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Li occhi rivolsi al suon di questo motto, venivan genti innanzi a noi un poco,
e vidile guardar per maraviglia cantando ’Miserere’ a verso a verso.
pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto.
Quando s’accorser ch’i’ non dava loco
"Perché l’animo tuo tanto s’impiglia", per lo mio corpo al trapassar d’i raggi,
disse ’l maestro, "che l’andare allenti? mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco;
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
e due di loro, in forma di messaggi,
Vien dietro a me, e lascia dir le genti: corsero incontr’a noi e dimandarne:
sta come torre ferma, che non crolla "Di vostra condizion fatene saggi".
già mai la cima per soffiar di venti;
E ’l mio maestro: "Voi potete andarne
ché sempre l’omo in cui pensier rampolla e ritrarre a color che vi mandaro
sovra pensier, da sé dilunga il segno, che ’l corpo di costui è vera carne.
perché la foga l’un de l’altro insolla".
Se per veder la sua ombra restaro,
Che potea io ridir, se non "Io vegno"? com’io avviso, assai è lor risposto:
Dissilo, alquanto del color consperso fàccianli onore, ed esser può lor caro".
che fa l’uom di perdon talvolta degno.
Vapori accesi non vid’io sì tosto
E ’ntanto per la costa di traverso di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d’agosto,
là dov’io più sicuro esser credea:
che color non tornasser suso in meno; quel da Esti il fé far, che m’avea in ira
e, giunti là, con li altri a noi dier volta, assai più là che dritto non volea.
come schiera che scorre sanza freno.
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,
"Questa gente che preme a noi è molta, quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,
e vegnonti a pregar", disse ’l poeta: ancor sarei di là dove si spira.
"però pur va, e in andando ascolta".
Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco
"O anima che vai per esser lieta m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io
con quelle membra con le quai nascesti", de le mie vene farsi in terra laco".
venian gridando, "un poco il passo queta.
Poi disse un altro: "Deh, se quel disio (Disì-o)
Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, si compia che ti tragge a l’alto monte,
sì che di lui di là novella porti: con buona pïetate aiuta il mio!
deh, perché vai? deh, perché non t’arresti?
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Noi fummo tutti già per forza morti, Giovanna o altri non ha di me cura;
e peccatori infino a l’ultima ora; per ch’io vo tra costor con bassa fronte".
quivi lume del ciel ne fece accorti,
E io a lui: "Qual forza o qual ventura
sì che, pentendo e perdonando, fora ti travïò sì fuor di Campaldino,
di vita uscimmo a Dio pacificati, che non si seppe mai tua sepultura?".
che del disio di sé veder n’accora".
"Oh!", rispuos’elli, "a piè del Casentino
E io: "Perché ne’ vostri visi guati, traversa un’acqua c’ ha nome l’Archiano,
non riconosco alcun; ma s’a voi piace che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
cosa ch’io possa, spiriti ben nati,
Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano,
voi dite, e io farò per quella pace arriva’ io forato ne la gola,
che, dietro a’ piedi di sì fatta guida, fuggendo a piede e sanguinando il piano.
di mondo in mondo cercar mi si face".
Quivi perdei la vista e la parola;
E uno incominciò: "Ciascun si fida nel nome di Maria fini’, e quivi
del beneficio tuo sanza giurarlo, caddi, e rimase la mia carne sola.
pur che ’l voler nonpossa non ricida.
Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:
Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo, l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno
ti priego, se mai vedi quel paese gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
Tu te ne porti di costui l’etterno
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese per una lagrimetta che ’l mi toglie;
in Fano, sì che ben per me s’adori ma io farò de l’altro altro governo!".
pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.
Ben sai come ne l’aere si raccoglie
Quindi fu’ io; ma li profondi fóri quell’umido vapor che in acqua riede,
ond’uscì ’l sangue in sul quale io sedea, tosto che sale dove ’l freddo il coglie.
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
Giunse quel mal voler che pur mal chiede Lo corpo mio gelato in su la foce
con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse
per la virtù che sua natura diede. ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce
sì che ’l pregno aere in acqua si converse; "Deh, quando tu sarai tornato al mondo
la pioggia cadde, e a’ fossati venne e riposato de la lunga via",
di lei ciò che la terra non sofferse; seguitò 'l terzo spirito al secondo,
BONCONTE
Un altro spirito parla, augurando a Dante di raggiungere la cima della montagna e pregandolo di
aiutarlo. Si presenta come Bonconte da Montefeltro, la cui vedova in terra non si cura di lui, così il
penitente china la fronte. Dante chiese come dopo la sua morte lui non venne più ritrovato: il
confessore rispose che il suo corpo rimase in un fiume chiamato Archiano che nasce
nell'Appennino e sfocia nell'Arno. Bonconte arriva al fiume con la gola tagliata, sanguinante a
piedi, e in punto di morte si pente e nomina Maria: dopo la morte, la sua anima è portata via dagli
angeli, e il diavolo a causa del suo pentimento non può portarlo all'inferno. Tuttavia i diavoli
trovano un modo per tormentare non la sua anima ma il suo corpo,quindi l'umidità dell'atmosfera si
raccoglieva con il freddo e si trasformava in pioggia, così il diavolo usò i suoi poteri per scatenare
una terribile tempesta che avvolse l'intera pianura nella nebbia e riversò enormi quantità d'acqua. Il
terreno non poté assorbire tutta l’acqua, riempì i fossi e poi si riversò nel fiume fino all'Arno;
l'impeto dell'Aquilano trascinò il corpo di Bonconte nell'Arno, dissolvendo la croce che aveva
dipinto sul segno del suo letto di morte, e il suo corpo fu sepolto in fondo al fiume senza più essere
ritrovato. Il canto 27 inferno + dedicato al padre di bonconte ed è collegabile al canto 5 del
purgatorio
- tensione angelo - demonio → Variazione che Dante fa di se stesso
- In Purgatorio Dante incontra il figlio di uno che ha incontrato nell’inferno (padre di bonconte
- Guido)
- “quando diventai vecchio, dove l’uomo dovrebbe calar le vele e raccogliere le corde
(fare un po’ d’ordine) e diventai il consigliere del pontefice. (Papa principe dei nuovi
farisei, che aveva fatto guerra vicino al Laterano ma non con gli infedeli, musulmani
o ebrei, ma guerre interne al cristianesimo stesso)
- Racconta che quando entra nella vecchiaia, periodo che dovrebbe determinare il
passaggio dalla vita più frenetica ad una vita più tranquilla (utilizza metafora usata
in navigazione: ripiegare le vele), inizia a fare “il diavolo a quattro” diventando il
consigliere del pontefice Bonifacio VIII (indicato come il principe dei nobili Farisei,
che aveva fatto guerra vicino al Laterano e vicino a Roma stessa, con i cristiani
stessi)
- Guido muore, e si scatena una “tormenta” facendo scendere San Francesco (non
un angelo questa volta) ma uno dei neri cherubini (angeli ribelli) e non permette a S.
Francesco di portarlo via. “questo qua deve venire giù tra i miei meschini”
CRITICI DANTE
BENEDETTO CROCE
- Autore di un libro intitolato “la poesia di Dante”, uscito nel 1921
- Pensiero provocatorio e polemico. Non riteneva Dante un poeta per la modernità
- Croce svaluta l’allegoria considerandola un “gioco infantile” e un’ideologia non
adatta alla contemporaneità
- Per lui la Divina Commedia è un romanzo teologico: non si fa la poesia con
l’ideologia ma vive di espressione e inibizione
- Nominato ministro della pubblica istruzione
- Dante, per Croce, è interessante nel momento in cui è poeta
- Dante si esprime come seguace di S. Tommaso: va bene per i suoi tempi ma non per la
modernità
ERICH AUERBACH
- Esponente della letteratura tedesca che scrive saggi su Dante
- Ebreo: con Hitler è costretto a scappare; finisce inizialmente a Istanbul dove scrive la
maggior parte dei suoi saggi
- Per le popolazioni legate alla religione, viene sviluppato un discorso su Dante, nello
specifico sul concetto di “figura”
- Arriva negli USA
- considera la commedia come un testo sacro: Dante mette in atto figure utilizzate soprattutto
dai padri della chiesa, quindi ci rivede una volontà profetica
CHARLES SINGLETON
- Ha tradotto la commedia in inglese in prosa
- Valorizza al formazione letteraria di Dante e scrive alcuni saggi su Beatrice
- Padre di una scuola di dantisti, la cui ultima rappresentante è teodolinda barolini
TEODOLINDA BAROLINI
- Professoressa italo americana, figlia di uno scrittore italiano e scrittrice americana (Helen
Barolini - Mollica)
- Valorizza rapporto tra commedia e vita nuova - rime petrose, politiche
- Esorta lettura più attenta tra Dante e scrittori contemporanei
- Ha dato vita ad una forte rilettura di tipo femminista
- Vede Dante come un autore prettamente medievale
UMBERTO CARPI
- Rilettura biografia di Dante dal punto di vista politico
- Ricostruisce le dinamiche politiche in vigore ai tempi di Dante
Nella biblioteca di Brera è conservata una delle primissime stampe della Divina commedia (primo
‘500). La prima fu stampata a Foligno circa nel 1470.
- Stampate da Aldo Manuzio - veneziano (quelle conservate a Brera)
FRANCESCO PETRARCA
Canzoniere / Rerum Vulgarium Fragmenta (RVF)
- Il Canzoniere di Petrarca non ha un vero e proprio titolo. Ci si riferisce a quest’opera con
RVF (Rerum Vulgarium Fragmenta - Frammenti di cose volgari)
- Contiene sonetti → 315 (il Canzoniere comprende 366 componimenti in totale - 365 + 1
sonetto proemiale)
- (numero di giorni in un anno); 315 di questi componimenti sono sonetti, seguiti da
29 canzoni, da 11 sestine, da 7 ballate e 4 madrigali
- Sonetto: forma canonizzata da Petrarca stesso diversa dai sonetti di shakespeare
(sonnets). “piccolo suono” - breve poesia di 14 versi (2 quartine e 2 terzine)
endecasillabi
- Petrarca è quindi il capostipite italiano dell'invenzione del sonetto (anche se
poi il sonetto viene inventato propriamente dalla scuola siciliana)
- Il maggior scrittore italiano di sonetti insieme a Petrarca è Giuseppe Gioacchino
Belli che scrisse la raccolta “I sonetti” ambientati a Trastevere durante lo stato della
chiesa
- Scritte in toscano
- Il problema che si pone Petrarca è quella di non rendere i sonetti (suoni) monotoni: fa un
lavoro di cesello alternando l’unità nella varietà e la varietà nell’unità
- Espressione dell’io - dare voce agli alterni umori dell’emotività, diventa valore
fondamentale nel componimento di Petrarca
- Interesse di esprimere il suo amore per Laura - poesia d’amore
Petrarca era figlio di un funzionario papale. Cresciuto ad Avignone, gran parte dei suoi scritti sono
stati composti lì.
- Diventò funzionario della Curia e ricoprì quindi molti incarichi (questo era comunque il
destino dei letterati fino al periodo della controriforma.)
- quando Petrarca lamenta la lontananza di Laura, è perché è in missione in giro per
il nord Italia.
- Attivo a Milano come consigliere dei Visconti, abitò nelle parti di Baggio.
Muore nei pressi di Padova → nell’ultima parte della sua vita si era offerto come partigiano? della
Serenissima
- Fu in viaggio per l’Italia, abbiamo informazioni di esso nelle sue corrispondenze, una
raccolta di lettere (in particolare indirizzate alla famiglia) in cui abbiamo alcune tracce del
suo interesse politico.
Dante → poeta della realtà legato artisticamente alla storicità della presenza (giudizio sulla realtà
contemporaneità`)
Petrarca → lirismo, ossia l’espressione dell’io, dare voce agli alterni umori dell'emotività (esprime
amore per laura) ossessività e raffinatezza del racconto narrando l’amore → riferimento canonico
per la poesia lirica
Oltre a Laura, in realtà, c’è il desiderio di altre donne → sognava altri incontri che hanno ispirato i
quattro madrigali presenti nel canzoniere.
- madrigali hanno una forma molto musicale. È composto da due terzine. Componimento
molto breve. Ai tempi di Petrarca era ancora un componimento per musica.
Nel testamento in latino, Petrarca, ha lasciato 2 cose:
- Gatta
- Liuto a Tommaso Bambasio → mise in musica alcuni sonetti del Francy
Le Ballate (7) vennero messe in musica da Confortino
Madrigale 52 viene messo in musica da Jacopo da Bologna
la poesia e` un suono → problema petrarca era quello di rendere questo suono meno monotono
nella sua poesia (parole e cadenza), fa un gioco di unità nella varietà → ci sono moltissime varietà
di schemi di rime (incrociate e alternate)
189
Passa la nave mia colma d' oblio di sospir', di speranze et di desio.
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
siede 'l signore, anzi 'l nimico mio. bagna et rallenta le già stanche sarte,
che son d' error con ignorantia attorto.
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e 'l fin par ch' abbi a Celansi i duo mei dolci usati segni;
scherno; morta fra l' onde è la ragion et l 'arte,
la vela rompe un vento humido eterno tal ch' incomincio a desperar del porto.
del vario stile in ch’io piango et ragiono et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
fra le vane speranze e ’l van dolore, e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
ove sia chi per prova intenda amore, che quanto piace al mondo è breve sogno.
BALLATA
11 vidivi di pietate ornare il volto;
Lassare il velo o per sole o per ombra, ma poi ch’Amor di me vi fece accorta,
donna, non vi vid’io fuor i biondi capelli allor velati,
poi che in me conosceste il gran desio et l’amoroso sguardo in sé raccolto.
ch’ogni altra voglia d’entr’al cor mi sgombra. Quel ch’i’ piú desïava in voi m’è tolto:
sí mi governa il velo
Mentr’io portava i be’ pensier’ celati, che per mia morte, et al caldo et al gielo,
ch’ànno la mente desïando morta, de’ be’ vostr’occhi il dolce lume adombra.
Non me n’avidi, lasso, se non quando Quando sarai del mio colore accorto,
fui in lor forza; et or con gran fatica dirai: S’i’ guardo et giudico ben dritto,
(chi ’l crederà perché giurando i’ ’l dica?) questi avea poco andare ad esser morto.
