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Guida alla
grammatica valenziale
di Paola Baratter

Premessa
Fin dagli anni ’80, a partire dalla scuola media, si è cercato di introdurre nella didattica
dell’italiano il modello valenziale, ottenendo un modesto successo editoriale, sia per la difficoltà
da parte di docenti e studenti di misurarsi con metodologie e terminologie nuove, sia
per i dubbi sull’opportunità di adottare un nuovo modello in un determinato segmento
dell’ordinamento scolastico, laddove negli ordini inferiori e/o superiori prevaleva il
modello tradizionale. Tuttavia nel corso di questi tre decenni sono comparsi altri testi
scolastici, spesso opera di studiosi illustri, destinati a diversi ordini di scuola, che
riproponevano il modello valenziale, a segnalare una richiesta costante, anche se minoritaria,
da parte degli insegnanti.
Il presente contributo vuole integrare un testo già presente da anni nel biennio della
scuola superiore e si rivolge a quei docenti che avvertono una certa insoddisfazione
nei confronti del modello tradizionale e che, di conseguenza, sono interessati a misurarsi
anche nella prassi didattica con il modello valenziale, ma non osano adottare un testo che lo
segua in modo esclusivo, sia per le difficoltà sopra esposte, sia perché, in un periodo
caratterizzato da una certa rigidità nelle adozioni e dalla pratica sempre più diffusa delle
adozioni collettive, non vogliono imporre la loro scelta anche a colleghi che possono non
condividerla. L’obiettivo è quindi fornire ai docenti elementi utili per integrare i contenuti
e le modalità della propria attività didattica, lasciandoli liberi di scegliere in funzione anche
del contesto in cui si trovano a operare.
Il docente potrà prendere per esempio consapevolezza teorica di alcune procedure
didattiche entrate da tempo nella pratica didattica, come la centralità del predicato
nell’analisi di una frase oppure l’adozione di rappresentazioni grafiche per visualizzare la
struttura della frase semplice e di quella complessa. Un altro spunto interessante può
essere costituito dall’attenzione verso l’aspetto semantico nella riflessione sulla sintassi, volta
a individuare, all’interno degli elementi di una frase, una gerarchia di funzioni che trova il
suo fondamento sul piano semantico. Il modello valenziale può fornire anche soluzioni
interessanti nel presentare un modello di classificazione più ampio e astratto, che
consente di cogliere analogie inedite e di sottrarsi a una casistica troppo specifica e a
volte sterile. Questo avviene per esempio nella ricerca di una corrispondenza costante e
puntuale fra funzioni logiche e proposizioni: applicando alla frase complessa il modello
della frase semplice, risulta superata la tradizionale separazione fra analisi logica della frase e
del periodo.

Come usare questa guida


Questa guida vuole costituire un primo approccio all’insegnamento della grammatica
valenziale. Dopo aver tracciato un breve inquadramento storico relativo all’insegna-
mento della grammatica e alla nascita del modello a livello teorico, nel secondo capitolo
vengono presentati i principi di base del modello, applicato dapprima alla frase semplice e

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quindi esteso al periodo. Ogni spiegazione è accompagnata da frasi esemplificative,


contrassegnate da un asterisco (*) quando grammaticalmente inaccettabili (come, per
esempio, *Luca ride la barzelletta). Seguono alcune proposte di consolidamento dei
contenuti di base del modello valenziale, le cui soluzioni sono riportate in appendice.
Nel terzo capitolo vengono prospettate possibili applicazioni didattiche del modello,
suggerendo anche in questo caso attività da svolgere con gli alunni. Il capitolo conclusivo
presenta le ragioni che possono indurre alla scelta di adottare didatticamente tale
modello, ma anche le eventuali criticità che potrebbero insorgere.

Concludono la guida un glossario e un apparato di risorse bibliografiche e sitografiche.


La teoria valenziale può avvalersi da alcuni anni di un prezioso strumento, costituito
dal DISC, Dizionario di Italiano di Francesco Sabatini e Vittorio Coletti, le cui edizioni
che si sono succedute nel tempo hanno portato a una sistemazione progressiva
della materia. Per questo lavoro ci siamo avvalsi dell’ultima edizione (Sansoni, 2012).

1 La riflessione linguistica a scuola


Prima di addentrarci nella spiegazione dei principi di base del modello valenziale può
essere utile fare un breve accenno a come si è evoluto nel corso del tempo l’insegnamento
della grammatica e su quale sia il senso di fare, oggi, educazione linguistica a scuola.
L’adozione, anche parziale, di questo modello è infatti, come vedremo, strettamente
correlata con una specifica visione dell’educazione linguistica e dei suoi scopi.
Con la nascita dell’Italia unita e con l’estensione a tutta la nazione dell’obbligo di istruzione
ci si era posti come obiettivo della scuola in generale, e dell’insegnamento dell’italiano in
particolare, quello di fornire a tutti un’alfabetizzazione di base. Sappiamo che nella pratica la
legge venne per lo più disattesa; la scuola ha continuato per lungo tempo ad essere
un’istituzione rivolta a un’élite, finalizzata a impartire agli studenti che avrebbero proseguito
gli studi gli elementi di base della grammatica italiana. Per questa ristrettissima fetta della
popolazione, infatti, essa era funzionale all’apprendimento del latino e del greco, discipline
ritenute indispensabili per intraprendere l’iter scolastico necessario per ottenere una
professione prestigiosa dal punto di vista sociale e culturale.
L’insegnamento della grammatica era caratterizzato da un approccio fortemente normativo
e valutativo-sanzionatorio, finalizzato cioè a condannare ogni produzione linguistica che si
scostasse dalla norma, e aveva i suoi cardini nell’analisi grammaticale e
nell’analisi logica della frase e del periodo. I manuali scolastici erano quindi improntati
su una concezione normativa della grammatica, intesa come un insieme di regole che
il parlante deve padroneggiare per usare la lingua in maniera corretta: da qui tutta una
serie di esercizi di tipo mnemonico finalizzati ad addestrare lo studente.
I primi segnali di cambiamento nella didattica dell’italiano si ebbero a partire dagli anni
Sessanta quando, con la nascita della scuola media unificata, cominciò a farsi sentire la
necessità di offrire un insegnamento linguistico di base che permettesse a tutti di inserirsi
a pieno titolo nella società. La diffusa dialettofonia, l’imposizione di un modello letterario di
lingua e, soprattutto, l’illusione di poter insegnare italiano attraverso l’esposizione esplicita
delle sue regole furono i fattori che decretarono il fallimento di un insegnamento
linguistico che non era in grado di soddisfare la scolarizzazione di massa. Sulla base di
questa nascente consapevolezza nacquero le esperienze educative di alcuni maestri di
provincia come don Lorenzo Milani, Bruno Ciari, Mario Lodi e parallelamente cominciò
a svilupparsi un dibattito che coinvolse docenti, educatori e linguisti.

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Nel 1967 venne fondata la Società Linguistica Italiana (SLI), tra i cui interessi dichiarati
figurava la didattica linguistica. L’obiettivo di rinnovamento della pedagogia
linguistica tradizionale venne poi assunto dal Gruppo di Intervento e Studio nel Campo
dell’Educazione Linguistica (GISCEL), un’associazione di insegnanti, ricercatori e
docenti universitari nata nel 1973 per filiazione diretta dalla SLI, che nel 1975 pubblicò
le Dieci Tesi per l’educazione linguistica democratica, la cui prima stesura è dovuta a Tullio
De Mauro, uno tra i promotori dell’associazione. Denunciando i limiti della pedagogia
tradizionale, venivano enunciati i principi di base di una nuova educazione linguistica il
cui scopo doveva essere quello di favorire il pieno possesso delle competenze linguistiche di
base, strumento imprescindibile per un pieno inserimento nella società di ogni individuo.
A partire da quegli anni caratterizzati da una grande volontà di rinnovamento, cominciò
a diffondersi l’espressione “educazione linguistica” a indicare un approccio diverso
all’insegnamento dell’italiano, visto come strumento per la formazione complessiva
dell’individuo. Da allora l’insegnamento dell’italiano si è modificato in maniera
considerevole, diventando occasione di discussione e di confronto anche per una nuova
generazione di giovani linguisti che ha cominciato a interessarsi alla didattica linguistica
nei vari livelli di scuola, mettendo in luce le incoerenze del modello tradizionale derivanti
da eccessive semplificazioni o da stratificazioni di modelli. Si legga che cosa scriveva a
questo proposito Monica Berretta:
[...] la grammatica tradizionale [...] è [...] un coacervo di concetti, nozioni, tecniche di analisi,
accumulatesi nel corso della storia della nostra cultura, a partire da una base dovuta ai filosofi
greci d’età classica e ai grammatici alessandrini, via via attraverso le aggiunte e le sistematizzazioni
attuate dai romani, dagli scolastici medievali, dai giansenisti di Port Royal e dagli illuministi
dell’Encyclopédie. Il tutto, con l’aggiunta di regole varie scoperte o inventate ad hoc dai
grammatici italiani a scopo specificatamente pedagogico.1

In particolare, tra le criticità rilevate, sono da evidenziare l’insistita predilezione per il


criterio nozionale-semantico di identificazione delle categorie morfologiche e
sintattiche, l’assenza di una universalità e un’inutile proliferazione di categorie e
sottocategorie proposte. Famosa a questo proposito è la critica ai complementi di
Francesco Sabatini, il quale, nella sua famosa Lettera sul “ritorno alla grammatica”,
scagliandosi contro il proliferare dei complementi nell’inutile tentativo di contemplarne
ogni possibile tipologia, sottolineò come la definizione di alcuni complementi (di colpa,
pena, fine, causa, vantaggio ecc.), rispondessero alla necessità di inquadrare la nostra
visione del mondo in concetti-tipo senza alcuna effettiva necessità dal punto di vista
sintattico.

La grammatica di una lingua è il sistema delle regole, l’insieme delle convenzioni che
costituiscono il modo di essere di una lingua; è, per dirla con Raffaele Simone, un
oggetto “che non si vede”, che la linguistica si occupa di ricostruire e descrivere. Perciò,
a partire dai dati linguistici prodotti dai parlanti, il linguista formula delle ipotesi sul
funzionamento di una certa lingua, ipotizzando un modello, che poi verifica per mezzo
di altri dati.
La linguistica [...] deve costruire MODELLI del suo oggetto, ossia elaborazioni concettuali
semplificate che rappresentino in qualche modo l’organizzazione dell’oggetto lingua. Le teorie
che si sviluppano a proposito del linguaggio e delle lingue finiscono infatti per proporre modelli
di essi, costrutti concettuali che in qualche misura somiglino al linguaggio e alle lingue. La lingua
non può essere né fotografata né messa sotto vetro: deve essere esibita attraverso somiglianze
con altre.2

1. M. Berretta, Linguistica ed educazione linguistica. Guida all’insegnamento dell’italiano, Torino, Einaudi,


1977, pp. 12-13.
2. R. Simone, Fondamenti di linguistica, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 27.

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A seconda della prospettiva assunta dal linguista, avremo quindi dei modelli esplicativi
diversi, che si concentrano sui diversi livelli di analisi della lingua (fonologici,
morfosintattici, semantici), partendo dalla frase o dal testo (dimensione testuale) in
riferimento alla lingua scritta o a quella parlata.
Nel corso degli ultimi trent’anni le grammatiche scolastiche si sono adeguate ad alcune
delle recenti acquisizioni della linguistica moderna. Raramente però sono state capaci di
proporre un modello teorico coerente, frutto della ricostruzione di un linguista; più
spesso invece sono il risultato di stratificazioni successive, che hanno inglobato di volta in
volta ciò che dal dibattito linguistico emergeva, scegliendo sulla base di ciò che sembrava
più coerente in sé, ma che comunque non si discostava troppo da quello che c’era già (si
trattava di aggiungere, non di sostituire), prestandosi a un’applicazione didattica più o meno
tradizionale.

Nel curricolo scolastico nazionale la lingua italiana è considerata sia una lingua veicolare, in
quanto costituisce requisito indispensabile per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, sia
un oggetto di studio e di riflessione, in grado dunque di promuovere lo sviluppo cognitivo e la
capacità critica degli studenti. Gli obiettivi principali dell’insegnamento dell’italiano sono quindi
l’alfabetizzazione funzionale e la costruzione di competenze di base sulle quali impiantare
competenze più specifiche e approfondite, in direzione dello sviluppo cognitivo di ogni
studente secondo le sue possibilità. In quest’ottica insegnare italiano significa non solo portare
gli studenti a sviluppare le quattro abilità tradizionali del leggere, scrivere, parlare e ascoltare, ma
indurli a riflettere sul sistema lingua attraverso un percorso di acquisizione progressiva di
consapevolezza. Se ci fermassimo al primo obiettivo, quello della produzione di testi corretti,
molti argomenti trattati normalmente nelle grammatiche scolastiche non troverebbero nessuna
giustificazione. Gli esercizi di categorizzazione, di denominazione e di riconoscimento degli
elementi della frase sono di scarso aiuto per la corretta fruizione e produzione di testi; è noto
quanto uno dei principali canali di apprendimento sia invece quello dell’imitazione. Questo è
evidente soprattutto per l’abilità del parlare, il cui canale primario di acquisizione è costituito
dall’esposizione all’uso: si impara attraverso l’ascolto degli altri. In realtà anche per l’abilità dello
scrivere la conoscenza della grammatica non risulta avere una ricaduta immediata: come
giustamente qualcuno ha notato, conoscere il funzionamento dei muscoli del corpo è molto
diverso da camminare. In questo campo i risultati migliori si ottengono attraverso l’esperienza:
leggere i testi, smontarli, capire come funzionano, provare a ricomporli modificando i vari
elementi da cui sono costituiti per ottenere obiettivi di volta in volta diversi, nella
consapevolezza della differenza sostanziale tra scritto e orale. È comunque anche vero che un
corridore può migliorare le proprie prestazioni conoscendo il funzionamento della muscolatura
e quindi anche una competenza grammaticale può essere utile per la produzione di testi
particolarmente elaborati, di livello superiore. Gli esercizi di riconoscimento e di
categorizzazione ritrovano invece la loro vera ragion d’essere nell’allenamento della mente al
pensiero astratto, nello sviluppo delle capacità di collegare, identificare, riconoscere elementi
che non hanno necessariamente a che fare con la lingua.
Gli studi di Noam Chomsky, padre del generativismo, hanno introdotto una nuova
prospettiva, secondo la quale ogni parlante ha una competenza grammaticale nativa
che si realizza nella capacità di cogliere regolarità dell’uso linguistico e utilizzare le
regole interiorizzate per costruire forme nuove adattandole ai nuovi contesti. Ogni
parlante ha cioè una conoscenza implicita e inconsapevole della lingua materna che
gli permette di creare, fin dai primissimi anni di vita, un sistema funzionale a capire,
produrre e decidere l’accettabilità di una formulazione linguistica. Il fatto che la
lingua sia una competenza in qualche modo innata fa sì che ciascuno possa andare a
indagare nel proprio bagaglio di esperienze e di conoscenze per ricostruire e verificare questo
sistema di implicazioni, confrontandoli con quelle degli altri (che hanno
esperienze e conoscenze diverse).

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Da questo punto di vista la lingua può essere vista, d’accordo con Sabatini, come il
primo oggetto culturale (un prodotto culturale della specie umana), cioè il primo
elemento perché già almeno in parte posseduto - su cui si può cominciare a riflettere per
acquisire capacità di pensiero che poi potranno essere trasposte in altri ambiti di studio e
di vita. Uno dei compiti fondamentali della scuola dovrebbe quindi consistere, come
afferma Lo Duca, nell’“innestare una conoscenza di livello superiore (consapevole e
verbalizzabile) su una preesistente conoscenza di livello inferiore”.3
Questa premessa serve a spiegare perché l’approccio valenziale può costituire un modello
di insegnamento che sia veramente formativo per gli studenti. Esso infatti non si pone
come obiettivo primario quello di trasmettere un sistema normativo che dica che cosa si
possa o non si possa scrivere, ma di indurre lo studente a osservare la lingua per
comprenderne le regolarità e le irregolarità, per verbalizzarne le caratteristiche, per
acquisire un sistema di lettura e interpretazione valido anche per altri campi
dell’esperienza. Il modello valenziale, che analizza la frase a partire dal verbo, portatore
non solo di significato ma anche di informazioni relative alla struttura sintattica della
frase, permette allo studente di partire dalle proprie competenze per giungere a un
livello superiore di conoscenza. Tradizionalmente l’analisi della frase prendeva in esame
prima di tutto il soggetto per poi passare al verbo che predica qualcosa di esso, secondo
una progressione lineare che però non tiene conto di come funziona veramente la frase.
Questo invece è possibile se il punto di partenza dell’analisi è il verbo, unico elemento
che fornisce informazioni sulla struttura della frase in rapporto al suo significato.

Il verbo veicola informazioni relative


- al significato;
- alla persona, al tempo, al modo, all’aspetto, alla prospettiva (diatesi) di ciò di
cui si parla;
- alla costruzione sintattica della frase.

La prospettiva valenziale permette quindi di integrare la semantica e la sintassi. Partire


dal verbo, che viene posto al centro della frase, significa assumere una nuova prospettiva:
al centro non c’è più il soggetto - che fa, vede, sente - ma un’azione, un evento, un
fenomeno, un modo d’essere, un processo mentale, uno stato d’animo che richiede - a
livello sintattico e semantico - un soggetto che lo compie, lo prova o lo subisce; e tutti
gli altri elementi necessari sono correlati a quell’azione, evento, sentimento.
Considerare la frase da questo punto di vista impone allo studente la necessità di
mettere in discussione le proprie conoscenze, sottoponendole a un procedimento
costante di verifica. In sostanza lo induce ad acquisire conoscenze applicando alla
lingua il metodo scientifico secondo le quattro fasi principali che lo caratterizzano:
- l’osservazione di un fenomeno;
- la formulazione di un’ipotesi;
- la verifica dell’ipotesi sulla base di dati;
- la validazione dell’ipotesi o, eventualmente, il suo rigetto, con la necessità di
formulare una nuova ipotesi.

