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(ANALISI DEL TESTO)

Dante Alighieri, Negli occhi porta la mia donna Amore

Negli occhi porta la mia donna Amore,


per che si fa gentil ciò ch’ella mira; 2. per che: perciò mira: guarda
ov’ella passa, ogn’om vèr lei si gira, 3. vèr: verso di
e cui saluta fa tremar lo core, 4 4. e cui: e a colui che
sì che, bassando il viso, tutto smore, 5. smore: impallidisce
e d’ogni suo difetto allor sospira: 6. sospira: sospira a causa della vergogna
fugge dinanzi a lei superbia ed ira. 7. fugge: fuggono
Aiutatemi, donne, farle onore. 8
Ogne dolcezza, ogne pensero umile 9. umile: in senso positivo, opposto a superbo
nasce nel core a chi parlar la sente,
ond’è laudato chi prima la vide. 11 11. ond’è: e per questo è
Quel ch’ella par quando un poco sorride, 12. par: sembra
non si pò dicer né tenere a mente, 13. po’ dicer: può dire
sì è novo miracolo e gentile. 14 14. sì: a tal punto

Comprensione e analisi
1. Aiutandoti con le note, esponi il contenuto della poesia.
2. Spiega, sulla base del testo, gli effetti che la visione della donna ha sugli uomini che la contemplano.
3. Esegui l’analisi metrica del testo: come è definito questo tipo di componimento? Qual è lo schema
delle rime? Come si definisce la rima che caratterizza le due quartine e le due terzine?
4. Su quali elementi possiamo basarci per affermare che la poesia rientra pienamente nelle ‘norme’
formali del Dolce Stil Novo? Rintracciali e spiegali.
5. Il testo presenta la ripetizione di alcune parole-chiave: evidenziale e spiega la loro importanza.

Commento
L’ultima terzina presenta il tema dell’ineffabilità tipico di Cavalcanti. A tuo parere Dante riprende questo
tema con lo stesso significato espresso da Cavalcanti? Da cosa lo capisci? Rispondi anche in relazione
alla visione che quest’ultimo aveva del fenomeno dell’innamoramento.
(ANALISI DEL TESTO)

Guido Cavalcanti, Io non pensava che lo cor giammai, vv. 1-14 e 43-56.

Io non pensava che lo cor giammai pensava: pensavo


avesse di sospir’ tormento tanto, “provasse a causa dei sospiri tanto dolore”
che dell’anima mia nascesse pianto dell’: dall’
mostrando per lo viso agli occhi morte. “che mostra all’esterno, attraverso il viso, la morte”
Non sentìo pace né riposo alquanto 5 Non sentìo: non ho più provato
poscia ch’Amore e madonna trovai, poscia ch’: dopo che trovai: incontrai
lo qual mi disse: «Tu non camperai, camperai: sopravviverai
ché troppo è lo valor di costei forte». ché: perché
La mia virtù si partìo sconsolata si partìo: se ne andò
poi che lassò lo core 10 poi che lassò: dopo aver lasciato
a la battaglia ove madonna è stata: a la: nella è stata: era stata presente
la qual degli occhi suoi venne a ferire “ella tramite i suoi occhi mi ferì”
in tal guisa, ch’Amore in tal guisa, ch’: in tal modo, che
ruppe tutti miei spiriti a fuggire. ruppe: costrinse

[…]

Canzon, tu sai che de’ libri d’Amore de’ libri d’Amore io t’asemplai: io scrissi delle poesie
io t’asemplai quando madonna vidi: 45 d’amore
ora ti piaccia ch’io di te mi fidi “ora per favore, visto che mi fido di te,”
e vadi ’n guis’ a lei, ch’ella t’ascolti; e vadi ‘n guisa a lei: vai da lei in modo
e prego umilemente a lei tu guidi “e ti prego umilmente di condurre a lei”
li spiriti fuggiti del mio core, del: dal
che per soverchio de lo su’ valore 50 “che a causa dell’eccessiva potenza della sua virtù”
eran distrutti, se non fosser vòlti, “sarebbero stati distrutti, se non fossero fuggiti”
e vanno soli, senza compagnia,
e son pien’ di paura.
Però li mena per fidata via “Perciò conducili per una strada sicura”
e poi le di’, quando le se’ presente: 55 le di’: dille le se’ presente: le sei davanti
«Questi sono in figura “Questi (spiriti) sono la testimonianza”
d’un che si more sbigottitamente». “d’un uomo che muore senza capire”

