Per ammissione dello stesso O'Neill II lutto si addice ad Elettra si
ispira al modello t/e//'Orestea di Eschìlo - la grande trilogia tragica che lei ha già messo in scena in due diverse versioni. Trovandosi ora ad allestire il dramma di O'Neill che relazioni ha colto tra il testo del drammaturgo americano e il suo antecedente classico?
Rifacendosi ai modello di Eschilo, O'Neill con // lutto si addice ad
Elettra porta in primo luogo in scena l'inattingibilità del tragico nel- l'orizzonte culturale contemporaneo. Rileggendo le vicende degli Atridi attraverso le convenzioni drammaturgiche elaborate dal teatro 'borghese', O'Neill è costretto a compiere un essenziale tradimento della natura della tragedia classica convertendo il mito in storia. La temporalità 'assoluta' in cui agiscono Agamennone, Clitemnestra, Elettra ed Oreste cede il passo alla temporalità determinata entro la quale si consuma il dramma dei Mannon: collocata nel New England all'indomani della conclusione della Guerra di Secessione, l'azione del Lutto riduce la 'lunga durata' del mito alla 'contingenza' della sto- ria. L'aggregazione mitica, in quanto racconto sedimentatosi nei seco- li di un fatto mai realmente accaduto, è però irriducibile alla 'cronaca' storica; la frizione che si produce inevitabilmente tra mito e storia inscrive nel testo di O'Neill un notevole potenziale ironico - potenzia- le che è tanto più forte quanto più il problema della praticabilità della tragedia nel mondo contemporaneo viene affrontato dall'autore 'seria- mente'. 11 collasso della struttura mitica si ripercuote inesorabilmente sugli altri elementi portanti dell'architettura tragica: le implicazioni religiose della drammaturgia classica sono tradotte da O'Neill nel rigorismo della spiritualità puritana spinto sino al limite della bigotte- ria. Parallelamente, spostando il baricentro dell'azione dalla dimen- sione pubblica della polis alla sfera del privato e del soggettivo, il valore politico della tragedia è degradato dal drammaturgo al patriot- tismo e al militarismo tipico di certa cultura americana. Sul piano for- male la messa in discussione della funzione 'civile' della tragedia si * risolve in un'irreversibile crisi del coro. Limitandosi quasi sempre a 230
riassumere gli antecedenti della vicenda, lo sparuto gruppo di abitanti
della città che all'inizio di ciascuna parte della trilogia di O'Neill introduce l'azione, mi è parso una semplificazione a tal punto grosso- lana del coro greco da non avere nemmeno più bisogno di essere. Per questo allestimento, volendo ridurre // lutto si addice ad Elettro ai suoi elementi narrativi e strutturali essenziali senza per altro intaccare l'integrità della trama e il respiro "mahleriano' della partitura dram- maturgica, ho dunque preferito, tra i numerosi tagli operati sul testo, sopprimere integralmente questi personaggi. Da tale drastica elimina- zione ha acquistato particolare rilievo la figura di Seth. Nel quadro del nuovo assetto drammaturgico, il vecchio giardiniere dei Mannon - a cui sono anche stati attribuiti i più significativi frammenti di battute del coro soppresso - ha infatti assunto su di sé il ruolo di 'memoria classica' dell'azione. Seth ci è insomma parso l'estremo depositario di quanto sopravvive della sapienza mitica nell'orizzonte desolato della storia.
Proprio in prospettiva 'politica' il significato profondo rfe//'Orestea
si coglie nella trasformazione delle Erinni in Eumenidi, divinità garanti del nuovo ordine civico. Che ne è di questa metamorfosi nella trilogia di O'Neill? Il Reinterpretando in chiave 'psicologica' le figure del mito, O'Neill compie un ulteriore tradimento dello spirito tragico. Per dichiarazione dell'autore le Furie che mlVOrestea perseguitano Oreste cessano nel Lutto si addice ad Elettro di essere entità 'oggettive' esterne all'eroe e si calano nella sua 'interiorità' trasformandosi nel rimorso o nel senso di colpa. Proprio questo processo di interiorizzazione impedisce la metamorfosi delle Furie in Eumenidi: nella terza parte della trilogia o'neilliana resta soltanto il rimpianto di una metamorfosi impossibile. Nel dramma di O'Neill l'ambigua figura mitica della Furia-Eumenide sopravvive in una dimensione assolutamente 'privata' di incubo che può al massimo 'oggettivarsi' nell'ossessione - per altro tutta sogget- tiva - dei personaggi per i fantasmi del passato. Il tema ricorrente del fantasma - emblematizzato nei ritratti dei morti Mannon - non è in fondo che l'estrema degradazione e negazione di gusto 'gotico' del rito di fondazione narrato da Eschilo. 231
Nella drammaturgia contemporanea i tentativi di riscrittura di miti
classici sono particolarmente frequenti. Rispetto ad esperimenti ana- loghi quali caratteri specifici presenta II lutto sì addice ad Elettra?
