a breve distanza dall'elemento cui si riferiscono nel testo come
nell’esempio:

es. sto preparando il caffè, ne vuoi una tazza?

Fanno parte della deissi personale anche gli appellativi (chi) e gli allocutivi
(signora, ehi, lei ecc).

I deittici sociali sono quelli che vengono usati per esprimere il rapporto di
ruolo che lega i partecipanti all'interazione. Gli allocutivi naturali (tu) si usano
nei rapporti paritari, mentre nei rapporti gerarchici si usano gli allocutivi di
cortesia (lei, voi). Attraverso la scelta dell'allocutivo chi parla segnala la propria
valutazione del rapporto di ruolo esistente fra se e l'interlocutore e del ruolo
sociale dell'interlocutore e anche del grado di formalità della situazione.

La deissi spaziale riguarda la codifica delle collocazioni spaziali relativamente


alla posizione dei parlanti nell'evento comunicativo; i deittici spaziali possono
essere prossimali o distali.

I principali deittici spaziali sono gli avverbi di luogo: qui, qua, lì, là, che situano
l'oggetto rispetto al luogo in cui si trovano i parlanti e i pronomi dimostrativi:
questo, codesto quello situano l'oggetto rispetto ai singoli interlocutori e i
pronomi personali: costui, costei, colui colei coloro situano l'oggetto rispetto agli
interlocutori anche se hanno connotazione negativa.

23
La deissi temporale codifica in punti ed in intervalli di tempo relativamente al
momento in cui viene pronunciato l'enunciato; sono deittici temporali sia gli
avverbi di tempo, sia i tempi grammaticali che distinguono il tempo di codifica
dal tempo di ricezione.

Tra i tipi di deissi Levinson annovera anche la deissi testuale, che concerne
l'uso, all'interno di un enunciato, di espressioni che si riferiscono ad una parte
del discorso che contiene tale enunciato come ad esempio, l'uso di espressioni
quali: comunque, o di espressioni temporali per fare riferimento a porzioni di
discorso: l'ultimo passaggio, il primo verso, la frase precedente ecc.

Nella categoria della deissi testuale rientra anche l’articolo: la scelta fra
l'articolo determinativo e l'articolo indeterminativo è definita infatti dalle
caratteristiche del referente e dall'organizzazione informativa del testo. Se il
referente è costituto da una categoria generale si usa l’articolo determinativo: il
gatto è un felino; se invece il referente è costituito da un termine che indica un
individuo specifico si usa l'articolo indeterminativo: Ho visto un gatto nero.

Rispetto alla struttura informativa se l'articolo riguarda un referente già


menzionato (dato) si usa l’articolo determinativo, altrimenti, nel caso di un
referente nuovo, cioè menzionato per la prima volta in quel punto del testo e
non presente nelle conoscenze condivise dei parlanti, si usa l’indeterminativo;
ad esempio: c'era una volta un re...il re disse.

La Collocazione
La coesione può essere assicurata anche da gruppi di parole che tendono a
presentarsi insieme così da costituire una combinazione stabile e privilegiata,
come ad esempio nel caso “Ho saputo che fra un mese al comune sarà bandito
un concorso per un posto da geometra”, in cui le parole bandire e concorso sono
spesso ‘collocate’ l’una a fianco dell’altra.

La COERENZA, a differenza della coesione, è data invece ad un livello più


profondo, cioè quello della continuità di senso che caratterizza un testo. Essa
riguarda la struttura semantica di un testo e la struttura logica e
psicologica dei concetti espressi. Un testo produce senso se esiste una
continuità di senso all'interno del sapere attivato con le espressioni testuali; un
testo privo di senso è un testo in cui i riceventi non riescono a rilevare una tale
continuità.

Il testo: I passeggeri del volo BZ415 per Milano sono pregati di ritirare il loro
bagaglio presso il settore 5, è coerente, perché comprensibile e organizzato
secondo il rispetto puntuale di regole e modalità di uso; ciò consente ai

24
destinatari del messaggio di capire il fine del messaggio e conseguentemente di
recarsi al settore 5 per ritirare il proprio bagaglio.

Mentre un testo come quello che segue:

es. I passeggeri del bagaglio BZ415 sono pensati di pregare il loro calzolaio nella
presso volo

è incoerente perché contiene due verbi (pensare e pregare) che non hanno
alcun rapporto né fra loro né col contesto in cui figurano, un nome (calzolaio)
che è del tutto fuorviante, un avverbio (presso) e una preposizione articolata
(nella) male adoperati; di conseguenza anche se passeggeri, bagaglio, BZ415 e
volo appartengono allo stessa area di significato, il messaggio risulta incoerente
ed incomprensibile perché nessuno dei destinatari riuscirà a capire il fine con il
quale è stato emesso.

La coerenza di un testo non risiede solo nelle sue caratteristiche propriamente


linguistiche, ma anche nell'insieme delle conoscenze enciclopediche
preesistenti con cui il ricevente elabora il testo e lo confronta; un testo risulta
coerente quando nel riceverlo il destinatario è in grado di attivare (cioè di
richiamare alla memoria) una serie di conoscenze già immagazzinate e
condivise: l’insieme di conoscenze reciproche che il parlante e l’ascoltatore
hanno di loro stessi, l’insieme delle conoscenze riguardo le eventuali precedenti
interazioni comunicative che l’uno presuppone nell’altro e viceversa e l’insieme
di conoscenze della realtà esterna..

Quando si usano espressioni linguistiche in una funzione comunicativa si


attivano le relazioni ed i concetti corrispondenti in uno spazio di lavoro
mentale; questo spazio, o deposito, può accogliere un numero limitato di unità
da memorizzare contemporaneamente, ma se tra le unità ci sono invece
collegamenti concettuali, il deposito riesce a memorizzare un numero più
ampio di concetti. Di conseguenza si presuppone che il sapere alla base
dell'uso testuale sia organizzato in pattern globali, ossia in schemi che
funzionano come centri di inquadramento di determinate conoscenze e che,
essendo molto frequenti, permettono delle previsioni sul senso dei vari concetti.
Quindi quando si analizza un testo a livello superficiale si attiva sia una analisi
di tipo grammaticale, sia un’analisi di tipo concettuale, volta a ricostruire la
continuità di senso all’interno del messaggio.

Il criterio dell'INTENZIONALITÀ riguarda l’intenzione di chi produce un testo


coeso e coerente, ovvero l'atteggiamento del locutore rispetto al conseguimento
di determinati scopi.

25
Già Austin e Searle a partire dagli anni ’50 si erano dedicati ad analizzare e a
schematizzare le intenzioni di chi produce atti linguistici. Secondo il punto di
vista di Austin e Searle, chi parla compie, attraverso l’uso della lingua, una
serie di atti di volontà di diverso tipo: vuole convincere, chiedere, invitare,
negare e via dicendo. Quando si dice qualcosa, si possono sortire degli effetti
sui sentimenti, sui pensieri e sulle azioni degli ascoltatori, del parlante o di
altre persone. L'espressione può essere prodotta con il piano o con l'intenzione
di suscitare qualche effetto; il parlante è dunque realizzatore di un'azione e la
realizzazione di tale azione è un atto perlocutivo.

Austin afferma che dire qualcosa equivale quindi, a compiere tre atti
simultanei:

un atto locutorio, un atto illocutorio, un atto perlucotorio.

L'atto locutorio è la produzione fisico-acustica dell'atto linguistico, ma anche


la sua organizzazione sintattico-semantica. E siccome parlare non si esaurisce
nel dire qualcosa, perché chi parla intende che il proprio interlocutore
recepisca ciò che viene detto, l’atto locutorio è anche un atto illocutorio. Per
realizzare un atto illocutorio è sufficiente che il parlante formuli un espressione
con la quale si obbliga a compiere determinate azioni, l'ascoltatore la
comprenda e accetti le sue condizioni.

L'atto illocutorio sortisce un effetto sull'ascoltatore, sui suoi sentimenti e sui


suoi pensieri e sulle sue azioni e per questo l’atto illocutorio è un atto
perlocutorio, ossia un atto eseguito col dire qualcosa: ispirare, impressionare,
imbarazzare, intimidire, persuadere..., azioni linguistiche che sortiscono sul
destinatario un effetto corrispondente ad un intenzione del parlante. La forza
perlocutoria si può dedurre in base all'effetto dell'atto linguistico
sull'ascoltatore.

Inoltre Austin classificò gli atti linguistici in cinque classi:


1) verdittivi: con cui si esprime un giudizio, un verdetto (valutare, condannare,
ecc.)
2) esercitivi: con cui si fa riferimento all'esercitazione di un potere (ordinare,
licenziare,ecc.)
3) commissivi: con cui ci si assume un obbligo o la dichiarazione (promettere,
giurare, ecc.)
4) espressioni di comportamento: che includono la nozione di reazione ai
comportamenti degli altri (scusarsi, ringraziare ecc.)
5) espositivi con i quali si chiariscono ragioni, si argomenta (affermare, negare,
spiegare, ecc.).
26
Il criterio dell'ACCETTABILITÀ riguarda invece, il ricevente: un testo coeso e
coerente prodotto con una certa intenzionalità deve essere accettato dal
ricevente sullo sfondo di un determinato contesto sociale e culturale;
l'accettazione del ricevente prevede sia la tolleranza di determinati disturbi
comunicativi, sia la ricerca di una coesione e di una coerenza anche dove
queste potrebbero mancare. Inoltre l’accettabilità di un testo si riferisce anche
alla disponibilità del ricevente di prendere parte alla conversazione.

I principali fattori che contribuiscono alla INFORMATIVITÀ sono l'intonazione


e la struttura dato/nuovo e tema/rema.

L’intonazione, le pause, il ritmo, la quantità, le variazioni di timbro e di velocità


di eloquio, sono tutti tratti soprasegmentali che assumono un ruolo rilevante
nel processo di produzione e comprensione di un enunciato. Essi segnalano le
intenzioni di chi parla (in italiano la differenza tra una frase interrogativa ed
una frase dichiarativa è data solo da un diverso contorno intonativo) i confini
interni dell’enunciato (le pause e le variazioni della frequenza fondamentale,
caratterizzano la struttura informativa del testo) e i punti di maggiore enfasi
all’interno dell’enunciato. I tratti relativi alle variazioni timbriche (falsetto,
sussurro, bisbiglio, voce rauca) ci forniscono invece informazioni riguardo allo
stato emotivo e allo stato di salute del parlatore.
L’opposizione dato/nuovo riguarda l'informatività dal punto di vista
dell'ascoltatore. Lo scambio enunciativo è reso possibile dal fatto che
l’emittente e l’ascoltatore hanno in comune una base di conoscenze; queste
conoscenze possono essere sia ricavate da porzioni precedenti dell’enunciato,
sia da riinvii all’esperienza extralinguistica, per questo l’enunciato può rinviare
anche a qualche cosa che sta al di fuori di esso: l’emittente in questo caso da
per scontato che il ricevente possa facilmente ricostruire l’argomento di cui si
sta parlando anche se l’argomento non è esplicitamente formulato. Ad esempio:

Ti piace Matisse? C’è una sua esposizione a Roma


dato nuovo

Questo enunciato dal punto di vista del ricevente è diviso in due parti:
l’informazione data che rinvia ad una conoscenza già acquisita (l’emittente
presuppone che il reicevente conosca l’artista Matisse) e l’informazione nuova
che integra una nuova conoscenza nel ricevente.
La distinzione tema/rema non coincide con quella dato/nuovo; la prima è
incentrata sull’emittente, il quale stabilisce l’argomento di cui vuol parlare,
mentre la seconda è incentrata sul ricevente.

27
Il tema è l'argomento già noto, mentre il rema è ciò che si dice a proposito del
tema. In genere il tema in italiano si trova in prima posizione nella frase e
spesso corrisponde al soggetto, inoltre da un punto di vista prosodico il tema è
caratterizzato da prominenza enunciativa.

Ti piace Matisse?
Rema Tema

Per SITUAZIONE COMUNICATIVA si intende l’insieme delle circostanze, sia


linguistiche sia sociali, nelle quali l'atto linguistico viene prodotto; pertanto in
una situazione si possono riconoscere:

a) un contesto extralingusitico, vale a dire l’insieme di dati, di eventi concreti al


momento della comunicazione,
b) un tempo, vale a dire il momento determinato in cui avviene l’atto linguistico
c) un luogo specifico
d) dei ruoli esibiti o attesi dal parlante e dagli ascoltatori
e) un enciclopedia, ossia un insieme di conoscenze reciproche che il parlante e
l’ascoltatore hanno di loro stessi, della realtà esterna e delle eventuali
precedenti interazioni comunicative che l’uno presuppone nell’altro e viceversa.
La situazione in cui un testo viene prodotto ne decide il senso e l’uso. Un testo
come “Portaaaa!” ha senso se pronunciato in una stanza in cui qualcuno ha
aperto una porta che dovrebbe restare chiusa; non ne ha se pronunciato in
mezzo a una distesa verde e priva della pur minima struttura architettonica.

L’INTERTESTUALITÀ è la caratteristica di un testo di istituire rapporti con


altri testi compresenti o presenti nel contesto culturale di fruizione e, dunque,
depositati in qualche modo nel patrimonio mnemonico dell’interprete. Ad
esempio, un testo come “Non ho capito” è strettamente dipendente da uno
fruito in precedenza, così come “Ho raggiunto il mezzo del cammin di nostra
vita” richiama il più noto dei testi letterari italiani.