Comprensione e analisi

1. Riassumi il contenuto delle due strofe, quindi spiega per ciascuna di esse se presenti un
andamento narrativo, descrittivo, riflessivo o dialogico.
3. Le due strofe sono collegate dall’elemento degli spiriti: spiega quale sia la loro funzione
all’interno del testo.
3. Il testo, che segue lo schema della canzone (v. 43), presenta strofe costruite secondo strutture
tra loro simmetriche: sottolinea gli elementi (tipo e numero di versi, schema delle rime) che creano
tale simmetria.
4. Analizza la struttura sintattica delle due strofe: prevale la paratassi o l’ipotassi? Le due strofe
mostrano in questo senso significative differenze? A cosa è dovuta a tuo parere questa scelta?
5. Qual è a tuo parere il campo semantico prevalente all’interno della poesia? Rispondi portando
esempi significativi.

Commento

Evidenzia le caratteristiche della poesia che a tuo parere maggiormente la allontanano dallo
Stilnovo sia a livello di forma sia a livello di contenuto, quindi spiega se sia possibile a tuo parere
attribuire alla donna presente nel testo il ruolo di “donna angelo”.
(ANALISI DEL TESTO)

F. Petrarca, Lassare il velo o per sole o per ombra (Canzoniere, 11)

Lassare il velo o per sole o per ombra, 1.Lassare il velo: Togliere il velo dal viso
donna, non vi vid’io
poi che in me conosceste il gran desio 3. poi che: dal momento in cui desio: desiderio
ch’ogni altra voglia d’entr’al cor mi sgombra. 4. d’entr’al: da dentro il sgombra: allontana
Mentr’io portava i be’ pensier’ celati, 5 5. Mentr’: finché
ch’ànno la mente desïando morta, 6. “che hanno ucciso la ragione tramite il desiderio”
vidivi di pietate ornare il volto; 7. vidivi: vi vidi
ma poi ch’Amor di me vi fece accorta, 8. di me...accorta: vi fece accorgere di me
fuor i biondi capelli allor velati, 9. fuor: furono
et l’amoroso sguardo in sé raccolto. 10
Quel ch’i’ più desiava in voi m’è tolto: 11. desiava in voi: desideravo di voi
sí mi governa il velo 12. sì mi governa: in questo modo mi tratta
che per mia morte, et al caldo et al gielo, 13. per mia morte: per farmi soffrire mortalmente
de’ be’ vostr’occhi il dolce lume adombra. 14. adombra: nasconde

Comprensione ed Analisi
1. Il componimento è diviso in due sezioni: nella prima viene narrata una vicenda, mentre nella seconda se
ne descrivono le conseguenze. Individua le due sezioni e riassumine il contenuto.
2. A cosa si riferisce Petrarca quando scrive al v. 11 “Quel ch’i’ più desiava in voi”? Perché il fatto che gli sia
stato “tolto” lo fa soffrire mortalmente?
3. Osserva con attenzione i v. da 5 a 10: in che senso si può dire che il comportamento di Petrarca e di
Laura cambino in maniera opposta?
4. Individua all’interno del testo alcuni esempi di antitesi e spiega la loro funzione.
5. Dal punto di vista metrico il componimento segue lo schema della “ballata”: individua e trascrivi lo schema
delle rime, facendo attenzione alla misura dei versi.

Commento
Come sempre avviene nei testi di Petrarca, la poesia presenta elementi tratti dalla tradizione soprattutto
stilnovistica ed altri tipici invece della visione petrarchesca dell’amore. Individua i principali elementi dell’uno
e dell’altro tipo, quindi spiega se a tuo parere prevalga in questa poesia una concezione positiva o negativa
del sentimento amoroso.
(ANALISI DEL TESTO)

