LA VITA
William Shakespeare (1564-1616) nacque a Stratford-on-Avon, Warwickshire, terzo figlio di un commerciante in pelli e legnami. Le
scarse informazioni sulla sua vita derivano essenzialmente da alcuni documenti legali e da citazioni in opere di contemporanei.
Frequentò quasi sicuramente la Stratford Grammar School, dove studiò la grammatica e la retorica latine, ma non frequentò alcuna
università. Nel 1582 sposò Anna Hathaway, di otto anni più anziana, già incinta al momento delle nozze; da questa unione nacquero
una figlia (1583) e due gemelli (1585). Nulla si sa con certezza degli anni successivi se non che entro il 1589 raggiunse Londra e che
nel 1592 vi viveva, da attore affermato.
Proprio nella capitale inglese, vi fu la temporanea chiusura dei teatri negli anni 1592-1594, a causa di un’epidemia di peste. La ripresa
dell’attività teatrale londinese dopo la fine della peste vide Shakespeare unirsi a una delle due principali compagnie teatrali del momento,
quella dei Lord Chamberlain’s Men, chiamata dal 1603 King’s Men dopo essere passata alle dipendenze del nuovo sovrano Giacomo I.
L’altra compagnia era quella dei Lord Admiral’s Men e vi apparteneva anche Christopher Marlowe. La maggior parte dei capolavori
scritti da Shakespeare, incluse le principali tragedie, fu messa in scena al teatro The Globe, fondato nel 1599.
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Shakespeare si ritirò a Stratford verso il 1610; le opere The Winter’s Tale e The Tempest furono probabilmente scritte in questi anni.
Tre anni dopo abbandonò l’attività teatrale, pur continuando a tenere i contatti con la compagnia dei King’s Men, e fino alla sua morte
condusse una vita da gentiluomo dedito agli affari.
IL CANONE SHAKESPEARIANO
Shakespeare mostrò sempre poco interesse per la pubblicazione delle sue opere: sua preoccupazione era quella di vedere i suoi drammi
sulla scena. I quaranta drammi sono pervenuti attraverso due vie principali: quella degli “in quarto”, che riguarda sedici drammi e il
cosiddetto “primo in foglio”, la prima raccolta di drammi di Shakespeare pubblicata dopo la sua morte dagli amici e colleghi John Heminge
e Henry Condell nel 1623. Gli “in quarto”, invece, erano spesso edizioni pirata e non autorizzate, frutto del lavoro di stenografi di
compagnie concorrenti, presenti alle rappresentazioni, che perciò riportavano inevitabilmente anche parti corrotte e frammentarie. In
rare occasioni, essi sono manoscritti autografi con correzioni dell’autore.
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LA CARRIERA TEATRALE
La carriera poetica di Shakespeare abbraccia un periodo che va dalla fine degli anni 1580 fino al 1613, ovvero la parte conclusiva più
ricca di fermenti del regno di Elisabetta e il primo decennio di quello di Giacomo I. Questo periodo viene normalmente diviso dalla
critica in varie fasi sulla base di criteri diversi, in genere le presunte o reali omogeneità tematiche, stilistiche e linguistiche.
¨ LA FASE GIOVANILE
Nella prima fase, forse dal 1588 al 1595, Shakespeare mostrava già una notevole padronanza dei diversi generi drammatici e una
consapevolezza dei gusti del pubblico. In quel periodo scrisse il dramma storico Enrico VI e la tragedia storica Riccardo III, basata sul
modello di Marlowe, su un protagonista assoluto. L’argomento di entrambe le opere sono gli avvenimenti più recenti, la guerra civile e
la tirannide sotto la rinascita Tudor. Nella tragedia Tito Andronico si ritrova il gusto per i crimini di imitazione senechiana. Altre opere di
questa fase ® sono La Commedia Degli Errori, La Bisbetica Domata e I Due Gentiluomini Di Verona.
La seconda fase, dal 1595 al 1599, rappresentò un momento di grande creatività raffinata e gioiosa, non di rado venata di malinconia,
espressa spesso da virtuosismi retorici: essa segnò il passaggio a una drammaturgia più matura.
- Drammi storici ® Riccardo II, Re Giovanni, Enrico IV, Enrico V. Questi mirano a un’analisi delle cause che avevano originato i
fatti descritti nei due drammi storici della prima fase.
- Raffinate commedie ® Pene D’amor Perdute, Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate, Il Mercante Di Venezia, Molto Rumore Per
Nulla.
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- Più o meno nello stesso periodo fu scritta la tragedia Romeo e Giulietta (1595-1596) ® Il nucleo della tragedia non era tanto
l’inimicizia tra le due famiglie quanto il prevalere della cattiva sorte.