Facendo proprio un processo mentale di questo tipo lo studente acquisisce innanzitutto


un metodo e, in secondo luogo, uno strumento che gli permette di analizzare la realtà
linguistica in cui è immerso. La lingua, infatti, è in continua evoluzione. L’italiano che
parliamo oggi presenta delle diversità da quello parlato in passato: alcuni elementi cam-

3. M.G. Lo Duca, Esperimenti grammaticali. Riflessioni e proposte sull’insegnamento della grammatica


dell’italiano, Roma, Carocci, 2004.

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biano molto velocemente (pensiamo al lessico, con i neologismi di breve o lunga


vita che compaiono ogni anno), altri con maggiore lentezza (per esempio le costruzioni
sintattiche). In più, mentre la lingua scritta è certamente più stabile, quella parlata presenta
differenze da luogo a luogo e subisce cambiamenti più numerosi e repentini. L’educazione
linguistica non può ovviamente inseguire l’ultima moda nel campo del dire, ma deve
fornire elementi per comprendere anche questi mutamenti.
Se la lingua parlata è il fine ultimo di un’analisi linguistica completa, che normalmente verrà
raggiunto solo da coloro che fanno della lingua il proprio oggetto di studio, una descrizione
dell’italiano standard è l’obiettivo che ogni testo di grammatica dovrebbe perseguire,
almeno per i fenomeni principali che lo costituiscono. Tuttavia, poiché non esiste una
descrizione sistematica della lingua che ne spieghi in maniera esauriente e soddisfacente tutti
i fenomeni, non avrebbe senso - e sarebbe uno sforzo inutile - sposare un modello
descrittivo piuttosto che un altro facendo piazza pulita del modello tradizionale. Quello che
invece si può fare è trovare nei diversi modelli descrittivi elementi utili che integrino (con
riflessioni, per esempio, sulla dimensione pragmatica della lingua o con considerazioni
sociolinguistiche), approfondiscano e qualche volta rivedano criticamente alcuni contenuti
o affermazioni.
Le nuove modalità di apprendimento rendono fondamentale un insegnamento che
presupponga un coinvolgimento attivo degli studenti. Gli strumenti didattici dovrebbero
essere agili e finalizzati agli aspetti grammaticali essenziali per far sì che l’alunno acquisisca
un sistema di osservazione della lingua su cui sarà possibile innestare progressivamente
conoscenze di tipo analitico.
Permane, senza dubbio, l’importanza di studiare la propria lingua per l’apprendimento di
altre lingue, sia classiche sia straniere. Per esempio, la capacità di individuare il verbo (e
nello specifico il modo, il tempo e l’aspetto) e riconoscerne la struttura argomentativa
costituisce un elemento di sicuro aiuto per l’apprendimento di altre lingue; e chiaramente
questo risultato è migliore se i modelli teorici di riferimento e i termini grammaticali
impiegati sono gli stessi.

> Le origini del modello valenziale


Con il termine “classe di parole” si intende un insieme di parole che condividono
una o più peculiarità nel comportamento morfologico o sintattico. Per esempio, possiamo
affermare che amare e leggere appartengono alla classe dei verbi, in quanto entrambe
possono essere coniugate per esprimere il tempo (amai, lessi), il modo (amerei, leggerei) e la
persona (amo, leggo). Il numero di classi di parole varia da lingua a lingua; per l’italiano se
ne individuano tradizionalmente nove: nomi, verbi, aggettivi, articoli, pronomi, avverbi,
preposizioni, congiunzioni e interiezioni. Ogni classe di parole può essere definita in modo
indipendente a livello morfologico, sintattico e semantico, anche se l’appartenenza di una
parola a una classe in genere si manifesta contemporaneamente a più livelli. Come è noto,
infatti, esistono delle notevoli corrispondenze tra le proprietà formali delle parole e il loro
significato. È su questa base che tradizionalmente si definisce un verbo come una parola che
rappresenta un’azione o un evento, mentre di un nome si dice che è una parola che
rappresenta una persona, un luogo, una cosa astratta e concreta. In realtà sappiamo che
queste convergenze da sole non sono sufficienti per ascrivere le parole a una classe piuttosto
che a un’altra (si pensi per esempio ai deverbali come “attesa”, “vittoria”, “dormita” che
vengono giustamente categorizzati come nomi, anche se rappresentano degli eventi). Gli
studi di sintassi strutturale hanno messo in luce il fatto che alcune classi di parole - in
particolare i verbi, ma anche i nomi, gli aggettivi e gli avverbi (anche se per questi ultimi gli

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studi sono ancora relativamente scarsi) - richiedono, in relazione al significato che


assumono, una tipologia di costruzione sintattica specifica.

È noto che all’interno di ciascuna classe di parole è possibile fare sottocategorizzazioni. Per
quanto riguarda i verbi, in base al criterio semantico essi possono essere classificati:
- come verbi di moto (andare, attraversare), di maniera (strofinare, tagliuzzare), di dire
(dire, affermare), di percezione (vedere, ascoltare), di misura (costare, pesare) ecc.;
- in base al loro aspetto, distinguendo i verbi di stato (rimanere, possedere), puntuali
(scoppiare, arrivare), durativi (lavorare, dormire).

Se invece coniughiamo il criterio semantico con quello sintattico, i verbi possono essere
classificati secondo la loro valenza, ossia in base al numero, al tipo e al ruolo tematico
assegnato dal verbo, a seconda del suo significato, agli elementi che a esso si legano.
Il modello valenziale prende le mosse dagli studi condotti da un linguista francese, Lucien
Tesnière (1893-1954), confluiti nell’opera intitolata Èlements de Syntaxe structurale4,
pubblicata postuma nel 1959, che può essere vista come la prima organica sistemazione del
modello grammaticale basato sulle valenze.
Il termine “valenziale” è stato introdotto in linguistica per la prima volta proprio da
Tesnière, che l’ha mutuato dalla chimica dove per valenza si intende la capacità di
combinazione di un elemento che si esprime numericamente sulla base del numero di
atomi di idrogeno in grado di combinarsi con un suo atomo:

Si può allora paragonare il verbo a una specie di atomo munito di uncini, che può esercitare la
sua attrazione su un numero più o meno elevato di attanti, a seconda che esso possieda un
numero più o meno elevato di uncini per mantenerli nella sua dipendenza. Il numero di uncini
che un verbo presenta, e di conseguenza il numero di attanti che esso può reggere, costituisce
ciò che chiameremo la valenza del verbo5.

Come diciamo che l’idrogeno ha valenza 2, posiamo dire che un verbo è bivalente, ossia
si completa, andando così a formare una frase, con due elementi. È per esempio il caso
del verbo aprire, che per costituire una frase necessita di un soggetto (qualcuno o qualcosa
che apre) e di un oggetto (qualcosa che viene aperto). Gli elementi che vengono richiesti
necessariamente dal verbo sono detti anche argo- menti ed è per questo motivo che il
modello valenziale è chiamato anche argomentale. Per spiegare il modello, Tesnière ha
introdotto una metafora, quella della rappresentazione teatrale. Secondo il linguista
francese il verbo rappresenterebbe un piccolo dramma che richiede un certo numero di
attori per essere rappresentato:

Il nodo verbale, che si trova al centro della maggior parte delle nostre lingue europee,
è del tutto equivalente a un piccolo dramma. Come un dramma infatti esso comporta
obbligatoriamente un processo e, il più delle volte, degli attori e delle circostanze. Tra-
sferiti dal piano della realtà drammatica a quello della sintassi strutturale, il processo,
gli attori e le circostanze diventano rispettivamente il verbo, gli attanti e i circostanti.6

Tesnière si sofferma quindi sui diversi ruoli che il verbo attribuisce agli altri elementi
della frase:
Il verbo esprime il processo. Per esempio, nella frase Alfredo picchia Bernardo, il processo è
espresso dal verbo picchia. Gli attanti sono sempre sostantivi o loro equivalenti; si può quindi

4. La prima edizione italiana è del 2001 (Rosemberg & Sellier), a cura di Germano Proverbio e Anna Trocini
Cerrina.
5. L. Tesnière, Elementi di sintassi strutturale, Torino, Rosenberg&Sellier, 2001, p. 157.
6. Ivi, p. 73.

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dire che in linea di massima sono i sostantivi ad assumere nella frase la funzione di attanti. I
circostanti esprimono le circostanze di tempo, di luogo, di modo ecc. nelle quali si svolge il
processo. Ad esempio, nella frase Alfredo ficca sempre il naso dappertutto, ci sono due
circostanti, uno di tempo (sempre) e uno di luogo (dappertutto). I circostanti sono sempre degli
avverbi (di tempo, di luogo, di modo ecc.) oppure loro equivalenti; gli avverbi in linea di
massima assumono nella frase la funzione di circostanti. Si è osservato che il verbo è al centro
del nodo verbale e di conseguenza della frase verbale. Esso dunque è il reggente di tutta la frase
verbale.7

Più o meno negli stessi anni, in forma autonoma rispetto alla proposta di Tesnière, alcuni
linguisti americani affrontano tematiche analoghe, dando luogo alla teoria dei ruoli
tematici. In particolare Charles Fillmore, con la sua “Grammatica delle Costruzioni”,
persegue l’obiettivo di integrare la descrizione semantica degli elementi lessicali con la
descrizione delle relative costruzioni sintattiche.
Negli anni successivi la nozione di valenza è stata ripresa dagli studiosi anche di altre aree
linguistiche, che ne hanno approfondito alcuni aspetti e introducendo alcune modifiche
terminologiche. Tra gli studiosi di lingua italiana che si sono occupati del modello
argomentale, ricordiamo Renzi, Salvi e Cardinaletti, con la loro Grande grammatica
italiana di consultazione (Il Mulino, 1988-1995, 20012); Christoph Schwarze, autore della
Grammatick der Italienischen Sprache (1988, 19952), la cui edizione italiana, uscita con
Carocci, ha visto la luce nel 2009 per opera di Adriano Colombo; Francesco Sabatini,
che nel 1990 ha pubblicato una grammatica per il biennio della scuola superiore, La
comunicazione e gli usi della lingua (Loescher), in cui usa il modello valenziale per la
presentazione della struttura della frase, e che qualche anno dopo con Vittorio Coletti ha
pubblicato il primo dizionario valenziale della lingua italiana (DISC, Giunti, 1997), che
ha visto numerose riedizioni (l’ultima nel 2012 con Sansoni); Maria G. Lo Duca che con
Rosaria Solarino ha pubblicato La città delle parole. Grammatica italiana per il biennio
(La Nuova Italia, 1990) e con Patrizia Cordin, ha collaborato al DISC e pubblicato Classi
di verbi, valenze e dizionari. Esplorazioni e proposte, (Unipress, 2003); Michele Prandi
(Le regole e le scelte, De Agostini, 2006, (20112) e L’analisi del periodo (Carocci, 2013);
Giorgio Graffi, La frase: l’analisi logica (Carocci 2012). Nel 2011 è inoltre stata pubblicata
da Loescher la prima grammatica di impostazione valenziale per la scuola secondaria
superiore, Sistema e testo. Dalla grammatica valenziale all’esperienza dei testi di Francesco
Sabatini, Carmela Camodeca e Cristiana De Santis (cfr. § Risorse / Bibliografia di
riferimento).

2 La grammatica valenziale
Un verbo di cui si conosce il significato, ma di cui
si ignora la struttura valenziale è inutilizzabile.
(Lucien Tesnière)

Per studiare il meccanismo di funzionamento della lingua è necessario cominciare


osservando la frase propriamente detta, distinguendola cioè dall’enunciato. Definiamo frase
un’espressione linguistica costruita secondo le regole generali della lingua che ha un
significato compiuto anche senza riferimenti ad altre frasi e a una situazione comunicativa.
Definiamo invece enunciato un atto linguistico compreso tra due stacchi forti (pause, punti)
il cui significato dipende da altri enunciati o da una specifica situazione comunicativa. Se si
vuole capire come funziona una lingua, è necessario eliminare tutti quegli aspetti che, ri-

7. L. Tesnière, Elementi di sintassi strutturale, Torino, Rosenberg&Sellier, 2001, pp. 73-74.

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ferendosi all’hic et nunc della comunicazione, rischiamo di interferire con la struttura pura
della frase. Analizziamo i due testi seguenti:
Laura scruta il cielo.
Gnocchi con il ragù!
Nel primo caso il significato è evidente: c’è una persona chiamata Laura che scruta
il cielo. Non si sa perché lo faccia né che cosa veda, ma il messaggio minimo è garantito.
Nel secondo caso, invece, si sa che ci sono degli gnocchi, ma non si sa come interpretarli
(sono pronti? Sono il cibo preferito di qualcuno? Sono stati mangiati?): non viene
trasmesso alcun messaggio. In altri termini, rifacendosi alla struttura informativa della
frase, si potrebbe dire che c’è il tema (o topic, la cosa di cui si parla), ma manca il rema (o
comment, ciò che viene detto sul tema). Per ricostruirne il significato è necessario fare
riferimento a un testo che lo colleghi con altri enunciati a esso collegati, come per
esempio:
Luca chiese: “Che cosa hai mangiato?”. Laura rispose: “Gnocchi con il ragù”.
Si noti che il verbo, presente nella frase, nell’enunciato manca: esso può infatti non
essere presente, perché esplicitato in un altro enunciato o reso evidente da altre
modalità comunicative che possono essere attivate quando si è in presenza (per esempio
un Qui! accompagnato da un certo gesto della mano, significa “Vieni!” senza che sia
necessario esplicitare il verbo venire). In ogni frase propriamente detta il verbo, invece,
deve essere presente, perché, come si è anticipato e si vedrà più in dettaglio, esso è il
centro gerarchico della frase, unico elemento indipendente da cui dipendono,
direttamente o indirettamente, tutti gli altri costituenti della frase.
Oggetto dell’analisi del funzionamento della lingua sarà quindi la frase propriamente
detta.

> 2.1 La valenza dei verbi


Secondo il modello valenziale, a seconda del numero degli argomenti che richiedono, i
verbi si dividono in cinque grandi gruppi e possono quindi essere:

- zerovalenti (o a valenza zero), se non necessitano di alcun argomento. Rientrano in


questa categoria tutti i verbi atmosferici (chiamati tradizionalmente impersonali), per
cui possiamo avere frasi complete costituite dal solo verbo.
Piove.
Ha nevicato.
Sta grandinando.

- monovalenti, se hanno bisogno di un solo argomento. Quando l’elemento


richiesto è solo uno, questo è sempre il soggetto della frase.
Luca dorme.
Tale categoria è costituita tradizionalmente dai cosiddetti verbi intransitivi; però non
tutti i verbi intransitivi sono monovalenti. Il verbo rimanere, per esempio, per costruire
una frase di senso compiuto ha bisogno di un altro argomento, oltre al soggetto:
*Giulio rimane.
Nello specifico è necessario esplicitare come, dove o con chi Giulio rimane.
Giulio rimane stupito / a casa / con me.

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> 22

Si noti che una buona parte dei verbi monovalenti è costituita dai verbi che indicano i
versi degli animali, come muggire, frinire, tubare, barrire. Spesso anche i ‘versi’ umani
sono espressi da verbi monovalenti: tossire, starnutire, russare, sbadigliare.

- bivalenti, se necessitano di due argomenti. I verbi tipici di questa categoria sono quelli
che richiedono, oltre al soggetto, un argomento oggetto diretto, cioè i verbi
tradizionalmente denominati transitivi, come mangiare, cantare, leggere, tagliare,
mescolare, sporcare. Torneremo più avanti (cfr. $ L’alternanza argomentale) su alcuni di
questi verbi che presentano una doppia costruzione, in quanto possono essere usati
anche senza esplicitare l’argomento oggetto, rimandando così a un oggetto indefinito o
generico (Marta legge).
Luca mangia una mela.
Giovanna beve un’aranciata.
Marta legge un libro.

Troviamo però anche verbi intransitivi. Oltre a rimanere, è il caso per esempio di ver-
bi come giovare, piacere, andare (nel significato di “dirigersi verso un luogo”).
Il gelato piace a Gianni.
Carlo è andato al cinema.

- trivalenti, i quali per completare il senso della frase hanno bisogno oltre che di un
soggetto, di altri due elementi. Di norma questi verbi richiedono, oltre al soggetto,
un oggetto diretto (il complemento oggetto) e uno indiretto e sono verbi di dire e
di dare, come dare, dire, raccontare, regalare, scrivere, spedire.
Andrea ha scritto una lettera a Laura.
Giovanni ha raccontato una favola a Sara.

Alcuni possono però richiedere oltre al soggetto due argomenti entrambi indiretti,
come il verbo andare nel significato di “muoversi da un luogo a un altro”:
Sono andato da casa all’ufficio.

- tetravalenti, se richiedono quattro argomenti8. Si tratta nello specifico di quel ristretto


gruppo di verbi che indicano un’azione di trasferimento: trasferire, travasare, tradurre.
Cinzia ha trasferito la sua residenza da Milano a Mantova.
Emilio ha travasato il vino dalla damigiana alle bottiglie.
Alessandra ha tradotto la versione dal greco al latino.

N.B. La valenza del verbo è relativa al numero di elementi necessari per costruire una
frase dotata di significato minimo, ma completo. Data la frase:
Lucio ha riso di gusto per la barzelletta di Marco.

per individuare la valenza del verbo è necessario concentrarsi su di esso e chiedersi


quanti elementi sono necessari per completarlo. Poiché il verbo ridere può costituire
una frase anche con il solo argomento soggetto (Lucio ha riso) esso è monovalente.
Tutti gli altri elementi che compaiono nella frase (le espressioni di gusto e per la
barzelletta di Marco) sono accessori e non vanno quindi presi in considerazione nel
computo della valenza.

8. Questa categoria non è riconosciuta da tutti gli studiosi, poiché alcuni ritengono che uno degli
argomenti sia in qualche modo implicitamente compreso nel significato del verbo e quindi non sia
necessario esplicitarlo.

