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IL TEATRO

Il teatro conosce, nel corso del Seicento, una vera fioritura che ne fa uno dei generi più
rappresentativi del barocco. Si assiste alla rinascita del teatro laico nella stagione umanistico
rinascimentale, che aveva recuperato i grandi modelli classici della tragedia della commedia.
La diffusione della Poetica di Aristotele aveva inoltre contribuito a riaccendere l'interesse nei
confronti del testo teatrale e delle sue regole.
Il teatro nel Seicento va ben oltre i confini della letteratura di corte o delle discussioni
accademiche: le opere di Shakespeare regalano alla civiltà barocca dei capolavori insuperabili,
che danno voce a una nuova visione dell'uomo e del mondo. Attraverso il teatro si scava nelle
profondità dell'animo umano, se ne studiano le passioni e gli atteggiamenti, si esprimono i
sentimenti più complessi, spesso opposti, che agitano la psiche, si ridefinisce il rapporto tra
l'uomo e il mondo, tra il singolo e Il potere, tra l'individuo e la società. Il dubbio di Amleto, la
gelosia di Otello, la pazzia di re Lear, la sete di potere di Macbeth, ma anche l'evasione nel
sogno, la vanità dei desideri umani, le manie e i tic dei personaggi di Molière ci restituiscono
una mappa, dei comportamenti umani. L'essere umano emerge dal teatro secentesco in tutta
la sua grandezza in tutta la sua fragilità. A testimoniare la diffusione del genere teatrale e a
comprovare il successo sta anche la trasversalità della sua fruizione. Il teatro diventa nel
Seicento una forma di spettacolo interclassista. La grande fortuna del genere ha come effetto
anche la nascita dei primi edifici teatrali stabili, che rappresentano una cospicua novità rispetto
alle soluzioni provvisorie utilizzate per le rappresentazioni nei secoli precedenti. L'esempio più
limpido di questo nuovo edificio adibito esclusivamente alle rappresentazioni sceniche è il
Teatro Olimpico di Vicenza (1580-85). Grande sviluppo ebbe lo spazio dedicato alla scena,
che si arricchì di profondità prospettica, data dal montaggio di scene e quinte mobili che
venivano cambiate nel corso della rappresentazione. L'utilizzo di macchine e strumenti atti a
riprodurre suoni e rumori rese sempre più spettacolare la rappresentazione: la creazione degli
effetti speciali collimava perfettamente con il gusto per la meraviglia tipico dell'epoca barocca.
Diversi dalla "forma italiana" del teatro sono teatri pubblici londinesi: il Globe (1599), costruito
per le rappresentazioni della compagnia di Shakespeare, è certamente il più famoso. Sono
teatri edificati in spazi aperti, a pianta circolare, ottagonale o quadrata, con una serie di gallerie
adibite al pubblico, non mancano comunque i teatri al chiuso (I cosiddetti "teatri privati"). La
costruzione degli edifici risponde anche a precise esigenze politiche. Si assiste a una
progressiva professionalizzazione dell'attività teatrale sia per gli scrittori sia per le compagnie
di attori spesso protette dalle istituzioni politiche.

IL TEATRO INGLESE E SHAKESPEARE

Il fiorire del teatro in Inghilterra dà vita all'esperienza del teatro elisabettiano, sviluppatasi
presso la corte della regina Elisabetta I. In questa fase si sperimentano nuove possibilità
scenografiche, nascono compagnie di attori professionisti. Tra gli autori più interessanti
abbiamo Christopher Marlowe. A Marlowe si deve introduzione nel teatro del blank verse,
ovvero libero dalla rima sulla base del pentametro giambico, che sarà poi utilizzato da
Shakespeare. La scrittura di Shakespeare si caratterizza per la versatilità ma anche per la
grande varietà di temi e per il rifiuto delle unità pseudo-aristoteliche. Le fonti delle opere di
Shakespeare sono spesso storiche, ma il principale spunto d'ispirazione gli viene dalla vita che
imita in modo realistico. Questo orientamento comporta la scelta di una lingua vicina al parlato,
che oscilla da toni lirici ed elevati a registri più bassi e colloquiali. La scrittura è condizionata
dalla dimensione scenica. Il teatro shakespeariano è pensato per la rappresentazione
all'aperto e non per la lettura. Nel suo tentativo di riprodurre la vita, Shakespeare è in linea con
le tendenze del teatro cinque-secentesco. Dal recupero dei modelli classici deriva la scelta di
alcuni temi, come quello del doppio (da Plauto)) o il gusto per le scene d'orrore (da Seneca).
L'aspirazione a cogliere la doppiezza del mondo si traduce nell'interesse per il rapporto tra
realtà e illusione. Figura centrale di questo conflitto tra realtà e illusione è l'attore, che mentre
recita induce a riflettere sulla metateatralità del testo. Anche per questo, una figura particolare
nel teatro shakespeariano è quella del fool che può svelare i volti nascosti della realtà.