- Sono presenti pochi suoni, limitato numero di immagini che vengono riproposte.
- Poesia minimalista. Amore, personificato. Paronomasia = parte/porto.
MADRIGALE?
106 Poi che senza compagna et senza scorta
Nova angeletta sovra l’ale accorta mi vide, un laccio che di seta ordiva
scese dal cielo in su la fresca riva, tese fra l’erba, ond’è verde il camino.
là ’nd’io passava sol per mio destino.
Allor fui preso; et non mi spiacque poi,
sí dolce lume uscia degli occhi suoi.
- Racconta il primo momento di infatuazione → essere presi da un legame, un “filo di seta”,
sottile ma resistente.
- Il linguaggio amoroso è molto stereotipato, costruisce attraverso una serie di luoghi comuni
un modo di raccontare l’amore, questo verrà ripreso anche in futuro.
- il punto di vista è quello della donna, non dell’uomo come il Canzoniere
- è lei che vede lui
- madrigali → forma che testimonia il contatto tra musicisti e poeti
- Petrarca lascerà a Tommaso Bambasi il suo liuto (rapporto musica poesia) che
mette in musica alcuni dei sonetti del poeta
- angioletto → riferito a Laura
- il linguaggio di petrarca viene costruito attraverso una serie di linguaggi comuni
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra, Pascomi di dolor, piangendo rido;
né per suo mi riten né scioglie il laccio; egualmente mi spiace morte et vita:
et non m’ancide Amore, et non mi sferra; in questo stato son, donna, per voi
Ma io vivendo [ognor] nell’empio laccio, Dolce è la morte, po’ ch’io moro amando
levando gli occhi [mie]i non so guidarme, la bella vista coverta dal velo,
né posso omai del bene contentarme, che per mia pena la produsse il cielo.
175
Quando mi vène inanzi il tempo e ’l loco
ov’i’ perdei me stesso, e ’l caro nodo Quel sol, che solo agli occhi mei resplende,
ond’Amor di sua man m’avinse in modo co i vaghi raggi anchor indi mi scalda
che l’amar mi fe’ dolce, e ’l pianger gioco, a vespro tal qual era oggi per tempo;
solfo et ésca son tutto, e ’l cor un foco
da quei soavi spirti, i quai sempre odo, et cosí di lontan m’alluma e ’ncende,
acceso dentro sí, ch’ardendo godo, che la memoria ad ognor fresca et salda
et di ciò vivo, et d’altro mi cal poco. pur quel nodo mi mostra e ’l loco e ’l tempo.
- “Loco”. “tempo”, il tempo è uno dei grandi temi del Canzoniere, ma è anche il tema più
diffuso nella letteratura di tutti i tempi.
- Quando questa parola viene messa in rima, rima con se stessa; nella forma retorica
viene chiamata rima identica.
- Sono pochi i vocaboli che rimano con se stessi nella commedia (Cristo rima con Cristo). È
una rima quasi filosofica, che non può essere descritta. Le rime sono assonanti, finiscono
tutte in “o”.
- Racconta il ricordo di Laura → ricordo molto personale di Francy
- E’ preso dalla passione. Sonetto circolare, costruito sulla circolarità, si unisce l’inizio alla
fine.
- Continue ripetizioni al proprio interno, diverso dalla voglia di innovazione di Dante.
- Il tempo intride di sé anche in maniera macro-strutturale, lo si può notare immediatamente
dal 366 che indica lo scorrere del tempo.
- Un altro tema importante è quello della memoria. Ricordo molto personale di Petrarca.
- I suoni sono pochi, i significati anche. Presenti molti enjambement.
CANZONE → Una delle grandi forme della letteratura italiana. La utilizzò anche Dante.
- Petrarca ne stabilisce la forma
- ne scrisse 29
- È una canzone in morte a Laura, che stimola in lui pensieri sulla morte, sul tempo e sul suo
dolore. È un componimento solenne, ampio. La lunghezza corrisponde ad un canto di
Dante, circa.
- Permette quindi una narrazione (o un ragionamento).
- Si compone di endecasillabi e settenari.
- ABC ABCC DD EE
- schema delle rime uguale → molto celebrale, astratto. Vi è il legame sonoro nella
rima. La sonorità cambia sempre.
- Del genere della canzone Petrarca riuscì a stabilizzarne la forma che rimarrà immutata fino
all’arrivo di Leopardi.
- Tutte le canzoni sono composte da una testa ed una coda, le strofe sono di diversa
lunghezza.
- si concludono con uno schema più breve, con un congedo. E qui, il poeta, si rivolge
alla canzone stessa → canzone personificata
- Questo è un canto-pianto, canzone che confluisce nel genere poetico laico, di derivazione
liturgica, del pianto (plantus, in volgare).
- Forma sottilmente blasfema, l’amore per Laura è equiparata alla passione per Cristo.
- Laura diventerà un elemento di salvezza del suo animo. Riprende il tema del sonetto
precedente Vita-Morte. È un continuo riprendersi di elementi.
- Non vi è nessuna descrizione di Laura, ma neanche di Petrarca stesso. Da una poesia di
pianto passa ad essere una poesia di autocelebrazione.
- Da poesia di pianto, si trasforma in poesia di autocelebrazione → tu devi rimanere in vita
per cantare quello che è successo
GIOVANNI BOCCACCIO
Di Boccaccio abbiamo l’integrità delle opere in manoscritti autografi (scritti da lui) e a volte anche
illustrati.
- il manoscritto del Decameron si trova a Berlino
A metà del ‘300, dopo la morte di Dante, inizia l’umanesimo e cambia il modo di fare letteratura
- parte dal culto della civiltà greco-latina
- L’opera più lunga e impegnativa di Boccaccio è un racconto della genealogia a delle divinità
latine →“deorum gentili”
- Rivalutazione della civiltà classica nella sua interezza
Scrive e opera a Napoli. A firenze fu uno dei responsabili della rinascita dello studio del greco
antico
- Autore del primo testo scritto in napoletano → breve novella
Boccaccio inoltre aveva una passione per la lingua greca tanto che fu uno degli studiosi della
lingua ellenistica a Firenze
Primo vero studio, scholarship, su Dante. Ha scritto un trattato su di lui
Scrisse una breve biografia dell’amico Petrarca per ricambiare il favore che questo gli fece
traducendo in latino l’ultima novella del decameron. (a cui è dedicata)
Boccaccio autore mediterraneo ed europeo → la sua natura napoletana lo porta a valorizzare
storie di ambientazione mediterranea, e mette in evidenza il difficile rapporto tra nord e sud
mediterraneo: eco del “il milione” di Marco Polo
Boccaccio è figlio illegittimo e adottato da un padre che era un importante funzionario di banca
Boccaccio è il primo autore in prosa, di romanzo
- Boccaccio sperimentazione di forme (rima, novella,...) e di genere (temperanza ai dettami
medievali → spartizione degli stili tragico e comico)
Filostrato → Boccaccio è il primo autore di poemetti in ottave. Poemetto scritto in napoletano, in
cui narra il disperato in amore e racconta una storia troiana ossia l’amore infelice tra toiada e
cressida.
IL DECAMERON
Opera ampia, complessa, piena di storie e stili, fu scritta tra il 1349 e il 1353, anche se alcuni
racconti furono scritti e autopubblicati - in particolare quelli dei primi tre giorni - probabilmente lo
precedono.
- Si presenta come opera rivolta ad un pubblico femminile → risalto indipendenza della
donna
"Il Decameron" racconta la storia di dieci giovani che si ritirarono in una casa di campagna per
evitare la peste del 1348, e trascorsero dieci giorni raccontandosi storie e trascorrendo
allegramente il tempo
- ha un nome grecizzante: “i dieci giorni” si torna dopo petrarca ad una letteratura varia,con
intrecci, 100 novelle con centinaia di personaggi;
- il decameron reca in sé il MODUS SCRIBENDI di boccaccio, uno scrittore studioso ed
estremamente versatile
Dopo il Decameron assistiamo ad una sorta di pentimento da parte di Boccaccio, e scrive un’ultima
opera “il Corbaccio” → anti femminile. Contro la donna e il corpo femminile. Si rimangia quello che
aveva fatto.
Il Decameron fungerà da modello e verrà ripreso da moltissimi autori come Geoffrey Chaucer,
Shakespeare → attingono a vicende (ambientate in italia) e tematiche
C’è un precedente (opera anonima) chiamata “il novellino” → racconti miniaturizzati. Molti di questi
vengono ripresi nel Decameron → composta da un centinaio di racconti brevissimi.
- Vittore Branca professore di Venezia, grande studioso di Boccaccio scoprì il codice di
berlino e fece una serie di congetture sulle possibili fonti di Boccaccio
- Si dice sia un autore mediterraneo ed europeo
- natura napoletana → valorizza storie di ambientazione mediterranea in maniera
comica e problematica che mette in luce i difficili rapporti tra nord e sud del
mediterraneo (cristiani - musulmani e culture orientali)
- natura europea → padre era un bancario dei barbi, faglia delle banche fiorentine
che lavorava a napoli ha una grande consapevolezza dei mercati finanziari e
continentali
Boccaccio è il primo autore che si scontra con la necessità di raccontare in prosa quello che
poteva raccontare
- il risultato dall'aspetto stilistico e` complesso e faticoso scrive in maniera ciceroniana e
neolatina quindi con sintassi ipotattica
- questo porta ad una lunga trascrizione di traduzione (non esiste per dante e
petrarca se non per scimmiottare) riscritture che dimezzano l’opera perche` sono
moralistiche, nel 900 → riscritture funzionali per rendere il poema fruibile al pubblico
Panchatantra (india) → versione persiana→ arabo: Kallah wa Diana→ traduzione ebraica in
Spagna→ traduzione latina, Liber Kalilae et Dimnae di giovanni di Capua
- 3 riscritture nel ‘500 → controriforma, ambito moralista
- Seconda metà del ‘900 ritraduzione di Luino
Il Decameron ha 3 modalità di scrittura:
- Introduzione (che sono 2)
- Giornata conclusa con Ballata
- Novella
Inizio che parla della peste e come avviene nella contemporaneità di Boccaccio
- 10 ragazzi (3 mas e 7 fem) scappano e vivono un momento di “isolamento” in una villa in
cui ogni giorno si raccontano delle storie (10 al giorno→ 100 storie)
- Stanno via 2 settimane ma vengono raccontati 10 giorni (no sabato)
- Ogni giornata ha un re o regina che detta il tema
- Alcune giornate sono a tema libero
- Dioneo, personaggio, ha la facoltà di variare e non seguire il tema scelto dalla giornata
significati numeri
- 7+3 → 7 peccati capitali e le virtù cardinali
- 100 → omaggio a Dante → numero ripreso anche nel “Libro cuore” (detto decameroncino)
- libro cuore composto da due filoni (racconto dell’anno scolastico e novelle→
insieme fanno 100)
prosa → dall’avverbio latino proxus , “andare avanti” ≠ poesia → “ andare a capo” boccaccio tratta
i personaggi maniera moderna, questa loro caratterizzazione emerge dai fatti e dalle descrizioni
(fisico/ carattere/ animo) viene proposta in maniera fulminea inizialmente
tema fondativo della narratività di boccaccio → tempo, vita, morte e narrazione. la peste nera
che infesta l’europa allungando la sua ombra di morte
racconto apotropaico “allontana per la durata del racconto, la morte e l’orrore → l’orrido
cominciamento”
- La presenza del mulo non è che anticipazione della riluttanza della moglie nel servire
l’ospite (Melisso).
- Novella esemplare della misoginia espressa nel Decameron.
MACHIAVELLI
Le biografie di Ariosto e Machiavelli sono sovrapponibili.
Nicolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469 e muore nel 1527, pochi mesi dopo la data del sacco
di Roma (invasione, saccheggio della capitale del cristianesimo ad opera dei lanzichenecchi)
- Con il sacco di Roma si chiude il trentennio “dorato” del rinascimento italiano assieme alla
morte di Lorenzo. Fra 1492 e 1527 (vedi film il mestiere delle armi).
- Dopo la scrittura de il Principe, per ingraziarsi i favori de I Medici per un ritorno alla vita
politica attiva a Firenze, raggiunge la famiglia a Roma
Machiavelli passa gli ultimi anni della sua vita a stretto contatto col papa, tanto che la Mandragola
(opera teatrale al limite della pornografia) viene rappresentata in vaticano per la prima volta.
Finisce lì perché alla corte del papa vi era il centro del potere.
- diventa uno degli intellettuali di corte del papa (nonostante non sia un grande religioso)
Autore complesso, profondo, provocatorio; uno degli autori letterari italiani più noti e influenti del
mondo
- Machiavelli visto come modello del pensiero politico
- Machiavelli pose al centro del suo pensiero l'idea che la politica non deve inseguire utopici
disegni o precetti morali e religiosi che non hanno alcuna possibilità di essere attuati
- Machiavelli è stato segretario fiorentino
Ha rapporto di contrasto con la famiglia de I Medici, che stanno espandendo la loro sfera di
influenza fino a Londra (con Maria de Medici) e Roma (pontefici)
- I Medici, in quei decenni, sono presenti fino a Parigi con Maria dei medici, e dall’altro lato
fino a Roma, dove diventano pontefici.
Uno degli assi nella manica di Machiavelli è l’ottima capacità di scrittura: oltre all’aspetto
controverso, scandaloso e blasfemo, c’è la capacità di coinvolgere il lettore
- È autore di poesia e di teatro
Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio: lunga elaborazione tra il 1513 e il 19, pubblicati nel 1531
tramite la casa Giunti.
- Si tratta di un’opera rinascimentale, dove vi è anche un brano sul ruolo delle donne romane
nella repubblica di Roma. Machiavelli discute.
CAPITOLO XXIV
Quali sono le ragioni per cui i signori persero il loro potere/le regioni hanno perso la loro unità?
- Dopo la morte di Lorenzo, l'Italia aveva avuto una serie di invasioni e i principi d'italia
avevano perso il controllo.
- Lo stato sono le singole entità politiche presenti sul territorio italiano.
