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PETRARCA, RVF 1

Voi1 ch’ascoltate in rime sparse2 il suono


di quei sospiri ond’io nudriva3 ’l core
in sul4 mio primo giovenile errore
quand’era in parte5 altr’uom da quel ch’i’ sono,
del vario stile6 in ch’io piango et ragiono
fra le vane speranze e ’l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore7,
spero8 trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio9 or sì come al popol tutto
favola10 fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;11
et del mio vaneggiar12 vergogna è ’l frutto,
e ’l pentersi,13 e ’l conoscer chiaramente
che quanto piace14 al mondo è breve15 sogno.
1
Voi: il vocativo è rivolto ai lettori della raccolta.
2
rime sparse: prive di un disegno unitario a priori, perché disseminate lungo un arco temporale lungo e
poi raccolte: come le “sparte fronde” del lauro in 333, 7. Riecheggia il titolo del libro (Rerum vulgarium
fragmenta). Allude, forse, anche alla nascita occasionale e alla diffusione autonoma di alcuni
componimenti del Canzoniere; ma c’è anche una certa autodenigrazione, che è naturalmente un motivo
letterario, oltre che lo specchio di un disagio culturale e spirituale.
3
ond’io nudriva: di cui io nutrivo. Nutrimento immateriale e sonoro.
4
in sul: al tempo del. L’errore è il turbamento amoroso per Laura.
5
in parte: dunque, neppure ora è totalmente libero da quell’errore. Primo accenno di quel rapporto tra “un
tempo” e “ora” che segna molti fragmenta.
6
vario stile: questo stile è dichiarato vario perché dialettico; esso “si polarizza essenzialmente
nell’opposizione di speranza e dolore, poesie in vita e poesia in morte dell’amata” (Contini). Ma si può
vedere nell’espressione anche un richiamo alla decisione di non suddividere, nel Canzoniere, i
componimenti sulla base delle affinità metriche – canzoni, ballate, sonetti – e di riunirli invece assieme,
privilegiando piuttosto la storia personale.
7
ove sia chi... amore: ovunque (qualora) ci sia qualcuno che conosca per esperienza la passione amorosa.
Riprende un tema già stilnovista: si veda Dante, Vita Nova: “che ’ntender no la può chi no la prova”. La
fruizione del resto si restringe così a una cerchia aristocratica di pochi lettori, quali seguaci di una idea
d’amore quale raffinamento e percorso autoformativo. L’adesione al modello amoroso si accompagna
alla consapevolezza della sua insufficienza.
8
spero: è il verbo principale, che regge tutto il complesso giro sintattico.
9
veggio: vedo, mi accorgo.
10
favola: oggetto di scherno e di curiosità. L’immagine, che si trova anche nel terzo libro del Secretum,
ripete un epodo oraziano (per urbem.../ fabula quanta fui!).
11
mi vergogno: salutare vergogna, frutto dello sguardo altrui e che produce il riordinamento delle rime in
un labirinto esemplare.
12
vaneggiar: è lo smarrimento tra le vane speranze e ’l van dolore del v. 6 (con significativa ripresa della
radice van-).
13
pentersi: pentimento. Commenta Carducci: “Orazio e Ovidio nei loro epiloghi [...] si vantano e
ripromettonsi imortal fama; il poeta cristiano spero solo pietà, ed è pentito e vergognoso”.
14
quanto piace: i beni terreni, che lusingano l’umo, distogliendolo dalle più durevoli felicità celesti.
15
breve: l’idea della caducità di ogni cosa (e quindi anche dell’amore) è un antico tema della letteratura
biblico-sapienziale. Si noti il sapiente stacco ritmico che s’ingenera nella pronuncia dell’ultimo verso, tra
quanto piace al mondo e la sentenza finale: è breve sogno.

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