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PLAUTO

Vita
Plauto nacque a Sarsina, una città dell'Appennino romagnolo tra il 255 e il
250 a.C. e morì a Roma nel 184 a.C. La sua attività teatrale si svolge in un
arco di tempo che va dall'inizio della seconda guerra punica fino al 186 e
alla morte.
Il più antico codice plautino conservato riporta chiaramente per l’autore i
tria nomina caratteristici dell’uso romano: Tito Maccio Plauto (prenome,
nome gentilizio, cognome). Tuttavia questi sembrano essere autentici ma
falsati dai grammatici antichi. Infatti i tre nomi canonici comportano una
successiione preanomen-nomen-cognomen, questi plautini risultano esser
il frutto si unaggiustamenti, realizzato in epoca posteripre. In maccius si
riconosce facilemnte il richiamo al nome famoso della maschera alla base
dell’atellana e significa lo sciocco, il matto; mentre plautus sembrerebbe
rinviare a una caratteristuca fisica ben precisa cioè i piedi piatti. Entrambi i
nomi potrebbero essere nomi d’arte utilizzati in momenti differenti.
Maccus potrebbe risalire ai te,pi romani di plauto, all’attivita che avrebbe
svolto come attore di atellane: Plautus poyrebbe invece riferirsi, più che
all’effetttiva piattezza di piedi, voleva forse signifcare che lui recitava a
piedi nudi, non aveva il cpturno (alto calzare della tragedia) o il socco (il
snadalo della commedia). Non si escude che il riferimento possa alludere
ad un particolare modo di posizionare i piedi durante le rappresentrazioni.
Egli esordì come attore, ma secondo Varrone Plauto dopo aver perso nel
commercio tutto il denaro guadagnato facendo l'attore fu costretto a girare
la macina in un mulino e proprio in tale condizione aveva cominciato a
scrivere le sue prime commedie. Quindi egli cominciò la sua carriera come
autore, ma ben presto divenne un ADDICTUS (schiavo per debiti). Per
risollevarsi dalla catastrofica situazione economica, cominciò a scrivere
palliate (commedie di argomento e costume greco).
Flauto è il primo poeta latino a dedicarsi interamente al l'unico genere
teatrale quello della palliata. Egli imita, cioè traduce rielabora o riadatta
copioni greci di autori della commedia nuova come Menandro, Difilo e
altri. Gia nel II secolo circolavano sotto il nome di plauto ben 130
commedie. Ci fu un accesso dibattitio sulla loro autenticità e decisivo fu
l'intervento di Marco Varrone che stabilì una lista delle 21 commedie
sicuramente attribuibili a plauto che erano dette varroniane; v’erano poi 20
di dubbie, incerta o solo parziale plautinità.
Le trame delle commedie plautine pur variando nei particolari possono
essere quasi tutte ricondotte a uno schema ricorrente. Infatti i temi favoriti
erano pochi: le peripezie di due amanti, lo sfruttamento di prostitute per
sottrargli una ragazza l'inganno ordito da schiavo e giovane innamorato per
strappare denaro a un padre avaro.
TIPOLOGIA DEGLI INTRECCI
commedie del servuus callidus un servo astuto che ordisce un
esempi: Cistellaria, Miles Gloriosus inganno ai danni dell’antagonista

commedia della beffa la situazione trova un equilibrio per


esempi: Casina, mezzo di uno stratagemma
solitamente da parte del servo ai
danni dell’antagonista
commedie degli equivoci l'intreccio si basa su una catena di
esempi: Amphitruo, malintesi dovuti principalmente a
scambi di persona
commedie di carattere assume un ruolo centrale un
esempi: Aulularia personaggio dei forti caratteri che
vengono fortemente stereotipati

Alla prima fase della produzione di plauto, che coincidono con gli anni
della seconda guerra piunica nei quali l’unica occasione per stettacoli
teatrali era offerta dai ludi romani, appartengono probabilmete l’Asinaria e
il Miles gloriosus e forse anche la Cistellaria. A partire dal 200 le
occasioni teatrali si sono moltiplicate perche sono state resi scenici, cioè
aperti alle rappresentazioni ,i ludi plebei (15 novembre) e plauto in questa
occasione rappresento lo Stichus. ( lo si ricava dalla ‘’didascalia’’’ della
commedia cioè dalla notizia coi dati esssenziali: autore, titolo, festività ,
capocomico). Si innagurava cosi la seconda fare della sua produzione post
bellica a cui si attribuiscono le restnati opere.