L’italia è un corpo femminile pieno di ferite
CAPITOLO XXV
Qual è il peso della Fortuna nella vita dell’uomo? In che modo si deve affrontare o contrastare.
Le cose del mondo sono governate dalla Fortuna e da Dio → spregiudicato: pensiero classico +
cristianesimo.
- Noi siamo dotati anche di libero arbitrio, riprende il pensiero medievale secondo cui l'uomo
ha la capacità di mettere anche del suo.
- Parla di fatalismo.
- Che non possano in—sudare (rafforzativo) perché è già tutto deciso, è meglio farsi portare
dalla sorte, avvengono cose che non sono prevedibili.
Machiavelli è materialista, si ispira al mondo classico come Lucrezio per una visione naturalistica
non teologica.
- Visione dei padri della Chiesa, intervento del libero arbitrio dal pensiero scolastico.
“Assomiglio la Fortuna a uno di quei fiumi rovinosi.” - La fortuna governa metà delle nostre azioni.
- Dimostrazione delle idee machiavelliane attraverso una sorta di apologo (cioè
micro-racconto). Straripamento di un fiume come metafora del suo pensiero politico.
- Però l’uomo che sa che la natura fa queste cose, noi dobbiamo prevederli come creare
degli argini sul fiume.
ARIOSTO
Ebbe fortuna nel teatro.
Scrittore socio politicamente impegnato → discorso armi da fuoco
Frequenti aperture al contemporaneo di due tipi:
- riflessione e critica sulla società e sui rapporti di potere
- riflessioni sull’amore riferite a sé (ariosto) che si paragona ad orlando
ORLANDO FURIOSO
Poema in 46 canti in ottave.
La vicenda narrata ruota intorno a tre nuclei tematici:
- la guerra combattuta in Francia tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni di
Agramante (“i cavallier” e “le arme” sempre citati nel primo verso);
- l'amore di Orlando e Rinaldo per Angelica (e, di conseguenza, di tutti gli altri personaggi
del poema cui alludono le “donne” e “gli amori” del primo verso del poema)
- l'amore di Ruggiero e Bradamante, dalla cui unione ha origine la casa d'Este.
"L’Orlando furioso" è un poema cavalleresco in ottave di Ludovico Ariosto, iniziato nel 1503-1504 e
pubblicato per la prima volta a Ferrara nel 1516 in quaranta canti.
- Il poema viene poi pubblicato in altre due edizioni (1521 e 1532), con modifiche linguistiche
e poi con l’aggiunta di altri canti, che portano il totale a quarantasei canti.
L’Orlando furioso si presenta come la prosecuzione delle vicende dell’Orlando innamorato di
Matteo Maria Boiardo e, più in generale, del ciclo bretone e del ciclo carolingio.
- Boiardo ha scritto un importante canzoniere amoroso e un libro sui tarocchi
- Nell’orlando innamorato il linguaggio è simile a quello del Furioso 1516. Padano centro
settentrionale, non ancora uniformato
- Opera della fine del ‘400
- Orlando è innamorato di Angelica. Però il problema di Angelica (sia in Boiardo che
in Ariosto) è quello di avere eserciti interi che le corrono dietro
- Ad un certo punto si innamora di lei anche Rainaldo (rinaldo), ma Boiardo nel canto
IX fa sì che Angelica lo liberi da un drago → Angelica ha un cavallo magico che può
volare e trasportare Rainaldo distrutto
Il poema può essere definito “di una vita intera” perché ariosto ci lavorò per trent'anni.
Ariosto si ricollega a Virgilio → Eneide ( fa chiudere il poema con il duello tra Enea e Turno)
L’ottava è una delle grandi forme della letteratura Italiana legata alla narrazione (oggi la si fa in
prosa). Nasce nel 1300, ma il primo a scrivere poemi in ottave è Boccaccio
- L’ottava è una forma usata sia dalla poesia colta, scritta, autoriale (Boccaccio) sia è anche
forma dei cantari popolareschi che richiamano i poemi cavallereschi di origine francese
- Nel ‘400 l’ottava ha uno dei suoi momenti di maggiore gloria → ottava più lirica e raffinata
(Poliziano e i fratelli Luigi e Luca Pucci)
- Nel ‘500 abbiamo Boiardo e Ariosto → l’ottava riceve la sua definitiva consacrazione con
l’Orlando furioso
- Fine ‘500 → Tasso junior
- L’ottava diventa un genere europeo → usata nella poesia barocca del ‘600
- A livello di narratività il grande poeta Carlo Porta, scrive in ottave i suoi poemetti narrativi e
traduce alcuni canti di Dante trasformando le terzine in ottave.
Ariosto usa delle metafore per chiarire il suo poema:
- metafore che paragonano il poema a composizioni musicali
- metafore che permettono di inventare i personaggi → scultura
- metafora sulla navigazione
Ariosto è un poeta che gioca sulle rime creando tensioni e appagamenti; altera molto i ritmi:
- la formula dell’ 8, dal punto di vista sintattico può essere 6+2, ma il più delle volte è 4+4,
oppure 2+2+2 in cui si succedono vari discorsi, o ancora 16 (8+8) o 24, quando l’ottava non
viene chiusa da un punto fermo.
BREVE RIASSUNTO:
L’argomento bellico, tipico della tradizione del poema epico e cavalleresco, incomincia con
l’invasione della Francia e l’assedio di Parigi da parte del re saraceno Agramante, che inizialmente
sembra aver la meglio sull’esercito cristiano di Carlo Magno. I due paladini più importanti dello
schieramento cristiano, Orlando e Rinaldo, si perdono infatti dietro alla bellissima Angelica, e gli
infedeli possono così penetrare a Parigi. Il ritorno in campo di Rinaldo costringe però i saraceni alla
ritirata ad Arles e poi alla sconfitta in una battaglia navale. Caduta anche Biserta, capitale del
regno d’Africa, le sorti della guerra sono affidate ad una sfida tra i tre migliori guerrieri mori
(Agramante, Gradasso e Sobrino) e i tre campioni cristiani (Orlando, Brandimarte e Oliviero)
sull’isola di Lampedusa. Orlando sbaraglia i nemici e assicura la vittoria a re Carlo Magno.
La tematica sentimentale è spesso intrecciata con quella militare, tanto da condizionare in più
occasioni lo sviluppo delle battaglie e i duelli tra i singoli cavalieri. Tutto ha inizio durante l’assedio
di Parigi; Angelica, ambita sia da Orlando che da Rinaldo, è affidata da re Carlo a Namo di
Baviera, con la promessa di darla in sposa a chi si dimostrerà più valoroso nello sconfiggere i mori.
La fanciulla riesce però a fuggire e, dopo alcune traversie, incontra un giovane fante saraceno
ferito, il bellissimo Medoro, di cui si innamora e con il quale fugge in Catai. Orlando, giungendo in
seguito nel bosco sui cui alberi la coppia aveva inciso scritte che celebravano il loro amore,
impazzisce e si dà alla devastazione di tutto ciò che incontra. Nel frattempo il guerriero Astolfo,
dopo aver domato un ippogrifo, vola sulla Luna, dove ritrova in un’ampolla il senno perduto di
Orlando. Dopo aver attraversato l’Africa e aver compiuto mirabili imprese, Astolfo fa odorare
l’ampolla a Orlando, che torna in sé e rientra in combattimento.
Ruggiero, guerriero saraceno, e Bradamante, sorella di Rinaldo si amano ma sono continuamente
divisi dal susseguirsi degli eventi e delle battaglie, sono presentati come i capostipiti della famiglia
d’Este, che, per via di Ruggiero, discenderebbe così addirittura dalla stirpe troiana di Ettore.
L’amore tra i due è innanzitutto ostacolato dal mago Atlante, che vuole evitare le nozze tra i due
perché sa, in seguito ad una profezia, che Ruggiero è destinato a morire se si convertirà alla fede
cristiana e sposerà Bradamante. Il guerriero viene quindi imprigionato in un castello incantato
creato appositamente dal mago. Ruggiero è poi trattenuto sull’isola della maga Alcina, che lo
seduce con le sue arti di strega. Liberato da Astolfo da un secondo castello magico, Ruggiero può
recarsi con Bradamante in Vallombrosa per convertirsi e sposare l’amata, ma il tutto è
ulteriormente rimandato dalla guerra con i saraceni. Concluse le ostilità, si scopre che Bradamante
è stata promessa a Leone, figlio di Costantino ed erede dell’Impero romano d’Oriente. Dopo un
duello tra Bradamante e Ruggiero (che combatte sotto mentite spoglie per non farsi riconoscere),
Leone rinuncia a lei, così che si possa finalmente celebrare il matrimonio. Rodomonte irrompe
però al banchetto nuziale, accusando Ruggiero d’aver rinnegato la sua fede; il capostipite della
dinastia degli Estensi, dopo un acceso duello, lo uccide."
CANTO XI
Angelica è sempre in fuga per scappare dai suoi pretendenti
- Ruggero non riesce a conquistare Angelica, lei si sottrae a lui attraverso un anello magico
che la rende invisibile
- Ruggero diventa prigioniero del castello di Atlante
Discorso sulle armi da fuoco → ottava 23 la macchina infernale
- Rivoluzione arte della guerra → muta anche l’ideologia dello stesso poema cavalleresco
- innovazione tecnologica e minaccia al mondo immaginifico del poema cavalleresco
- Ariosto non è l’unico a parlare delle armi di guerra → anche Machiavelli e altri poeti del
tempo
Ariosto si inventa una storia relativa alla nascita delle armi da fuoco → Orlando era in giro per i
mari del nord in cerca di qualche bella ragazza da liberare e incontra il popolo dei Frisoni
(olanda-germania)
- Al largo del mare del nord e delle isole dei Frisoni il demonio aveva gettato le armi da fuoco
- Macchina infernale sommersa per lunghi anni sotto le gelide acque del mare del nord
Deprime l’uso della tattica militare ad uso della violenza priva dell’intelligenza
CANTO XV
15 rumor di vento e di termuoto, e ’l tuono,
Dico che ’l corno è di sí orribil suono, a par del suon di questo, era nïente.
ch’ovunque s’oda, fa fuggir la gente: Con molto riferir di grazie, prese
non può trovarsi al mondo un cor sí buono, da la fata licenzia il buono Inglese.
che possa non fuggir come lo sente: 16
Lasciando il porto e l’onde piú tranquille, altri volteggiar l’Africa, e seguire
con felice aura ch’alla poppa spira, tanto la costa de la negra gente,
sopra le ricche e populose ville che passino quel segno onde ritorno
de l’odorifera India il duca gira, fa il sole a noi, lasciando il Capricorno;
scoprendo a destra et a sinistra mille 22
isole sparse; e tanto va, che mira e ritrovar del lungo tratto il fine,
la terra di Tomaso, onde il nocchiero che questo fa parer dui mar diversi;
piú a tramontana poi volge il sentiero. e scorrer tutti i liti e le vicine
17 isole d’Indi, d’Arabi e di Persi:
Quasi radendo l’aurea Chersonesso, altri lasciar le destre e le mancine
la bella armata il gran pelago frange: rive che due per opra Erculea fêrsi;
e costeggiando i ricchi liti, spesso e del sole imitando il camin tondo,
vede come nel mar biancheggi il Gange; ritrovar nuove terre e nuovo mondo.
e Traprobane vede e Cori appresso; 23
e vede il mar che fra i duo liti s’ange. Veggio la santa croce, e veggio i segni
Dopo gran via furo a Cochino, e quindi imperïal nel verde lito eretti:
usciro fuor dei termini degl’Indi. veggio altri a guardia dei battuti legni,
18 altri all’acquisto del paese eletti:
Scorrendo il duca il mar con sí fedele veggio da dieci cacciar mille, e i regni
e sí sicura scorta, intender vuole, di lá da l’India ad Aragon suggetti;
e ne domanda Andronica, se de le e veggio i capitan di Carlo quinto,
parti c’han nome dal cader del sole, dovunque vanno, aver per tutto vinto.
mai legno alcun che vada a remi e a vele, 24
nel mare orïentale apparir suole; Dio vuol ch’ascosa antiquamente questa
e s’andar può senza toccar mai terra, strada sia stata, e ancor gran tempo stia;
chi d’India scioglia, in Francia o in Inghilterra. né che prima si sappia, che la sesta
19 e la settima etá passata sia:
— Tu déi sapere (Andronica risponde) e serba a farla al tempo manifesta,
che d’ogn’intorno il mar la terra abbraccia; che vorrá porre il mondo a monarchia,
e van l’una ne l’altra tutte l’onde, sotto il piú saggio imperatore e giusto,
sia dove bolle o dove il mar s’aggiaccia; che sia stato o sará mai dopo Augusto.
ma perché qui davante si difonde, 25
e sotto il mezzodí molto si caccia Del sangue d’Austria e d’Aragon io veggio
la terra d’Etïopia, alcuno ha detto nascer sul Reno alla sinistra riva
ch’a Nettunno ir piú inanzi ivi è interdetto. un principe, al valor del qual pareggio
20 nessun valor, di cui si parli o scriva.
Per questo dal nostro indico levante Astrea veggio per lui riposta in seggio,
nave non è che per Europa scioglia; anzi di morta ritornata viva;
né si muove d’Europa navigante e le virtú che cacciò il mondo, quando
ch’in queste nostre parti arrivar voglia. lei cacciò ancora, uscir per lui di bando.
Il ritrovarsi questa terra avante, 26
e questi e quelli al ritornare invoglia; Per questi merti la Bontá suprema
che credeno, veggendola sí lunga, non solamente di quel grande impero
che con l’altro emisperio si congiunga. ha disegnato ch’abbia dïadema
21 ch’ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo;
Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire ma d’ogni terra e quinci e quindi estrema,
da l’estreme contrade di ponente che mai né al sol né all’anno apre il sentiero:
nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire e vuol che sotto a questo imperatore
la strada ignota infin al dí presente: solo un ovile sia, solo un pastore.