28
7. I CONNETTIVI

I connettivi negli studi di linguistica testuale

Tra i diversi processi di coesione, Halliday e Hasan (1994) individuano la


“congiunzione”, ovvero specification of the way in which what is to follow is
systematically connected to what has gone before (Halliday, Hasan, 1994: 227).
La relazione, realizzata attraverso numerosi elementi che rientrano in diverse
categorie grammaticali (coordinating conjunctions, compound adverbs,
prepositional phrases, prepositional expressions), è al confine tra il piano
grammaticale e il piano semantico. Infatti queste parole o espressioni creano
coesione tra le diverse parti del testo in virtù del proprio specifico significato
lessicale. Non sono meccanismi che rimandano direttamente ad un altro
elemento linguistico del testo, ma piuttosto presuppongono la presenza di altre
componenti nel discorso a cui fanno riferimento: strutturano il testo in modo
da costruire un ordine logico tra le diverse parti. Possono essere divise in
quattro categorie generali, riconducibili a precise funzioni: additiva (and),
avversativa (but), causale (so) e temporale (then) (Halliday e Hasan, 1994).
Per de Beaugrande e Dressler la “giunzione” è un dispositivo per segnalare le
relazioni tra avvenimenti e situazioni attraverso espressioni giuntive (De
Beaugrande e Dressler, 1981:18).
Le relazioni tra avvenimenti e situazioni espresse dai connettori sono
classificabili come congiunzione, disgiunzione, contro-giunzione e
subordinazione. La congiunzione (vd. e) è una relazione che collega due
avvenimenti o situazioni interdipendenti citate sia dentro un enunciato che al
di là dei suoi limiti. La disgiunzione (vd. o), all’interno dell’enunciato, connette
due alternative, entrambe presenti nella memoria a breve termine, delle quali
una sola si realizza nel mondo testuale; fra due enunciati, invece, tende a
esprimere un’alternativa non considerata in precedenza. La controgiunzione
(vd. ma) ha la funzione di agevolare punti problematici di transizione nei quali
compaiono combinazioni di situazioni o avvenimenti apparentemente
improbabili. La subordinazione, infine, rende esplicite relazioni di coerenza, ad
esempio di causa, agevolazione, ragione, scopo, tempo, localizzazione.
Le forme descritte sono individuate considerando contemporaneamente il loro
ruolo sintattico e l’intenzione comunicativa del parlante. La funzione coesiva di
tali elementi aiuta chi produce il testo ad esercitare un controllo sul modo in
cui questo viene recepito dal ricevente.
Le definizioni ora presentate sono state riprese in molte opere italiane. Berruto
(1997) propone il termine “connettivo” per gli elementi che realizzano i rapporti
di coordinazione o subordinazione tra le frasi, tra cui segnala le congiunzioni che

29
hanno il valore di operatori logici, ossia che favoriscono l’interpretazione del
valore degli enunciati. Telve (2008) ha allargato ulteriormente la categoria
includendo al suo interno qualunque elemento grammaticale che stabilisca una
relazione tra sintagmi, tra clausole, tra periodi. I connettivi garantiscono una
funzione “strutturante” e di coordinamento all’interno delle frasi semplici e
complesse (connettivi frasali) o in unità testuali superiori (connettivi testuali). Nel
secondo caso hanno la funzione di conferire al testo un ordine tematico, logico-
consequenziale e temporale; di specificare il senso delle affermazioni; di
segnalare un momento di passaggio, una conclusione o un rinvio interno o
esterno al testo.
Una definizione più ristretta è presente nel manuale di linguistica di Simone
(1994), per il quale i connettivi sono tutti gli elementi che svolgono la funzione di
connettere porzioni diverse del testo (sia all’interno della stessa clausola sia di
clausole diverse), pur senza aver necessariamente un punto d’attacco in un’altra
parte del testo. In pratica sono connettivi quasi tutte le congiunzioni e una parte
notevole degli avverbi, ma anche un numero difficilmente definibile di sintagmi
preposizionali e di clausole (es. come abbiamo visto) (Simone, 1994: 424).
Sabatini e Coletti (2008) propongono una definizione ampia di “connettivi”
come elementi che collegano parti del testo, all’interno della quale gli elementi
indicati da Berretta (1984) e Bazzanella (1995) siano individuati come
“congiunzioni testuali”, che così definiscono:
Si tratta di parole molto comuni e importanti come dunque, ebbene, infatti,
inoltre, insomma, oltretutto, peraltro, perciò, sennò, tuttavia, o di espressioni
composite altrettanto frequenti, come ad ogni modo, con ciò, del resto, in realtà
ecc. Tutti questi elementi non svolgono una funzione all’interno di una
struttura frasale: non sono cioè avverbi che si legano strettamente a un altro
elemento della frase (come quelli presenti in sono qui o studia intensamente) e
non sono congiunzioni che collegano due predicati (come accade per le
congiunzioni che legano due frasi coordinate o una reggente a una dipendente,
regolando anche il modo verbale di questa). Essi invece collegano tra loro entità
testuali di qualsiasi conformazione (anche blocchi di più sequenze), conferendo
all’entità in cui sono collocati un determinato valore (avversativo, deduttivo,
confermativo, riformulativo ecc.) rispetto a quanto detto in precedenza. […]
Vengono classificati come congiunzioni testuali. […] Anche altri elementi, che
hanno una loro funzione primaria all’interno della frase, possono passare a
svolgere una funzione testuale: sono usati cioè in funzione di congiunzione
testuale. Questi connettivi testuali sono di norma isolati da pause e molti di
essi sono anche di libera collocazione nell’ambito della seconda sequenza di
testo (vd. comunque, dopotutto, infatti ecc.)

30
Si tratta di forme che sono variamente classificate dalla grammatica come
avverbi o congiunzioni o addirittura non sono riconosciuti come unità lessicali.
Ferrari (2010) nella voce “Connettivo” dell’Enciclopedia Treccani presenta le
diverse posizioni finora esaminate, ma opera una sintesi interessante. Definisce
i connettivi come una categoria ampia di tipo sovragrammaticale in cui sono
incluse le forme linguistiche invariabili che indicano relazioni tra eventi o
asserzioni. Un connettivo può legare una frase e un sintagma con funzione
circostanziale, una frase reggente e una subordinata, due frasi coordinate, due
frasi sintatticamente autonome, semplici o complesse. Il suo valore semantico è
espresso dal tipo di relazione che istaurano (temporale, causale, consecutiva,
concessiva, condizionale, di rielaborazione linguistica, di opposizione, di
aggiunta di dispositio.
I connettivi, come tutti gli altri meccanismi di coesione, manifestano i
collegamenti linguistici che attraversano il testo, perciò il loro ambito naturale
di manifestazione è quello delle relazioni tra frasi o tra porzioni più ampie di
testo. Tuttavia vanno considerate come relazioni coesive anche quelle istaurate
tra frasi reggenti, frasi coordinate e frasi subordinate non argomentali, perché
sono governate contemporaneamente da principi grammaticali e da principi
testuali. Ad esempio nelle due frasi:
(1) Restò a casa perché era stanco
(2) Siccome era stanco, restò a casa
è un principio grammaticale che impone la posizione della causale prima della
reggente nella frase (2), ma è la struttura del testo che determina la scelta di
una o dell’altra congiunzione.

Classificazione dei connettivi

A cosa servono i connettivi?

a. esplicitano e chiariscono i legami logici e semantici tra le parti del testo


b. segnalano i rapporti che l’autore ha voluto instaurare tra le informazioni
date
c. guidano all’interpretazione del testo
d. integrano progressivamente le informazioni
e. contribuiscono alla progressione della trattazione argomentativa

Classificazione dei connettivi in base alla funzione

31
congiungono, unendo: (anche, e, inoltre, in più, oltre a ciò, per di più, poi,
pure, si aggiunga che); unendo e negando (né, neanche, neppure, nemmeno);
separando (o, oppure, altrimenti)
mettono in relazione: sia … sia, né … né, così … come
contrappongono: al contrario, all'opposto, anzi, ciononostante, comunque,
d'altro canto/lato, eppure, in caso contrario, in realtà, invece, ma, mentre,
nondimeno, però, peraltro, senonché, tuttavia;
stabiliscono rapporti nel tempo: contemporaneità (ora, adesso, mentre, nel
frattempo, intanto che, a questo punto, in questo momento, in questo istante
contemporaneamente, nello stesso tempo, nello stesso istante; in quel
momento, mentre, intanto, nel frattempo); anteriorità (prima, prima di ciò,
preliminarmente, in precedenza, qualche giorno fa, allora, anticamente, una
volta, a quei tempi, proprio allora,); posteriorità (poi, dopo, dopo di ciò,
successivamente, in seguito alla fine, dopo molto tempo, dopo vario anni,
quindi)
stabiliscono rapporti nello spazio: davanti, dietro, di lato, anteriormente,
posteriormente, lateralmente, all’interno, all’esterno, sopra, sotto, accanto
dove, lì, là, verso, in direzione di, a destra, a sinistra, fino a, all’interno,
all’esterno
stabiliscono un rapporto di causa ed effetto: poiché, perché, dato che, dal
momento che, ne deriva che, di conseguenza, quindi, dunque, pertanto, perciò,
da ciò si deduce che, così che dato che, siccome
segnalano una conclusione: perciò, quindi, pertanto, dunque insomma in
conclusione, in definitiva
indicano una causa dalla quale non deriva un effetto: benché, anche se,
per quanto, quantunque, tuttavia
mettono in rilievo una conseguenza: così che, tanto che, tanto da
individuano il fine: affinché, perché (con verbo al congiuntivo), per (con
infinito), allo scopo di, con o nell’intento di
istituiscono un confronto: per via di somiglianza (così … come,
analogamente, similmente, non diversamente) o di contrasto (al contrario, a
differenza di, diversamente da) o di semplice bilanciamento (da una parte,
dall’altra, d’altro canto)
esprimono la modalità della condizione: possibile o impossibile, probabile
o improbabile (se, se allora, purché, qualora, a patto che, nell’eventualità che,
nell’ipotesi che, nel caso che, se è vero che, ammettendo che, nel caso in cui,
partendo dal presupposto che, ipoteticamente, poniamo il caso che
scandiscono una lista, enumerano: anzitutto /innanzitutto/ prima di tutto/
per prima cosa, in primo luogo, in secondo luogo, infine, a questo punto,

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inoltre, si aggiunga il fatto che, oltre a questo, oltre a ciò, oltre a quanto è stato
detto, poi, non ci resta che, e, anche, pure, nello stesso modo, comincerò…
riformulano: cioè, evidentemente, in effetti, in altre parole, in breve, infatti, in
realtà, invero, meglio, per essere più precisi, soprattutto, vale a dire, voglio
dire, detto diversamente, ossia
esemplificano: ad/per esempio, in particolare, così, cioè, infatti, in altre
parole, per quanto riguarda, tra l’altro, in sintesi
aggiungono un’idea, un fatto, un argomento: inoltre, si osservi poi, si noti,
in particolare, che, si aggiunga, se si ammette che, se è vero che, dando per
certo che, immaginiamo, supponiamo, ipotizziamo che… ne dedurremo,
avremo, troveremo che, ebbene, infatti, in realtà, per la verità, in effetti,
effettivamente, come si può notare, come tutti sanno, com’è evidente,
ovviamente, cioè, naturalmente, comunque, in tal caso, allora, in ogni caso, in
fondo, ad esempio, quindi, dunque, insomma, in conclusione, si potrebbe
obiettare che, ti domanderai perché ecc.
sottolineano la trattazione di un argomento: circa, per quanto riguarda,
quanto a
simmetria o opposizione: da una parte… dall’altra, da un lato… dall’altro,
per un verso… per un altro, non tanto… quanto, non solo… ma anche,
d’altronde, al contrario, invece, piuttosto, peraltro// ma, invece, ciononostante,
malgrado ciò, tuttavia, pure, nondimeno, eppure, mentre, al contrario
valutazione: a mio/nostro giudizio/avviso/parere, secondo me, ritengo che,
direi che, per fortuna, finalmente, purtroppo, incredibilmente, certamente,
senza alcun dubbio, si spera che, sarebbe giusto che, sottolineo, ribadisco, sia
ben chiaro ecc.
struttura: Come abbiamo già visto, ritornando all’ipotesi di partenza, a pag. …
abbiamo già spiegato che…, tratteremo ora di…, in questo paragrafo ci
occuperemo di…, come vedremo più avanti, avremo modo di riprendere questo
discorso ecc.
anche i due punti hanno la funzione di un connettivo: stanno al posto
di cioè, infatti, ad esempio, introducono la causa o la conseguenza di un fatto

Es.1 «È giusto vietare alle alunne musulmane l’uso del chador, come accade in
Olanda e in Francia? E qual è, più in generale, la risposta che il nostro diritto
sa dettare su tali formidabili questioni?
Da qui l’esigenza d’interrogare la Costituzione, ovvero la suprema legge dello
Stato.»

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Es.2 «Se l’euforia giovanile degli anni settanta ha prodotto la tragedia, la
tragedia degli anni ottanta (non c’è niente di nuovo, niente per cui valga la
pena di vivere) produce soltanto la farsa dei travestimenti e degli equivoci.
Ora, non si vuole proprio credere che i ragazzi italiani di oggi non abbiano nulla
da dire»

Es. 3 «Oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si
regge su entità sottilissime: come i messaggi del DNA, gli impulsi dei neuroni, i
quarks, i neutrini vaganti nello spazio dall’inizio dei tempi…
Poi, l’informatica.»

34
8. LA PROGRESSIONE TEMATICA

TEMATICA E STRUTTURA

1. Tema e rema
La nozione di struttura tematica fa capo a un indirizzo di analisi linguistica
(chiamata in inglese Functional sentence perspective «prospettiva funzionale
della frase») secondo il quale una frase non ha solo una struttura sintattica e
semantica, ma anche una struttura informativa, variabile secondo gli obiettivi
comunicativi a cui risponde. In altri termini, ogni frase ha una parte che
codifica ciò di cui si parla (➔ soggetto) e un’altra che dice qualcosa a
proposito della prima (ossia fornisce una predicazione su di essa;
➔ predicato, tipi di). La parte che indica ciò di cui si parla si chiama TEMA;
l’altra si chiama REMA (dal gr. rhē ̂ma «parola, verbo»).
In questa prospettiva, le informazioni veicolate hanno gradi diversi di
‘dinamismo comunicativo’: le informazioni più dinamiche, vale a dire più
pertinenti per l’obiettivo comunicativo, formano il rema (sono le
cosiddette informazioni rematiche); quelle meno dinamiche, che danno un senso
al rema ancorandolo a una data situazione o a un dato referente, costituiscono
il tema (sono informazioni tematiche).
Così, per es., in (1), nella frase sottolineata, il mio telefonino è tema e non
funziona più è rema:
(1) non so se riesco a chiamarti subito: il mio telefonino non funziona più
Nella frase sottolineata in (2), invece, il tema è non mi funziona più e il rema è il
telefonino:
(2) oggi me ne capitano di tutti i colori: non mi funziona più neanche il telefonino
Nella tradizione anglosassone, al termine tema è preferito topic (dallo stesso
significato), mentre il rema viene chiamato comment «commento».
Nel momento dell’interpretazione, le informazioni tematiche tendono ad essere
già note all’interlocutore, le informazioni rematiche tendono invece ad essere
nuove (➔ dato/nuovo, struttura): è infatti naturale che l’obiettivo
dell’enunciazione coincida con il nuovo, e che il nuovo trovi la sua ragione di
essere ancorandosi a informazioni direttamente o indirettamente presenti nel
contesto.
Non sempre l’informazione data coincide col tema e l’informazione nuova col
rema.
Nella maggior parte dei casi in cui tale sovrapposizione non si verifica,
l’informazione data include una parte del rema e l’informazione nuova
coincide con una sotto-parte di esso.
es: Che libro ha letto Maria?

