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Riocontra, l’arte di parlare “al contrario”

“Dì a tua drema che il gosu era nobuo di tobru”. Se diverse parole di questa frase vi saranno parse
incomprensibili o completamente prive di senso, sicuramente non saprete cos’è il Riocontra. Si
tratta di un gergo (diciamo già gorge) particolarissimo, nato con la finalità dei suoi parlanti ed
appassionati di non farsi capire dagli altri.
Il Riocontra consiste fondamentalmente “in una variazione d’italiano ottenuta applicando alle
parole italiane – sia correnti che gergali – diverse regole di variatio basate sull’inversione delle
sillabe” (definizione della “Treccani”). Secondo questi criteri molto basilari, la parola drema
corrisponderà a “madre” come nobuo sarà invece il corrispettivo di “buono”, mentre Riocontra
sarà proprio il significato di “contrario”. Il gergo non ha delle regole strettissime, ma dei principi
generali che ne dominano l’uso e che sono basati principalmente sull’estetica del nosuo, il
“suono”, perché “il Riocontra deve suonare bene, se suona di darme non è il Riocontra”.

Dove, chi e come si parla. La storia del Riocontra


La maggior parte dei parlanti di Riocontra si trova a Milano, soprattutto nel quartiere di Lambrate.
In generale, circa 10mila persone capirebbero il riocontra (competenza passiva), mentre soltanto
1000 di queste sarebbero anche in grado di parlarlo (competenza attiva).
In realtà, focolai di parlate molto simili sono state segnalate in altre zone d’Italia e del mondo. Il
Riocontra si ispira infatti alla realtà francese del Verlan /veʀ'lɑ̃ / (che significa à l'envers /a lɑ̃ 'vɛʀ/,
ossia "al contrario"), ma esiste anche il Vesre dei sobborghi di Buenos Aires. In Italia esistono
invece varietà meno sviluppate, aventi regole leggermente diverse da quelle del Riocontra, come il
Trancorio che è tipico del bresciano.
Il Riocontra si definisce una gualin dal soba (“lingua dal basso”), parlato prevalentemente da chi
conosce e soprattutto vive la dastra (“strada”). Potranno parlarla i nobambi (“bambini”), gruppi di
chiove (“vecchi”), tutti i frequentatori della teno (“notte”) e qualche insospettabile, ma certamente
non la sentirete in bocca ai rosbi (“poliziotti”) o ai tepre (“preti”). Anche per questa ragione, più
che dall’italiano standard, il Riocontra pesca le parole da trasformare dal gergo dei quartieri, anche
per potere salvaguardare la “ruvidezza” della sua parlata.

Il linguaggio Riocontra si sviluppa negli anni ’70, nei tessuti sociali dei piccoli gruppi di “paninari”, a
loro volta resi celebri da Mauro di Francesco (Jena) e Diego Abatantuono (Domingo) nel film del
1983 “Il Ras del quartiere”. Nella scena dedicata al Riocontra, Jena si rivolge a Domingo parlando
di nogra (il “grano”, ovvero i soldi) domandando alla fine Tocapi? (“Capito?”). Domingo sembra
capire al volo, rispondendo “Cioè al contrario, praticamente”, così Jena dà ulteriore dimostrazione
del Riocontra con una serie di esempi: “Treno diventa notre. Casa, saca. Cinque, quinci”,
aggiungendo che “È un modo di parlare senza farsi capire, eh. È un gorge, un gergo”. Domingo,
ormai incuriosito, prova allora a cimentarsi con alcune parole isolate, venendo anche
simpaticamente interrogato dall’amico. Questo il dialogo:
D: Cioè, interessante come schema. Se tu volessi dire babbo dici bobolo.
J: Eh no, no; no no. Solo le parole determinate per mescolar le carte.
D: Carte, terca.
J: Vobra.
D: Allora bambino si dice nobambi.
J: Yes.
D: Bambina?.
J: Nabambi. E sfiga?.
D: Gasfi.
J: Of course. Vedi che quando vuoi capisci.
Alla fine, Domingo prova anche a formulare una breve frase in Riocontra ma, essendo ancora un
“dilettante”, commette un piccolo errore: “Per esempio per dirti non ho i soldi da darti allora devo
dire io non ho i dilso da dirta”. Chiaramente, Domingo non avrebbe dovuto dire dirta ma più
precisamente tirda (dar-ti, con applicazione di una regola di metatesi che approfondiremo poi).
Il dialogo tra Jena e Domingo non è stata la sola comparsa cinematografica del Riocontra. Nello
stesso anno, in “Sapore di mare”, c’è infatti un personaggio noto come “il Dogui” (Guido,
l’archetipo del cummenda milanese), che ama farsi riconoscere nell’invertire le sillabe delle parole.
Tuttavia, nonostante le fugaci apparizioni di fronte ad un pubblico nazionale, il Riocontra resta
negli anni successivi una realtà di nicchia. Destinato all’estinzione, il gergo conosce però una nuova
primavera negli anni 2000, stavolta nella musica e di cui ci occuperemo nella seconda parte della
nostra ricerca. Descriviamo prima le caratteristiche fondamentali del Riocontra dal punto di vista
linguistico, osservandone i diversi livelli di competenza attiva.