I TEMI
Incerta è la cronologia delle opere ma certissima è una data che ebbe
grande importanza nella nell'elaborazione della poetica di plauto: il 17
dicembre 217 giorno e l'anno della Rifondazione e fissazione della festa
dei saturnali. La loro importanza per la storia del teatro romano sta nel
fatto che essi, raccogliendo tratti cavallereschi già presenti nei riti di altre
festività, divennero la festa di tutti per eccellenza. La festa della
sospensione del tempo in cui una volta l'anno il pileus , copricapo che
portavano gli schiavi diventava d'obbligo per tutti. In questa festa era
consentito a chiunque di mangiare bere a dismisura e il 17 dicembre la
divisione tra liberi e gli schiavi spariva e per una volta gli schiavi potevano
sedere alla tavola dei padroni, non per concessione, ma da pari a pari e
poter dire loro liberamente tutto ciò che nessun altro momento avrebbero
osato dire. Seneca, in una sua epistola, ricorda anche che agli schiavi era
consentito di amministrare la giustizia trasformando la casa in un piccolo
stato
Questo clima di sospensione del tempo reale e di ribaltamento delle parti, è
uno dei temi dominanti del teatro di Plauto. Infatti, come nel giorno dei
saturnali, sulla scena plautina amministrare la giustizia apparteneva a tutti
coloro che sembrano i meno indicati a possederla di conseguenza e di
conseguenza la parte bassa della società si impadronisce ,oltre che della
legge, anche della scena stessa: in Plauto adulescentes, parassiti e schiavi
trovano un accordo, si alleno, e di fatto, dettano legge dal principio fino
alla fine dell’azione.
A livello di personaggi, in ordine di importanza vengono prima gli schiavi
poi parassiti infine gli adulescentes, i giovani liberi che non sono ancora
entrati a far parte del mondo dei padri cioè un mondo del denaro e del
potere
In plauto è continuo lo scontro tra la generazione dei padri e dei figli, che
non è mai un confronto diretto tra padri e figli che preferiscono evitare lo
scontro e restare in retroguardia. I figli mandano in prima linea i servi
asturi o madri gelose mentre i padri ricorrono ad amici fidati. A volte più
accadere che gli innamorati siano alle prese con lenoni.
I lenoni sono personaggi che equivalgono ai padri in quanto anche loro
posseggono donne desiderabili, ma a causa della loro professione non
godono dei diritti di piena cittadinanza. Così prendersela con loro truffarli ,
bastonali, picchiarli più che una colpa è un titolo agli occhi dei
concittadini.
Generalmente, le commedie di Plauto erano precedute da un prologo, in
cui un personaggio raccontava l'antefatto, indispensabile per comprendere
la vicenda. Inoltre, nel prologo Plauto diceva anche a quale commedia
greca si era ispirato.
Le trame e i personaggi sono simili in tutte le commedie: ciò che è
veramente importante è l'umorismo dei personaggi e delle situazioni.
Nelle commedie, di solito l'adulescens è innamorato di una meretrice, ma
non dispone del denaro necessario per riscattarla. Perciò, si affida all'aiuto
di uno schiavo astuto e scaltro, che organizza una beffa ai danni di
qualcuno allo scopo di procurarsi i soldi necessari a riscattare la cortigiana
di cui è perdutamente innamorato.
La beffa cioè l'invenzione della stratagemma ai danni di qualcuno era
l'unico a presentare le caratteristiche di una messa in scena vera e propria
con un copione o meglio di un abbozzo di trama.
L'ideatore e il regista della beffa è di solito il servo furbo il quale diventa
in plauto un poeta drammatico e un capocomico. Questo ha a disposizione
una vera e propria compagnia di attori/ aiutanti che è rappresentata da tutti
coloro che per amicizia, per cibo o denaro si prestano ad aiutare il giovane
innamorato.
