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Riassunto - libro "Ingresso a teatro. Guida all'analisi della


drammaturgia", di Annamaria Cascetta, Laura Peja

Drammaturgia (Università Cattolica del Sacro Cuore)

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Ingresso a Teatro

1. LA DIFFERENZA COMUNICATIVA DEL TEATRO


Perché il teatro?
Piano filosofico: Melchiorre correla l’istanza drammaturgica dell’uomo con l’istanza conoscitiva.
Teoria della conoscenza Il conoscere è una costituzione di senso in cui soggetto e oggetto sono
collegati in un movimento che ha nel corpo il suo asse prospettico. In quest’ottica, l’attore diventa la
mimesi della conoscenza sul mondo. La coscienza esplora e incarna attraverso il teatro le varie
prospettive di vita in cui l’essere si manifesta senza esaurirsi.
Piano antropologico: la rappresentazione teatrale è una mimesi mediante tutto il corpo della visione
del mondo di una certa cultura e riguarda quindi tutti gli aspetti fondamentali dell’esistenza: rapporto
con ambiente, con gli altri, etc. Quindi rappresentazione teatrale come bisogno di rafforzamento
dell’identità individuale e collettiva.
Piano teologico: drammaturgia e liturgia hanno un rapporto molto stretto. L’opera della salvezza
avviene attraverso un’azione di Dio che continua e si ripete.

I caratteri della comunicazione teatrale


Il teatro è l’archeologia, la matrice che sta dietro le nuove forme drammatiche. Il problema è capire
se nel processo di trasformazione del quadro comunicativo non sia emersa la sua specifica identità e
legittimità con più forza.
Brook dice che il teatro è il luogo di un confronto vivo tra attori e spettatori. Situazione di interazione
in cui è richiesto un reciproco impegno e un reciproco scoprirsi.
Il teatro non può essere considerato come una forma di comunicazione in cui passano significati
codificabili e decodificabili. Esso è una forma di comunicazione empatica in cui conta il momento
relazionale, ossia l’area performativa e pragmatica prima ancora di quella linguistica e concettuale.
Secondo Brook il teatro è una possibilità data all’uomo di accrescere le sue percezioni. Già Antonin
Artaud aveva chiarito che il teatro è coinvolgimento globale e stimolazione dei nervi e del cuore.
Mounin diceva che ciò che accade a teatro si spiega meglio in termini di stimolo che in termini di
comunicazione. Gli attori e la compagnia sono intenti non a dire qualcosa agli spettatori, ma ad
“agire” su di essi.
Definizioni di teatro:
1.Teatro è l’esplicarsi di un testo attraverso un corpo nella scena, in contatto diretto con il gruppo e in
un determinato contesto.

Testo  struttura coerente e compiuta; corpo materialità fisica dell’attore; scenarecinto reale
accettato come luogo della finzione; contatto è la condivisione spazio/temporale;
contestocontesto culturale e dell’evento stesso

2.Elementi dello schema generale della comunicazione: mittente, destinatario, contatto, codice,
messaggio
3.Definizione aristotelica: il teatro è mimesi di persone che agiscono. Istanza dell’io come dominante
sull’istanza dell’egli nella comunicazione teatrale. Il prologo è molto importante perché è un vero
e proprio personaggio. Esempio: Mandragola di Machiavelli, Judit di Federico della Valle. Stesso
discorso vale per il coro della tragedia greca.

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Modello della comunicazione teatrale di Segre: importante emittente e contesto. Egli presenta la
figura dell’autore come esterna rispetto ai personaggi. Per l’emittente si preferisce sostituire alla
nozione di autore, quella di dramaturg, il regista. Quanto al contesto invece è grazie ad esso che il
pubblico recepisce la rappresentazione in un certo modo.

Quindi i caratteri fondamentali della comunicazione teatrale:

1.Intersezione e compresenza di circuiti comunicativi durante la rappresentazione


2.Indentità tra il tempo del discorso e dell’enunciazione.
3.Compito dello spettatore quello del riordino e del giudizio.
Quindi  Teatro come luogo dell’incontro, del festivo, del simbolico.

Ragionamento di Pier Cesare Rivoltella e di Claudio Bernardi riguardo la differenza comunicativa del
teatro  il teatro non è citato tra le tecnologie comunicative perché esso vive di una sua differenza.
Nella società dei mass media è sempre presente la “relazione”, caratteristica del teatro, attraverso la
sempre maggiore efficacia dell’interattività e dell’interfaccia, ma sganciandola dall’obbligatorietà del
luogo fisico, il teatro garantisce la sua permanenza. La differenza si colloca:

1.Sotto il profilo psicodinamico il teatro è il luogo della relazione, fra attore e spettatore ma anche
fra gli stessi spettatori. Differenza col cinema: mentre il cinema è il luogo finto in cui una finzione
produce consumo e produce un viaggio evasivo, il teatro è il luogo reale in cui si finge.
2.Sotto il profilo semiologico il traning è necessario per la produzione di una scena, la
caratteristiche distintive sono lo spazio comune, identità del tempo dell’enunciazione e del tempo
del consumo, ruolo dello spettatore attivo e cooperativo.
3.Sotto il profilo sociologico e antropologico il teatro stabilisce un gesto pubblico e associativo. Il
teatro non è luogo della finzione ma della rivelazione.
4.Sotto il profilo gnoseologico è la messa in scena della relazione.

Il teatro quindi va considerato come una modalità espressiva vitale che sottolinea la sua differenza. In
una società della spettacolarità diffusa, il teatro è il luogo della non spettacolarità. Il teatro è una
drammatica degli affetti, è una iperintensificazione delle emozioni e percezioni. Importante è la
valenza pedagogica del teatro.

Le prospettive del teatro


Teatro artistico legato al professionismo. Nel mondo contemporaneo, teatro artistico come rito di
meditazione corale portare la poesia in quel mondo in cui gli spettatori vivono e a cui ritornano
quando lasciano il teatro.
Teatro socialein cui prevalgono la cultura di gruppo e i metodi del laboratorio. In questa forma di
teatro prevalgono le relazioni sui significati e il processo sul prodotto. Ricordiamo Eugenio Barba.

Annessi : Pier Cesare Rivoltella. LA DIFFERENZA COMUNICATIVA DEL TEATRO, ASPETTI TEORICI E
IMPLICAZIONI EDUCATIVE.

Obiettivo di questo intervento riflessione su ciò che contraddistingue il modello e le forme


comunicative del teatro dai nuovi media. La teoria del medium privilegia l’approccio storico. Ogni
tecnologia della comunicazione non offre soltanto una nuova possibilità del sapere ma trasforma il

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significato delle parole. Avvento di una nuova tecnologia non toglie né aggiunge, ma trasforma. E’
possibile fare una ricostruzione dell’evoluzione comunicativa dell’umanità:

-La cultura orale  la memoria è l’unico valido supporto per la conservazione e trasmissione del
sapere. La comunicazione orale si avvale di “aiuti” che contribuiscono alla definizione di un
determinato modo di comunicare.
-L’alfabeto completo e l’invenzione della stampa portano alla nascita della cultura letteraria  non è
più sufficiente solo la memoria, la forma metrica perde la sua originalità e i discorsi si fanno sempre
più complessi. La scrittura emancipa il pensiero dal confronto con la realtà, favorisce l’astrazione e la
concettualizzazione.
-La cultura elettronicadata dall’invenzione del telegrafo, della fotografia, della radio e del cinemae
e poi dai media. Velocità, logica reticolare e non più sequenziale.

