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TEATRO SOCIALE E DI COMUNITA’

Ghilgione
PREMESSA Il Teatro con e per la comunità oggi è un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più:
costituisce una delle esperienze culturali più diffuse. E’ praticato dalle persone nell’ottica del benessere,
della crescita individuale e della valorizzazione della relazione, per la promozione delle identità sociali e
culturali. È un teatro da fare (della partecipazione) più che da vedere.

Il TSC è una pratica teatrale messa in atto da professionisti (équipe) pluricompetenti in partnership;
coinvolge persone, gruppi e comunità in rapporto a una loro identità specifica e ne promuove
l’empowerment attraverso attività performative; ha come finalità il cambiamento e la creazione di simboli
e significati condivisi.

Gli ambiti in cui opera il TSC sono: scuola, carcere, centri di salute mentale, ospedali, periferie, aziende
→ Lavora in condizioni di disagio ma non solo.

I processi di lavoro teatrale possono essere fra loro molto diversi così come le metodologie e i linguaggi
utilizzati, in tutti i casi però il percorso con il gruppo ha come esito una rappresentazione teatrale, il
cosiddetto spettacolo (con una tipologia che va dallo spettacolo tradizionale, alla performance, all'
installazione teatrale, al teatro conviviale).

INTRODUZIONE SCRIVERE PER LA COMUNITÀ, SCRIVERE PER IL TEATRO I gruppi e le comunità fanno teatro
per divertirsi, star bene e per dare valore alla propria identità personale o comunitaria. Nel laboratorio
teatrale le persone fanno esperienza per cercare la pienezza del sé attraverso il rapporto con sé stessi e
con l’altro. Il “teatro da fare” si sperimenta in due condizioni: creatività e finzione (creare e fare + “come
se” ovvero rappresentare = stare bene). Esistono molte forme di restituzione e di incontro tra il percorso
del gruppo e un pubblico, ma perché ci sia teatro è necessario far vedere, sottoporre allo sguardo
l’esperienza fatta, scegliendone opportunamente la forma adatta. Spettacolo = è il momento di incontro
tra gruppo e pubblico; momento della rappresentazione = è esposizione e comunicazione. Lo spettacolo (e
la sua scrittura) rispondono al bisogno di mostrare ad altri un’esperienza intima: ci si aspetta di apparire
diversi agli occhi degli spettatori, aggiungendo valore alla persona, del quale si terrà conto poi anche nella
vita quotidiana.

Per fare in modo che ciò accada è fondamentale la figura del drammaturgo, che ha il compito di essere
fedele sia alla necessità di esprimersi che di comunicare e deve lavorare sulla scrittura del materiale
tenendo conto anche dello spettatore. Per scrittura teatrale si intende il lavoro di dare una forma
all’azione scenica, che deve essere coerente con ciò che viene raccontato. Se la funzione drammaturgica è
dunque trasversale alle diverse fasi del lavoro, sarà importante trovare il modo che essa sia sempre
presente, vuoi perché il conduttore ha in sé più competenze, vuoi perché si lavora in un'équipe che
comprende più figure professionali.

SCRITTURA TEATRALE, DRAMMATURGIA E SCRITTURA SCENICA La scrittura teatrale nel TSC tiene conto di 1
principio generale della scrittura a teatro: 1) La scrittura per il teatro è parola che è destinata a essere agita
da uno o più corpi in uno spazio e in un tempo. → testo teatrale = ha una dimensione performativa: un
testo che non solo ha delle convenzioni specifiche di redazione, ma più in generale non è pensato come
autosufficiente rispetto alla scena. Si tratta di opere scritte (testo teatrale = è un copione) per essere
“agite” da un corpo (che possiede precisa identità fisica, biografica, linguistica e di ruolo). La scena è il
luogo che unisce spazio e tempo e in cui avviene la decodifica e la comprensione da parte dello
spettatore: importante è scegliere ciò che si dice, ma anche il come lo si fa, perché influisce sul significato.
La scrittura teatrale del TSC tiene anche conto di 3 principi specifici della scrittura teatrale con le comunità:
1) La scrittura teatrale nel TSC non è un’operazione autonoma, è drammaturgia di gruppo o di comunità.
→ la scrittura nasce “da, per e con” i gruppi o la comunità: si scrive un testo dopo o durante aver lavorato
con una delle due, in base al loro modo di parlare; si scrive con un partecipante. Per la drammaturgia sono
necessarie sia le competenze del drammaturgo che quella del dramaturg = accompagnatore continuo di
attori e regista nel dare forma e organizzare, in un’efficace struttura comunicativa, i materiali del processo
di creazione, seguendo costantemente il processo creativo dall'idea o dall'opera letteraria da cui si prende
avvio fino alla stesura finale del testo.

2) La scrittura teatrale nel TSC è un’operazione di mediazione comunicativa tra il gruppo e il pubblico.
→ Colui che scrive deve dare importanza a che: lo spettacolo esprima il lavoro svolto con i partecipanti e ci
sia una possibilità di incontro tra attori e spettatori. Questo implica che il linguaggio e lo stile siano
comprensibili = avere la capacità di contattare (lo spettacolo deve arrivare). Importante è il dramaturg
= assume il punto di vista di: attore, regista e spettatore, senza identificarsi, ma favorendo il dialogo tra i
tre (nel TSC sono: il conduttore, il gruppo/la comunità e gli spettatori).

3) La scrittura nel TSC è scenica, una drammaturgia non solo di parole ma già di scena. → Non si scrive un
testo, ma uno spettacolo/incontro che intende agire in modo efficace e trasformativo sulle relazioni tra
gli attori e gli spettatori.

PARTE PRIMA: COMUNITÀ IN SCENA: STORIE, AZIONI ED EVENTI TEATRALI

CAPITOLO 1: LA NARRAZIONE TEATRALE NEL LAVORO CON LE COMUNITÀ La narrazione è una forma
culturale di espressione e comunicazione: raccontare serve a far in modo che l’uomo si organizzi e dia
senso al suo disordine esistenziale, attribuendo agli eventi una logica di causa-effetto e uno sviluppo
temporale lineare. La narrazione è stata usata: nell’autobiografia, nella medicina narrativa e nel TSC come
strumento con valenze terapeutiche. La forma narrativa = rimane la modalità principale a cui l'uomo ricorre
per organizzare la propria comunicazione (anche e soprattutto di massa). Per “narrazione teatrale” si
intende un genere teatrale affermatosi in Italia negli anni ’90, grazie alla generazione di attori-narratori
che hanno iniziato ad usare la scena come luogo di racconto. Essa è una forma monologante in cui un
attore-narratore racconta al pubblico una storia soggettiva di un personaggio: È l'attore come tale che
racconta e - di volta in volta - assume i panni dei personaggi raccontati.

In alcuni casi la narrazione teatrale ha preso la forma di “narrazione corale”: un gruppo di attori agisce una
storia mescolando personaggi, dialogo e narrazione. Questa modalità si è realizzata in 2 forme:

- Riferita attraverso storie di personaggi legati a identità locali e/o memorie;

- Esito di un processo di riscrittura di un testo che all’inizio aveva un’altra forma (drammaturgia seconda).

Nel TSC la narrazione teatrale agisce efficientemente con gruppi numerosi che hanno come priorità
l’identità dei luoghi/territori a cui appartengono e il legame tra passato-presente-futuro. È una modalità
particolarmente utile con le comunità, poiché consente di lavorare in modo efficace con i diversi gruppi e di
dar valore a tutti quegli elementi che fanno la ricchezza di una comunità di un territorio.
Dammaturgo = facilita le persone a riconoscere le pluralità di identità attraverso il racconto

Lavoro drammaturgico + narrazione teatrale = richiesta di 3 fasi: 1) Ricerca delle storie; 2) Elaborazione in
forma di narrazione teatrale delle storie in rapporto alle risorse espressive degli attori e alle intenzioni
comunicative emerse; 3) Costruzione di una scrittura scenica che coniughi momenti di racconto puro, con
dialoghi e azioni fisiche.
Il progetto TERRE DI RACCONTI: raccogliere e riscrivere storie di vita - progetto di teatro di comunità:
Calosso (Asti), 2001→lavoro con taglio antropologico, obiettivo di raccontare l’identità di un luogo nel suo
presente presentando le tracce del passato. 3 fasi di lavoro:

1) Contatto con gli stakeholders e ricerca drammaturgica →contatto referenti locali ed enti di riferimento
per avviare una ricerca tradizionale do storie, leggende ecc (biblioteca); 2) Interviste, rielaborazione
teatrale e montaggio → coinvolgimento équipe e comunità: interviste teatrali (quaderno + registratore).
Processo di scrittura in questo tipo di drammaturgia prevede rapporto stretto tra attore e drammaturgo.
Sono gli attori a realizzare le interviste: informazioni verbali e comunicazione non verbale.
Mattina: intervista, pomeriggio: intervista in racconto = narrazione teatrale, sera: prova davanti al
drammaturgo. Importante: osservazione antropologica dei luoghi e delle persone, che richiede un periodo
di residenza per poter raccontare l’identità. 3) Montaggio drammaturgico, allestimento e presentazione
→ montaggio materiale, architettura semplice: per temi e scandita da musica e canti del posto,
performance teatrale di facile allestimento e comprensione, scena: vecchia filanda (posto della tradizione
ora con immigrati). - elemento fondamentale della drammaturgia di comunità = capacità di adeguarsi in
itinere alle possibili problematiche presenti sul territorio (prove aperte al pubblico per vedere se era
d’accordo e consigliare).