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B: [Maria] ha letto Il nome della rosa
Nella frase che B fornisce come risposta sono date co-testualmente le
informazioni Maria (sottinteso) e il verbo ha letto
E’ nuova l’informazione che risponde direttamente alla domanda iniziale, cioè
Il nome della rosa. Nella stessa frase, il tema coincide con il soggetto
sottinteso, tutto il resto funge da rema. La risposta di B deve dunque essere
segmentata in due modi distinti, schematizzabili come segue:
[Maria] ha letto DATO Il nome della rosa NUOVO
[Maria] TEMA ha letto Il nome della rosa REMA

La struttura tema-rema nella frase


Le funzioni di tema e di rema
A livello di frase, la struttura tematica (nel senso appena definito) concerne la
proposizione, la quale coincide tipicamente con il contenuto semantico della
frase semplice (➔ frasi nucleari). Più precisamente, si considera che un
referente testuale abbia la funzione di tema se, in una data situazione, la
proposizione è costruita attorno a tale referente, se cioè esprime informazioni
pertinenti per capire il modo in cui quel particolare referente è coinvolto in un
dato processo comunicativo.
In (3), l’incipit di un capitolo didattico dedicato alla descrizione del microscopio,
il tema delle due prime frasi è il microscopio, mentre il tema delle due
successive è rispettivamente un primo gruppo di lenti e un secondo gruppo di
lenti:
(3) Il microscopio permette di osservare oggetti molto piccoli, tanto piccoli da non
essere visibili ad occhio nudo. [sogg. sottinteso: il microscopio] È uno strumento
che funziona così: un primo gruppo di lenti, l’obbiettivo, ingrandisce l’oggetto da
vedere; un secondo gruppo di lenti, l’oculare, ingrandisce l’immagine creata
dall’obbiettivo.
Il rema è funzionalmente correlato al tema, e coincide in linea di massima con
quanto viene detto a proposito del tema. Se il tema è espresso da un soggetto
posto prima del verbo, il rema coincide col predicato (verbale o nominale) della
frase, unito agli eventuali elementi avverbiali. Nell’esempio precedente sono
rema rispettivamente:
(a) permette di osservare oggetti molto piccoli, tanto piccoli da non essere visibili
ad occhio nudo;
(b) è uno strumento che funziona così;
(c) ingrandisce l’oggetto da vedere;
(d) ingrandisce l’immagine creata dall’obbiettivo.
Una stessa frase può contenere più di un tema, come accade nell’esempio
seguente, che verte attorno a lei, cioè la zia Regina, e insieme attorno a Saba:

36
(4) Umberto cresce con la madre, che gestisce un negozio di oggetti usati, e con
due zie, una delle quali, la zia Regina dalla “dolce anima di formica”, gli sarà
prodiga di attenzioni e di aiuti. A lei, Saba dedicherà affettuosamente le prose
raccolte nel volume Ricordi-Racconti nel 1956.
Vi sono inoltre proposizioni prive di struttura tema-rema. Tali sono anzitutto le
frasi chiamate presentative , cioè quelle con un verbo zerovalente (piove) o con
le espressioni verbali c’è/ci sono, esiste/esistono (➔ argomenti; ➔ verbi;
➔ sintassi). A queste si aggiungono le frasi impersonali (5) e le frasi con verbi
monovalenti o plurivalenti i cui elementi argomentali seguono il predicato
verbale (6-7) (➔ inaccusativi, verbi):
(5) al giorno d’oggi si mangia sempre peggio
(6) è arrivata Maria
(7) ha scritto un articolo anche il mio collega
I componenti che fungono da tema e da rema non esauriscono
necessariamente l’intera proposizione. La struttura tematica può cioè essere
completata da indicazioni circostanziali: in (8) abbiamo un’informazione
temporale, in (9) un’informazione sulla fonte enunciativa della frase:
(8) Nell’ultimo decennio, l’industria si è sviluppata accanto al porto
(9) Secondo l’Accademia della Crusca, la forma Museo dell’olivo è preferita alla
forma Museo dell’ulivo: la parola ulivoè infatti sentita come regionale
La struttura tematica può essere completata anche da vari tipi di informazioni
poste in inciso nella frase (➔ incidentali, frasi), o tra tema e rema (10) o
all’interno della parte tematica e della parte rematica (11):
(10) Michela e Luca, data la situazione, hanno preferito cambiare casa
(11) Umberto cresce con la madre, che gestisce un negozio di oggetti usati, e
con due zie.
L’espressione linguistica del tema
Il tema, siccome si definisce in base alla situazione d’uso, non corrisponde a
componenti linguistici fissi e predeterminati. Nondimeno, soprattutto nella
➔ lingua scritta, esso ha alcune manifestazioni tipiche, che discendono dal suo
profilo comunicativo preferenziale: il tema è costituito tipicamente da referenti
testuali che si distinguono per una certa evidenza comunicativa (per es., sono
spesso dati) ed è caratterizzato da ‘precedenza logica’ rispetto al rema.
Tipicamente, dunque, il tema è espresso da:
(a) forme linguistiche ‘esili’ quali il ➔ soggetto sottinteso e i pronomi personali
➔ clitici (o atoni) appoggiati al predicato;
(b) sintagmi nominali (➔ sintagma nominale) posti prima del predicato, sicché,
per es., le probabilità che Mario abbia la funzione di tema sono molto maggiori
nella formulazione (12 a.) che in (12 b.):
(12)

37
a. Mario ha telefonato
b. ha telefonato Mario
Nel caso (b), la testa del sintagma può essere un pronome dimostrativo,
possessivo, indefinito, personale libero (o tonico), come in (13):
(13)
a. questo piace a me
b. il mio è rosso
c. tutti hanno partecipato
d. lui è l’uomo della sua vita
oppure un nome proprio (12a.) o un nome comune, di preferenza
accompagnato da un articolo determinativo (non indeterminativo).
Le regolarità espressive elencate qui sopra sono illustrate dal testo seguente:
(14) Benché chiusa e disabitata, la casa viveva. [soggetto sottinteso = la casa]
Viveva d’una vita irrequieta, allegra e tenera. Le rondini fedeli l’avvolgevano dei
loro voli, dei loro gridi, dei loro luccichii, di tutte le loro grazie e di tutte le loro
tenerezze, senza posa.
Il tema nella frase complessa
In un periodo ci sono tante strutture tematiche quante sono le proposizioni che
lo compongono. Di queste, solo una (a volte due) va considerata come la
struttura tematica principale. In ultima analisi decide, al solito, il contesto;
anche in questo caso si riscontrano tuttavia alcune tendenze.
Se la subordinata è una circostanziale (➔ subordinate, frasi) che precede la
reggente o è inserita al suo interno, il tema principale dell’enunciato è quello
della reggente:
(15) dato che la situazione è difficile, Maria ha deciso di licenziarsi
(16) Maria, dato che la situazione è difficile, ha deciso di licenziarsi
Quando la circostanziale segue la reggente, occorre sempre far riferimento al
contesto: se, per es., la frase complessa segue una domanda quale perché la
situazione è difficile?, la reggente è data e il tema principale è quello della
subordinata:
(17) la situazione è difficile perché Maria si è licenziata senza preavviso
Se la domanda è come va?, allora reggente e subordinata sono entrambe nuove
e l’enunciato ha due temi principali (la situazione e Maria).
Nel caso della coordinazione di frasi provviste di temi diversi, di solito entrambi
valgono come temi dell’enunciato (➔ paratassi):
(18) Maria è andata al cinema e Luca non è riuscito a incontrarla
Se la subordinata è una frase soggettiva (➔ soggettive, frasi), il tema
dell’enunciato è tipicamente il suo:
(19) è bello che tu sia qui

38
Se invece essa è un’oggettiva (➔ oggettive, frasi), non ci sono regolarità; la
scelta è in funzione del cotesto: se il discorso è centrato sul soggetto della
reggente, questo sarà il tema dell’enunciato; se invece il discorso riguarda in
generale il tema della subordinata, allora sarà questo a prevalere (➔ contesto).
La struttura tema-rema nel testo
La funzione di tema svolge un ruolo importante nell’organizzazione del testo.
Tale funzione è stata identificata, sin dai lavori della Scuola di Praga, con il
termine di progressione tematica. Con quest’espressione si intende il modo in
cui il testo cresce incrementando di continuo i temi degli enunciati che lo
costituiscono e delle relazioni che essi intrattengono con il cotesto immediato e
con i temi delle sue sezioni via via più ampie: capoversi, paragrafi, capitoli,
parti, eccetera.
L’organizzazione tematica globale del testo
Da un punto di vista tematico, un testo nella sua globalità può essere
considerato come «l’espansione di un insieme di temi ordinati gerarchicamente:
il Tema di fondo, il quale si sviluppa in sottotemi, e così via fino ad arrivare ai
temi delle frasi che lo compongono». Tale organizzazione globale coglie
un’importante componente della coerenza testuale: la sua unità referenziale
(➔ coerenza, procedure di).
L’organizzazione tematica locale del testo
Riguardo ai tipi di legame che il tema di una frase intrattiene col cotesto
immediato, si sono susseguite diverse proposte. Riducendo il fenomeno ai suoi
aspetti fondamentali, si può considerare che la progressione tematica locale di
un testo si definisca attraverso la combinazione di tre criteri diversi.
Il primo criterio riguarda il tipo di unità informativa che viene tematizzato. Si
ha allora:
(a) progressione con tema costante, quando viene messo a tema un tema
precedente, come nel caso seguente:
(20) Il microscopio permette di osservare oggetti molto piccoli, tanto piccoli da non
essere visibili ad occhio nudo [soggetto sottinteso: il microscopio]. È uno
strumento che funziona così
(b) progressione lineare, quando viene messo a tema un rema precedente o
una sua parte (esplicitamente nominata):
(21) Con il microscopio possiamo osservare le parti delle piante. Iniziamo con una
pelle di cipolla: essa infatti è sottile e si osserva con facilità
(c) tematizzazione di una coppia tema-rema o di una sequenza di tali coppie
informative, come in:
(22) I raggi del sole che giungono sui monti sono più caldi dei raggi di sole che
arrivano in pianura. Ciò è noto a tutti coloro che sono stati in montagna e che si
sono scottati la pelle malgrado le temperature molto basse.

39
Il secondo criterio riguarda la natura del legame tra i referenti posti in una
delle relazioni informative viste sopra. Tale legame può essere diretto, il che si
verifica quando antecedente e ripreso si riferiscono alla stessa entità; oppure
indiretto, quando il referente posto a tema si collega al cotesto passando per
una derivazione semantica, iscritta nel lessico (animale ← gatto) e contestuale,
mediata dalla conoscenza del contenuto del testo, della situazione o dal sapere
enciclopedico.
Nel testo seguente abbiamo un legame diretto, che specifica dunque come
diretta la progressione lineare che caratterizza il testo (la continuazione di 21):
(23) Vista attraverso il microscopio, la pelle di cipolla appare formata da piccoli
‘mattoni’ chiamati cellule. Queste cellule sono simili ma non identiche
In (24) abbiamo invece un legame indiretto (tra l’antecedente le celle e i temi il
pavimento e arredi), che specifica dunque come indiretta la progressione con
tema costante che caratterizza l’esempio:
(24) Le celle, diciamo un po’ delle celle. Il pavimento misura tredici palmi per
diciassette […]. Quanto ad arredi, c’è poco.
Il terzo criterio riguarda la distanza tra il tema e il suo antecedente: la
relazione è a contatto se riguarda due frasi immediatamente contigue (come in
23); a distanza in tutti gli altri casi. È così nel caso seguente in cui la ripresa
avviene dopo due capoversi; si tratta più precisamente di un caso di
progressione tematica costante, diretta e a distanza:
(25) La Stella alpina è una pianta perenne, raramente più alta di venti
centimetri, con un fusto eretto e legnoso […]. L’infiorescenza come in tutte le
composite è formata da capolini nei quali […]. La Stella alpina è ampiamente
diffusa dai Pirenei al Giura.
Il costituente che esprime il tema coinvolto nel fenomeno della progressione
tematica di tipo locale appartiene tipicamente alla classe delle anafore (e infatti
è così in tutti gli esempi visti finora), vale a dire a quelle forme linguistiche con
cui il parlante si richiama a un referente a cui ha già fatto riferimento nel suo
discorso (➔ anafora; ➔ anaforiche, espressioni). Vi sono tuttavia casi, più
marcati, in cui la progressione tematica sfrutta il fenomeno della
➔ catafora (➔ cataforiche, espressioni), come nel caso seguente:
(26) Lui che fa il professore s’è ritrovato nella parte dell’alunno. Naturalmente un
alunno speciale, sempre attento e preparato: esposizioni chiare e convincenti. La
manovra economica sarà equa, i poveri pagheranno assai meno dei ricchi, ecco le
misure a sostegno dell’occupazione [...]. L’esame a Giuliano Amato s’è concluso a
tarda ora nel gruppo parlamentare socialista a Montecitorio.
In questi casi, l’interpretazione dell’antecedente rimane in sospeso fin tanto che
esso non sia nominato esplicitamente nel cotesto successivo.

40
Tipi di progressione tematica

Il modo in cui tema e rema si susseguono nella concatenazione delle frasi dà


origine a diversi tipi di progressione tematica.
La progressione tematica è il modo con il quale vengono introdotti e ripresi gli
argomenti nello svolgersi del discorso. Vi sono diverse modalità di progressione
tematica.

a.Costante
Nella progressione a tema costante, le frasi si susseguono mantenendo lo
stesso tema.
La progressione tematica a tema costante è un formato di presentazione delle
informazioni molto semplice: si mantiene fermo l’argomento del discorso e si
aggiungono via via dei contenuti nuovi che lo riguardano. Mantenendo fisso
l’argomento del discorso si rischia però di essere monotoni se si usano
ripetizioni letterali, o imprecisi e artificiosi se si usano altri meccanismi di
ripresa

1.1.Il panda gigante è un animale che non  attacca né  l’uomo né altri animali,
anche se cerca sempre di tenere lontani i suoi cuccioli sia dagli uni che dagli altri.
Non lo si conosce molto nella sua vita libera, ma in cattività si dimostra
amichevole e festoso.
1.2.Caterina è una strana bambina. Lei ama i vestiti rosa e le scarpe gialle. Si
ferma incantata davanti alle vetrine a guardarli quando è a passeggio.
1.3.Il servizio asili nido e scuole d’infanzia è certamente il più rilevante tra quelli
erogati dal Comune. Esso occupa quasi un terzo dei dipendenti comunali ed è
caratterizzato dalla presenza di personale altamente qualificato.

b. Per riquadri

Nella progressione per riquadri sono introdotti più argomenti che vengono poi
sviluppati in sequenza. Si offre innanzitutto uno sguardo panoramico
sull’insieme e poi si affrontano gli elementi uno per uno.
2.1.L’analisi ha individuato due obiettivi strategici:
–Migliorare la qualità del servizio
–Ridurre i costi
Migliorare la qualità del servizio significa soprattutto renderlo più veloce, e
stabilire con gli utenti una comunicazione più efficace e soddisfacente.
Ridurre i costi significa migliorare le competenze interne e semplificare alcune
procedure.