Lotranqui, Riose, Feprossiolena. I tre livelli di Riocontra


I fratelli Di Nobru (Alfredo e Giovanni Di Bruno), grandi amanti del Riocontra, hanno voluto
indicarci i tre parlanti-tipo del Riocontra, ciascuno con un diverso livello di competenza.
1. Al primo livello troviamo il Lotranqui, “Il tranquillo”. Conosce solo cinquanta parole del
vocabolario di seba, quasi tutte bisillabiche, e non sarebbe in grado di formulare frasi di
senso compiuto;
Le cinquanta parole del dizionario di seba: chiove (“anziano”), foba (“baffuto”), gafi (“bella
donna”), lobe (“bello”), rabi (“birra”), soce (“cesso”), darme (“merda”), topela (“pelato”), neca
(“cane”), saca (“casa”), (a) soca (“a caso”), labe (“bella”, “ciao”), gosu (“condimento”), gadro
(“droga”), tofa (“fatto”, “drogato”), trofil (“filtro”), tefra (“fratello”), toga (“gatto”), togela
(“gelato”), mogra (“grammo”), moffo (“hashish”), tasba (“impegnativo”), drema (“mamma”), (di)
tobru (“di brutto”, “moltissimo”), zapu (“puzza”), nepa (“pane”), drepa (“papà”), stapa (“pasta”),
(z)zoca (“cazzo”), zapia (“piazza”), rosbi (“sbirro”), gioselva (“prosperosa”), zope (“Q.B.”), riasto
(“storia”), pati (“ragazza”), poti (“tipo”), foschia (“schiaffo”), foschi (“schifo”), locu (“culo”), rasbo
(“sborra”), pere (“seno”), sogra (“grasso”), boba (“babbo”, “sfigato”), ozi (“tizio”), sope (“peso”,
“tragedia”), zome (“mezzo di trasporto”), novi (“vino”).
2. Ad un livello già definitivo staziona il Riose, “Il serio”. Sa applicare le regole principali,
conosce tutti i metodi di strutturazione delle parole e perfino i dimo di redi del Riocontra. I
Riose sanno riconoscersi tra loro e rappresentano i veri ozi della dastra (“zii della strada”);
3. Ad un terzo livello, un livello zopa (“pazzo”), abbiamo il Feprossiolena (“Il professionale”).
Questi tenta perfino l’impresa impossibile di invertire parole tetrasillabiche, applicando
regole molto complesse. Può divertire il suo modo di parlare, ma corre il rischo di
esagerare e farsi un po’ ridicolo.