Un motivo di particolare interesse che ho trovato nella trilogia di
O'Neill è che questa non si limita ad una ennesima rielaborazione tea- trale del mito greco degli Atridi, ma si pone in relazione ad un antece- dente drammaturgico preciso - YOrestea di Eschilo - e porta in scena le cause stesse per cui quell'antecedente risulta in realtà impraticabile. Sintomatica è in tal senso la contrapposizione tra i membri della fami- glia Mannon, epigoni della grande tradizione tragica, e i due fratelli Niles. Peter ed Hazel risultano infatti portatori di una logica 'borghese' del sentimento, fondata sulla razionalità degli affetti, incompatibile con il carattere costituzionalmente 'eccessivo' della 'passione' tragica. Nel mondo contemporaneo il personaggio non può però assurgere alla statura dell'eroe classico: come i loro antecedenti tragici i Mannon sembrano sì 'essere agiti' da potenze che li eccedono, ma a fronte della normalità di Peter ed Hazel, risulta chiaro che il 'demone' da cui essi sono posseduti non è di origine divina, ma patologica. Per questa via lo stesso concetto di Fato finisce con l'essere rimesso in discussione: pri- vato di ogni risvolto metafisico il destino è ridotto ad una matrice quasi biologica e la maledizione dei Mannon sconfina nella tara gene- tica. La patologia - surrogato psicoanalitico della 'passione' tragica - è però una malattia contagiosa: nell'ultimo atto della terza parte, all'api- ce della tensione drammatica, lo squilibrio dei Mannon arriva ad insi- diare pure l'ordine borghese dei fratelli Niles. Nel Lutto si addice ad Elettra l'esasperazione patologica è tale da sconfinare in una sorta di determinismo meccanicistico. 1 vari membri della famiglia Mannon risultano privi delle complicazioni psicologiche sottese all'agire dei personaggi della più ortodossa drammaturgia borghese: in preda alle loro personali ossessioni essi diventano semplici manichini, congegni drammaturgici che replicano comportamenti altrui - siano essi quelli dei genitori o quelli dei loro antecedenti mitici - al di là di ogni preoc- cupazione di approfondimento psicologico.
Nell'esperienza concreta della messa in scena come ha affrontato la
sostanziale 'duplicità' del Lutto si addice ad Elettra derivante dal 232
costante rapportarsi del testo o'neiUiano all'archetipo tragico?
Portando in scena il dramma di O'Neill ho cercato di mantenermi
fedele al principio costruttivo del testo. In sostanza l'abisso spalanca- tosi tra la Grecia di Eschilo e l'America di O'Neill non è troppo diverso da quello che si apre tra il mondo di O'Neill e il nostro: il New England del diciannovesimo secolo rientra infatti in un sistema di coordinate culturali totalmente estranee a quelle in cui viviamo. Di comune accordo con gli attori abbiamo quindi affrontato lo spettacolo immaginandolo come un tentativo da parte di una compagnia italiana dei nostri giorni di rappresentare una tragedia appartenente ad una cultura estranea in termini spaziali e temporali - tentativo destinato al fallimento in quanto gli interpreti restano impigliati in un materiale drammaturgico che, pur aspirando al sublime mitico, non è per sua natura tragico. Senza cadere in facili giochi metateatrali abbiamo quindi cercato di impostare la messa in scena su di un doppio livello capace di riflettere l'ambiguità della struttura drammaturgica di par- tenza: nello spettacolo la rappresentazione della vicenda vera e pro- pria coesiste cioè con la rappresentazione del tentativo compiuto dagli attori di rapportarsi al dramma. In questo modo abbiamo anche cerca- to di evitare ogni concessione al gusto delF'esotico'. Il rapporto con la cultura americana - radicalmente 'altra" - non è stato cioè risolto nei modi di una ricostruzione documentaria fondata sulPimmedesima- zione e sulla pedissequa adesione alle indicazioni fornite dal dramma- turgo, ma è stato filtrato attraverso un sistema di riferimenti che ci appartengono senza per altro escludere 'citazioni' comportamentali e gestuali del mondo statunitense. Anche in questo caso l'attrito tra i diversi orizzonti culturali - quello italiano e quello americano - ha assicurato la possibilità di risvolti ironici non determinati dalla volontà di ammiccare al pubblico, ma dal desiderio di aderire allo spi- rito dell'operazione drammaturgica di O'Neill.
