Sei sulla pagina 1di 3

Molti testi siciliani ritrovati in Toscana presentano parole che non sono in rima tra loro.

Infatti la
terminazione in “uri” della lingua siciliana viene trasformata in “ore” della lingua toscana. Quando troviamo
queste rime imperfette siamo dinanzi alle rime della scuola siciliana, rimaneggiate dai toscani.

La struttura dell’impero di Federico II era abbastanza mobile, e possedendo numerose corti non si trattenne
solamente nella sede di Palermo e si spostò insieme a tutti i membri della sua corte, poeti compresi che
erano considerati i suoi uomini di fiducia. Molte delle tenzoni e degli spettacoli non erano dunque
necessariamente avvenuti in Sicilia.

Jacopo Mostacci, Pier della Vigna e Giacomo da Lentini sono 3 uomini fondamentali della corte di Federico
II.

- Giacomo da Lentini era il notaio di Federico II,

- Pier della Vigna, oltre ad essere un personaggio celebre grazie a Dante, era il dictatores e calligrafo di
fiducia di Federico II,

- Jacopo Mostacci era il miles, ossia il soldato di poco conto che per meriti personali riesce a diventare
cavaliere e a lavorare presso la corte di Federico II come suo falconiere. (La caccia col falcone è un arte
praticata per tutto il 300 e ritenuta molto importante dallo stesso Federico).

In questo periodo, la letteratura era concepita come “civile conversazione”: gli amici si incontravano e
scrivevano riguardo diversi temi. Così, tramite il confronto con chi era più in alto di loro, le lacune dei singoli
personaggi spingevano quest’ultimi ad effettuare studi su trattati o testi che prima non avrebbero
considerato.

“De amore” di Andrea Cappellano, veniva usato dai poeti della scuola siciliana come un manuale: quando
dovevano parlare dell’amore se non avevano l’ispirazione, studiavano la teorizzazione dell’amore secondo
Cappellano e si interrogavano sulla veridicità di quello che diceva, traendone ispirazione.

Il codice barberiniano latino 3953 è un codice conservato a Roma che offre una tenzone:

-essa nasce da un poeta che stabilisce una questione e lancia una sfida ad altri poeti. Essi si confrontano e si
scambiano i propri pareri, e dal confronto verrà fuori un sentenziatore che raggrupperà le varie sentenze ed
esprimerà il parere definitivo riguardo la questione.

Jacopo Mostacci lancia la tenzone e parte esprimendo un dubbio.

Jacopo Mostacci lancia la tenzone e parte esprimendo un dubbio che poi chiarirà insieme agli altri.

1° sonetto:

Stimolando un poco il mio pensiero e volendomi divertire con lui, mi è sorto un dubbio che vi sottopongo perché lo sciogliate. In
genere si dice che l’amore è potente e costringe i cuori ad amare, ma questo io non lo condivido, perché l’amore non si è mai veduto,
e non si vede. Si trova, è vero, una disposizione ad amare, che sembra nascere dal piacere, e la si vuol definire amore. Ma io non le
riconosco nessun’altra qualità, e vorrei sentire da voi di che cosa si tratti: perciò vi chiedo di fare da giudice.

Secondo Jacopo Mostacci, non bisogna drammatizzare ed interrogarsi sull’amore in quanto esso è un
sentimento da cui ci si può liberare.Viene definito come una certa amorositate, e dato che non si vede e
non si tocca, possiamo facilmente sottrarci a lui.
Il poeta chiude il suo sonetto dicendo di non essere in grado di darsi una risposta, e chiede al sentenziatore
di chiarire le sue idee.

2° sonetto:

Poiché l'amore non si può vedere e non ha una sostanza fisica, molti sono così folli e poco saggi da credere che esso non sia nulla.
Ma poiché l'amore si fa sentire dentro al cuore e domina le persone, deve avere molto maggior valore che se potessero vederlo come
qualcosa in carne e ossa. Per la virtù della calamita non si vede come questa attiri a sé il ferro, eppure lo attrae dominandolo
incontrastata; e questa cosa mi induce a credere che l'amore esista [come sostanza] e mi dà grande fiducia che sia sempre creduto
fra la gente.

Pier della Vigna risponde al dubbio di Mostacci e dice che l’amore è invisibile ma è impossibile non credere
in esso e non essere coinvolti da esso, in quanto l’amore è come una calamita.

Questa è una posizione del volgo, ossia del popolo e non si tratta ancora di una sentenzia: il fatto che
l’amore sia invisibile rende l’attrazione ancora più fatale e la mancanza accende e alimenta il desiderio di
completarsi.

3° sonetto:

L'amore è un desiderio che proviene dal cuore per abbondanza di grande bellezza; e gli occhi in primo luogo generano l'amore,
mentre il cuore gli dà nutrimento [lo alimenta]. Può accadere talvolta che uno si innamori senza vedere l'oggetto del proprio
sentimento, ma quell'amore che stringe con forza è quello che nasce dalla vista degli occhi: infatti gli occhi raffigurano al cuore la
bontà e la cattiveria di ogni cosa che vedono, come essa è formata in modo naturale; e il cuore, che concepisce questo, immagina, e
quel desiderio gli piace: e questo amore è quello che regna fra la gente.

Giacomo da Lentini tratta l’amore come una scienza e lo chiama “fenomeno”, cioè un qualcosa che si
manifesta e che possiamo vedere nelle varie fasi in cui vive in noi.

- Nella prima quartina viene esposto il tema e dell’argomento e si conclude con un punto.

- Nella seconda quartina si prende ispirazione dalla prima per analizzare la fenomenologia dell’amore.

- Nelle due terzine, invece, lo svolgimento della questione arriva alla conclusione e c’è una sentenza finale.

Secondo Giacomo, l’amore è uno disio: egli non usa una parola casuale, in quanto desiderare vuol dire
volere qualcosa che non si ha.

Egli dice che l’amore ven da core: ciò significa che l’origine dell’amore è il cuore, che è considerato la sede
dei sentimenti; e sorge tutte le volte che noi proviamo piacere.

Gli occhi in primis generano l’amore poiché sono i primi che vedono la bellezza. Essi producono un gran
piacimento, che trasmettono poi al cuore.

Secondo Giacomo, ci si può innamorare di una persona anche senza averla vista, ma si tratta di un amore
che non provoca furor (follia).
Qui il poeta richiama Catullo, che è il primo che definisce l’amore come furor: riusciamo dunque a salvarci
dall’amore solo se non lo vediamo, altrimenti esso diventa una passione che brucia e che non lascia
scampo.

Sono gli occhi che ci fanno capire se una cosa è buona o cattiva, per poi mandare questo messaggio al
cuore: essi forniscono al cuore lo strumento d’analisi del reale e diventano lo strumento cardine
dell’innamoramento.

L’azione degli occhi e del cuore è combinata: gli occhi guardano la cosa bella e inviano il messaggio al cuore,
il quale elabora delle sentenze precise su cosa ci piace e cosa non ci piace e così esso finisce per regnare tra
la gente.

Giacomo da Lentini chiude la tenzone dando una risposta scientifica dell’amore, nata dalla volgarizzazione
del De amore di Andrea Cappellano.

Potrebbero piacerti anche