Dante, Divina Commedia, Inferno, canto XVII

Quindi sentimmo gente che si nicchia si nicchia: geme in modo soffocato


ne l’altra bolgia e che col muso scuffa, scuffa: soffia rumorosamente
e sé medesma con le palme picchia. […] 105 palme: palmi (delle mani)
Lo fondo è cupo sì, che non ci basta “Il fondo è così in basso, che per vederlo è
loco a veder sanza montare al dosso necessario salire sulla sommità del ponte che lo
de l’arco, ove lo scoglio più sovrasta. 111 sovrasta verticalmente”
Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso. 114 privadi: latrine mosso: tratto
E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo, lordo: sporco
che non parëa s’era laico o cherco. 117 “che non si capiva se fosse laico o un frate”
Quei mi sgridò: “Perché se’ tu sì gordo sgridò: urlò gordo: desideroso
di riguardar più me che li altri brutti?”. brutti: sporchi
E io a lui: “Perché, se ben ricordo, 120
già t’ho veduto coi capelli asciutti,
e se’ Alessio Interminei da Lucca:
però t’adocchio più che li altri tutti”. 123 però: perciò
Ed elli allor, battendosi la zucca:
“Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe lusinghe: espressioni di adulazione
ond’io non ebbi mai la lingua stucca”. 126 ond’io: di cui stucca: stanca
Appresso ciò lo duca “Fa che pinghe”, Fa che pinghe: Spingi
mi disse, “il viso un poco più avante,
sì che la faccia ben con l’occhio attinghe 129 con… attinghe: raggiungi con lo sguardo
di quella sozza e scapigliata fante fante: donna di basso livello
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia e ora è in piedi stante. 132
Taïde è, la puttana…”

Alessio Interminelli: nobile lucchese di cui non abbiamo altre notizie, ma che Dante conosceva di persona (v. 121).
Taide: prostituta che compare in una commedia di Terenzio, spesso portata come esempio di adulazione nel Medioevo.

Comprensione ed Analisi
1. Il brano narrato si svolge all’interno di una delle dieci “bolge” (fosse) in cui si divide l’8° cerchio
dell’Inferno; in essa sono puniti gli adulatori, coloro che lodarono altre persone per ottenerne vantaggi
personali. Riassumi la scena descritta da Dante, evidenziando le caratteristiche del luogo e delle anime che
vi si trovano.
2. Prima di vedere le anime, Dante sente i rumori che esse producono: come si collegano questi suoni alla
pena che viene descritta in seguito?
3. Analizza l’aspetto fonetico del brano: quale tipo di suoni prevale? Con quale effetto? Rispondi portando
esempi significativi.
4. Analizza le scelte lessicali operate da Dante in questi versi: come puoi definire il registro linguistico
adottato? Rispondi portando esempi significativi.

Commento
Spiega, sulla base dell’ordinamento morale proposto da Dante, in quale parte dell’Inferno ci troviamo; poi
illustra la legge del contrappasso e spiega in che modo essa si realizzi per le anime di questa bolgia. Infine
confronta questo episodio con un altro a te noto a cui si può collegare per somiglianza o per opposizione.
(ANALISI DEL TESTO)

Boccaccio, Decameron, II giornata, novella quarta.