TRAMA

Nell'Amleto la vicenda narra del principe di Danimarca, al quale il fantasma del padre rivela di
essere stato avvelenato e ucciso dal fratello Claudio. Lo spettro chiede al giovane di
vendicarlo uccidendo il suo assassino, Il principe è legato da un sentimento affettuoso a
Ofelia, figlia di Polonio, vorrebbe obbedire alle richieste del fantasma ma ha bisogno di prove
che ne confermino le parole. Per farlo si finge pazzo e arriva fino a rifiutare l'amore di Ofelia
Giunta a palazzo una compagnia di attori, il principe chiede loro di recitare davanti alla corte
una scena molto simile alla vicenda della morte del padre e dal turbamento dello zio riceve le
conferme che cerca. Amleto, scambiato Polonio per il re, lo uccide. Ofelia, informata della
morte del padre, impazzisce.
Claudio intanto cerca di sbarazzarsi del nipote. Laerte, fratello di Ofelia, venuto a sapere che
Amleto ha ucciso suo padre, intende vendicarsi. Il re lo spinge con l'inganno a sfidare a duello
Amleto, il principe uccide Laerte ma viene anche lui ferito a morte. Nel frattempo muore la
regina, che ha bevuto da una coppa avvelenata destinata ad Amleto. Questi costringe il re
Claudio a bere dalla coppa avvelenata.
Amleto incarna la figura dell'eroe tragico moderno, egli è figlio di un'epoca in cui la realtà non è
definita dal destino e l'uomo è considerato responsabile della propria condotta, in virtù del
libero arbitrio. A differenza di quanto avveniva nella tragedia antica, l'eroe non è vittima di un
Fato che lo sovrasta, ma è vittima della difficoltà a dare senso all'esistenza e alle azioni. Il
paradosso di Amleto è che più si sforza di cercare il significato delle cose e del suo destino,
più si allontana dal gesto che pure sa di dover compiere. La sua innocenza si fa colpevole, e la
sua colpa consiste nella debolezza che lo rende e incapace di agire. Di qui la dimensione del
dubbio. Amleto è immerso totalmente nell'analisi e nell'egoismo, dubita di tutto e dubita anche
di sé.

IL TEATRO IN ITALIA

Tra i più importanti contributi dell'Italia alla storia del teatro europeo c'è innanzitutto la nascita
dei primi edifici teatrali. Si fanno enormi progressi sul piano della scenografia degli effetti
speciali. Nel corso del Seicento nascerà poi il genere del melodramma. Sebbene soggetta alle
critiche, la tragedia continua a godere di una fortuna analoga a quella cinquecentesca: l'eredità
classicistica induce infatti il drammaturgo a prediligerla e a seguire lo schema rigido delle unità
aristoteliche. Questo favorisce il ricorso ai modelli greci e latini e la scelta di temi mitologici, in
cui viene esaltata la virtù dell'eroe in lotta con il male. Interessano le emozioni suscitate nel
pubblico, in linea con il principio di catarsi, che mira alla purificazione dello spettatore. A tale
scopo il drammaturgo deve rappresentare le passioni, l'effetto tragico nasce dal conflitto
insanabile tra la libertà del soggetto e la necessità di una legge. L'eroe tragico è colui che sfida
questo limite, cercando di conciliare due istanze che per definizione sono inconciliabili.
LA COMMEDIA DELL’ARTE