Nella società attuale, lo spettacolo è allo stesso tempo il risultato e il progetto del mondo di
produzione esistente. Costituisce il modello presentante della vita dominante  l’uomo però rischia
di confondere l’evento reale e la sua rappresentazione. La differenza è quindi oggi fondamentale per
scandire l’identità del teatro dal conformismo creato dai mass-media.
Se la nostra è una società in cui la teatralizzazione intesa come spettacolarizzazione generalizzata
rischia di pervadere qualsiasi espressione sociale, la sfida per il teatro è di affermare per sé uno
statuto non spettacolare che giustifichi la sua sopravvivenza. Sopravvivenza messa a rischio dai new
media e dallo show business:
piano dell’interattività  nella comunicazione dei media è una forma di fisicità teatrale (il software
attuale configura l’intervento dell’utente nei termini di una vera e propria performance). Quanto si
cerca di fare è contaminare il flusso comunicativo freddo dei media con l’impatto caldo e personale
della comunicazione teatrale.
Secondo Meyrowitz, i media emancipano il fatto di comunicazione del luogo fisico, sostituendo a
questo uno spazio sociale  raggiungono un grande pubblico.
Se nell’ottica di consumo dei media si deve rimuovere l’obbligo del luogo e la relazione è un modello
da replicare, nell’ottica rituale esse sono proprio ciò che garantisce al teatro la permanenza nell’era
tecnologica.
Oggi è presente un paradosso: l’era tecnologica decreta sia la crisi sia la permanenza del teatro.
Perché?
Il teatro si ritaglia uno spazio proprio significativo. La facilità e l’immediatezza di quest’arte porta
all’aumento della vocazione a fare teatro. Quindi, il momento della crisi è il momento che porta a
recuperare l’originalità.
La struttura del teatro è data dalla sua diffusione dallo spettacolo. La differenza implica dinamismo,
passività e attività. Esso risponde ad uno statuto di differenza da una parte perché rivendica la
propria originale identità e perché costituisce un luogo di simboli che rinviano a un’altra dimensione
rispetto alla materialità espressiva. Due sono le sue caratteristiche distintive:
A) RELAZIONE  apertura all’altro, esperienza di partecipazione affettiva. Ogni soggetto è
legato alla sua corporeità, che rende possibile l’esperienza del mondo alla coscienza e costituisce un
limite, una parzialità. Relazione a teatro è il processo di andata e ritorno da me verso gli altri e di
nuovo verso me.

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L’incontro è con se stessi, l’altro e la nostra anima. La relazione non è solo una caratteristica
dell’evento teatrale, ma anche del consumo di teatro. Nel teatro la partecipazione a questa relazione
è di un pubblico caratterizzato da una relazionalità diffusa sull’asse platea-platea: gli spettatori sono
una comunità che condivide competenze.
B) LUOGO DI RAPPRESENTAZIONE  portare di nuovo alla presenza di qualcuno, qualcosa che
già prima era in questa presenza. La coscienza da un senso alle cose (processo di apprendimento).
Nella rappresentazione conoscitiva la verità di ciò che viene rivelato è restituita parzialmente. Il
disporsi prospettico della coscienza consente di spiegare anche il fatto che qualcosa rappresenta
qualcos’altro. Quindi, quando rappresento le cose capisco la mia capacità di guardare; quando
incontro un’altra coscienza ciò che riconosco è la mia capacità di trascendenza.
Il rappresentante vive in funzione di colui che rappresenta ma senza potersi identificare con esso. Da
una parte l’attore non si identifica mai a tutti gli effetti con il personaggio ma lo rappresenta sempre
da un certo punto di vista; dall’altra, il personaggio non si riduce mai a nessuna interpretazione ma
resta trascendente.
Come la verità è più ampia della rappresentazione (ma di essa può solo cogliere qualcosa), così la
rappresentazione drammaturgica manifesta la vita.

Mentre il cinema è il luogo finto in cui una finzione si dispone al consumo, il teatro è il luogo reale in
cui si finge, in cui si accetta la finzione.
Il teatro gode anche della differenza “codico-espressiva” da una parte organizzazione della
materialità espressiva, dall’altra originale configurazione del lavoro spettatoriale.
Il teatro differisce grazie alla sua irripetibilità. Le caratteristiche fondamentali sono:
- Spazio: fisico, reale, attori e spettatori
- Tempo: presente
- Punto di vista:
- Il rappresentato

Il lavoro dello spettatore in primo senso è quello di compiere una serie di mosse che permettono di
attualizzare il significato. Però egli è anche coinvolto in un processo creativo che alla fine reagisce a
quanto vede. Poi, seguendo l’analisi di Meyrowitz, è possibile rilevare le differenze inerenti a :
- consumo  il testo scritto richiede capacità alfabetiche mentre i mass media permettono la
trasmissione a tutti grazie alle immagini e ai suoni. Il teatro condivide le caratteristiche di entrambe:
richiede competenze elevate e presenta una grande varietà di gruppo. Poi, il teatro non richiede di
appartenere a un individuo (come nel caso del libro). Mentre il leggere è un atto diacronico,
impegnativo; il consumo di media è un atto simultaneo, che non implica identità individuale o di
gruppo;

- rapporto tra luogo fisico e sociale  i media pre-elettronici identificano il luogo fisico con la
situazione sociale. I media elettronici separano luogo fisico e situazione comunicativa consentendo
comunicazioni possibili anche ad individui che non si trovano nello stesso luogo. Il teatro diventa uno
spazio separato che richiede un tempo separato.

Il teatro possiede, come la festa, una profonda connotazione culturale e rituale. Da una parte esso
condivide con il rito spazi, tempi e modelli performativi; dall’altra “l’ordine simbolico”. Teatro quindi
come luogo del festivo e del simbolo. Riportare il teatro alla festa significa riscoprirne la sua
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funzione, anche se non si può cercare tutto questo nel teatro della sua performance.
Esiste poi il teatro psicoterapeutico, rieducativo e amatoriale. Attualità educativa del teatro che si
organizza in quattro situazioni:

1. Pedagogia della situazione l’educazione del teatro è concreta e non astratta; costruzione
comune del senso. Questa educazione è radicata nel singolo, rifiuta dogmi e prospettive
universalizzanti e rispetta la diversità.
2. Pedagogia del soggetto attivo  si cerca di portare un individuo al centro della situazione
comunicativa rendendolo protagonista della propria formazione. Bisogna spostarsi verso la
comunicazione espressiva, orientata all’immagine. L’educatore sparisce pian piano e il soggetto si
sente libero.
3. Pedagogia della relazione  ripensamento profondo dello stesso rapporto didattico
educare a teatro significa dialogo (più che apprendimento), che non è confronto.
4. Pedagogia della corporeità  fare del teatro il luogo del contatto. La corporeità è relazione
affettiva e costruzione di emozioni.

2. GLI ELEMENTI DEL TEATRO


Testo  prima si deve giungere alla natura dell’evento teatrale. Dalla Palma trova la drammaturgia
grafocentrica (legata alla scrittura letteraria), scenocentrica ed eccentrica.
Nella prima il testo si costituisce autonomamente; nella seconda si supera il dualismo “scrittura
letteraria” e “scrittura scenica”.
testo performativo  è la natura del testo dell’evento artistico teatrale. La nascita di questo testo
avviene con la regia, che modifica notevolmente la relazione testo verbale – interprete. Il regista
diventa il nuovo autore e demiurgo dell’evento spettacolare. Artaud dice che il teatro è un linguaggio
fisico, materiale e solido, che riempie un luogo fisico e concreto; questo linguaggio si rivolge ai sensi
 poesia dello spazio che si manifesta attraverso forme espressive differenti. Lo scritto prelude a
sviluppi ben più radicali del pensiero di Artaud. L’evento teatrale può essere concepito come testo: si
tratta di una creazione artistica che usa segni illimitati. Il testo dell’evento teatrale è il risultato della
composizione di segni e di azioni che si manifestano nella relazione tra l’attore e lo spettatore.
Il testo drammatico è l’insieme delle battute e delle didascalie (i segni verbali sono predisposti
secondo tecniche letterarie). Il tipo di rapporto che lega un testo drammatico alla messa in scena
può essere molto diverso (decisioni del regista, intervento dell’autore…)
Ma ci sono anche aree storiche in cui la cultura è orale e la componente è quella recitativa, un testo
recitativo  progettato per essere detto a voce. In entrambi questi due testi la componente verbale
è tanto pù efficace nell’evento teatrale quanto più interagisce con gli altri elementi della scena.
La parola si confonde con tutti gli altri segni espressivi e lavora in sinergia. I teatri del ‘900 hanno
cambiato il nostro modo di guardare e studiare il teatro.
Spazio  non è solo l’area destinata agli attori, ma diventa un elemento che lavora all’interno dei
processi che determinano le qualità del testo.
Attore  produce molti dei segni che compongono il testo, determina i processi genetici del testo e
può entrare nel testo anche con la sua identità.
Tempo  può diventare elemento di significazione e mezzo tramite cui si esplica la relazione
Nel teatro l’elemento intellettivo ed emotivo è anche legato a quello fisico e percettibile che passa
attraverso il canale sensoriale. Il teatro rispecchia la molteplicità dell’uomo.
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Nella maggior parte delle esperienze teatrali vista e udito sono i sensi stimolati in prevalenza.

Dimensione sonora  generalmente parole recitate e cantate.