La terza fase, dal 1599 al 1602, non presenta uniformità d’spirazione, anche se alcuni critici hanno parlato di dark comedies o problem
plays: le opere, infatti, sono drammi spesso segnati da profonda amarezza e sfiducia e il lieto fine, quando esiste, non riesce a oscurare
uno scenario di cinismo, falsità e prevaricazione.
- Tragedia della vendetta ® Amleto (1600-01) la più popolare fra le tragedie shakespeariane, ha come lontana fonte l’Historia
Danica del cronista danese del XIII secolo Saxo Grammaticus. Proponendosi come la classica tragedia della vendetta, l’opera
analizza la reazione morale del principe di Danimarca Amleto all’omicidio del padre e all’usurpazione del trono da parte dello zio
Claudio. Solo nel suo dramma, irresoluto di carattere, egli si abbandona alla sua fantasia malata, alla pazzia in parte stratagemma
per nascondere i propri piani di vendetta. Rifiuta con sarcasmo l’amore della dolce Ofelia, che si annega; tormenta la madre
divenuta moglie dello zio; uccide per errore Polonia, padre di Ofelia. Riesce a sfuggire ai tranelli di Claudio, ma muore in duello,
trafitto dalla spada avvelenata di Laerte, fratello di Ofelia, dopo aver ucciso Claudio in un impeto d’ira. Al termine della tragedia
tutti i personaggi sono morti e il principe norvegese Fortebraccio, il leale soldato, sale al trono. A differenza della tragedia greca,
in Amleto non è il fato a portare i personaggi alla caduta e alla morte, ma il male che li circonda o che è dentro di loro; un
male che si manifesta nelle immagini di malattia e corruzione ricorrenti.
- Commedia amara (bitter comedy) ® Troilo e Cressida, definita commedia amara in quanto non possiede l’atmosfera briosa delle
commedie precedenti.
- Altre commedie: Come Vi Piace, La Dodicesima Notte, Le Allegre Comari Di Windsor, Tutto È Bene Ciò Che Finisce Bene, Misura
Per Misura. Nelle prime due il tono è leggero, lo schema morale semplice e, soprattutto in La Dodicesima Notte, l’intreccio
complesso si svolge tra il comico e il sentimentale. Le ultime due hanno il tono raffinato e amaro di Troilo e Cressida: nonostante
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si concludano felicemente, sono sempre permeate di un’atmosfera non del tutto gioiosa e serena: i personaggi non sono privi di
colpe e se si giudica con il metro umano nessuno ha il diritto di condannare, ma solo di perdonare.
La quarta fase, che va dal 1603 al 1608, è segnata dall’ascesa al trono di Giacomo I e comprende sei grandi tragedie ® Otello, Re
Lear, Macbeth, Antonio e Cleopatra, Coriolano e Timone.
- Otello (1603-04) ® deriva la propria trama da una novella italiana che Shakespeare rimaneggiò, prendendo la storia e lavorando
sulla caratterizzazione dei personaggi e sul linguaggio ne ricavò una tragedia intensamente poetica. Il nobile e coraggioso moro
Otello è talmente ingenuo da diventare una marionetta nelle mani del perfido Iago e venirne distrutto. Egli è sfiduciato ed incapace
di trovare un’azione adeguata (proprio lui, uomo d’azione) alla insinuata infedeltà della consorte Desdemona, creatura
moralmente integra e pura. La frustrazione che ne deriva è la causa della sua perdita: il mondo di Otello crolla, il male è il
rimediabile e l’unica soluzione risulta essere l’uccisione di Desdemona.
- Macbeth (1606) ® trae fonte dalla seconda edizione delle Chronicles of England, Scotland and Ireland (1587) di Rafael
Holinshed. Ancora una volta, però, Shakespeare rielaborò un materiale grezzo per farne una storia complessa dai profondi
significati simbolici. Già nella prima scena del dramma le parole di congedo delle streghe “bello è il brutto e brutto il bello” rivelano
l’essenza di tutta la tragedia: un disordine fisico in cui si riflette un disordine morale, un capovolgimento dei valori e
una deformazione della realtà. La parabola di Macbeth, al quale viene preannunciato un futuro da re che gli scatena nell’animo
l’ambizione più sfrenata (incitato e aiutato nel regicidio da Lady Macbeth) esemplifica la fragilità dell’innocenza, l’orrore del sangue
e della follia. Macbeth, all’inizio uomo leale e coraggioso, diviene nel corso della tragedia eroe perverso e la sua consorte,
forzando la propria natura di madre e donna, è pronta a istigarlo nei momenti di incertezza. Questo delitto contrario alla natura
delle cose sovverte la realtà, toglie a Macbeth il sonno, “balsamo di ogni affanno”, lo travolge nel delirio di una vita che non
significa nulla. Anche qui Shakespeare rappresenta il male con immagini di sangue e di morte, così che il pubblico sia indotto a
meditare sulla natura del bene e del male, sull’apparenza e la realtà, sulla responsabilità morale e sul libero arbitrio.