Escludendo l'ipotesi di una fedele trascrizione scenica delle indica-
zioni dell'autore che tipo di ambientaziotie ha pensato per il suo spet- tacolo?
A differenza del racconto mitico che conserva una propria attualità al
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di là dell'epoca in cui nasce, la cronaca storica tende ad esaurire rapi-
damente la propria vitalità: l'America ottocentesca che fa da sfondo alle vicende dei Mannon risulta ai nostri occhi inevitabilmente priva di qualsiasi interesse che esuli dalla mera curiosità documentaria. Facendo nostra la libertà con cui O'Neill sì è rapportato al modello deìl'Orestea abbiamo quindi cercato, in assoluta fedeltà alla lettera del testo, di 'tradire' // lutto si addice ad Elettro individuando un'am- bientazione e un sistema di convenzioni rappresentative in grado di restituirci, nella sua piena vitalità, l'indagine compiuta dal dramma- turgo americano sulla degradazione del mito tragico. Senza cadere in un eccessivo rigore di determinazione temporale, la scelta dell'am- bientazione è caduta sull'immagine dell'America formatasi in Europa nel secondo dopoguerra attraverso la massiccia diffusione di fìlms sta- tunitensi. L'importanza della cultura americana per la comprensione della trilogia di O'Neill non ci deve far dimenticare la matrice essen- zialmente europea dì questo esperimento di scrittura teatrale. Non sol- tanto O'Neill attinge al modello di Eschilo ma, nel riplasmare il mito degli Atridi, egli si giova delle strutture drammaturgiche elaborate in Europa da Ibsen o Strindberg. Lo stesso schema psicanalitico attra- verso cui viene strutturato il materiale mitico è in realtà di derivazione europea: nonostante O'Neill cerchi di ridimensionare l'influsso eser- citato dalla psicanalisi freudiana sulla composizione della propria tri- logia, è innegabile per esempio che l'interpretazione psicanalitica del modello comportamentale rappresentato dai complesso edipico abbia avuto larga parte nella stesura dei Lutto di addice ad Elettro. Il testo di O'Neill si presenta dunque come un classico caso di rielaborazione secondo i paradigmi della cultura americana di un patrimonio di pen- siero di origine europea. Come spesso è accaduto nel corso del nostro secolo, l'America ha poi riesportato in Europa tali rielaborazioni spacciandole per creazioni originali. Caso tipico è proprio quello della cultura psicanalitica che, presso il pubblico meno colto, viene divul- gata nel vecchio continente tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta attraverso la produzione cinematografica statunitense. La rappresenta- zione della psicopatologia codificata da jìlms di Hitchcock quali lo ti salverò, La donna che visse due volte o Psycho ci è sembrata dunque il più naturale filtro per la messa in scena del Lutto si addice ad Elettro. I clichés di certa cinematografia di 'genere' del secondo 234
dopoguerra sono poi il naturale corrispettivo delle invecchiate con-
venzioni melodrammatiche che strutturano la sintassi del dramma di O'Neill: anche in questa prospettiva l'immagine dell'America che gli spettatori europei si formano intorno agli anni cinquanta attraverso il cinema fornisce una preziosa mediazione per la messa in scena dell'Elettra o'neilliana. È per esempio attraverso tali schemi di lettura che le scene di esaltazione passionale, pur nella loro sostanziale 'inau- tenticità', trovano una concreta fruibilità teatrale. L'immaginario cinematografico diventa quindi una sorta di mitologia alternativa al mito degradato a storia del Lutto si addice ad Elettra.
Anche nell'impianto spaziale si è discostato dalle indicazioni di
O'Neill?