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23 <
> 2.2 I ruoli sintattici

Oltre che in relazione al numero degli elementi necessari, i verbi si suddividono


anche a seconda dei tipi di argomento che richiedono: soggetto (S), oggetto diretto
(O), oggetto indiretto ([prep.] + O). Il rapporto tra il verbo e i suoi argomenti
oggetto (diretti e indiretti), escludendo quindi l’argomento soggetto, è detto
reggenza. Vengono quindi individuate sette categorie di verbi che richiedono
rispettivamente:
1. nessun argomento; tale categoria corrisponde a quella dei verbi zerovalenti;
Nevica.
V
2. un solo argomento, che coincide con il soggetto. Rientrano in questa categoria tutti i
verbi monovalenti;
Luca dorme.
S-V
3. un argomento soggetto e un argomento oggetto diretto;
Lorenzo assaggia la torta.
S-V-O
4. un argomento soggetto e un argomento oggetto indiretto;
Marco torna a casa.
S - V - [prep.] O
5. un argomento soggetto e due argomenti, di cui uno diretto e uno indiretto;
Emilio regala un libro a Francesco.
S - V - O - [prep.] O
6. un argomento soggetto e due argomenti indiretti;
Il corteo va da Piazza Garibaldi a Corso del Popolo.
S - V - [prep.] O - [prep.] O
7. un argomento soggetto, un argomento diretto e due argomenti indiretti.
Appartengono a questa categoria tutti i verbi tetravalenti.
Giovanni travasa il vino dalla damigiana alla bottiglia.
S - V - O - [prep.] O - [prep.] O

La riflessione sulla tipologia argomentale dei verbi rende conto dell’impossibilità di alcune
costruzioni, come far seguire un argomento oggetto a un verbo monovalente:
*Luca ride la barzelletta.
Allo stesso modo non è possibile far seguire un oggetto diretto a un verbo bivalente del
tipo S - V - [prep.] O come piacere:
*La cioccolata piace Luca.
Come si vedrà, costruzioni di questo tipo sono possibili in casi particolari. Per i verbi
zerovalenti, per esempio, è possibile prevedere un argomento soggetto quando vengono
usati in senso figurato.
Piovono soldi.
Piovvero soldi dal cielo.
Allo stesso modo per i verbi intransitivi esiste la possibilità di esplicitare l’argomento oggetto
interno in espressioni del tipo:
Dormire sonni tranquilli
Vivere una vita intensa.

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> 24

> 2.3 Le restrizioni sulla selezione degli argomenti e i ruoli tematici

Oltre a richiedere un certo numero e tipo di argomenti, i verbi pongono delle restrizioni
sulla selezione del tipo semantico di argomenti con i quali possono combinarsi. Per
esempio verbi come parlare, urlare, pentirsi richiedono un argomento soggetto umano;
vivere e morire, un soggetto umano o animale. Allo stesso modo il verbo regalare richiede
un argomento oggetto diretto inanimato (la cosa che viene regalata) e un argomento
oggetto indiretto umano o comunque a esso correlato: Ha regalato la sua casa al Comune.
Gli argomenti selezionati semanticamente dal verbo non riguardano solo i tratti ± umani,
ma anche il numero. Un verbo come circondare richiede un soggetto plurale o avente
comunque semantica plurale, per cui è possibile dire:
I lupi circondarono la preda o La siepe circonda la casa.
ma non:
*Il lupo circondò la preda o *L’albero circonda la casa.

Allo stesso modo un verbo come disperdere seleziona un argomento semanticamente


plurale. Si possono disperdere i soldati, si può disperdere una folla, ma non una persona9.

A partire da considerazioni di tipo semantico, alcuni studiosi hanno preso in esame la


struttura tematica della frase, specificando la relazione tematica che il verbo intrattiene
con i propri argomenti e identificando i ruoli tematici che gli argomenti possono
assumere rispetto all’evento che il verbo descrive.
I principali ruoli tematici che gli argomenti possono assumere sono i seguenti:
1. agente (colui che intenzionalmente dà inizio e controlla l’evento)
2. paziente (l’entità che subisce le conseguenze dell’evento)
3. strumento (l’entità inanimata che è la causa fisica di quanto accade)
4. tema (l’entità coinvolta in maniera non attiva nell’evento)
5. esperiente (l’entità che sperimenta l’evento)
6. beneficiario (l’entità che trae beneficio dall’evento)
7. destinatario/meta (l’entità verso la quale è indirizzato l’evento)
8. destinazione (luogo o condizione verso cui è proiettato l’evento)

9. Oppure possiamo pensare a quei verbi reciproci che, come collaborare o incontrarsi, richiedono un
soggetto plurale: Luca e Laura collaborano. / Silvia e Matteo si sono incontrati. In realtà questi verbi
reciproci hanno una particolarità: la quasi totalità di essi ammette una doppia costruzione, senza
all’apparenza cambiare significato. Oltre alla costruzione pronominale vista sopra, contemplano infatti
la possibilità di un soggetto singolare, purché questo abbia un elemento corrispondente come oggetto
indiretto, di norma introdotto dalla preposizione con, che sia simmetrico al soggetto e quindi con
questo intercambiabile: Luca e Laura collaborano. / Luca collabora con Laura. / Laura collabora con
Luca. Senza soggetto plurale o, se singolare, senza argomento simmetrico, questi verbi non possono
costituire frasi grammaticali: *Luca collabora. / *Luca si incontra. /*Luca si confronta.
Evidentemente attivano scene mentali in cui sono necessariamente presenti almeno due attori, per
dirla con Tesnière.
Alcuni di questi verbi ammettono un oggetto indiretto sottinteso. Per esempio possiamo dire: Luca e
Laura si sposano. Ma anche: Luca si sposa o Laura si sposa. Il fatto che l’argomento sia sottinteso
diventa chiaro nel momento in cui si provi a inserire un riferimento all’unicità del soggetto implicato:
*Luca si sposa da solo. Senza cambiare all’apparenza significato, si è detto. In realtà, quando questi
verbi esprimono una partecipazione volontaria o comunque un’azione che possa essere fatta da una
direzione a un’altra (urtarsi), il fatto che il soggetto sia uno dei due implica che tale azione volontaria
parta da questo. Affermare Luca e Laura si abbracciano è diverso che dire Luca abbraccia Laura, che a
sua volta è diverso da Laura abbraccia Luca.
Esiste un’altra categoria di verbi reciproci che si comporta in maniera analoga, selezionando però,
invece che il soggetto, un oggetto plurale. È per esempio il caso del verbo collegare: Il tram collega il
centro e la periferia. Il tram collega tutti i quartieri. Anche in questo caso i verbi ammettono una
costruzione con argomento indiretto simmetrico rispetto a quello diretto: Il tram collega il centro con
la periferia. / Il tram collega la periferia con il centro. E non è possibile omettere uno degli oggetti
plurali: *Il tram collega il centro.

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25 <

9. provenienza (luogo o condizione in cui ha origine l’evento)


10. locativo (luogo o condizione in cui ha luogo l’evento)
Ad esempio il verbo uccidere ha due argomenti e i ruoli tematici assegnati dal verbo ai
due argomenti sono quelli di agente e paziente.
Il cacciatore uccise il leone.
AGENTE PAZIENTE

Si noti che i criteri secondo i quali all’interno di ogni frase il verbo assegna un ruolo
tematico ai suoi argomenti sono i seguenti:
A. a ogni argomento viene assegnato un solo ruolo tematico;
B. a ogni ruolo tematico è assegnato un solo argomento.

Per chiarire che cosa si intende per ruolo tematico, possono giovare i seguenti esempi:
Luca ha restituito la bottiglia a suo fratello.
AGENTE TEMA BENEFICIARIO
Maria ama l’estate.
ESPERIENTE TEMA
Piero è a Milano.
TEMA LOCATIVO
La grandine ha danneggiato l’automobile.
STRUMENTO PAZIENTE

Solo all’apparenza i ruoli tematici richiamano quelli dell’analisi tradizionale. Prendiamo la


frase:
Gianni prese un libro dalla libreria.
AGENTE TEMA PROVENIENZA
e volgiamola al passivo:
Un libro è stato preso da Gianni dalla libreria.
TEMA AGENTE PROVENIENZA

Come si può vedere i ruoli tematici rimangono inalterati, perché quelli che vengono
identificati sono i ruoli semantici profondi; nell’analisi tradizionale invece si fa
riferimento alle realizzazioni linguistiche di superficie, ossia come esse vengono realizzate
linguisticamente (per cui nella trasformazione dalla forma attiva a quella passiva avremo
il soggetto che diventa complemento d’agente, mentre il complemento oggetto diventa
soggetto).

Proposte di esercizi

1. Distinguere tra frase ed enunciato.


a. In verità, no.
b. La brocca è piena d’acqua.
c. Il computer è acceso.
d. Marco ha chiesto il significato della parola “ecologia”.
e. Quattro a due?

2. Indicare la valenza dei seguenti verbi e poi confrontarla con quanto dice il DISC.
a. ridere
b. rincorrere

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> 26

c. raccontare
d. spegnere
e. grandinare

3. Trovare almeno tre verbi per ciascuna delle seguenti categorie.


a. zerovalente
b. monovalente
c. bivalente
d. trivalente
e. tetravalente

4. Si è detto che i verbi che indicano i versi degli animali sono normalmente bivalenti: provare a elencarne
il più possibile.

5. Nelle seguenti frasi inserire il verbo semanticamente e sintatticamente corretto.


a. Luca …………… un fiore a Maria.
b. Luca …………… un fiore.
c. A Luigi …………… il caldo.
d. Luigi …………… il caldo.
e. Luca e Luigi …………… il loro turno.

6. Nelle seguenti frasi identificare i ruoli sintattici.


a. Le margherite amano il sole.
b. Il pavimento riflette la luce.
c. Luca ha restituito il libro a Carlo.
d. La luce giova alle piante.
e. Il cane ha starnutito.

7. Nelle seguenti frasi identificare i ruoli tematici.


a. Maria ama la neve.
b. La lettera è stata consegnata dal postino a Carlo.
c. Michele e Giovanni sono a Milano.
d. L’avvocato aprì la porta.
e. L’albero è stato danneggiato da un fulmine.

> 2.4 L’alternanza argomentale


Fino a ora ci siamo occupati della valenza sintattica dei verbi, ossia di stabilire
il numero corretto degli argomenti necessariamente richiesti dal verbo. In realtà
la valenza sintattica è il riflesso di una valenza semantica dei verbi stessi, in quanto
gli argomenti sono gli elementi necessari per completare il significato del verbo e
quindi devono rispettare precise restrizioni semantiche. Il diverso significato che
un verbo assume può portare a un cambiamento nel numero e nel tipo di valenze
richieste, e infatti in qualche esempio abbiamo dovuto specificare l’accezione in cui
veniva usato. Un esempio tra i più citati di alternanza argomentale è quello del verbo andare
che, a seconda del significato che assume, può essere monovalente, bivalente e trivalente:
- è monovalente col significato di “funzionare”, “avere successo”, “essere esatto”:
Il telefono va.
Il compito non va.
- è bivalente nell’accezione di “recarsi”, “arrivare”, “essere destinato a qualcuno o
qualcosa”:

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Davide va in montagna.
Il fiume va al mare.
La lettera va al direttore.
- è trivalente quando significa “coprire un tragitto”:
L’Eurocity 56 va da Verona a Innsbruck.

Notiamo inoltre che andare costituisce sintagma verbale con alcuni avverbi: andare su,
giù, fuori, via e assume la funzione di predicato copulativo in frasi come:
Gianni è andato soldato.
Gianni va pazzo per i dolci.

Lo stesso, seppur in maniera meno articolata, vale per altri verbi. Passare, per esempio, è
- monovalente nel senso di “trascorrere”:
La vita passa.
- bivalente col significato di “superare qualcuno o qualcosa”:
Luca ha passato l’esame.
- trivalente nell’accezione di “dare qualcosa a qualcuno”:
Luca ha passato la staffetta a Marco.

Ci sono verbi bivalenti, come per esempio salire o protestare, che pur non modificando
in maniera consistente il proprio significato, presentano una doppia struttura: si
comportano cioè sia come verbi transitivi che intransitivi, riducendo in questo secondo
caso la loro valenza:
Laura sale le scale.
La marea sale.
La banca ha protestato l’assegno.
Gli insegnanti protestano.

Altri verbi, pur mantenendo invariata la valenza, possono cambiare il tipo di


argomento richiesto e accettare quindi tanto un argomento oggetto diretto che uno
indiretto. Così, per esempio, si comporta il verbo piegare.
Laura piega la camicia.
La strada piega verso destra.

Un ulteriore caso degno di attenzione è quello di verbi diversi con significato simile
che però richiedono strutture sintattiche diverse, soprattutto quando uno dei due è
ad alta diffusione e l’altro no. Riflettere su tali particolarità può essere molto utile per
evitare errori nella scelta della preposizione corretta. Si pensi alle coppie riguardare/
inerire o pertenere/concernere
Queste mansioni riguardano il suo ruolo.
Queste mansioni ineriscono al suo ruolo.
La domanda concerne l’argomento.
La domanda pertiene all’argomento.
Un caso interessante di cambiamento della valenza del verbo è quello relativo all’uso
figurato che alcuni verbi possono assumere. Si pensi ai verbi atmosferici, che abbiamo
già visto, classificandoli come zerovalenti. Quando però il verbo piovere assume il
significato di ‘cadere dall’alto’, la sua valenza cambia e diventa un verbo monovalente
o bivalente:
Piovono coriandoli.
Le critiche piovono sul governo.

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> 28

I testi letterari, in particolare quelli poetici, presentano spesso casi di questo tipo. Vediamo
alcuni esempi riferiti ancora al verbo piovere:
…e piove in petto una dolcezza inquieta. (Eugenio Montale, I limoni)
…in mezzo al nuvolone scuro che pioveva cenere… (Giovanni Verga, I galantuomini)
Bevon le nubi dal mare con pendule trombe, ed il sole / piove sprazzi di riso torbido sovra
i poggi. (Giosue Carducci, Pe ’l Chiarone da Civitavecchia. Leggendo il marlowe)

Un caso particolare di alternanza argomentale è quella dei verbi transitivi che possono
essere usati senza l’esplicitazione dell’argomento oggetto, cambiando così valenza. Alcuni
verbi a cui si è già accennato - come mangiare, leggere, bere, cantare - sembrano attivare
scene mentali diverse a seconda che venga esplicitato o meno l’oggetto. Quando l’oggetto
manca è come se si facesse riferimento a un oggetto indefinito, generico (tanto che
qualche linguista ha parlato di oggetto nullo indefinito). Si prenda il caso del verbo
mangiare, che abbiamo identificato come bivalente:
Luca mangia una mela.
Se però ci limitassimo a scrivere:
Luca mangia.
la frase sarebbe ugualmente completa. In tale caso, però, l’accento non cade sulla cosa che
viene mangiata, ma sull’atto stesso del mangiare e il verbo assume l’accezione generica di
“nutrirsi”, “alimentarsi”. A riprova di ciò si vedano i seguenti esempi, da cui risulta
evidente che tali verbi non sottintendono un oggetto specifico:
- Hai bevuto il caffè?
-*Sì, ho bevuto.
Ho letto tutto il giorno. Ma *Ho riletto tutto il giorno.
Nel secondo esempio, se è possibile “leggere” genericamente, l’atto del rileggere
presuppone sempre la presenza di un oggetto definito. Tali costruzioni, che permettono di
omettere l’oggetto di specifici verbi transitivi, non portano però a un medesimo esito
semantico, che è legato invece al significato proprio del verbo. Se affermare che Luca
mangia può significare che Luca è una persona che si nutre normalmente, dire che Luca
beve può indicare che fa uso smodato di alcolici; analogamente la frase Luca scrive può
indicare che Luca lo faccia di professione.

Proposta di esercizio
8. A seconda del significato che assume, ciascuno dei seguenti verbi può richiedere un numero diverso
di argomenti. Per ognuno di essi, inventare due frasi corrispondenti.
a. abbagliare
b. crescere
c. rimproverare
d. risparmiare
e. fuggire

> 2.5 La frase minima e gli elementi extra-nucleari


La grammatica tradizionale affermava che una frase è composta dal soggetto e dal verbo. Da quanto
detto finora è chiaro che una definizione di questo tipo è per lo meno limitativa; essa infatti non
permette di rendere conto dell’agrammaticalità di frasi come:
*Il cane prende.
*Luca rincorre.
*Laura regala.

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Sulla scorta di quanto affermato nei paragrafi precedenti definiamo come frase minima o
nucleare (perché costituita dal nucleo) un’espressione minima di senso compiuto. Tale frase è
composta dal verbo e da tutti gli argomenti (che variano numericamente da zero a quattro)
necessariamente richiesti dal verbo10. Chiameremo margini tutti gli elementi che sono
accessori e non fanno quindi parte della frase minima. I margini possono essere esterni
dell’intero processo, ossia riguardare la frase nella sua interezza, o interni alla frase.
Definiamo margini interni tutti quegli elementi accessori che si legano direttamente al
nucleo (e perciò sono denominati anche circostanti del nucleo11), aggiungendo
informazioni al verbo o ai suoi argomenti:
La madre scrisse accuratamente una lettera.
La zia di Michela ha preparato una torta al cioccolato.
Nel primo caso l’avverbio specifica come è stata scritta la lettera. Nel secondo i due
circostanti di Michela e al cioccolato specificano gli argomenti soggetto e oggetto del
verbo preparare. Se li togliamo otteniamo le due frasi minime:
La madre scrisse una lettera.
La zia ha preparato una torta.
Tutti gli elementi che espandono il significato della frase, oltre il nucleo e i suoi
circostanti, aggiungendo informazioni o circostanze accessorie, sono detti margini esterni
o espansioni o elementi extra-nucleari (o, ancora, circostanziali). Si tratta di elementi che
rivestono importanza per la completezza dell’informazione, ma che non sono
indispensabili per la costruzione di frasi ben formate:
La settimana scorsa sono andato al cinema.
Ai giardini Luca ha visto uno scoiattolo.
Con grande calma ho risposto a tutte le domande.