Nel panorama del Teatro italiano fondamentale esperienza è alimentata dalla commedia
dell'arte. Nato a metà del Cinquecento, e alimentano della commedia letteraria, il teatro
dell'arte recupera una componente carnevalesca con la quale si combina la tradizione
giullaresca delle corti. Elemento caratterizzante di questo teatro fase di un testo letterario: la
rappresentazione segue infatti un canovaccio, in genere opera del capocomico degli attori
stessi, che contiene solo una trama e alcune indicazioni generali, mentre i dialoghi sono
prevalentemente frutto dell'improvvisazione degli attori. Ne scaturisce una drammaturgia che si
basa sulla gestualità anche se la grande quantità di testi prodotti dimostra una certa
importanza del testo, concepito come semplice canovaccio da cui l'attore parte per dare prova
della propria abilità istrionica. La mancanza di un testo non esclude la presenza, di intrecci,
personaggi e temi in comune con una tradizione letteraria. Avvalendosi degli schemi di una
comicità elementare si rievocano i meccanismi classici della commedia greca e latina, tema
ricorrente e il doppio, che pone al centro dello spettacolo una coppia di opposti, che nel loro
contrapporsi si rivelano molto simili e creano una tensione dialettica. L'identificazione dell'uno
nell'altro crea l'effetto comico, che sfrutta la sorpresa. Su questo schema si fondano le figure
principali, la coppia Zanni-Magnifico il primo è il personaggio che ordisce intrighi ai danni del
padrone, presentato spesso come sciocco. Il contrasto tra i due è sfruttato dai comici per
costruire il motivo della beffa, che attua una sorta di scena sociale. I riflessi sociali della
Commedia dell'arte sono del resto confermati da molte altre maschere, come quella
bergamasca di Arlecchino, il cui tratto distintivo è la fame smisurata. Altri tipi, come gli
Innamorati o i Vecchi, affollano le scene del genere a del genere. Il nome di Commedia
dell'arte è attestato per la prima volta nella commedia il teatro comico di Carlo Goldoni dove il
termine "arte" sta a indicare la professione, il mestiere, confermando così che l'elemento
centrale dello spettacolo non è il suo contenuto "narrativo", né il testo, ma l'abilità dell'attore
esercitata su un ampio repertorio di materiali e situazioni convenzionali. L'abilità degli attori
contribuì al grande successo di questo teatro.

LA NOVELLISTICA

Nel corso del Seicento si assiste allo sgretolamento del modello bembiano, che aveva
determinato l'orientamento verso una lingua unitaria. Alla fine del Cinquecento ciò non si è
realizzato anzi sono emersi fattori che ostacolano una reale unificazione. È in questo contesto
che si assiste alla comparsa di alcuni esempi di letteratura popolare e dialettale, che si
realizzano nella novella. Al filone maggiore di questo genere di novellistica appartiene la
produzione del bolognese Giulio Cesare Croce, del quale circolavano libretti scritti in un
volgare lombardo emiliano di facile comprensione. L'opera più nota di Croce, è " le sottilissime
astuzie di Bertoldo". Bertoldo è un astuto contadino dalle fattezze quasi mostruose che riesce,
con la sua irriverenza e la sua arguzia, a conquistarsi il favore del re longobardo Alboino e a
essere introdotto a corte. Egli si avvale di metafore e di interpretazioni simboliche degli oggetti
per superare le prove cui Alboino sottopone la sua intelligenza. I modelli di questo confronto
sono carnevaleschi e ispirati alle figure del giullare e del buffone di corte. Di natura diversa è
l'uso che fa del dialetto il napoletano Giambattista Basile (1575-1632) nel suo "cunto de li
cunti". Basile realizza con il Cunto qualcosa di più della semplice raccolta di fiabe: le fiabe
tratte dalla tradizione folcloristica napoletana, vengono trasformate in vere e proprie novelle.
Questo tipo di produzione costituisce un vero e proprio gioco di società, nato nell'ambito
dell'Accademia napoletana degli Oziosi. Un elemento di letterarietà è rappresentato dalla
struttura dell'opera, ispirata al Decameron infatti all'interno di una cornice si inseriscono i
racconti. Nella cornice si narra di una
principessa Zoza, che riesce a ridere di nuovo, vedendo una vecchia scivolare sull'olio. La
malcapitata le rivolge un gesto osceno e si vendica lanciandole una maledizione) Zoza potrà
sposare solo il principe Tadeo addormentato in un sepolcro, e il nobile giovane verrà
risvegliato solo da una fanciulla che m tre giorni sarà riuscita a riempire un'anfora intera con le
sue lacrime. Quando Zoza si addormenta, una schiava moresca s'impadronisce della sua
anfora e si fa sposare dal principe. Zoza riesce a far nascere nella giovane sposa il desiderio
di ascoltare fiabe. Come ultima novella Zoza racconterà la propria storia: il principe, venuto a
conoscenza della verità, la condannerà a morte, la schiava e sposerà la principessa. Ognuna
delle quattro giornate viene conclusa da un’egloga a carattere satirico-morale.