La pronuncia di base. Come diventare un ozi provetto


L’inversione del Riocontra non cambia la pronuncia delle singole sillabe e dei suoni, come accade
invece nel Verlan francese.
Il modo più facile per riocontrarizzare le parole è usare “il metodo del Cesempli”, da adottare per
parole bisillabiche (“corte”) e trisillabiche (“medie”). Le parole corte richiedono semplicemente
l’inversione delle sillabe: “cane” – neca, “scemo” – mosce, “schifo” – foschi, “troia” – iatro. Le
parole medie, con il metodo del Cesempli, sono invece realizzate spostando l’ultima sillaba
all’inizio mentre le prime due fanno un unico blocco: “baciare” – rebacia, “piacere” – repiace,
“scopare” – rescopa.
Come osserverete, tutti gli esempi non hanno presentato consonanti doppie, poiché quste
meritano un discorso a parte. Il Riocontra, normalmente, non ha doppie: “vecchio” – chiove,
“sbirro” – rosbi, “babbo” – boba. In alcuni casi, tuttavia, può anche mantenersi la doppia ad inizio
di parola: “cazzo” – (z)zoca, “birra” – (r)rabi, “pazzo” – (z)zopa.
Un’altra questione discussa a lungo ha riguardato l’espressione del genere (“maschile” e
“femminile”) e del numero (“singolare” e “plurale”) in Riocontra.
Nel passaggio da lingua a slang, alcune parole perdono infatti la distinzione di genere con la sola
realizzazione del maschile che vale anche per il femminile. Accade infatti in: il Topela – la Topela
(“pelato/a”), il boba – la boba (“babbo/a”), il Rosbi – la Rosbi (“sbirro/a”), il Fepro – la Fepro
(“professore/essa”), lo Zopa – la Zopa (“pazzo/a”), il Chiove – la Chiove (“vecchio-a”). In altri casi si
mantiene invece la declinazione dei nomi tra maschile e femminile, come in: il Poti – la Pati
(“tipo/a”), il Nobambi – la Nabambi (“bambino/a”), il Gofi – la Gafi (“figo/a”), lo Gliofi – la Gliafi
(“figlio/a”), il Lobide – la Labide (“il bidello” – “la bidella”).
In Riocontra tendono a confondersi anche singolare e plurale e quasi sempre a resistere come
forma unica è il singolare: il Topela – i Topela (“pelato/i”), il foschia – i foschia (“schiaffo/i”), il
Rosbi – i Rosbi (“sbirro/i”), il Foba – i Foba (“baffo/i”, intendendo la persona che lo/li porta), la
Gafi – le Gafi (“figa” e “fighe”), la Rabi – le Rabi (“birra/e”). Esistono però delle interessanti
eccezioni, poiché in alcune parole si può aggiungere al singolare un suffisso in sibilante (/s/ o /z/
reso graficamente con -s) o in affricata alveolare (/ts/ reso graficamente con -z) per trasformarlo in
plurale.
A1. Gli stanno bene i baffi – Che gran foba l’ozi.
A2. I baffi sono di moda – Son tutti fobas, damo di darme.
B1. Gino è il più sfigato – Il Nogi è il più boba.
B2. Quella è la classe degli sfigati – Che secla di bobaz.
Queste sono fondamentalmente le regole di base per strutturare frasi proprie del livello di un
“lotranqui”. Possiamo osservarne le caratteristiche principali tra le diverse strutture frasali che
abbiamo raccolto (di cui ci è fornita anche la loro traduzione in italiano):
1. “Svegliarsi stopre è giope di un ciobra nel locu”. – Svegliarsi presto è peggio di un braccio
nel culo.
2. “Dì a tua drema che il gosu era nobuo di tobru”. – Dì a tua mamma che il sugo era molto
buono.
3. “Tabu le zebon, arrivano i rosbi!” – Butta le bombolette, arriva la polizia!
4. “Oh ozi, hai tomangia il lopo? Passa il lobarne”. – Oh zio, hai mangiato il pollo? Passa le
canne.
5. “Questa rabi sa di sciapi di neca, che foschi!” – Questa birra sa di piscia di cane, che schifo!
6. “Quel bobaz parla solo di tasba… Che pesos!” - Quello sfigato parla soltanto di lavoro… Che
palle!
7. “Ozi, qui zebra gafi, facciamo Baglioni!” – Fratello, non ci sono tipe, ci leviamo dai coglioni?
8. “La rabi è una delle seco più nebuo della tavi”. – La birra è una delle cose più buone della
vita.
9. “Questa zapi fa foschi allo zoca”. – Questa pizza fa schifo al cazzo.
10. “Ti presento quel tofa di mio lofrate”. – Ti presento quel fattone di mio fratello.
11. “Chi è quel topela col togela che ci guarda?” – Chi è quel pelato col gelato che ci guarda?
12. “Prendi lo zome che andiamo al rema”. – Prendi la macchina che andiamo al mare.
13. “Refuma le neca è lobe di tobru”. - È troppo bello fumare le canne!
14. “Il Tavernello è un novi di darme”. – Il Tavernello è un vino di merda.
15. “Andiamo a repicchia quegli sciofa di darme”. – Andiamo a picchiare quei fasci di merda.
16. “Quel poti zapu di rabi di fare bioschi”. – Quel tipo puzza di birra da fare schifo.
17. “Hai chiamato il grandrepa e la grandrema?” – Hai chiamato il nonno e la nonna?
18. “Mio nocugi ha toscopa che era ancora nobambi”. – Mio cugino ha scopato che era ancora
un bambino.
19. “Quella è la drema più gafi del toparche”. – Quella è la mamma più figa del parechetto.
20. “Andiamo in nestazio a tirare i foschia?” – Andiamo in stazione a tirare gli schiaffi?
21. “Sei un bobaz! Ti sei fatto refrega dal cispa”. - Sei un babbo! Ti sei fatto fregare dallo
spaccino.
Annotazioni: i “lotranqui” hanno formulato frasi molto semplici, attingendo prevalentemente dal
vocabolario di seba (gafi, lobe, rabi, darme, topela, neca, gosu, tofa, tefra, togela, tasba, drema,
(di) tobru, zoca, nobambi, foschia, foschi, boba(z), ozi, sope, zome, novi, zapi). Possiamo notare la
totale assenza di parole tetrasillabiche (“lunghe”) in Riocontra: difatti, la parola “Tavernello” resta
inalterata. È interessante notare la prevalenza assoluta di nomi e aggettivi tra i termini
riocontrarizzati, mentre sono pochi i verbi: notiamo solo le occorrenze di tabu, tomangia, toscopa,
repicchia, refuma e refrega. Ma erano diverse altre le strutture verbali riocontrarizzabili, che sono
però rimaste inalterate: “svegliarsi”, “passa”, “parla”, “presento”, “guarda”, “prendi”, “andiamo”,
“(hai) chiamato”, “tirare”. Diverse delle parole trasformate sono caratteristiche del gergo milanese
piuttosto che dell’italiano standard: gosu (inteso qui come “condimento”), bonze (“bombolette”),
lobarne (“barnello” - canne), sciapi (“piscia”), bobaz (“babbo”), pesos (“tragedia”), tasba (“sbatta”
– problemi), sciofa (“fascio” – fascisti), grandrepa e grandrema (“nonno” e “nonna”), gafi, cispa
(“spacci” – spacciatori). Infine, è interessante la presenza di parole che differiscono dalla
corrispettiva in italiano standard per via di alcuni “giochi di parole”: “coglioni” è realizzato come
Baglioni alla frase 7 per una certa assonanza con il cognome del cantante Claudio Baglioni, ma non
è una parola in Riocontra. Il Bobaz della frase 21 porta il suffisso -z, ma è una parola singolare.