Una caratteristica degli elementi extra-nucleari è quella di muoversi abbastanza


liberamente all’interno della frase ponendosi in posizione iniziale o finale o, talvolta,
centrale. Prendiamo una frase contenente elementi extra-nucleari che forniscano
informazioni aggiuntive su tempo, luogo e modo:
La settimana scorsa, ai giardini, con immensa gioia ho rivisto il mio amico Carlo.
Proviamo ora a cambiare l’ordine degli elementi extra-nucleari: quello che otteniamo è
l’enfatizzazione di un elemento piuttosto che di un altro, ma la frase rimane ben
formata.
La settimana scorsa, con immensa gioia, Gianni ha rivisto Carlo ai giardini.
Con immensa gioia, la settimana scorsa, Gianni ha rivisto Carlo ai giardini.
Ai giardini, la settimana scorsa, Gianni ha rivisto Carlo con immensa gioia.
Si noti che lo stesso non può essere fatto con i circostanti del nucleo, soprattutto quelli
che riguardano gli argomenti; se modifichiamo l’ordine degli elementi rischiamo di
ottenere un capovolgimento completo del significato di rendere la frase agrammaticale, a
meno di non usare la punteggiatura in maniera espressiva, enfatizzando un argomento
(cfr. § Punteggiatura, modello valenziale e comprensione del testo):
La zia ha preparato una torta di Michela.
* Al cioccolato la zia ha preparato una torta.

10. Questo ovviamente vale per la frase propriamente detta. Nella realtà della comunicazione (enunciato)
non sempre è necessario che tutti gli argomenti siano esplicitati, anche se nel conteggio delle valenze essi
devono essere contemplati. Alcuni linguisti istituiscono una distinzione tra semantica (valenze o attanti
del verbo) e sintassi (argomenti del predicato). Salvi e Vanelli (2004, pp. 20-21) scrivono: “Terremo
distinti terminologicamente gli attanti, che sono i partecipanti dell’evento descritto dal verbo, e gli argo-
menti, che ne sono la realizzazione sintattica; mentre gli attanti si situano al livello della interpretazione
semantica della costruzione, gli argomenti si situano al livello della costruzione sintattica”.
11. Mentre alcuni studiosi si limitano a distinguere gli elementi nucleari e quelli extra-nucleari, adottiamo
qui la tripartizione (nucleo, circostanti del nucleo, espansioni) operata da Sabatini, che ci sembra quella
maggiormente in grado di rendere conto con maggiore chiarezza di alcuni fenomeni linguistici,
affiancando però la terminologia scelta da Michele Prandi.

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Gli elementi extranucleari rivestono due tipi di funzione:
1. aggiungere informazioni relative al tempo, al luogo, alla causa e al modo;
D’inverno gli alberi perdono le foglie.
2. specificare il valore di verità di una frase o commentare l’evento descritto o l’atto
di enunciazione stesso.
Probabilmente Marco arriverà in ritardo.
Purtroppo Marco arriverà in ritardo.
Francamente, credo che Marco arriverà in ritardo.
Si noti che le indicazioni relative al luogo, al tempo e al modo non sono sempre
necessariamente extra-nucleari. Ci sono verbi che richiedono di essere saturati da
argomenti che danno per esempio un’indicazione della durata di un certo evento:
Il muro di Berlino è durato ... tanti anni / fino al 1961/ ventotto anni.
Altri forniscono un’indicazione sulla modalità:
Marco si è comportato .... bene / male

Ci sono alcuni avverbi, inoltre, che in virtù della loro specificità semantica, possono
cambiare il proprio ruolo a seconda della posizione che occupano all’interno della frase:
Mario non parla sinceramente
Sinceramente, Mario non parla.
Nel primo caso l’avverbio qualifica il modo di parlare di Mario, nel secondo caso si tratta
di un commento dell’evento descritto.

Vedremo più avanti che tanto gli elementi nucleari quanto i margini interni o esterni
possono essere costituiti da frasi (cfr. § Dalla frase semplice alla frase complessa).

I verbi compositi
Finora abbiamo trattato solo il caso di verbi singoli, ma è chiaro che il ruolo del
verbo possa essere occupato anche da verbi compositi, cioè forme verbali costituite
da più verbi. Ne sono un tipico esempio i verbi ausiliari, ma allo stesso modo si com-
portano anche i verbi servili e quelli aspettuali. Potremo quindi trovare all’interno
del nucleo verbi compositi come ho mangiato, devo ritornare, sta per piovere, senza che
la struttura cambi.
Quindi, per esempio, chiudere rimane bivalente anche quando viene fatto precedere da un
verbo servile.
Francesco deve chiudere la porta.

I verbi causativi, fare e lasciare, hanno invece la particolarità di far aumentare di un


argomento la valenza al verbo a cui si accompagnano.
Prendiamo il verbo spegnere, bivalente:
Luca spegne il computer.

La presenza del verbo causativo porta un aumento della valenza, dovendo aggiungere un
argomento indiretto, preceduto dalla preposizione a o da:
Luca fa spegnere il computer a Marco.

Lo stesso accade con i verbi trivalenti come regalare, che diventano tetravalenti:
Luca regala una rosa alla mamma.
Luca fa regalare a Piero una rosa alla mamma.

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Altrettanto succede con i verbi tetravalenti:


Luca traduce una versione dal greco al latino.
Luca fa tradurre a Michele una versione dal greco al latino.

Tra i verbi compositi sono da considerare anche le sequenze formate da un verbo dal
significato generico e da un nome. È questo il caso di alcuni verbi come fare, dare,
mettere, avere, prendere, che, oltre ad avere un significato pieno, possono avere la
funzione di accompagnamento. Spesso, ma non sempre, tali costrutti hanno un
corrispettivo verbale:
Fare paura (impaurire).
Dare ascolto (ascoltare).
Mettere a posto (riordinare).
Prendere una decisione (decidere).
Avere ragione.

Gli argomenti compositi


Come i verbi, anche gli argomenti possono essere costituiti da espressioni complesse. Il caso
più tipico è quello delle unità polirematiche, sequenze non modificabili di parole che
costituiscono un insieme semanticamente non scomponibile e che non possono quindi
essere definite isolando i singoli componenti (anno luce, avviso di garanzia, carta di identità
ecc.).
Esistono inoltre dei nomi che necessitano, proprio come i verbi, di essere completati da un
argomento. È il caso per esempio di desiderio, speranza, diritto:
Il diritto di voto deve essere garantito a tutti.

Si comportano allo stesso modo anche le espressioni che indicano una quantità:
Il 10% degli italiani non vota.
La maggior parte delle persone ama la cioccolata.

Proposte di esercizi

9. Sottolineare i circostanti del nucleo.


a. Michela, la sorella di Francesca, abita in un castello medievale.
b. Laura ha distribuito caramelle coloratissime ai suoi amici più cari.
c. Un architetto famoso ha ristrutturato il Liceo Parini di Milano.
d. Il tetto della casa di Marco ha i comignoli rossi.
e. Il bambino con i capelli rossi ha ordinato un gelato al gusto di vaniglia e cioccolato.

10. Sottolineare il nucleo della frase.


a. Luca ha trovato una moneta in giardino.
b. La cartolina è arrivata ad Amsterdam due giorni fa.
c. Onestamente, non mi fido di Giulio.
d. Ti sei comportato onestamente.
e. Luca ha conosciuto Laura a Milano.

11. Inserire gli elementi extra-nucleari richiesti.


a. [quando?] ... .. Michele andrà da Carlo.
b. Luca ha comperato un maglione [dove?] ...
c. Giulio protesterà [in che modo?] ...
d. Luca ha conosciuto Laura [dove?] ... [quando?] ...
e. Laura gioca a calcio [da quanto tempo?] ...

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> 32
> 2.6 La rappresentazione grafica della frase semplice
La frase scritta assume un ordine lineare che non tiene conto della sua struttura
profonda. Rappresentare graficamente la frase favorisce una comprensione più efficace
dei rapporti grammaticali e concettuali tra i diversi elementi che la costituiscono. Poter
affrontare la frase non solamente nel suo consueto sviluppo sequenziale, ma come un
insieme di rapporti tra parti, costituisce uno strumento efficace per affrancarsi da
schematismi precostituiti e affrontare la struttura della frase in maniera nuova,
permettendo di trovare sul piano empirico risposte a questioni grammaticali che
tradizionalmente ottenevano spiegazioni di tipo teorico.
La modalità grafica diviene quindi notevolmente vantaggiosa per la comprensione e per
il riconoscimento di categorie. La frase può essere rappresentata graficamente secondo
due modalità principali: quella per ellissi concentriche e quella ad albero o a stemma,
con numerose possibili varianti.
La rappresentazione della frase per ellissi concentriche è stata adottata principalmente da
Francesco Sabatini, autore assieme a Vittorio Coletti del primo dizionario valenziale
italiano, il DISC. Essa è utile soprattutto nel primo momento di scoperta della frase,
non più come una sequenza fissa di parole, ma come un sistema ordinato dal punto di
vista sintattico. Riconosciuta la centralità del predicato e degli elementi che
costituiscono la frase nucleare - rappresentata iconicamente dalla centralità spaziale - è
immediatamente percepibile il ruolo rivestito dagli altri elementi. Al centro dello
schema è posto il verbo; all’interno della sua ellissi trovano posto anche gli argomenti
necessariamente richiesti da esso, a cui sono legati da linee. Nell’esempio sotto
riportato (Figura 1) al centro è il verbo regalare, da cui si diramano i tre argomenti
necessari: il soggetto (Piero), l’oggetto diretto (un libro) e l’oggetto indiretto (a Carla).
A un secondo livello troviamo quelli che Sabatini chiama i “circostanti del nucleo”,
ossia quegli elementi che completano il significato degli argomenti necessari a cui sono
collegati con una linea: di fumetti precisa il genere di libro, mentre sua figlia specifica
chi è Carla. L’ellissi più esterna è invece quella in cui troviamo gli elementi
extra-nucleari o “espansioni”, privi di un legame sintattico univoco con gli altri
elementi della frase (ogni anno, per la sua biblioteca, all’inizio della scuola). Come si è
detto, infatti, gli elementi di questa area sono più mobili rispetto agli altri, possono
cioè essere spostati abbastanza liberamente all’interno della frase.

Ogni anno
per la sua
biblioteca

Piero REGALA a Carla sua figlia

un libro

all’inizio di fumetti
della scuola

Figura 1. La rappresentazione per ellissi concentriche.

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33 <

Leggere la frase o vederla raffigurata nella rappresentazione grafica per ellissi


concentriche significa passare da una prospettiva lineare a una strutturale in cui
emergono immediatamente le gerarchie - e quindi le funzioni dei vari elementi.
Quando l’obiettivo è quello di entrare nello specifico dei legami tra le parole e le
frasi, la modalità rappresentativa ad albero o a stemma è però la più adatta.
Le proposte di rappresentazione ad albero della frase sono molteplici e differiscono
per le scelte di visualizzazione degli elementi, come per esempio l’uso del carattere
maiuscolo per il verbo, la differenziazioni di colore per i diversi tipi di argomento,
l’uso di frecce di diverso tipo per indicare gli elementi necessari e quelli facoltativi
(nel nostro caso indichiamo con la freccia a doppia punta gli argomenti necessari,
con la freccia singola quelli facoltativi), la posizione della preposizione (unita
all’argomento o, come quella che abbiamo adottato, lungo la freccia), la modalità di
rappresentazione degli elementi extra-nucleari. Qui ci limitiamo a illustrare la
modalità più schematica, che può essere adattata da ciascun insegnante secondo le
necessità specifiche, ferma restando la necessità di distinguere elementi necessari e
facoltativi.
Nell’esempio di Figura 2, il verbo è al centro dello schema. Da esso si diramano
gli argomenti necessari, ai quali a propria volta si collegano le informazioni che li
specificano con maggior precisione. A lato della frase nucleare, proprio perché si
riferiscono a essa nella sua completezza, troviamo gli elementi extra-nucleari.

REGALA
sua figlia
a
Ogni anno
all’inizio della scuola
Piero un libro Carla per la biblioteca

di

fumetti

Figura 2. La rappresentazione ad albero.

Già Tesnière nella sua trattazione aveva rappresentato graficamente la frase, facendo
però uso di un tipo di stemma molto analitico:
Il mio vecchio amico canta questa canzone molto bella.

canta

amico canzone

il mio vecchio questa bella

molto

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> 34

Tali stemmi sono solo apparentemente simili alle rappresentazioni ad albero della
struttura sintagmatica della frase di matrice chomskiana, che avrebbero raffigurato la frase
in questo modo:
F

SN SV

Art SN V SN

Det SN Det SN

Agg N N SA

Avv Agg

Il mio vecchio amico canta questa canzone molto bella

Tra le differenze ne emerge una sostanziale, ossia il fatto che quest’ultima mantenga
l’ordine lineare della frase. Vediamo ora come attraverso la rappresentazione ad albero si
possa raffigurare la struttura argomentativa individuata in base alla tipologia di argomenti
richiesti:
1. nessun argomento:
Nevica. NEVICA
2. un solo argomento, quello soggetto:
Luca dorme.
DORME

Luca
3. un argomento soggetto e un argomento oggetto diretto:
Lorenzo assaggia la torta.
ASSAGGIA

Lorenzo la torta
4. un argomento soggetto e un argomento oggetto indiretto:
Marco torna a casa.
TORNA
a

Marco casa

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35 <

5. un argomento soggetto e due argomenti oggetto, uno diretto e uno indiretto:


Emilio regala un libro a Francesco.
REGALA
a

Emilio un libro Francesco

6. un argomento soggetto e due argomenti oggetto indiretti:


Il corteo va da Piazza Garibaldi a Corso del Popolo.

VA
da a

Il corteo Piazza Corso


Garibaldi del Popolo

7. un argomento soggetto, un argomento oggetto diretto e due argomenti oggetto


indiretti:
Giovanni travasa il vino dalla damigiana alla bottiglia.
TRAVASA
dalla alla

Giovanni il vino damigiana bottiglia

Tali schemi coprono tutte le diverse strutture argomentative che possono essere
richieste dai verbi. Come già detto, la medesima struttura si usa anche per i verbi
compositi, per esempio quelli costruiti con il servile seguito dal verbo all’infinito:

VUOLE FESTEGGIARE

Giovanni il suo compleanno

Quando il soggetto è sottinteso, la valenza può essere saturata esplicitando il soggetto


con il pronome corrispondente posto tra parentesi quadre:

HO RISOLTO

[io] il problema

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> 36

Dopo aver familiarizzato con queste strutture, si può passare alla rappresentazione della
frase completa di circostanti del nucleo (collegati all’elemento da cui dipendono da una
freccia a punta singola) e degli elementi extra-nucleari:
Ieri sera, Luca, il fratello di Laura, ha regalato una penna a Elisa per il suo compleanno.

HA REGALATO
Ieri sera
per il suo compleanno

Luca una penna a Elisa

il fratello di Laura

Come si vedrà, il sistema ad albero diventa particolarmente utile per la rappresentazione


del periodo, perché rende immediatamente percepibile il ruolo sintattico occupato
dagli argomenti di natura frasale.

Proposte di esercizi

Le due modalità di rappresentazione si prestano a diversi esercizi, non solo di rappresentazione (data
una frase, se ne rappresenti la struttura), ma anche di riempimento (data una struttura, trovare gli
elementi che la soddisfano). Questi esercizi sono utili perché portano lo studente a riflettere sul
significato del verbo unitamente alla struttura argomentativa che lo caratterizza.
Esempio senza legami (la soluzione potrebbe essere Piove)

Esempio con un legame (la soluzione potrebbe essere Luca sbadiglia)

Esempio con due legami (la soluzione potrebbe essere Tonino colora il disegno)

Esempio con tre legami (la soluzione potrebbe essere Michela regala un fiore a Sara)

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37 <
Esempio con legami e circostanti del nucleo (la soluzione potrebbe essere Michela, sorella di Lucia,
regala a Sara una scatola di cioccolatini).

Esempio con legami, circostanti del nucleo ed elementi extra-nucleari (la soluzione potrebbe essere
Ogni settimana, da due anni, Michela pulisce l’automobile di suo padre).

Questo stesso esercizio può essere svolto a un livello più complesso con il grafico ad
albero. In questo caso potrebbe essere utile procedere per gradi, togliendo un elemento
per volta e chiedendo di integrarlo. Per esempio, partendo dalla rappresentazione
grafica della frase Laura scrive una lettera, possiamo togliere alternativamente il verbo
(e la frase può quindi diventare: Laura legge / trova / ha perso una lettera),
l’argomento soggetto (e la frase può essere completata Andrea / Marco / Giovanna
scrive una lettera) o il complemento diretto (dando luogo a possibili alternative come
Laura scrive un libro / una frase / un esercizio).

SCRIVE
LEGGE
TROVA
HA PERSO

Laura una lettera


Andrea un libro
Marco una frase
Giovanna un esercizio

Solo in un secondo momento verranno forniti schemi completamente svuotati, con


l’indicazione dei soli legami e dell’eventuale presenza di elementi extra-nucleari.
La presenza di argomenti oggetto indiretti, per i quali verrà indicata la preposizione,
indurrà lo studente a fare un ulteriore sforzo di selezione per individuare l’argomento
mancante.
L’esempio seguente, pur selezionando un argomento indiretto preceduto dalla preposizio-

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> 38
ne a, può dar luogo a frasi molto diverse, come Maria, sorella di Franco, è andata
a Milano o Il gelato alla crema piace a Luca o, ancora, Le vacanze di Natale
gioveranno a tutti.