Non a caso Plauto sceglie uno schiavo come direttore della truffa: ha ormai
perso la sua dignità, è colui che ha provato qualsiasi tipo di punizione e
non teme alcun castigo, nel caso in cui la truffa venisse scoperta.
LA PALLIATA
La palliata è un genere misto, né del tutto greco e del tutto latino capace di
fondere elementi nuovi con quelli ben noti al pubblico romano
Il servo furbo si sente ‘’poeta’’, perché molto spesso le beffe potevano
essere anche del tutto improvvisate, e capo comico e grazie al ribaltamento
dei ruoli, si sente magistrato, console e capo del l'esercito
A volte gli schiavi arrivano persino a deridere e umiliare il loro nemico e
non solo se questo è ruffiano ,un personaggio che la società sfrutta ma
detesta ma anche il suo stesso padrone ,vale a dire un cittadino facoltoso e
rispettato.
Ma come fcacevano gli spettatori romani ad assistere a tutto ciò e a
sopportare spettacoli talmente imbarazzanti?
Grazie al fatto che nella palliata l’ambientazione era greca e i personaggi,
sia il servo che il padrone, indossavano costumi romani. I costumi romani
infatti toglievano l’aggressività e sovversità a parole ed atti della scena e
consentiva di riproporre la rappresentazione scenica come ‘’un gioco della
verità’’ tollerabile e persino gioioso e spassoso. Una sorta di magia, di
incantesimo teatrale che veniva fatto per ridere ma che rappresentava il
mondo che non c’era ma che assomigliava pur sempre a quello reale.
I luoghi dove si svolgevano le vicende rappresentate, più che luoghi reali
sono luoghi immaginari, luoghi dell'impossibile che diventavano
provvisoriamente possibile.
Questo clima carnevalesco garantiscono plauto la continua possibilità di
realizzare quella che in gergo tra tale si dice ‘’rottura dell'illusione
scenica’’ con attori (in ambito greco) che si rivolgono direttamente agli
spettatori (romani)
ed è anche così che avviene il miracolo vale a dire la metamorfosi dei
copioni attici in giro in coppia umani pubblico ricchi di elementi della vita
e del fresco re di Roma.
PARTE LINGUISTICA
La forma teatrale che costituisce il modello di primo riferimento per
plauto, cioè la commedia nuova atenese, non contemplava parti cantate ,se
non al di fuori della vicenda, negli intervalli tra un atto e l'altro.
In Plauto invece le parti recitate dette deverbia si trovavano alternate parti
seguite con un accompagnamento musicale, cantica, che erano vere e
proprie ‘’arie’’ in cui veniva messo alla prova il virtuosismo degli attori.
Un altro aspetto che distingue la commedia plautina dai suoi modelli greci
è l’esuberante creatività linguistica. A differenza dei poeti della commedia
nuova, che facevano ricorso a un linguaggio semplice e quotidiano Plauto
amava procedere con metafore guida che egli sviluppa e varia, creando una
complessa tramatura di immagini e motivi divertenti in cui si collocano le
più notevoli invenzioni verbali dei personaggi plautini in particolare dei
servi furbi.
Un esempio della creatività plautina è data dall'uso dei nomi propri. Si
tratta in sostanza di nomi d'arte che si collegano perfettamente con i
motivi- guida, all’ambientazione delle commedie e ne costituiscono il
motivo conduttore
Per esempio lo Pseudolo della commedia omonima si chiama così perché
diceva molte menzogne e in greco menzogna si dice pseudos
L’abilità di plautp nell’inserire l’elemento romano in un contesto greco e
questa invenzione linguistica continua fu il filo conduttore grazie al quale
la scelta degli argomenti ,come la lotta per la donna e il denaro, arrivarono
al cuore della gente
Lo stile di plauto ebbe straordinaria capacità di cogliere nella vita pubblica
e privata, tutte le voci, tutti gli stili presenti facendone il pretesto per una
vera e propria ‘’festa di parole’’
L’importanza di Plauto
L’importanza di questo autore risiede nel fatto che per primo decise di
dedicarsi ad un solo genere: la commedia. La sua fu molto probabilmente
una carriera lunga e fortunata, poiché per un intero ventennio scrisse
ininterrottamente commedie. Grazie al grande successo che tali
rappresentazioni aveva presso il pubblico, continuarono a essere messe in
scena anche dopo la sua morte.