27 29
E perch’abbian piú facile successo Veggio tanto il valor, veggio la fede
gli ordini in cielo eternamente scritti, tanta d’Alfonso (che ’l suo nome è questo),
gli pon la somma Providenzia appresso ch’in cosí acerba etá, che non eccede
in mare e in terra capitani invitti. dopo il vigesimo anno ancora il sesto,
Veggio Hernando Cortese, il quale ha messo l’imperator l’esercito gli crede,
nuove cittá sotto i cesarei editti, il qual salvando, salvar non che ’l resto,
e regni in Orïente sí remoti, ma farsi tutto il mondo ubidïente
ch’a noi, che siamo in India, non son noti. con questo capitan sará possente.
28 30
Veggio Prosper Colonna, e di Pescara Come con questi, ovunque andar per terra
veggio un marchese, e veggio dopo loro si possa, accrescerá l’imperio antico;
un giovene del Vasto, che fan cara cosí per tutto il mar, ch’in mezzo serra
parer la bella Italia ai Gigli d’oro: di lá l’Europa, e di qua l’Afro aprico,
veggio ch’entrare inanzi si prepara sará vittorïoso in ogni guerra,
quel terzo agli altri a guadagnar l’alloro: poi ch’Andrea Doria s’avrá fatto amico.
come buon corridor ch’ultimo lassa Questo è quel Doria che fa dai pirati
le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa. sicuro il vostro mar per tutti i lati.
CANTO XVII
Imprese di due fratelli gemelli
- Orlandino libera la sua bella da un orco
Ariosto parla di amore come un sentimento che crea confusione e tormento nella vita dell’uomo,
però ha anche una fiducia romantica che viene espressa attraverso racconti minori
CANTO XXXV
Astolfo va sulla luna per cercare il senno di Orlando
- il viaggio sulla luna diventa anche un viaggio per allegoria sulla realtà
- Arriva sulla luna volando su un ippogrifo
- Cerca il senno di Orlando prima all’inferno e nel paradiso terrestre → richiamo a Dante
Astolfo: Dante = S. Giovanni: Virgilio
- S. Giovanni è uno scrittore che Astolfo incontra durante il suo viaggio
- S. Giovanni diventa alterego di Ariosto stesso → rappresenta gli scrittori
Astolfo conduce un discorso sulla psiche dell’uomo, sull’irrazionale e anche un discorso
metaletterario, metapoetico, sulla poesia stessa.
- Qual è il ruolo dell’artista? Chi è lo scrittore?
Ariosto apre i suoi canti con delle pause riflessive di taglio autobiografico e di carattere gnomico
(che contiene riflessioni, sentenze, meditazioni)
- Sia nelle satire che negli incipit si ritaglia uno spazio per se stesso
TORQUATO TASSO
Tasso visse nella seconda metà del 500 quando tramonta il rinascimento e si avvia sull'europa la
controriforma, la reazione cattolica a Martin Lutero.
Tasso venne molto influenzato dall'istituzione della santa inquisizione, il suo più grande capolavoro
è la GERUSALEMME LIBERATA dove egli tentò di unire il classicismo rinascimentale con una
forte ansia religiosa.
- Figura di passaggio → Termine del rinascimento → verso il gusto barocco
- Primo artista e poeta "maledetto e pazzo"→ manicomio → la follia della sua biografia è
ovvia follia sovrimposta in parte dalla società`, egli divenne pazzo per il carico di pressioni
che vengono esercitate sulla sua figura dopo la pubblicazione del grande poema
- la controriforma impone una regolamentazione e lettura conservativa delle arti (es.
novelle di boccaccio riscritte) → il poema di Tasso non era abbastanza religioso e
conteneva ella figure magiche
- riscrive l’opera in maniera ossessiva e diventa Gerusalemme Conquistata
- Le prime edizioni della Gerusalemme Liberata sono del ‘79/’80 del 1500
Poeta religioso e sensuale , vicino alle arti figurative e alla musica
Tasso figura turbata, ha scritto anche molti componimenti lirici (non in commercio) di morte e
amore
- Scrive poesie religiose encomiastiche
- è eclettico e versatile nell’uso dei versi e delle strofe
- compone in versi la prima importante tragedia della tradizione italiana (scritta due volte da
lui stesso)
- Ambientata in Norvegia e racconta la storia del Re di Norvegia
- muore giovane nel 1595
- Tasso decide di mettere in versi il libro della genesi per provare anche a se stesso di
essere uno scrittore molto religioso → “il mondo creato”
- Fu anche un grande autore di teatro
IL MESSAGGERO
- parla delle visioni che aveva Tasso → sosteneva di parlare con un folletto
DELLA VIRTÙ
- riguarda la virtù eroica e cavalleresca
GONZAGA
- racconta i giochi
SERENISSIMA MADAMA
- Riguarda le virtù femminili e dedicato alla duchessa di Mantova
CANTO IX
- Nel pieno della battaglia
XCIII. Non vuol Guelfo d’alpestro erto cammino,
L’orror, la crudeltà, la tema, il lutto Con tanto suo svantaggio, esporsi al danno;
Van d’intorno scorrendo: e in varia imago Ferma le genti, e ’l Re le sue riserra,
Vincitrice la Morte errar per tutto Non poco avanzo d’infelice guerra.
Vedresti, ed ondeggiar di sangue un lago. XCVII.
Già con parte de’ suoi s’era condutto Fatto intanto ha il Soldan ciò che è concesso
Fuor d’una porta il Re, quasi presago Fare a terrena forza, or più non puote;
Di fortunoso evento; e quinci d’alto Tutto è sangue e sudore, e un grave e
Mirava il pian soggetto, e ’l dubbio assalto. spesso
XCIV. Anelar gli ange il petto, e i fianchi scuote.
Ma come prima egli ha veduto in piega Langue sotto lo scudo il braccio oppresso;
L’esercito maggior, suona a raccolta, Gira la destra il ferro in pigre rote;
E con messi iterati, instando, prega Spezza, e non taglia, e divenendo ottuso,
Ed Argante, e Clorinda a dar di volta. Perduto il brando omai di brando ha l’uso.
La fera coppia d’esequir ciò nega, XCVIII.
Ebra di sangue, e cieca d’ira, e stolta; Come sentissi tal, ristette in atto
Pur cede alfine, e unite almen raccorre D’uom che fra due sia dubbio, e in sé
Tenta le turbe, e freno ai passi imporre. discorre
XCV. Se morir debba, e di sì illustre fatto,
Ma chi dà legge al volgo, ed ammaestra Colle sue mani, altrui la gloria torre;
La viltade e ’l timor? la fuga è presa. O pur sopravanzando al suo disfatto
Altri gitta lo scudo, altri la destra Campo, la vita in sicurezza porre.
Disarma: impaccio è il ferro, e non difesa. Vinca (alfin disse) il Fato, e questa mia
Valle è tra il piano e la Città, ch’alpestra Fuga, il trofeo di sua vittoria sia.
Dall’Occidente al Mezzogiorno è stesa; XCIX.
Quì fuggon’ essi, e si rivolge oscura Veggia il nemico le mie spalle, e scherna
Caligine di polve inver le mura. Di novo ancora il nostro esiglio indegno;
XCVI. Pur che di novo armato indi mi scerna
Mentre ne van precipitosi al chino, Turbar sua pace, e ’l non mai stabil regno.
Strage d’essi i Cristiani orribil fanno; Non cedo io, nò: fia con memoria eterna
Ma poscia che, salendo, omai vicino Delle mie offese, eterno anco il mio sdegno.
L’ajuto avean del barbaro tiranno, Risorgerò nemico ognor più crudo,
Cenere anco sepolto, e spirto ignudo.
CANTO X
- Tasso molto più fluente e continuato nella narrazione, a differenza di Dante o Ariosto che
invece staccano
-
Così dicendo ancor, vicino scorse Poi quando l’ombra oscura al mondo toglie
Un destrier ch’a lui volse errante il passo: I varj aspetti, e i color tinge in negro,
Tosto al libero fren la mano ei porse, Smonta, e fascia le piaghe, e come puote
E su vi salse, ancorch’afflitto e lasso. Meglio, d’un’alta palma i frutti scuote.
Già caduto è il cimier ch’orribil sorse, VI.
Lasciando l’elmo inonorato e basso: E cibato di lor, sul terren nudo
Rotta è la sopravesta, e di superba Cerca adagiare il travagliato fianco,
Pompa regal vestigio alcun non serba. E, la testa appoggiando al duro scudo,
II. Quetar i moti del pensier suo stanco.
Come dal chiuso ovil cacciato viene Ma d’ora in ora a lui si fa più crudo
Lupo talor, che fugge e si nasconde: Sentire il duol delle ferite, ed anco
Che sebben del gran ventre omai ripiene Roso gli è il petto e lacerato il core
Ha l’ingorde voragini profonde; Dagl’interni avoltoj, sdegno e dolore.
Avido pur di sangue anco fuor tiene VII.
La lingua, e ’l sugge dalle labra immonde; Alfin, quando già tutte intorno chete
Tale ei sen gía, dopo il sanguigno strazio, Nella più alta notte eran le cose,
Della sua cupa fame anco non sazio. Vinto egli pur dalla stanchezza, in Lete
III. Sopì le cure sue gravi e nojose;
E come è sua ventura, alle sonanti E in una breve e languida quiete
Quadrella ond’a lui intorno un nembo vola, L’afflitte membra e gli occhj egri compose:
A tante spade, a tante lance, a tanti E mentre ancor dormia, voce severa
Instrumenti di morte alfin s’invola: Gl’intonò su le orecchie in tal maniera:
E sconosciuto pur cammina innanti VIII.
Per quella via ch’è più deserta e sola: Soliman Solimano, i tuoi sì lenti
E rivolgendo in se quel che far deggia, Riposi a miglior tempo omai riserva;
In gran tempesta di pensieri ondeggia. Chè sotto il giogo di straniere genti
IV. La patria, ove regnasti, ancor è serva.
Disponsi alfin di girne ove raguna In questa terra dormi, e non rammenti
Oste sì poderosa il Re d’Egitto: Ch’insepolte de’ tuoi l’ossa conserva?
E giunger seco l’arme, e la fortuna Ove sì gran vestigio è del tuo scorno,
Ritentar anco di novel conflitto. Tu, neghittoso, aspetti il novo giorno?
Ciò prefisso tra se, dimora alcuna IX.
Non pone in mezzo, e prende il cammin dritto Desto il Soldano, alza lo sguardo e vede
(Chè sa le vie, nè d’uopo ha di chi ’l guidi) Uom che d’età gravissima ai sembianti,
Di Gaza antica agli arenosi lidi. Col ritorto baston, del vecchio piede
V. Ferma e dirizza le vestigia erranti.
Nè perchè senta inacerbir le doglie E chi sei tu (sdegnoso a lui richiede)
Delle sue piaghe, e grave il corpo ed egro, Che, fantasma importuno ai viandanti,
Vien però che si posi, e l’arme spoglie; Rompi i brevi lor sonni? e chè s’aspetta
Ma, travagliando, il dì ne passa integro. A te la mia vergogna, o la vendetta?
CANTO XIX
VIII. E se ne van dove un girevol calle
Escon della Cittade, e dan le spalle Gli porta per secreti avvolgimenti:
Ai padiglion delle accampate genti: E ritrovano ombrosa angusta valle
Tra più colli giacer; non altrimenti E recandosi lei di lancia in modo,
Che se fosse un teatro: o fosse ad uso Urtò d’incontro impetuoso e sodo.
Di battaglie, e di cacce intorno chiuso. XXXVII.
IX. Restar non può marmo o metallo innanti
Quì si fermano entrambi: e pur sospeso Al duro urtare, al riurtar più forte.
Volgeasi Argante alla Cittade afflitta. Svelse dal sasso i cardini sonanti:
Vede Tancredi che ’l Pagan difeso Ruppe i serraglj, ed abbattè le porte.
Non è di scudo, e ’l suo lontano ei gitta. Non l’ariete di far più si vanti;
Poscia lui dice: or qual pensier t’ha preso? Non la bombarda fulmine di morte.
Pensi ch’è giunta l’ora a te prescritta? Per la dischiusa via la gente inonda,
S’antivedendo ciò timido stai, Quasi un diluvio, e ’l vincitor seconda.
È il tuo timore intempestivo omai. XXXVIII.
X. Rende misera strage atra e funesta
Penso, risponde, alla Città del regno L’alta magion, che fu magion di Dio.
Di Giudea antichissima Regina, O giustizia del Ciel, quanto men presta
Che vinta or cade; e indarno esser sostegno Tanto più grave sovra il popol rio!
Io procurai della fatal ruina. Dal tuo secreto provveder fu desta
E ch’è poca vendetta al mio disdegno L’ira ne’ cor pietosi, e incrudelío.
Il capo tuo, che ’l Cielo or mi destina. Lavò col sangue suo l’empio Pagano
Tacque, e incontra si van con gran risguardo: Quel tempio che già fatto avea profano.
Chè ben conosce l’un l’altro gagliardo. XXXIX.
XXXIV. Ma intanto Soliman ver la gran torre
Giunto il gran Cavaliero ove raccolte Ito se n’è, che di David s’appella:
S’eran le turbe in loco ampio e sublime; E quì fa de’ guerrier l’avanzo accorre,
Trovò chiuse le porte, e trovò molte E sbarra intorno e questa strada e quella:
Difese apparecchiate in su le cime. E ’l Tiranno Aladino anco vi corre.
Alzò lo sguardo orribile, e due volte Come il Soldan lui vede, a lui favella:
Tutto il mirò dall’alte parti all’ime, Vieni, o famoso Re, vieni, e là sovra
Varco angusto cercando; ed altrettante Alla rocca fortissima ricovra,
Il circondò con le veloci piante. XL.
XXXV. Chè dal furor delle nemiche spade
Qual lupo predatore all’aer bruno Guardar vi puoi la tua salute, e ’l regno.
Le chiuse mandre insidiando aggira, Oimè, risponde, oimè, che la Cittade
Secco l’avide fauci, e nel digiuno Strugge dal fondo suo barbaro sdegno:
Da nativo odio stimolato e d’ira; E la mia vita, e ’l nostro imperio cade.
Tale egli intorno spia s’adito alcuno Vissi, e regnai: non vivo or più, nè regno.