Donna che si pettina

Un giorno un pettine d’ avorio solcava le onde dorate, e le onde erano i capelli;


una mano anch’essa d’avorio accompagnava
queste e quelle ciocche ondulate, preziose e disordinate;
e, mentre divideva con una riga assai dritta le ciocche ondulate e belle
Amore coglieva l’oro dei fili spezzati
in maniera tale che formassero catene per fermare i capelli più ribelli.
Il mio cuore agitato andava verso la morte
alla vista di questo mare aureo, che riempiendosi di onde mostrava il suo tempestoso tesoro.
In questo ricco naufragio, io muoio sommerso dalle sue onde, poiché nella mia tempesta,
lo scoglio fu di diamante mentre il golfo fu d’oro!

L’orologio e il tempo

Congegno mobile composto da ruote dentate scandisce il giorno e lo divide in ore


e porta scritto sul quadrante in caratteri tristi
per chi li sa interpretare: si muore ogni momento.
Mentre percuote la campana con il suo martello, Una voce triste mi riecheggia nel cuore,
e non si può spiegare meglio la natura malvagia del fato che con questa voce cupa del
bronzo.
Affinché io non possa aspirare mai ad un vero riposo o a una vera pace, questo oggetto, che
assomiglia a un timpano e a una tromba,
mi costringe continuamente a battermi contro il tempo che divora ogni cosa.
E con quei colpi che fanno risuonare il metallo, accelera la corsa del tempo già di per sé
veloce
e picchia continuamente sulla pietra tombale affinché si apra.
Il giardino del piacere

Al giardino del piacere, in compagnia del giovinetto Adone, entra la dea dell'amorosa luce
(Venere). Attraverso le porte dei sensi, quindi, lo conduce, passando di gioia in gioia, fino
all'ultimo piacere.

7. Uno spazioso e giardino circonda il margine della veste di quel grande palazzo. Non vi
entrarono mai né Miseria né Disagio, piuttosto vi si trovano Delizie e Amori che vi hanno sede
e divertimento. Là, senza temere il destino malvagio, la bella Venere ha condotto il fanciullo
Adone, scambiando il paradiso con quel luogo felice, che sembra il Paradiso o gli è di poco
inferiore.

8. "Non pensare che senza un progetto di ascendenza divina, disse Mercurio rivolto al bel
giovane Adone, Ciprigna (Venere) abbia fondato questa dimora così bella e florida/rigogliosa
nel suo regno, che (o perché?) l'intelletto divino, il progetto di ascendenza divina non crea
mai né colloca/stabilisce nulla a caso, tutto il misterioso palazzo è costruito a immagine
dell'uomo.

9. La nobile struttura del corpo umano ha in sé così tanta perfezione che essa stessa diventa
regola infallibile di ciò che il cielo riesca ad avvolgere con il suo ampio tetto. La natura lo rese
tale che, unico fra tutti gli esseri viventi, è capace di stare seduto o retto e, come la sua
anima risulta superiore ad ogni altra forma, così il suo corpo diventa criterio di misura per
ogni altro corpo.