Il corpus delle commedie
La straordinaria popolarità fu causa di diverse controversie riguardanti
l’autenticità delle commedie: spesso infatti si attribuiva il suo nome a
opere minori per assicurarne il successo. Le commedie plautine si possono
suddividere in:
varroniane: sono ventuno e, come Varrone attesta, sono di autenticità
indiscutibile;
un gruppo di diciannove, di cui non si può certificare l’autenticità ma che
Varrone riteneva plausibile attribuire al poeta;
un gruppo di origine spuria.
Il gruppo delle varroniane ci è giunto quasi integro; solo la
Vidularia è andata perduta, mentre sono incerti la parte
finale dell’Aulularia e quella iniziale delle Bacchides.
Struttura e caratteri delle commedie plautine
I modelli
Le fabulae plautine sono quasi tutte palliate, causa la grande
considerazione di cui i modelli greci godevano. Inoltre la gravitas romana
vietava di portare in scena fatti e personaggi dell’ambiente romano, come
quanto accaduto a Nevio aveva dimostrato.
I modelli plautini si rifanno sia alla “commedia nuova”, sia a quella di
“mezzo”, sia a quella “attica antica”; è inoltre possibile rintracciare
elementi della farsa italica.
La contaminatio
Non è possibile sapere in che misura il poeta abbia utilizzato i suoi
modelli, ma sembra probabile che egli abbia mescolato su un canovaccio
comune scene prese qua e là da altre commedie. Nonostante tutto il suo
stile è dotato di grande originalità, derivante dal fatto che tendeva a
modificare il più possibile l’originale innestandovi qualcosa di suo.
I caratteri
I gusti di Plauto sono orientati verso i modelli meno raffinati, dai quali
deriva la sua irrequieta ed esilarante comicità. Le commedie consistono
essenzialmente di intrecci complicati (il poeta amava la comicità spassosa,
il riso, gli equivoci, il fantastico, gli imbrogli), ma da essi traspare spesso
una profonda caratterizzazione psicologica.
Gli intrecci
Le storie sono ambientate prevalentemente in luoghi stranieri e
caratterizzate da temi tradizionali, come il contrasto tra padri e figli, tra
nuove e vecchie generazioni. Di solito le storie sono a carattere amoroso,
ricche di intrighi ed equivoci, che dopo eventi quasi inverosimili si
concludono felicemente per intervento della fortuna o grazie all’astuzia di
un servo.
La struttura
Ogni commedia di Plauto si presenta divisa in: prologo, azione, epilogo, ai
quali talvolta si affiancano alcune didascalie. Nelle parti dialogate
(deverbia) e in quelle musicali (cantica) vengono messi in risalto i
caratteri tipici della comicità plautina: la genialità e la fantasia.
La caratterizzazione psicologica di Plauto
Il nostro autore non né un moralista, né un satirico, né tuttavia si
preoccupò di mettere al servizio di un’elevata idealità di vita la sua arte.
Egli scrisse per piacere a tutti, ma in particolare per suscitare l’ilarità e il
riso. Il tema principale attorno cui ruotano le vicende da lui trattate, il
vizio, non è fine a se stesso: è un elemento occasionale volto alla
costruzione della scena comica. Questa non deve essere intesa unicamente
nel suo scopo di suscitare ilarità, ma anche nei suoi intenti più prettamente
moralistici ed etici. Non di rado infatti l’autore lamentava la perversità
dell’ambiente romano incitando alla virtù e all’antica frugalità.
Va tenuto presente che egli non possedeva un intimo spirito religioso, ma
da buon romano concepiva la religione come elemento fondamentale della
vita e nelle sue commedie spesso celebrava non solo le divinità romane,
ma anche le antiche divinità italiche.