Credesi che la marina da Reggio a Gaeta sia quasi la più dilettevole parte d’Italia; nella quale assai
presso a Salerno è una costa sopra il mare riguardante, la quale gli abitanti chiamano la Costa d’Amalfi,
piena di piccole città, di giardini e di fontane e d’uomini ricchi e procaccianti in atto di mercatantìa
[commercio] sì come alcuni altri. Tra le quali cittadette n’è una chiamata Ravello, nella quale, come che
oggi v’abbia di ricchi uomini, ve n’ebbe già uno il quale fu ricchissimo, chiamato Landolfo Rufolo; al 5
quale non bastando la sua ricchezza, disiderando di raddoppiarla, venne presso che fatto [fu sul punto]
di perder con tutta quella se stesso.
[Landolfo investe tutto il suo denaro per acquistare una nave e grandi quantità di merci; si reca poi a
Cipro, ma qui a causa della forte concorrenza è costretto a rivendere le merci a bassissimo prezzo.]
E portando egli di questa cosa seco grandissima noia, non sappiendo che farsi e veggendosi di 10
ricchissimo uomo in brieve tempo quasi povero divenuto, pensò o morire o rubando ristorare i danni
suoi, acciò che là onde [da dove] ricco partito s’era, povero non tornasse. E trovato comperatore del
suo gran legno, con quegli denari e con gli altri che della sua mercatantìa avuti avea comperò un
legnetto sottile da corseggiare [compiere azioni di pirateria], e quello d’ogni cosa opportuna a tal
servigio armò e guernì ottimamente, e diessi a far sua della roba d’ogni uomo, e massimamente sopra i 15
turchi. Al qual servigio gli fu molto più la fortuna benivola che alla mercatantìa stata non era. Egli,
forse infra uno anno, rubò e prese tanti legni di turchi, che egli si trovò non solamente avere
racquistato il suo che in mercatantìa avea perduto, ma di gran lunga quello aver raddoppiato. Per la
qual cosa, gastigato [istruito] dal primo dolore della perdita, conoscendo che egli aveva assai, per non
incappar nel secondo, a se medesimo dimostrò dovergli bastare quello che aveva, senza voler più, e 20
per ciò si dispose di tornarsi con esso a casa sua: e pauroso della mercatantìa, non s’impacciò
d’investire altramenti i suoi denari, ma con quello legnetto col quale guadagnati gli avea, dato de’ remi
in acqua, si mise al ritornare.
[Durante il viaggio di ritorno, Landolfo vede alzarsi una burrasca e decide prudentemente di fermarsi nel
golfo protetto di un’isoletta. Ma poco dopo giungono lì per lo stesso motivo due navi di genovesi, che 25
fanno prigioniero Landolfo e affondano la sua imbarcazione dopo essersi impadroniti di tutte le ricchezze
che trasportava.]
Il dì seguente, mutatosi il vento, le cocche ver’ Ponente venendo fêr [fecero] vela, e tutto quel dì
prosperamente vennero al lor viaggio: ma nel fare della sera si mise un vento tempestoso, il qual
faccendo i mari altissimi divise le due cocche [navi] l’una dall’altra. E per forza di questo vento 30
addivenne che quella sopra la quale era il misero e povero Landolfo con grandissimo impeto di sopra
all’isola di Cifalonia percosse in [si arenò su] una secca, e non altramenti che un vetro percosso ad un
muro tutta s’aperse e si stritolò; di che i miseri dolenti che sopra quella erano, essendo già il mare
tutto pieno di mercatantìe che notavano e di casse e di tavole, come in così fatti casi suole avvenire,
quantunque oscurissima notte fosse ed il mare grossissimo e gonfiato, n[u]otando quegli che notar 35
sapevano, s’incominciarono ad appiccare [aggrappare] a quelle cose che per ventura [caso] lor si
paravan davanti.
[Landolfo si aggrappa ad un’asse di legno e riesce a rimanere a galla fino al mattino successivo.]
Il quale venuto, guardandosi egli da torno, niuna cosa altro che nuvoli e mare vedea, ed una cassa la
quale sopra l’onde del mare n[u]otando talvolta con grandissima paura di lui gli s’appressava, 40
temendo non quella cassa forse il percotesse per modo che gli noiasse [lo danneggiasse]: e sempre che
presso gli venia, quando potea, con la mano, come che poca forza n’avesse, l’allontanava. Ma come che
il fatto s’andasse, addivenne che, solutosi [scatenatosi] subitamente nell’aere un groppo di vento e
percosso nel mare, sì grande in questa cassa diede, e la cassa nella tavola sopra la quale Landolfo era,
che, riversata, per forza Landolfo, lasciatala, andò sotto l’onde e ritornò suso notando, più da paura che 45
da forza aiutato, e vide da sé molto dilungata [allontanata] la tavola; per che, temendo non potere ad
essa pervenire, s’appressò alla cassa la quale gli era assai vicina, e sopra il coperchio di quella posto il
petto, come meglio poteva, con le braccia la reggeva diritta. Ed in questa maniera, gittato dal mare ora
in qua ed ora in là, senza mangiare, sì come colui che non aveva che [niente], e bevendo più che non
avrebbe voluto, senza sapere ove si fosse o vedere altro che mare, dimorò tutto quel giorno e la notte 50
vegnente. Il dì seguente appresso, o piacer di Dio o forza di vento che il facesse, costui, divenuto quasi
una spugna, tenendo forte con ammendune [entrambe] le mani gli orli della cassa a quella guisa che far
veggiamo a coloro che per affogar sono quando prendono alcuna cosa, pervenne al lito dell’isola di
Gurfo [Corfù], dove una povera feminetta per ventura suoi stovigli con la rena [sabbia] e con l’acqua
salsa lavava e facea belli. 55
[La donna trascina a riva il naufrago ancora aggrappato alla cassa, lo porta a casa propria e lo cura.
Quando Landolfo si riprende, la donna gli restituisce la cassa, che egli crede priva di valore.]
Nondimeno, non essendo la buona femina in casa, la sconficcò [aprì] per vedere che dentro vi fosse, e
trovò in quella molte preziose pietre, e legate e sciolte, delle quali egli alquanto s’intendea. Le quali
veggendo e di gran valor conoscendole, lodando Iddio che ancora abbandonare non l’aveva voluto, 60
tutto si riconfortò: ma sì come colui che in piccol tempo fieramente era stato balestrato [bersagliato]
dalla fortuna due volte, dubitando della terza, pensò convenirgli molta cautela avere a voler quelle
cose poter conducere a casa sua; per che in alcuni stracci come meglio potè ravvoltele, disse alla buona
femina che più di cassa non aveva bisogno, ma che, se le piacesse, un sacco gli donasse ed avessesi [si
tenesse] quella. 65
[Landolfo ringrazia la donna e, aiutato da alcuni compatrioti incontrati a Trani, riesce a tornare a
Ravello.]
Quivi parendogli esser sicuro, ringraziando Iddio che condotto ve l’avea, sciolse il suo sacchetto, e con
più diligenza cercata ogni cosa che prima fatto non avea, trovò sè avere tante e sì fatte pietre, che, a
convenevole pregio [adeguato prezzo] vendendole ed ancor meno, egli era il doppio più ricco che
quando partito s’era. E trovato modo di spacciar [vendere] le sue pietre, infino a Gurfo mandò una
buona quantità di denari, per merito del servigio ricevuto, alla buona femina che di mare l’avea tratto,
ed il simigliante fece a Trani a coloro che rivestito l’aveano; ed il rimanente, senza più voler mercatare,
si ritenne, ed onorevolemente visse infino alla fine.