(Piano od erto che siasi) aprirsi mira. Ben si può dir: noi fummo; a tutti è giunto
Si ferma alfin nella gran piazza: e d’alto L’ultimo dì, l’inevitabil punto.
Stanno aspettando i miseri l’assalto. XLI.
XXXVI. Ov’è, Signor, la tua virtute antica?
In disparte giacea (qual che si fosse (Disse il Soldan tutto cruccioso allora)
L’uso a cui si serbava) eccelsa trave: Tolgaci i regni pur sorte nemica;
Nè così alte mai, nè così grosse Chè ’l regal pregio è nostro, e in noi dimora.
Spiega l’antenne sue Ligura nave. Ma colà dentro omai dalla fatica
Ver la gran porta il Cavalier la mosse Le stanche e gravi tue membra ristora.
Con quella man, cui nessun pondo è grave: Così gli parla; e fa che si raccoglia
Il vecchio Re nella guardata soglia.
CANTO XX
LXXII. LXXIV.
Prende Goffredo allor tempo opportuno: Stette attonito alquanto e stupefatto
Riordina sue squadre, e fa ritorno A quelle prime viste, e poi s’accese:
Senza indugio alla pugna; e così l’uno E desiò trovarsi anch’egli in atto
Viene ad urtar nell’altro intero corno. Nel periglioso campo alle alte imprese.
Tinto sen vien di sangue ostil ciascuno: Nè pose indugio al suo desir; ma ratto
Ciascun di spoglie trionfali adorno. D’elmo s’armò, ch’aveva ogni altro arnese.
La vittoria e l’onor vien da ogni parte: Su su, gridò, non più, non più dimora,
Sta dubbia in mezzo la Fortuna, e Marte. Convien ch’oggi si vinca, o che si mora.
LXXIII. LXXV.
Or mentre in guisa tal fera tenzone O che sia forse il provveder divino
È tra ’l Fedele esercito e ’l Pagano; Che spira in lui la furiosa mente,
Salse in cima alla torre ad un balcone, Perchè quel giorno sian del Palestino
E mirò (benchè lunge) il fier Soldano, Imperio le reliquie in tutto spente,
Mirò (quasi in teatro, od in agone) O che sia ch’alla morte omai vicino
L’aspra tragedia dello stato umano: D’andarle incontra stimolar si sente;
I varj assalti, e ’l fero orror di morte, Impetuoso e rapido disserra
E i gran giochi del caso e della sorte. La porta, e porta inaspettata guerra
IL PASTOR FIDO
L'opera drammatica più importante di Guarini è Il pastor fido, composta tra il 1580 e il 1583 e
pubblicata nel 1590.
- È un dramma pastorale di sedici e sette sillabe, sul modello dell'Aminta del Tasso, con
Guarini come amico e rivale.
- La storia si svolge ad Arcadiae i protagonisti sono due giovani innamorati, Amarili e Myrtillo,
Dorinda e Silvio, che coronano il loro amore dopo tante vicissitudini.
- Amarili e Myrtillo si amano ma sono ostacolati da un'errata interpretazione
dell'oracolo;
- Dorinda, che soffre dell'indifferenza di Silvio, riesce finalmente a ottenere Silvio
dopo che lui l'ha ferita.
- La storia è complicata da innumerevoli eventi collaterali e si conclude felicemente con un
matrimonio per due.
Scena 4 atto primo → RIFLESSIONE SULLA NATURA DEI SOGNI
- atto secondo si conclude con un coro che apre la canzone dei baci
satiro → figura tragicomica
MARINO
Nasce a Napoli e abbandona gli studi legali per seguire la passione della letteratura
- Autore virtuoso e spregiudicato molto apprezzato da D’Annunzio
- scrive “L’adone” a Parigi dopo essere stato in fuga ed esser scappato da tutt’italia e dopo
un tentato omicidio per accoltellamento.
- Il murtola, suo nemico, lo assale e lo accoltella → lui riesce a scappare e si rifugia a
Parigi
- Molto ricercato tra i potenti → va a Parigi in fuga da Napoli, Roma e Torino, e qui pubblica
l’opera l’Adone, il più ampio poema italiano celebrante la mitologia classica
- sembra di aver trovato un lavoro alla corte dei Savoia;
- Vita estremamente contrastata, personaggio fluido → non era molto accettato nel
periodo riformista
- Personaggio molto romanzesco
- Autore in prosa, poesie, teatro, madrigali, sonetti, …
- Cortigiano napoletano (filtra attraverso i suoi versi), autore di teatro-opere sacre-
opere brevi o lunghe, madrigali, sonetti
- A differenza di Tasso, che non aveva mai sistemato le sue rime, Marino contiene la sua
produzione poetica in una raccolta detta “lira”, che incontra l’aspetto tematico e l’aspetto
formale
- Rime pastorali, encomiastiche, lugubri, sacre secondo capitoli o sezioni. Rime
boscherecce, rime eroiche, rime amorose, rime tragiche....
- Queste partizioni tematiche sono suddivise anche a seconda del metro.
- Forme nuove: i capricci → tema libero con un caratteristico impegno nel trovare il
bizzarro, l’inconsueto.
- Culto del classico + allargamento dei codici del visibile e del raccontabile → si
allarga alle sfere dello spiacevole/disorganico/disarmonico/esotico/sporco
Apre l’uomo infelice, allor che nasce indi, in età più ferma e più serena,
in questa vita di miserie piena, tra Fortuna ed Amor more e rinasce.
pria ch’al sol, gli occhi al pianto, e, nato a Quante poscia sostien, tristo e mendico,
pena, fatiche e morti, infin che curvo e lasso
va prigionier fra le tenaci fasce. appoggia a debil legno il fianco antico?
Fanciullo, poi che non più latte il pasce, Chiude alfin le sue spoglie angusto sasso,
sotto rigida sferza i giorni mena; ratto così, che sospirando io dico:
«Da la cuna a la tomba è un breve passo»!
Libero arco della vita umana, vita-tempo-esistenza, nel barocco emerge con forza il tema della
temporalità-morte
- Sonetto esperienziale
- L’arte riflette su se stessa
Il primo vocabolo è Apre, assonanza tra la prima e ultima parola dell’endecasillabo
Sintassi sinuosa e complessa, tendenza all’ipotassi e allargamento del discorso, non c’è una
struttura della frase -> spesso l’ordine è invertito
I neonati nascono piangendo
Cristo malinconico della tradizione (non più crudele come in Ariosto)
È tutto successo così velocemente
I RICCI
12 Per alcune frutta di mare che aveva donate alla sua ninfa
Ricci pungenti, o misero Fileno, dolce frutto e gentil chiudono almeno.
a chi (sia pur il cor) doni non cura
recasti in dono. Un dono omai procura Dono le fia più caro un’orsa, un angue;
che lei rassembri, e la contenti a pieno. ma più, s’egli averrà che tu le porte
un vaso o del tuo pianto o del tuo sangue.
Ché, se pari al rigor ch’ella ha nel seno,
lor di scogli e di spine armò natura, Chi non sa ciò che sia malvagia sorte,
sott’aspre punte e scorza alpestra e dura chi vago di morir vivendo langue,
ami costei, ch’è quant’amar la morte.
Porsi àgl’ homeri industre audasi piume, E cader poi, nel più superbo Fiume.
Cader volando,e dar poi nome à l'onde,
Far guerra al Ciel, da queste baffe sponde, Cantar ľalmo mio Sol, cader cantando,
E ferito effer poi, dal maggior Nume. Son tutte imprese troppo eccelse, e conte;
Mà l’huom viue immortal tropp'alto osando.
Montar sul carro de l’aurato lume,
Che illumina le Stelle, e le nasconde, E s'icaro, Tifeo, cadde,e Fetonte,
Perder la strada, e gir co i raggi altronde, E viuon pure, anch'io viurò cascando
Forse in Parnaso, ò nel Castalio fonte.
AUTORE IGNOTO
VIII Viva l'ingratitudine mi serba,
Di stupor pieno e d'alta meraviglia
Attonito e smarrito, che poss'io Almen la spiegherò tra me sovente
Che contemplar d'ognun l'ingiusto oblio, In bianchi fogli, che pur disacerba
Stringer le labra ed incarnar le ciglia, La doglia un rimembrarla dolcemente.
CIRO DI PERS
Tempo → orologio
- aspetto metafisico ed esistenziale del tempo che passa (tema della morte di conseguenza)
e tempo come porzione misurabile → afferrabile dalla tecnologia
- stratagemmi retorici di ripetizione, inversione di riproduzione di suono → ticchettio del
tempo, cupo e lungo
- ricerca di un ritmo scandito che richiama la regolarità dell’orologio
OROLOGIO DA ROTE
Mobile ordigno di dentate rote che con voce di bronzo il rio tenore.
lacera il giorno e lo divide in ore
ed ha scritto di fuor con fosche note Perch’io non speri mai riposo o pace
a chi legger le sa: Sempre si more. questo che sembra in un timpano e tromba
mi sfida ogn’or contro a l’età vorace.
Mentre il metallo concavo percuote
voce funesta mi risuona al core e con que’ colpi onde ’l metal rimbomba
né del fato spiegar meglio si puote affretta il corso al secolo fugace
e, perché s’apra, ogn’or picchia a la tomba.
TOMMASO CAMPANELLA
[da Scritti scelti di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, a cura di Luigi Firpo, Torino 1949,
pp. 315-16; in La letteratura italiana Cecchi-Sapegno, 8. Il Seicento. Bruno, Campanella, Galilei,
ediz. CdS-De Agostini 2005, p. 91]
- brano protocomunista
- Uomini visione di classe → o troppo ricchi o troppo poveri
[Esiste] una disegualità grande negli uomini che, o sono troppo ricchi, il che li fa insolenti, o che
sono troppo poveri, il che li fa invidiosi, ladri e assassini. Imperò che li prezzi dei frumenti e vini e
olio e carne e vestimento s’è cresciuto assai, non negoziandoli gli uomini, onde n’è penuria, ed i
danari si spendono tanto che i poveri non ponno bastare a tanto spendere, e servono o rubano o
vanno in guerra per povertà e non per amore del re e della religione; e abbandonano e cambiano
spesso le insegne, non curandosi far figli né matrimonio per non poter supplire ai tributi e si
sforzano almeno d’esser frati e preti.
[da Opere di T. C. scelte, ordinate ed annotate da Alessandro d’Ancona…, vol. I, Torino 1854, p.
143; in La letteratura italiana Cecchi-Sapegno, 8. Il Seicento. Bruno, Campanella, Galilei, ediz.
CdS-De Agostini 2005, p. 79]
EMANUELE TESAURO
IL CANNOCCHIALE ARISTOTELICO
Opera lunga dal titolo che è già un ossimoro culturale: mette insieme da un lato la spinta scientifica
che attraversa il secolo (cannocchiale) e dall’altro la fa conciliare con la lettura conservatrice
- 1654 la prima edizione e nel 1660 l’ultima
Idea dell’arguta e ingegnosa esecuzione: trattato retorico che serve a tutta l’arte oratoria, l’arte
lapidaria e l’arte simbolica
- è una rassegna dei concetti e degli emblemi (frasette in latino che sintetizzano le virtù della
singola casa nobiliare)
- lettura onnicomprensiva della comprensione umana attraverso le figure retoriche: analisi a
360 gradi sulle modalità della comunicazione umana
Scritto a metà del ‘600 → ha intorno a sé una grande arte
- la poesia barocca è fatta di giochi di parole attraverso i quali scaturisce
l’imprevedibile dell’estetica
- Capitolo 1: argutezza, forma di intelligenza, attraverso cui si comprendono le cose
- ragioni intelligenza: Dio, spiriti, natura, animali e uomini
- Capitolo 4: cagioni formali della arguzia → definizione figure retoriche
- generi della retorica, figure armoniche, patetiche e ingegnose
- Capitolo 7:trattato sulla metafora: trasportare da una parte all’altra
- Indagini sulle origini e modalità dell’intelligenza
- metafore semplici, di proporzione, iperbole, laconismo, di opposizione, di inganno,
di argomenti e concetti ingegnosi
- Capitolo 11: teoremi pratici su come formulare concetti arguti
- Capitolo 12: trattato dei ridicoli → post aristotelico
CARLO GOLDONI
Nasce a Venezia nel 1707 e muore a Parigi nel 1793
- viene espulso dall’università di Pavia → studiava legge e scrive delle cose un po’
impertinenti. Riesce comunque a laurearsi
- inizia a predicare l’arte legale in Toscana (regime in cui è ambientata La Locandiera)
- Si sposta a Parigi per più di 30 anni
Saluta Venezia con “una delle ultime sere di carnevale” → una delle sue opere più malinconiche,
ma al tempo stesso ironica
- Si tiene in contatto con l’italia tramite la traduzione e l’auto traduzione delle sue opere →
autore bilingue (italiano, francese, veneziano)
É inoltre molto attento alla costruzione del proprio personaggio e all autopromozione strategia
comunicativa e promozionale spiccata → le memorie ne sono le prove
- No idea romanzesca
- Memorie per l’istoria della sua vita e del suo teatro
- Autobiografia scritta in francese, ma lo pensa anche in italiano e nello stesso anno
fa uscire anche l’edizione italiana a Venezia
- dedica il mémoire al re luigi 16 → 1787 a Parigi
É indifferente all’aria che si respira a Parigi per la rivoluzione francese e allo stesso tempo si
mostra indifferente anche a ciò che sta accadendo a venezia, quando la repubblica muore → non
ha la consapevolezza delle situazioni che riguardano le sue due patrie
- Capitolo XXXIII: affascinato dalla nascita del giornalismo → giornali: racconti del giorno
- Capitolo XXXIV: indagine sulla città → estremamente moderno
- polizia
- traffico cittadino → lui fa parte dei pedoni, lamento sulle carrozze
Parte prima: figure genitoriali → emerge il suo egocentrismo
- a 10 anni assiste alla sua prima rappresentazione teatrale → se ne innamora
- una delle prime cose che scrive è un canovaccio per il teatro delle marionette
Parte terza: Parigi → Capitolo III: incontri
- durante il soggiorno a parigi entra nel pieno della cultura dell illuminismo, parla del suo
incontro con Diderot e più avanti con rousseau
- Nel capitolo XVIII della terza parte, parla del teatro
- Il mondo teatrale è estremamente variegato
Ha scritto commedie, circa 100, (ne sono pervenute poche) tragedie, tragicommedie
- Goldoni uomo di teatro a tutto tondo → scrive di tutto dalle decine di tragedie, scrive le
tragicommedie (genere misto), intermezzi
- ricordiamo l’opera il commediografo
- È stato anche autore di melodrammi (non ci perviene nulla)
IL TEATRO COMICO: opera interessante che come denuncia già il titolo è un’opera pre
pirandelliana.