SCHEDA DRAMMATURGICA

a. da sapere → contesto di partenza delle condizioni delle persone che hanno vissuto lì + come sono
cambiate le cose (lavori diversi)

b. da osservare: narrazione in terza persona o narrazione epica, narrazione in soggettiva di personaggio,


format epici: si possono mescolare i due tipi + il tempo della narrazione: un movimento continuo tra
passato e presente; serve per rendere dinamica la scena + costruire immagini: usare forme di sintesi
drammaturgiche come le immagini

c. da leggere: i testi → acciugai e scalpellini

SWIXX.MULTI.COOL.TI: narrazioni di comunità nella Svizzera multiculturale - teatro di narrazione di


comunità (spettacolo da presentare al Festival, 2005) - lavorare con famiglie multiculturali, fasi:

1) Raccolta interviste famiglia multiculturale di ticinesi da équipe di professionisti e operatori italiani e


svizzeri = unire apprendimento e risultato. Interviste nelle case per raccogliere info non verbali + traccia
intervista→ trascritto e individuato temi ricorrenti; 2) Formazione gruppo di lavoro: leggere e riflettere
(risorse); 3) Stesura pre-copione (non come Terra di racconti) + molta azione fisica (gesti) 4) Spettacolo in
scena + partecipazione banchetto multiculturale alla fine.

SCHEDA DRAMMATURGICA

a. da sapere → contesto di partenza delle condizioni delle persone che hanno vissuto lì + come sono
cambiate le cose (migranti e unioni)

b. da osservare: setting intimo: intervistato a suo agio e sapeva a cosa serviva l’intervista (e la scena): com’è
la casa, quale cibo, racconti di come si sono conosciuti, reazione dei familiari, canto...

c. da leggere: l’intervista → in casa: lei peruviana – lui ticinese; modi insoliti di incontrarsi, famiglie di
suoceri, separazione dal paese di provenienza, le lingue dei figli, tavolata con cibo, mi sento in un mondo di
regole, oggetti, differenze, il racconto del tacchino, andate e ritorni, figli che riscoprono la cultura di
appartenenza, scena teatrale: la dea dell’Amazzonia.

ECHOS. IL POSTALE DEL TEMPO: narrazioni che nascono tra tradizione e innovazione - no interviste, ma
oggetti di tradizione, disegni di bimbi, filastrocche, canti, foto ecc. - tradizione e innovazione (tema del
bando) = mettere in relazione bambini, adulti e anziani con la narrazione - lavoro con 5 plessi scolastici:
storie di confine (contrabbandieri e partigiani), leggenda miniera, giochi, conte, filastrocche, locale di
cioccolato, economia e tradizioni del passato → temi da cui si sono individuati storie, fatti di cronaca,
interviste ecc → in 7 scatoloni: baratto con materiale (loro) e storia (noi) - spettacolo con Postale (pulmino
che accompagnava bimbi e adulti – collante comunità) come palcoscenico (con oggetti) nelle varie scuole
con abitanti paese in determinate occasioni - scatoloni svuotati – impilato registrazione – osservato oggetti
per suddividerli in temi – gruppo attori per improvvisazione - costruire spettacolo a quadri intercambiabili
(da base ad adattamento per tema di ogni scuola): difficile scrittura (trasformismo)

STRUTTURA DRAMMATURGICA: prologo (fisso), infanzia (fisso + Cugnasco), la valanga (Ambrì), canzoni e
cibo (fisso + Sessa), corteggiamento (fisso + Val Verzasca) o sprugh (Val Verzasca), la donna al volante
(fisso), il cioccolato (Olivone), la tirata (fisso), il contrabbando (fisso + Stabio) o miniera (sessa), la sepoltura
del Postale (fisso).

CAPITOLO 2: LA DRAMMATURGIA DEGLI EVENTI DI COMUNITÀ TRA PERFORMANCE, RITO E FESTA


La drammaturgia degli eventi di comunità è la forma di drammaturgia che si avvicina a quella festiva, alle
esperienze para-rituali e all’animazione teatrale. Lo spettacolo deve essere efficace, quindi può essere
presentato in maniera tradizionale (non sempre efficace) oppure con una forma festiva o rituale (in quei
progetti in cui l'esperienza del legame di comunità è debole e le diversità sono forti, proporre una forma del
genere al posto della classica rappresentazione frontale può essere una proposta più efficace per
consentire a tutti coloro che partecipano all'evento di fare un'esperienza trasformativa, al fine di creare
un rito teatrale che permetta di riproporre l’esperienza diretta e viva del sentimento di comunità).

Differenze tra spettacolo ed evento teatrale di comunità:

- Partecipazione del pubblico e rapporto tra attori e pubblico (cosa fa il pubblico dei partecipanti; cosa
accade tra pubblico e attori);

- Dimensione spaziale e temporale (dove e quando accade);

- Sistema simbolico complessivo implicito ed esplicito;

- Dimensione performativa complessa (che azione è quella che stiamo compiendo insieme con l'evento,
cosa sta accadendo).

Il drammaturgo costruisce un dispositivo drammaturgico che tiene conto di questi 4 elementi, lavorando
sul montaggio degli accadimenti senza perdere consapevolezza del significato di ogni momento teatrale.
In un evento di comunità il pubblico fa, compie un’azione nella dimensione della festa e del rito.
= Si tratta di una viva contribuzione dell’opera, non è solo un consumatore passivo.

PORTE SOGLIE PASSAGGI: un itinerario teatrale in ospedale oncologico

- 2005, San Giovanni + Rete Oncologia Aosta

- Più appuntamenti performativi destinati a favorire un’esperienza di condivisione e trasformazione dei


vissuti (pazienti, lavoratori, famiglie, volontari), fasi:

1) Esplorazione luogo (ascolto + osservazione) → usare il teatro in termini rituali (funzione catartica)

2) Con attori si son svolte le interviste + riflessione su che linguaggio usare (musica, canto, poesia)

- 1° intervento: day hospital: attore (chirurgo) e paziente (preparata) raccontano la loro storia + cerimonia
del tè = condivisione di gesti non sanitari (non solo storie) - far sentire la comunità (persone che cercano
loro)
3) Incontri teatrali su elementi di identità dell’ospedale (storia)→ processo di trasformazione della
comunità intera: bisogna lavorare sul significato di quel luogo. - per la drammaturgia del rito teatrale è
fondamentale che l’evento sia in una data significativa: il drammaturgo partirà da questa per scandire i
luoghi, i tempi, le azioni e i simboli (solstizio d’estate: percorso a stazioni nell’ospedale programmate per
suscitare trasformazione (come nei malati))

- Ripetizione evento su richiesta del Festival: luogo di cultura sulla spiritualità

- Svilupparsi con la comunità stessa ed eventualmente trasformarsi a seconda delle esigenze del
momento: tagli ospedale (non riconoscono il valore)

4) Agitprop, illuminare l’ospedale

5) Festa per Capodanno (volontaria e gratuita) - la drammaturgia teatrale festiva prevede sempre
un’azione di gruppo intensa e simbolica che funga da catalizzatore dell’intera festa e dev’essere un’azione
che ha in sé il sistema simbolico generale della festa (es. dicotomia luce-buio) →gesto significativo (candela)

6) Coinvolgimento altri enti (ora si chiama sotto il segno del cancro)

7) Scrittura scenica di uno spettacolo da palco.

SCHEDA DRAMMATURGICA

a. da sapere →punto di vista del chirurgo

b. da osservare → canzone “il medico “– De André = dimensione interiore emozionale + racconto a due
voci alternate (chirurgo donna) + attore parla del chirurgo (cambiamenti tra queste 3 testi)

c. da leggere: testi → 1° il medico: aperitivo teatrale nella sala di attesa del day hospital (come si sente il
chirurgo) + 2° i medici: performance porte soglie passaggi (confronto chirurghi) + 3° dottori e dottori:
passione cabaret concerto (interpretazione chirurgo) [sono sempre i 3 testi dell’osservare]

CARAVAN: ARTISTS ON THE ROAD

- Torino, Capodanno 2012 (vincitore bando), 1° tappa → 15 città europee

- Rinascita dalla crisi attraverso la realizzazione di eventi TSC → ascoltare storie, laboratori per rafforzare il
senso di legame sociale tra quegli stessi luoghi e il loro territorio di appartenenza

- Caravan in grado di trasformarsi in palcoscenico, cinema, location ecc


- Torino, due attività: festival itinerante per la città e un grande evento nella notte di Capodanno.
Capodanno → struttura rituale del viaggio in luoghi di crisi e di rinascita: per ogni luogo si è fatto uno
spettacolo (molta partecipazione dai cittadini): ospedale, periferia immigrati, spazio moldavo e rumeno,
hub multiculturale, San Salvario (1° quartiere immigrazione) → danze, brindisi, cibo ecc

LAVORO DRAMMATURGICO

1) Strutturare la notte di Capodanno con le ritualità caratteristiche (ape, cena, brindisi, falò, auguri...) una
struttura rituale nota festiva che lo spettatore vuole incontrare;

2) Dare evidenza del passaggio dalla crisi all’auspicabile rinascita.

- Dono e controdono + viaggio come trasformazione

- Format altro progetto: dimensione del baratto (verdura)→dono come risorsa della comunità
CAPITOLO 3: LA DRAMMATURGIA SECONDA: SCRIVERE PER LA COMUNITA’ A PARTIRE DA UN TESTO
La “drammaturgia seconda” si occupa di trasformare un testo di origine letteraria in un testo teatrale.
Nel ‘900 è diventata una modalità di lavoro del teatro di ricerca, che comprende testi letterari, scientifici,
di giornale, diari ecc. Quindi nel TSC ci si può trovare a lavorare con un testo già esistente. Il drammaturgo
deve operare una trasformazione del testo di partenza: ogni elemento teatrale è condizione fertile per
l’attività di espressione e creazione del gruppo. In questo lavoro il valore dell'opera è nella sua plasticità,
nel suo essere occasione altissima per le persone di quel gruppo di fare un'esperienza d'arte e di vita e
rigenerante. Bisogna quindi conoscere bene l'opera e amarla molto, ma non esserne intimoriti.