> 2.7 Verbi predicativi e verbi copulativi

Finora ci siamo occupati dei verbi predicativi, sono portatori di un significato


proprio. Sappiamo però che ci sono alcuni verbi che si comportano in maniera
diversa: oltre all’argomento soggetto, che tradizionalmente concorda in numero e
genere con il verbo, hanno un secondo elemento (un aggettivo o un nome) che
indica una caratteristica del soggetto e concorda anch’esso col soggetto. Un
esempio tipico è quello del verbo essere:
Il computer è rotto.
In maniera analoga si comportano anche verbi come sembrare, parere, divenire,
diventare, risultare. Tali verbi sono detti copulativi, per indicare la loro
funzione di collegamento; essi infatti, hanno un significato proprio piuttosto
generico (in particolare il verbo essere), e trasmettono informazioni rispetto al
tempo, il modo e l’aspetto. Il significato, invece, viene dato dall’elemento
nominale che li accompagna, ed è per questo che si parla di predicato
nominale. Il predicato nominale è costituito quindi dalla copula e dall’elemento
nominale, ossia dal complemento predicativo del soggetto. Proprio per questa
mancanza di significato in sé, al fine dell’identificazione del numero delle
valenze i verbi copulativi vengono considerati assieme all’elemento che li
completa.12
La rappresentazione grafica rende immediatamente evidente il fatto che copula
ed elemento nominale costituiscano un tutt’uno.
Il computer è rotto.
È
rotto

il computer

12. In realtà questa scelta fa ancora discutere gli studiosi. Per quanto riguarda il DISC il complemento
predicativo dell’oggetto è stato considerato un argomento sé stante fino all’edizione del 2008, a
partire dalla quale gli autori hanno trattato i verbi copulativi come monovalenti.

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39 <

Michele e Gianna sono diventati genitori.

SONO
DIVENTATI
genitori

Michele
e Gianna

La maggior parte dei predicati nominali sono monovalenti, richiedono cioè il solo ar-
gomento soggetto, ma esistono predicati nominali zerovalenti e bivalenti. I predicati
nominali zerovalenti sono quelli costituiti da forme impersonali come È tardi, È fred-
do, per le quali non è pensabile un soggetto, allo stesso modo che per i verbi
predicativi atmosferici:
È tardi.
È
tardi

I predicati nominali sono bivalenti quando l’elemento nominale del predicato


richiede a propria volta un argomento per essere completato. È il caso di aggettivi
come incline, partecipe, propenso.
Luca è partecipe dell’evento.
È
partecipe dell’

Luca evento

> 2.8 La costruzione passiva dei verbi


La forma passiva, come è noto, può riguardare solo quei verbi che alla forma attiva
hanno un argomento oggetto diretto. In sostanza, nella forma passiva cambia il
rapporto, il tipo di legame che l’argomento intrattiene con il verbo.
Quando il verbo è in forma passiva, l’argomento soggetto diventa argomento
indiretto preceduto dalla preposizione “da” (quello che è tradizionalmente
complemento d’agente se è una persona o complemento di causa efficiente se è una
cosa)13; l’argomento oggetto diretto diventa argomento soggetto.
Rappresentiamo graficamente la frase; eventualmente è possibile usare i colori per
evidenziare i diversi ruoli sintattici: il verbo, l’argomento soggetto, l’argomento
oggetto diretto e quello indiretto.

13. Tesnière lo chiama “controsoggetto”, per evidenziare che esso si oppone al soggetto, come il
passivo si oppone all’attivo.

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> 40

Il bambino calcia la palla. La palla è calciata dal bambino.


CALCIA È CALCIATA
dal

il bambino la palla la palla bambino

Notiamo che se il verbo ha tre argomenti, il complemento indiretto della frase alla forma
attiva rimane invariato nella costruzione passiva corrispondente:
Luca ha spedito una lettera a Marco. Una lettera è stata spedita da Luca a Marco.

SPEDISCE È STATA SPEDITA


a da a

Luca una lettera Marco Una lettera Luca Marco

Ricordiamo a questo proposito che, nel passaggio dalla forma attiva alla forma passiva, i
ruoli tematici vengono mantenuti: in entrambe le costruzioni, il tema è la lettera, Luca
rimane agente e Marco destinatario.
La costruzione passiva può essere una tipica strategia volta a ridurre la valenza. Se infatti
il verbo spedire è normalmente trivalente, nella costruzione passiva è possibile omettere
il complemento d’agente (Una lettera è stata spedita a Marco), per cui il verbo diventa
bivalente14.
Questo è ancora più evidente quanto la costruzione passiva è resa dal si passivante, che
raramente permette di esplicitare il complemento d’agente (è infatti sempre un soggetto
umano).

Non si vendono alcolici.

NON SI VENDONO

alcolici

> 2.9 La forma impersonale


Abbiamo fatto riferimento ai verbi impersonali quando, trattando della valenza dei
verbi, abbiamo detto che i verbi meteorologici sono zerovalenti.
Esistono però altri verbi, sia predicativi che copulativi, che possono essere costruiti in
forma impersonale, anteponendo la particella si, per i quali non è possibile riferirsi a
un soggetto specifico, nemmeno sottinteso (e in questo differiscono da quelli costruiti
col si passivante, che hanno sempre un soggetto almeno sottinteso). La valenza di
questi verbi è data solo dagli argomenti oggetto.

14. Secondo alcuni linguisti l’indicazione relativa al mittente cesserebbe addirittura di essere un
argomento e andrebbe annoverato come elemento accessorio.

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41 <

Si entra dal retro.


SI ENTRA

dal

retro
Si rimane basiti.

SI RIMANE
basiti

Come si è detto, la saturazione dell’argomento soggetto può essere fatta tanto da un


nome che da una frase. Per questo motivo non prendiamo qui in considerazione i verbi
e le locuzioni verbali seguiti da un infinito o da una subordinata introdotta da che o di che
le grammatiche tradizionali ricomprendono tra le forme impersonali. In realtà tali verbi
hanno infatti un soggetto frasale:
Conviene partire subito.
Bisogna che tu venga al più presto.
Mi è capitato di perdere il treno.

Per il modello valenziale, come vedremo più in dettaglio, la saturazione dell’argomento


soggetto può essere fatta tanto da un nome che da una frase.

> 2. 10 La forma pronominale

L’impostazione didattica secondo il modello valenziale più accreditata considera i verbi


pronominali un unico gruppo, al cui interno distingue i verbi che presentano una forma
riflessiva e verbi che presentano una forma media (che corrispondono a quelli pronominali
delle grammatiche tradizionali). La scelta di unificare le forme in un’unica categoria
deriva dalla somiglianza strutturale e di significato. In entrambe le forme, infatti, i verbi
si presentano accompagnati da un pronome (e da qui la definizione di pronominali)
ed entrambi presuppongono una ricaduta dell’azione sul soggetto. Cambia invece il
modo attraverso cui si esplicita tale rapporto: mentre il valore riflessivo fa riferimento
ad azioni che il soggetto compie volontariamente su se stesso, quello medio riguarda
azioni in cui il soggetto è coinvolto senza un suo atto volontario.
La forma riflessiva riguarda:
- azioni che vengono compiute dal soggetto sul proprio corpo o su una parte di esso;
Luca si lava.
Luca si lava le mani.

- azioni che vengono compiute deliberatamente con il proprio corpo o con la


propria mente e che hanno ricadute su sé stessi.
Mio fratello si è seduto.
Luca si è allontanato.
Laura si è informata sul regolamento.

Se il verbo indica un’azione che ha ricadute reciproche su due o più partecipanti sarà plurale.
Luca e Laura si abbracciano.

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> 42

La forma media, invece, così chiamata perché è una forma intermedia tra quella attiva e
quella passiva, è tipica di alcuni verbi intransitivi che si presentano esclusivamente
accompagnati da un pronome personale atono, pur non avendo valore riflessivo. I più
caratteristici sono quelli che indicano uno stato d’animo o una condizione del soggetto:
fidarsi, pentirsi, vergognarsi.
Luca si è pentito del suo comportamento.

Il valore medio riguarda anche altri verbi, sia transitivi che intransitivi, che presenta-
no la possibilità di essere accompagnati da un pronome atono, con un conseguente
cambiamento più o meno consistente del loro significato e della loro struttura ar-
gomentale.
In tutti questi casi il pronome non viene considerato un argomento a sé stante: la sua
funzione, infatti, è solo quella di intensificare il significato del verbo oppure di farne
ricadere gli effetti sul soggetto.

Esiste poi una forma media, tipica del linguaggio informale, che indica un coinvol-
gimento emotivo del soggetto in ciò che fa. È per esempio il caso di mangiarsi, bersi,
godersi:
Mi mangio un panino.
Laura si è bevuta un caffè.
Ci godiamo la scena.

Anche andarsene e starsene hanno un maggior valore espressivo rispetto ad andare e


stare.
Luca è stato sul divano tutto il giorno.
Luca se ne è stato sul divano tutto il giorno.

La valenza dei verbi pronominali, sia usati in forma riflessiva che media, non tiene
ovviamente conto della particella pronominale, che forma un tutt’uno col verbo.
Luca si lava.
Verbo monovalente.
SI LAVA

Luca

Luca si lava le mani.


Verbo bivalente con argomento oggetto diretto.

SI LAVA

Luca le mani

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43 <

Luca e Laura si rincorrono.


Verbo monovalente.
SI RINCORRONO

Luca e Laura

Luca si fida di Marco.


Verbo bivalente con argomento oggetto indiretto.

SI FIDA

di

Luca Marco

Proposte di esercizi
12. Usare il metodo grafico per trasformare le seguenti frasi dalla forma attiva a quella passiva e
viceversa.
La mamma ha lavato i piatti.
Il libro è stato comperato da un ragazzo.
Luca e Giovanni hanno comperato una villa.
La società è stata rilevata da un imprenditore tedesco. Hanno esaurito la merce.

13. Rappresentare graficamente le seguenti frasi.


Si scende dalle scale.
Si vendono tappeti.
Roberta si è seduta sulla poltrona.
Marco si è lavato i capelli.

> 2.11 Dalla frase semplice al periodo

La coordinazione
Come è noto, la coordinazione, o paratassi, è il rapporto che lega due o più
proposizioni tra loro autonome, ponendole sullo stesso piano, come risulta evidente
dalla rappresentazione grafica.

Prendo il tuo ombrello ma te lo riporto domani.

PRENDO ma RIPORTO domani

(Io) il tuo (Io) Io te


ombrello (ombrello)

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> 44

In realtà le due frasi sono sullo stesso piano dal punto di vista sintattico ma non da
quello semantico, tanto che non è possibile invertire l’ordine degli elementi. Tale
dicotomia tra sintassi e semantica può riguardare anche la congiunzione
apparentemente più semplice, la e. Le due affermazioni contenute in
Piove e fa molto freddo.
possono essere scambiate senza che ci sia un cambio di significato:
Fa molto freddo e piove.
Ma non posso fare lo stesso in questo caso:
Ceno e vado a dormire.
Altrettanto accade con le coordinate disgiuntive, introdotte da o, oppure:
Fermati o sparo.
non può essere trasformato in
Sparo o fermati.

La subordinazione
Tutte le frasi subordinate ricoprono una funzione sintattica all’interno della frase
da cui dipendono. Ciò che le differenzia è l’obbligatorietà della loro presenza dal
punto di vista sintattico. Come nella frase abbiamo argomenti obbligatori ed
elementi accessori, i margini, (a loro volta suddivisi in circostanti del nucleo ed
elementi extra-nucleari), così nel periodo abbiamo subordinate necessarie (le
completive, il cui nome deriva dal fatto che sostituiscono un argomento
obbligatorio, e le relative predicative) e subordinate accessorie riferite al nucleo
(relative attributive) o all’intera frase da cui dipendono (circostanziali15). Secondo il
modello valenziale ci sono quindi tre tipi di frasi dipendenti:
a. completive (soggettive, oggettive dirette e oggettive indirette);
b. relative (attributive e predicative);
c. circostanziali (causali, concessive, finali, temporali, ipotetiche, avversative,
eccettuative, esclusive, limitative, consecutive e comparative).
Attraverso la rappresentazione grafica è possibile rendere evidente la corrispondenza che
sussiste tra:
- completive e argomenti del verbo;
- relative e circostanti del nucleo;
- circostanziali e espansioni.

Il modello valenziale permette di applicare al periodo il modello della


frase in modo economico, visivamente chiaro ed efficace per la comprensione della
struttura del periodo. Frase semplice e periodo, definibile come «una struttura di frase
che contiene una o più frasi tra i suoi costituenti»1, presentano infatti schemi di
rapporti analoghi e dunque l’approccio all’analisi del periodo offre una maggiore
facilità nelle fasi di osservazione e di riconoscimento degli elementi fondamentali di
un testo. Per questo motivo nella rappresentazione si è scelto di mantenere le stesse
modalità già usate per la rappresentazione della frase semplice, impiegando la freccia a
doppia punta (già in uso per gli argomenti del nucleo) per le frasi argomentali
(soggettive, oggettive dirette e indirette) e per le relative predicative.

LE COMPLETIVE
Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato la frase, caratterizzata dal verbo e dai
suoi argomenti. Per le esemplificazioni degli argomenti abbiamo scelto nomi, pro-
nomi e avverbi ma, come abbiamo anticipato, gli argomenti possono essere espressi

15 Scegliamo di usare questo termine molto diffuso per indicare questo tipo di subordinate
extra-nucleari, sperando di non ingenerare confusione con il termine ‘circostante’ relativo al nucleo.

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45 <

anche da frasi. Ciò che è particolarmente interessante, nel modello valenziale, è la


sua capacità di mettere in evidenza il fatto che la struttura argomentativa di un verbo
rimane tale anche se la valenza del verbo è saturata da una frase.

Luca ha ammesso la sconfitta.


Luca ha ammesso di essere stato sconfitto.

HA AMMESSO

Luca la sconfitta

HA AMMESSO

Luca DI ESSERE STATO SCONFITTO

Le frasi che completano la valenza di un verbo, che occupano cioè il posto di un


argomento necessario del verbo e fanno quindi parte del nucleo della frase, sono
dette completive.
A seconda del tipo di argomento che saturano, le completive si suddividono in
soggettive, oggettive dirette e oggettive indirette.
Le completive soggettive hanno la funzione di soggetto della frase e possono essere
espresse in forma esplicita, con un verbo di modo finito, o implicita, con un verbo
all’infinito (i gerundi e i participi danno sempre luogo a subordinate circostanziali).
La struttura è analoga.

La vittoria ha preoccupato Marco.


HA PREOCCUPATO

La vittoria Marco

Che abbiamo vinto ha preoccupato Marco.

HA PREOCCUPATO

che

ABBIAMO VINTO Marco

[noi]

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> 46

Vincere ha preoccupato Marco.


HA PREOCCUPATO

VINCERE Marco
Si noti che anche se il soggetto è posposto, la struttura rimane analoga. Questo avviene
normalmente con espressioni come è giusto, è evidente, è necessario, sembra certo,
verbi come accadere, giovare, importare, parere, promettere, verbi di dire e pensare e
temere costruiti con il si impersonale alla 3° persona singolare (si racconta, si teme).
È necessario che Luca sia puntuale.
È NECESSARIO

che

SIA PUNTUALE

Luca

Le completive oggettive dirette hanno la funzione di oggetto diretto della frase e


riguardano perciò i verbi transitivi. Anche in questo caso possono essere in forma
esplicita o implicita.
L’imputato dichiarò la sua innocenza.

DICHIARÒ

L’imputato la sua innocenza

L’imputato dichiarò che era innocente.


DICHIARÒ

che

L’imputato ERA INNOCENTE

L’imputato dichiarò di essere innocente.

DICHIARÒ

di

L’imputato ESSERE INNOCENTE

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47 <

Si noti che l’oggetto può essere costituito anche da un discorso diretto:

L’imputato dichiarò: “Sono innocente”.

DICHIARÒ:

L’imputato “SONO INNOCENTE”

Rientrano in questa categoria anche le interrogative dirette e indirette e le imperative.


Infatti, l’argomento oggetto può essere reso non solo da un discorso diretto, come
si è visto sopra, ma anche da un’interrogativa, con i verbi di chiedere e domandare:
Marta chiese all’amico: “Mi ascolti?”.
Marta chiese all’amico se la ascoltava.
Marta chiese all’amico: “Ascoltami!”.

Le completive oggettive indirette (chiamate anche oblique) hanno la funzione di oggetto


indiretto della frase e riguardano perciò:
1. i bivalenti pronominali, come vergognarsi, pentirsi, preoccuparsi;

Cristina si vergogna del ritardo.

SI VERGOGNA

del

Cristina ritardo

Cristina si vergogna di essere in ritardo.


SI VERGOGNA

di

Cristina ESSERE IN RITARDO

2. alcuni verbi bivalenti intransitivi come aspirare, puntare, giovare;

Giulia aspira alla vittoria.

ASPIRA

alla

Giulia vittoria

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> 48

Giulia aspira a vincere.

ASPIRA

Giulia VINCERE

3. verbi trivalenti, che indicano una coercizione come obbligare, costringere.

Luca ha obbligato sua sorella al silenzio.

HA OBBLIGATO

al

Luca sua sorella silenzio

Luca ha obbligato sua sorella a rimanere silenziosa.


HA OBBLIGATO

Luca sua sorella RIMANERE RILENZIOSA

Le subordinate relative

Le frasi relative corrispondono ai circostanti del nucleo e si dividono in:


- attributive, se sono accessorie;
- predicative, se sono necessarie16.

Le relative attributive derivano dalla trasformazione di un’apposizione o di un


attributo del nome a cui si riferiscono e, poiché si limitano ad aggiungere
informazioni, sono accessorie.

Maria, la vincitrice del premio, ha comperato una casa.


HA COMPERATO

Maria una casa

la vincitrice del premio apposizione

16. In virtù del loro essere un elemento necessario, alcuni linguisti annoverano le relative
predicative tra le completive.

48
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Maria, che ha vinto il premio, ha comperato una casa.

HA COMPERATO

Maria una casa

che

HA VINTO relativa attributiva

[Maria] il premio

Le relative predicative corrispondono invece ai circostanti del nucleo necessari,


perché servono a identificare la cosa di cui si parla, e infatti sono collegati
all’argomento da frecce a doppia punta:
Il libro che ho regalato a Michele mi è piaciuto.

È PIACIUTO

il libro [a me]

che

HO REGALATO

[io] Michele

Le subordinate circostanziali
Le subordinate circostanziali, dette anche avverbiali o margini17 svolgono nel
periodo la stessa funzione che gli elementi extra-nucleari svolgono nella frase.
Esse si suddividono in causali, finali, consecutive, temporali, concessive, ipotetiche
(o condizionali, comparative, modali, avversative, eccettuative, esclusive e
limitative). Al di là della denominazione sono interessanti per come si organizzano
rispetto alla frase da cui “dipendono”. Analizziamo graficamente le più significative.
Nella seguente rappresentazione grafica ciò che viene tradizionalmente definito
complemento di causa si “trasforma” in una subordinata causale.
Mario fuggì per la paura.