Voce  sono stati utilizzati tutti i registri (sussurro a canto, soffio-urlo). Unione tra respiro, parola e
vita. La voce, con tutti i suoi cambiamenti di ritmo e tono, rende palpabile e concreto.
Musica  si manifesta fin dalle origini e si lega alla matrice rituale del teatro. Il codice musicale nel
testo spettacolare può assolvere a molte funzioni e si configura in modi diversi.
Ci può essere per esempio un personaggio che canta in scena, oppure ci può essere l’utilizzo dello
strumento musicale per connotare particolari situazioni sceniche.
Coro  già dal teatro classico fino alla scomparsa con l’affermazione dell’attore. Aveva la funzione di
stacco degli atti, oppure quella di sottolineare particolari momenti. Ritorna poi nel 900. La musica
che interviene senza essere motivata può contribuire a creare l’atmosfera della situazione o può
accrescere l’evanescenza del testo drammatico. Può ritmare lo spettacolo, creare vari effetti ed
aumentare il pathos. Essa può conferire sia coesione al testo che dividere.
Rumori  prodotti dagli attori o dagli spettatori, oppure registrati fuori scena possono sottolineare
particolari momenti.

Spazio  ha tre diversi significati, ossia:


luogo teatrale  luogo di un’azione rappresentata da uomini ed altri uomini, è il luogo che
riunisce una comunità di attori e spettatori che si ritrovano insieme nel tempo della
rappresentazione. E’ il teatro all’italiana, che nasce dal Rinascimento e si diffonde poi in tutta
Europa. Ha una platea allungata con posti a sedere, palchi sopraelevati, scena mutevole, sipario. Nel
teatro di Wagner si radicalizza la sola relazione sala-scena. La via d’uscita si trovò nella progettazione
di nuovi teatri e nella riflessione sullo spazio scenico.
Il ‘900 si è concentrato sul problema dello spazio teatrale come spazio dell’incontro tra attori e
spettatori. Esiste una drammaturgia dello spazio: gli uomini di teatro vogliono creare il loro spazio.
Nella storia contemporanea, il teatro è entrato nella case di volta in volta per cercare riparo, spesso
reagendo a condanne e censure oppure per rifondare i propri presupposti al di fuori delle
convinzioni e logiche di mercato.
spazio scenico  quello in cui agiscono gli attori e dove sono esclusi gli spettatori. La scena può
essere frontale, centrale o anulare. Il secondo ‘900 ha lavorato sulla eliminazione di questo spazio
scenico. Scenografia = ornare la scena. Nel ‘900 non si è affermata nè un’idea di spazio scenico né
un’idea di teatro unitario, ma è stato costante il lavoro di ricerca. Nel ‘900 la scenografia permetteva
di capire a quale corrente teatrale faceva parte lo spettacolo. Oggetti scenici = si fanno segni,
subiscono un processo di semiotizzazione. Questi oggetti possono rimandare a più significati e
arricchiscono la scenografia.
spazio rappresentato  il luogo in cui si colloca la finzione dell’azione drammatica. Viene creato
dalla scenografia e da ogni componente dello spettacolo. E’ uno spazio che esiste solo nella
percezione dello spettatore. Può essere uno spazio remoto (del mito, del sogno) o uno spazio
presente; uno spazio metaforico. Lo spazio rappresentato può essere creato attraverso l’uso di
scenografie, più o meno realistiche o simboliche. Lo spazio drammatico si distacca dal testo (non
coincide con quello rappresentato. Scenografia verbale = battute che descrivono spazi e tempi. La
creazione di questi spazi rappresentati può essere lasciata anche solo all’immaginazione.

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Tempo  il nesso originario tra teatro e rito (pratica sociale che ha a che fare con l’istituzione e il
riconoscimento del tempo) pone in relazione il teatro e il tempo. Ci sono 4 tipologie:
 tempo esterno (o del contesto)  è il tempo in cui lo spettacolo si iscrive. Si può ricondurre al
“festivo” (delle epoche passate), oggi “festivo” nel senso che si interrompe la quotidianità. Contesto
delle feste di Dioniso e delle corti del Rinascimento.
 tempo dell’enunciazione (o tempo interno)  unico tempo misurabile di un testo in cui si
intrecciano e si moltiplicano i diversi piani temporali della storia e del racconto. E’ il ritmo della
narrazione. Il tempo della durata dello spettacolo varia molto a seconda delle opere.
 Tempo rappresentato  legato ad alcune convenzioni, come la “Poetica” di Aristotele, le ellissi
temporali, flash-back e flash-forward, il tempo della memoria, onirico.
 Tempo delle prove e della prova di sé  tempo dietro le quinte. E’ il tempo finalizzato alla
costruzione di uno spettacolo che cede il passo al tempo della prova di sé, un tempo di formazione e
di autoformazione.
 Becket  messa in crisi di tutti gli schemi fondamentali con cui la cultura occidentale ha
interpretato il tempo, la sperimentazione della scrittura di scena del tempo “ritrovato” (monologo
interiore). La sperimentazione della scrittura di scena come possibile luogo di un tempo che gli era
inadatto (“Aspettando Godot”).
L’attore  dà vita alla parola del poeta. Si pone al centro dell’evento teatrale  è il legame presente
tra il testo dell’autore, direttive del regista e sguardo e ascolto dello spettatore. Ci sono però diversi
tipi di attore:
attore delle compagnie professionistiche, quello tutto fare o colui che prende il controllo totale della
scena. L’attore rimane comunque centrale.
L’attore è sempre autore di una drammaturgia  è sempre originale nel suo modo di dar vita al
testo. Alcuni registi affermano che è proprio grazie alle regole che si può trasgredire e improvvisare.
L’attore è libero perché è veramente spontaneo in scena egli incarna il problema della libertà e
prova ad offrire soluzioni per affrontarlo. L’attore può essere un modello per l’uomo.
Pedagogia del teatro  possibilità educativa, di formazione dell’uomo. Questo è stato sentito di più
nel ‘900, quando nascevano scuole per i nuovi attori.
Se l’attore è l’uomo che sceglie se stesso per esprimere e comunicare deve seguire delle regole.
L’attore deve saper utilizzare l’insieme dell’organicità psicofisica di ogni uomo, deve saper utilizzare
una tecnica extra-quotidiana del corpo per la rappresentazione e addestrare corpo e mente alle
regole della scena. L’attore deve essere credibile!
Elementi visivi:
-codice iconico-scenografico  si ascrivono gli elementi scenografici, luministici, costumistici e gli
accessori e non può prescindere dagli attori;
-codice prossemico  disposizione del corpo dell’attore nello spazio e la sua mimica e i gesti.
Prossemica= studio della distanza fra soggetti di un rapporto sociale (modalità di relazione che
esprimono gli attori)
-gesto teatrale cambia nelle diverse epoche, perciò esistono diverse categorie espressive in cui si
articola la gestualità
-gesto comunicativo al servizio della parola che si articola in gesti deittici (indicano un oggetto
reale o immaginario), iconografici (descrivere la forma di un oggetto) o cinetografici (riproducono lo
sviluppo di un’azione)