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Per ragioni di chiarezza ed eleganza, è bene riprendere gli argomenti nello
stesso ordine in cui questi sono stati elencati.
2.2.Per raggiungere gli obiettivi di vendita, la nostra Società punta
essenzialmente su:
 Soddisfazione del cliente
 Rinnovamento della gamma di prodotti
 Ampliamento della rete di vendita
 Maggiori investimenti pubblicitari
 Potenziamento dell’organico
La soddisfazione del cliente, sia dal punto di vista del prodotto che dal punto di
vista del servizio, ci permette tra l’altro di contare sull’effetto “passaparola”: a
fronte di una forte fidelizzazione dei clienti Toyota, cresce l’interesse di nuovi
clienti potenziali che hanno più occasioni di raccogliere da vicini, fornitori, clienti,
conoscenti, etc., ottime referenze sul prodotto, creando evidenti potenzialità
commerciali da cogliere.
Il rinnovamento della gamma di prodotti viene fatto sempre con grande
attenzione alla qualità. E’ prevista, tra l’altro, per maggio 2003 l’introduzione sul
mercato della nuova serie di carrelli frontali elettrici a 3 ruote, che va a
completare la “Serie 7”, e cioè i prodotti di ultima generazione.
La rete di vendita sarà ulteriormente rafforzata, in particolare nel Veneto, in
Lombardia ed in Emilia, aree di mercato evidentemente forti. E’ atteso
l’inserimento di almeno 5 nuovi Dealer autorizzati, selezionati tra le migliori
società oggi operanti sul mercato.
Gli investimenti pubblicitari nel 2003 aumenteranno ulteriormente, insieme a
quelli del marketing in genere, e si punterà ad accrescere la nostra presenza sui
media del settore.
L’organico, nelle funzioni di vendita e di supporto tecnico, sarà potenziato. Si
prevede conseguentemente un ulteriore ampliamento dell’organico in
amministrazione, alla luce dell’incremento dei volumi di fatturazione.

c. Lineare
3.1.Abbiamo trovato un bell’esemplare di geco. Se ne stava immobile sulla
parete più fresca della casa in riva al mare. L’acqua rifletteva una splendida
luna piena. Grazie a questa potevamo camminare sul sentiero fra le rocce con
passo piuttosto svelto.
3.2.Ernesto vorrebbe giocare con suo fratello Bartolomeo. Bartolomeo preferisce
inseguire il gatto. Il gatto vorrebbe solo dormire.

d. Ipertema o Iperrema/ Tema o Rema dissociato

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Nella progressione per derivazione da ipertema si introduce un argomento e lo
si scompone in sottoargomenti, che vengono poi sviluppati uno per uno. La
relazione argomento-sottoargomento viene ricostruita dal lettore, grazie alle
conoscenze che già possiede.
4.1.Buona compatibilità ambientale è stata dimostrata anche dalle installazioni
in lamiera ondulata: il materiale impiegato è recuperabile e completamente
riciclabile; la rapidità di montaggio limita inoltre la durata dei cantieri,
contenendo i disagi che ne derivano; le strutture sono snelle e facilmente
integrabili nel paesaggio con semplici mitigazioni.
Questo modo di procedere  nella concatenazione dei temi richiede al lettore uno
sforzo integrativo: è necessario infatti che sappia identificare i temi più specifici
come sottotemi del tema principale.
4.2.La gita è stata perfetta. Alla partenza abbiamo trovato, puntuale, un pullman
di ultima generazione. Il viaggio non ci ha riservato sorprese. Le soste sono state
brevi e ben distribuite. La nostra guida era molto simpatica e competente. Al
rientro le strade erano libere e siamo arrivati in perfetto orario.
4.3.La città sembrava una città fantasma quella notte. I quartieri erano immersi
in un profondo silenzio. Le vie erano deserte. Le finestre delle case senza luci.
4.4. (Iperrema – dissociato) Giovanna oggi andrà al cinema con Luca e Maria.
Luca vorrebbe vedere una commedia. Maria preferisce i film d’azione.

e. A salti
6.Un cane attraversava lentamente il sentiero. I rami degli alberi erano spogli. Il
freddo aveva ghiacciato la superficie del laghetto.

9. TIPOLOGIE DI TESTI

1. IL TESTO DESCRITTIVO

Una possibile definizione di testo descrittivo

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Il testo descrittivo presenta le caratteristiche di persone, animali, oggetti e
ambienti attraverso i cinque sensi: vista (occhio), gusto (bocca), udito
(orecchio), tatto (mano), odorato (naso)

Il testo descrittivo mostra, attraverso un’attenta osservazione, come è fatta una


cosa (un luogo, una persona, un animale), evidenziandone le caratteristiche, le
qualità, gli aspetti distintivi, allo scopo di fornirne un’immagine chiara e
completa.
L’obiettivo principale di un testo descrittivo è informare: è il caso delle
descrizioni tecniche e scientifiche presenti nelle enciclopedie, nei manuali, nei
dizionari, nelle guide.
Accanto a questo obiettivo, però, se ne possono perseguire altri come
influenzare il destinatario (colui a cui è indirizzato il testo), positivamente o
negativamente, circa l’oggetto della descrizione.  Il testo viene in questo caso
usato a scopo prevalentemente persuasivo. A questa categoria appartengono i
testi pubblicitari, che pongono in evidenza le qualità del prodotto e ne omettono
i difetti, allo scopo di indurre il destinatario  ad apprezzare il prodotto in
questione a scapito di altri.
Nel caso in cui domini invece l’esigenza di esprimere, attraverso una
descrizione, sentimenti, emozioni o stati d’animo, prevale lo scopo espressivo.
Questa tipologia di testi è molto diffusa in tutti gli ambiti della vita sociale.
Spesso si trovano  inseriti all’interno di un testo narrativo, espositivo o
argomentativo. Qualunque testo giornalistico, pubblicitario, manuale
scientifico, ecc… contiene, infatti, una o più parti descrittive.

La struttura del testo descrittivo

I testi descrittivi, pur variando tra loro a seconda dell’oggetto descritto, della
situazione comunicativa e dello scopo per cui sono prodotti, presentano, nella
loro struttura, alcune caratteristiche generali:
- il referente, cioè la cosa, la persona o l’animale descritto;
- le qualità e le parti, cioè gli elementi del referente  che vengono elencati
durante la descrizione. Per offrire un quadro chiaro dell’oggetto è necessario
che si facciano riferimenti precisi alle varie parti di cui è composto e alle qualità
che lo contraddistinguono.

Le caratteristiche dello stile di un testo descrittivo

Le principali caratteristiche di un testo descrittivo da un punto di vista


linguistico sono le seguenti:
- l’uso degli indicatori spaziali: avverbi, preposizioni, locuzioni avverbiali
(davanti, dietro, in basso, in alto, a sinistra, a destra, ecc…), indispensabili nella

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descrizione di un luogo, di una persona, per la collocazione di un oggetto nello
spazio e per la definizione delle parti che lo compongono;
- l’uso degli aggettivi, che indicano le qualità del referente;
- l’uso di frasi brevi, per una maggiore chiarezza della descrizione;
- l’uso dei verbi all’indicativo presente e imperfetto, cioè dei cosiddetti tempi
durativi, che permettono di esprimere azioni che durano nel tempo;
- ricchezza e varietà nell’uso dei termini, indispensabile per fornire
un’immagine chiara e precisa del referente e delle parti che lo compongono.

Le tecniche della descrizione

A secondo del soggetto da descrivere, dello scopo e del destinatario, variano


anche le tecniche della descrizione stessa.
Un elemento discriminante è sicuramente il punto di vista da cui si sceglie di
osservare e descrivere la realtà (una finestra su un cortile, l’ultimo piano un
palazzo, il centro di una piazza).
Si può poi scegliere un criterio particolare di ordine, spaziale o gerarchico,
in base al quale impostare la descrizione. Nel primo caso si procederà dall’alto
verso il basso o viceversa, da sinistra a destra o da destra a sinistra; nel
secondo caso si può partire da una visione d’insieme per giungere all’analisi dei
particolari dell’immagine o viceversa.

Esempio:
L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La
piazza era silenziosa nel grigio dell’alba, sfilacce di nebbia ai campanili della
Matrice; solo il rombo dell’autobus e la voce del venditore di panelle, panelle
calde panelle, implorante ed ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l’autobus si
mosse con un rumore di sfasciume.

Questa descrizione di una piazza e della partenza di un autobus è realizzata in


modo assolutamente oggettivo e impersonale, secondo un criterio di ordine che
procede dall’esterno (piazza) all’interno (autobus).
Un altro elemento importante attraverso cui viene costruita la scena è la
presenza delle sensazioni uditive che contribuiscono a creare un’immagine viva
e dinamica davanti ai nostri occhi di lettori.
L’udito, l’olfatto, il gusto, il tatto, oltre naturalmente alla vista, sono i canali
attraverso cui percepiamo il mondo che ci circonda e i messaggi che la realtà
esterna ci invia. E’ inevitabile quindi che i nostri sensi rimangano coinvolti nel
momento stesso in cui descriviamo qualcosa.
Il testo descrittivo si trova spesso inserito all’interno di altri testi. E’ il caso di
romanzi e racconti nei quali abbondano le descrizioni di luoghi e personaggi sia
nei loro tratti fisici che caratteriali.
Esempio:
[…] I suoi abiti erano miseri: un vestito di tela, un vecchio velo sbiadito e sandali
con le suole consunte, ma si era avvolta nel velo in modo far risaltare la figura

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slanciata, il sedere sporgente, il petto formoso, le gambe ben fatte e aveva
lasciato scoperta la riga dei capelli neri e il volto abbronzato e grazioso. […] Non
aveva famiglia, né mezzi, ma non perdeva mai la fiducia in se stessa. tanta
sicurezza era probabilmente dovuta alla sua grande bellezza, ma non era questo
l’unico motivo. Era forte per natura e quella forza non l’abbandonava un solo
istante. I suoi splendidi occhi tradivano a volte questo sentimento rendendola
meno attraente per alcuni e molto più per gli altri. Era continuamente tormentata
da un imperioso bisogno di dominio che si manifestava ora nel desiderio di
sedurre, ora nel tentativo di spuntarla sulla madre, e che appariva nel suo
aspetto peggiore quando litigava e si azzuffava con le comari del Vicolo, tanto che
tutte la detestavano e la calunniavano

Quando si descrive una persona, si deve tenere conto di:


- chi è
- come si chiama
- aspetto fisico, (dalla testa ai piedi)
- abbigliamento
- il carattere: qualità e difetti
- il temperamento, indole o animo
- i suoi interessi
- quali sentimenti suscita.

Quando si descrive un animale, si deve tenere conto di:


- che animale è
- come si chiama
- ambiente in cui vive
- caratteristiche fisiche
- da cosa è ricoperto il suo corpo
- versi che produce
- il comportamento
- il rapporto che ha con te
- quali sentimenti suscita

Quando si descrive un ambiente, si deve tenere conto di:


- informazioni provenienti dai 5 sensi:
- descrizione del primo piano
- descrizione del secondo piano
- descrizione dello sfondo
- colori
- suoni e rumori
- odori e profumi
- temperature

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- sensazioni e stati d'animo

Quando si descrive un oggetto, si deve tenere conto di:

- delle informazioni provenienti dai 5 sensi:


- con la vista
- con il gusto
- con l’udito
- il tattoo
- l’odorato
- del posto dove si trova
- la posizione (gli indicatori spaziali)
- sensazioni e gli stati d’animo che suscita

Descrizione soggettiva e oggettiva

 La descrizione può essere fatta in modo personale (soggettivo) o in modo


impersonale (oggettivo).
Nella descrizione soggettiva l’autore propone il referente della descrizione
(cioè l’oggetto descritto) dal suo personale punto di vista; ne dà una
rappresentazione filtrata attraverso il suo particolare modo di vedere e di
sentire la realtà che lo circonda, nell’intento di suscitare analoghe emozioni nel
destinatario. Lo scopo principale di un testo di questo tipo è
evidentemente persuasivo o emotivo.
Esempio

Non avevo mai visto niente di più bello. Era perfetta, ancora più affascinante di
come l’avevo immaginata. Alcune settimane prima, quando l’avevo vista su
quella fotografia, mi avevano colpito la linea snella e i colori brillanti, che
facevano risaltare le sue forme armoniose. Ora lei era davanti a me: immobile,
sicura di sé, che mi guardava. Ero così emozionato che non riuscivo ad
avvicinarmi. Mi chiedevo se quella che stavo vivendo era una situazione reale o
uno straordinario sogno, che si sarebbe dissolto poco dopo, per sempre. Chiusi
gli occhi, li riaprii. Lei era ancora lì: splendente. La guardai, prima di avvicinarmi,
in ogni dettaglio: nella realtà era più grande e meno leggera di come appariva in
fotografia, ma non per questo meno proporzionata; mi appariva elegantissima,
curata in ogni particolare. Mi feci coraggio e mi accostai, dicendole che il suo
arrivo mi riempiva di felicità. Lei, muta, mi faceva capire che sarebbe stata per
me una amica fedele e una inseparabile compagna di viaggio. L’avevo desiderata
tanto ed ora era mia: era la mia nuova moto.1998)

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Nella descrizione oggettiva l’autore non esprime emozioni o giudizi personali,
presenta il referente in modo impersonale e oggettivo. Lo scopo preminente di
questo tipo di descrizione è quello informativo.
Esempio:
La regione Marche, collocata nell’Italia centrale, è bagnata, ad est, dal mare
Adriatico e confina a nord con L’Emilia Romagna e la Repubblica di San Marino,
ad ovest con la Toscana e l’Umbria, a sud con l’Abruzzo e il Lazio. Il suo territorio
(10 chilometri quadrati circa) è suddiviso fra quattro province: Pesaro, Urbino,
Ancona, Macerata, Ascoli Piceno. Ancona è il capoluogo delle Marche.
Lo sviluppo delle vie di comunicazione è la condizione fondamentale per il
raggiungimento di questa meta. Il principale asse stradale, autostradale e
ferroviario si snoda lungo la costa adriatica e a esso fanno capo importanti
arterie trasversali, che mettono in comunicazione il versante adriatico con quello
tirrenico.

Schema per descrivere bene una persona

Presentazione:
Nome, età, chi è, che lavoro/attività fa.

Dati fisici
1) Altezza e corporatura
Alto, basso, di media altezza, snello, magro, secco, robusto, tarchiato,
grasso, cicciottello, florido, formosa, ….
2) Viso
- Aspetto fisico: liscio, rugoso, ovale, rotondo, triangolare, paffuto, smunto…
- Che mostra l’umore o parte del carattere : luminoso, solare, simpatico,
gioioso, sereno, preoccupato, triste, arcigno, imbronciato, misterioso,
arrabbiato…
3) Capelli
Corti, lunghi, tipo di pettinatura (arruffati, a spazzola, crocchia, treccia,
codini, con la riga,…), colore (neri…, brizzolati, tinti, lucidi, opachi…), ricci,
lisci, ondulati, crespi, mossi…
4) Occhi
- Aspetto fisico: colore (chiari, scuri, luminosi), forma (rotonda, allungata, a
mandorla, occhi bovini), grandezza (grandi, piccoli…), ciglia (folte, rade) …
- Che mostrano l’umore o il carattere: occhi sereni, allegri, brillanti di gioia,
tristi, addormentati, abbassati (imbarazzo, vergogna, timidezza),
inespressivi, persi nel vuoto…; sguardo: sorridente, fisso, fermo, sincero,
sfuggente, torvo, indagatore, accusatore, arrabbiato, indignato, insolente,
malizioso, curioso, perplesso…
5) Naso, orecchie
Colore (es. naso rosso di un ubriaco), forma (naso a patata, a punta,
all’insù…), dimensioni (grande, piccolo, sottile), particolari (es. orecchini).

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6) Bocca
- Aspetto fisico: forma delle labbra e della bocca (allungata, a cuore…),
grandezza (grande, piccola, labbra carnose, labbra sottili…)
- Che mostra l’umore o il carattere : sorridente, aperta in una risata, con un
sorriso aperto, imbronciata, incurvata (all’ingiù), tirata (labbra strette e
tirate verso l’esterno), …
7) Corpo: varie parti:
 spalle (dritte, incurvate, strette, larghe…)
 braccia (lunghe, corte, muscolose, magre,…)
 mani (piccole, tozze, con le dita corte, lunghe, con anelli…)
 petto e ventre (petto ampio, formoso, ventre prominente, pancia grossa,
ventre piatto…)
 gambe (lunghe, corte, slanciate, sottili, grosse, grassocce, muscolose,
magre, …)
 piedi (lunghi, piccoli)…..
8) Abbigliamento:
 in generale: curato, trasandato, elegante, casual, sportivo, ordinato,
pulito….
 In particolare: abiti indossati nel giorno della descrizione o abiti indossati
spesso: tipo, forma, dimensioni, colore, particolari, scarpe…

Dati caratteriali

1) Carattere
Si possono usare gli aggettivi che seguono (e molti altri) per spiegare com’è
una persona: espansivo, socievole, amichevole, gioviale, spensierato,
esuberante, estroverso, sognatore, romantico, attivo, altruista, generoso,
mite, tranquillo, timido, sereno, pacifico, pratico, riflessivo, solitario, chiuso,
introverso, apatico, svogliato, pigro, fannullone, permaloso, irascibile,
egoista, avaro…
2) Umore
Si può dire di che umore è solitamente la persona (es. ”Di solito la mia
mamma è una persona serena), Di buon umore, allegro, gaio, contento,
felice, sereno, entusiasta, soddisfatto, divertito, orgoglioso, annoiato, triste,
disperato, cupo, nero, depresso, apatico, permaloso, irascibile, bisbetico,
preoccupato, insoddisfatto, deluso, arrabbiato, …
3) Qualità e difetti
Di questo si può aver già parlato quando si parlava del carattere e/o
dell’umore (Es. “La sua qualità più bella è che è una persona sempre allegra
e sorridente”).
4) Comportamento e abitudini
 Si può descrivere come si comporta la persona in diversi ambienti e
situazioni: a casa, a scuola, in palestra, in giardino, con i genitori, con i
figli, con gli alunni, con gli amici, di fronte a una difficoltà, di fronte a un
problema, a un lavoro da fare, e così via.