- É una commedia su una commedia → forma di metateatro→ strategia abbastanza comune
nelle arti.
- In ambito letterario italiano è un’espressione esplicita di metateatro che nel 900 diventa una
forma quasi canonica
L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE
Si riferisce a Smirne, in Turchia. É una storia abbastanza simile a quella del teatro comico.
- Milionario turco che arriva a Venezia e vuole comprare una compagnia teatrale e, siccome i
teatrali a Venezia se la passano male, decidono di trasferirsi a Smirne e si dà inizio ad una
serie di vicende e battibecchi.
Apertura ai mondi al di fuori della penisola (in questo caso Smirne faceva parte dell’impero
ottoniano e ai tempi era un centro levantino, un centro di cultura molto vivace).
Goldoni mette in scena questa dimensione levantina, mediterranea, ed era molto attento anche a
quello che arrivava dall’inghilterra e dalla Francia (il romanzo).
- Goldoni ha un grande interesse per l’esotismo, ciò che può arrivare dall’estremo oriente
PARTE PRIMA - CAPITOLO V
Legato al viaggio infantile da Chioggia a Venezia.
- Il padre lo affida a questa compagnia di teatranti che vanno a Venezia, dove lo aspetta la
madre.
- Si imbarca a Rimini, sul barcone dei commedianti e verrà travolto e affascinato dalla
compagnia.
PARTE PRIMA - CAPITOLO XLV
Arriva a Bologna con la moglie.
- É appena stato derubato e va via da Venezia
É uno dei momenti in cui parla di sé e del suo stato d’animo, che è assolutamente inconsueto per
Goldoni.
- Di solito la sua narrazione è sempre proiettata verso l’esterno, verso le trame e i
personaggi
- “Malinconico, pensoso, immerso nel cordoglio”
- la moglie lo consola
Si entra nell’officina di goldoni, ci racconta come nascono le sue opere che spesso erano su
commissione
- Aveva ricevuto la richiesta di una commedia senza donne da parte dei gesuiti.
PARTE SECONDA - CAPITOLO III
Nella parte finale si parla del dialetto veneziano
Nella sua vita ci sono 3 aspetti che vanno ricordati: Goldoni è l’autore di una riforma, cioè il
passaggio dal teatro delle maschere alla commedia scritta.
- Di questa riforma parla abbastanza poco nelle sue memorie e parla poco delle sue fiere
polemiche con due personaggi del mondo teatrale veneto-veneziano che erano i fratelli
Gozzi (carlo e gaspare) e un altro autore di romanzi Chiari
- Quello con Carlo Gozzi è uno scontro molto aspro
PARTE SECONDA - CAPITOLO XVII
Parla del suo vagare tra i teatri di Venezia. Ci fa capire l’aspetto produttivo ed economico
dell’Europa del tempo
- Goldoni è scrittore e capocomico (regista)
- Fine del ‘700
Due attrici → una giovane e una più vecchia.
Aspetto dell’happy ending
LA BOTTEGA DEL CAFFÈ
PARTE SECONDA - CAPITOLO XXIII
Trilogia della Villeggiatura → finale non felice
Mette in scena una delle sue commedie “il vecchio bizzarro” che ha fatto un flop
- cosa succede dietro le quinte delle commedie
- Racconto di critiche alla veneziana
Per vendicarsi delle critiche scrive un’altra opera da mettere in scena: “ il festino”
PARTE SECONDA - CAPITOLO XXXIX
Il carnevale di Roma - 1787
- Leggendo quest’opera ci confrontiamo con un grande artista che si muove con libertà e
grande agio lungo tutta la penisola (senz’altro da Venezia a Roma= e la sua opera, il tuo
teatro, viene accolto più o meno favorevolmente in tutta Italia e questo ci deve far riflettere
sia da un punto di vista politico che storico.
- L’italia a quei tempi era completamente divisa
- Di questa situazione non solo goldoni non ne parla assolutamente, perché è del
tutto inconsapevole perché non esiste in tutta la vita di Goldoni e nel suo mondo
questo desiderio di unificazione nazionale. Noi veniamo confrontati con un ambiente
che è diviso dal punto di vista amministrativo ma completamente intercomunicante,
è unito dal punto di vista culturale, della lingua, del costume e degli spostamenti
GIUSEPPE PARINI
Figlio dell’illuminismo milanese → autore illuminista attivo nella seconda metà del ‘700
- Nato tra Milano e Lecco
- Due anni dopo la sua morte (1799 - 1801) Milano è sotto i francesi ed è stata instaurata nel
nord italia la repubblica cisalpina → vi è anche l’epidemia. Viene scoperto il vaccino contro
il vaiolo e la repubblica cisalpina raccomanda la somministrazione di questo vaccino.
Era un chierico → non sono pochi gli illuministi che vengono dalla classe clericale, nell'Europa del
‘700
- Autore molto meno profetico di Goldoni, che possiamo ricordare per due opere “le odi” e “il
giorno”
- Primo insegnante a Brera
- Parini non è un autore facile, è un autore lucido ma la realtà è complessa. → critica la
classe dirigente milanese del tempo ma allo stesso tempo è affascinato da essa
VITTORIO ALFIERI
Alfieri è stato l’autore della più efficace e interessante autobiografia della storia della letteratura
italiana.
- La letteratura è forse l’unica forma d’arte in cui - in maniera esplicita o meno - si può
parlare esplicitamente di IO [prima persona]. Dire questo, per uno scrittore, significa
sovrastare quel sentimento di falsità e inventiva che generalmente pervade questa materia
e, al contrario, mettersi a nudo di fronte a questa disciplina.
- L’autobiografia di Goldoni, ad esempio, è diversa poiché caratterizzata dal desiderio di
narrazione della propria vicenda personale.
Alfieri è anche l’autore più significativo per quanto riguarda il genere tragico.
- presente sin dal ‘200 ma - per una serie di motivi non scientifici / spiegabili - non ha mai
seriamente posto le sue radici nella cultura letteraria sino a Dante [ci sono chiaramente
esempi di tragedie anche precedenti al sommo poeta].
- Il genere tragico, poi, viene a poco a poco riscoperto durante il Cinquecento e, insieme alla
commedia con Ariosto e Machiavelli, anche la tragedia viene fatta rinascere > in questo
caso, però, si parla di poeti / compositori MINORI (corte di Ferrara degli Estensi).
- Ebbe una grande ripresa con Federico della Valle nel ‘600 (Giuditta e Oloferne)
- Hanno spesso contenuto politico (contemporaneità, divisioni, società civile) o riprendono
delle vicende mitologiche (la mirra) o bibliche
Scrive “Saul” (tragedia con argomento biblico) e La Mirra
Alfieri è vicino a due grandi autori con cui si confronta: Shakespeare e Rassin
- Tragedie storiche di storia moderna più che antica
- principe del genere tragico
Scrive tragedie da camera e ebbe molta fortuna in questo campo, poiché i suoi testi sono sempre
stati pensati come da leggere, infatti vennero poco rappresentati.
- Sulla scia della sua autorevolezza, per diverso tempo la tragedia va incontro ad una sorta
di rinascita e tutti gli scrittori italiani successivi tentano di comporne qualcuna (Vincenzo
Monti, Foscolo, Manzoni [L’Adelchi, Il Conte di Carmagnola] > tutte tragedie con una
difficile fortuna scenica.
- La tragedia, poi, arriverà sino a D’Annunzio, il quale scrive sì tragedie, ma in maniera
completamente nuova e diversa.
- Il genere tragico, in seguito, rimane un po’ un’ossessione per la letteratura italiana, ma è
come se l’animo italico non trovasse terreno fertile in questo ambito.
Opere che si impongono nel ‘900:
- “La luna e il falò” di Cesare pavese →la figura femminile è vittima sacrificale della divisione
tra fascisti e resistenti
- “il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio
- “tragedia di un uomo ridicolo” di Tognazzi → propone già nel titolo l’ossimoro della vicenda.
Alfieri scrive “MIRRA” → Scommette su una dizione molta alta, colta e scritta della tragedia, che si
sviluppa tramite il contenuto non sempre semplice (ruota attorno al tabù dell’incesto)
- Mirra, nella sua difficoltà di vivere, si consuma e muore
Deriva da “la metamorfosi” di Ovidio → qui si spinge agli estremi, sia nel male (Giace con il padre
12 notti e rimane incinta) che nel bene (gli Dei la perdonano trasformandola in pianta).
- Alfieri cambia questa cosa → lei è umana e la metamorfosi è la morte.
La Mirra → “tragedia del silenzio”, “dramma dell’incomunicabilità” → i due personaggi, il padre e la
figlia, parlano di sé e dell’altro→ alternarsi di prime e terze persone.
- Osservazioni di sé al di fuori
Oltre a questo, Alfieri utilizza in maniera elaborata il verso (endecasillabo frammentato), funzionale
all’espressione di un dramma profondo e a dir poco incomunicabile (lessico aulico). Il soliloquio
iniziale è molto lungo come possiamo notare. (es. brando invece che spada)
- uso particella pronominale proclitica
ATTO I: appaiono sulla scena la madre Cecri e la nutrice di Mirra Euriclea, che discutono sulla
sofferenza della giovane ragazza. Cecri teme che la causa del dolore della figlia sia lei stessa,
poiché fierissima di avere una ragazza così bella, suscitando l’ira di Venere. Nella seconda parte
dell'atto vediamo il padre Ciniro che, affranto, si dice pronto ad evitare la promessa di matrimonio
tra Mirra e Pereo, figlio del re dell'Epiro.
ATTO II: Il secondo atto si apre con un dialogo tra Ciniro e Pereo, in cui Pereo ammette di notare
comportamenti strani e lontani dal desiderio di matrimonio da parte di Mirra. Nella seconda scena
Mirra ammette che il matrimonio le procurerà un dolore infinito, per l'allontanamento dai genitori,
sottolineando quindi di non amare affatto Pereo. Pereo, resosi conto della situazione, si rende
disponibile ad annullare le nozze. Mirra disperata si sfoga con la nutrice ed Euriclea si rende conto
che, in realtà, Mirra soffre per un amore inconfessabile che le reca dolore e affanno.
ATTO III: parlando coi genitori Mirra trova una scusa e ammette che il suo comportamento sia
gravemente messo a dura prova da incubi e fantasmi tremendi che le tormentano il sonno. Mirra -
nonostante la sofferenza - convince i genitori a non annullare il matrimonio.
ATTO IV: inizia la celebrazione delle nozze di fronte al popolo, Mirra si sente oppressa e forse
misteriose la inducono ad ammettere che per lei questo matrimonio è sinonimo di morte. La
cerimonia si interrompe, il futuro marito scappa disperato e il padre - adirato ma al contempo
incapace di osservare la figlia così sovrastata dal dolore - si ritira. La madre viene trattata
malamente da Mirra (vista come una rivale in amore), ma Cecri ancora non si rende conto
dell’atroce segreto che la figlia cela.
ATTO V: Pereo (promesso sposo di mirra) si è ucciso per il dolore e il padre di mirra ne da il triste
annuncio. Successivamente, Ciniro parla con Mirra e cerca di captare la causa del dolore della
figlia tramite una serie di domande. Mirra tenta per l'ultima volta di nascondere il suo disumano
amore per il padre. Ciniro, udendo la confessione di Mirra, rimane pietrificato da quella tremenda
rivelazione, mentre Mirra si lancia verso di lui strappandogli la spada con la quale si trafigge.
Accorrono la madre e la nutrice, che riescono solo a sentire le ultime tragiche parole di Mirra
che dirà l´orbo padre? ei lo attendeva
SCENA I sposo, e felice; ed or di propria mano
CINIRO estinto, esangue corpo, innanzi agli occhi
Ciniro ei recar sel vedrà. — Ma, sono io padre
Oh sventurato, oh misero Perèo! men di lui forse addolorato? è vita
troppo verace amante!... Ah! s´io più ratto quella, a cui resta, infra sue furie atroci,
al giunger era, il crudo acciaro forse
tu non vibravi entro al tuo petto. — Oh cielo! la disperata Mirra? è vita quella,
a cui l´orrido suo stato noi lascia? —
Ma, udirla voglio: e già di ferreo usbergo rea ti senti tu stessa. Il tuo più grave
armato ho il core. Ella ben merta (e il vede) fallo, è il tacer col padre tuo: lo sdegno
il mio sdegno; ed in prova, al venir lenta quindi appien tu ne merti; e che in me cessi
mostrasi: eppur, dal terzo messo ella ode l´immenso amor, che all´unica mia figlia
già il paterno comando. — Orribil certo, io già portai. — Ma che? tu piangi? e tremi?
e rilevante arcano havvi nascoso e inorridisci?... e taci? — A te fia dunque
in questi suoi travagli. O il vero udirne l´ira del padre insopportabil pena?
dal di lei labro io voglio, o mai non voglio,
mai più, vederla al mio cospetto innante... Mirra
Ma, (oh ciel!) se forza di destino, ed ira Ah!... peggior... d´ogni morte...
di offesi Numi a un lagrimar perenne
la condanna innocente, aggiunger deggio Ciniro
l´ira d´un padre a sue tante sventure? Odimi. — Al mondo
E abbandonata, e disperata, a lunga favola hai fatto i genitori tuoi,
morte lasciarla?... Ah! mi si spezza il core... quanto te stessa, coll´infausto fine
Pure, il mio immenso affetto, in parte almeno, che alle da te volute nozze hai posto.
ora è mestier, ch´io per la prova estrema, Già l´oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi
le asconda. In suon di sdegno ella finora del misero Perèo...
mai non mi udia parlarle: il cor sì saldo,
no, donzella non ha, che incontro basti Mirra
al non usato minacciar del padre. — Che ascolto? Oh cielo!