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-gesto simbolico traduce un concetto, uno stato d’animo,un atteggiamento del soggetto a
confronto con il mondo esteriore.
Ci sono 4 modelli di attore:
1. interprete di una parte o personaggio;
2. “super-marionetta” ossia esecutore di funzioni segniche dettate da uno spartito;
3. autonomo poeta di una poesia scenica incentrata sulle sue capacità vocali e gestuali;
4.“attore-santo” di Grotowski, colui che compie un rito in cui il suo corpo si rende mezzo di
comunione.
Lavorare perché il corpo liberato dagli stereotipi della quotidianità e dell’accademia, diventi il più
efficace e l’unico segno espressivo sulla scena degli ultimi anni del secolo scorso.
Lo spettatore nozione di coro: pubblico consapevole che si fa comunità, che vive il teatro come un
evento importante. Il teatro nasce fin dall’inzio come frutto delle attese collettive di un pubblico-
coro, nella necessità di recuperare i valori comuni. Per la sua irripetibilità il teatro non può essere un
“prodotto”: ciò che esiste è la relazione teatrale, partecipazione e cooperazione attiva dello
spettatore. Solo tenendo conto dei processi ricettivi, è possibile comprendere un evento teatrale
nella sua complessità. Lo spettatore non solo attualizza significati e potenzialità cognitive ed
emotive, si entra in relazione con l’altro da sé (fra attori e spettatori). Nell’Antica Grecia, lo spettatore
ha un ruolo centrale nella vita della polis; a Roma riveste un ruolo politico importante; lo spettatore
del dramma liturgico medievale assisteva alla rappresentazione come se si trattasse di un rito
eucaristico. Altro fattore è dato dalla posizione fisica che occupa lo spettatore cavea greca che
distanzia gli spettatori, intimità del palcoscenico elisabettiano, il teatro all’italiana.
Motivazioni per le quali lo spetatore va a teatro: ordine politico e civile in Grecia, ludi per i Romani,
spettacolo dei palchi del ‘700.
Diversi codici di comportamento: sala silenziosa e buia odierna VS balli, banchetti e danze in altre
epoche, commenti ad alta voce.
Lo spetatore nel teatro del 900  partecipazione interna e profonda che lo distingue dalle altre
tecnologie. Con il rinnovamento del teatro, si pone l’attenzione sullo spettatore. ARTAUD idea di
teatro come mezzo per costituire una vera e propria esperienza di vita capace di cambiare chi vi
partecipa. Lo spettatore deve essere scosso, l’attore deve contagiare lo spettatore, deve coinvolgere
la collettività. Artaud vede lo spettatore come soggetto attivo in un processo di creazione collettiva.
BRECHT presentare in modo esplicito i livelli dello spettacolo come finzione. Effetto di
straniamento il cui principio fondante è la messa in discussione della mimesis. Secondo Brecht, solo
la contemplazione distaccata di un oggetto può portare alla sua comprensione. La distanza
garantisce un approccio razionale. Tecnica non-aristotelica: non immedesimazione, lo spettatore non
deve essere in balia delle proprie emozioni. L’idea di Brecht è che il teatro sia una scienza applicata in
grado di cambiare il mondo reale. Le emozioni dello spettatore non devono necessariamente
coincidere con quelle degli attori. Lo spettatore deve commentare, per cambiare il mondo.
Living Theatre  non basta coinvolgere il pubblico ingannandolo con il meta teatro, perché la
partecipazione sincera e totale dello spettatore può esserci solo se gli attori non mentono mai. Il
Living Theatre vuole conciliare le visioni di Artaud e Brecht.
Teatro del secondo 900 contatto vivo tra attore e spettatore (Grotowski e Brook, definiscono
teatro come avente elemento fondamentale attore e spettatore).
Teatro = spazio in relazione. Drammaturgia dello spazio ossia drammaturgia dello spettatore: è la
risultante delle drammaturgie dello spazio,tempo, testo e attore.
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La ricerca di un nuovo rapporto con lo spettatore si esplica in espressioni fondamentali del teatro del
secondo 900:
1. Tendenza alla negazione di un teatro concepito solo come finzione e rappresentazione  deve
essere incontro vivo e reale, partecipazione profonda. L’attore rende possibile l’incontro con lo
spettatore;
2. Tendenza all’abbandono del testo drammatico gli spettacoli sono frutto di una creazione
collettiva e di momenti di improvvisazione. Rappresentazione teatrale vista come accadimento
vero, esperienza non pre-scritta da un autore;
3. Utilizzo non convenzionale dello spazio, cioè far cadere il diaframma scena-sala coinvolgimento
fisico dello spettatore nella scena; uso di uno spazio teatrale non limitato solo alla scena;
4. Attenzione per il tempo il focus si sposta sulla sala e si sottolinea la coincidenza tra tempo della
fruizione e dell’esecuzione. Legame tra tempo della rappresentazione e il pubblico, fino alla
creazione di spettacoli di durata variabile a secondo della risposta degli spettatori. In altri casi c’è
la volontà di marcare il tempo esterno come tempo diverso rispetto alla quotidianità.

Norme di un metodo critico:

1. sottrarsi alle circostanze, perché il metodo critico sia esatto nella sue premesse e attendibile nelle
sue conclusioni;
2. un errore va sostituito con idee vere. Il teatro è una forma d’arte contaminata, serve voce alla
parola, gesto, un attore, spazio.

Il coro è il gruppo umano che celebra l’immagine in sé, le assicura un itinerario storico e per lei
acquista un nuovo spazio di vita. Quindi rapporto tra la realtà creativa dell’immagine e la
responsabilità attiva della partecipazione. L’espressione corale è costituita da danza, musica e
parola. Danza ossia processo di unificazione armoniosa; musica ossia tra svalutazione del gesto e
della parola; infine, la poesia della parola libera l’azione dal rigorismo dei rapporti logici. Il coro
indica coesione di un gruppo.

Il personaggioIl corpo dell’attore agisce in uno spazio e si pone in relazione alla presenza concreta
di uno spettatore che lo guarda. Cesare Molinari il personaggio è la sommatoria delle battute
attribuite ad un dato nome, delle azioni che le didascalie gli assegnano, delle descrizioni sia di
comportamento che di qualità che si ritrovano sia nelle didascalie che nelle battute. Quindi, il
personaggio è dato dalle sue battute e comportamenti ma anche dalle caratteristiche non descritte.
Rapporto personaggio/attore l’attore contribuisce alla creazione del personaggio. Il personaggio è
un individuo determinato dall’attore (Stanislavskj); Brecht connota la relazione personaggio/autore
grazie alla voluta distanza mantenuta dall’attore. Artaud parla di eclissi del personaggio; Grotowskj
dice invece che l’attore guadagna una centralità assoluta nel processo creativo ed espressivo. Per il
drammaturgo,la relazione diventa autore/attore. Inoltre il personaggio può essere definito grazie
anche agli altri in scena.

Con la Commedia dell’arte la figura sulla scena si declina in maschere. Nel corso del 700 si presenta il
sistema dei ruoli che svolge una funzione intermediaria tra attore/drammaturgo e personaggio si
ha la distinzione tra ruoli comici e ruoli tragici. Con la fine del secolo, il sistema dei ruoli si
indebolisce e si accentua la concretezza del personaggio drammatico.
Teatro tragico classico, Aristotele  nodo centrale della costruzione drammaturgica è l’azione. I
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protagonisti dell’azione tragica si configurano come “funzioni musicali che declinano parole per
evocare il decorso di un evento”.
Teatro sacro medievale il drammaturgo cristiano considera i protagonisti immagini che
sintetizzano quanto espresso nel testo sacro traduzione di un immaginario astratto.
Farsa  soggetto scenico in chiave di tipizzazione funzionale al gusto della parodia e che è rivolta
contro alcuni tipi fissi.
Rinascimento i protagonisti sono figure distinte a partire da coppie di qualità antitetiche.
Molièresoggetto della commedia si definisce nei termini del carattere ed è oggetto di satira.
Goldoni affiora il personaggio come unità coesa in antitesi alla maschera, viene costruito a partire
dall’osservazione delle qualità di comportamento e di personalità dei suoi attori per concepire i
protagonisti dei testi drammatici.
Nel teatro moderno è il personaggio a costruire il punto di partenza, è l’azione ne è una conseguenza
il movimento è dall’interno del personaggio all’esterno. Il motore dell’azione drammaturgica si
sposta sul conflitto tra il carattere e la situazioneessa determina la passività dell’azione in cui si
manifesta l’interiorità del personaggio.
‘900 il simbolismo porta a una graduale perdita dell’identità del personaggio fino all’annullamento
delle sue qualità. Sei personaggi in cerca d’autorecontrapposizione tra realtà ideale e la tradizione
scenica.
Anni ’40 e ’60 ripresa della scrittura del dramma borghese: il personaggio torna a costituire il
perno della costruzione drammaturgica.
Teatro dell’assurdo processori di de-realizzazione e svuotamento psicologico del personaggio,
parallelo alla reinvenzione dello spazio dell’azione, sempre più chiuso.
Ultimi del ‘900 opportunità di leggere la formazione e il consolidamento della struttura-
personaggio con l’ascesa dell’individualismo.

3. LA PAROLA PER LA SCENA: TEORIA, FORME E PROBLEMI DI METODO.


Il linguaggio verbale è uno degli elementi del teatro, non è quello essenziale. Bisogna quindi
distinguere:
-testo drammaticoinsieme di battute e didascalie, con una sua autonomia letteraria;
-drammaturgiamateriale verbale elaborato per la scena a partire del testo drammatico o dal
materiale non drammatico o dall’improvvisazione;
-copioneparte del singolo attore o di tutti.
Il testo drammatico è costituito da battute (prevalentemente dialogiche) e didascaliche. E’ composto
da pratica letteraria e teatrale. Appartiene alla scrittura, ma guarda anche alla scena.
La drammaturgia è il risultato di un’operazione di scrittura a ridosso della scena. Il testo drammatico
può confluire nel lavoro della drammaturgia e questo può rifluire nel primo. Dunque, il testo
drammatico è una tecnica che appartiene alla letteratura ma guarda la scena, la drammaturgia è il
contrario.
Lo statuto del testo drammatico è definito da deissi e performatività: i discorsi sono innervati dalla
dinamica dell’azione e prevale il punto di vista del personaggio.
Dialogicità ciò che caratterizza i grandi testi drammatici. I personaggi, prima di essere caricati di
opinioni e passioni, sono soggetti autonomi portatori di culture in coesistenza. A partire dal ‘900, la
scrittura per la scena accoglie (tenendo la dialogicità) forme monologiche, piani di coscienza,
autoreferenzialità.
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La gerarchia dei codici della scena è libera e variabile e non può essere diretta a distanza dal testo
drammatico. Per l’analisi del testo drammatico, il lettore è aiutato da una scheda.