Il metodo dell’Impertofe, la Erremossa e il Superlavoti. (Attenzione, solo per padroni


della dastra!)
Dopo un periodo di “apprendistato”, il lotranqui acquisisce fluidità ed è ormai pronto per
approdare allo stadio successivo, quello del riose. Adesso, può applicare regole più complesse e
riocontrarizzare parole più lunghe con maggiore scioltezza. Per farlo, potrà servirsi del metodo
dell’Impertofe.
Con le parole trisillabiche (“medie”) abbiamo visto che possiamo applicare anche il metodo del
Cesempli, che porta la terza ed ultima sillaba ad inizio di parola (toscopa, tomangia, nestazio,
nocugi, toparche, lobarne…), mantenendo unite la prima e la seconda. Tuttavia, il Cesempli crea
problemi nel caso di parole che iniziano e finiscono per vocale: una parola come “Ustione”
verrebbe realizzata come neustio, che è però poco orecchiabile. Come sappiamo, l’unica e sacra
regola del Riocontra è quella del Nosuo, che ci obbliga a fare suonare bene le parole. In questi casi,
allora, è opportuno fare affidamento al metodo dell’Impertofe.
Questo metodo si applica soltanto alle parole con almeno tre sillabe. A differenza del Cesempli,
stavolta l’inversione avviene tra le ultime due sillabe con la prima (o le prime in caso di parole con
più di tre sillabe) che mantiene invece la posizione di partenza: “Ustione” sarà stavolta realizzata
come unestio, evitando quindi lo spiacevole incontro tra vocali. Il metodo è detto dell’Impertofe,
poiché basato su un’inversione appunto “imperfetta” (imper-to-fe); in Cesempli, “imperfetto”
avrebbe suonato come “Toimperfe”, anche questa poco orecchiabile.
Osserviamo quindi alcuni esempi di parole isolate: “Ustione” – neustio -> unestio; “Anale” – leana
-> alena; “Aperta” – taaper -> ataper.
Alcuni accorgimenti semplificano la vita di chi parla Riocontra, uno dei quali riguarderebbe parole
che finiscono in -zione che possono essere trattate di default con il metodo dell’Impertofe. Più
precisamente, si parla in questo contesto di metodo del Nezio. Vediamo alcuni rapidi esempi:
“Erezione” – erenezio; “posizione” – posinezio; “eiaculazione” – eiaculanezio.
Certamente, le parole trisillabiche in -zione che iniziano per consonante potranno essere rese
anche con il metodo del Cesempli:
giunzione – negiunzio o giunnezio; frizione – nefrizio o frinezio; minzione – neminzio o minnezio.
L’unica eccenezio (“eccezione”) è rapppresentata dalla parola “situazione”, che sarà resa sempre e
solo come situa.

Un altro principio generale riguarda la metatesi della vibrante alveolare (e, più raramente, di
alcune altre consonanti), che prende il nome di Erremossa. Può capitare infatti che una vibrante
venga a trovarsi dopo l’inversione in posizione finale di parola (“gergo” – goger), cosa che però
rallenterebbe la velocità d’eloquio caratteristica di chi parla il Riocontra. Allora, quando una parola
finisce con la vibrante, il principio della Erremossa ci suggerisce di reinserirla tra le due sillabe
invertite: “furto” – tofu(r) -> torfu; “carte” – teca(r) -> terca; “morte” – temo(r) -> termo. Fa
eccezione la parola “merda”, che può essere realizzata sia come darme (con erremossa quindi) sia
come damer o rdame.