Eccola al fine. — Oimè! come si avanza
a tardi passi, e sforzati! Par, ch´ella Ciniro
al mio cospetto a morire sen venga Perèo, sì, muore; e tu lo uccidi. Uscito
del nostro aspetto appena, alle sue stanze
SCENA II solo, e sepolto in un muto dolore,
CINIRO, MIRRA ei si ritrae: null´uomo osa seguirlo.
Ciniro Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo...
— Mirra, che nulla tu il mio onor curassi, Dal proprio acciaro trafitto, ei giacea
creduto io mai, no, non l´avrei; convinto entro un mare di sangue: a me gli sguardi
me n´hai (pur troppo!) in questo dì fatale pregni di pianto e di morte inalzava;...
a tutti noi: ma, che ai comandi espressi, e, fra i singulti estremi, dal suo labro
e replicati del tuo padre, or tarda usciva ancor di Mirra il nome. — Ingrata...
all´obbedir tu sii, più nuovo ancora
questo a me giunge. Mirra
Mirra Deh! più non dirmi... Io sola, io degna sono,
... Del mio viver sei di morte... E ancor respiro?...
signor, tu solo... Io de´ miei gravi,... e tanti
falli... la pena... a te chiedeva,... io stessa,... Ciniro
or dianzi,... qui... — Presente era la madre;... Il duolo orrendo
deh! perché allor... non mi uccidevi?... dell´infelice padre di Perèo,
io che son padre ed infelice, io solo
Ciniro sentir lo posso: io ´l so, quanto esser debba
È tempo, lo sdegno in lui, l´odio, il desio di farne
tempo ormai, sì, di cangiar modi, o Mirra. aspra su noi giusta vendetta. — Io quindi,
Disperate parole indarno muovi; non dal terror dell´armi sue, ma mosso
e disperati, e in un tremanti, sguardi dalla pietà del giovinetto estinto,
al suolo affissi indarno. Assai ben chiara voglio, qual de´ padre ingannato e offeso,
in mezzo al dolor tuo traluce l´onta; da te sapere (e ad ogni costo io ´l voglio)
la cagion vera di sì orribil danno. — (pur ch´io potessi vederti felice!)
Mirra, invan me l´ascondi: ah! ti tradisce capace io son d´ogni inaudito sforzo
ogni tuo menom´atto. — Il parlar rotto; per te, se la mi sveli. Ho visto, e veggo
lo impallidire, e l´arrossire; il muto tuttor, (misera figlia!) il generoso
sospirar grave; il consumarsi a lento contrasto orribil, che ti strazia il core
fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante; infra l´amore, e il dover tuo. Già troppo
e il confonderti incerta; e il vergognarti, festi, immolando al tuo dover te stessa:
che mai da te non si scompagna:... ah! tutto, ma, più di te possente, Amor nol volle.
sì tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;... La passion puossi escusare; ha forza
son figlie in te le furie tue... d´amore. più assai di noi; ma il non svelarla al padre,
che tel comanda, e ten scongiura, indegna
Mirra d´ogni scusa ti rende.
Io?... d´amor?... Deh! nol credere...
T´inganni. Mirra
Ciniro — O Morte, Morte,
Più il nieghi tu, più ne son io convinto. cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
È certo in un son io (pur troppo!) omai, sempre sarai?...
ch´esser non puote altro che oscura fiamma,
quella cui tanto ascondi. Ciniro
Deh! figlia, acqueta alquanto,
Mirra animo acqueta: se non vuoi sdegnato
Oimè!... che pensi?... contra te più vedermi, io già nol sono
Non vuoi col brando uccidermi;... e coi detti... più quasi omai; purché tu a me favelli.
mi uccidi intanto... Parlami deh! come a fratello. Anch´io
conobbi amor per prova: il nome.
Ciniro
E dirmi pur non l´osi, Mirra
che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo Oh cielo!...
anco ardiresti, io ti terria spergiura. — Amo, sì; poiché a dirtelo mi sforzi;
Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo io disperatamente amo, ed indarno.
non potea pur l´incomparabil, vero, Ma, qual ne sia l´oggetto, né tu mai,
caldo amator, Perèo? — Ma, il turbamento né persona il saprà: lo ignora ei stesso...
cotanto è in te;... tale il tremor; sì fera ed a me quasi io ´l niego.
la vergogna; e in terribile vicenda,
ti si scolpiscon sì forte sul volto; Ciniro
che indarno il labro negheria... Ed io saperlo
e deggio, e voglio. Né a te stessa cruda
Mirra esser tu puoi, che a un tempo assai nol sii
Vuoi dunque... più ai genitori che ti adoran sola.
farmi... al tuo aspetto... morir... di Deh! parla; deh! — Già, di crucciato padre,
vergogna?... vedi ch´io torno e supplice e piangente:
E tu sei padre? morir non puoi, senza pur trarci in tomba. —
Qual ch´ei sia colui ch´ami, io ´l vo´ far tuo.
Ciniro Stolto orgoglio di re strappar non puote
E avvelenar tu i giorni, il vero amor di padre dal mio petto.
troncarli vuoi, di un genitor che t´ama Il tuo amor, la tua destra, il regno mio,
più che se stesso, con l´inutil, crudo, cangiar ben ponno ogni persona umìle
ostinato silenzio? — Ancor son padre: in alta e grande: e, ancor che umìl, son certo,
scaccia il timor; qual ch´ella sia tua fiamma,
che indegno al tutto esser non può l´uom Mirra
ch´ami. Oh dura,
Te ne scongiuro, parla: io ti vo´ salva, fera orribil minaccia!... Or, nel mio estremo
ad ogni costo mio. sospir, che già si appressa,... alle tante altre
furie mie l´odio crudo aggiungerassi
Mirra del genitor?... Da te morire io lungi?...
Salva?... Che pensi?... Oh madre mia felice!... almen concesso
Questo stesso tuo dir mia morte affretta... a lei sarà... di morire... al tuo fianco...
Lascia, deh! lascia, per pietà, ch´io tosto
da te... per sempre... il piè... ritragga... Ciniro
Che vuoi tu dirmi?... Oh! qual terribil lampo,
Ciniro da questi accenti!... Empia, tu forse?...
O figlia
unica amata; oh! che di´ tu? Deh! vieni Mirra
fra le paterne braccia. — Oh cielo! in atto Oh cielo!
di forsennata or mi respingi? Il padre che dissi io mai?... Me misera!... Ove sono?
dunque abborrisci? e di sì vile fiamma Ove mi ascondo?... Ove morir? — Ma il
ardi, che temi... brando
tuo mi varrà...[2]
Mirra
Ah! non è vile;... è iniqua Ciniro
la mia fiamma; né mai... Figlia... Oh! che festi? il ferro...
Ciniro Mirra
Che parli? iniqua, Ecco,... or... tel rendo... Almen la destra io
ove primiero il genitor tuo stesso ratta
non la condanna, ella non fia: la svela. ebbi al par che la lingua.
Mirra Ciniro
Raccapricciar d´orror vedresti il padre, ... Io... di spavento,...
se la sapesse.. Ciniro... e d´orror pieno, e d´ira,... e di pietade,...
immobil resto.
Ciniro
Che ascolto! Mirra
Oh Ciniro!... Mi vedi...
Mirra presso al morire... Io vendicarti... seppi,...
Che dico?... ahi lassa!... non so quel ch´io e punir me... Tu stesso, a viva forza,
dica... l´orrido arcano... dal cor... mi strappasti...
Non provo amor... Non creder, no... Deh! ma, poiché sol colla mia vita... egli esce...
lascia, dal labro mio,... men rea... mi moro...
te ne scongiuro per l´ultima volta,
lasciami il piè ritrarre. Ciniro
Oh giorno!
Ciniro Oh delitto!... Oh dolore! — A chi il mio
Ingrata: omai pianto?...
col disperarmi co´ tuoi modi, e farti
del mio dolore gioco, omai per sempre Mirra
perduto hai tu l´amor del padre. Deh! più non pianger;... ch´io nol merto... Ah!
sfuggi
mia vista infame;... e a Cecri... ognor... Ciniro
nascondi... Ti arretra...
Inorridisci... Vieni... Ella... trafitta,
Ciniro di propria man, s´è col mio brando...
Padre infelice!... E ad ingoiarmi il suolo
non si spalanca?... Alla morente iniqua Cecri
donna appressarmi io non ardisco;... eppure, E lasci
abbandonar la svenata mia figlia così tua figlia?... Ah! la vogl´io...
non posso...
Ciniro
SCENA III Più figlia
CECRI, EURICLEA, CINIRO, MIRRA non c´è costei. D´infame orrendo amore
Cecri ardeva ella per... Ciniro...
Al suon d´un mortal pianto...
Cecri
Ciniro Che ascolto? —
Oh cielo![3] Oh delitto!...
non t´inoltrar...
Ciniro
Cecri Deh! vieni: andiam, ten priego,
Presso alla figlia... a morir d´onta e di dolore altrove.
Mirra Cecri
Oh voce! Empia... — Oh mia figlia!...
Euriclea Ciniro
Ahi vista! nel suo sangue a terra giace Ah! vieni...
Mirra?...
Cecri
Cecri Ahi sventurata!...
La figlia?... né più abbracciarla io mai?...[4]
Ciniro SCENA IV
Arretrati... MIRRA, EURICLEA
Mirra
Cecri
Svenata!... Quand´io... tel... chiesi,...
Come? da chi?... Vederla vo´... darmi... allora,... Euriclèa, dovevi il ferro...
io moriva... innocente;... empia... ora...
muoio..
GIACOMO LEOPARDI
Leopardi ha lavorato a più riprese su due opere in particolare: “Canti” e “operette morali” + altre
produzioni tra cui commenti letterari (alcuni lo considerano anche un filosofo, prosatore,
compositore e via dicendo).
- Intellettuale a tutto campo - poeta e prosatore non romanziere
I Canti, come lui afferma nello Zibaldone (sua opera non pubblicata), in realtà si chiamano “Canti”,
in maniera molto generica, vaga ed indefinita → la sua poetica, non a caso, viene indicata come la
poetica dell’indefinito (lui essendo filologo ci teneva molto a queste sfumature della lingua).
- Su quest’opera lui ha lavorato duramente sia a livello linguistico, che a livello di
ordinamento (posizione degli scritti).
- Queste due opere, infatti, sono composte da tantissimi segmenti diversi ordinati dallo
stesso Giacomo.
- “Canti” escono nel 1831 e 1835, mentre le “Operette” nel 1827 a Milano (editore Stella;
anno in cui viene pubblicata la prima edizione dei Promessi Sposi) e nel 1834 a Napoli (in
ambedue i casi, sia la seconda versione dei Canti che delle Operette mostra qualche
modifica a livello di ordinamento).
- Per le Operette, a dire il vero, lui aveva già pronta una terza edizione ma che uscirà
postuma nel 1845, a cura di Antonio Ranieri (amico fidato) → l’edizione che leggiamo noi
oggi.
- Esiste anche una storia precedente alle prime edizioni di queste opere; infatti, alcune
poesie ed operette vennero pubblicate prima del ’31 e del ’27.
Leopardi possiede tre radici culturali dalle quali attinge: quella classica, quella della tradizione
italiana e quella legata alla filosofia.
Lettera in cui Giacomo dedica la prima pubblicazione dei Canti ai suoi amici toscani - 1831
La lettera dedicatoria che Leopardi scrive per la pubblicazione della prima edizione dei Canti, nel
1824 → canzoni petrarchesche (perchè iniziate con citazioni di Petrarca) con cui anticipa i Canti
stessi.
- Canzoni - 1824 Bologna, sotto l’editore Nobili
- Avendo iniziato, negli anni ’20 dell’Ottocento, a lavorare presso l’editore Stella per
scampare alla disciplina del padre Monaldo, gli viene affidata un’edizione commentata del
Canzoniere di Petrarca.
Nel 1826, invece, Leopardi pubblica i Versi, sempre a Bologna, con lo stesso editore che però ora
si chiama “la Stamperia delle Muse”
- nello stesso anno fa uscire le prime tre operette sia a Milano (dall’editore Stella) che a
Firenze (sulla rivista “Antologia Vieusseux")
- racconti apologhi o fiabe
- una dedicata a Tasso e uno a Cristoforo Colombo
Nel 1827, oltre al volume delle Operette, viene pubblicata un’antologia dedicata alla prosa, sempre
per l’editore Stella
Nel 1828, quella dedicata alla poesia (antologie interessanti per capire, in base alle scelte di
Leopardi, quali fossero le sue inclinazioni).
Nel 1831, grazie a Guglielmo Piatti (tipografo che operava tra Firenze e Livorno + era in contatto
con NYC con Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart), vengono pubblicati i Canti, a Firenze.
- Piatti aveva pubblicato anche per Foscolo
Nel 1834, esce la seconda edizione accresciuta delle Operette, sempre tramite Piatti.
- Nel frattempo, Giacomo - che di salute era molto cagionevole - si trasferisce a Napoli con
Ranieri, dove morirà nel 1837
- Quasi in contemporanea, mette in cantiere una terza edizione delle Operette
- Doveva uscire in due volumi: si hanno le bozze che vennero inviate alla censura di
Napoli →all’epoca regnavano i Borbone, si doveva far fronte ad una fortissima
censura e ad un ambiente reazionario
- non vengono stampate perché espressione di una filosofia materialista non
creazionista e non cristiana → su motivazione ideologiche non viene
stampata
- Verranno stampate a Firenze, in un contesto ideologico più aperto, postume
grazie a Ranieri e all’editore Lemonnier - all’interno di una serie di volumi
dedicati in generale alle opere di Leopardi.