Comprensione ed analisi

1. Riassumi la trama della novella, mettendone in luce gli snodi narrativi fondamentali.
2. La vicenda del protagonista può essere definita a tuo parere un “percorso di formazione”? Perché?
3. Analizza l’ambientazione della novella: quale classe sociale ne è protagonista? Quale effetto ottiene Boccaccio
ambientando la vicenda fuori dall’Italia?
4. Con quale elemento tipico del mondo del Decameron deve continuamente confrontarsi il protagonista? Quali sono i
passi e le espressioni del testo più significativi in questo senso?
5. Alle righe 9-11 viene ripetuta due volte la stessa figura retorica: quale? Quale elemento della novella è sottolineato
dall’uso di questa figura?

Commento

La novella proposta presenta alcuni valori tipici della cultura e dell’opera di Boccaccio: descrivili in riferimento a questa e
ad altre novelle lette in classe, spiegando quali di essi possano essere considerati innovativi nel panorama culturale
dell’epoca. A questo proposito, ipotizza in che modo Dante avrebbe giudicato il personaggio di Landolfo Rufolo.
(ANALISI DEL TESTO)

Niccolò Machiavelli, Dell’arte della guerra, libro settimo (1521)

Credevano i nostri principi italiani, prima ch’egli1 assaggiassero i colpi delle oltramontane2 guerre,
che a uno principe bastasse sapere negli scrittoi3 pensare una acuta risposta, scrivere una bella
lettera, mostrare ne’ detti e nelle parole arguzia e prontezza, ornarsi di gemme e d’oro, dormire e
mangiare con maggiore splendore che gli altri, tenere assai lascivie intorno4, governarsi co’ sudditi
avaramente e superbamente, marcirsi nello ozio, disprezzare se alcuno avesse loro dimostrato alcuna 5
lodevole via, volere che le parole loro fussero responsi di oraculi5; né si accorgevano i meschini che si
preparavano ad essere preda di qualunque gli assaltava. Di qui nacquero poi nel mille quattrocento
novantaquattro i grandi spaventi, le sùbite6 fughe e le miracolose7 perdite; e così tre potentissimi stati
che erano in Italia, sono stati più volte saccheggiati e guasti.
Ma quello che è peggio, è che quegli che ci restano8 stanno nel medesimo errore e vivono nel 10
medesimo disordine, e non considerano che quegli che anticamente volevano tenere lo stato,
facevano e facevano fare tutte quelle cose che da me si sono ragionate, e che il loro studio9 era
preparare il corpo a’ disagi e lo animo a non temere i pericoli. Onde nasceva che Cesare, Alessandro e
tutti quegli uomini e principi eccellenti, erano i primi tra’ combattitori, andavano armati a piè, e se
pure perdevano lo stato, e’10 volevano perdere la vita; talmente che vivevano e morivano 15
virtuosamente. E se in loro, o in parte di loro, si poteva condannare troppa ambizione di regnare, mai
non si troverrà che in loro si condanni alcuna mollizie o alcuna cosa che faccia gli uomini delicati e
imbelli. Le quali cose, se da questi principi fussero lette e credute, sarebbe impossibile che loro non
mutassero forma di vivere e le provincie loro non mutassero fortuna.