10. Le meraviglie che esso (cioè il corpo umano) comprende e racchiude non possono
essere spiegate con le parole, non vi è una nave in mare, né un palazzo sulla terra, né un
teatro, né un tempio sotto il sole, né vi è una macchina?? in pace, una macchina bellica, che
non abbia come modello questa unità di misura (cioè il corpo umano); il compasso e la
squadra trovano, in un'architettura così perfetta, tutte le figure geometriche.

11. Grande miracolo, in cui a piene mani Giove diede l'eccesso dei suoi doni, immagine
vera, viva, manifesta della divinità. Quasi come una piccola mappa, una grande sfera?? fu
l'universo condensato in esso (cioè nell'uomo). Tiene alta la fronte, alte le ciglia, solo per
guardare quel cielo che gli è simile.
12. L'universo è diviso in tre parti: la prima parte, che sta in alto, è quella che appartiene ai
sommi dei, gli ordini belli e ben disposti dei pianeti hanno la seconda zona delle sfere rotanti,
l'ultima zona, quella più bassa, occupa la regione dei quattro elementi (area, acqua, fuoco,
terra) e quest'altro minor corpo (cioè il corpo umano), che ha facoltà sensitiva e intellettiva,
bene si adatta con esso in fatto di proporzioni.

13. Sostiene il ruolo di Dio nel capo eccelso la virtù che intende (cioè l'intelletto), si collega
come il sole, in mezzo, il cuore, il quale distende dappertutto il suo calore, il ventre che
corrisponde alla parte inferiore, come il mondo sublunare, è soggetto a continue
trasformazioni. Questa animata casa è tripartita tra il corpo, il ventre e il cuore.

14. Il cielo e gli elementi sono 5 corpi e il numero è anche un riferimento ai sensi umani: il
cielo stellato di belle luci vive è un ritratto naturale della vista, poi l'udito all'aria e alla terra il
tatto sono tra loro conformi e corrispondenti, né sembra esserci minore simpatia tra l'olfatto e
il fuoco, il gusto e l'acqua.

15. La divina onnipotenza ben poteva, con quella stessa sollecitudine benevola, con cui ha
saputo porre nell'uomo tanta eccellenza, anche donargli un velo incorruttibile (cioè l'anima),
componendolo col puro fiore della quinta essenza (cioè l'etere), con la quale, senza
mescolare altri elementi, è stato creato il cielo. (Mi mancano le ultime due righe della
parafrasi).

16. Ma poiché egli (l'uomo) è nato per pensare e occorre che ogni specie vivente risplenda
in lui, e che conduca al chiaro intelletto di cui è dotato i fantasmi sensibili. Non doveva essere
formato da un'altra costruzione fisica che da quella costituita da quattro elementi, benché
effimera, affinché prima i sensi e poi la mente siano in grado di afferrare ciò che egli
comprende.

17. Di ogni bel lavoro/azione che con tanta abilità orna l'incarico immenso dell'uomo, i nervi
sono gli strumenti grazie ai quali lo spirito distribuisce alle varie parti movimento e sensibilità,
alcuni sono morbidi, altri duri, ciascuno in ogni parte è sempre intento al proprio incarico e la
facoltà del movimento e del sentire non può compiere alcun atto senza di essi.

18. Ora vieni avanti e ne vedrai le conseguenze, e dirai che a ragione Venere fece in modo
che il luogo consacrato al suo diletto fosse modello per ogni cosa. Qui tacette Cillenio (cioè
Mercurio) e …
Che in quel momento aveva già raggiunto e superato la prima soglia del giardino meraviglioso.

19. Nel giardino, diviso in 5 Portici, ci sono 5 porte che consentono l'entrata al visitatore e
la porta di ogni portico è sorvegliata da un custode seduto sul portico. Di modo che un solo
giardino contiene cinque giardini di uguali dimensioni e vicini tra loro.

20. Il piacevole palazzo (di Venere) abbraccia nelle sue cinque torri cinque giardini,
cosicché ai suoi balconi domina lontano su ogni lato un giardino. Ogni giardino è ombreggiato
da un muro che gli fa da confine e che si estende per mille braccia. Questo si chiude in un
quadrato e lascia in mezzo le porte, cosicché si passa dall'uno all'altro giardino.

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