FUGGÌ
per la paura

Mario complemento di causa


17. Il termine “circostanziale” è tipico di tutti gli approcci linguistici ispirati da Tesnière; il concetto
di “frase avverbiale” è quello più diffuso nella terminologia standard internazionale e fa leva sul
fatto che le subordinate non completive occupano le stesse posizioni degli avverbi; poiché però
ci sono avverbi che fungono da argomenti, alcuni studiosi preferiscono utilizzare il termine
“margine”.

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> 50

Mario fuggì perché aveva paura.

FUGGÌ
perché

Mario
AVEVA

[Mario] paura
Subordinata causale
Allo stesso modo accade per il complemento di fine, che nel caso ci sia un verbo
diventa una subordinata finale.
Sono venuta da voi per un consiglio.
Sono venuta da voi perché mi diate un consiglio.

I Tuareg si spostano alla ricerca di nuovi pascoli.


I Tuareg si spostano per ricercare nuovi pascoli.

Le subordinate condizionali, dette anche ipotetiche, sono precedute da una particella


(comunemente la congiunzione se, ma anche congiunzioni e locuzioni come
qualora, purché, dato che, nell’eventualità che) e indicano la condizione necessaria
perché si realizzi quanto espresso dalla frase da cui dipende. Anche se non hanno un
corrispettivo nella frase semplice, questo non deve costituire un problema, perché
ciò significa semplicemente che queste costruzioni non si sono realizzate in un
elemento nominale.
Se hai bisogno di un martello, chiedilo a me.

CHIEDILO
a se

[tu] il martello me HA BISOGNO


del

[tu] martello

Qualora Luca dormisse, non svegliarlo.

NON SVEGLIARLO
qualora

[tu] Luca DORMISSE

Luca

Le subordinate concessive, corrispondono a un complemento concessivo, introdotto


cioè da malgrado o nonostante, anche se la forma nominale non è sempre possibile:

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51 <

Malgrado la sua ricchezza, Luigi soffriva.


SOFFRIVA
Malgrado la sua ricchezza

Luigi

Benché fosse ricco, Luigi soffriva.

SOFFRIVA
benché

Luigi FOSSE RICCO

[Luigi]

Le subordinate temporali corrispondono a quello che nella frase è un complemento


di tempo:
Abbiamo stipulato il contratto prima della sua partenza.
Abbiamo stipulato il contratto prima che partisse.

Le subordinate modali a un complemento di modo:


Luca è arrivato di corsa.
Luca è arrivato correndo.

Le subordinate strumentali a un complemento di mezzo:


Luca potrà migliorare con un allenamento costante.
Luca potrà migliorare allenandosi con costanza.

Abbiamo visto che i diversi complementi della frase danno luogo a tipi diversi di
subordinate. A questo punto ci si potrebbe chiedere a che cosa corrisponda uno
dei complementi che più frequentemente si incontra, il complemento di luogo.
In realtà, la specificazione del luogo è direttamente collegata al momento in cui si
sono svolti i fatti espressi nella frase da cui dipende e quindi il complemento di luogo
diventa una subordinata temporale.
In giardino, Luigi mi ha confessato le sue colpe.
Mentre eravamo in giardino, Luigi mi ha confessato le sue colpe.

Le subordinate avversative indicano un’azione o un fatto in contrapposizione


con quanto affermato nella frase da cui dipendono:
Marco dovrebbe aiutare Luca, invece di rimproverarlo.

DOVREBBE AIUTARE
invece di

Marco Luca
RIMPROVERARLO

[Marco] lui

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> 52

Le subordinate eccettuative indicano una circostanza che può o potrebbe impedire


cioè che viene espresso nella frase da cui dipendono:
Luca venderà la sua casa, a meno che non capiti un imprevisto.
VENDERÀ
a meno che

Luca la sua casa


NON CAPITI

un imprevisto

Le subordinate esclusive esprimono l’esclusione di un fatto rispetto a quanto affermato


nella frase da cui dipendono.
Luca è uscito senza che la mamma gli desse il permesso.

È USCITO
senza che

Luca
DICE

la mamma gli il permesso

Le subordinate limitative esprimono una limitazione rispetto a quanto affermato nella


frase da cui dipendono.
Secondo quanto dice il navigatore, siamo arrivati.

SIAMO ARRIVATI
secondo

[noi]
DICE

il navigatore quanto

Ci sono infine delle subordinate particolari, che non possono essere definite
propriamente dipendenti. Con la frase che dovrebbe essere considerata la reggente si
crea infatti un rapporto di interdipendenza, per cui le due frasi dipendono l’una
dall’altra. È il caso delle subordinate comparative e consecutive.
Le subordinate comparative istituiscono un paragone con quanto affermato nelle frasi
da cui dipendono e corrispondono al complemento di paragone:
Per te ho fatto più del necessario.

HO FATTO

[io] per te più del necessario

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53 <

Per te ho fatto più di quanto fosse necessario.

HO FATTO
di quanto

[io] per te più FOSSE NECESSARIO

Le subordinate consecutive si comportano in maniera analoga alle comparative. Esse


possono essere implicite o esplicite, ma la loro struttura non cambia:
Mario ha lavorato talmente tanto da ammalarsi.
HA LAVORATO
da

Mario talmente tanto AMMALARSI

Mario
Subordinata consecutiva
implicita

Ha lavorato talmente tanto che si è ammalato.

HA LAVORATO
che

Mario talmente tanto SI È AMMALATO

Mario
Subordinata consecutiva
esplicita
In queste rappresentazioni, per rendere evidente il rapporto che esiste tra la frase
semplice e la frase complessa abbiamo usato la medesima modalità grafica. Come
già per i complementi della frase, anche per le subordinate propriamente dette si è
fatto uso della parentesi graffa, mettendo così in risalto la loro estrema mobilità, la
possibilità cioè di occupare varie posizioni nella frase. Si noti che la mobilità:
- per le completive e le relative è negata;
- per le subordinate propriamente dette è permessa, con l’unica indicazione che
quando abbiamo a che fare con le comparative e consecutive, che abbiamo
appunto definito interdipendenti, è negata.

In realtà, a seconda di ciò che ci preme mettere in evidenza possiamo pensare di


usare anche altre modalità grafiche, se queste ci sembrano più funzionali per
rendere visibili, per esempio, i rapporti di dipendenza che si instaurano fra i tre
verbi.
Si veda la seguente rappresentazione che, pur mantenendo la convenzione delle
frecce a punta singola per gli argomenti e per relative e completive e la parentesi
graffa per le circostanziali, semplifica la struttura in modo da rendere
immediatamente visibili i rapporti di subordinazione.

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> 54

Aldo, che lavora in banca da anni, ha confidato al suo capo che è molto preoccupato per
l’andamento delle borse poiché è molto sensibile al mercato.
Aldo ha confidato
al suo capo

poiché è molto
che è molto preoccupato per sensibile al mercato
l’andamento delle borse

che lavora in banca


da anni
relativa completiva circostanziale
attributiva oggettiva

I gradi della subordinazione


Attraverso la rappresentazione grafica è possibile rendere immediatamente evidenti i
gradi della subordinazione.
Dopo che avrai studiato potrai andare in palestra per allenarti.

POTRAI ANDARE
per

[tu] in palestra
ALLENARTI dopo che

[tu] AVRAI STUDIATO

[tu]
principale subordinata di 1° grado subordinata di 1° grado
circostanziale finale circostanziale temporale

Luca mi ha detto che non parteciperà al concorso a cui si era iscritto.

HA DETTO
che

Luca mi
NON PARTECIPERÀ

a cui
Luca alla gara SI ERA ISCRITTO

Luca

principale subordinata di 1° grado subordinata di 2° grado


completiva oggettiva diretta relativa predicativa

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55 <

Dimmi che cosa farai per convincerlo a venire con noi.

DIMMI
che

[tu] a me FARAI per

[tu] cosa
CONVINCERLO
a

[tu] lui VENIRE


con

lui noi

principale subordinata subordinata subordinata


di 1° grado di 2° grado di 3° grado
completiva circostanziale completiva
oggettiva diretta finale oggettiva indiretta

Proposte di esercizi

14. Rappresentare graficamente le seguenti frasi complesse.


a. Cristina regalò un libro a Roberto per chiedergli scusa.
b. A Maria Teresa piace scrivere cartoline.
c. Se fossi ricco comprerei un castello.

15. Distinguere tra subordinate completive e subordinate circostanziali.


a. Mentre stavo camminando ho incontrato Maria.
b. Emma mi ha detto: “Torna!”
c. Anche se ha perso la scommessa, Andrea è contento.
d. Federico è partito per l’America perché ha vinto una borsa di studio.
e. Francesca è venuta a trovarmi.

16. Completare i seguenti schemi.

A.
perché

B. e

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> 56

C.
che

3 Applicazioni didattiche
> 3.1 L’identificazione dell’argomento soggetto
Tradizionalmente si individuava il soggetto cercando “colui che compie l’azione”; i
limiti di tale definizione sono noti.
Superata l’idea di identificare il soggetto di una frase in base a proprietà semantiche,
concentrandosi invece su quelle sintattiche - e quindi la concordanza di numero e
persona con il verbo -, l’abituarsi a ragionare a partire dal verbo e la costruzione
almeno mentale della sua rappresentazione grafica possono essere di notevole aiuto
per l’identificazione del soggetto di una frase.
Il soggetto è facilmente individuabile nel caso dei verbi monovalenti, poiché quando
c’è un solo argomento questo può essere solo il soggetto.
Luca ride.

Anche nel caso di soggetti compositi:


I due fratelli di cui ti ho parlato hanno dipinto la casa.

Più difficile risulta trovare il soggetto quando esso è posposto, come spesso accade con
i verbi piacere e giovare.
Ai miei amici piace il gelato.
Ai bambini giova il sole.
Seguendo l’ordine lineare con il quale viene presentata la frase, l’identificazione
del soggetto potrebbe risultare errata. Partendo invece dal verbo si enfatizza la
necessità di trovare un elemento che concordi per numero con esso. Una volta
isolato il verbo, non sarà difficile riconoscere la struttura di un verbo bivalente con
un argomento diretto (che non può essere che il soggetto) e un argomento indiretto
(che non può essere altro che l’oggetto). La rappresentazione grafica, almeno men-
tale, aiuta a capire che il soggetto, che convenzionalmente viene posto alla sinistra
del verbo, non può essere “Ai miei amici”, perché preceduto da una preposizione.

PIACE

il gelato ai miei amici

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57 <

Allo stesso modo si procederà per identificare soggetti complessi, come quelli
costituiti da un’intera frase:
È meglio che Luca faccia i compiti.
È
meglio

FACCIA

che

Luca i compiti

Proposte di esercizi

1. Identificare il soggetto (che può essere nominale o frasale) col metodo grafico.
a. Il diritto di voto è inviolabile.
b. Camminare fa bene alla salute.
c. A Leonardo non piace essere bocciato.
d. Hanno venduto tutte le magliette.
e. Il perché non è stato compreso da nessuno.

> 3.2 Predicato verbale e predicato nominale: il caso del verbo essere
Distinguere tra predicato nominale e predicato verbale è un’operazione non sempre
facile per gli studenti. Secondo la definizione tradizionale il predicato verbale è
costituito da un verbo predicativo, cioè da un verbo che è dotato di significato
compiuto ed è in grado anche da solo di fornire un’informazione. Il predicato
nominale, invece, è costituito da una voce del verbo essere e da una parte nominale.
Quest’ultima è per lo più costituita da un nome o da un aggettivo in funzione
predicativa, ma può essere una qualunque parte del discorso in funzione di nome;
essa può indicare l’identità (Enrico è un giornalista), la qualità (Voi siete gentili) o la
condizione del soggetto (Laura è stanca). Ci sono studenti che imparano la regola a
memoria, sanno individuare senza troppe difficoltà sostantivi e aggettivi nonché
eventuali preposizioni e giungono così al riconoscimento del tipo di predicato; ce ne
sono altri, invece, che sono ostacolati non solo nel distinguere le diverse parti del
discorso, quanto nell’applicare la complessa procedura che solo alla fine porterà
all’identificazione della funzione sintattica: dopo aver individuato il predicato e avere
escluso che il verbo essere sia un ausiliare - e per fare questo bisogna verificare che
non sia seguito da un altro verbo - o che abbia un significato proprio (esistere,
trovarsi, appartenere), si guarda da cosa è seguito; si verifica se è un aggettivo o un
sostantivo o eventualmente un verbo e, quindi, se è preceduto o meno da una
preposizione. Non deve stupire che alcuni alunni, per le ragioni più diverse, possano
inciampare in uno tra i tanti passaggi preliminari.
Se una frase come Laura è stanca di norma non crea difficoltà, sono in molti a
confondersi di fronte alla frase Enrico è un giornalista. Quando poi il verbo essere
assume un significato pieno (Luca è in casa; Il libro è di Ugo), le difficoltà possono
diventare per qualcuno insormontabili.
L’idea è che la modalità grafica, come ogni rappresentazione descrittiva, possa sem-

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> 58

plificare tanto la procedura quanto il riconoscimento vero e proprio, perché induce a


riflettere sul significato del verbo e, di conseguenza, sulla sua struttura argomentativa.

È SIETE È
un giornalista gentili stanca

Enrico Voi Laura

È È
in di

Enrico casa il libro Ugo

Proposte di esercizi

2. Completare i seguenti schemi.


A. SONO
di

B. SARANNO

C. ERA
sul

> 3.3. La violazione della struttura argomentale


Il modello valenziale si rivela utile anche per l’autocorrezione. Una volta che ci si
abitua a visualizzare i legami necessari che ciascun verbo richiede, risulta automatico
controllare che le frasi siano ben formate, cioè complete di tutti gli elementi.
Si è visto che ogni verbo, a esclusione di quelli impersonali, richiede un numero di
argomenti obbligatori, che va da uno a quattro, per costituire una frase ben formata.
Chiamiamo saturazione la situazione in cui ciascun argomento richiesto
necessariamente dal verbo è presente.
Non basta infatti che un elemento sia immediatamente recuperabile dal contesto
linguistico o extra-linguistico perché lo si possa omettere; non posso dire:
*Luca ha comperato dei cioccolatini e ha regalati a Lucia.
anche se è evidente che ciò che Luca ha regalato a Lucia sono dei cioccolatini.
In una situazione comunicativa reale, in cui mittente e destinatario si trovano nello
stesso luogo e nello stesso momento, la saturazione può avvenire a livello pragmatico.
Se Luca, gettando una palla a Marco, dice: “Prendi”, è chiaro che il significato è
prendi la palla. Ma in un testo scritto, caratterizzato appunto dal fatto che emittente e
destinatario non condividono la stessa situazione comunicativa, le informazioni devo-

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59 <
no poter essere tutte ritrovate dentro il testo.
Spesso gli studenti commettono errori di mancata saturazione dei verbi. L’abitudine a
pensare il verbo oltre che dal punto di vista del suo significato anche da quello della
struttura sintattica che richiede aiuta non solo a evitare questo tipo di errori nella scrittura,
ma anche a individuarli con maggiore facilità nella fase di revisione di un testo. Un tipico
errore di saturazione è il seguente:
I due ragazzi raggiunsero Matteo e cominciarono a picchiarlo. Laura, che aveva assistito,
corse immediatamente a chiamare aiuto.
Il verbo assistere, nel significato di vedere qualcosa, è un verbo bivalente che richiede, oltre al
soggetto, un argomento che espliciti a che cosa si assiste. In questo caso avrebbe potuto
essere alla scena.
Si noti che il verbo assistere può avere due costruzioni, a seconda del significato che
assume: assistere + complemento indiretto con preposizione a = assistere a qualcosa
assistere + complemento diretto = assistere (prendersi cura di) qualcuno

Si veda quest’altro esempio:


Ieri ho provato a pensare a quello che è successo. Ho ripensato mille volte ma non sono riuscita
a ricordare nulla.
In questo caso l’errore consiste nel trattare un verbo iterativo (ripensare) come se non
lo fosse. Come si è detto, alcuni verbi, come anche pensare, possono essere usati senza
l’argomento diretto; nel caso di ripensare non è però possibile fare riferimento a un
oggetto indefinito, perché è possibile ripensare solo ciò che si è già pensato.
Talvolta la saturazione viene soddisfatta ma in maniera errata, portando a quelli che sono
definiti ‘errori di reggenza’. Spesso dietro ad essi si nasconde una padronanza limitata del
significato delle parole, che vengono confuse con altre simili, spesso ad alta diffusione, e di
cui ne riprendono erroneamente la struttura. Prendiamo per esempio la coppia
influenzare/influire, che in alcuni contesti posso essere usati come sinonimi. Entrambi
bivalenti, richiedono un argomento oggetto diretto, il primo, e indiretto il secondo.
Influenzare qualcuno o qualcosa: Giorgio ha influenzato la scelta di Michele.
Influire su qualcuno o qualcosa: Giorgio ha influito sulla scelta di Michele.
Altri esempi analoghi riguardano le coppie riguardare/inerire e pertenere /concernere:
Queste mansioni riguardano il suo ruolo. / Queste mansioni ineriscono il suo ruolo.
La domanda concerne l’argomento. / La domanda pertiene all’argomento.
Riflettere su tali particolarità può essere molto utile agli studenti per evitare errori nella
scelta della preposizione corretta.

Come si è anticipato, si può parlare di struttura argomentale anche per i nomi e gli
aggettivi, anche se su queste classi di parole non abbiamo una letteratura ampia come per i
verbi. Vediamo un esempio. Il verbo leggere è un verbo normalmente bivalente (richiede
una persona che legge e una cosa che viene letta), ma che come molti verbi transitivi
accetta una costruzione assoluta con oggetto nullo indefinito (Luca sta leggendo). Il
sostantivo derivato – lettura – si comporta allo stesso modo. Possiamo usarlo infatti in
forma assoluta, per intendere l’azione del leggere in generale:
La lettura è un ottimo passatempo.
Ma se facciamo riferimento a un oggetto specifico, dobbiamo saturarlo, per cui non è
possibile dire:
L’ultimo romanzo di Ammaniti è bellissimo. *Consiglio la lettura a tutti.
ma è necessario invece dire:
Consiglio la lettura dell’ultimo romanzo di Ammaniti a tutti.
o più semplicemente:
Ne consiglio la lettura a tutti.
Altri nomi che richiedono di essere “saturati” sono cambiamento, chiusura, collegamento,
consultazione, partenza, tolleranza.