Infine, i riose sanno applicare perfettamente il principio del Superlavoti (“superlativo”), con cui
potere rafforzare il valore di aggettivi e nomi. Gli aggettivi vengono rafforzati con l’espressione di
tobru (“di brutto”): “bellissimo” – lobe di tobru; “fichissima” – gafi di tobru; “schifosissimo” –
foschi di tobru. I nomi vengono invece resi al superlavoti con i prefissi “super”, “mega” o “giga”:
“fumo buonissimo” – super braso; “pizza grandissima” – mega zapi; “lavoro faticosissimo” – giga
tasba.
L’unica eccenezio è rappresentata stavolta da “sfigatissimo” che non sarà realizzato come boba di
tobru, ma come boba di gnole (“babbo di legno”). In generale, i principi possono cambiare di plaza
in plaza e recentemente sembra stare affermandosi una variazione alla forma superlativa di tobru
che è di bruno, che potrebbe facilmente diventare di nobru. Il bello del Riocontra sta proprio in
questa sua meravigliosa varietà di modi ed espressioni di dastra in dastra.
Come fatto per il lotranqui, possiamo quindi vedere alcune strutture frasali dei Riose delle dastra
di Milano:
1. “Hai toscassa la chiamin, basta abbaiare”. – Hai scassato la minchia, basta abbaiare.
2. “Amore, mi compri il dizioriona del Riocontra?” – Amore, mi compri il dizionario del
Riocontra?
3. “L’appetoti vien mangiando, ma anche scopando” – L’appetito vien mangiando, ma anche
scopando.
4. “Oggi piatto unico: lipise”. – Oggi piatto unico: piselli.
5. “In primarave comincia la nestagio della sorca”. – In primavera comincia la stagione della
sorca.
6. “Andiamo subito rifuo dallo zoca”. – Andiamo subito fuori dal cazzo.
7. “Vieni pure, è ataper”. – Vieni pure, è aperta.
8. “Ho avuto un’erenezio durante il corso di gualin”. – Ho avuto un’erezione durante il corso
di lingua.
9. “Quel boba non ha ancora imparato la nelezio”. – Quel babbo non ha ancora imparato la
lezione.
10. “Non esiste una nepozio per diventare esperti”. – Non esiste una pozione per diventare
esperti.
11. “È vobra di tobru nell’esecunezio del sesso orale”. - È molto bravo nell’esecuzione del sesso
orale.
12. “Ricordatevi, domani c’è l’esercitanezio di sosca”. - Ricordatevi, domani c’è l’esercitazione
di scasso.
13. “Alcune parti di te regalano emonezio repu”. - Alcune parti di te regalano emozioni pure.
14. “La pati del poti è gafi di tobru”. - La tipa del tipo è proprio bellissima.
15. “Se non passi quella canna ti faccio supertobru”. - Se non passi quella canna ti faccio
bruttissimo.
16. “In fame chimica, stapa allo stope tatu la tavi”. – In fame chimica, pasta al pesto tutta la
vita.
17. “Giopre di tobru questo dobro di necar!” – Troppo pregio questo brodo di carne!
18. “Dicono che quel tizio abbia lo zoca di un grone”. – Dicono che quel tizio abbia il pene di un
negro.
19. “Se il locu è un giga locu, la pati è gafi di tobru”. – Se il culo è un gran culo, la ragazza sarà
bellissima.
20. “Il poti mi ha tirato un nepippo infinito”. – Il tipo mi ha tirato un pippone infinito.
Annotazioni: i Riose trasformano parole più lunghe in generale. Per le parole trisillabiche, dove è
possibile utilizzare indistintamente il metodo del Cesempli e quello dell’Impertofe, i Riose si
affidano quasi sempre al Cesempli: toscassa, lipise, nestagio, nelezio, nepozio, nepippo. Come
abbiamo visto, sarebbero stati possibili anche scatossa, pilise, stanegio, lenezio, ponezio e pineppo.
L’unico trisillabo realizzato necessariamente con l’Impertofe è ataper, poiché “aperta” inizia e
finisce per vocale. Sono numerose anche le parole con più di tre sillabe, che non apparivano mai
con i lotranqui. Queste sono tutte trasformate con l’Impertofe e il metodo del nezio: dizioriona,
appetoti, primarave, erenezio, esecunezio, esercitanezio, emonezio. Notiamo ancora una volta la
quasi totale assenza di verbi tra le parole riocontrarizzate: non vengono infatti trasformate
“abbaiare”, “mangiando”, “scopando”, “comincia”, “andiamo”, “(ho) imparato”, “vieni”, “(ho)
avuto”, “esiste”, “ricordatevi”, “regalano”, “passi”, “dicono”, “(ha) tirato”. L’unica eccezione è
“(hai) scassato” reso in hai toscassa. I Riose realizzano anche alcuni superlavoti: gafi di tobru (due
volte), supertobru e giga locu. Infine, non mancano certo le parole del dizionario di seba del
Riocontra: gafi (due volte), poti (due volte), pati (due volte), locu (due volte), zoca (due volte),
boba, vobra, stapa.

Il metodo del Supertofe dei Feprossiolena


Il Feprossiolena (“Professionale”) è il massimo livello di complessità, nonché l’ultima innovazione
apportata a questa lingua zzapa. I grandi appassionati di Riocontra narrano sia nato durante una
serata passata al Birrificio di Lambrooklin, quando venne chiesto al Chiove (una sorta di figura
mitica): “Chiove, ma paracadute?”. Lui rispose con grande serenità: “Rapaduteca”. Così, da quel
giorno il Riocontra si arricchì anche del metodo del Supertofe.
Il Supertofe (da “super+perfetto” = super+to(per)fe = supertofe) è estremamente complesso e si
applica soltanto a parole con almeno quattro sillabe. Il metodo del Supertofe non ha altre regole
se non quella inviolabile del Nosuo: si divide la parola in due o più parti e si tratta ciascuna di
queste come una singola parola, applicandovi il Cesempli o l’Impertofe a seconda dei casi.
Osserviamo le venti parole più significative dei Feprossiolena, imparate spesso a memoria perché
fin troppo difficili per essere trasformate sul momento:
“Baciamano” – ciaBa-noMa -> Ciabanoma
“Cacciavite” – ciaCa-teVi -> Ciacatevi
“Cascamorto” – scaCa-toMo(r) – Scacatormo
“Dopopranzo” – poDo-zoPran -> Podozopran
“Ficcanaso” – caFi-soNa -> Cafisona
“Grattacapo” – taGra-poCa -> Tagrapoca
“Guastafeste” – staGua-staFe -> Staguastafe
“Maleducato” – LeMa-to(E)duca -> Lematoduca
“Mezzobusto” – zoMe-stoBu -> Zomestobu
“Parapiglia” – raPa-gliaPi -> Rapagliapi
“Passaporto” – saPa-toPo(r) –> Sapatorpo
“Pescecane” – scePe-neCa -> Scepeneca
“Purosangue” – roPu-gueSan -> Ropuguesan
“Rompicapo” – piRom-poCa -> Pirompoca
“Schiaccianoci” – ciaSchia-ciNo -> Ciaschiacino
“Segnalibro” – gnaSe-broLi – Gnasebroli
“Sottopalla” – toSo-lePa -> Tosolepa
“Spazzaneve” – zaSpa-veNe -> Zaspavene
Nella realtà, le parole fondamentali dei Supertofe non sembrano essere altro che parole
composte, dove ciascuna parte è in realtà una delle parole semplici del composto. Tutte le singole
parti sono composte sempre da due sillabe, dove può essere applicato soltanto il Cesempli. L’unica
eccezione è “maleducato”: nella fattispecie, la seconda parte “educato” sarebbe tetrasillabica e
richiederebbe obbligatoriamente l’Impertofe, ma viene ricostruita come trisillabica con la
cancellazione della vocale “e” iniziale e vi si applica il Cesempli: (lema)toduca.