Nel Lutto si addice ad Elettra l'organizzazione spaziale dell'azione è
essenzialmente polarizzata su dì una contrapposizione tra interno ed esterno. Ognuna delle tre parti della trilogia si apre all'esterno del palazzo dei Mannon, quindi, proseguendo nell'azione, lo spettatore viene introdotto nelle sale interne della lussuosa residenza. La metafora spaziale è evidentissima: l'impianto scenografico allude a quel processo di interiorizzazione di cui abbiamo già parlato. Per chi non avesse colto l'analogia tra la sintassi spaziale e la logica di costruzione del personaggio, Christine dichiara esplicitamente che la facciata della casa, col suo porticato neoclassico, non è che una «maschera» sovrapposta all'edificio, in tutto e per tutto simile alle «maschere» nelle quali si irrigidisce l'espressione dei membri della famiglia Mannon. La polarizzazione interno-esterno si carica di un'ul- teriore valenza simbolica ne! quarto atto della seconda parte quando è lo stesso oceano ad essere portato in scena. Il tema del mare, che ricorre ossessivamente nella drammaturgia di O'Neill, si collega metonimicamente in questo episodio a quello delle «isole felici», luogo mentale più che geografico, simbolo, nell'immaginario del drammaturgo, del Paradiso perduto, dell'innocenza precedente alla scoperta del peccato. 11 rigore con cui O'Neill costruisce l'architettura spaziale della propria azione non ammette deroghe: è possibile sfron- dare le indicazioni dell'autore relative ai particolari 'realistici' della messa in scena, ma non si può intaccare il ritmo con cui gli interni si 235
succedono agli esterni. Facendo leva su questa organizzazione spazia-
le bipolare abbiamo potenziato la contrapposizione di partenza isti- tuendo un'ulteriore divaricazione tra una sorta di fuori-scena e la scena vera e propria. Gli interpreti recitano ora in scena ora in un altrove non ben definito in armonia con la loro identità ambigua, a cui ho già fatto cenno, di attori che si rapportano ad un aggregato mitico e di protagonisti della saga dei Mannon. Ci troviamo insomma in pre- senza di un vasto spazio esploso che gli attori devono conquistare e gestire nel corso della rappresentazione e che il pubblico deve rico- struire attraverso la propria percezione; uno spazio mobile in cui si alternano punti di vista diversi.
Lo sdoppiamento che si produce nello spettacolo tra il piano della
vicenda narrata da O'Neill e quello del rapporto tra gli attori e l'azio- ne drammatica come si è tradotto nella costruzione dei personaggi?
Sospesi tra origine mitica e identità storica i personaggi del Lutto
sono per gli attori più una meta da conquistare nel corso della rappre- sentazione che un a-priori da presentare allo spettatore in forma defi- nita sin dalla prima apparizione in scena. Occorre poi osservare che lo scarto maggiore o minore introdotto da O'Neill tra i propri personaggi e i loro rispettivi modelli mitici, diventando parte integrante del carat- tere dei personaggi stessi e come tale oggetto di rappresentazione, si presta ad essere reso proprio attraverso la messa in scena del rapporto tra l'attore e la figura che egli è chiamato ad incarnare. Paradigmatica è in tal senso la contrapposizione tra Lavinia e Christine. Nata dalla volontà dì dare ad Elettra una degna fine 'tragica' che la sollevasse da quel destino dì mediocrità coniugale cui il mito la condannava, Lavinia è tra i personaggi di O'Neill quello che maggiormente si sfor- za di aderire all'antecedente mitico. All'opposto Christine tende ad allontanarsi dal proprio modello e la sua ansia di sottrarsi al destino di Clitemnestra precipita nella scelta del suicidio, scelta assolutamente inconcepibile per l'eroina di Eschilo. A ben guardare la differenza riscontrabile tra le due figure nei loro rispettivi modi di rapportarsi all'antecedente mitico può essere tradotta scenicamente nella contrap- posizione tra due diverse tipologie di attori, l'una tesa alla totale fusione con il proprio personaggio, l'altra più libera dai condiziona- Z36
menti drammaturgici e desiderosa di affermare in primo luogo la pro-
pria personalità.
// lavoro degli attori è stato quindi impostato su di una sorta di prin-
cipio di montaggio?
Sicuramente. Il carattere patologico dei personaggi, l'ambiguità della
loro identità e la tensione creata tra l'attore e la figura da lui incarnata hanno infatti imposto di rinunciare ad ogni 'continuità' interpretativa. Costruita sulla giustapposizione di 'frammenti', la recitazione proce- de per salti ed ellissi che, rompendo con la logica dello 'stato' d'ani- mo, riproducono la dinamica di quello squilibrio crescente in cui ine- sorabilmente precipita il racconto di O'Neill.