1. egli: essi 2. oltramontane: provenienti da oltre le Alpi 3. scrittoi: stanza dedicata alla scrittura
4. tenere… intorno: circondarsi di piaceri 5. fossero… oraculi: fossero ritenute vere come responsi divini
6. subite: improvvise 7. miracolose: incredibili 8. quegli… restano: i principi rimasti
9. studio: obiettivo 10. e’: essi

Comprensione e analisi
1. Riassumi il contenuto del testo, spiegando brevemente a quale contesto storico faccia riferimento l’autore
alle righe 1-2 e 7-9.
2. Analizza e trascrivi i termini usati da Machiavelli per descrivere il comportamento dei principi a lui
contemporanei: quali atteggiamenti negativi vogliono sottolineare? Quale istituzione dell’epoca risulta
indirettamente oggetto di questa critica?
3. Analizza invece i termini usati per descrivere i principi del passato: quali virtù ne emergono?
4. Quale figura retorica è utlizzata dall’autore alla riga 8, e con quale scopo?

Commento
Indica in quali passi del brano possano essere rintracciati l’esperienza delle cose moderne e la lezione degli
antiqui, spiegando quale significato abbiano questi due concetti per Machiavelli; poi, anche in riferimento
all’affermazione “facevano e facevano fare tutte quelle cose che da me si sono ragionate” (riga 12), ipotizza
cosa secondo Machiavelli avrebbero potuto fare i principi italiani di fine ‘400 per evitare di veder entrare in
crisi i propri stati.
(Testo argomentativo)

Scrivere a mano? “Aiuta ad apprendere meglio”, articolo non firmato apparso nel 2018 sul sito del
Polo Archivistico della regione Emilia-Romagna.