La lingua
La lingua è fresca, spontanea e chiara. E’ come se questa lasciasse
all’improvviso la sua infanzia per diventare matura. Conserva ancora, è
vero, le durezze del ceppo arcaico, ma utilizza forme ed espressioni
popolari, come proverbi, nomignoli e intonazioni farsesche elevate a un
più alto livello artistico, processo che ha come risultato la nascita di un
originale linguaggio comico- letterario. Derivano dalla sua cultura le
espressioni grecizzanti, entrate con lui a far parte del patrimonio
linguistico latino, ed anche alcune espressioni di lingue inusitate. Dalla sua
cultura affiorano anche i numerosi procedimenti stilistici e le figure del
discorso, come allitterazioni, anafore e giochi di parole.
La metrica
Non si sa fino a che punto Plauto abbia riprodotto i metri caratteristici
della commedia nuova: quelli più usati sono il senario giambico e il
settenario trocaico.

Tipologia della Commedia: E’ evidente che Plauto desiderava la


prevedibilità poiché non voleva porre interrogativi problematici sul
carattere dei personaggi o sulla loro psicologia. Così fece uso di Prologhi
in cui dava informazioni generali sull’intreccio, però a danno dei colpi di
scena.
La tipologia delle commedie era sempre quasi uguale per tutte: una lotta
tra due antagonisti per il possesso di un “bene” che poteva essere l’amore
per una fanciulla o una somma di denaro. Qui si verificavano trame
intrecciati che alla fine, anche grazie all’aiuto del servo, venivano risolti.
All’inizio non si rispettava il Mos Maiorum poiché spesso uomini vecchi e
sposati si innamoravano delle fanciulle dei figli ostacolando il matrimonio.
Commedia del servo: Per questo ultimo aspetto spesso si parla anche di
“Commedia del servo” che è una figura importante per la risoluzione dei
problemi, e sembra quasi come se da commedia a commedia crescesse
anche di statura intellettuale e di libertà fantastica creando inganni. La sua
attività sembra anche seguire una scansione temporale: la meditazione
dell’inganno, l’azione e il trionfo finale.
Inoltre vediamo che nelle commedie di Plauto fanno coppia fissa “Servo
reggitore – Giovane desiderante).
Dato che dava origine a un'altra storia si parla di teatro nel teatro:
Metateatro.
I Tipi: I personaggi erano dei “tipi” che venivano riutilizzati in commedie
diverse: il servo astuto, il giovane innamorato, in vecchio padrone… .
Così sin dall’inizio il pubblico comprendeva buona parte della narrazione.
La Fortuna Tyche: Dato che il servo aveva un alleato, come in ogni
commedia che si rispetti ci doveva essere un antagonista, ed antagonista
del servo non era un personaggio reale, ma una forza onnipotente che era
la Fortuna Tyche che portava confusione nell’intreccio che doveva essere
risolto dal servo stesso.
Alla fine però la situazione veniva appianata con un finale giusto.
Realtà iniziale e Realtà finale: Spesso poteva capitare che qualche schiavo
faceva il furbo e fingeva di lavorare o che qualche padre insediavano le
donne desiderate dai figli (Realtà iniziale, amorale), ma alla fine tutto
veniva smascherato ricompensando i buoni e penalizzando i cattivi (Realtà
finale).
I Modelli Greci: La commedia di Plauto era una palliata di origine greca
poiché lui immaginava di rappresentare la commedia come se fossero in
Grecia con tematiche greche. Veniva chiamata Nea, commedia di
ambiente. Era forte la "Vis Comica" delle sue commedie (Forza della
commedia). Importante furono i "nummeri innumeri", cioè gli infiniti
metri che utilizzo per le sue commedie.
Inoltre utilizzò la "Contaminatio" cioè prese spunto dalle commedie
Greche per crearne una nuova; non fece un plagio, ma fu originale.
I nomi dei protagonisti erano anch'essi di origine greca.
In conclusione il teatro di Plauto era rivolto a un pubblico non colto poiché
non ispirava alla riflessione. Il pubblico rideva fregandosene dei fatti.
La fortuna del teatro di Plauto: Durante il Medioevo non ebbe successo ma
le sue commedie furono ricopiate dai copisti. Furono riscoperte nel 1400
durante l'Umanesimo e dopo con Ariosto e Machiavelli. Infine ebbero
successo nel 1500 con il Teatro popolare e nel 1700 con il Teatro
moderno.