IL TEATRO DELLA ROTELLA: Scrivere per un gruppo integrato

a) Fiabe di Andersen + b) Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam - bando vinto: gruppo in formazione
composto da abili e disabili →condizione di marginalità sociale; scelta finale fiabe: una che ne contesse altre
(i Monte degli Elfi), fasi:

1) Trovare analogia tra condizione dei personaggi della storia e del gruppo + creazione di esso: linguaggio
comune → scrittura scenica: doppia cornice drammaturgica (due storie)

2) Scrivere copione partendo dai materiali: pre-copione – prove (da elfo a personaggio fiaba =
cambiamento identità)

b) Altro testo: riguarda la follia + lettura testo: denaro, potere, guerra, amore e salute - struttura di teatro di
strada - come usare quel testo: personaggi in scena + adattamenti + fine: sale per la follia

SCHEDA DRAMMATURGICA

a. da sapere → linguaggio teatrale coniuga interazione drammatica e narrazione

b. da osservare →come viene raccontata la fiaba

c. da leggere →Accoglienza del pubblico – Prologo: l’uomo del sonno, il ragazzo e il brutto anatroccolo

- Scuola come comunità con laboratori teatrali (ora molti tagli = restrizioni). Sono gli insegnanti (di lettere)
a curare il laboratorio teatrale: rielaborano dei testi già scritti.

- Dispositivi drammaturgici nei laboratori delle scuole: Antigone, a classi aperte (+ femmine, straniere e 2
con handicap). Collaborazione attore per l’educazione corporea. Lettura e scelta del testo più vicino al
gruppo (bimba vs mondo dei grandi = conflitto). Le ragazze hanno contribuito in maniera diversa rispetto ai
professionisti: improvvisazioni scene.

PARTE SECONDA: BUONE REGOLE DELLA SCRITTURA PER IL TEATRO

CAPITOLO 4: PENSARE E IMMAGINARE IN MODO CONCRETO E “DRAMMATICO” Scrivere per il teatro


richiede un modo di vedere e pensare la realtà di tipo arcaico. Il drammaturgo = vede e immagina non per
idee, ma per accadimenti e protagonisti (ovvero procedere per dettagli concreti); quando si fa teatro
diventa prevalente l’”azione”. Il pensiero drammatico (drama = azione) è un pensiero che si nutre di
azione → “Cosa accade?”. Se cogliamo il dettaglio nella realtà, se lo sappiamo ricostruire nella scrittura
apriamo la possibilità dell’arte, ovvero che quel particolare si faccia simbolo di un’azione più grande che
accade in quel momento, attraverso un piccolo gesto. Il teatro è imitazione della vita: è la sola arte che
riproduce il meccanismo di sviluppo della vita stessa che è appunto fatto di corpi, azioni, spazi, parole,
movimenti dal vivo. La differenza tra arte teatrale e vita sta nel diverso tipo di concentrazione che la scena
offre; il tempo e lo spazio si riducono con l'effetto di rendere più vivido e più evidente ciò che nel fluire
lento della vita appare nascoste più difficilmente afferrabile.
Per avere una modalità di pensiero teatrale bisogna perdere l’interpretazione e il giudizio, per favorire la
ricerca (pensare e scrivere per il teatro è un processo di conoscenza che, attraverso la creazione di
simboli, apre a significati possibili: curiosità, pazienza e passione per i dettagli). La scrittura teatrale sta in
un equilibrio tra le necessità di espressione del gruppo/ comunità e quella della comunicazione al
pubblico/comunità. È opportuno che essa abbia le caratteristiche proprie di un teatro popolare, cioè
accessibile a tutti (sia come attori che come pubblico). Per tutti i drammaturghi l’immaginazione ha a che
fare con l’invenzione di parole, azioni e oggetti: per trovare la forma drammaturgica giusta è necessario
liberare la mente. Nel TSC si intende una forma di immaginazione concreta.

ESERCIZI

- Fotografare un oggetto: Allenarsi a descrivere le cose semplici, fotografandole. Il drammaturgo ha


bisogno di elementi analitici concreti, di significati primari, di denotazione (dettagli per evidenziare la storia
e l’unicità). Si passa da un oggetto semplice (sedia) a uno più complesso (stanza), come un detective.
Bisogna collezionare una serie di indizi concreti, di segni precisi. Dall'osservazione di luoghi esistenti, si può
poi passare alla costruzione di scene.

- Fotografare una persona: Prendo in considerazione le persone solo alla fine del mio allenamento: scatto
un ritratto, cerco dettagli e poi passo alle azioni. Infatti la scrittura teatrale si occupa proprio di
quell’invisibile che lascia piccole tracce concrete di sé in gesti e azioni visibili (serve un vocabolario preciso,
concreto, fotografico). Da ritratti generici a ritratti dettagliati: da questi bisogna sceglierne pochi per
sintetizzare al meglio tutto l’insieme.

- Fotografare un tema: Esercitazione più complessa e finalizzata a sollecitare il passaggio da un approccio


concettuale al tema a uno concreto e teatrale. Si chiede ai partecipanti di uscire dalla stanza andare fuori
esplorare l'ambiente circostante finché non ritengono di aver incontrato la fotografia del tema. Dopodiché
si chiede di scattare la foto e mettere per iscritto con precisione la fotografia e leggerla agli altri. Si osserva
l’immagine (inquadratura, dettagli) e si fanno domande sulle altre foto: la domanda è una forma di
esercitazione del pensiero drammaturgico. Al termine, si dà un titolo alla foto: utile per le improvvisazioni e
perché consente di comprendere ciascuno il modo con cui dà parola alla realtà.

CAPITOLO 5: CATEGORIE FONDAMENTALI DELLA SCRITTURA TEATRALE Il pensiero drammaturgico


riguarda l’attitudine a osservare e immaginare. L’esercizio della scrittura teatrale richiede di possedere
categorie fondamentali operative, che gli consentono di vedere, immaginare e scrivere. Esse sono:
- Personaggio

- Azione; - Condizione - Situazione;

- Spazio; - Tempo; -Plot

- Dialogo; - Monologo e “a parte”; - Racconto

Le proposte di esercitazione per ogni categoria sono strumenti di allenamento sia per chi intende
sviluppare competenze specifiche nella drammaturgia nel TSC, sia a far lavorare i gruppi stessi.
Sono indicazioni per chi intende migliorare la capacità di scrittura teatrale (da esperienza a testo).
Le categorie servono a osservare il lavoro di gruppo e tradurlo in azioni teatrali e testi, oppure per cogliere i
rituali impliciti della comunità al fine di coglierli e svilupparli (due casi).

PERSONAGGIO Protagonista che compie un’azione e vive su di sé il mutamento che l’azione comporta. Il
personaggio è ciò che fa (non si possono sapere i pensieri). Ad ogni epoca corrisponde una forma diversa di
personaggio. Gli elementi su cui si fonda la costruzione di un personaggio sono:
1. L’azione = cosa fa (sintetizzata in macro azioni con verbi – es.: tradire, fidarsi)

2. Il ruolo = il compito d’azione che è tenuto a seguire (o per le aspettative sociali o per quelle relazionali)

Ogni ruolo porta con sé delle aspettative sui comportamenti del personaggio (potente re, fedele sorella).
Il personaggio ha un corpo e un linguaggio. Tutti questi aspetti sono fondamentali per identificare il
personaggio e per dire chi è: essi sono ciò che lo manifestano. Un personaggio ha una sua autonomia e una
sua responsabilità rispetto a ciò che dice e ciò che fa. Compito del drammaturgo è far diventare
memorabile ogni persona che incontra. Lavorare con i personaggi nel TSC significa lavorare sull’identità e
sul ruolo. Costruire un’identità dalle azioni vuol dire rimettere in primo piano il corpo e la relazione, poiché
ogni personaggio teatrale esiste solo nei dialoghi e nelle azioni con altri personaggi. Il “personaggio mitico”
offre una possibilità di lavorare sia con i gruppi che con la comunità: l’azione e la storia portano significati
sociali condivisi su cui è possibile lavorare per costruire una drammaturgia comunitaria. Esistono diverse
sfumature di personaggio, la differenza è data dal grado di complessità e articolazione del personaggio
(meno sfaccettature = caratteristica prevalente). La complessità del personaggio è il suo mistero. Nel
laboratorio del TSC i personaggi possono lavorare su processi di identificazione, esplorando altre possibilità
da sé e aiutare a far emergere la complessità di un altro (oltre gli stereotipi). È possibile anche arrivare a
riscritture originali di opere grazie alle verità che aggiungono su determinati personaggi altre persone.

• Esercizio: fotografare un personaggio —> Scegliere un personaggio della propria vita che ci ha colpito,
portarlo alla memoria visiva, raccontarlo oralmente liberamente per max 5 min. Provare a fare una
fotografia scritta con: aspetto fisico, vestiti, postura/gesti. Verificare se è stato concepito in astratto o in
concreto (spazio-tempo). Chiedere di ri-fotografarlo in scrittura e/o azione come se fosse in studio, in una
situazione di vita quotidiana, in una decisone decisiva.

• Esercizio: carta d’identità —> Costruire su elementi concreti esterni l’identità di un personaggio (anche
mitico) e lavorare sull’origine delle persone. Si parte dalla lettura intera di tutte le categorie della carta
d’identità con significato simbolico drammaturgico (es. nome=destino), poi indicazione di dati non
contenuti nella C.I. (es. biografa, conflitti, linguaggio, cambiamenti ecc.)