“Non conta solo cosa scriviamo, ma come lo scriviamo”. Con questa frase la scrittrice Maria
Konnikova ha riaperto il dibattito negli Stati Uniti sulla necessità o meno di continuare a
insegnare l'arte di scrivere a mano. Ci limitiamo infatti a ricordare che numerosi Stati hanno
recentemente eliminato questo insegnamento dalla lista delle materie obbligatorie: inutile
insistervi – è la motivazione di fondo – se tutto ormai viene scritto e condiviso usando le tastiere. 5
La tesi ha incontrato non poco consenso, e d’altronde lo dimostrano le scelte istituzionali appena
citate, ma come ampiamente immaginabile è tutt’altro che unanimemente condivisa. Nel suo
articolo per il NY Times, la Konnikova dà proprio voce a quanti, specie nel campo della psicologia
cognitiva, sono poco o per nulla convinti del fatto che il corsivo possa essere tranquillamente
relegato tra le “bizzarre reliquie del passato”. Tra questi lo psicologo francese Stanislas Dehaene: 10
scrivere a mano – afferma – mette in moto un circuito neurale che ci farebbe gradualmente
assimilare il gesto necessario a tracciare uno specifico segno. Ed è quel circuito – sintetizza – a
rendere più facili i nostri percorsi di apprendimento. A sostegno di questa teoria, nell’articolo si
legge anche di un test del 2012, condotto dalla psicologa Karin James, e realizzato con un gruppo
di bambini. Il loro compito era di riprodurre una lettera in tre differenti modi: su un foglio 15
bianco; su una pagina che già conteneva un contorno tratteggiato della lettera; e sullo schermo di
un computer, servendosi di una tastiera. Con uno scanning cerebrale effettuato successivamente,
fu chiaro che nel solo caso della scrittura a mano libera venivano attivate con intensità le stesse
aree del cervello normalmente stimolate negli adulti alle prese con attività di lettura e scrittura.
Questo perché, stando alle interpretazioni della James, è solo scrivendo a mano libera che il 20
bambino deve in pratica imparare a compiere un percorso, senza disporre di nessun altro aiuto
se non la possibilità di trarre tesoro dai propri errori.
Sbagliando si impara, in estrema sintesi, e forse si riesce anche a immaginare di più, come
suggerisce un altro studio a opera di Virginia Berninger. Anche in questo caso dei bambini sono
stati chiamati a scrivere in corsivo e con una tastiera, e anche in questo caso l’evidenza è che per 25
farlo hanno stimolato aree del cervello completamente differenti. Ma non finisce qui, perché
secondo la Berninger “scrivendo a mano, i ragazzi non solo erano in grado di comporre più
parole e più in fretta, ma anche di esprimere più idee e pensieri”. Inoltre e infine, i soggetti con la
grafia migliore sembravano anche in grado di attivare le stesse aree del cervello normalmente
stimolate durante le attività di memorizzazione. 30
Per la Konnikova, inoltre, i benefici della scrittura a mano si estenderebbero anche oltre
l’infanzia. “Scrivendo al computer – argomenta – gli adulti riescono a essere molto più veloci e
performanti rispetto a quanto potrebbero fare manualmente, ma forse questa efficienza la si
paga con una minore capacità di processare nuove informazioni. Non solo apprendiamo meglio il
significato di ogni singola lettera se la scriviamo a mano, e così facendo la memorizziamo 35
gradualmente. Ma è probabile che anche le capacità generali di apprendimento e memoria
possano aumentare”. E ancora una volta ci sarebbero evidenze scientifiche a riguardo: uno studio
condotto con alcuni studenti della University of California dimostrerebbe che prendere appunti a
mano, anziché col laptop o il tablet, potrebbe aiutare a fissare meglio i concetti e le nozioni.
Ma forse l’evidenza più forte a sostegno delle proprie tesi la Konnikova se la tiene in coda, e la
scelta appare tutt’altro che casuale. Stavolta a parlare è Paul Bloom, piscologo annoverato tra gli 40
scettici sui presunti benefici a lungo termine derivanti dalla scrittura a mano. Scettico, ma a
quanto sembra in via di conversione, perché, suo virgolettato alla mano, “se è vero che scrivere a
mano aiuta a concentrarsi meglio su ciò che si ritiene importante, forse effettivamente aiuta
anche a pensare meglio”.
Comprensione ed Analisi
1. Esponi in maniera chiara la tesi sostenuta nell’articolo e le argomentazioni usate per sostenerla.
2. Risulta possibile individuare all’interno del brano la formulazione di un’antitesi? Essa viene confutata?
3. Rintraccia nel testo il riferimento a pareri di esperti del settore, riassumi la loro posizione nel dibattito e
spiega quale funzione abbiano queste citazioni all’interno dell’argomentazione.
4. Perché nel brano si legge che “l’evidenza più forte a sostegno delle tesi” (r. 39) è quella finale?

Commento
Opzione A) Esponi un tuo parere personale sul tema affrontato dall’articolo, sostenendolo con
argomentazioni originali riferite alle tue conoscenze ed esperienze.
Opzione B) Sviluppa un testo argomentativo a partire dal seguente quesito: sarebbe possibile, nella scuola
italiana di oggi per come tu la conosci, abbandonare completamente la scrittura a mano a favore di quella
digitale? Sostieni la tua tesi con argomentazioni riferite alle tue conoscenze ed esperienze.
(Testo argomentativo)
Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?
di Massimo Ferri (docente di Geometria, Università di Bologna), www.ilfattoquotidiano.it, 17/2/2019.

Da un po’ di giorni sul fattoquotidiano.it mi attirava un curioso articolo: Claudio Baglioni e la