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> 60

Proposte di esercizi

3. Individua gli errori di saturazione presenti e prova a correggerli, inserendo gli argo-
menti mancanti.
a. Federico ha regalato una rosa.
b. Il Presidente ha chiesto ai presenti, ma nessuno si è offerto.
c. Michele ha rotto il vaso in mille pezzi, lasciando il compito di aggiustarlo.
d. Aprì e guardò se c’era qualcuno.
e. Rincorse per ore e alla fine si arrese.

4. Individua gli errori presenti e prova a correggerli, modificando la reggenza.


a. Il barista miscelò la menta all’acqua.
b. Nell’antica Grecia i valori morali predominavano quelli estetici.
c. Si lamentava di condividere nella stessa città di un personaggio così negativo.
d. La peculiarità delle sue opere consiste nell’opporre il bianco con il nero.
e. L’obiettivo che abbiamo raggiunto è da ascrivere soprattutto con il tuo impegno.

5. Dopo aver letto i diversi significati e le diversi costruzioni possibili del verbo esplodere,
trova una frase esemplificativa diversa da quella proposta nell’esempio.

v.intr. (aus. essere) [sogg-v]


1 Scoppiare facendo un gran rumore: è esplosa una bomba
2 fig. Di persona, manifestare con irruenza e all’improvviso pensieri o sentimenti
tenuti a lungo nascosti [SIN] sbottare: se mi provocano ancora una volta, esplodo
3 fig. Manifestarsi, giungere con forza e all’improvviso: è esploso il caldo; una crisi che
rischia di e.; l’odio razziale è esploso improvvisamente; estens. ottenere una pronta e
generale affermazione: in Italia è esplosa la mania delle vacanze all’estero
[sogg-v-prep.arg] Prorompere in violente, eccessive manifestazioni di sentimenti: e.
in una fragorosa risata
v.tr. [sogg-v-arg] Sparare uno o più colpi da un’arma: e. un colpo di pistola, una
raffica di mitra; spesso con specificazione dell’obiettivo: gli hanno esploso contro,
addosso un intero caricatore
[ETIM] fr. exploser, lat. explōdere comp. di ĕx “via da” e plōdere var. arcaica di
plāūdere “battere una cosa contro un’altra”, propr. “cacciare battendo le mani” sec.
XVIII (intr. 1); a. 1948 (intr. 2)

a. costruzione S - V
……………………………………………………………………………………..………
b. costruzione S - V - [prep.] O
……………………………………………………………………………………..………
c. costruzione S - V - O
……………………………………………………………………………………..………

> 3.4 Punteggiatura, modello valenziale e comprensione del testo


La teoria delle valenze può essere d’aiuto anche per quanto riguarda l’uso corretto
dell’interpunzione. Come è noto, la punteggiatura esprime valori prosodici e valori
sintattici. Nei testi scarsamente vincolati come quelli creativi, i valori sintattici pos-
sono talvolta essere messi in secondo piano in funzione di una maggiore espressività.
Il modello valenziale può costituire uno strumento utile per identificare le regole
di base dell’interpunzione e valorizzare le scelte. Tale modello suddivide infatti gli
argomenti del verbo in necessari e accessori e tale classificazione, come si è detto,

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61 <

dipende dalla valenza del verbo. Si può aggiungere che, mentre gli argomenti necessari
non devono essere separati dal verbo da segni interpuntivi, quelli accessori invece
possono esserlo. Di conseguenza, non potremo mai avere un punto o una virgola tra
l’argomento soggetto e il verbo né tra il verbo e i suoi argomenti oggetto diretti o
indiretti.
Il verbo spedire è un verbo trivalente: ognuno dei tre argomenti necessariamente richiesti
dal verbo non può quindi essere separato da virgole, punti ecc. Data la frase Luca spedisce
una lettera a Carlo, dal punto di vista grammaticale non è accettabile nessuna delle
seguenti alternative (usiamo qui come esempio la virgola, ma il discorso vale anche per gli
altri segni):
*Marco, spedisce una lettera a Camilla.
*Marco spedisce una lettera, a Camilla.
*Marco spedisce, una lettera a Camilla.

I primi due casi potrebbero però ritrovarsi in un testo letterario con funzione espressiva
per riprodurre l’oralità o evidenziare il tema, enfatizzando nel primo caso il mittente,
Marco, nel secondo caso il destinatario. È quello che fa, con regolarità, Alessandro
Manzoni nei Promessi sposi quando, scrivendo per esempio Voi, mi fate del bene, vuol
far sì che il lettore intenda Siete voi che mi fate del bene. Costruzione tipica del parlato,
si ritrova anche in numerosi scrittori contemporanei.
L’ultimo caso, invece, in cui la virgola separa il predicato dal suo argomento diretto è
difficilmente accettabile. Lo sarebbe se il verbo avesse anche un’accezione ‘assoluta’, con
oggetto nullo indefinito, come nel caso di mangiare, suonare, cantare ecc.: Luca mangia,
una mela è una forma che potremmo infatti trovare in un testo narrativo, dove ciò che
segue la virgola (ma più spesso il punto o i due punti) ha la funzione di specificare
l’oggetto lasciato volontariamente indeterminato.
La regola che impone l’assenza di punteggiatura tra gli argomenti necessari del verbo
riguarda anche i circostanti del nucleo; si consideri il seguente esempio: Il fratello di Luca
ha portato una scatola di cioccolatini alla fragola alla mamma di Laura. Difficilmente
potremmo pensare di inserire segni interpuntivi nel testo, se non a creare degli incisi.
Per quanto riguarda le frasi relative, che per loro natura hanno valore di circostanti del
nucleo, perché specificano un elemento della frase a cui si collegano, il fatto che siano
racchiuse tra virgole può fungere da discriminante: se non ci sono virgole siamo di fronte
a un elemento necessario, che identifica ciò a cui si riferisce (Ho applicato le regole di
netiquette che ho studiato); se invece la relativa è preceduta da una virgola siamo al
cospetto di una relativa accessoria (Ho applicato le regole di netiquette, che ho studiato).
Quando invece il testo non dà luogo ad ambiguità, la scelta di far precedere il pronome
relativo da una virgola dipende dallo stile dell’autore e dalla struttura sintattica
complessiva in cui esso si inserisce. Quanto agli elementi extra-nucleari, la scelta di
mettere una virgola riveste un significato preciso indirizzato alla volontà di enfatizzare la
circostanza di luogo, tempo e modo. Passando a trattare gli argomenti frasali, per ovvie
ragioni le completive non dovrebbero essere separate con un segno di interpunzione dal
verbo che le regge, anche se esempi letterari ci mostrano che tale regola può essere
qualche volta elusa per far fronte alle esigenze espressive, soprattutto quando abbiamo a
che fare con completive oggettive. Per le subordinate circostanziali, invece, la presenza
di un segno interpuntivo è la norma.

> 3.5 Le prove INVALSI


Durante il percorso scolastico l’INVALSI somministra alcune prove di valutazione
nazionale. La seconda parte della prova è costituita da circa dieci quesiti che intendono
rilevare la capacità di riflettere sulla lingua e di usarla correttamente. Nel Quadro di Rife-

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> 62

rimento delle prove Invalsi (28 febbraio 2011), che esplicita i contenuti oggetto di
rilevazione delle prove, si specifica:
Nella valutazione delle conoscenze e delle competenze grammaticali, non si può
ignorare il fatto che esiste una pluralità di modelli teorici a cui si fa riferimento per
la descrizione delle lingue (per l’italiano, fra gli altri: Renzi-Salvi-Cardinaletti 2001,
Prandi 2006, Serianni 2006, Schwarze 2009) e di conseguenza per l’insegnamento
della grammatica (si vedano per esempio, per la grammatica valenziale, i numerosi
lavori di Sabatini in stampa). Questa pluralità di proposte comporta anche la man-
canza di una terminologia unitaria. Non essendo tuttavia compito dell’INVALSI
indicare un modello da privilegiare rispetto ad altri, si è scelto nella formulazione
delle domande di fare riferimento, in linea di massima, ai contenuti più condivisi e
alla terminologia nota alla maggior parte degli insegnanti e degli studenti [...].
Tra i contenuti condivisi vi è il concetto di frase minima, definita alla nota 11:
Per frase minima si intende una frase costituita dal verbo e da tutti gli “argomenti”
richiesti dal suo significato, esempio: “Piove”; “Il gatto dorme”; “Il papà compra il
giornale”; “Mio cugino abita a Cagliari”; “La zia ha regalato la bicicletta al nipo-
te”. La frase semplice è costituita da un solo verbo/predicato e da complementi di
vario tipo, esempio “Mio zio guarda da sempre la televisione in poltrona”.
Riportiamo alcuni quesiti delle ultime rilevazioni nazionali somministrate a
conclusione del primo ciclo di istruzione e durante il secondo anno della scuola
secondaria di secondo grado, proponendo una risoluzione basata sul modello
valenziale. Si farà spesso uso della modalità grafica con la convinzione che, se in
occasione del test non ci sarà il tempo per rappresentare graficamente tutte le
situazioni dubbie, la continua pratica può comunque indurre un’abitudine di pensiero
che potrà risultare molto utile in casi come questi.
Esempio 1.
C3. In quale delle seguenti frasi c’è un verbo passivo?
A. Non sono per nulla soddisfatto della gara.
B. Questa estate non sono andato al mare.
C. Quest’anno non sono cresciuto molto.
D. Non sono sempre aiutato dai miei genitori.
(Secondaria I grado 2008-2009)

Per rispondere al quesito è necessario isolare primariamente in ogni frase il verbo e


verificare che alla forma attiva possa reggere un argomento diretto:
I quattro verbi identificati nelle frasi, posti all’infinito, sono:
a. essere soddisfatto;
b. andare;
c. crescere;
d. aiutare.

L’identificazione del primo verbo può risultare difficile per lo studente, e lasciamolo
dunque in sospeso. Il verbo andare è bivalente, ma non ammette un oggetto diretto
(non è possibile *andare la montagna); crescere è un verbo monovalente e quindi il
suo unico argomento è quello soggetto (Piero cresce).
Invece il verbo aiutare regge certamente un oggetto diretto (Io aiuto la mamma).
Resta da chiarire la prima frase in cui sono presenti il verbo essere e un altro termine
che potrebbe esserlo (soddisfatto). Proviamo a rappresentarla graficamente:

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63 <

Non sono per nulla soddisfatto della gara.


NON SONO
per nulla
soddisfatto

[io] della gara

A questo punto dovrebbe essere chiaro che si tratta di un predicato nominale,


costituito da una copula (sono) e da un aggettivo deverbale (soddisfatto). Pertanto,
avendo così escluso anche la frase A., la risposta corretta è D.

Esempio 2.

E8. Quale funzione logico-sintattica (ad esempio: soggetto, complemento di specificazio-


ne, ecc.) svolgono le parole sottolineate nelle due frasi seguenti? Scrivilo nello spazio
accanto a ognuna.
A. Ai bambini fa bene l’aria di mare.
B. Ti ho visto ieri alla fermata dell’autobus.
(Secondaria II grado 2010/2011)

Per rispondere alla domanda è necessario come sempre cercare il verbo in ogni frase.
Nella prima è fare bene, costruito come il sinonimo giovare (es. Il sole giova a tutti)
che spesso dà luogo a una struttura frasale con il soggetto posposto, come nel quesito
del test. Partendo dal verbo e cercando di volta in volta gli argomenti soggetto e
oggetto, la risposta corretta (“soggetto”) è immediata: l’unica altra espressione presente
(Ai bambini) non potrebbe essere il soggetto innanzitutto perché è plurale, mentre il
verbo è singolare, e poi perché è preceduta da una preposizione, eventualità
impossibile per il soggetto. La seconda frase è invece costituita dal verbo bivalente
vedere e dai suoi due argomenti: il soggetto sottinteso e l’oggetto diretto.
HO VISTO
ieri
alla fermata
dell’autobus
[io] ti

Esempio 3.
C5. In quale dei seguenti periodi c’è una frase subordinata oggettiva?
A. Carlo mi assicurò che non avrebbe riferito a nessuno le mie parole.
B. Per sapere quando partirà l’aereo, guarda il monitor che dà gli orari.
C. Vieni, così ti presento gli amici che ti volevano conoscere.
D. È strano che tu preferisca viaggiare in macchina da solo invece che in treno
con me.
(Secondaria II grado 2010-2011)

Sappiamo che la subordinata oggettiva svolge nel periodo lo stesso ruolo che l’argo-
mento oggetto svolge nella frase. È quindi necessario trovare un complemento
oggetto
costituito, invece che da un nome, da una frase. Le frasi presenti in B e C vengono
subito escluse, perché gli argomenti oggetto espressi sono tutti nominali. Rimane il
dubbio tra A., dove troviamo il verbo assicurare, che è trivalente, con un argomento

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> 64

diretto (qualcuno assicura qualcosa a qualcun altro) e D., dove abbiamo il predicato
nominale (è strano) con un argomento frasale, che non può che essere il soggetto:

D. È strano che tu preferisca viaggiare in macchina da solo invece che in treno con me.
È STRANO
che
PREFERISCA

tu viaggiare invece che


in macchina in treno con me
da solo

La rappresentazione grafica della prima frase è invece la seguente:

A. Carlo mi assicurò che non avrebbe riferito a nessuno le mie parole.

ASSICURÒ
che

Carlo mi NON AVREBBE RIFERITO

Carlo le mie a nessuno


parole

Il confronto tra le due rappresentazioni mostra chiaramente che, mentre nel primo caso
ci troviamo di fronte a una subordinata soggettiva, che satura cioè l’argomento soggetto
della frase, nel secondo caso invece la subordinata è oggettiva, satura cioè l’argomento
oggetto.

Esempio 4.
Sia nell’anno scolastico 2011/2012 che in quello precedente, è stato chiesto agli stu-
denti della scuola secondaria di secondo grado di rappresentare graficamente una frase:

F6. Nel seguente periodo (frase complessa) sono state separate le proposizioni.
“Era molto tempo \ che non lo vedevo \ e avevo paura \ di non riconoscere il ragazzo
\ che era stato il mio migliore amico”.
Riscrivi le proposizioni nello schema, una per ogni casella, tenendo conto dei rapporti di
coordinazione e di subordinazione (una casella è già stata riempita).

che non lo
vedevo

(Secondaria II grado 2011/2012)

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65 <

La linea orizzontale indica che ci troviamo di fronte a due frasi che si trovano sullo
stesso piano e inseriamo quindi la congiunzione coordinante e, ponendo nella parte
sinistra del grafico la prima frase e a destra la seconda. Come si è detto, quando si
lavora con frasi complesse può essere più utile avvalersi di una rappresentazione
meno analitica.

era molto e avevo


tempo paura

che non lo di non


vedevo riconoscere il
ragazzo

che era
stato il mio mi-
gliore amico
Esempio 3.

E11. Nei seguenti periodi individua le frasi subordinate e stabilisci di che tipo sono, compi-
lando la tabella.
A. Eravamo talmente sazi che non abbiamo mangiato il dolce.
B. Mi chiedo perché Alessia si è comportata così stranamente con noi.
C. Benché fosse già tardi, ho chiacchierato ancora a lungo con Giovanni e Maria
Pia.

PROPOSIZIONE SUBORDINATA TIPO DI SUBORDINATA


A. Consecutiva
Oggettiva
Relativa
Soggettiva
B. Causale
Finale
Interrogativa indiretta
Oggettiva esplicita
C. Causale
Comparativa
Concessiva
Condizionale

(Secondaria II grado 2010/2011)

Anche in questo caso la rappresentazione grafica può essere d’aiuto per interrogarsi
sul ruolo sintattico ricoperto da ogni frase rispetto alla principale. Nel primo esempio
ci si accorge subito che non c’è una vera e propria frase principale, perché le due frasi
sono interdipendenti.

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> 66

Eravamo talmente sazi che non abbiamo mangiato il dolce.


ERAVAMO

che
[noi] talmente sazi NON
ABBIAMO
MANGIATO

[noi] il libro
Si tratta quindi di una subordinata consecutiva.
Nella seconda frase individuiamo subito il verbo pronominale chiedersi, con soggetto
sottinteso e argomento oggetto di tipo frasale. Escluso quindi che si possa trattare di
una causale o di una finale (che non sono subordinate completive), dato il significato
del verbo, non può essere che una interrogativa indiretta; a riprova la si può
trasformare in un’interrogativa diretta:
Mi chiedo: “Perché Alessia si è comportata così stranamente con noi?”.

Nella terza frase la presenza della virgola indica che ci troviamo di fronte a una
circostanziale. Per comprendere di che tipo sia è necessario concentrarsi sul
significato della congiunzione, che può essere sostituita senza cambiare il senso della
frase con malgrado o nonostante. Si tratta quindi di una concessiva.
Benché fosse già tardi, ho chiacchierato ancora a lungo con Giovanni e Maria Pia.