L’accento nelle parole Riocontra


Le parole Riocontra premiano le parole piane, nelle quali l’accento cade sulla penultima sillaba. Lo
possiamo constatare osservando parole italiane sdrucciole, piane e tronche rese in Riocontra:
“pettina” – napètta; “morbida” – damòrbi; “bambola” – labàmbo; “soffice” – cesòffi; “pàssera” –
rapàsse; “sapida” – dasàpi;
“selvaggia” – giosèlva; “pelosa” – sapèlo; “bagnata” – tabàgna; “golosa” – sagòlo; “pastura” –
rapàstu; “felice” – cefèli;
“prenderà” – raprènde; “ciuccerà” – raciùcce; “fumerà” – rafùme; “sballerà” – resbàlla; “dormirà”
– radòrmi.
Le eccezioni sono costituite dalle forme verbali accompagnate da clitici. Osserviamo alcuni esempi:
“succhiamelo” – chiàSu-melo -> Chiàsumelo
“leccamela” – càLe-mela -> Càlemela
“baciamelo” – ciàBa-melo -> Ciàbamelo.
I testi narrativi in Riocontra dei fratelli Lo Nobru
I tefras Alfredo e Giovanni Di Bruno hanno composto due brevi testi, che fungono nel loro
manuale da esercizio di traduzione dal Riocontra all’italiano, ma che offrono anche degli
interessanti spunti di osservazione:
1. C’era una tavol, in un giovilla tosperdu nelle gnacampa rifuo Telambra, una gafi, un ozi e
un boba di gnole. Ogni namatti l’ozi si svegliava con lo zoca togira. Voleva rescopa di tobru
la gafi, ma il boba di gnole si metteva presem in zome con la sua collenezio di lefarfa e la
gafi spariva. Un nogior, dopo sime e sime di zoca rodu di tobru, l’ozi, costan di farsi le gase,
aspettò toso saca il boba con una zama di rofe e lo coricò di temazza. Poi tornò al giovilla
dalla gafi, rosicu che finaltemen avrebbe toscopa di tobru. L’ozi non poteva resape che la
pati che si voleva rescopa era in realtà una gafi di gnole e che, anche senza il boba tra le
lepa, il suo nodesti sarebbe tosta repassa tatu la tavi a farsi le gase.

“C’era una volta, in un villaggio sperduto nelle campagne fuori Lambrate, una ragazza, un
tipo e un gran sfigato. Ogni mattina il tipo si svegliava con il cazzo girato. Voleva tanto
scoparsi la ragazza, ma lo sfigato si metteva sempre in mezzo con la sua collezione di
farfalle e la ragazza spariva. Un giorno, dopo mesi e mesi di cazzo durissimo, il tipo, stanco
di farsi le seghe, aspettò sotto casa lo sfigato con una mazza di ferro e lo coricò di mazzate.
Poi tornò al villaggio dalla ragazza, sicuro che finalmente avrebbe scopato un sacco. Il tipo
però non poteva sapere che la ragazza che si voleva scopare era in realtà una figa di legno
e che, anche senza lo sfigato tra le palle, il suo destino sarebbe stato di passare tutta la vita
a farsi le seghe”.

2. Una sera d’etesta, io e gli altri tefras, andammo a comprare del Tispa al persutomerca, che
c’era la stafe di una gafi amica di un vovaz. Meno Mahler che era dietro p.v., vicino alla
plaza dei pretazzi. Arriviamo lì con le bighe e, mentre le leghiamo, Claude dice: «Ma ‘sto
Nosuo?». «Gofi di tobru, viene da là!», dissi io. Entriamo dentro a ‘sto giga neporto di
gnole e seguiamo la necanzo fino a che non ci troviamo davanti a una tarpo piccolina,
sempre di gnole. «E se dentro c’è qualcosa che fa brown?», dissi io. «Vai Isis zio», mi dice
Claude. (Grande Claude cazzo… ). Vabé, spalanchiamo la porta e sembra che dentro c’è il
leso: «Minghie che botta!», urlo io. Altro che leso, era nopie di rasuo gafi di tobru, tutte
biotte che, appena han capito che eravamo nopie di Tispa, David Lachaperdere proprio,
non ci hanno mollato più. Tatan baro tsio! Cioè, quando cazzo ci ricapita di fare le riesto
con le resuo! Ciao.