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¨ LA QUINTA FASE, ROMANZESCO-SIMBOLICA
Il periodo copre gli anni che vanno dal 1608 al 1613. In questo periodo la compagnia teatrale the King’s Men operava al Blackfriars, un
private theatre, per un pubblico più ristretto e raffinato. Anche le opere scritte da Shakespeare si adeguano al nuovo gusto: commedie
romantiche o drammi romanzeschi (romances), che paiono mostrare un atteggiamento diverso nei confronti della vita e dell’arte.
Tuttavia, il suo atteggiamento più benevolo nei confronti dell’uomo può essere dovuto non solo all’esigenza di un pubblico diverso, ma
più probabilmente il suo modo di sentire in quel periodo.
- Opere ® Pericle, Principe Di Tiro, Cimbellino, Il Racconto d’Inverno, La Tempesta. Tutte queste opere, scritte fra il 1609 il 1612,
sono interessate, in modi diversi, al rapporto colpa-espiazione, male-innocenza e sono pervase da un’atmosfera di
perdono e riconciliazione. Shakespeare pare manifestare una rinnovata fiducia nella bontà dell’uomo, ma va notato che il
mondo in cui tutte le vicende si svolgono è irreale, simbolico: l’innocenza vi può trionfare e il male commesso, a differenza che in
tragedie quali Amleto e Otello, può essere cancellato per ripristinare l’innocenza perduta. La profondità e la complessità della
natura umana vengono qui immerse in un’atmosfera magica, profondamente poetica, nella quale l’uomo può vivere solo
temporaneamente, in quanto inevitabile è comunque il suo ritorno alla civiltà delle imperfezioni. A quest’ultima fase, appartengono
anche le ultime due opere di Shakespeare ® Enrico VIII e I Due Nobili Parenti.
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LE ALTRE OPERE
Le opere non teatrali di Shakespeare sono ® i due poemi narrativi Venere e Adone e Lucrezia Violata, una mediocre poesia simbolica
La Fenice e La Tortora e soprattutto la raccolta di 154 Sonetti, probabilmente i migliori mai scritti in lingua inglese.
I Sonetti, composti fra il 1592 e il 1600, vennero pubblicati nel 1609 e furono dedicati a un certo Mr W. H., forse identificabile con William
Herbert, conte di Pembroke, oppure con Henry Wriothesley, conte di Southampton, entrambi amici e patroni di Shakespeare.
La raccolta non si incentra su una donna costantemente invocata e nominata, ma su tre figure: un giovane e biondo aristocratico, una
dama bruna e un poeta rivale, tutti dai contorni sfumati e non ben individuabili. Una delle tematiche ricorrenti è quella del trascorrere
del tempo, dei suoi effetti sulle persone e sulle cose.
IL SONETTO
Il sonetto è una composizione in quattordici versi con un preciso schema di rime: i versi sono legati in base a un sistema
di pause e di collegamenti. Nei sonetti italiani, o petrarcheschi, questa struttura è basata su due quartine (rimate ABBA,
ABBA) e due terzine (rimate, per esempio CDC, CDC o CDC, DCD;) in tal modo il sonetto risulta diviso in due, un’ottava
e una sestina. Il sonetto shakespeariano consiste di tre quartine seguite da un distico (rimato ABAB, CDCD, EFEF,
GG).
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LA FORTUNA CRITICA
Già in vita Shakespeare godette di una certa reputazione e nelle preferenze dei contemporanei fu secondo solo al rivale Ben Jonson,
ritenuto più colto, raffinato e misurato. I suoi contemporanei lo considerarono sempre un bravo e popolare drammaturgo, ma non più di
molti altri. Il suo genio poetico e la ricchezza di contenuti e sfumature presente nella sua opera erano troppo fuori dall’ordinario perché
fossero misurati e apprezzati dalla critica di quei tempi.
¨ Il merito di aver riconosciuto la grandezza di Shakespeare va al Settecento, secolo in cui numerosissimi critici, letterati e biografi
cominciarono a raccogliere materiale critico e filologico sulla sua opera.
¨ Il Novecento ha consacrato Shakespeare come uno dei massimi autori della letteratura mondiale di ogni tempo.
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