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 Si possono descrivere le abitudini della persona, anche in riferimento
ai suoi gusti e interessi illustrando tutte le cose che fa “di solito”, per
esempio: “di solito al pomeriggio fa merenda e poi ama giocare a calcio
con gli amici” oppure “di solito il mio papà, quando rientra in casa, mi
chiede com’è andata la scuola e legge il mio diario”, eccetera.
5) Gusti e interessi
 Gusti: si possono scrivere le cose che piacciono alla persona relative a:
cibi, attività scolastiche, sport, colori, animali, programmi televisivi, libri,
film e tutto ciò che voi volete, spiegando (se lo si conosce) il perché
piacciono queste cose (per esempio: “Le piacciono i viaggi, perché può
vedere posti nuovi e capire come vivono le altre persone nel mondo”).
 Interessi: si può descrivere cosa interessa alla persona e,
eventualmente, il perché (per esempio, “Si interessa molto di cucina,
perché le piace preparare dei buoni piatti”).
6) Conclusioni
Al termine di una descrizione, si possono mettere delle conclusioni relative
al nostro rapporto con la persona descritta.
 Noi stessi: cosa cambieremmo in noi, cosa vogliamo migliorare, cosa ci
piacerebbe diventare, cosa crediamo che gli altri pensino di noi,
eccetera…
Gli altri: cosa vorremmo che cambiassero, cosa pensiamo di loro, che rapporto
vorremmo avere nel futuro con queste persone, ecc.

TESTI LETTERARI E TESTI NON LETTERARI

I testi, accomunati comunque dalle caratteristiche di completezza, coerenza e


coesione, si distinguono tra di loro a seconda dei bisogni comunicativi
dell'emittente e dell'argomento che trattano. Dunque, in relazione alle finalità
per le quali vengono prodotti, i testi si possono dividere in due gruppi:

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- testi letterari: non presentano evidenti ed immediati intendimenti pratici
bensì estetici ed artistici e si basano su un linguaggio polisemico; costituiscono
una testimonianza dell'esperienza di coloro che li producono e quindi ci
consentono anche di conoscere il mondo e di farci riflettere su di esso.
Nei testi letterari vengono sfruttate tutte le risorse espressive della lingua
anche al fine di valorizzare il contenuto. Di tale tipologia testuale va fatta una
lettura di tipo connotativo in quanto nei testi letterari il significato delle parole
è sempre più ampio rispetto a quello letterale.
Esistono tre tipi fondamentali di testo letterario: quello narrativo, quello
poetico e quello teatrale.

- testi non letterari o pragmatici: hanno un carattere pratico, un'utilità


immediata e per questo vengono definiti “testi d'uso”; vengono infatti prodotti al
fine di informare, ordinare, convincere, interpretare, descrivere, commentare
ecc.; si riferiscono, in genere, a fatti realmente accaduti, si basano su un
linguaggio univoco e richiedono una lettura di tipo denotativo in quanto il
lettore può comprendere il messaggio limitandosi a cogliere il significato più
diretto ed immediato che le parole hanno nell'uso. In tale tipologia testuale,
dunque, il rapporto tra significante e significato è piuttosto rigido.

2. IL TESTO NARRATIVO

La struttura

Il testo narrativo è un testo che racconta una storia, cioè una serie di
avvenimenti riguardanti uno o più personaggi. Gli elementi essenziali di una
storia sono:
• i personaggi;
• le azioni che essi compiono;
• lo spazio, cioè i luoghi in cui si svolgono le vicende;
• il tempo durante il quale si svolgono le azioni.
Questi quattro elementi si trovano in tutti i testi narrativi, indipendentemente
dal genere cui appartengono: fiaba, favola, leggenda, racconto o romanzo.
Tutti i testi narrativi, pur presentando caratteristiche proprie particolari, hanno
una struttura simile, articolata in tre parti: inizio, sviluppo (o svolgimento) e
conclusione.
L’inizio è il punto di partenza della storia narrata; per questo contiene
informazioni sul protagonista, sull’ambiente in cui vive, sull’epoca in cui si
svolgono i fatti e soprattutto sulla situazione in cui egli si trova.
Lo sviluppo della storia racconta le azioni del protagonista: di solito, vengono
narrati I tentativi che compie per raggiungere il suo scopo, gli ostacoli che deve
affrontare, l’incontro con nuovi personaggi ecc.

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La conclusione della storia presenta la situazione finale, in cui il protagonista
raggiunge il suo scopo e risolve il suo problema, oppure è costretto ad accettare
il fallimento, un cambiamento in negativo...
Questa struttura-tipo, facilmente individuabile nelle fiabe e nei racconti brevi,
si trova anche nelle opere più complesse, come i grandi romanzi.

L’analisi

I testi narrativi sono scritti essenzialmente per essere letti, per soddisfare quel
bisogno radicato nell’uomo di sognare a occhi aperti e di vivere avventure. Il
racconto, però, è anche altro: è una comunicazione molto ricca e complessa
che si stabilisce tra l’autore e il lettore, è un messaggio molto articolato che
bisogna imparare a smontare e analizzare. Per capire come funziona un testo
narrativo occorre:
• individuare le sequenze;
• distinguere la storia dall’intreccio;
• analizzare i personaggi e le azioni;
• analizzare il tempo e lo spazio;
• analizzare lo stile narrativo dell’autore.

Le sequenze

Per analizzare correttamente la costruzione e lo sviluppo di una storia, è


opportuno suddividere il testo in parti più piccole, individuando le sequenze
narrative. Ogni sequenza deve avere un’unità di contenuto, deve cioè
sviluppare una porzione di storia che può considerarsi compiuta: presentazione
di un personaggio, descrizione di un luogo, narrazione di un fatto, spiegazione
di certi fenomeni, ecc.

I segnali che indicano il passaggio da una sequenza all’altra sono:


• il cambiamento di luogo;
• il cambiamento di tempo;
• l’entrata o l’uscita di scena di un personaggio;
• l’inserimento di un nuovo tipo di narrazione (dialogo, descrizione, riflessione).

La divisione in sequenze non è mai rigida: per ogni testo si possono fare
scelte diverse, a seconda di ciò che si vuole mettere in evidenza e, quindi, il loro
numero può variare. L’unica regola da rispettare è quella che ogni sequenza
deve costituire una parte unitaria del racconto.
Secondo il contenuto e le modalità di esposizione, una sequenza può essere:
•narrativa quando presenta ciò che accade nella vicenda;
•descrittiva quando contiene la descrizione di un ambiente, di un oggetto, di
un personaggio o i particolari di un’azione;
•riflessiva quando contiene le riflessioni, le idee, le osservazioni dei personaggi
o del narratore;

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•dialogata quando riferisce esattamente le parole dei personaggi, in forma di
discorso diretto.
Questi tipi di sequenze, variamente presenti in ogni testo, scandiscono il ritmo
del racconto.
Una prevalenza di sequenze narrative e dialogate, per esempio, darà vita a un
racconto ricco di fatti, che scorre rapido, come il seguente testo.

“C’è pieno di trote,” disse uno degli uomini.


“Se buttiamo dentro una bomba vengono tutte a galla a pancia all’aria,” disse
l’altro; si levò una bomba dalla cintura e cominciò a svitare il fondello. Allora
s’avanzò il ragazzo che li stava a guardare, un ragazzotto montanaro, con la
faccia a mela.
“Mi dai,” disse e prese il fucile a uno di quegli uomini.
“Cosa vuole questo?” disse l’uomo e voleva togliergli il fucile. Ma il ragazzo
puntava l’arma sull’acqua come cercando un bersaglio. “Se spari in acqua
spaventi i pesci e nient’altro”, voleva dire l’uomo ma non finì neanche. Era
affiorata una trota, con un guizzo, e il ragazzo le aveva sparato una botta
addosso, come l’aspettasse proprio lì. Ora la trota galleggiava con la pancia
bianca.
“Cribbio,” dissero gli uomini.
(da I. Calvino, Ultimo viene il corvo)

Le descrizioni e le riflessioni, invece, rappresentano delle pause, che bloccano o


rallentano lo sviluppo della storia. Ecco come continua il testo precedente.

Il ragazzo ricaricò l’arma e la girò intorno. L’aria era tersa e tesa: si


distinguevano gli aghi sui pini dell’altra riva e la rete d’acqua della corrente.
Una increspatura saettò alla superficie: un’altra trota. Sparò: ora galleggiava
morta. Gli uomini guardavano un po’ la trota un po’ lui.
“Questo spara bene,” dissero.
Il ragazzo muoveva ancora la bocca del fucile in aria. Era strano, a pensarci,
essere circondati così d’aria, separati da metri d’aria dalle altre cose. Se
puntava il fucile invece, l’aria era una linea diritta e invisibile, tesa dalla bocca
del fucile alla cosa, al falchetto che si muoveva nel cielo con le ali che
sembravano ferme. A schiacciare il grilletto l’aria restava come prima
trasparente e vuota, ma lassù all’altro capo della linea il falchetto chiudeva le
ali e cadeva come una pietra. Dall’otturatore aperto usciva un buon odore di
polvere.

Dal dosaggio equilibrato dei vari tipi di sequenze dipende il risultato espressivo
di un testo narrativo.

La fabula e l’intreccio

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Uno degli elementi fondamentali per l’analisi di un testo narrativo è l’ordine in
cui vengono narrati i fatti.
In alcuni testi, i fatti sono narrati in successione logico-temporale, cioè seguendo
l’ordine in cui sono accaduti, dall’inizio alla fine.
In altri, l’autore non rispetta l’ordine logico - temporale, ma racconta i fatti come
preferisce, anticipando alcuni avvenimenti futuri (anticipazione) o
ricostruendo avvenimenti del passato (flash-back o retrospezione).
La semplice successione degli eventi in ordine cronologico si chiama storia o
fabula; la ricostruzione fatta dall’autore si chiama intreccio.
I racconti in cui la storia e l’intreccio coincidono (le fiabe, i miti...) sono più
facili da ricordare, perché costruiti secondo lo schema della realtà. Quando il
narratore, invece, altera l’ordine naturale dei fatti, l’intreccio non coincide con
la storia; con le anticipazioni e le retrospezioni, egli riesce ad avvincere il lettore
suscitandone l’interesse e la partecipazione emotiva. L’intreccio è l’elemento
fondamentale per la costruzione dei gialli, dei thriller e dei racconti di suspense.

I personaggi

I personaggi sono l’elemento più importante della storia, in quanto con le


loro azioni determinano gli eventi. Essi calamitano l’attenzione del lettore, che
spesso giunge a immedesimarsi in questo o in quel protagonista.
I rapporti che i personaggi stabiliscono tra loro, con gli oggetti e con gli
ambienti, rappresentano la trama, cioè tutto l’intreccio che costituisce
l’argomento di una narrazione.
In ogni testo narrativo, i personaggi sono divisi secondo l’importanza, il ruolo
e la funzione.
Per quanto concerne l’importanza, possiamo distinguere tra:
• personaggi principali, che sono al centro della vicenda e che il narratore
descrive in modo completo;
• personaggi secondari, che affiancano i primi nelle loro azioni e
contribuiscono a modificare, in qualche modo, lo svolgimento della vicenda;
• comparse, che non hanno alcuna influenza sugli avvenimenti.
In base al ruolo e alla funzione che i personaggi svolgono, possiamo
distinguere:
• il protagonista (o eroe), cioè il personaggio intorno a cui ruota tutta la storia
e che l’autore descrive nell’aspetto, nel carattere, nelle abitudini, nei pensieri...;
• l’antagonista, cioè il “cattivo” di turno, che, con le sue azioni, ostacola il
protagonista.
Gli altri personaggi sono spesso schierati dalla parte del protagonista o
dell’antagonista; pertanto essi assumono il ruolo di:
• aiutanti, quando intervengono a favore del protagonista;
• oppositori, quando contrastano l’azione del protagonista.
A volte compaiono sulla scena anche dei falsi aiutanti.

Le azioni

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Ciascun personaggio si caratterizza per come è (aspetto fisico e psicologico) e
per ciò che fa (le azioni che compie). Poiché nella finzione narrativa si possono
ricostruire le più svariate esperienze dell’uomo, è possibile rappresentare una
serie praticamente infinita di azioni e situazioni. La maggior parte dei testi
narrativi ha una struttura pressoché identica, che si articola intorno ai
seguenti punti:
• situazione iniziale, in cui viene raccontato l’inizio della vicenda;
• rottura dell’equilibrio iniziale, a causa di un danno ricevuto dal
protagonista, di un bisogno o di un desiderio che egli vuole realizzare;
• sviluppo della vicenda, attraverso eventi che possono comportare un
ulteriore peggioramento o un miglioramento della situazione iniziale;
• situazione finale, in cui può avvenire la ricomposizione dell’equilibrio iniziale
(finale logico, lieto o triste), oppure la creazione di una nuova situazione,
diversa da quella iniziale
(finale a sorpresa o finale aperto).
La narrazione, dunque, copre uno spazio d’azione che va da una situazione
iniziale a una
situazione finale, descrivendo un processo di trasformazione. In questa
modificazione c’è
tutta la consistenza di un racconto.

Il tempo

Le vicende di una storia si sviluppano in una certa successione, coprendo un


tempo determinato.
Si può considerare il tempo da vari punti di vista. Per quanto riguarda l’epoca
in cui l’autore situa la vicenda, non ci sono problemi. Il periodo storico del
racconto, infatti, può essere indicato esplicitamente:

È questo il nostro scenario, la data della nostra storia è verso la fine del regno
di Riccardo I, quando il suo ritorno dalla lunga prigionia era divenuto piuttosto
un desiderio che una speranza per i suoi disgraziati sudditi...
(da W. Scott, Ivanhoe)

oppure può essere espresso in modo indefinito:

C’era una volta una donna che non aveva marito, e da molti giorni viveva
angustiata. Un giorno si disse: “Perché mi sento sempre così angustiata? E
perché non ho né figli né marito. Ora vado dallo stregone...”
(da Fiabe dal mondo)

Più attenzione richiede l’analisi del tempo interno della narrazione. In questo
caso, bisogna stabilire:
• la durata della storia: un’ora, un giorno, un anno, una vita...;

55
• il tempo verbale della narrazione: nella maggior parte dei casi le storie
vengono narrate
al passato, perché così i fatti sembrano realmente accaduti; altre volte, le storie
vengono narrate al presente, come se le vicende si svolgessero sotto gli occhi
del lettore; più raramente, lo scrittore sceglie di raccontare tutta la storia al
futuro;
• la velocità della narrazione, che dipende non solo dalle tecniche usate
(narrazione, descrizione, flash-back, anticipazione...) ma soprattutto dalle
scelte dell’autore, il quale può raccontare un evento fin nei particolari più
minuti, impiegando decine di pagine, oppure riassumere un periodo
lunghissimo in una sola riga (Dieci anni dopo...).