Nel passaggio da Strano interludio a 11 lutto si addice ad Elettra
O'Neill si impone di abbandonare l'artificio dei pensieri recitati ad alta voce che avevano fatto del dramma del 1928 uno dei testi più innovativi nell'ambito della drammaturgia sperimentale di inizio secolo. Per quel che concerne l'organizzazione dialogica la scompar- sa degli a-parte segna a suo giudizio un'involuzione nel percorso drammaturgico di O'Neill?
Non credo. Anche se in apparenza la logica di successione delle bat-
tute sembra infatti rispondere alla sintassi del dialogo tradizionale, ad un esame più attento ci si accorge che le regole secondo le quali si costruisce il testo violentano in realtà le convenzioni dialogiche cano- niche. 11 furore patologico di cui sono preda i personaggi non condi- ziona soltanto il loro agire, ma deforma pure il loro rapporto con la comunicazione. O'Neill attinge a piene mani alla retorica freudiana per distorcere il dialogo: frequente è per esempio nell'£7effra il ricor- so al lapsus - figura che porta i personaggi ad esprimersi al di là della loro volontà. L'assoluta scarnificazione del linguaggio, ridotto ad un vocabolario minimale, fa sì che ognuno dei protagonisti della vicenda carichi le poche parole ossessivamente ricorrenti nelle varie conversa- zioni di un proprio significato privato; si originano in questo modo continui fraintendimenti che impediscono un'autentica comunicazio- ne: sotto la maschera del dialogo spesso si celano monologhi montati 237
in parallelo. L'estrema penuria lessicale è compensata dall'accensione
visionaria del linguaggio: le parole non valgono tanto per il loro signi- ficato quanto per la loro capacità di suscitare immagini. Ogni vocabo- lo si trasforma così in impulso rapidissimo a cui i vari interlocutori reagiscono in modo diverso. Una sorta di curioso "minimalismo' wagneriano scandisce l'articolazione del Lutto si addice ad Elettra: la variazione ossessiva di un numero ristretto di temi crea una sinfonia di dimensioni imponenti. E questo un principio strutturante che agisce su più piani: da quello lessicale a quello della costruzione dell'azione e dei personaggi. Non sono infatti soltanto le parole a ripetersi, anche le 'situazioni', le dinamiche conflittuali e i caratteri dei protagonisti della trilogia si replicano infatti con scarti minimi di atto in atto,
Questa povertà di linguaggio e di strutture narrative è segno di una
sostanziale imperizia dello scrittore?
Sicuramente O'Neili non è un grande poeta, ma è un drammaturgo
straordinario. 1 suoi testi, spesso di modesta qualità letteraria, si rive- lano alla prova del palcoscenico dei meccanismi drammaturgici di grande raffinatezza. Nel Lutto si addice ad Elettra per esempio lavo- rando su una gamma ristretta di snodi narrativi e sovente quasi ripe- tendo le stesse battute riesce a creare tredici atti di lunghezza diversi- ficata in cui si alternano generi teatrali molto diversi dal tragico, al gotico o al grottesco.
Che funzione attribuisce al commento musicale in questo allestimento
dell 'Elettra?
Le musiche di questa messa in scena non sono un semplice accompa-
gnamento di sottofondo, ma costituiscono una base con cui gli attori sono chiamati a colloquiare ed interagire. Il carattere dei brani è quan- to mai diversificato: si spazia dalla musica colta alle colonne sonore di quei films americani del secondo dopoguerra che - come ho già spiegato - hanno avuto un'importante funzione di mediazione cultura- le nella nostra trascrizione scenica della trilogia di O'Neili. Al di là della natura dei singoli pezzi la musica ha però sempre la funzione di produrre un attrito, di stabilire una distanza, di creare una tensione 238
dialettica con la recitazione. Lungi dai risolversi in una grossolana
parodia, la sottolineatura melodrammatica di certi brani non è che un segno dell'ineluttabile fallimento a cui è condannato ogni tentativo di approssimazione all'enigmatica sapienza tragica. Anche sul piano del rapporto musica-azione il doloroso peso degli strappi e delle mulila- zioni prodotte dalla storia si raggela nel lucido distacco dell'ironia.