• Esercizio: il personaggio nel testo —> Analisi per aspiranti drammaturghi: individuare in un testo il
personaggio (cosa fa, cosa dice, cosa dicono di lui). Serve per possedere meglio il personaggio, cosa lo
caratterizza.

• Esercizio: situazione in personaggio —> Riscrivere in forma narrativa una scena di un testo teatrale o
narrativo dal punto di vista di uno dei personaggi (concreto, sentimento e pensiero).

• Esercizio: interrogatorio —> Per costruire un personaggio, conoscerlo meglio e vederne gli aspetti,
costruire nuove scene in un testo noto. Un partecipante incarna un personaggio noto e risponde alle
domande poste, in prima persona (impersonificazione). Infatti, deve stare all’interno del testo scritto ma
può inventare, basta che non si contraddica. Si parte con domande di rito, per poi andare in profondità. La
formulazione della domanda deve essere drammaturgica (verbi: fare...) = serve a far emergere il racconto di
azioni (risposta visibile sul palco), senza aspettative e giudizi

3 motivazioni:

1. Desiderio di aiutare l’attore a incarnare il personaggio

2. Volontà di trovare un nuovo punto di vista per il personaggio

3. Curiosità di scoprire altri aspetti della persona coinvolta. Durante l’interrogatorio: appunti, registratore
(x argomento e gesti). Alla fine: richiesta di scrittura di un monologo, una scena o un racconto teatrale (dato
dal personaggio)
• Esercizio: uno, nessuno, centomila —> Esplorazione del tema del rapporto tra identità, ruolo e relazione
(attori e aspiranti drammaturghi). Scegliere un personaggio, farlo incontrare con gli altri personaggi della
storia →cogliere il personaggio nei gesti che ogni relazione, a parità di situazione, impone.

AZIONE L’azione è il fondamento del teatro. Si tratta di un accadimento che comporta un passaggio di
stato, anche le parole possono essere azioni. I gesti invece sono movimenti che non comportano
cambiamenti di stato. (es. mi addormento = azione ≠ sbadiglio = gesto). L’azione è strettamente innervata
all’emozione e al sentimento stesso e da un punto di vista drammaturgico, le azioni fisiche delineano il
personaggio e la sua identità personale (es. progetto Svizzera).
L’azione fisica è un’azione concreta fatta da un corpo attraverso dei gesti ed è spinta da una necessità.
Esistono differenti tipi di azione: 1) Azione letterale (o didascalica) →illustrazione concreta (agire per come
ti senti/cosa fai es. sono arrabbiato, rompo qualcosa); 2) Azione metaforica →è la vera azione teatrale, è
un’azione concreta quanto quella letterale, ma rimanda a un significato ulteriore: a volte è il montaggio di
due azioni che fa fare un salto metaforico. L’azione metaforica riguarda la tensione profonda dei personaggi
ed è legata maggiormente al linguaggio corporeo; 3) Azione astratta→ meno teatrale di tutte, legata ad
una dimensione o troppo razionale o troppo convenzionale: si tratta di un movimento che non rimanda al
significato, ma per comprenderla è necessario un codice condiviso.

Nella scrittura teatrale (con i gruppi) si è alla ricerca di azioni fisiche concrete, letterali e metaforiche e più
in generale di azioni necessarie. Se si considerano le azioni della comunità si ricercano comportamenti
sociali e riti. Con rito si intende una struttura codificata di azioni che si svolgono in un tempo e spazio
preciso e ha la funzione di rinforzare un valore del gruppo/ comunità che lo compie attraverso elementi
simbolici (es. riti di passaggio per trasformazione di stato o riti di iniziazione del singolo per appartenere ad
un gruppo). Ogni comunità ha un proprio rito e si deve immaginare una scrittura per questa in modo che
lavori sul rito come esperienza trasformativa della comunità stessa.

• Esercizio: la linea delle azioni fisiche di un personaggio —> Analizzare un noto testo teatrale e
individuare le azioni fisiche che compie un personaggio. Scegliere da 5 a 10 azioni che lo definiscono.
Prendere una nota vicenda non teatrale e per ogni protagonista indicare 5 azioni e 10 gesti.

• Esercizio: azioni da condizione —> Considerare una condizione specifica e un ruolo e scrivere la linea
delle azioni fisiche di una giornata della loro vita.

• Esercizio: riti contemporanei —> Individuare nella comunità riti tradizionali e contemporanei e indicare:
tempo, luogo, azioni e partecipanti. Rispondere a “Quale funzione assolve? A cosa serve? Perché lo si fa?”
con un verbo. Individuare gli elementi costitutivi del rito che si possono modificare per assegnargli una
nuova funzione.

CONDIZIONE La condizione è lo stato profondo, interiore di un personaggio o una modalità dello stare al
mondo che può riferirsi a più personaggi. Mettere a fuoco la condizione di un personaggio significa
comprendere la necessità profonda in cui hanno radici le sue azioni e parole. Si tratta di un dato
permanente e di più difficile mutamento (≠ stato di un personaggio, temporaneo). La condizione è la radice
della performatività del personaggio. Spesso le persone sono legate a condizioni anagrafiche (es. essere
donna) o circostanze specifiche (es. carcere) e si incontrano sentimenti che sono vere e proprie condizioni
(es. rabbia, desiderio di cambiamento). Occuparsi teatralmente di una condizione di una comunità vuol dire
approfondire il lavoro sull’identità di gruppi/persone dando voce a ciò che li accomuna e differenzia dagli
altri. Si procede da una parte per sistemi di associazioni e sintonie andando a cercare immagini, testi ecc.
che dilatano il campo, ma anche puntualizzando gli elementi della condizione specifica. Si tratta di un lavoro
verticale e orizzontale che fornisce informazioni descrittive e dati concreti. Molte drammaturgie del teatro
di ricerca contemporaneo partono dalla volontà di dare voce a condizioni specifiche.
• Esercizio: dare forma concreta alla condizione —> Per i drammaturghi: scrivere un elenco di 10: verbi
attivi, situazioni e battute, facendo riferimento ad una condizione.

• Esercizio: condizioni opposte —> Per ciascuna delle condizioni (passività, fiducia, cecità ecc.) individuare
polarità e cercare nei testi esempi di personaggi in quella condizione. Individuare una persona tra loro con
quella condizione. Proporre per ogni personaggio: azione, battuta e gesto che esprima quella condizione.

SITUAZIONE La situazione è uno spazio e tempo limitato e preciso durante il quale si sviluppa una o più
azioni e i loro effetti in termini di relazioni tra i personaggi → “Quando e dove ci troviamo? Quali sono i
personaggi coinvolti? Cosa accade tra di loro?” La situazione è legata al personaggio: mettere in situazione
un personaggio significa renderlo vivo, concreto e dettagliarlo, farlo uscire dallo stereotipo o dalla
genericità. Ci sono situazioni:

1) Principali →necessarie per gli avvenimenti = linea narrativa (situazioni efficaci – accadimento essenziale
per lo sviluppo della storia) 2) Secondarie →linee narrative parallele o per mostrare meglio un personaggio
A) Esplicite →ciò che accade viene raccontato; B) Implicite →ciò che è accaduto ma non viene raccontato.
Danno grande libertà inventiva.

• Esercizio: un mondo di situazioni —> Da un personaggio (ruolo e tema), inventare 10 situazioni diverse in
cui si può trovare: dove, quando, chi e le azioni. Da ovvie a meno ovvie (più punti di vista).

• Esercizio: una storia in 10 situazioni —> Proporre un plot di un film/romanzo sconosciuto: immaginare e
scrivere le situazioni principali per poi confrontarle con quelle reali.

• Esercizio: la linea narrativa reale e immaginaria in un testo —> Individuare linee di situazioni principali e
secondarie in un testo, poi anche quelle implicite ed esplicite (per ricostruzione storia).

• Esercizio: variazioni di situazione —> Data la stessa situazione con un protagonista, sostituirlo con un
personaggio secondario e riscriverla (in gruppo: relazione tra personaggi e come si influenzano).

• Esercizio: situazioni classiche aperte —> Da situazioni classiche aperte (es. sala di aspetto) scrivere 3
declinazioni diverse della situazione: deve variare l’azione (diverso sviluppo narrativo).

• Esercizio: situazioni doppie —> Scrivere 3 situazioni concrete riguardo una situazione in cui la realtà
sfugge + 3 situazioni in cui “io fuggo alla realtà”. Individuarne altre doppi per proseguire.

PLOT = TRAMA Risponde alle domande → “Chi sono i protagonisti? Cosa accade? Come inizia? Come
finisce?”. A differenza di un riassunto non riferisce la sequenza degli accadimenti seguendo la linearità
espositiva del testo e non coincide con la linea narrativa delle situazioni. Serve ad addestrare le capacità di
analisi, selezione e sintesi della linea narrativa, ovvero individuare i fattori costitutivi della storia (qual è
l’essenziale). Fare il plot consente di concentrarsi su “di cosa stiamo parlando”, obbligandoci
continuamente ad un movimento dettagliato della singola scena/azione/personaggio alla visione d’insieme
che è il plot. È una sorta di termometro delle nostre intenzionalità comunicative.

• Esercizio: plot di testi —> Da un titolo di film/romanzi ecc. noti, tracciare un plot prima sulla base della
memoria, poi più aderente al vero.

• Esercizio: dall’idea al plot —> Partecipante racconta liberamente, max 5 min, un tema interessante.
Anche gli altri devono farlo con la stessa storia.

• Esercizio: dal plot alla linea narrativa —> Scegliere un plot ed estenderlo in 5 situazioni principali.
Aggiungere 3 situazioni secondarie.