Lo spazio

Ogni storia ha una collocazione nello spazio, cioè in luoghi e ambienti definiti,
entro i quali
agiscono i personaggi. L’ambiente in cui si svolge la narrazione può essere
assai vario: all’aperto o al chiuso, in uno spazio ristretto o ampio; può trattarsi
di un luogo reale, cioè descritto dall’autore in modo verosimile, oppure
fantastico, immaginario.
In ogni caso, i luoghi e gli ambienti assumono un ruolo essenziale per lo
svolgimento della
vicenda. Per esempio, un vecchio maniero è lo spazio ideale per una storia di
fantasmi, un luogo solitario è lo scenario giusto per un delitto e così via.
Lo spazio, inoltre, serve all’autore per sottolineare alcuni tratti psicologici e
comportamentali
dei personaggi e far emergere la loro personalità.

Lo stile narrativo

L’autore può raccontare una storia in tanti modi: manipolando l’intreccio,


scegliendo un determinato ritmo narrativo e utilizzando specifiche tecniche
linguistiche.
Tutti insieme, questi elementi caratterizzano il suo stile narrativo.
Dell’intreccio e del ritmo si è già parlato; qui verranno puntualizzate le
tecniche linguistiche.
Anzitutto la trama può essere narrata:
•in prima persona, se l’autore stesso è, o finge di essere, uno dei personaggi;
in questo caso, la narrazione è ricca di impressioni, pensieri, riflessioni...;
•in terza persona, se il narratore è al di fuori dei fatti; in questo caso, la
narrazione diventa oggettiva e impersonale.
L’autore, inoltre, può fare uso:
•del discorso diretto, sia quando ci sono i dialoghi sia quando ci sono i
monologhi;

56
•del discorso indiretto, riferendo le parole dei personaggi (rispose che... disse
che...).
Un altro fattore determinante dello stile narrativo è dato dalle scelte
linguistiche: sia lo scrittore sia i personaggi, infatti, possono usare una lingua
corrente (registro informale) oppure una lingua sostenuta (registro formale).
Nei testi letterari moderni, però, l’alternativa non è così drastica: in uno stesso
racconto si possono trovare diversi registri linguistici.
Per concludere tutto il discorso fatto sul testo narrativo, viene proposta, qui di
seguito, una
griglia per la sua analisi.

Griglia di lettura di un testo narrativo

L’analisi...

–con la comprensione del contenuto, attraverso un’attenta lettura


del testo;
inizia –con la suddivisione del testo in sequenze, per individuare gli
eventi fondamentali (fabula) e le modalità narrative usate
dall’autore (intreccio);

–analizzando in modo dettagliato gli elementi fondamentali del


testo, che riguardano: – il tempo / – lo spazio / – i personaggi

si sviluppa –individuando le tecniche usate dal narratore per costruire il


testo (stile narrativo);

si conclude –formulando alcune riflessioni e considerazioni personali, per


giungere a un giudizio critico

57
3. TESTO INFORMATIVO-ESPOSITIVO

Che cos’e’?
E’ un testo che ha come funzione dominante l’informazione

Pompei a Trieste
Si apre oggi a Trieste, nelle scuderie del castello di Miramare, la mostra “Storie
da un’eruzione. Pompei, Ercolano, Oplontis”, che fino al 31 ottobre proporrà un
percorso attraverso il cataclisma del 79 dopo Cristo. Si tratta della rassegna che
ha già ottenuto grande successo nel 2003 a Napoli e più di recente a Bruxelles.

A cosa serve?
Ha la scopo di fornire informazioni, dati e notizie su un argomento o di
illustrare i risultati di una ricerca o un progetto

Venere e la sua compagna


Tra i fantasmi del Sistema Solare – corpi celesti inesistenti ma che gli astronomi
hanno creduto di scoprire – c’è anche la luna di Venere. Nel 1672 Giovanni
Domenico Cassini vide un satellite intorno al pianeta. Nel dubbio, tenne la cosa
per sé. Ma quando, 14 anni dopo, lo notò di nuovo, si decise ad annunciare la

58
scoperta: il diametro era un quarto di quello di Venere e mostrava le stesse fasi.
Probabilmente era solo un riflesso del pianeta sulle lenti del telescopio ma,
potenza della suggestione, molti incominciarono a vedere la luna di Venere: Short
nel 1740, Mayer nel 1759, Lagrange nel 1761, anno nel quale si registrano ben
18 segnalazioni da parte di 5 osservatori diversi. La storia continuò nel 1764 con
8 segnalazioni.[…] Nel 1887 un’accurata analisi storica pubblicata
dall’Accademia belga delle scienze smontò tutte le apparizioni: erano stelle
casualmente nei dintorni di Venere. Gli scienziati sbagliano, ma, diversamente
dai politici, si correggono.
(Piero Bianucci)

Dove si usa?
Si utilizza per comporre lettere formali, nei curriculum vitae, negli articoli
di giornale, nei manuali scolastici, nelle enciclopedie e nei riassunti

L’alimentazione nell’Ottocento
In Italia l’alimento più diffuso tra i meno abbienti era la polenta: saziava e
costava poco. Per lo stesso motivo si consumavano anche patate e fagioli. A
causa dell’alimentazione non varia e povera di princìpi nutritivi, si diffuse la
pellagra, una malattia dovuta alla mancanza nella dieta di vitamina PP. La carne
rimaneva un privilegio dei ricchi. Grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto, in
Europa arrivarono prodotti alimentari da altri continenti.
(Botto – Giacosa)
Come si fa?
I testi informativi-espositivi devono essere completi, ordinati, precisi e ben
organizzati.
Presentano normalmente una struttura lineare e organica divisa in:
- introduzione: dove si presenta l’argomento
- corpo centrale: dove viene svolto l’argomento
- conclusione: dove possono essere inserite anche delle considerazioni
Il linguaggio utilizzato è quello che caratterizza la disciplina di cui fa parte
l’argomento trattato e spesso, quindi, si inseriscono termini specialistici.
L’esposizione è prevalentemente oggettiva e impersonale in quanto l’autore deve
essenzialmente fornire informazioni

Articolo di cronaca

L’articolo di cronaca è un testo relativamente breve che deve narrare fatti


precisi in modo chiaro e sintetico secondo un ordine temporale.

Si possono distinguere articoli di:

59
-cronaca politica: eventi della politica nazionale e internazionale
-cronaca bianca: fatti di interesse generale
-cronaca nera: eventi cruenti o delittuosi
-cronaca rosa: eventi mondani
-cronaca sportiva: avvenimenti del mondo dello sport
-cronaca giudiziaria: indagini o vicende giudiziarie

Inoltre, sui quotidiani, appare la cronaca cittadina che si interessa solo dei
fatti accaduti in zone metropolitane e provinciali.

Struttura dell’articolo

Gli articoli di cronaca seguono una struttura chiamata regola delle 5 w + 1 h,


data dal giornalismo anglosassone, che si sviluppa seguendo sei domande
formulate in inglese

who? chi? Chi è il protagonista?

what? che cosa? Che cosa è successo?

where? dove? Dov’è avvenuto il fatto?

when? quando? Quando è avvenuto?

why? perché? Per quale motivo è


avvenuto?
How? come? Come si è svolto il fatto

Vediamo adesso come deve essere strutturato un articolo:

Lead attacco, inizio


blocco la notizia viene sviluppata
chiusa la conclusione

Tutti gli elementi che ricaviamo dalle 5 W + 1H devono essere contenute nel
Lead, ossia l’attacco, la parte iniziale dell’articolo, e poi sviluppati nel blocco.
La notizia deve riportare un fatto vero o verosimile e sviluppato con frasi brevi,
precise usando un linguaggio semplice (con pochi avverbi e aggettivi) e
comprensibile. Si può ampliare introducendo, quando possibile ,pareri di
esperti o il Background, lo sfondo, che presenta altre informazioni relative a
fatti precedenti.

60
L’articolo deve essere il più oggettivo possibile e seguire le regole del testo
informativo. E’ possibile tuttavia, alcune volte, inserire delle opinioni dando un
taglio più soggettivo.
La chiusa, o parte finale dell’articolo deve essere breve

Rapina “comica
Tutto da rifare per lo “sfortunato” rapinatore Chi?
solitario che ieri, verso le 12.30, ha tentato di
rapinare la filiale della Banca Romagnola, di Quando? Lead
piazza Vittorio Veneto, indossando una
appariscente maschera di carnevale. Cosa e perché?

A.C., pregiudicato per piccoli furti e conosciuto dalle Dove?


locali forze di polizia, è entrato in banca camuffato
come un noto attore comico italiano e, minacciando la Come?
cassiera con una pistola giocattolo, si è fatto
consegnare circa 20.000 Euro. Background
Tutto sembrava andare per il meglio quando, uscito
sulla piazza, il rapinatore è stato quasi circondato da
alcuni ragazzini che, scambiatolo per l’attore,
Blocco
chiedevano autografi. A.C., colto di sorpresa, ha
cercato di divincolarsi, ma ha perso l’equilibrio ed è
cascato rovinosamente nella fontana della piazza. Tra
le risate generali sono sopraggiunti i carabinieri che lo
hanno prontamente ammanettato. La stessa banca
Background
era già stata rapinata la scorsa settimana,ma in quel
caso gli “attori” erano stati sicuramente meno comici

Una parte fondamentale dell’articolo è il titolo. Il titolo è composto dalle


seguenti parti:

titolo scritto con caratteri grandi, comunica il nucleo della notizia


occhiello si trova sopra il titolo, ha caratteri più piccoli e approfondisce la
notizia del titolo
catenaccio o sottotitolo si trova sotto il titolo anche lui scritto con un carattere
più piccolo
-occhiello e catenaccio possono non esserci

es.Carin si getta nel fiume appena vede Riccardo scivolare

CANE PASTORE SALVA UN BAMBINO CADUTO NEL FIUME


La madre incredula davanti alla tragedia sventata: “Quel boxer mi ha ridato
una nuova vita”

61
IL RIASSUNTO

Il riassunto ha lo scopo di ridurre il testo riportandone in modo sintetico gli


elementi fondamentali .
Per procedere correttamente alla stesura di un riassunto è utile seguire quattro
tappe:

1- LEGGERE (o assistere, nel caso di un film, di uno spettacolo)


attentamente.
2- SELEZIONARE LE INFORMAZIONI

In questo specifico momento dobbiamo essere in grado di determinare le


informazioni principali
Se si tratta di un testo è importante dividerlo in sequenze narrative, unità
minime di contenuto che sviluppano una parte della storia che, per facilitare
il lavoro, nominiamo singolarmente utilizzando le seguenti tecniche:

- cancelliamo gli elementi che non sono necessari come gli avverbi, le
apposizioni, gli aggettivi, le descrizioni, gli esempi, gli incisi….
- generalizziamo utilizzando termini generici per riunire elenchi, liste…..
- semplifichiamo unendo sequenze che possono essere legate tra loro

3- RIELABORARE: per ogni sequenza narrativa formuliamo una frase e in


seguito le colleghiamo.

4- REVISIONARE IL TESTO: controllare che il riassunto sia fedele al testo


originario

Nella fase di riscrittura bisogna prestare attenzione a:


- non utilizzare il discorso diretto
- essere il più possibile oggettivi, non inserire opinioni personali
- usare un solo tempo verbale
- utilizzare la terza persona
- non utilizzare parole del testo originale e soprattutto quelle di cui non
conoscete il significato

Storia brevissima
C’era una volta un uomo che amava leggere. Era una persona normale, sana, un
lavoratore forte e onesto, con la grande passione per il libri. Le sue giornate
erano piene d’impegni, e pure trovava sempre il tempo per la lettura. Il Dio della
letteratura si accorse di lui e volle premialo, consegnandoli un librone enorme,

62
che raccoglieva le storie più belle del mondo. “Leggi questo libro” gli raccomandò
il Dio “Anche una sola parola al giorno, e vivrai fino a quando non l’avrai letto
tutto”. L’uomo ringraziò il Dio per il regalo e aprì il volume per dare un’occhiata
alle prime righe. Ma le storie erano davvero meravigliose, così leggeva e leggeva
senza poter smettere, pur consapevole dell’avvertimento di Dio. In breve tempo
arrivò all’ultima pagina e morì felice, ancora giovane
(Claudio Colafrancesco)

Selezionare le informazioni

C’era una volta un uomo che amava leggere. Era una persona normale, sana, un lavoratore forte e
onesto, con la grande passione per il libri. Le sue giornate erano piene d’impegni, e pure trovava
sempre il tempo per la lettura. Il Dio della letteratura si accorse di lui e volle premialo,
consegnandoli un librone enorme, che raccoglieva le storie più belle del mondo. “Leggi questo
libro” gli raccomandò il Dio “Anche una sola parola al giorno, e vivrai fino a quando non l’avrai letto
tutto”. L’uomo ringraziò il Dio per il regalo e aprì il volume per dare un’occhiata alle prime righe.
Ma le storie erano davvero meravigliose, così leggeva e leggeva senza poter smettere, pur
consapevole dell’avvertimento di Dio. In breve tempo arrivò all’ultima pagina e morì felice, ancora
giovane
Rielaborare

1) Un uomo amava leggere.


2) Il Dio della letteratura gli regalò un libro:
3) sarebbe vissuto sino alla fine della lettura
4) L’uomo, aperto il volume, continuò a leggere
5) Morì felice

Riscrivere

A un uomo che amava leggere, il Dio della letteratura regalò un libro: sarebbe
vissuto sino alla fine della lettura. L’uomo, aperto il volume, continuò a leggere
e morì felice.

RELAZIONE

E’ un testo che ha la funzione di informare in modo ordinato e


particolareggiato su dati e fatti relativi a un argomento, una situazione,
un’attività
è molto diffusa nel mondo del lavoro e nella scuola.
E’ di natura espositiva e il suo requisito è la chiarezza, le informazioni devono
esse indicate con ordine secondo un preciso piano di lavoro

63
- raccolta e selezione di dati con consultazione fonti, osservazione diretta ,
interviste, appunti
- stesura del testo con un linguaggio oggettivo e chiaro, se è necessario
settoriale, periodi possibilmente brevi e tono impersonale (si pensa,
osserviamo che…)
- conclusione si può formulare un’interpretazione d’insieme sull’argomento
- importante aspetto grafico è l’uso dello spazio pagina in funzione della
chiarezza, con schemi, disegni e fotografic
La famiglia moderna
L’indagine svolta nell’ambito delle attività
interdisciplinari di Storia e Biologia ci ha permesso 50
di definire un quadro significativo della realtà 40
strutturale delle famiglie in area metropolitana figli unici
30
nell’ultimo quadriennio.
20 2 figli
Il lavoro è stato preceduto da una ricerca sulla storia >2 figli
10
della famiglia in Italia dall’Unità ad oggi e da una
serie di incontri tematici con specialisti della 0
riproduzione e dell’infanzia. 2000 2001 2002 2003

L’indagine, rivolta a tutti gli studenti dell’Istituto, ha


fotografato le situazioni famigliari al momento
dell’iscrizione in prima e ci ha permesso di
evidenziare che: 70
60
50
1- Permane una certa stabilità nel caso di figli 40

unici 30
20 no
2- Le famiglie con due figli sono in calo, 10
non so
abbastanza evidente, da almeno due anni 0
ti pi-
3- E’ evidente la novità delle famiglie con tre o ace
più figli, in crescita costante da tre anni la
fami
glia
Il secondo grafico conferma “psicologicamente” questa nu-
mer
tendenza riportando il gradimento degli studenti per le osa?
famiglie numerose.