Personaggi. I personaggi di P. non sono dei caratteri individuali ma delle
maschere fisse, dei "tipi", e per questo già noti al pubblico nel momento
stesso in cui si presentano sulla scena: anche i loro nomi propri servono
esclusivamente a ribadirne la fissità del ruolo scenico. I personaggi
maggiori. Questi i più importanti: *L’ "adulescens": il giovane innamorato
è sempre languido e sospiroso, perduto in un amore che lo travolge e lo
paralizza, incapace di superare gli ostacoli che incontra sul suo cammino.
Il suo linguaggio tocca molto spesso i registri "alti" e patetici della
tragedia, naturalmente con effetti comici e parodistici, voluti dall'autore. P.
non prende mai sul serio la sua storia né i suoi lamenti d’amore: lo guarda
divertito, costringendolo spesso a subire i lazzi spiritosi del servus. *Il
"senex": il vecchio viene caratterizzato in modi diversi: è il padre severo e
perennemente beffato, che cerca inutilmente di impedire i costosi amori
degli adulescentes (come nella "Mostellaria"); ma talvolta è anche un
ridicolo e grottesco concorrente dei figli nella battaglia, senza esclusione
di colpi, per la conquista della donna desiderata (come nell’ "Asinaria" o
nella "Casina"). Nelle vesti dell’amico o del vicino, ha a disposizione un
ricco ventaglio di funzioni drammatiche: può ad esempio essere alleato dei
giovani (come nel "Miles gloriosus") oppure fornire un burlesco doppio
del senex innamorato (come nel "Mercator"). *La "meretrix": minore
importanza rivestono i ruoli femminili, anche perché non è infrequente che
la ragazza desiderata non compaia mai in scena (come nella "Casina") o
svolga una particina marginale. Il ruolo femminile più importante è
proprio quello della "cortigiana", una figura sconosciuta in Roma prima
che nascesse la palliata, e che era invece consueta nel mondo greco: nella
"palliata" plautina possono essere sia libere che schiave, e allora
appartenere ad avidi e crudeli lenoni, che le mettono in vendita al miglior
offerente. In questo caso il loro più grande desiderio è quello di essere
riscattate dall’amante. *La "matrona": accanto alla figura dell’etera, risalta
per contrasto quella della matrona, madre dell’adulescens e sposa del
senex, quasi sempre autoritaria e dispotica, soprattutto se "dotata" (cioè
provvista di dote). Accade che spesso il senex sia vittima delle sue ire
furibonde (come nell’ "Asinaria"). Non manca qualche eccezione: la
nobile figura di Alcmena nell’ "Amphitruo" o le due spose fedeli nello
"Stichus". *Il "parasitus": presente in ben nove commedie di P., il parassita
è uno dei tipi più buffi e curiosi della "palliata", caratterizzato dalla fame
insaziabile e dalla rapacità distruttiva, spesso fonte di rovina economica
per il disgraziato che ha deciso di mantenerlo a sue spese. Esuberante e
vitale nella sua mai placata ingordigia, il parassita non lesina lodi
iperboliche e servizi di ogni genere nei confronti dei suoi benefattori, che
naturalmente sono anche vittime delle sue sfavillanti battute, come accade
nella famosa scena d’esordio del "Miles gloriosus". *Il "miles gloriosus":
come la cortigiana, anche il miles, il soldato mercenario che si mette al
servizio di chi lo paga meglio, era una figura consueta nei regni ellenistici
ma sconosciuta in Roma, dove all’epoca di P. il servizio militare era
dovere di ogni cittadino. Il miles si presenta quasi sempre nelle vesti del
"gloriosus", cioè del millantatore, del fanfarone che si vanta di grandi
imprese mai compiute, spacciandosi per giunta per gran seduttore: è
insomma un conquistatore immaginario di nemici e di donne, prontamente
smentito dagli avvenimenti della commedia. E’ probabile che i Romani,
ridendo di questi milites ellenistici, si sentissero - per contrasto - orgogliosi
del proprio valore militare. *Il "leno": anche il lenone, il commerciante di
schiave e sfruttatore di prostitute, era una figura sconosciuta presso i
Romani. P. ne fa la figura più odiosa, anche perché di norma costituisce il
maggior ostacolo al compimento dei desideri del giovane innamorato. Ma
va subito aggiunto che nel teatro plautino non esistono personaggi buoni o
cattivi, perché non esiste una partecipazione e un coinvolgimento emotivo
nelle vicende, già scontate fin dall’inizio: l’odiosità, come l’avidità, sono
solo i caratteri fissi che definiscono la maschera del lenone,
irrevocabilmente destinato alla sconfitta e alla beffa. Colpisce molto di più,
invece, la sua formidabile vitalità, la sua capacità di esser superiore a ogni
giudizio morale, come rivela la bellissima gara di insulti che adulescens e
servus ingaggiano contro di lui dello "Pseudolus". *Il "servus": è la figura
più grandiosa, il vero motore delle fabulae plautine, personaggio sfrontato
e geniale, spavaldo orditore di incredibili inganni a favore dell’adulescens
e contro l’arcigna taccagneria dei senes o l’avidità dei formidabili lenoni.
