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IL TEATRO DI PIRANDELLO

La grande fama di Pirandello, anche fuori d’Italia, si deve soprattutto alla sua opera teatrale, a cui
si dedica essenzialmente dal 1916 in poi e che da quel momento assorbirà la maggior parte delle
sue energie creative.
I temi che mette in scena anche nel suo teatro sono gli stessi testimoniati dalla produzione
narrativa, e in particolare dal “campionario” di casi umani offerto dalle novelle: la scoperta delle
crisi dell’uomo moderno, la scomposizione del soggetto in parti relative e provvisorie.
Il teatro di Pirandello prende le mosse dalla stessa poetica umoristica che presiede all’universo
narrativo: il titolo di “MASCHERE NUDE” allude proprio alla funzione di “svelamento umoristico”
delle parti, delle maschere che lo scrittore assegna al suo teatro e che ne costituisce la cifra
distintiva e innovativa.
Tra i testi più noti ricordiamo “PENSACI GIACOMINO”, “LA GIARA”, “LA PATENTE”, “L’UOMO
DAL FIORE IN BOCCA”, “IL GIOCO DELLE PARTI”; le ultime tre sono tratte direttamente da
novelle.
È un teatro che approda con profonda amarezza alla dimensione grottesca e surreale.

IL METATEATRO
(il teatro nel teatro)
“Un teatro d’avanguardia”
“Sei personaggi in cerca d’autore” – 1921
“Ciascuno a suo modo” – 1924
“Questa sera si recita a soggetto” – 1930
Lo spettatore si trova davanti a uno “spettacolo nello spettacolo”: il sipario non si apre sul
tradizionale scenario di un interno borghese ma sul palcoscenico stesso, in cui una compagnia sa
preparando una recita nella quale se ne inserisce un’altra.
Ma l’aspetto più interessante investe la sfera concettuale, perché in questi testi il soggetto teatrale
è infatti occasione per un dibattito polemico sul teatro e le sue funzioni (la vita è già una recita ma il
teatro, in quanto recita di una recita, si dissolve in una impossibilità di fondo anche se più vera).

“SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE” – 1921 TEATRO VALLE DI ROMA


Il dramma si apre su un palcoscenico vuoto dove una compagnia sta provando un’opera di
Pirandello “il gioco delle parti”. Ad un certo punto un usciere annuncia al capocomico, che è anche
il regista, che un gruppo di persone chiede di parlargli. Si tratta di sei personaggi, designati con il
nome relativo al ruolo che avrebbe dovuto rappresentare in un’opera non completata. Chiedono
che la loro storia sia portata in scena e il capocomico alla fine accetta. I personaggi sono; il padre,
la madre, il figlio, la figliastra, il giovinetto, la bambina. Il figlio è nato dal matrimonio tra il padre e la
madre, gli altri tre da una unione adulterina della madre, che è stata spinta dal padre a formarsi
una nuova famiglia con il suo amante. Morto questo, la figliastra è costretta a prostituirsi in una
equivoca sartoria, gestita da Madame Pace, dove lavora come sarta anche la madre. Ed è proprio
la madre ad impedire che il padre possa avere un incontro con la figliastra.
La scena rappresentata parte proprio da quest’ultimo episodio ma i sei personaggi ad un certo
punto si ribellano perché non si sentono ben rappresentati dagli attori e vogliono farlo
personalmente.
L’ultima parte è ambientata nel giardino della casa del padre, dove la famiglia si è riunita ma la
tragedia non è finita: la bambina annega nella vasca e il figlioletto si spara uccidendosi. Accorre la
madre con un grido straziante. Sulla scena si crea una drammatica confusione; non si sa se il
ragazzo è davvero morto o se si tratta di finzione scenica. Alla fine il capocomico grida: “luce, luce,
luce” e invita tutti ad andarsene.
Sullo sfondo appariranno le ombre dei personaggi (tranne quelle dei due morti).
La figliastra con una risata scenderà tra il pubblico e correrà fuori dal teatro.

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