IL VERBALE

E’ un testo che riporta in modo sintetico quanto è stato detto durante una
riunione .

Deve riportare:

- giorno, data e ora


- motivo della riunione
- persone presenti e assenti, nome di chi presiede la riunione e di chi
funge da verbalizzatore
64
- ordine del giorno
- interventi e proposte di chi partecipa alla riunione
- eventuali votazioni
- ora di scioglimento della riunione
- firma

Verbale n. 127 del 12/10/2004

Il giorno dodici del mese di ottobre dell’anno duemilaquattro nella sala riunioni
dell’associazione “Amici degli scacchi” si riunisce,alle ore 17,00 il Consiglio
Direttivo. Sono presenti tutti i componenti del consiglio eccetto il Signor Giovanni
Bianco, assente giustificato. Presiede la seduta il presidente Luca Neri funge da
segretaria la Sig.ra Regina Pedoni. Si dichiara aperta la seduta e il Presidente dà
lettura al seguente ordine del giorno:

1- inizio del torneo annuale


2- varie ed eventuali
Prende la parola il Presidente che propone di stabilire la data dell’inizio
dell’annuale torneo di scacchi il primo gennaio. Interviene il Sig. Paolo Torre che
ritiene la scelta del Presidente un po’ arrischiata in quanto probabilmente poche
persone vi parteciperanno e propone in alternativa domenica 15 gennaio.

Dopo breve discussione si procede alla votazione per alzata di mano e, a


maggioranza, si approva. Unico astenuto il Sig. Massimo Alfieri che aveva chiesto
verifica sull’opportunità di svolgere il torneo in un giorno feriale.Non essendoci
più nulla da discute la seduta è tolta alle ore 18.15.

La Segretaria Il Presidente

LETTERA FORMALE

I destinatari della lettera formale sono persone che non si conoscono o si


conoscono appena con le quali si intende instaurare un rapporto ufficiale. Può
anche essere destinata ad un ufficio, una ditta o un ente.
Il suo scopo è quello di richiedere informazioni, dati o esporre proposte. Avendo
una funzione prevalentemente informativa è caratterizzata da un linguaggio
formale, impersonale, preciso si utilizzano termini tecnici e formule di cortesia
Le lettere formali più usate: lettere di lavoro, richieste di informazioni, lettere
commerciali, reclami

65
Questi testi seguono delle regole ben precise che determinano uno schema
fisso:

- luogo e data in alto a destra o in basso a sinistra


- intestazione con indirizzo completo del destinatario: nome e cognome,
preceduti dall’eventuale titolo di studio o qualifica, indirizzo
- indicare oggetto della lettera: una breve sintesi dell’argomento
- formule di introduzione (Egregio Signor, Spettabile ditta, Gentile Avv.)
- corpo della lettera: il testo della lettera completo e sintetico rivolgendosi al
destinatario con pronomi di cortesia (Voi, Vi, Lei)
- formule di congedo: in attesa di, porgo distinti saluti ringraziandoVi per)
- firma a destra e nel caso la carta non sia intestata i dati del mittente in
basso a destra

GAMMA HOLIDAYS
Via Lamarmora, 7
1023 TORINO TO

Torino, 26 luglio 2018

Spett. Direzione
Hotel “IL PALIO”
Via Simone Martini, 18
53134 SIENA SI

Oggetto: Richiesta di prenotazione

La nostra agenzia sta organizzando un giro turistico della


Toscana in pullman per un gruppo di 36 persone che di effettuerà nel mese di
dicembre.
Con la presente desideriamo prenotare 18 camere doppie con
bagno e due camere singole per l’accompagnatore e l’autista dal 10 al 13
dicembre (tre notti) con trattamento di mezza pensione in quanto il gruppo
pranzerà fuori.
Vi preghiamo di inviarci i Vostri dépliants da poter mostrare
ai clienti e gli attuali prezzi per i gruppi.
Nell’attesa di una Vostra sollecita risposta Vi inviamo i nostri più
distinti saluti.

Il Direttore
Giacomo Belli

66
4. IL TESTO ARGOMENTATIVO

Argomentare significa presentare una propria opinione, una propria tesi,


intorno a un determinato tema o problema, spiegarla e difenderla attraverso
opportuni argomenti, allo scopo di persuadere chi legge della validità di
quanto si dice.

I testi argomentativi più diffusi sono gli articoli di fondo (o editoriali), in cui


i giornalisti espongono le proprie opinioni su un determinato evento,
le arringhe degli avvocati, i discorsi degli uomini politici, le prediche e
i sermoni dei sacerdoti e i saggi che trattano problemi filosofici, sociali, storici,
morali o scientifici.
Nella scuola è molto diffuso, soprattutto negli ultimi anni di studio e nelle
prove di esame, il tema argomentativo o tema saggio: un tema in cui, appunto,
si invita lo studente a esporre la propria opinione su un argomento e a
spiegarlo e dimostrarlo.

Argomentare: analisi della struttura di un testo argomentativo

I testi argomentativi possono trattare temi molto diversi. Tutti, però, hanno in
comune lo scopo, che è quello di convincere il destinatario, e il modo in cui si
cerca di raggiungere questo scopo, modo che consiste nel dimostrare ciò che si
dice portando delle prove convincenti e confrontando eventuali obiezioni altrui.
Quello che segue è un testo argomentativo. Leggilo attentamente e osservane
la struttura.

E’ utile far ripetere un anno scolastico?

La bocciatura o, in termini più eufemistici, la non

67
ammissione all’anno successivo è uno strumento pedagogico Tema
e didattico di certo molto utilizzato (in passato più che oggi, per
la verità), ma è davvero utile? Serve veramente per la
crescita culturale e personale di un ragazzo?

A mio parere, ripetere un anno di scuola è inutile e anzi


dannoso, per l’allievo e per la scuola stessa. Non serve a Tesi
recuperare il ritardo sul programma e anzi è spesso un modo
per penalizzare ancora di più l’alunno in difficoltà.

I più solidi argomenti a favore di questa tesi provengono non


da “buonisti” privi di senso della realtà o da sovversivi che Argomenti a
vogliono scardinare l’istituzione scuola, bensì dall’Ocse favore della
(Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo tesi
economico). Numeri alla mano, l’organizzazione
internazionale dimostra che laddove esistono molti ripetenti
peggiorano i risultati complessivi delle classi e, in finale,
anche la percentuale degli alunni che riescono a diplomarsi.
Nei paesi in cui un maggior numero di studenti ripete gli
anni scolastici non solo la performance globale tende a
essere inferiore, ma il background sociale ha un impatto
maggiore sui risultati di apprendimento. Ovvero: la
bocciatura rafforza le disuguaglianze, emargina ancora di
più bambini e ragazzi con problemi scolastici, problemi che
spesso, come è noto, prendono origine da un disagio di
ordine psicologico o socio-familiare. Al di là del piano
strettamente scolastico, poi, i ragazzi che devono ripetere
l’anno perdono fiducia in se stessi, con conseguenze negative
sulla strutturazione della personalità. Inoltre, bocciare costa.
Oltre a non garantire il processo educativo, far ripetete un
anno scolastico pesa sui bilanci i dell’istruzione pubblica,
proprio in un momento di crisi economica e di tagli alle
scuole. Ogni bocciatura, hanno calcolato gli esperti
dell’Ocse, costa in media tra i 10 e i 15 mila dollari l’anno.
Un altro effetto a lungo termine delle bocciature, sempre
registrato dall’Ocse, è il ritardato ingresso dello studente nel
mondo del lavoro. Se poi le bocciature si ripetono nel ciclo
scolastico, gli alunni tendono ad abbandonare lo studio
prima del diploma, incrementando la presenza sul mercato
del lavoro di manodopera non qualificata.

C’è però anche chi sostiene che “fermare” un allievo è in certi


casi assolutamente necessario.

68
Quando un ragazzo non possiede, in più discipline, gli Antitesi
strumenti minimi per affrontare l’anno successivo, è meno
frustrante essere bocciati che trovarsi ad affrontare
programmi di studio per i quali si è del tutto impreparati. Argomenti a
Inoltre, promuovere tutti senza differenze significherebbe favore
mettere sullo stesso piano chi si impegna e i “lavativi”. dell’antitesi

Che le lacune vadano colmate è un’affermazione di certo


sensata che non si può non condividere. Però, al posto della
bocciatura, che comporta frustrazione psicologica e rischia
di acuire la demotivazione allo studio, andrebbero utilizzate Confutazione
misure di sostegno come i corsi di recupero personalizzati. In degli argomenti
tal modo migliora l’efficienza nello studio e il ritardo didattico a favore
può scomparire. Va detto, poi, che la scuola può e deve dell’antitesi
trovare gli strumenti per gratificare adeguatamente i ragazzi
impegnati nello studio, al di là della soddisfazione meschina
di vedere puniti gli svogliati.

La bocciatura fa parte di una scuola “all’antica” oggi messa


in discussione. Non a caso molti paesi europei si stanno già
staccando dal vecchio modello. Per esempio, l’Austria ha già
annunciato la prossima abolizione delle bocciature e la Conclusione
Francia, fino a ora con record di ripetenti sul continente, sta
discutendo una radicale riforma.

Questo modo di articolare il contenuto costituisce la struttura di base di ogni


testo argomentativo, struttura che si può così schematizzare:

TEMA TESI ARGOMENTI A FAVORE DELLA TESI ANITITESI


ARGOEMNTI A FAVORE DELL’ANTITESI CONCLUSIONI

Questa struttura, però, ammette delle variazioni, con lo spostamento o la


soppressione di uno degli elementi che la compongono. Per esempio,
l’argomentazione può presentare:

 lo spostamento della tesi alla fine del testo: la tesi viene enunciata solo
alla fine del testo;
 l’omissione: la tesi viene lasciata sottintesa, ma è facilmente intuibile
dall’insieme dell’argomentazione;
 l’omissione degli argomenti a favore della tesi: il testo presenta solo gli
argomenti a favore dell’antitesi e li confuta (argomentazione confutativa);
 l’omissione dell’antitesi: il testo presenta solo l’opinione dell’autore,
senza prendere in considerazione l’antitesi cioè le obiezioni degli avversari
(argomentazione affermativa).

69
Per argomentare: le tecniche argomentative

Per dar vita in modo più incisivo ad un testo argomentativo, un tema, un


articolo di fondo giornalistico, un breve saggio su un problema di attualità o su
una questione morale o sociale, bisogna procedere nel seguente modo.

1. Prendere attentamente in esame il tema che si deve affrontare,


richiamando alla memoria o raccogliendo tutti i dati e i fatti che ad esso si
riferiscono.
2. Ricostruire o cercare di sapere quali sono le opinioni più diffuse sul
tema, sia in vista di meglio maturare la propria opinione sia allo scopo di
poter poi meglio argomentare le confutazioni delle opinioni diverse.
3. Decidere quali tesi sostenere sul tema. Di solito si affronta una
discussione perché si ha già una tesi da esporre e da sostenere: in
questo caso, basta metterla a fuoco in modo soddisfacente. Nel caso,
invece, in cui si parte da un tema o un problema posto da qualcun altro,
come succede nei temi scolastici e in molte situazioni professionali,
bisogna esaminare bene i pro e i contro delle varie tesi e decidere, sulla
base degli elementi che si conoscono o che si possono raccogliere, quale
fare propria e sviluppare.
4. Scegliere le prove, cioè gli argomenti, che si intendono addurre a
sostegno della propria tesi. L’efficacia di un’argomentazione e, quindi, il
successo di un testo argomentativo non dipendono dalla tesi che in esso
viene esposta, ma dalla forza degli argomenti che vengono addotti per
dimostrarne la validità.
In particolare, i tipi di argomento che possono essere utilizzati con
successo per convincere sono fondamentalmente quattro:
o argomenti che riportano fatti concreti: per sostenere la validità
della sua tesi, l’emittente adduce fatti concreti, esempi tratti dalla
realtà o eventi noti a tutti. Così, per dimostrare la tesi che il fumo della
sigaretta può provocare il cancro ai polmoni, l’emittente può citare le
statistiche sull’argomento;
o argomenti di autorità: l’emittente adduce come prova l’autorevole
opinione di un esperto della materia o di un personaggio noto per il
successo che ha ottenuto, di un ente pubblico o privato o anche di una
maggioranza qualificata di persone. Così, per dimostrare che il fumo fa
male, l’emittente può addurre l’opinione di un famoso oncologo;
o argomenti logici: l’emittente propone come prove fatti che sono la
causa o l’effetto logico di ciò di cui si discute. Così, per dimostrare che
fumare fa male, l’emittente può presentare l’elenco delle sostanze
cancerogene contenute nelle sigarette e lasciare dedurre ai suoi
interlocutori le conseguenze del fumo sull’organismo umano;
o argomenti pragmatici: l’emittente fa notare i risultati positivi concreti
derivanti dalla accettazione della tesi. Così, per dimostrare che fumare

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fa male, l’emittente può richiamare l’attenzione sul fatto che chi smette
per tempo di fumare ha molte probabilità di evitare di ammalarsi.
5. Prevedere l’antitesi, cioè le possibili obiezioni del destinatario e
predisporre gli argomenti per confutarle. La citazione dell’antitesi e la
confutazione dei relativi argomenti è sempre utile e può essere inserita nel
testo introducendola con formule come Qualcuno, a questo proposito,
potrebbe obiettare che… In realtà, è vero proprio il contrario. Infatti…
6. Scrivere materialmente il testo, organizzando in modo adeguato il
discorso. In proposito è consigliabile, almeno nelle prime esperienze,
seguire, nell’esposizione, quello che è lo schema-base dell’argomentazione
che prevede uno sviluppo ordinato e completo. Le varianti possibili a
questa sono numerose: sono più difficili da elaborare, ma risultano più
incisive ed efficaci. Chi argomenta può decidere di enunciare la propria tesi
alla fine del testo, anziché all’inizio o, addirittura, rinunciare a esporla,
lasciandola intuire al destinatario. Oppure può omettere l’antitesi, come a
sottolineare che non esiste obiezione possibile alla sua tesi o che, se esiste,
è del tutto trascurabile. Oppure può omettere di confutare gli argomenti a
favore dell’antitesi, liquidandola in blocco.
7. Tenere presente, nella stesura, i seguenti suggerimenti tecnici:
o utilizzare adeguatamente i connettivi, cioè gli avverbi e le
congiunzioni, per scandire le varie parti in cui si articola
l’argomentazione: per esempio ma, però, tuttavia, per stabilire
rapporti avversativi; perciò, quindi, di conseguenza, per stabilire
rapporti di causa-effetto; infatti, in realtà, per stabilire
rapporti esplicativi; quindi, poi, inoltre, per prima cosa, in primo luogo,
in secondo luogo, infine, per stabilire rapporti di successione logico-
temporali ecc.;
o prestare il giusto rilievo al destinatario: poiché i testi argomentativi
hanno lo scopo di convincere il destinatario, bisogna tenere sempre
conto delle sue caratteristiche (età, carattere, cultura, conoscenze,
interessi ecc.) per scegliere la struttura, gli argomenti, il lessico. Per
mantenere sempre viva la sua attenzione, è utile coinvolgerlo nel
ragionamento, con espressioni come forse è utile precisare che…, che
cosa si penserebbe se affermassi che… e simili;
o attenuare il ruolo dell’emittente: l’emittente che, dato il tipo di testo,
si esprime sempre in prima persona, deve dare il minor rilievo
possibile a se stesso, sottolineando la relatività del proprio punto di
vista (attraverso espressioni come a mio avviso, secondo me) oppure
utilizzando forme impersonali che mascherano la soggettività delle
singole affermazioni (in proposito si può dire che…, un punto di vista
corretto potrebbe essere quello di chi, nel caso specifico, sostiene che…).
In questo modo, l’emittente evita di mostrarsi saccente o, peggio,
autoritario;
o utilizzare tutte le volte che è possibile un lessico “volutamente
orientato”: in un testo che si propone lo scopo di convincere, infatti,