• Esercizio: scrivere a più mani —> Scrittura collettiva per allenarsi: velocità, scambio, stimolo reciproco.
Scrivere una situazione scenica – passa foglio, 1° personaggio – p.f., 2° personaggio – p.f., plot – scrivere
scena con questi elementi (tutti avranno scritto tutto).

CONFLITTO Cuore della drammaturgia classica. Necessario per una scrittura teatrale efficace, per catturare
l’attenzione del pubblico. Consente l’evoluzione sia della storia che delle relazioni tra i personaggi, che
possono essere promotori del conflitto o subirlo. Per conflitto si intende uno scontro tra opposte volontà
od opposte necessità, esso implica un desiderio o comunque il rischio consapevole di una rottura.
C’è sempre posta in gioco: qualcosa si vince o si perde come esito del conflitto.
Principalmente è un conflitto orizzontale (tra personaggi), ma esiste anche quello verticale (personaggio vs
divinità/collettività). Può essere anche esplicito o implicito (es. coppie multiculturali). Non è molto
presente il conflitto interno, ma c’è quello tra identità e ruolo. Nel TSC, scrivere focalizzandosi sui conflitti
personali e sociali del gruppo/comunità è una possibilità di dare un nome a ciò che è rimosso e mostrare la
complessità dell’ideologia e della distorsione di fatti. Il teatro rivela come la realtà sia un costante esercizio
di conflitti e di come questi siano complessi ed articolati (luogo protetto in cui ci si può esprimere
liberamente). Quando si lavora con i conflitti, si cercano domande (non risposte). Importante è
l’esplorazione del ruolo dell’altro per comprendere gli altri punti di vista (libertà, coercizione sociale
implicita, valori, responsabilità personale). Esplorare il conflitto significa anche farlo con parole, azioni,
strategie e non è sempre il conflitto è distruttivo (è naturale). Ha la sua responsabilità e i suoi effetti.

• Esercizio: la posta in gioco —> Individuare qual è la posta in gioco nei conflitti tra personaggi noti (ruoli),
stabilire una posta comune e individuarne due diverse.

• Esercizio: protagonista e antagonista —> Sviluppo di ascolto e creatività date le continue scritture di
nuovi elementi. Su un tema dato inventare un personaggio (aspetto fisico, profilo anagrafico e biografico)
con l’aiuto delle domande di un compagno - scrivere anche obiettivo concreto e azione, un compagno
indica l’antagonista. Poi: mettere i due personaggi nello stesso spazio e farli scontrare con un oggetto che
ha valore per entrambi (tutti scrivono tutto).

• Esercizio: conflitti doppi —> Fare esempi di conflitti sul tema “il lavoro di oggi”: visioni e valori. Trovarne
altre che si oppongono all’idea di lavoro (indicare protagonista, antagonista e situazione).

• Esercizio: la divisa —> Conflitto tra identità e ruolo. Individuare una divisa per ruolo e la divisa del suo
ruolo antagonista. Fare domande ai due, che non si possono ascoltare, dopo metterli in una situazione
classica con posta in gioco, improvvisare dialogo. Togliere la divisa, fare lo stesso procedimento. Notare se
ci sono state variazioni.

DIALOGO Ossatura della drammaturgia. Tutta la letteratura drammatica è dialogo. Nella scrittura con la
comunità è importante che il dialogo parli alle comunità contemporanee, che sono competenti di dialoghi
cinematografici/televisivi o reali. L’esercizio da fare nel passaggio dalla realtà al dialogo teatrale è tagliare,
rielaborare ed essere chiari. Bisogna ascoltare gli attori che parlano come nella loro vita (interruzioni, frasi
brevi, vocabolario concreto). Il lavoro del drammaturgo durante un laboratorio con un gruppo è infatti
saper raccogliere l’elemento orale e guidare l’attore ad essere aderente al punto di vista e al linguaggio
del personaggio. Due aspetti osservabili nei dialoghi teatrali o reali sono:

1) Si parla prevalentemente con il corpo e con i silenzi; 2) Si parla per ottenere un effetto piuttosto che per
passare un’informazione. Dunque il linguaggio non verbale, l’intenzionalità, l’emozione sono fili che nel
dialogo si intrecciano con quelli della parola e i suoi significati. Molto spesso i significati sono più
importanti in termini di senso, i quali passano attraverso il corpo. Quindi bisogna imparare a scrivere un
dialogo di poche parole, ma molto corpo e tenere anche conto che la parola è performativa, è cioè
un'azione con un'intenzionalità, vuole produrre effetti. Un esercizio è quello di distinguere i livelli di un
dialogo. I dialoghi sono accadimenti dentro una storia: un buon dialogo nasce solo quando si conosce
l’antefatto, ovvero quando i personaggi hanno una storia alle spalle (più informazioni ci sono come
sentimenti e pensieri, migliore sarà il dialogo.

• Esercizio: l’oggetto desiderato —> Dialogo persuasivo ed equilibrio verbale e non. Individuare e portare
un oggetto di valore, scegliere due personaggi fornendo un motivo per il quale prendere il loro oggetto.
I due devono convincersi a lasciare l’oggetto (interruzioni per consigli). Di nuovo così per una seconda volta,
usando meno parole e più corpo. Scrivere un dialogo tenendo conto delle due varianti.

• Esercizio: dialogo incatenato a due —> Due fasi, costruire il dialogo in due utilizzando frasi brevi. Prima
senza tema, dopo si (uno: frase – l’altro: continua con parola principale).

• Esercizio: dialogo concentrato —> Data una situazione, gruppo 3/4 persone improvvisa dialogo max
10/15 min. I drammaturghi lo registrano e lo riscrivono in modo che duri 3/4 min.

MONOLOGO E “A PARTE” Convenzione teatrale per eccellenza: non esiste infatti nella vita. Nel monologo il
personaggio parla tra sé e sé a voce alta, non si rivolge a un altro personaggio ma è solo ed il pubblico
sente ciò che dice. La parola orale sta al posto dei pensieri. La modalità del parlato spesso tende ad avere
una natura retorica per volontà dell’autore che ha di comunicare al pubblico. La legittimità del monologo e
la sua efficacia drammaturgica risiedono nell’urgenza del personaggio di uscire allo scoperto per rivelarsi,
ma senza scoprirsi con gli altri personaggi.

Per giustificare un monologo dobbiamo avere una buona occasione nella situazione e un buon motivo
profondo nell’interiorità del linguaggio. Nel monologo il personaggio non fornisce informazioni di sé, a
differenza del “racconto di sé”. La costruzione del monologo prevede movimenti del testo che sono affidati
all'urgenza della condizione e quindi più probabilmente appoggiati su cambi di ritmo, piuttosto che su uno
sviluppo logico razionale. Il monologo nel testo è la forma che può prendere l’indicibile e il non
raccontabile di una condizione umana: le persone parlano più facilmente di una condizione intensa
attraverso azioni e gesti, che possiedono maggior ricchezza rispetto alle parole (legate alla razionalità).
Usciamo dal registro drammatico e ricorriamo a un altro registro, quello poetico, dove la parola ha
mantenuto un’intensità simbolica (parole che devono essere dette). Il “falso monologo” è un testo
d’origine letteraria o altro che viene detto da un personaggio o attore in scena da solo. La funzione è la
stessa del monologo, ma la forma si avvale di un testo non drammatico. Questa forma è efficace nel TSC
perché consente di raccogliere ed elaborare le diverse suggestioni portate dai partecipanti. Il cosiddetto “a
parte” prevede che il personaggio, durante l’interazione con un altro personaggio, si rivolga
improvvisamente al pubblico e gli parli intenzionalmente, fornendo un’informazione che l’altro
personaggio non conosce o commentando qualcosa che sta accadendo. Ciò porta ad un’intimità tra
pubblico e personaggio.

• Esercizio: la catena dei sentimenti —> Noto monologo, indico il sentimento da cui nascono le battute.
Elenco dei sentimenti, riscrivere il monologo tenendo i sentimenti ma cambiando il linguaggio.

• Esercizio: corpo che prende parola —> Aiutare un personaggio a dire la propria condizione, abbassare
controllo razionale, enfatizzare la forza del non verbale (condizione di lotta). Serve per trovare angolature
diverse del personaggio: come una cosa viene detta.

• Esercizio: elenchi metaforici —> Sviluppare un linguaggio metaforico per esprimere una condizione.
Personaggio e condizione individuate, elenco di “mi sento – vorrei – se potessi”, seguite da una frase con
un verbo d’azione. Di nuovo lo stesso, ma con immagini del mondo naturale associate alla condizione.

• Esercizio: falso monologo —> Trovare poesia/canzone ecc. per descrivere la condizione di un personaggio
classici e quotidiani in un preciso momento della storia.
RACCONTO Ha in teatro origini antiche quanto la tragedia greca, nella quale lo ritroviamo come racconto
del soldato di altro personaggio minore, che riferisce lo svolgimento della battaglia o altra situazione
fondamentale per lo sviluppo della storia, ma avvenuta "fuori scena". Si tratta in questo caso di un
“racconto in personaggio”. Il racconto teatrale riprende la narrazione orale diretta tra attore e pubblico: il
racconto è comunicazione intenzionale a qualcuno che è presente (il narratore parla allo spettatore, non è
di fronte allo spettatore). La scrittura del racconto teatrale si fonda sulla dimensione visiva: attraverso le
parole lo spettatore vede la scena raccontata, grazie a vocaboli concreti e ad una sintassi semplice.
Infatti il racconto deve essere chiaro nel fornire tutte le informazioni necessarie a “vedere” attraverso le
parole la scena, tenendo conto del tempo lineare di ascolto e di ricerca delle informazioni (decodifica).
Il racconto teatrale può contenere al suo interno elementi di dialogo sostenuti dallo stesso attore o da più:
il narratore può entrare e uscire dal personaggio e assumere le vesti di un altro personaggio (da discorso
indiretto a diretto). Per scrivere un buon racconto teatrale bisogna avere chiari questi elementi:

1) Quando →da quale situazione parte il racconto (esplicito o implicito), da una necessità dell’attore o dalla
situazione teatrale

2) Chi e perché sta raccontando →tonalità emotiva e retorica - il chi determina: intenzionalità, linguaggio e
punto di vista - il perché determina: causa e finalità del racconto

3) Cosa si intende raccontare →fatti, azioni e situazioni (non pensieri e riflessioni), è comunicazione
(≠monologo: espressione)

4) Quale linguaggio verbale →scelta stilistica legata alla poetica personale, al pubblico e alla sua
comprensione, al punto di vista e identità del personaggio.