Filologiaamore per le lettere. Il suo scopo è la ricostruzione dell’originale di un testo qualsiasi.


Tradizione direta di un’opera = insieme delle copie che ce la conservano.
Tradizione indireta = insieme delle citazioni, commenti e traduzioni e testimonianze.
Per il testo drammatico è importante la tradizione indiretta.
I manoscritti possono essere autografi (dell’autore), idiografi (scritti sotto la sorveglianza dell’autore)
o apografi (scritti da copisti).
Edizioni a stampa, pubblicate dall’autore o edizioni pirata, pubblicate abusivamente. PRINCEPS=
prima edizione a stampa di un’opera letteraria.
Karl Lochmann offre delle regole per la definizione del testo più vicino all’originale che rendano la
sua analisi oggettiva. Analisi che si divide in fasi:
1. Censimento di tutti i testimoni dell’opera.
2. Collazione, confronto tra i testimoni.
3. Classificazione stabilita sugli errori significativi emersi durante la collatio, la rappresentazione
mediante un albero genealogico.
4. La ricostruzione di un testo che sia il più vicino possibile all’originale.
Tutto ciò porta all’edizione critica dell’opera analizzata. La filologia più recente ha elaborato il
concetto di tradizione attiva e rielaborativa: il copista interviene nei brani inserendo nuove varianti.
Ma il testo drammatico presenta complicazioni ed è instabile per varie ragioni:
- Dicibilità  la sua composizione è condizionata dalla componente orale.
- È composto da dialogo e didascalie. Le didascalie erano usate come suggerimenti. L’originale
dell’autore era ridotto a brandelli.
- Il testo drammatico vive nelle sue rappresentazioni, nel senso che subisce continuamente
modifiche quando è portato in scena. Questo porta alla proliferazione delle varianti.
- La performatività del testo drammatico interagisce con la ricostruzione filologica perché ci
possiamo trovare davanti ad opere che hanno le caratteristiche della destinazione scenica
ma sembrano documentate come rappresentate.
- Sistemi di trasmissione prima dell’invenzione della stampa, i testi venivano ristretti
durante la copiatura. Il copione in questi caso poteva ampliare o ridurre le didascalie.
- L’industria tipografica trasforma il testo drammatico in libro, moltiplicabile, pieno di
didascalie e immagini per essere meglio compreso.
- Pregiudizio secondo il quale la scrittura teatrale avvenga prima della messa in scena.
Storicamente, il testo drammatico è stato steso a posteriori, dopo lo spettacolo.
Esempi di tradizione del testo drammatico:
1. Il testo drammatico del teatro del Rinascimento è ambiguo e complesso (non si capisce se
quello che perviene è un testo letterario o se è già il testo recitato).
Fabula di Orpheo di Angelo Poliziano: il giovane pastore Aristeo dice all’amico di essersi
innamorato della ninfa del bosco. Un altro amico afferma di aver visto Euridice (la ragazza)
che è la sposa di Orpheo. Durante l’inseguimento di Aristeo, Euridice viene punta da un
serpente e muore. Orpheo scende negli Inferi per liberarla. Il suo canto gli permette di
salvarla ma Plutone e Proserpina gli dicono che non dovrà voltarsi a guardarla. Fallisce e
perde la sua amata per sempre. Le baccanti faranno a pezzi il suo corpo.
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Si tratta di un modello complesso perché fonde insieme sacra rappresentazione e modello


greco/romano. Da un lato non esiste prova dell’effettiva messa in scena, dall’altro il numero
elevato di copie fa capire che si è trattato di un gran successo. Il caso della fabula di Orpheo
è esemplare perché mostra da un lato come uno stesso testo drammatico interagendo con
culture teatrali diverse (Firenze, Mantova, Ferrara) possa essere modificato per essere
adattato a nuovi contesti e come sia la tradizione testuale stessa a ricostruire l’importanza
storica di un’opera di questo genere;
2. I drammi di Shakespeare introducono il consolidamento del mestiere dell’attore e delle
compagnie teatrali ma anche lo sfruttamento editoriale del testo. La prassi teatrale
elisabettiana prevedeva che l’autore vendesse il testo drammatico alla compagnia perdendo
ogni diritto su esso. La pubblicazione del testo avveniva quando la fortuna del teatro
cominciava a declinare, per riuscire a guadagnare qualcosa.
Tra il 1594 e il 1622 furono stampate 23 opere in quarto di Shakespeare da Heminge e
Condell. Il volume conteneva 35 opere divise in commedie, drammi storici e di tragedie. Di
Hamlet esistono tre redazioni a stampa che presentano notevoli differenze strutturali:
-Q1 (1603) meno versi,nomi diversi dei personaggi, linguaggio più povero. Potrebbe
trattarsi di una stampa pirata o adattamento di Shakespeare per le messe in scena o prima
stesura del dramma.
-Q2 (1604-05)doppia lunghezza rispetto a Q1. Effettiva prima scrittura di Shakespeare
dell’opera.
-In Folio (1623)
Confronto sinottico tra la tre edizioni ed esempio della natura instabile del testo narrato.
3. Commedia dell’arte la struttura della compagnia professionistica ebbe un’influenza
fondamentale nella costruzione dei testi drammatici e delle rappresentazioni. La Commedia
dell’arte porto alla professionalizzazione delle compagnie. Queste compagnie si
specializzarono nella rappresentazione di caratteri “fissi” e nella recitazione
estemporaneacontinuo lavoro di preparazione. Ciascun attore si specializzava in un ruolo
costruendo un bagaglio specifico del ruolo ma nel tempo stesso generico rispetto alla
situazione recitativa drammaturgia che consentisse l’improvvisazione della propria parte e
per questo fu inventato il canovaccio,una descrizione dello svolgimento della scena senza
dialoghi.
4. In Goldoni c’è il problema tra scrittura per la scena e per il libro. La sua riforma vede
l’abolizione delle maschere e dell’improvvisazione per sostituirvi il “vero” della commedia
letteraria, di portare in scena le vicende della vita quotidiana, personaggi che avessero uno
spessore psicologico. Questa riforma voleva anche nobilitare i testi e il compositore, e
rivendicare la dignità dell’autonomia dello scrittore di teatro. Goldoni curò personalmente 5
edizioni delle sue opere teatrali.
1°edizionesole commedie. Goldoni si presentava come autore e curatore della sua
riforma.
2°edizione50 commedie, tutte riviste e riscritte eliminando le maschere.
Edizione veneziana40 commedie e tragicommedie tutte nuove. E’ possibile che questi
testi siano vicini a quelli andati in scena rispetto a quelli contenuti nelle precedenti edizioni
Veneziana Pasqualilibro di lusso pensato per un piccolo internazionale e destinato a
contenere tutta la sua produzione.
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Ultima edizione opera omnia del commediografo introdotta dalla sua autobiografia.
5. Luigi Pirandellouna corretta edizione filologica dei testi drammatici possa mutare
radicalmente la conoscenza e la percezione dei metodi di lavoro di un autore. La nuova
edizione di Maschere Nude mostra Pirandello come drammaturgo attento e coinvolto nelle
trasformazioni della vita teatrale italiana ed europea. E’ emerso il continuo lavoro di
riscrittura e adattamento realizzato dal drammaturgo. Sei personaggi in cerca d’autore,
dramma più ristampato che ha subito le revisioni più radicali. Prima edizione nel 1921,
seconda nel 1923 e l’ultima nel 1925, che conteneva la Prefazione, l’abbattimento della
quarta parete con lo sconfinamento dell’azione in platea, la comparsa in controluce dei
personaggi e la fuga della figliastra entro la sala. Il problema di quest’opera sta
nell’esemplarità degli studi critici che ne hanno ricostruito il percorso.