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le scelte lessicali, possono indurre il destinatario a considerare
negativamente o positivamente il fatto di cui si parla: basta usare
parole “positive” (per esempio, parole o espressioni di ambito
semantico di per sé positivo) per presentare la propria tesi e difendere i
propri argomenti e, invece, parole ed espressioni “negative” (per
esempio, parole di ambito semantico di per sé negativo o volte a
ridicolizzare l’oggetto del discorso), quando si presentano l’opinione
dell’avversario e i suoi argomenti;
o inserire nel corpo dell’argomentazione brevi porzioni di altri tipi di
testo, per esempio sequenze descrittive, espositive o narrative. Simili
inserimenti, più che alleggerire l’argomentazione, hanno la funzione di
rafforzarla. Così, una descrizione precisa e coinvolgente può, per
esempio, rafforzare la credibilità di una delle prove addotte a favore
della propria tesi. Allo stesso modo, una breve sequenza narrativa
collocata all’inizio del testo può catturare l’attenzione di chi legge
oppure, collocata in un altro punto del testo, predisporre chi ascolta
ad accogliere favorevolmente una tesi piuttosto che un’altra.
8. Rivedere ed eventualmente correggere e migliorare il testo, mirando
soprattutto a verificare, oltre che la completezza e la correttezza
dell’insieme, la coerenza dell’argomentazione e l’efficacia persuasiva.

Semplici strategie di scrittura

Nella costruzione di un testo argomentativo ha grande importanza il corretto


utilizzo dei connettivi testuali: essi segnalano o esplicitano i passaggi in cui si
articola il tuo ragionamento (quindi il tuo testo) e permettono così di
riconoscere le relazioni tra le componenti dell’argomentazione. E’ importante
che le varie parti ( = paragrafi ) del testo siano collegate tra loro in modo
coerente (sensato dal punto di vista testuale) e coeso (unito). Come si fa a
rendere i paragrafi coesi e coerenti? Collegandoli tra loro secondo un ordine
gerarchico e logico, servendoti dei connettivi più appropriati. I connettivi
testuali sono di 2 tipi:
- CONNETTIVI GERARCHICI; - CONNETTIVI LOGICO - SEMANTICI
a) CONNETTIVI GERARCHICI
Hanno la funzione di ordinare i PARAGRAFI del testo, secondo una
GERARCHIA di importanza; essi costituiscono la coesione esterna del testo
argomentativo perché mettono in evidenza la successione dei vari argomenti.
Eccone alcuni esempi:
- per presentare il primo argomento: IN PRIMO LUOGO …, PER
COMINCIARE…, INNANZITUTTO…, PRIMA DI TUTTO…, PER PRIMA COSA…,
ecc.

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- per presentare il secondo argomento: IN SECONDO LUOGO … , INOLTRE …,
IN AGGIUNTA A CIO’…, SECONDARIAMENTE…, POI… ecc.
- per presentare l’ultimo argomento: INFINE …, PER CONCLUDERE …, PER
FINIRE …, ecc.
- per introdurre un’opposizione di idee (= antìtesi): MA…, DA UNA PARTE …
DALL’ALTRA…, D’ALTRO CANTO…, ALCUNI RITENGONO CHE…, ALTRI
PENSANO CHE…; GLI UNI SOSTENGONO CHE…, GLI ALTRI, AL CONTRARIO
…; DA UNA PARTE C’è CHI SOSTIENE…, DALL’ALTRA INVECE…; ecc.
- per introdurre una conseguenza logica: DI CONSEGUENZA…, DUNQUE…,
NE CONSEGUE CHE…, IL RISULTATO È CHE…, ecc.
- per esprimere le proprie idee ( solo nella sintesi !!! ): DAL MIO PUNTO DI
VISTA…, PER QUANTO MI RIGUARDA…, LA MIA OPINIONE E’ CHE…,
RITENGO CHE …, SONO GIUNTO ALLA CONCLUSIONE CHE…, ecc.
b) CONNETTIVI LOGICO – SEMANTICI
All’interno dei singoli paragrafi, puoi servirti dei cosiddetti connettivi “LOGICO
– SEMANTICI” quelli che regolano la coesione interna ai singoli paragrafi,
esplicitando o evidenziando i passaggi logici del tuo ragionamento. I connettivi
logico – semantici principali sono i seguenti:
- CONNETTIVI CAUSALI : servono per introdurre le argomentazioni a sostegno
della tesi ( INFATTI…, NON A CASO…, DATO CHE…, POICHE’…, PERCHE’ …);
- CONNETTIVI AGGIUNTIVI: vanno usati per aggiungere ulteriori
argomentazioni ( E…, ANCHE…, INOLTRE, PER DI PIU’, AGGIUNGIAMO IL
FATTO CHE …);
- CONNETTIVI CONCESSIVI: si usano per introdurre le eventuali obiezioni alla
tesi o al discorso presentato ( SEBBENE, NONOSTANTE CIO’, AMMETTENDO
CHE…, ANCHE SE E’ VERO …, SE E’ VERO CHE … );
- CONNETTIVI AVVERSATIVI: si usano per confutare ( = ribattere
un’affermazione per dimostrarla errata o infondata ) le eventuali obiezioni
( MA…, INVECE…, PER ALTRO…, TUTTAVIA… );
- CONNETTIVI CONCLUSIVI: introducono la sintesi , cioè la conclusione del
ragionamento ( QUINDI…, PERCIO’…, DUNQUE…, IN CONCLUSIONE…,
CONCLUDENDO …)

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74
10. LA PRAGMATICA LINGUISTICA

Nascita della disciplina: prima applicazione del termine pragmatica alla


linguistica in Charles Morris (1938), come quella parte della semiotica che
studia le relazioni fra i segni e gli utenti del codice
Il termine pragmatica era già utilizzato dalla filosofia del Novecento; la parola
deriva dal greco pràgma "azione"

L'oggetto della Pragmatica


-Competenza fonologica
-Competenza morfologica Competenza linguistica
-Competenza sintattica
-Competenza lessicale

Competenza pragmatica Competenza comunicativa

Possibili definizioni di Pragmatica

-La Pragmatica Linguistica studia ciò che si fa quando si parla


-La Pragmatica Linguistica è la scienza che studia la competenza comunicativa
-La Pragmatica Linguistica è lo studio delle relazioni tra la lingua e il contesto,
che determinano la comprensione del messaggio da parte degli utenti

Un esempio: significato delle parole e significato degli enunciati


-Parola: mattone Significato convenzionale
-Enunciato: ...mattone! Significato conversazionale
(dipende dal contesto)

Alcuni concetti preliminari (1)


Gli Elementi della Comunicazione (R. Jakobson)

CONTESTO

EMITTENTE RICEVENTE

MESSAGGIO

CANALE

CODICE

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Alcuni concetti preliminari (2)
Il Segno Linguistico (F. Saussure) e il Referente

SIGNIFICANTE SIGNIFICATO

REFERENTE
(oggetto concreto)

L'importanza del Contesto

1. Eccolo!
2. Guarda Luigi!

Che cos'è il Contesto

Il Contesto è composto da almeno tre elementi:


-Le Conoscenze Condivise: credenze sociali e culturali, conoscenza del codice
linguistico
-La Situazione: contingenza spazio-temporale, ruoli, aspettative, scopi
-Il Cotesto: il discorso in atto, ciò che si è detto e si è udito nella conversazione

Che cos'è il Contesto: esempi

1. Che stress questa coda!


2. Sei arrivato?
3. Speciale svendita bambini
4. Una vecchia porta la sbarra
5. Che palle!

Gli elementi dell'enunciato (1)

Intensione
Nomi comuni
(o descrittori)
Estensione

I nomi Nomi propri

Indici
(o espressioni indicali)

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Descrittori, Nomi Propri, Indici

1. Il pesce è assai salubre


2. Posso avere un altro po' di pesce?
3. Prendi quello di Pietro: lui non lo mangia, dice che è impuzzulutu
4. Codesti sono i cachi di Carlo

Gli elementi dell'enunciato (2)

Articoli
(determinativi,
indeterminativi)
Gli specificatori
Aggettivi
Dimostrativi

L'Enunciato (dinamismo)
1. Questa sera vado al cinema
2. Senti, io questa sera al cinema ci vado
3. Al cinema ci vado questa sera
4. Sai dove vado stasera? Al cinema! E sai con chi? Non te lo dico!
5. No! Al cinema ci vado io! Tu lavi i piatti!

L'Enunciato (focus)
1. Questa sera vado a teatro
2. A teatro non ci vado
3. A teatro ci devo andare stasera
4. E' un bel ragazzo
5. E' un ragazzo (proprio) bello (=è un gran ...)

FOCUS = la porzione dell'enunciato che ha il maggior grado di dinamismo


comunicativo

L'Enunciato (topic e focus)

TOPIC (dato, tema) FOCUS


(comment, nuovo, rema)
questa sera vado al cinema
io questa sera al cinema ci vado!
sai dove vado stasera? al cinema
al cinema ci vado stasera, non domain

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Paolo ha scritto una poesia d'amore a Francesca
Paolo a Francesca le ha scritto una poesia d'amore
sai chi scrive poesie d'amore a Francesca? Paolo!

il gatto è in giardino
in giardino c'è un gatto
in giardino il gatto non c'è

Non semplici Enunciati, ma Atti Linguistici


-Farò il bravo!
-Mi reggi il telefonino, per piacere?
-Venti euro che domenica vinciamo!
-Ti giuro che non sono stato io!
-Guarda che le prendi!
-Io ti battezzo Maria Giuseppina Rosaria

Un Atto Linguistico ha effetti a più livelli


-A LIVELLO LOCUTORIO: produco una sequenza di foni
-A LIVELLO LOCUTIVO: esprimo significati
-A LIVELLO PERLOCUTIVO: parlando provoco delle consequenze
-A LIVELLO ILLOCUTIVO: manifesto una intenzione o perseguo uno scopo

Atti con effetti illocutivi


-ATTI ASSERTIVI: dico, concludo, affermo
-ATTI ESPRESSIVI: ringrazio, mi scuso, mi rammarico, mi vergogno
-ATTI COMMISSIVI: offro, prometto, minaccio
-ATTI DIRETTIVI: chiedo, consiglio, domando
-ATTI DICHIARATIVI (PERFORMATIVI): condanno, nomino, promuovo,
battezzo, dichiaro, giuro

Atti illocutivi indiretti (cammuffati)


1. Scommetto che ti sei dimenticato!
2. Le spiace smettere di fumare?
3. Vuole sedersi più avanti?
4. Certo che c'è un caldo tremendo...!
5. Ma non dirmi! Ma va là!

Le Inferenze (1) (implicature conversazionali)


-Il negozio era già chiuso
-... era passato l'orario di chiusura
-... era il giorno di riposo
-... ha cessato le attività (ha chiuso i battenti)
- quindi... non ho acquistato le scarpe
- Finalmente sei arrivato!

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-... sei in ritardo
-... speravamo che arrivassi perché...

Le Inferenze (2) (implicature conversazionali)


-Con Maria ci siamo lasciati
-... consensualmente, purtroppo
-... consensualmente, per fortuna
-... per sua volontà, ahimé
-... per mia volontà, finalmente
-quindi... esci a cena questa sera?
-quindi... questa sera ti racconto la mia vita

Inferenze obbligatorie
-Carlo ha presentato tardi la domanda
-... non potrà iscriversi al concorso
-Purtroppo è lunedì
-... ci tocca tornare all'Università

Inferenze impossibili
-*Purtroppo è lunedì, che bello
-... ???

Inferenze e verbi fattivi / controfattivi


-Francesca è riuscita a dare l'esame di linguistica
-Chiara ha rinunciato a dare linguistica
-Paola voleva fare linguistica a giugno
-Giorgio ha tentato di dare linguistica
-Marijana ha voluto a tutti i costi provare l'esame di linguistica
-Mara ha fatto un figurone all'esame di linguistic

La Conversazione
IL PRINCIPIO DI COOPERAZIONE DI GRICE
Ogni partecipante presuppone che l'interlocutore collabori alla riuscita della
comunicazione

La Conversazione
LE MASSIME DI GRICE
1. Qualità fornire un contributo nella misura in cui lo si crede vero
2. Quantità l'informazione non deve essere carente né ridondante
3. Relazione bisogna essere pertinenti
4. Modo agevolare la comprensione

La Conversazione
MASSIME DI GRICE: quali violate?
1. Non lo farò più: sono cambiato

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2. D: allora, hai visto il nuovo film con Scamarcio?
R: sì
3. D: come è andata la partita?
R: è finita dopo 90 minuti
4. Hai cosato quell'affare, che c'è da vedere se si può fare la cosa... se i tipi, cioè,
sono disponibili...

La Conversazione
-MOSSE COMUNICATIVE: SALUTI
-Gentili telespettatori, benvenuti
-Buongiorno dottore, il solito?
-Ciao Pescara! Siete caldi?
-Buongiorno... scusate il ritardo... dove eravamo arrivati l'ultima volta?
-Buona domenica e buona settimana

La Conversazione
-ALTERNANZA DEI TURNI
-Ora passiamo la parola all'onorevole Calderoli
-Ci sono domande?
-Me lo dice lei, per favore?
-Sì, no, sì, nonononò... ceeerto ma...
-Vabbè... sì... ciao... ciaaaaa... cia... ciao, eh? (strategia di chiusura)

La Conversazione
-POTERE E DOMINANZA
-Esame universitario
-Visita medica
-Colloquio con il nonno
-Nativo – Straniero
-Intervista televisiva

La Conversazione
-STRATEGIA DI CORTESIA (faccia)
-Venga domani / Venga pure domani
-Può ripetere per favore?
-Ti meriti molto di più
-Non è un bellissimo esame
-Io non rovinerei un libretto così bello

La Conversazione
-S.P.E.A.K.I.N.G. (Hymes)
-Situazione: luogo, tempo, prossemica (sedia)
-Partecipanti: parlante, destinatario (bebé)
-Scopi (ends)
-Chiave (key)

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-Mezzi (instruments): prosodia, mimica, figure
-Norme: cortesia, potere, turni
-Genere

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