guida autonoma: “Mi preoccupa più di Sanremo”. Finalmente mi son deciso a leggerlo e mi
permetto di aggiungere le mie considerazioni alle sue. Dichiaro da subito che sono un fervente
sostenitore della robotica, dell’intelligenza artificiale e in particolare dei veicoli autonomi.
Non trovo inopportuno che Baglioni si esprima su questo e altri argomenti: se un giornalista gli 5
fa domande, non vedo perché non debba rispondere. Anzi, trovo importante che lo faccia:
presenta l’opinione di una persona estranea al settore, ma risaputamente di un uomo
intelligente, sensibile e attento. Perciò i suoi timori vanno ascoltati con rispetto. D’altra parte
sono condivisi da una miriade di articoli di giornali. Certe domande sono tutt’altro che
impertinenti: su chi deve ricadere la responsabilità di un incidente causato da un veicolo 10
autonomo? Questo è un tema attualissimo, dal punto di vista sia etico sia giuridico, alla faccia di
chi pensa che le nuove tecnologie emarginino gli “umanisti”. Anche la domanda su chi (uomo o
macchina) deciderà in caso di scelte estreme è argomento ampiamente studiato. Baglioni tocca
anche il problema della “moralità” di queste macchine, e guarda caso anche questo è un
problema di cui leggo regolarmente su riviste del settore: se l’alternativa è far morire il 15
viaggiatore o i pedoni là fuori, cosa deve fare il veicolo? Siccome questa decisione dev’essere
presa a freddo nella programmazione del sistema, sul progettista grava una responsabilità
spaventosa.
Ma è proprio qui che rilevo un’incongruenza clamorosa; non di Baglioni, ma di tutti noi quando
sfioriamo questi argomenti: ci preoccupiamo di come programmare una scelta di vita o di morte, 20
ma non ci curiamo troppo del fatto che questa scelta venga fatta d’impulso ogni giorno da
guidatori umani; o addirittura non venga fatta, per distrazione. Ci sconvolge la morte causata da
un veicolo autonomo di Uber, ma le statistiche sugli incidenti “normali” ci lasciano abbastanza
indifferenti (nel 2017, in Italia 3.378 morti, 25.315 nell’Ue, per non parlare dei feriti). Ci inquieta
che a guidare sia un freddo calcolatore, ma sappiamo benissimo che in questo stesso momento 25
stanno guidando migliaia di ubriachi. Ma allora, invece che delle automobili autonome non
dovremmo aver paura delle automobili tout court? Tutto sommato, un veicolo autonomo può
fare cose impossibili per un umano: osservare la strada senza batter ciglio, senza colpi di sonno;
anzi, può osservare contemporaneamente la strada che ha davanti e anche dietro; e intanto
controllare tutti gli strumenti. Nel suo addestramento sono entrati migliaia di incidenti, veri e 30
simulati.
Ciò significa che tutti i problemi siano risolti? Assolutamente no! Ma è proprio per questo che la
ricerca è affascinante. L’intelligenza artificiale sta progredendo a ritmi incredibili e lo studio su
come controllarla deve andare di pari passo, anzi dovrebbe precedere gli avanzamenti tecnici,
soprattutto in campo militare. Parliamoci chiaro: se non ci sarà un’intesa a livello internazionale 35
del tipo della non-proliferazione nucleare (pur con tutti i suoi limiti evidenti) ci saranno nazioni
che non andranno tanto per il sottile nello sviluppo di armi autonome. Anche lì, poi: ci fa paura il
robot soldato (e tutti pensiamo a Terminator), ma dato per scontato che – almeno per adesso –
delle forze armate non possiamo fare a meno, è più morale mandare a crepare degli esseri umani
o delle macchine? 40
Volenti o nolenti, dovremo accettare l’intelligenza artificiale nel nostro futuro imminente; meglio
allora non voltarsi dall’altra parte. Dal punto di vista tecnico-scientifico, poi, c’è da leccarsi i baffi:
certi sistemi funzionano a meraviglia (penso in particolare a quelli di deep learning); eppure non
ci sono ancora modelli soddisfacenti che ne giustifichino il successo. Molto probabilmente, come
è successo in passato in altri campi, se tali modelli saranno disponibili porteranno a ulteriori salti
di qualità.

Comprensione e analisi
1. Illustra la tesi esposta dall’autore e le argomentazioni più significative usate per sostenerla.
2. Quale funzione hanno all’interno del testo le dichiarazioni di Baglioni? Come vengono introdotte
dall’autore?
3. In che senso secondo l’autore le nuove tecnologie non emarginano gli “umanisti” (riga 12)? Quale deve
essere il loro contributo in questo campo?
4. Di fronte a un tema settoriale e complesso, quali scelte linguistiche e stilistiche opera l’autore? A quale
pubblico di conseguenza si rivolge?

Commento
Alcuni saggi e numerosi romanzi e film di fantascienza hanno immaginato un futuro in cui le macchine
diventerrano talmente intelligenti da poter mettere a rischio la vita umana come oggi la conosciamo: alla luce
dei progressi della tecnologia già oggi visibili, ritieni che questa sia una prospettiva verosimile? Argomenta la
tua tesi attraverso riferimenti all’attualità e alle tue conoscenze scolastiche ed extrascolastiche.

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