Il testo drammatico nel tempo: LE TAPPE


Edipo Re di Sofocle datazione tra 440 e 420 d.C. Si tratta di una delle tragedie di Sofocle. Fu
scritta nel 330 d.C. per volere di Licurgo che voleva creare una raccolta dei tre tragici. Aristotele
considera l’Edipo Re modello del genere tragico:
-il protagonista, a causa di un errore, passa da uno stato di grande fortuna a uno di grande
disgrazia;
-l’azione tragica si basa su meccanismi del rovesciamento e del riconoscimento;
-la catarsi è conseguita in modo esemplare. L’eroe è un uomo normale. Lo spettatore si impersoni
fica con il personaggio. Si rischia però un coinvolgimento eccessivo e per questo Aristotele
individua il fine della tragedia nella purificazione dalle passioni.
La storia della tragedia è MIMESIS.
Strutura dell’Edipo Re: prologo, parados, primo episodio, primo stasimo, secondo episodio,
secondo stasimo, terzo episodio, terzo stasimo, quarto episodio, quarto stasimo. La dinamica
strutturale è costituita da dialoghi.
Contestoil teatro aveva un ruolo fondamentale nell’Atene del V secolo a.C. Durante le grandi
Dionise erano tre i giorni dedicati alle tragedie, in ognuno dei quali ne venivano rappresentate tre.
Edipo Re si fonda su un mito, ma Sofocle riesce a reinterpretarlo. Meccanismi della parola e
dell’ironia tragica. Lo spazio scenico è essenziale: skenè spoglia senza alcun corredo scenografico.
Non vi erano didascalie esplicite, poiché i poeti tragici erano anche registi; però c’erano didascalie
implicite (gestualità, costumi, mimica). Uso dei deittici, per cui il referente si riconosce grazie al
contesto extralinguistico situazionale. Solo 3 attori grazie all’uso delle maschere.
Il coro è costituito dai Vecchi Tebani ed è espressione della comunità. Coinvolgimento diretto nella
vicenda. Botta e risposta di Edipo e del suo servo: sticomitia, che mostra l’ansia del conoscere, che
è in accordo con la cultura filosofica-scientifica del tempo.
La rappresentazione di Abraam e Isac di Feo Belcari
Sacra Rappresentazione genere drammatico di argomento religioso i cui soggetti sono ripresi
dalle Sacre Scritture. Struttura data dal dialogo in versi, didascalie in prosa e una licenza data dalla
figura dell’Angelo. Nasce intorno agli anni ’40 del ‘500 a Firenze, per educare i fanciulli più poveri
sul piano morale e civico.
Quest’opera fu dedicata a Giovanni, figlio di Cosimo de’ Medici. L’episodio narra il tema
dell’ubbidienza dell’uomo a Dio (come del figlio al padre o del servo al padrone), ubbidienza
generata dalla fede.
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Venne utilizzata l’ottava, dotata di regolarità fonica e piana cadenza della rima. Deriva dai cantari,
che usavano dittologie sinonimiche, epiteti ricorrenti e materiali formulari (proverbi, invocazioni).
La rappresentazione è introdotta da un lungo annunzio recitato dall’Angelo che rivolge al pubblico
una captatio benevolentiae ed espone l’argomento. Belcari descrive l’episodio del sacrificio e due
flashback dedicati alla narrazione dei fatti e il racconto di Isacco alla madre una volta tornato a
casa. Il testo è ricco di riflessioni che ribadiscono il messaggio morale.
Modalità messa in scena palcoscenico lineare, le informazioni si ricavavano dalle didascalie e dai
dialoghi. Si utilizzava il recitativo.
Mandragola di Niccolò Machiavelli
Durante ‘400 e ‘500 si studiavano i drammaturghi greci e latini. Riscoperta e imitazione del teatro
classico. Nel 1° ventennio del ‘500 comparvero commedie in volgare sui prototipi classici (Ariosto,
Machiavelli). La Mandragola ruota attorno a una beffa giocata nei confronti di messer Nicia. Gli altri
protagonisti sono Lucrezia, Callimaco e il suo servo Ligurio. La commedia è in 5 atti e osserva le
unità aristoteliche. Il prologo deriva da Terenzio ed è una dichiarazione al pubblico. Scena di città
prospettica. I personaggi si colorano di significati politi, che riflettono la crisi della società
fiorentina. La vicenda è costituita da un procedere incalzante delle battute, mutamenti repenti del
registro linguistico. E’ lo spunto per una riflessione sulla difficile condizione della Firenze di
Machiavelli.
Hamlet di William Shakespeare
Datazione intorno al 1601. Genere della tragedia di vendetta. C’è uno sbilanciamento tra azione e
parola che rallenta la vicenda.
La playhouse caratteristica del teatro elisabettiano ha portato allo sviluppo di una scenografia
verbale, che allude allo spazio e al tempo. Efficace gestione dei deittici, riempiti di senso dal testo.
Didascalie esplicite e implicite: rinvii a suoni e rumori, indicazioni dell’avanzare del tempo, di spazi e
luoghi, movimenti e gestualità, costumi. Scene topiche che danno un effetto originale (apparizione
del fantasma, incontri nel cimitero), canto come espressione di follia e non di armonia, scene della
pazzia, pratiche sociali (il duello) in scena, cerimonia funebre ma quella più importante è il teatro
nel teatro. Parola nel testo, suoi registri e la sua retorica linguaggio ricco ed elevato, blank verse.
Pubblico variegato, esigente.
La vida es sueño di Pedro Calderón de la Barca
Teatro del Siglo de Oro. I suoi scritti più antichi guardano sia all’edizione destinata alla lettura sia
quella per la scena composta tra il 1627 e il 1629. Si creò così una doppia redazione il testo che
l’autore consegnò alla compagnia di comici per il successo spettacolare e quello che consegnò alle
stampe per quello editoriale. Non rispetta le unità aristoteliche spazio-temporali. Uso del metro per
interpretare i singoli passaggi. Lo spazio è quello dei CORRAL DE COMEDIAS, che ne influenzarono
la scrittura così come il tempo di un teatro professionistico. Il corral era un giardino chiuso con uno
dei lati corti occupati dal palco, lo spazio interno era per il popolo mentre le altre tre gradinate per i
borghesi, le finestre e i balconi erano per la nobiltà. Le rappresentazioni si svolgevano nel
pomeriggio, la scenografia era essenziale mentre c’erano molti costumi.
L’opera può metaforicamente fondarsi sull’idea del mostro nel labirinto. Mostro  è la
commistione dei generi e l’alternanza dei metri alti e bassi, come mostro, dal punto di vista scenico
è il ricorso tradizionale al travestimento. Mostro è anche l’intero spettacolo che recupera il
significato etimologico: suscita meraviglia attraverso la varietà del genere e la molteplicità della
scena.
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La meraviglia era propria dello spettacolo barocco, affiancata spesso da diversi generi teatrali come
la loa e la mojiganga, gli intermezzi musicali musica sempre presente per far divertire.
Dramma modernosi fonda sulla centralità dei personaggi, parole che sono atti e decisioni,
escalation, culmine e scioglimento della trama.
Fedra e Ippolito di Jean Racine
Rapporti intertestuali che ne definiscono la fisionomia. Argomento è tratto da Euripide, così si
dichiara il genere (classico ma rielaborato). La costruzione drammatica cerca l’equilibrio ed è equa
la distribuzione degli atti e dei monologhi. Il luogo è un palazzo con colonne, lo spazio esterno è
solo evocato. Il tempo si attiene all’unità in modo rigoroso: l’azione si sviluppa entro le 24h, alcune
azioni occupano un tempo reale. L’azione è una ma non unica. La parola accompagna l’azione e il
lessico rispecchia il linguaggio della corte.
Gli innamorati di Goldoni
Questa commedia riassume a linee massime i punti della sua riforma. Ogni attore ha la sua parte:
Eugenia e Fulgenzio sono i due protagonisti. La situazione topica vede i due innamorati ed è di
genere comico. Tempo concentrato in un’unica giornata e in uno spazio privato e chiuso. Le vicende
mischiano l’elemento comico con quello passionale. Ci sono alcune scene convenzionali che
appartengono alla tradizione del genere oppure rientrano nel repertorio delle parti comiche cui
sono modellati i personaggi. Essi mostrano, in profondità, il modello della struttura di base degli
intrecci del teatro dell’Arte e si definiscono soprattutto grazie all’azione verbale.
Filippo di Vittorio Alfieri
La vicenda si svolge nella corte di Madrid verso la metà del ‘500. E’ il racconto dell’amore tra una
matrigna e il figliastro. La struttura drammatica vede macro cambiamenti guidati dal principio della
massima intensità dell’azione, il cui scopo è la costruzione di una tragedia essenziale. Prevalenza
della struttura dialogica e importanza dei soliloqui. Eliminazione dei personaggi secondari ed
efficacia scenica presa come metodo della drammaturgia alfieriana.
Didascalie implicite ed esplicite, scenografia verbale, brachilogie (rubare le parole di bocca) e uso
dell’interpunzione (pause e pathos). Forte referenzialità scenica data dai deittici e dalle particelle
pronominali. Iperbato e ripetizione sono le due figure retoriche più usate insieme ad antitesi ed
ossimori nella costruzione di versi forti che costringono ad una recitazione dallo stile energico.
Vicenda scenica lettura del dilettantismo e inadeguatezza per il teatro pubblico. La stanza è la
dimensione spaziale più congeniale alle sue tragedie. La drammaturgia di Alfieri da una spinta verso
una radicale riforma del teatro tragico italiano.
Le Fils naturel di Denis Diderot dramma borghese
Commedia con 3 dialoghi al suo interno. Questa commedia era pensata dagli Illuministi come
esempio del teatro riformato sulla nuova filosofia. All’inizio non ebbe successo e fu portata in scena
14 anni dopo. Insuccesso carattere pragmatico e testo di sperimentazione del dramma borghese.
Struttura compositiva considerazione nel complesso, può rappresentare punto di vista di snodo
per codificare il testo drammatico. Dialogo che precede l’opera incontro tra Diderot e Dorval
(protagonista) che lo invita a casa sua per la rappresentazione di una commedia incentrata su di lui.
Diderot confonde i ruoli del personaggio, dell’attore, dello spettatore e, attraverso la forma
narrativa genera un effetto di verosimiglianza. Confine tra finzione e realtà del mondo. Lo spazio del
teatro diviene drammatico. Il plot è riconducibile a una vecchia traduzione (rinuncia della donna
amata per l’amico). Scene topiche: l’equivoco della lettera, il cedimento dell’amata, il
riconoscimento del figlio. Struttura compositiva per quadri, ossia, sviluppo graduale del testo.
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Statuto del personaggionon più soggetto aristocratico ma semplice, nella civiltà borghese e pieno
di virtù. Fine morale di riflettere la realtà.
Spazio domestico e privato e la scena è rappresentata nel salotto di Dorval. Gli oggetti in scena
sono gli accessori della società borghese: un orologio, un giornale, libri. Le didascalie sono esplicite.
Ruolo importante del monologo che diventa lo spazio interiore del personaggio.
La svolta del ‘900
Le tre sorelle di Cechov smantellamento del dramma: il tempo è dato da ricordi e utopie e non
dal susseguirsi delle azioni, presenza del soliloquio al posto del dialogo. Il passato pesa sulla vita dei
personaggi, che coltivano utopie, desiderano quindi la felicità. La vita dell’uomo è modellata dalla
natura. Incoscienza del senso.
Spettri di Ibsen il dialogo è il pretesto di dichiarazioni ideologiche. Il presente è un’evocazione del
passato che ritorna. I personaggi sono estranei tra loro.
Strindbergdrammaturgia dell’io con la rappresentazione di eventi psichici segreti
Maeterlinkcategoria della situazione e non dell’azione
Hauptmanndramma sociale, io epico
García Lorca e Strindberg personaggi costretti al dialogo
Sartredramma esistenzialista
Piscatorla scena drammatica è inserita in un procedimento dimostrativo e relativizzata a un io
epico. L’epicizzazione si realizza tramite il cinema.
Brechtcarattere oggettivo con cui sono presentati i personaggi. I rapporti interpersonali sono
rappresentati con occhio scientifico, togliendo la naturalezza. L’azione non riassume l’opera e il
tempo non è più successione degli eventi. Effetto di straniamento, lo spettatore non si identifica più
ma giustifica le azioni.
Wilderi personaggi si riferiscono all’io centrale, solo su se stessi.
Pirandellola rappresentazione del dramma è messa in crisi da alcuni assunti culturali
fondamentali come l’idea di soggettività e intersoggettività. Non c’è vero e proprio dialogo ma una
prevaricazione di uno sull’altro. Impossibilità di comunicare della parola: i personaggi vogliono solo
essere rappresentati.
Eliot e la “scritura verticale”antica tradizione drammaturgica che è contaminata dal teatro
religioso, politico e poetico.
Secondo dopoguerra si moltiplicano le “vie antidrammatiche”. Prevalenza di altri codici sulla
parola, che si amplia, mescolanza di generi e del teatro minore (varietà, circo, cabaret) e diversi
registri. Il testo drammatico era composto direttamente in scena crisi dell’autore che entra in
funzione del drammaturgo. Crisi del soggettourgenza di una trasformazione.
La metamorfosi nel dramma ha seguito due vie:
1. Pars destruens (negativo) smantella tutte le convenzioni e approda nell’immobilità in vista
di una svolta positiva. Es: Beckettl’io si perde nei suoi pensieri e tutto il resto non conta
(dialoghi, plot). Tutti i registri della parola, che ha tuttavia solo una funzione fatica. Relazione
problematica con l’altro. Elementi che entrano in crisi: il rapporto io/tu dei personaggi sulla
scena, presenza del passato, le parole portano alla ripetizione narrativa, produzione di
significati divaricati, smantellamento della natura performativa e deittica dei discorsi.
Beckett indica l’inadeguatezza del dramma e una saturazione delle parole.
Carmelo Bene contaminazione e polverizzazione intertestuale. La parola è riorganizzata
secondo il ritmo, l’effetto sonoro.
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2. Pars construens recupero della soggettività, dell’azione e della comunicazione. Recupero