4 Conclusioni
Alla luce dell’esplicazione della teoria delle valenze presentata nei capitoli prece-
denti torniamo ora sugli aspetti interessanti di una sua applicazione didattica,
evidenziandone al contempo quelle che potrebbero essere le difficoltà.
Dal punto di vista dei contenuti grammaticali il modello valenziale presenta i
seguenti vantaggi:
- la spiegazione del fatto che la frase minima possa non essere costituita da
solamente un soggetto e da un verbo, ma anche da altri elementi sintatticamente
necessari;
- la distinzione tra elementi necessari e facoltativi;
- la possibilità di lavorare sulla frase integrando l’aspetto sintattico e quello se-
mantico;
- la sua economicità, dovuta all’identità strutturale di frase semplice e periodo;
- la sua predisposizione “naturale” a essere rappresentato graficamente.
Il modello valenziale si rivela interessante anche per un altro aspetto, non
trascurabile, che è quello di coinvolgere l’alunno, che deve procedere indagando la
propria competenza e confrontandola con quella altrui: dei compagni, dell’insegnante
e del dizionario. Non si tratta più di partire da una definizione per applicarla e, nel
migliore dei casi, verificare che funzioni sempre, ma si tratta di osservare la lingua e
di trarne una regola, che poi viene verificata attraverso degli esempi, secondo una
modalità induttiva tipica del pensiero scientifico.
La teoria delle valenze si presta inoltre alla costruzione di un curricolo verticale che
si possa definire veramente tale: non la ripetizione a ogni ciclo scolastico dei me-
desimi argomenti, ma un modello di analisi della lingua che permetta allo studente
di acquisire uno strumento che nel corso del tempo possa essere approfondito in rela-

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67 <

zione al suo sviluppo cognitivo.


Si è detto che per capire il funzionamento della lingua è necessario studiare la frase
propriamente detta. Una volta acquisita una certa dimestichezza col modello sarà però
possibile analizzare con altra consapevolezza la lingua di un testo complesso, rilevando
attraverso una modalità contrastiva le scelte linguistiche di un autore letterario o le
peculiarità della lingua parlata che si può avvalere di una specifica situazione
comunicativa e di diverse varietà della lingua.
Bisogna poi tenere conto di un altro elemento, ossia la possibilità di conciliare l’a-
dozione di questo modello con una modalità didattica più tradizionale. Nulla impe-
disce che una volta definiti gli argomenti obbligatori e accessori del verbo si possa
decidere di procedere a un livello maggiormente analitico, definendo per esempio
i tipi di argomento più diffusi, la cui denominazione potrebbe tornare utile per
l’apprendimento di altre lingue, antiche e moderne. Riflettere sulla struttura argo-
mentativa di un verbo può essere d’aiuto quando dobbiamo tradurre un concetto in
una lingua straniera. Quando traduciamo non è infatti sufficiente trovare un termine
corrispondente nella lingua d’arrivo, ma è necessario adattarne anche la struttura
argomentale. Tra gli errori più frequenti nelle traduzioni ci sono proprio quelli sin-
tattici, dato che la struttura argomentale di un verbo con lo stesso significato può
cambiare da lingua a lingua. Per esempio il verbo italiano piacere ha uno struttura
argomentale che richiede un soggetto, che viene spesso posposto, e un argomento
preposizionale: a Michele piace il gelato; in inglese, come in altre lingue, l’argomento
oggetto è invece diretto: Michele likes ice cream.
A questo proposito risulta stimolante la possibilità di coinvolgere in riflessioni di
natura linguistica anche gli studenti di madrelingua non italiana che possono così
contribuire a evidenziare, contrastivamente, strutture argomentali specifiche dell’i-
taliano.

La scelta di adottare il modello valenziale non è scevra da complicazioni. Esiste innan-


zitutto il problema della terminologia, che non è unanimemente condivisa, per cui gli
stessi fenomeni linguistici vengono denominati in maniera diversa, ingenerando possibili
confusioni. Per ovviare parzialmente a questo inconveniente alla fine di questo volume è
riportato un piccolo glossario. L’assunzione di una terminologia comune tra gli insegnanti
dei diversi ordini e gradi di scuola, magari condivisa con gli insegnanti di lingue straniere,
permetterebbe certamente una maggior chiarezza. Un altro problema deriva dallo
scollamento tra frase ed enunciato, per cui alcuni fenomeni linguistici che vengono
analizzati nella frase non trovano a volte un corrispettivo nell’enunciato. Questa
situazione è almeno in parte superabile con una esplicitazione chiara dell’ambito d’uso del
modello e con il ricorso al vocabolario in tutti i casi dubbi.
Probabilmente, però, la difficoltà più consistente sta nel fatto che non sempre è facile
definire con certezza la valenza di un verbo. Tra l’altro esistono alternanze argomentali
di cui è necessario tenere conto quando si indica la valenza di un verbo. Abbiamo
già visto che alcuni verbi transitivi ammettono un oggetto nullo indefinito (leggere,
mangiare, cantare); questa costruzione però non è possibile per tutti i verbi transitivi,
ma solo per quelli che sono in grado di sottintendere un oggetto generico, o quei
verbi la cui attività può essere intesa come autosufficiente. Non possiamo per esempio
dire *Luca ha rincorso poiché rincorrere necessita di un oggetto definito. Ma come
spiegare allora l’agrammaticalità di una frase come *Luca ha calcolato? Se è possibile
dire Luca beve intendendo che è un bevitore, perché non è possibile dire Luca calcola,
per dire che è un calcolatore? In realtà sappiamo che le lingue sono il risultato di
stratificazioni successive e che cercare motivazioni razionali a ogni cosa è una strada
fallimentare.
Senza contare che alcuni verbi che hanno significati simili e struttura sintattica

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> 68

uguale possono comportarsi diversamente rispetto ad alcuni fenomeni, come per


esempio la possibilità di omettere qualche elemento. Si pensi ai verbi dare e
regalare, simili per significato e struttura. Come si è visto, in alcune circostanze il
verbo regalare permettere l’omissione dell’argomento preposizionale, il verbo dare
no. Mentre una frase come Ha regalato tutti i suoi beni è perfettamente
grammaticale, una frase analoga costruita con il verbo dare non lo è: *Ha dato tutti
i suoi beni. In quest’ultimo caso è necessario saturare il verbo o con l’argomento
preposizionale o con un elemento avverbiale: Ha dato tutti i suoi beni al Comune.
/ Ha dato via tutti i suoi beni.
Ancor più complesso da affrontare è il fatto che se è vero, come si è detto, che gli
argomenti nucleari sono obbligatori, mentre quelli extra-nucleari sono facoltativi,
ci sono dei casi in cui alcuni elementi obbligatori possono non essere realizzati
linguisticamente. Il fatto che non esistano regole precise rispetto a questo,
probabilmente dovuta al fatto che gli studi non hanno ancora approfondito a
sufficienza la materia, potrebbe ingenerare qualche difficoltà nell’insegnante. A
parziale consolazione si può dire che questi casi non sono molto frequenti e che,
volendo, si può evitare di affrontarli in classe, scegliendo dei testi che non diano
adito a dubbio, anche se il vero spirito con cui dovrebbe essere preso questo
modello dovrebbe essere proprio quello della messa in discussione continua della
lingua. Ogni dubbio dovrebbe costituire l’occasione per una riflessione insieme agli
studenti sulla lingua e sui suoi usi. In ogni caso, di fronte a ogni incertezza, c’è
sempre la risorsa del vocabolario.
L’idea di base è che l’insegnante possa trarre da queste pagine elementi utili per
integrare i contenuti e la modalità della propria attività didattica, in direzione di un
insegnamento indirizzato a far riflettere attivamente gli studenti sull’oggetto lingua.

Concludendo, il modello valenziale può tornare utile nell’attività didattica, purché


venga usato senza esasperazioni teoriche con il fine ultimo di offrire agli studenti
una modalità di riflessione sulla lingua, semplificando in qualche caso
l’apprendimento e cogliendo analogie con altre lingue di studio. Come si è detto,
obiettivo dell’insegnamento della grammatica non dovrebbe essere solo lo sviluppo
delle competenze linguistiche, ma più in generale lo sviluppo cognitivo, ossia la
capacità di riflettere sulle cose, e la formazione culturale complessiva dell’individuo.
Vorremmo chiudere queste riflessioni facendo nostre le parole di Lorenzo Renzi,
che nel 1977 aveva scritto: «Spero con questo libro di aver liberato qualche lettore
da un oscuro terrore: che esista qualche teoria linguistica moderna che si può
insegnare al posto della grammatica tradizionale con risultati miracolosi, e che lui
sia il solo a non saperla. Questa nuova grammatica non esiste».

5 Glossario
argomento: costituente frasale obbligatorio
attante: secondo la terminologia tesneriana, l’attore, l’elemento che partecipa a un
evento
avverbiale: vd. elementi extra-nucleare
circostanti del nucleo: elementi che forniscono informazioni accessorie relative agli
argomenti del nucleo
completiva: frase corrispondente a un argomento del verbo

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69 <

elementi extra-nucleari: elementi che forniscono informazioni accessorie


espansioni: vd. elementi extra-nucleari
espansioni del nome: vd. circostanti del nucleo
frase minima: frase costituita dal verbo e da tutti gli argomenti che necessariamente
richiede
margini: espressioni che espandono un nucleo già completo (comprendono i circostanti
del nucleo e gli elementi extra-nucleari)
nucleo: frase minima o completa
omissione: mancata saturazione di un argomento
reggenza: rapporto tra il verbo e i suoi argomenti oggetto (diretti e indiretti)
ruolo sintattico: relazione sintattica che il verbo intrattiene con i propri argomenti
ruolo tematico: relazione tematica che il verbo intrattiene con i propri argomenti
saturazione: completamento della valenza di un verbo
struttura argomentale: numero e tipo di argomenti richiesti da un verbo struttura
attanziale: vd. struttura argomentale
valenza: proprietà che ha il verbo di richiedere un certo numero di argomenti, che
varia da zero a quattro

6 Risorse / Bibliografia di approfondimento


Riferimenti bibliografici
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P. Baratter, S. Dallabrida (a cura di), Lingua e grammatica. Teorie e prospettive didattiche,
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modello valenziale, in La comprensione. Studi linguistici, a cura di S. Baggio et al., Trento,
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Bedeutungen, Übersetzungen, Stuttgart, Klett, 1997.
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in L. Corrà, W. Paschetto (a cura di), Grammatica a scuola, Milano, Franco Angeli, 2011,
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2001.

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71 <

Soluzioni delle proposte di esercizi


> Capitolo 2.

1. Distinguere tra frase e enunciato.


a. In verità, no. enunciato
b. La brocca è piena d’acqua. frase
c. Il computer è acceso. frase
d. Marco ha chiesto il significato della parola “ecologia”. frase
e. Quattro a due? enunciato

2. Indicare la valenza dei seguenti verbi e poi confrontarla con quanto dice il DISC.
a. ridere monovalente
b. rincorrere bivalente
c. raccontare trivalente
d. spegnere bivalente
e. grandinare zerovalente
Dal confronto sul DISC emergerà che raccontare può essere anche bivalente, col significato di ‘raccontare
qualcosa’: Il romanzo racconta la vita di Galileo.
3. Trovare almeno tre verbi per ciascuna delle seguenti categorie.
a. zerovalente grandinare, nevicare, tuonare
b. monovalente tossire, grugnire, belare
c. bivalente accendere, masticare, sfogliare
d. trivalente narrare, inviare, infilare
e. tetravalente trasferire, travasare, tradurre
4. Si è detto che i verbi che indicano i versi degli animali sono normalmente bivalenti:
provare a elencarne il più possibile.
Abbaiare, belare, bramire, cinguettare, frinire, garrire, gorgheggiare, gracidare, grugnire, mia-
golare, muggire, nitrire, pigolare, ragliare, ronzare, ruggire, sibilare, squittire, tubare, ululare,
zirlare.
5. Nelle seguenti frasi inserire il verbo semanticamente e sintatticamente corretto.
a. Luca regala un fiore a Maria.
b. Luca raccoglie un fiore.
c. A Luigi piace il caldo.
d. Luigi ama il caldo.
e. Luca e Luigi attendono il loro turno.
6. Nelle seguenti frasi identificare i ruoli sintattici.
a. Le margherite amano il sole. SVO
b. Il pavimento riflette la luce. SVO
c. Luca ha restituito il libro a Carlo. S V O [prep.] O
d. La luce giova alle piante. S V [prep.] O
e. Il cane ha starnutito. SV
7. Nelle seguenti frasi identificare i ruoli tematici.
1. Maria ama la neve.
ESPERIENTE TEMA
2. La lettera è stata consegnata dal postino a Carlo.
TEMA AGENTE DESTINTARIO

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> 72

3. Michele e Giovanni sono a Milano.


TEMA LOCATIVO
4. L’avvocato aprì la porta.
AGENTE TEMA
5. L’albero è stato danneggiato da un fulmine.
PAZIENTE STRUMENTO

8. A seconda del significato che assume, ciascuno dei seguenti verbi può richiedere un numero
diverso di argomenti. Per ognuno di essi, inventare due frasi corrispondenti.
a. Il sole abbaglia. / Sara ha abbagliato un automobilista.
b. Cresce il malumore. / Tiziano e Chiara hanno cresciuto sei figli.
c. Il professore rimproverò gli studenti. / Claudio ha rimproverato a Sandro la sua
pigrizia.
d. Carla ha risparmiato 20 euro. / Il nipote
risparmiò alla nonna la brutta notizia.
e. Il gatto è fuggito. / Mio fratello fugge i pericoli.

9. Sottolineare i circostanti del nucleo.


a. Michela, la sorella di Francesca, abita in un castello medievale.
b. Laura ha distribuito caramelle coloratissime ai suoi amici più cari.
c. Un architetto famoso ha ristrutturato il Liceo Parini di Milano.
d. Il tetto della casa di Marco ha i comignoli rossi.
e. Il bambin o con i capelli rossi ha ordinato un gelato al gusto di vaniglia e
cioccolato.

10. Sottolineare il nucleo della frase.


a. Luca ha trovato una moneta in giardino.
b. La cartolina è arrivata ad Amsterdam due giorni fa.
c. Onestamente, non mi fido di Giulio.
d. Ti sei comportato onestamente.
e. Luca ha conosciuto Laura a Milano.

11. Inserire gli elementi extra-nucleari richiesti.


a. [quando?] Lunedì Michele andrà da Carlo.
b. Luca ha comperato un maglione [dove?] al mercato.
c. Giulio protesterà [in che modo?] con rabbia.
d. Luca ha conosciuto Laura [dove?] al cinema [quando?] l’11 ottobre.
e. Laura gioca a calcio [da quanto tempo?] da tre anni.

12. Usare il metodo grafico per trasformare le seguenti frasi dalla forma attiva a quella
passiva.

La mamma ha lavato i piatti I piatti sono stati lavati dalla mamma.

HA LAVATO SONO STATI LAVATI


dalla

La mamma I piatti I piatti mamma

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73 <

Il libro è stato comperato da un ragazzo. Un ragazzo ha comperato il libro.

È STATO COMPERATO HA COMPERATO


da

Il libro un ragazzo Un ragazzo il libro

Luca e Giovanni hanno comperato una villa. Una villa è stata comperata da Luca e Giovanni.

HANNO COMPERATO È STATA COMPERATA


da

Luca e Giovanni una villa Una villa Luca e Giovanni

La società è stata rilevata da un imprenditore Un imprenditore tedesco ha rilevato la società.


tedesco.

È STATA RILEVATA HA RILEVATO


da

La società un imprenditore tedesco Un imprenditore tedesco la società

Hanno esaurito la merce. La merce è stata esaurita.

HANNO ESAURITO È STATA ESAURITA

la merce La merce

13. Rappresentare graficamente le seguenti frasi.


Si scende dalle scale. Si vendono tappeti.

SI SCENDE SI VENDONO
dalle
scale tappeti

Roberta si è seduta. Marco si è lavato i capelli.

SI È SEDUTA SI È LAVATO

Roberta Marco i capelli

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> 74

14. Rappresentare graficamente le seguenti frasi complesse.

Cristina regalò un libro a Roberto per chiedergli scusa.

REGALÒ

per

Cristina un libro a Roberto


CHIEDERGLI

[a Roberto] scusa

Cristina

A Maria Teresa piace scrivere.


PIACE

SCRIVERE a Maria Teresa

Se fossi ricco comprerei un castello.

COMPREREI
se

FOSSI RICCO
[io] un castello

ricco

[io]

15. Distinguere tra subordinate completive e subordinate circostanziali.


a. Mentre stavo camminando ho incontrato Maria. circostanziale
b. Emma mi ha detto: “Torna!” completiva
c. Anche se ha perso la scommessa, Andrea è contento circostanziale
d. Federico è partito per l’America perché ha vinto
una borsa di studio. circostanziale
e. Francesca è venuta a trovarmi. completiva

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75 <

16. Completare i seguenti schemi:

A. LEGGE

perché

Gino un libro GUARDA

Maria la televisione

B. e
COMPONGO SUONO

[io] canzoni [io] la chitarra

C. PENSA
che

Luca CONOSCA

Cinzia la verità

> Capitolo 3.

1. Identificare il soggetto (che può essere nominale o frasale).


a. Il diritto di voto è inviolabile.
b. Camminare fa bene alla salute.
c. A Leonardo non piace essere bocciato.
d. Hanno venduto tutte le magliette.
e. Il perché non è stato compreso da nessuno.

2. Completare i seguenti schemi.

A. SONO
di
Le penne Giulio

B. SARANNO

rossi

Gli addobbi

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> 76

C.
ERA
sul

L’anello tavolo

3. Individua gli errori di saturazione presenti e prova a correggerli, inserendo gli argo-
menti mancanti.
a. Federico ha regalato una rosa a Marta.
b. Il Presidente ha chiesto la disponibilità ai presenti, ma nessuno si è offerto.
c. Michele ha rotto il vaso in mille pezzi, lasciando a Giovanna il compito di ag-
giustarlo.
d. Aprì la porta e guardò se c’era qualcuno.
e. Rincorse il cagnolino per ore e alla fine si arrese.

4. Individua gli errori presenti e prova a correggerli, modificando la reggenza:


a. Il barista miscelò la menta con l’ all’acqua.
b. Auspico a una soluzione pacifica.
c. Si lamentava di condividere nella la stessa città di un personaggio così negativo.
d. La peculiarità delle sue opere consiste nell’opporre il bianco con il al nero.
e. L’obiettivo che abbiamo raggiunto è da ascrivere soprattutto con al tuo
impegno.

5. Dopo aver letto i diversi significati e le possibili diverse costruzioni del verbo esplodere, trova
una frase esemplificativa diversa da quella proposta nell’esempio.
a. costruzione S - V
La bottiglia è esplosa.
b. Costruzione S - V - [prep.] O
Il pubblico esplose in un applauso.
c. Costruzione S - V - O
Ha esploso tre colpi.

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