Senza di lui, non ci sarebbe storia; la storia, anzi, è quasi sempre il
risultato delle sue invenzioni e delle sue creazioni: P. lo definisce in vari
luoghi come un "architetto" (Palestrione, nel "Miles Gloriosus"), un
"poeta" (Pseudolo, nello "Pseudolus"), un "generale" (ancora in
riferimento a Pseudolo e Palestrione), finendo palesemente per
identificarsi nella sua figura. La sua ingegnosità è accompagnata da una
lucida visione degli eventi e da un’ironia dissacrante, che non risparmia
niente e nessuno, nemmeno l’amato padroncino per il quale il servo rischia
ogni volta le ire del vecchio padrone: la sua forza è la giocosità creativa
delle sue invenzioni, la gratuità un po’ folle e anarchica delle sue
scommesse, naturalmente sempre vinte; su di lui incombe perennemente la
minaccia delle sferze e delle catene, gli strumenti di punizione dello
schiavo, a cui tuttavia il servo plautino risponde con la forza superiore dei
suoi geniali raggiri. Fiero e orgoglioso delle proprie mosse, si autoglorifica
spesso, rivolgendosi al pubblico nella posa plateale di chi ambisce a un
applauso (un tipico esempio, questo, della tecnica "metateatrale" del nostro
autore, per cui vd. oltre). P. ce ne dà anche un ritratto fisico, che
corrisponde convenzionalmente alla sua maschera: "rosso di pelo,
panciuto, gambe grosse, pelle nerastra, una grande testa, occhi vivaci,
rubicondo in faccia, piedi enormi" ("Pseudolus", 1218-1220). La deformità
mostruosa del fisico sembra una sfida al destino, e un segno della vitalità
trionfante del teatro plautino, che rappresenta una sorta di universo
rovesciato, nel quale i servi trionfano sui padroni e i figli sui padri,
sovvertendo ogni codice sociale e facendosi beffe di ogni legge. Aristotele
aveva scritto che gli schiavi sono più vicini agli animali che agli uomini. Il
servo plautino, mostruoso nel corpo, dirompente nel linguaggio (spesso
osceno e volgare), spudorato negli atteggiamenti, animalesco nei suoi
istinti, dimostra di essere anche il più intelligente, e risulta perciò anche il
più simpatico, quello per il quale il pubblico "tifa" fin dall’inizio della
rappresentazione. Il ruolo del "personaggio" Fortuna. E' importante, però,
ricordare che niente riuscirebbe al servo, o alla sua astuzia, senza l'ausilio
determinante della "fortuna" (Tyche), che ne contempera - e di molto - il
merito del successo, contribuendo - col suo "valore stabilizzante" - a
"rimettere le cose a posto".

In plauto,adulescemtes, parassiti e schiavi trovano un accordo si alleano e


dettano legge dal principio alla fine dell'azione
I lenoni sono i personaggi che equivalgono in qualche modo ai padri in
quanto posseggono giovani donne desiderabili ma non godono dei diritti di
piena cittadinanza a causa della loro professione. Così prendersela con
l'oro truffarli bastonarli più che una colpa è un titolo di benemerenza agli
occhi dei concittadini

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