dell’identità perduta. Si apre a contaminazioni di generi limitrofi. La drammaturgia
comprende la sceneggiatura (gesto, movimento, spazio, montaggio, effetti sonori). La parola
diventa uno degli elementi del dramma,non l’unico. Rapporto più centrato su attore-scena-
pubblico che sul testo.
Voceluogo di espressività originaria in presa diretta col corpo, con l’emozione e portatrice
di significati che trascendono il piano razionale. La parola riprende anche sonorità arcaiche.
Gli attori agiscono sempre più nella veste dell’autore, assistiti dal drammaturgo. La
drammaturgia scivola nella sceneggiatura.
Il rapporto con il libro è messo in crisi dai nuovi supporti elettronici. Si resta sempre
nell’ambito della lettura anche se ci sono preferenze per le richieste di integrazione. Il teatro
è incontro vivo, vivere un rapporto vero e autentico.

4. TANGENZE E INTERSEZIONI
Nesso vita-teatro. Aristotele parla della tragedia come mimesis, imitazione di un’azione, di ciò che
è possibile. Erasmo da Rotterdam dice che la vita è una commedia; Shakespeare la paragona ad
un’ombra che cammina e a un racconto. Il teatro ha la possibilità di avere un grande rapporto con
la sostanza della verità più che con la sua apparenza.
Grotowski dice che si recita più nella vita che a teatro.
L’azione sociale propone un conformismo valoriale, un adeguamento alla struttura anche dove
l’orizzonte sociale si iscrive in un orizzonte di idealizzazione e cerimonia.
Se l’azione sociale punta sul sé come sul sociale, sulla gestione del ruolo, sul nascondimento
dell’emozione; l’azione teatrale mira al sé come autenticità e verità dell’io, all’iperintensificazione
del ruolo, all’espressione delle emozioni.
Comunicazione teatrale e leteraria, DIFFERENZE:
-in letteraturamittente e destinatario non sono compresenti, appartengono a spazi e tempi
diversi. Nel teatri c’è compresenza e rigidità del tempo di fruizione;
-la letteratura non presenta feed-back; nel teatro il contatto è forte;
-in letteratura il contesto è quasi ignoto al destinatario, non ci sono elementi paralinguistici
dell’espressione verbale (intonazione, ritmo…). Il teatro è il luogo della parola deta.
L’autore è l’autorità, la figura imprescindibile. Il momento diegetico (di commento) in letteratura è
più importante rispetto a quello mimetico. Nel teatro è il contrario!
Nel teatro c’è una prevalenza del punto di vista del personaggio e c’è un rapporto unico e
irripetibile tra testo spettacolare e destinatario.
Linguaggio della pitura e del teatro arte figurativa e scena hanno avuto un continuo scambio e
sono legate in ogni epoca.
Intertestualità e isomorfismo dei testi, cioè di relazione e intersezioni fra le diverse pratiche
artistiche e fra i testi estetici e non estetici. Tutte le forme espressive e le forme di rappresentazione
di un’epoca sono la manifestazione di un impulso comune che tuttavia non si esprime
contemporaneamente nelle arti.
Cultura del ‘500 relazione tra scena cubica chiusa e figurazione prospettica. Fonti fondamentali
per la storia del teatro sono le opere della storia dell’arte. Le arti figurative costituiscono un’utile
fonte per la ricostruzione della storia della drammaturgia e del teatro.