“Una sera d’estate, io e gli altri compagni, andammo a comprare del pastis al
supermercato, visto che ci sarebbe stata la festa di una bellissima amica di uno stupido.
Menomale che era dietro Porta Venezia, vicino alla piazza dei pretazzi. Arriviamo lì con le
bici e, mentre le leghiamo, Claude dice: “Ma questo suono?”. “Gran figata, viene da là!”,
dissi io. Entriamo dentro a questo grande portone di legno e seguiamo la canzone fino a
che non ci troviamo davanti a una porta piccolina, sempre di legno. “E se dentro c’è
qualcosa di brutto?”, dissi io. “Vai tranquillo zio”, mi dice Claude. (Grande Claude cazzo…).
Vabè, spalanchiamo la porta e sembra che dentro ci sia il sole: “Minghie che botta!”, urlo
io. Altro che sole, era pieno di suore bellissime, tutte nude che, appena han capito che
eravamo pieni di pastis, lascia perdere proprio, non ci hanno mollato più. Davvero niente
male zio! Cioè, quando cazzo ci ricapita di avere storie con le suore! Ciao”.

Annotazioni: entrambi i testi presentano diverse parole riocontrarizzate. La maggioranza di queste


è rappresentata da parole del dizionario di seba: gafi (7 volte), gofi (1 volta), ozi (4 volte), boba (4
volte), gnole (5 volte), (di) tobru (4 volte), zoca (2 volte), zome (1 volta), saca (1 volta) tefra(s) (1
volta). La quasi totalità dei lessemi riocontrarizzati corrisponde a dei sostantivi nominali, ma vi
sono anche: due avverbi (presem, finaltemen), due preposizioni (rifuo Telambra, toso saca), cinque
aggettivi (rodu, toscan, rosicu, nopie, tatan), quattro participi con funzione aggettivale o verbale
(tosperdu, togira, toscopa, tosta) e tre infiniti (rescopa, repassa, resape). Non mancano anche i
superlavoti: (boba) di gnole (2 volte), (gafi) di tobru, (gofi) di tobru, giga neporto. Tutte le parole
trisillabiche sono realizzate con il Cesempli: giovilla (2 volte), tosperdu, gnacampa, telambra,
rescopa (2 volte), lefarfa, toscopa, namatti, temazza, rosicu, nodesti, neporto, necanzo. Sono
soltanto due le parole con più di tre sillabe: finaltemen (con Impertofe: final-te-men) e
persutomerca (con Supertofe per-su + to-mer-ca). Infine, notiamo nel secondo testo diverse parole
che non sono caratteristiche del Riocontra, ma in senso più ampio del gergo di strada: tispa
(“pastis”, un miscuglio di acqua, ghiaccio e liquore), vovaz (“stupido”), Meno Mahler
(“menomale”), p.v. (“Porta Venezia”), fa brown (“fare nero”), biotto/a (“nudo/a”), David
Lachaperdere (“lasciar perdere”), tatan baro (“tanta roba” -> “davvero niente male!”).

“Mochia la tua pati non votro mai sochiu”. Il Riocontra nel rap e nella trap italiana
Come vi abbiamo anticipato, il Riocontra è diventato protagonista della scena musicale rap/trap
italiana. Come d’altronde sappiamo, il rap attinge tantissimo dal gergo di strada e, soprattutto, la
scena di Milano e dintorni (la capitale del Riocontra) è la più affermata d’Italia.
Le prime attestazioni affiorano già nel 2005, nel brano “Nuovo Papa” di Marracash dell’album
“Roccia Music I”: “la tipa balla soca, le do il zzoca”, con due attestazioni molto semplici di
Riocontra. Nel 2006, Francesco Cellamaro in arte Esa recita nella traccia “La Trappola” ft. Supa:
“Nella city i raga parlano in riocontra / Nella foga cash zzoca non si gioca si fa la rivolta”. La
citazione è interessante, poiché ci rivela anche l’uso del gergo nella cerchia del rapper calabrese.
Nel 2012 è invece il turno di Oscar White con la “barra” (il verso in gergo rap) “Lafi a saca che vi
mando a casa al contrario”.
Un amante del Riocontra è certamente Gué Pequeno, uno dei nomi più altisonanti della scena rap
italiana e non solo, che nel 2009 rappa in Dogorazia, quarto album dei Club Dogo: “Non mangio
roast beef (/’rosbi/) è l’anagramma di sbirro”. Nel 2015, Gué si ripete nel disco solista Vero, dove
in varie tracce (“Bosseggiando”, “Fuori Orario”, “Pequeno” e “Nouveau Riche”) compaiono parole
come locu, iatro, gafi e nogra. L’attestazione più rilevante è però il zzoca di “Scooteroni”
(“Omozigota gemella che mi sbarella sul zzoca, Eva Herzigova”), visto che il brano con Marracash è
un successo assoluto, l’hit fa doppio platino e l’espressione in Riocontra fa un po’ il giro di tutta
Italia.
Il brano in questione è del 2016, che è anche un anno di straordinaria importanza per l’emergere
del sottogenere trap in Italia. La novità è adesso costituita dall’onomastica, poiché i cosiddetti
street name dei rapper della nuova generazione trap fanno utilizzo del Riocontra: Mirko Manuele
Martorana è in arte Rkomi (“Mirko” -> mi-rko); Mario Molinari, precedentemente noto come
Duate, diventa poi Tedua anche perché “Te Dua” ha in albanese il significato di “Ti amo” (questa la
storia); nella cricca di Tedua (la “Wild Bandana”) è anche presente Sangue, che cambierà presto il
suo nome in Guesan; infine, lo pseudonimo di Jacopo Lazzarini è Lazza (ipocoristico del cognome),
ma si fa spesso chiamare Zzala, che è anche il nome del suo album d’esordio (pubblicato nel 2017).
Non mancano numerose attestazioni di Riocontra tra i testi di questi giovani artisti rap.
1. L’album di Tedua “Orange County” ne ha numerose in tracce diverse:

“Sono fiero se un tefra mi tifa / E non è vero che Tedua t’invidia” (Circonvalley ft. Izi);

“Snitchi i miei commenti, homies / No, mi onori / Tefra non mentir poi” (Fifty Fify ft. Ghali);

“Sei fuori fuori? /Frè, corri corri /Occhio che c'è un rrosbi fuori” (Fre Corri Corri Freestyle);

“Demo ha preso me avevo fotta di chi è povero / Da una zona rioMa, Vaz Tè, IZI e il suo
ricovero” (Sangue ft. Sangue);

“Finiranno per far arrabbiare la propria drema / Apparire quanto ti devia” (Outro Orange
County)”;

2. Anche Lazza sembra essere un appassionato di Riocontra:

“Mamma dice torna a saca presto / Un mio frate' fa che sembro onesto”, “Ti instagrammo
esattamente il zzoca / Che mi gafre del tuo nuovo singolo”, “Non faccio rime ma schiaffi /
Fai foschi, non so cosa farci” e ancora “Vado zzopa per ‘sti euro / Fallo tu il lavoro in nero”
(Fuego);

“Ci portiamo a saca tua sorella” e “Mi hanno detto pensa a fare il nogra / E fallo in fretta
prima che ti bruci” (Sto Magazine Freestyle);

“Se fai un giro in Duomo / C’è una statua di mia drema in oro” (Maleducati);

“Dove zzoca vai con i baggy? / Questa vuole il ciuccio come Maggie” (Lario);

“Per il nogra sono Jovanotti / C’ho la fissa tanto, tanto, tanto, tanto” (430);

“Ho una iatro di fianco / Te lo dice il mio polso che lei non è il mio tipo” e “Fra, mi sembri
mia drema” (Povero Te);

3. Raccontiamo anche la sfida personale del rapper Nerone, che si è cimentato nella scrittura
di un testo con sole parole al Riocontra (e noto infatti come Riocontra Freestyle), del quale
riportiamo le “barre” iniziali:
“Mochia la tua pati non votro mai sochiu / Dova rifuo per la gafi e per il cobu del locu / Le
do il zzoca llobe ttofa in un Ggioparche al iobu e tu?”.
Lo stesso Nerone, in collaborazione con i due amici rapper Secco e Warez, ha dato vita alla crew
“La Miaccade llade Scacru” (“L’Accademia della Crusca”). Il trio hip-hop si era infatti ripromesso di
scrivere soltanto testi in Riocontra, tentativo che è poi sfumato nel tempo, e di creare una sorta di
grammatica del Riocontra con regole fisse. “C’è la necessità di uniformare” ha affermato Nerone
alla presentazione della crew.
Anche quest’obiettivo, diremmo di stampo normativo, non ha raccolto i frutti sperati. Un gergo è
di per sé anarchico e sfugge al concetto stesso di regola. In fondo, la bellezza del Riocontra, un po’
come di tutte le lingue speciali, sta proprio nella sua stupefacente varietà di modi e realizzazioni
perfino a livello individuale. Riempirlo di regole sarebbe come condannarlo a morte.
di Manfredi Maria Tuttoilmondo
Bibliografia:
- “Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo – Nuova Edizione” (2012) di Gaetano
Berruto;
- “Il Riocontra Illutostra - Terza Edinezio” (2018) dei fratelli Alfredo e Giovanni Di Bruno;
- “Rappare “al contrario”: le regole del riocontra” (2017) di billboard Italia;
- “Vuoi fottere il sistema? Stai calmo e usa il Riocontra” (2017) di Bruno Giurato;
- “I segreti del Riocontra, il gergo della Milano di periferia” (2020) di Carlo Chiodo;
- “Linguaggio: guarda come t’inverto le sillabe” (2016) di Massimo Arcangeli e Sandro
Mariani

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