Il racconto in teatro è un racconto con il corpo dell’attore che va a sostenere e incarnare in vario modo il
racconto: va dunque scritta sia la partitura verbale che fisica. La scrittura del racconto avviene direttamente
con l’attore (intervista, punti del testo, prima revisione orale, preparare scenario). L'attore trasformerà ciò
dando corpo e voce a quel racconto e il drammaturgo si annoterà ciò che di nuovo nasce in scena e dopo
questa fase si procede ad una seconda riscrittura. La fedeltà del drammaturgo al narratore è la fedeltà di
un testimone unita alla libertà di un artista che ha il compito di dar voce universale a quella storia
individuale: questo equilibrio è essenziale nel TSC. Compito del drammaturgo è riconoscere la narrazione
naturale di una persona a seconda del linguaggio narrativo che usa che lo rendono unico. Oltre a
riconoscere, il drammaturgo stimola con opportuni esercizi nel laboratorio con domande durante
un'intervista, cercando di portare sempre la persona a riferire in modo concreto e visivo ciò di cui vuole
raccontare. È proprio questo esercizio di memoria concreta, ricca di segni a dare alla fine l'intervistato e la
buona sensazione di aver ritrovato qualcosa di autentico, profondo e ricco di sé.

COSTRUIRE UNA BUONA NARRAZIONE TEATRALE CORALE La scrittura che coniughi momenti di narrazione
a momenti drammatici necessita di una rottura della quarta parete (il racconto è sempre al pubblico).
È anche importante saperla intessere con una partitura con registro comico o grottesco o epico che
consentano più facilmente di uscire dalle convenzioni del “naturalismo drammatico”. Il personaggio è
depositario di un sapere che deve trasmettere al pubblico. Si è facilitati se la costruzione di sviluppo è
chiara: si fa riferimento ad una storia nota o comprensibile al pubblico. Si cerca quindi di coniugare azione
fisica e narrazione (riducendo al minimo i dialoghi ed escludendo la dimensione del monologo).

• Esercizio: intervista teatrale —> Gruppi di 3 persone: intervistatore, intervistato e osservatore. Dare
argomento legato alla dimensione esperienziale. Intervistatore deve preparare l’intervista (prestando
attenzione a come si presenta + preparandosi una traccia con punti). L’osservatore nota le dinamiche non
verbali. Intervistato e intervistatore scrivono racconto, lo mettono a confronto + punto di vista
dell’osservatore.
• Esercizio: dalla cronaca al racconto —> Giornale, individuare storie e caratteristiche. Da queste inventare
un racconto orale. Al termine possono fare delle domande o desideri. Da queste si scrive una nuova
versione del racconto.

• Esercizio: racconto in personaggio —> Da fiaba nota/vicenda epica, farla raccontare a un personaggio
minore, prima in scrittura scenica e dopo a tavolino.

• Esercizio: il racconto della storia e della scienza —> Ambito scientifico o storico, individuare evento o
protagonista, raccogliere informazioni e provare a costruire una scaletta per un possibile racconto (fatti +
modalità narrativa).

FORMAT EPICI Testi che hanno forme miste tra dimensione drammatica e dimensione epica, ovvero
hanno al loro interno sia una testualità teatrale fatta di scene, personaggi e battute e un’altra, fatta di testi
non teatrali detti dagli attori o dai personaggi stessi al pubblico. Queste due dimensioni si inseriscono, si
alternano e dialogano in modo vario. I formati drammaturgici epici consentono di dare voce alla singolarità
e alla collettività. Tra questi ci sono:

1) I cataloghi: Sono raccolte in forma di elenco con una scansione interna definita. Il catalogo ha una
precisa organizzazione formale e la mostra in modo evidente già dopo poche righe (≠elenco). Per costruire
un buon catalogo devono essere presenti competenze ritmiche di tipo musicale e poetico, in modo che il
pubblico segua, comprenda e ricordi. È bene che il vocabolario sia concreto e che produca immagini visive
immediate. Nel catalogo emerge sempre un punto di vista, una personalità.

• Esercizio —> Tema: indicare verbi e oggetti. Scegliere verbo e incipit per fare un catalogo con le immagini
che vengono ispirate dalla frase

2) Le lettere e gli appelli: La lettera è una convenzione teatrale antica e consente di riferire informazioni e
di ascoltare il punto di vista di un personaggio nella sua relazione con un altro che non è presente (es. Gli
scalpellini). Utile per far esprimere ricordi, consigli, auguri, sentimenti ecc. da un altro personaggio.
Le lettere sono simili ai monologhi in quanto entrambi esprimono la loro condizione, ma è diversa la
dimensione comunicativa: scrivo/leggo una lettera per qualcuno di preciso.

3) Il video, il web: In alcuni spettacoli si è cominciato già da diversi anni ad usare il web in ottica
drammaturgica per introdurre informazioni, punti di vista e piani di realtà differenti. È una possibilità
interessante che però presenta dei rischi in termini di disomogeneità linguistica della scena. Quando si usa
il video: “perché quel mezzo?” Il mezzo è il messaggio “(flashback, cornici, interiorità, dimensione ornica).

SPAZIO Si intende una categoria essenziale del pensare e dello scrivere per il teatro. Saper vedere spazi
significa saper individuare nei luoghi caratteristiche che lo identificano come produttore di significati.
Ma costruire spazi nella scrittura significa dare indicazioni perché un luogo abbia le caratteristiche adeguate
per far accadere l’azione. Lo spazio è una condizione dell’azione, un generatore di accadimenti. Infatti va
definito e scelto. Lo spazio teatrale è un campo intero (totale): il pubblico vede tutto lo spazio scenico.
Il cambiamento dei piani avviene grazie all’uso della luce e del buio, e alla dislocazione nello spazio
proscenico-fondo, centro-lati. La spazialità va a sostenere e sviluppare la condizione del personaggio
(stato). È possibile anche che nello stesso spazio ci siano più temporalità. Nel TSC si possono usare due
spazi teatrali non deputati:

1. Spazi polifunzionali più o meno moderni

2. Spazi molto connotati perché legati a un’altra destinazione d’uso.

Ogni spazio è portatore di significati e rimanda alla memoria (emozioni): quello che lo spazio comunica si
intreccia con la comunicazione contenuta nel testo e nello spettacolo. Perciò è necessario scegliere lo
spazio in base all’argomento e al linguaggio del lavoro. Quando lo spazio è già drammaturgico rispetto al
tema, il drammaturgo non sovraccaricherà il testo di significati già evidenti (avere coscienza e governare
intenzionalmente). Infatti, diversi sono l’attenzione e l’ascolto se il pubblico è fermo in una sala teatrale o
se si deve spostare per una scena e l’altra. Gli oggetti di scena e i costumi hanno le stesse caratteristiche
dello spazio e dell’azione: necessari, portatori di significato, sono concreti ed efficaci. Nel TSC si può
partire dagli oggetti per costruire testi: gli oggetti sono elementi di lavoro di gruppo (parlare di sé in modo
mediato). La drammaturgia dell’oggetto è la drammaturgia dell’esperienza (sintesi del laboratorio: racconto
o mostra parlante). Il lavoro con gli oggetti è funzionale anche nella costruzione di installazioni interattive
con il pubblico.

• Esercizio: la scena del delitto —> Oggetti: chiedere ad uno di preparare uno spazio che identifichi il luogo
in cui è da poco accaduto qualcosa. Gli altri dovranno indovinare cosa è accaduto. Oggetti: sono essenziali?
Si possono modificare di posizione? Possono essere sostituiti? Aggiunta personaggio: possono essere fatte
delle variazioni? → rispetto personaggio e oggetto: scrivere cosa accade.

• Esercizio: trasformare un luogo —> Visitare luoghi, sostarci + foto (da più punti di vista). Immaginare in
quello spazio tre situazioni tipo + scrivere 5 aggettivi e 5 verbi. Cerchiare elementi della foto collegate alle
10 parole. Dopo: pensare alla funzione di quel luogo, indicarla con 3 parole, cerchiare rimando foto.
Discutere su quale vorrei fosse la funzione di quel luogo. Eliminare elementi spaziali inutili e attuare
modifiche. Re-immaginare 3 situazioni.

• Esercizio: nuovi spazi per situazioni note —> Uscire dalla convenzione naturalistica: individuare 5
situazioni note che descrivono personaggio e cosa accade. Collocarle in uno spazio non usuale.