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Nel teatro del ‘900 tutte le arti si sono rifatte al teatro. L’intertestualità fra le due pratiche può
essere sia sincronica che diacronica, volontaria e involontaria.

Rito e teatro
Il rito è vicino all’originario del teatro, che poi si emancipa nel teatro greco, orientale,
drammaturgia medievale. Il rito è poi visto in grado di sottrarre il teatro alla superficialità della
scena per ricondurlo a una partecipazione intensa.
Il rito ha il senso di espressione ordinatrice del mondo, fondata sul divino. Il rito implica sempre
una codifica sociale e i suoi elementi irrinunciabili sono la convenzione, la ripetizione e l’efficacia
reale. Il rito presuppone una partecipazione.
Il contesto del rito è legato a un tempo di crisi, separazione, sospensione del quotidiano; lo spazio è
separato; il mittente è il fondatore del rito che ne ha stabilito il nucleo; l’autore diviene poco
significativo; il messaggio è la riattuazione del mito; il codice è il linguaggio simbolico; il destinatario
ossia orizzonte comunitario.
Il rito si caratterizza per la gratuità (mancanza di obiettivi utili), trasformazione dei partecipanti e
riequilibrio e conferma di un assetto buono; contatto con un mondo ideale, presa di coscienza della
storia (della vicenda umana), catarsi (superamento delle ansie).
Fra rito e teatro ci sono molti punti in comune:
momenti di rottura con la routine quotidiana; il tempo viene avvertito come festivo (perché è un
momento di stacco); il loro spazio è separato. Entrambi mettono in scena drammi sociali, anche il
teatro tende alla loro enfatizzazione. Il rito traspone la crisi storica, individuale o collettiva, sul
piano mitico. Il teatro tra svaluta l’occidentale storicità. Entrambi usano un linguaggio simbolico che
agisce su emozioni ed immaginazione.

Ma ci sono anche tante differenze:


il rito è il luogo dell’attuale, della traslazione e della decisione del tempo reale. Il teatro invece è il
luogo del possibile.
Teatro e cinema il cinema appare per la prima volta con i fratelli Lumière. Questi due ambiti
espressivi sono legati sul piano storico e su quello estetico-linguistico costituiscono un’esperienza di
spettacolo, rappresentazione e sono costituiti da intrecci e trame che tal volta si riprendono. Ci
sono però profonde diversità: mentre il teatro vive gli eventi, ognuno dei quali è irripetibile, il
cinema ripropone sempre allo stesso modo le scene.
Nel cinema non avviene il vero contatto con gli attori. Nel teatro le parole, i costumi aiutano la
scenografia, nel cinema vi è un forte realismo dato dal significante immaginario dello schermo.
Pato comunicativo spettatore e performance teatrale e spettatore e film sono diversi. In teatro
gli spettatori costituiscono una comunità, un gruppo; mentre il cinema non permette di pensare, la
mente è impegnata nella contemplazione delle immagini. Nel teatro la distanza tra attore e
spettatore cambia di continuo perché cambia il grado di coinvolgimento durante lo spettacolo.

Come la letteratura, il cinema è comunicazione senza feed-back che rimane sempre uguale
nonostante i diversi punti di vista. Il cinema è costituito da una cooperazione creativa maggiore del
teatro. L’attore di cinema sembra quasi in esilio, vivo su una tela.
Teatro e segni medievali: radio, tv, video e/in scena.
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Nel ‘900 i media accompagnano e modificano la produzione teatrale almeno quanto il teatro ha
modellizzato i media.
Negli anni ’20, il teatro incontra la radio ne “L’ultimo mastro di Krapp”, Beckett fa uscire dalla
radio le voci del passato. L’esperienza radiofonica porta povertà (ci si affida solo all’udito) e intimità
(come parlare all’orecchio di qualcuno).
Il teatro si è avvicinato alla televisione molto presto (1°gennaio1954) che vede la messa in onda
dell’Osteria della posta” di Goldoni.
Teleteatro riprendere uno spettacolo teatrale e la messa in onda di un’opera allestita in studi
televisivi.
Tutte le registrazione audiovisive di eventi teatrali riducono l’intera partecipazione sensoriale alla
sola percezione audiovisiva. Ci sono poi 4 crescenti livelli di intenzionalità creativa:
1. Ripresa televisiva frontale dello spettacolo dal vivo, con telecamera fissa, senza l’intervento
della regia.
2. Ripresa televisiva dello spettacolo dal vivo realizzato con 2 o 3 telecamere e il montaggio
(sorta di lettura del testo teatrale).
3. Adattamento televisivo dello spettacolo teatrale, rifacimento in studio di uno spettacolo
teatrale di cui si conservano le caratteristiche principali.
4. Trascrizione dello spettacolo nei termini di una vera e propria reinvenzione televisiva,
cambiando materia espressiva e contesto comunicativo si modificano struttura, ritmo e
composizione del testo.
Creazione di drammaturgia pensata per il teleschermo e per il video.
Se il linguaggio video si è appropriato di materiali di origine teatrale, anche il teatro ha inglobato il
video sulla scena. Il video entra in scena sempre più, come componente testuale dello spettacolo,
con diverse funzioni e modalità. Il video gioca talvolta su quel paradossale effetto dell’immagine
cinematografica, che appare più reale del reale teatrale.
Teatro e new mediapotenzialità più evidenti che le nuove tecnologie offrono alla
documentazione dello spettacolo dal vivo.
1. Multicodicità integrazione delle possibilità rappresentative dei diversi media, così da
rendere possibile lo sfruttamento di molteplici sistemi rappresentativi. I nuovi media offrono
la possibilità di restituire la multicodicità del teatro, ossia documentare il teatro in quanto
fenomeno in sé multicodico.
2. Reticolarità i nuovi media digitali consentono di organizzare l’informazione in modo
reticolare (costruire dunque reti di documenti). Vengono a crearsi dei collegamenti. Si ritrova
il senso in mezzo a un gruppo. Il testo teatrale è sempre qualcosa di parziale.
3. Centralità del fruitorel’ipertesto acquista senso solo grazie al fruitore.
4. Hypermediacy ipermediazione della stampa. Moltiplicazione dei segni di mediation
invece di cancellarli. L’ipertesto è una forma di hypermediacy fa sì che il fruitore sia
consapevole che non si trova davanti alla realtà che il medium vuole rappresentare davanti a
un medium stesso.
5. Potenzialità didattiche lo studio del teatro è facilitato se ricco di immagini o frammenti
audio-visivi. I nuovi media permettono di facilitare l’apprendimento
Annessi. Rito e Teatro
L’autonomia del teatro dal rito è una conquista progressiva perché rito e teatro sono modalità
diverse di una stessa esperienza, cosicché il plesso mitico si configura nella rappresentazione
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teatrale. L’oralità è il primo modo di porsi dell’esperienza teatrale. Il mito si fa dramma quando
racconta significati esemplari.
Con l’indebolimento delle ragioni del sacro e da una sua percezione più confusa si delinea lo
staccamento del teatro dal rito. Man mano che ci si allontana dal sacro, la scena è sempre più
incentrata sugli uomini l’avvento del teatro coincide con il declino del rito o di alcune sue forme.
Entrambi però si generano all’interno della festa collettiva. La festa è il momento della pienezza dei
significati profondi. Rito e teatro celebrano in modo diverso la stessa unità di valori significativi per
la comunità. Il teatro è coscienza critica delle condizioni del mondo che dà speranza al gruppo.
Il principe è colui che si fa garante del rapporti terra-cielo.
Rivoluzione Francese riplasma, a modo suo, l’esperienza del sacro, i cambiamenti nell’assetto del
potere facendo emergere la sovranità popolare. Con questa finisce il sistema festivo entro cui era
nato il teatro,che assume ora un carattere più laico e commerciale.
Il teatro diventa fatto di forme molteplici e mosse da intenzionalità di partecipazione per instaurare
una comunicazione umana.

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