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Storia del teatro moderno e contemporaneo

03/03

La tragedia secondo Aristotele ha tre caratteristiche:

-verosimiglianza:

-l’assenza di solilloqui: non vedremo mai parlare un personaggio da solo perché non è verosimile;

-deve avere un insegnamento morale: vengono raccontanti una serie di comportamenti che daranno
un insegnamento morale;

-principio dell’unità: azione, tempo, luogo. Azione: non ci sono sottotrame o trame parallele (ciò
verrà contraddetto in Amleto perché guarda di più alla tragedia latina). Tempo: le tragedie che ci
sono pervenute (31) non sono rispettosi di questa unità. A ogni modo, la tragedia non deve superare
le 24 ore. Luogo: la tragedia deve avvenire in un solo luogo.

Il teatro greco possiamo considerarlo unitario fino al V secolo. La stessa cosa vale per la tragedia
(canto del capro): improvvisazione nata dal ditirambo (inno cantato e danzato che è alla base della
nascita della tragedia. Diviene forma scritta, letteraria, il primo a farlo è Arione che stende questi
inni, gli dà una forma letteraria. Chi fa evolvere questa forma in tragedia molto primordiale è Tespi
(VI sec. a.C.): aggiunge un prologo, un antefatto e soprattutto alcune battute andando a creare la
struttura molto primitiva per la tragedia. Dal punto di vista strutturale, aggiungere altre battute
significa aggiungere un attore. L’aggiunta di un nuovo personaggio coincide con l’aggiunta di un
elemento strutturale. La parte cantata e danzata era affidata al coro (lo incontriamo in tutte le
tragedie); all’interno del coro c’era una guida, il Corifeo, copriva la funzione di direttore
d’orchestra.

C’anche l’ipotesi che la tragedia sia nata dai riti celebrati sulle tombe degli orei. Oppure che sia una
evoluzione delle esibizioni dei rapsodi che alle feste religiose…

Il contesto sociale in cui nacquero le tragedie…

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