TEMPO Il tempo teatrale è il presente: il teatro è qui e ora in quanto accadimento dal vivo.
L’atto compiuto in scena è solo presente, anche se ovviamente ciò non vieta di parlare di vicende passate o
future. La convenzione teatrale consente di montare in sequenza scene che sono avvenute in tempi diversi,
inserendo nelle battute nella scena elementi che connotano temporalmente la situazione e che possono
essere sia a carico della parte drammaturgica quanto di quella registica. È possibile anche rappresentare
nello stesso spazio accadimenti contemporanei distinguendoli grazie una diversa collocazione spaziale.
La sequenza delle scene può coincidere con la linearità temporale oppure no (flashback-flashforward).
Nella considerazione della disposizione temporale delle scene dobbiamo tenere in considerazione che la
sequenzialità temporale è spesso interpretata dallo spettatore con una sequenzialità causale.
Rispetto al tempo reale, il tempo teatrale è un tempo concentrato: nell’osservanza di una necessaria
concentrazione risiede l’efficacia di una buona drammaturgia. I tempi della comunità sono tempi forti della
sua convocazione (es. riti/scansione anno). Per intervenire su processi di trasformazione della comunità è
necessario individuare e lavorare sui tempi della comunità (es. Caravan).

• Esercizio: cambiare l’ordine temporale o narrativo —> Storia nota con 5 situazioni: cambiare ordine
temporale, dopo quello espositivo.

• Esercizio: i tempi di una storia nella vita e in teatro —> Da storie di vita vera, individuare 3 momenti
forti. Intensificare il tempo collocandolo in tempi precisi. Presentare una storia nelle 24h: scansione della
giornata. Fare calendario della propria vita.

• Esercizio: i tempi della comunità —> Quali sono i momenti forti della comunità: periodo della
giornata/anno. A che azioni corrispondono i tempi.

PARTE TERZA: IL LAVORO DI SCRITTURA PER I GRUPPI E LA COMUNITA’

CAPITOLO 6: IL PUNTO DI PARTENZA Da che cosa si parte quando si scrive per un gruppo o una comunità?
La drammaturgia può prendere avvio:

1. Dall’interno del processo di un laboratorio teatrale


2. Da vincoli esterni: progetto che nasce dalla volontà di dar voce a una condizione o per sensibilizzare

3. Necessità di ancorare il percorso teatrale e la rappresentazione a esigenze didattiche di contenuti.

Anche se non c’è un punto di partenza ci si deve domandare qual è il legame tra il tema, il testo, la storia, il
gruppo/comunità: c’è quel tema nelle vite dei destinatari? È una domanda che riguarda in primis il
drammaturgo (conosco tema, ci sono legato, ho una motivazione ecc.). Nel cercare un’idea attraverso un
tema/testo/storia di vita, ci si deve domandare: a chi può interessare? Che elemento della vita riguarda?
È adatto per il teatro? Il lavoro del drammaturgo è quello di costruire un ponte tra qualcuno che vuol dire
qualcosa e qualcuno che vuole/si troverà ad ascoltare.

PARTENZA DA UN TEMA/UNA CONDIZIONE Il tema è un concetto. Bisogna renderlo concreto (foto,


cataloghi, cronaca ecc.): intervistare protagonisti, figurarsi e descrivere le azioni, indicare situazioni,
chiedere di portare oggetti, tutto legato al tema. Si possono cercare delle immagini metaforiche (per sintesi
metaforiche) e lavorare con gli attori secondo l’improvvisazione (costante dialogo tra chi è in scena e fuori),
oppure partire dallo stereotipo su quella condizione (eseguire, scrivere e levare) (Teatro dell’oppresso).
Qualunque sia la procedura, si tratta di identificare: parlare, vestire, atteggiamenti, gesti, azioni attribuiti a
quel tema. Dopo averli raccolti, vanno separati dal tema in modo da “svestirlo” (no parole, personaggi ecc.)
per poi chiedersi che cosa resta? Un’esercitazione utile è quella di chiedere al gruppo di trovare una
soluzione che sia il cuore del problema, per poi azionarla e darle un titolo con un verbo (anche al pubblico).
Ciò consente un confronto in gruppo e una focalizzazione sul tema.
Spesso nel TSC la condizione/tema è evidente nei partecipanti, difatti si tratta di “auto-drammaturgia”
(affermare la propria esistenza e valore) (es. disabilità e psichiatria). Il lavoro drammaturgico in questo caso
sarà quello di esplorare e mostrare ciò che della vita si coglie essendo quel corpo e quella sensibilità,
focalizzando un momento della vita di tutti attraverso quel punto di vista che è la condizione umana.

PARTENZA DA UN TESTO Il testo è un vincolo e come tale sia un limite che una sicurezza. Avere un testo
rassicura, ma non necessariamente semplifica: soprattutto se un testo non drammaturgico va trasformato
in un testo teatrale (drammaturgia seconda). Con un testo davanti dobbiamo porci una serie di domande
circa le possibilità che ho: Storia, plot, personaggi, situazioni... Poi si sceglie cosa tagliare, quindi si opera
una riduzione (selezione) e un adattamento (trasformazione). È necessario anche tener conto delle
possibilità espressive degli attori. Dopo una fase di analisi a tavolino per comprendere le possibilità del
testo e il suo funzionamento, il drammaturgo lavorerà con il gruppo con una serie di proposte che sono
finalizzate proprio all'esplorazione del testo. Dopodiché egli avrà raccolto una serie di cose che il gruppo
intende dire e una serie di materiali teatrali. Quello che nasce potrà alla fine anche essere liberamente
ispirato al testo di partenza, oppure sarà una riscrittura originale. Più è nota la storia, più è facile muoversi
nella linea narrativa e focalizzarne una parte. Difficile è il linguaggio (caratterizzato dall’epoca): nel teatro la
parola viene agita, non letta. Importanti i tagli e la riscrittura per la coerenza del testo. Il drammaturgo
legge a voce alta e sente se ciò che ascolta è comprensibile. Importante è anche l’equilibrio tra il testo e ciò
che vuole esprimere il gruppo.

PARTENZA DAL GRUPPO Processo privilegiato dalla metodologia del TSC che con stimoli porta il gruppo a
conoscersi, fidarsi, esplorare e sviluppare attraverso il teatro le proprie identità personali e di gruppo e
possibilità espressive. Si prospetta in una auto-drammaturgia, ovvero una narrazione di chi è quel gruppo e
le persone che lo compongono (focus temi) attraverso tecniche teatrali specifiche. Il drammaturgo ha il
compito di accompagnare il lavoro di conduzione e deve condividere con il conduttore un’ipotesi di lavoro
generale (aspettative e percorso). Quando il gruppo è formato (familiarità), conduttore e drammaturgo
individuano esercizi per far emergere quel che il gruppo sente come urgente (improvvisazione e
sollecitazione). Il drammaturgo deve:

- Capire di che cosa e in che modo quell’esercizio porterà a parlare


- Verificare se è coerente con gli obiettivi del percorso

- Osservare con gli stessi criteri l’esito A volte la condizione specifica dei partecipanti orienta già il campo
drammaturgico, altre volte è il desiderio di espressione che conta.

1) Prima fase: il drammaturgo raccoglie e ascolta il più possibile (parole, gesti ecc.) e si interroga su ciò,
cercando di capire che tipo di traccia seguire. Con più materiale, si passa alla seconda fase;
2) Seconda fase: passare dall’espressione alla comunicazione. Possono emergere due difficoltà: l’ansia
perché non c’è un copione e problematiche a dare forma al materiale, se in precedenza c’è un campo
limitato

PARTENZA DALLA COMUNITA’: RITI E STORIE DI VITA Le comunità sono realtà articolate e complesse e
rispetto ad esse è importante domandarsi qual è il territorio e interrogarle dal punto di vista
dell’appartenenza ad uno specifico ambiente fisico, relazionale e organizzativo. La comunità di cui si occupa
il teatro è un fatto concreto: luoghi, volti e spazi. La comunità può chiedere al drammaturgo di raccontarla
a sé stessa e all’esterno o di farle vivere un rito. Il lavoro delle “narrazioni di comunità” è quello di
raccontare le comunità attraverso il racconto di vita di chi la forma, rispondendo al bisogno di dargli valore
e farlo vedere agli stessi membri della comunità. È necessaria una forma mista tra narrazione e rito per
dare una buona forma scenica di qualità professionale (drammaturgo + regista). Nel rito la comunità
compie un’esperienza intorno a qualcosa che avverte come necessario, si utilizza un’azione collettiva che è
nota alla comunità perché appartiene alla sua tradizione o che conosce perché legata a quel particolare
tempo.

CAPITOLO 7: IL PUNTO DI ARRIVO: UNO SPETTACOLO DA CHI E PER CHI? Il punto di arrivo del lavoro del
drammaturgo si articola in due momenti: all’inizio e a metà. Ricercando il punto da cui partire è importante
tenere in considerazione che lo spettatore deve essere parte del processo creativo, a lui è destinato ciò che
viene fatto. Per fare un’esperienza autentica di ricerca e creazione gli attori hanno bisogno di non essere
sovraccaricati della responsabilità comunicativa. Il drammaturgo deve comunque tenere in considerazione
che ciò che viene elaborato successivamente verrà mostrato ad altri. L’importante è che il soggetto assista
al suo percorso. A metà strada, si inizia a scrivere e bisogna capire cosa togliere e cosa tenere e indicare il
perché. Indispensabile è la comunicazione chiara e di facile comprensione in modo da raggiungere lo
spettatore. Lo spettatore deve essere un soggetto disponibile e il drammaturgo lavora con la sua pazienza
per appassionarlo. Un personaggio è tanto più efficace quando anche solo per un attimo chiunque può
identificarsi con lui, può almeno se non condividere, comprendere le sue ragioni perché lo sente simile.
Oppure è efficace perché ha una grandezza è una complessità che lo stagliano al di fuori della cerchia
comune. I motivi di identificazione e di legame sono alla base della comprensione dei personaggi.

CAPITOLO 8: DALLA CARTA ALLA MAPPA DRAMMATURGICA ALLA SCALETTA DEL TESTO

“LA CARTA”: CARTPGRAFARE TUTTO IL MATERIALE: Su un foglio bianco segnare tutto il materiale raccolto:
denotazione visiva e concreta (cerchi e colori) per rimandare alla memoria. Quindi la carta serve a fare il
punto su cosa c’è (due momenti: dopo una prima fase di esplorazione e a esplorazione terminata) e ciò che
manca e ci aspettavamo emergesse. Capire anche cosa il gruppo sta dicendo e come lo dice aiuta a fornire
un’idea del tipo di testo e spettacolo, anche se la forma drammaturgica è ancora aperta a modifiche.

LA MAPPA: VIAGGIARE “NELLA CARTA”: Si opera una selezione: ridisegnare carta, analizzarla e considerare
il materiale a proposito di:

1. Di cosa parla lo spettacolo

2. Quali personaggi e situazioni sono presenti

3. Quale linguaggio usa


4. In quale struttura e forma tendono ad essere organizzati i materiali

5. Verso quale genere, stile e intenzionalità comunicativa si muovono Prima si raccoglie e scrive, dopo si
analizza. Da qui si avrà una mappa, ovvero un percorso all’interno di materiali raccolti.
Sarà chiaro: di che cosa parla lo spettacolo, quali sono i personaggi e le situazioni, il linguaggio verbale
prevalente e visivo. Per ognuno di questi si segnano elementi forti come parole chiavi.
Dall’analisi inoltre risulterà chiaro se esiste già un’organizzazione formale del materiale.

IL CUORE DELLA MAPPA: DA CHI E PER CHI: Dall’analisi si pongono altre 2 domande:

1. Dall’intero materiale, cosa sta a cuore al gruppo (scena, immagine, testo ecc)

2. A chi parlerà questo materiale Il drammaturgo cerca il modo migliore per mettere in relazione
comunicativa l’attore (il gruppo) e lo spettatore (il pubblico)

SELEZIONARE I MATERIALI DALLA MAPPA: Segnare ciò che si vuole dire, poi collegare i diversi elementi in
sottoinsiemi e provare a dare un ordine. La costruzione e la selezione della mappa si possono anche fare
con il gruppo (se competente), se no si procede in modo autonomo e successivamente si motivano al
gruppo le scelte fatte.

UN TEATRO POVERO DI MEZZI E RICCO DI AUTENTICITA’: Selezione del materiale tenendo conto che gli
attori sono non professionisti, quindi si fa un “teatro povero” in cui i punti di forza sono:

- Autenticità della ricerca e della comunicazione

- Relazione tra attore e spettatore Pericolo per drammaturgo e regista: narcisismo → è lo spettacolo del
gruppo di cui sono solo una parte. Bisogna avere umiltà per scrivere un bel testo (si inizia a sentire l’ansia
da prestazione).

LA PRIMA SCALETTA DRAMMATURGICA: Si procede alla stesura di una prima scaletta drammaturgica,
costituita da:

- Plot
- Indicazione dei personaggi
- Sequenza delle situazioni/scene/immagini principali.
Importante annotarsi anche il linguaggio. Stendere una scaletta significa aver già fatto una riflessione su
questioni riguardanti il testo, il genere e il linguaggio da usare. Infatti prima si pensa alla forma di
rappresentazione, dopo alla stesura.

CAPITOLO 9: IL GENERE DI TESTO E LA FORMA DELLA RAPPRESENTAZIONE Interrogandosi sulla forma della
rappresentazione vuol dire chiedersi - a che genere appartiene il testo? - come ha luogo la
rappresentazione nel rapporto con lo spazio, il tempo e il pubblico?

IL GENERE DEL TESTO Esistono molti generi di letteratura drammatica. La scelta del genere del testo
avviene in base al materiale emerso dal gruppo, alla coerenza con il punto di partenza e con quello di arrivo
(1° parte processo creazione teatrale). Il genere costituisce il come viene detto quel materiale e va ad
incidere sul rapporto che istituirà lo spettacolo con il pubblico.
- Commedia: ottica di positività
- Tragedia e dramma: escludono il lieto fine + conflitti inevitabili e insanabili.
Quando si dà forma ad un testo si differenzia tra naturalismo e antinaturalismo.
—> Una struttura naturale si fonda sull’imitazione della realtà (effetto verosimiglianza: sequenza,
evoluzione, linguaggio e costumi realistici) →linearità narrativa —
>Una struttura antinaturalistica non imita la realtà, essa è uno spunto da sviluppare con un linguaggio
diverso (no sequenzialità temporale, no logica). Si tratta della forma che appare più vicina nel TSC ma anche
insidiosa perché richiede molto rigore e lucidità. Un suggerimento è quello di considerare la possibilità di
organizzare la materia a partire da format esterni o da cornici, utilizzando sempre la scrittura grafica come
elemento di sostegno all'organizzazione drammaturgica. La struttura mista è una possibilità interessante
per superare le difficoltà. La narrazione corale è un esempio di questo tipo di struttura, in essa si mescolano
elementi naturalistici e antinaturalistici.

LA FORMA DELLA RAPPRESENTAZIONE Esistono molte forme di spettacoli teatrali. La forma della
rappresentazione è un modo importante di organizzare il significato del lavoro teatrale e definire la
qualità dell’esperienza tra il gruppo e il pubblico e il tipo di accadimento dell’incontro.

SPETTACOLO FRONTALE Forma che organizza l’incontro tra attore e spettatore come esposizione e visione
(occhio e controllo). Nel TSC questa forma è efficace se una delle nostre azioni intende rendere visibile ciò
che di solito è nascosto, con un atto che è una provocazione alla norma (tecniche precise).

LO SPETTACOLO ITINERANTE L’elemento di novità è il movimento del pubblico. Il pubblico usa non solo
l’occhio, ma tutto il corpo negli spostamenti, parla con il vicino, viene distratto da altri elementi.
Tutto ciò costituisce il significato dell'esperienza teatrale. La percezione di essere gruppo anziché individuo
per lo spettatore sarà prevalente, come l'aspetto di contatto sensoriale ed emozionale sarà amplificato
rispetto a quello intellettuale. Egli si sentirà condotto in un viaggio, più esposto, con un minor controllo
della situazione. Da un punto di vista della scrittura drammaturgica si tratterà di tenere conto che sono in
atto 2 livelli: da una parte stiamo scrivendo il diario dello spettatore e dall'altra le singole rappresentazioni
di ogni tappa.

LA FESTA Forma di rappresentazione efficace nel lavoro di comunità: favorisce il contatto emozionale e la
condivisione. Una festa teatrale si costruisce con una drammaturgia rigorosa, governa con precisione le
azioni che compongono la festa, i compiti d'azione dei diversi attori della festa e il sistema simbolico che la
costituisce. La drammaturgia della festa è uno scenario preciso ma elastico. Si hanno degli attori e dei
partecipanti: il segno della festa non è l’occhio ma è il corpo e il fare insieme. La festa celebra, non mostra.
È una drammaturgia di azioni e ogni azione ci lascia qualcosa. Tutti si trasformano in partecipanti.
Particolare attenzione è da prestare alla dimensione simbolica degli oggetti, costumi, spazi…

L’INSTALLAZIONE INTERATTIVA Gli attori interagiscono con il pubblico attraverso dialoghi o racconti:
essenziale se bisogna creare un incontro tra i due per via della ricchezza dei materiai o per le troppe
esperienze del gruppo. La dimensione ludica e un’interazione individuale/piccolo gruppo (max 15/20 min)
sono gli elementi dell’installazione.

DISEGNARE LA CASA E SCRIVERNE IL VIAGGIO ALL’INTERNO Stesura di un’architettura di un testo


(scaletta), determinando spazio, tempo e successione di scene e forma del rapporto tra scena e platea.
È un po' come se da architetti disegnassimo non solo la casa è il luogo dove è situata, ma anche il percorso
di un suo possibile visitatore.

CAPITOLO 10: SCRIVERE IL COPIONE, RISCRIVERE IL TESTO Sulla base della scaletta si prova a raccontare ad
alta voce lo spettacolo, cercando di restare su un livello denotativo. Sarà non il racconto di cosa
intendiamo scrivere, ma il racconto di quello che vedrà lo spettatore. Il racconto sarà lungo e ricco di
dettagli e metterà in prova la scaletta per la sua dimensione scenica concreta e chiarezza drammaturgica.
Con il procedere del racconto si capirà se la storia è chiara. Inoltre si precisano vari aspetti e si ridefinisce la
scaletta. Dalla nuova scaletta si procede alla stesura delle singole scene (didascalie per precisare le azioni
fisiche e battute). Esse vengono poi rilette (momenti importanti, emergenza personaggi, sviluppo
personaggi, battute fondamentali, presenza urgenza personale del gruppo, tipo di interesse collettivo).

Per la stesura della scaletta di drammaturgia di comunità si procede a quadri:


- Che cosa accade (azioni attori, pubblico, personale tecnico)

- Chi fa cosa (attori nelle loro funzioni)

- Che cosa si dice/si sente (testi, musica, racconti ecc.). Mi pongo le domande riguardanti i momenti centrali
e cerco di capire che stato emozionale ha il pubblico e quali simboli caratterizzano i quadri. Quando il testo
è scritto occorre revisionare il linguaggio e lo stile (la coerenza), riconsiderare il bilanciamento interno
(disposizione grafica scene e durata + coerenza con il plot + importanza inizio e fine inizio e fine) e
riscriverlo per gli attori. Nel TSC quel testo ha la sua origine in persone che lo hanno creato e ci sono
affezionate (autorialità), valorizzando le specificità linguistiche (es. dialetti). Ciò può essere fatto a tavolino
o con gli attori: essi hanno fiducia nel drammaturgo che abbia reso efficace il tema. Quando provano gli
attori e qualcosa non funziona si può cambiare. A volte il testo viene rivisto dopo il debutto (aiuto pubblico)
+ condivisione regista.

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