Nel presentare il libro, Leopardi, dichiara quanto la stessa pubblicazione del libro abbia un
significato intimo e profondo:
- sia dedicato a voi questo libro → amici, rappresentanti dell'intellighenzia liberale, che lo
avevano accolto e ascoltato
- due erano degli abati/ figure ecclesiastiche in parte vicine ma anche, come profilo
intellettuale, lontane da Leopardi → Vincenzo Gioberti, ordine dei gesuiti, (con cui si
scambia parecchie lettere) e l’abate Pietro Giordani (che svolse un po’ il compito di
mentore e protettore di Leopardi)
- consacrare il mio dolore → contiene la politica dei canti che intendono esprimere il dolore
del mondo, intimo e personale
- come se fosse alla fine della sua vita
- speranza della morte → la sua condizione fisica è così devastata lo priva della gioia di
vivere una vita normale
- Ben sapete… → la sua condizione era talmente precaria che non ha potuto leggere le
stampe e correggerle, eventualmente.
- i versi del ‘26 sono gli unici che è riuscito a seguire
- I canti sono passati attraverso la correzione di Ranieri
- ho perduto tutto, sono un tronco che sente e pena
- Se non chè in questo tempo ho acquistato voi → luce di speranza che rimarrà fino in fondo
per Leopardi
- E la compagnia vostra … → Amicizia e solidarietà
ZIBALDONE:
- Opera postuma, non del tutto voluta
Esce dal 1898 al 1900 in 7 volumi a cura di Carducci
- termine generico per indicare un “grande contenitore” “grande accozzaglia"
- “pensieri di varia filosofia e bella letteratura” → titolo dato da Carducci in omaggio a
Leopardi e all’opera “pensieri” (opera molto vicina alla pubblicazione → opera- non opera
che non ha mai visto la luce)
Leopardi nel mentre che stendeva migliaia di appunti e note di tipo storico, geografico, filosofico,
linguistico, esistenziale, redigeva un indice analitico che ci consente di capire cosa lui avesse in
mente e che progetto avesse dietro
- Fine anni 90 del ‘900 e inizio anni 2000 ultima edizione dello zibaldone con le note e
l’indice.
VERSI BOLOGNA
idilli → inizia con l’infinito
elegie
sonetti
epistola
guerra dei topi e delle rane
CANTO 1
- lo riscrisse ben 3 volte ma non lo portò mai a compimento
- Sestine di endecasillabi
- Una versione di Leopardi diversa → vena satirica, comico realistica e addirittura di impegno
politico → italia del risorgimento
- Poesia eroicomica
Sul cominciar del mio novello canto, Un topo, de le membra il più ben fatto,
Voi che tenete l'eliconie cime Venne d'un lago in su la sponda un giorno.
Prego, vergini Dee, concilio santo, Campato poco innanzi era da un gatto
Che 'l mio stil conduciate e le mie rime: Ch' inseguito l'avea per quel dintorno:
Di topi e rane i casi acerbi e l'ire, Stanco, faceasi a ber, quando un ranocchio,
Segno insolito a i carmi, io prendo a dire. Passando da vicin, gli pose l'occhio.
Tom: viene dalla Jamaica → discendente degli schiavi → scritto un libro sulla sua vicenda (uncle
tom)
- la sua è una tattica di “finzione” → ingannevole ed astuta, coperta
- quella di George, invece, è razionale, chiara e sana
George il personaggio bianco, rappresenta il gentleman americano ed è intelligente. la
contrapposizione tra i due personaggi è forte , il nero piu nero e il bianco piu bianco, non ci sono
sfumature.
La conclusione capovolge lo schema che progredisce in maniera lenta e carica di suspance →
l’intelligenza di Boito, rende particolarmente chiaro delineare il destino del personaggio di George
che, pur essendo colpevole, non riesce ad essere punito completamente → ideologie correnti e
razzismo che travalica anche le responsabilità individuali
- per il 90% si svolge in un territorio neutro per tutti, internazionale → Ginevra e New york
(alla fine) dove George si rifugia.
- Non ha nulla di italiano se non la nazionalità dell’autore e la lingua in cui viene
scritta.
- Novità nella letteratura italiana e nella scapigliatura → volta le spalle al contesto italiano e
si inserisce in altri contesti → es. è opera di Camillo Boito (fratello) “il corpo”, ambientato in
uno studio anatomico a Vienna, incentrata sullo studio del corpo umano (tematica tipica
della scapigliatura)
Gli scacchi danno un senso all’intera narrazione → a partire dai ruoli e dalla strategia che i due
personaggi mettono in atto
- Dante mette gli scacchi in paradiso, quasi vicino a Dio, nel 28esimo canto → dante era
abbagliato da scintille che avevano un numero maggiore delle caselle degli scacchi
- Mille e una notte → antica storia orientale secondo la quale un contadino avrebbe
chiesto al re di restituirgli per un chicco di grano tanti grani secondo la progressione
fattoriale degli scacchi, il re accetta ma già alla fine della prima riga erano già
migliaia i chicchi di grano che il re doveva restituire.
- Boccaccio parla di scacchi più volte nel Decameron e in altre opere → i 10 ragazzi spesso
giocavano a scacchi
- Tesauro nel “cannocchiale aristotelico” parla delle “azioni e cenni del personaggio finto” e
dei giochi muti: i tarocchi e gli scacchi → gioco più eroico ed arguto → forma metaforica di
guerra (bellica scuola è quella degli scacchi)
- due eserciti equiparati → bianchi assiri e neri africani
- Negli stessi anni di Boito, Giuseppe Giacosa ha scritto un’opera che deve aver avuto
grande successo, “la partita di scacchi” → si svolge in un castello della valle d’aosta e
attraverso gli scacchi la tensione è quella amorosa.
- Anche Zewigh scrive “ la partita degli scacchi” con una trama basata sulla persecuzione
nazista → un grande scacchista che fugge dalla gestapo
- Attraverso gli scacchi torna il tema della morte anche in Boito
- Bergan è autore di capolavori del cinema come “il settimo sigillo” in cui descrive una partita
con la morte: il protagonista, crociato, torna in svezia e ad attenderlo sulla riva del mare c’è
la morte con la quale patteggia una partita a scacchi → gli scacchi diventano strumento con
cui si passa il tempo, si porta avanti la vita e si intavolano una serie di dialoghi incentrati
sulla vita)
- Paolo Maurensig → scacchista che scrive numerosi romanzi → la variante di nuremberg
PIETRO DI DONATO
CRISTO FRA I MURATORI
Romanzo italiano scritto in una lingua propria, diversa dall’italiano → linguaggio inventato
- sorta di inglese particolare, parlato da immigrati italiani analfabeti
- tradotto poi in italiano
- Esce nel 1839 quando aveva 27 anni, preceduto da un’altra novella
- In quell’anno la città ha come sindaco un discendente italoamericano, Fiorello la
guardia, figlio di un trombettista pugliese
- Contesto dell’emigrazione italiana nel nord America, all’indomani della fine del
brigantaggio, dal 1865/66 in avanti; dopo l’Unità d’Italia.
- L'inglese è particolare in quest’opera perché è l'inglese degli emigrati italiani
analfabeti in italiano quanto in inglese,quando esce questo romanzo l’emigrazione
italiana ha già 70 anni
La copertina utilizzata per il romanzo, e` simile alla copertina che pascoli utilizzò prima della morte
per esortare gli italiani riguardo l’invasione dell'esercito italiano in Libia. quest’ultima si diffuse e
rappresenta lo sforzo bellico del colonialismo italiano; entrambe le immagini sono in parte simili
alla baionetta di delacroix: una volta arrivati in libia scompare la libertà dettata dal colonialismo
- il romanzo di Didonato prende spunto da un incidente avvenuto che sconvolse la città (
incidente dovuto alla modernizzazione urbana → grattanuvole) → muore il padre
- L'incidente avvenne durante la pasqua 1923, l’opera rappresenta un’autobiografismo
accurato perché seppure 16 anni dopo l’accaduto, Didonato racconta un episodio simile a
quello personale. L'aspetto religioso nel romanzo è fondamentale > alla fine del romanzo
ha un crocifisso.
- Paul diventa uomo nei cantieri, aveva avuto un rapporto difficile con la madre e la maledice
crocifisso (motivo per il quale si chiama annunziata) e infine ha un rapporto critico con
l'America che gli ha ucciso il padre. L'autore in qualche modo scrive la sua storia × aspetto
autoreferenziale. (Mise en abîme)
- Visione del mondo completamente polarizzata da parte dell' autore tramite Paul:
- Madre - padre
- america - Italia
- vita - morte
- piacere - dolore
Questa polarizzazione emerge verso la fine con forza tramite la posizione di Paul nei confronti
dell'America. > Il sogno americano è un incubo portatore di inganno
- A fine anni ‘30 esce il libro incubo all’aria condizionata
- Visione critica della modernità e dell’America → in contrasto da quella espressa dagli
italiani colti
BIOGRAFIA
Di donato scrive dopo il romanzo nel 39 esce:
- 1949 → il film (omonimo girato da edward mitrik)
- 1958 → secondo romanzo, diverso dal primo “this woman” di turbamento erotico dovuto dal
rapporto con una donna anglo americana mai tradotto in italiano. →la furia e l'ossessione
del desiderio.
- 1960 → “la madre santa/ saint mother” suora umiliata (ordine umiliati) che fonda un impero
ospedaliero e ne scrive la biografia.
- 1960 → “ three circles of light/ i tre cerchi di luce” → prequel di cristo fra i muratori
(racconta la storia del padre)
- 1978 → rapito aldo moro, di donato sostiene di aver incontrato uno delle brigate rosse e
scrive “il cristo in plastica”
nella narrativa di Di donato ci sono passaggi contenenti un onirismo tragico → importante e`
l’incontro con pasolini del 4 febbraio
Di donato è un muratore e continua questa professione per tutta la vita, non e` abile a capitalizzare
al meglio i suoi diritti d’autore, non era in grado di beneficiare al massimo del loro valore
economico.
tra le ultime opere :
- “christ in plastic” reportage che di donato scrittore ormai anziano, redige visitando l’italia
nella primavera del 1978, (uccisione aldo moro) nella quale l'autore sostiene di aver
incontrato e conversato con uno dei capi delle brigate rosse. (viene infatti chiamato a
deporre)
- riscrive in senso americano i 4 vangeli → stesura secondo la quale cristo è diviso in 4
forme (cristo rosso, cristo bianco, cristo donna vietnamita con uomo da donna e cristo
donna afroamericana) romanzo incompiuto e quasi inedito, pubblicato per sbaglio nel 2011
negli stati uniti e a causa di una lite la casa editrice fu costretta al ritiro dal commercio.
→ Di donato opera una riscrittura evocativa del viaggio della commedia → i canti di Dante
terminano con le stelle. (es. i tre cerchi di luce e` un omaggio a dante, perché corrisponde ad
un'immaginazione che dante aveva raggiunto il paradiso perché viene abbagliato dalla visione di
un arcobaleno e racconta di 3 cerchi di luce.)
Di Donato, prima di aver incontrato le Brigate Rosse, va in carcere ad incontrare l’assassino di
Maria Goretti
ANALISI DEL ROMANZO E DEI PERSONAGGI
Paul: protagonista che in parte assolve anche la funzione di narratore →alter ego dell’autore
comunità di Little Italy e del mondo dei muratori (in parte abruzzesi) → compagnia, collettività
del popolo immigrato
- personaggio mostruoso, che dà e toglie vita
Job→ lavoro e Giobbe→ uomo su cui il Signore fa gravare il peso della vita e del lavoro
- natura umana - mostruosa, qualcosa di più grande dell'umano e che per tutto il romanzo
viene scritto con la lettera maiuscola, rappresenta la personificazione del duro lavoro. (il
lavoro ha una natura umana mostruosa).
- tema del lavoro come tema sociale, politico ma anche molto poetico.
Il romanzo è diviso in cinque parti, corrispondenti a 5 capitoli → segue l’impianto della tragedia
greca. ( Genere tragico fondativo nella cultura cattolica)
- 1 capitolo: geremia, dedicato al padre
- 2 capitolo: Job
- 3 capitolo : tenement (casa popolare, di ringhiera)
- 4 capitolo: fiesta (tradotto come festa ma potrebbe essere un richiamo all omonimo
- romanzo di hemingway)
- 5 capitolo: l’annunziata, dedicato alla madre
- → Il romanzo inizia e finisce con una morte.
Narratore onnisciente esterno che mano a mano si infiltra e scivola nel protagonista. la
sofisticheria e raffinatezza compositiva e` un tutt'uno con l’impegno di voler rappresentare la vita di
cantiere anche nei suoi aspetti più gremi e brutali.
- narratore indiretto libero (modalita` verghiana) → strategia narrativa nella quale i pensieri
dei personaggi vengono trascritti dal narratore. i personaggi parlano in un discorso diretto e
i loro pensieri vengono filtrati attraverso un discorso indiretto.
viene conferita dignità ad un racconto che solitamente non e` al centro della narrazione. negli anni
50 (neorealismo italiano) esce un romanzo di forte importanza italiana: “metello” che racconta la
storia di una compagnia di muratori toscana, ma la modalità di narrazione è esterna, manzoniana e
tradizionale, non viene utilizzata una sintassi futurista e coerente al contenuto della narrazione.
Coralità dei personaggi
Sintassi libera, priva di una struttura precisa → abbondano i vocaboli più che i verbi
Nasce dalla cellula generativa del primo romanzo? ed esce sulla rivista Esquire il 7 marzo 1937
- ristampato su un volumetto a parte e incluso nel “best Short Stories of 1938” a cura di
Edward O’Brien
morte del padre → morte sul lavoro che viene espressa con pensieri di carattere religioso
(invocazione gesù - giuseppe - maria) , modalità espressiva che conferisce rilevanza alla prosa
letteraria.
- morte espressa attraverso le parole da parte dell'autore (il figlio da voce al padre nei suoi
ultimi momenti). Assistiamo alla sua agonia attraverso le sue parole → importanza alla
parola letteraria → tutta in soggettiva
- Paul segue la strada della famiglia ma ha sempre più paura dell'ombra di Job dopo la morte
di Geremia.
- Viene inoltre fatto uso di onomatopee moderniste → suono dei lavori e delle macchine di
tipo urbano industriale
- Invocazione presente in tutto il folklore italiano
PARTE 4 - Festa
il grattacielo Pag 337 → divino mostro, gigante
nasone e paul → nasone e` lo stratagemma narrativo del romanzo discorso scritto dal narratore
esterno (successo per il narratore perché dà voce ai personaggi e permette loro di esprimere la
difficoltà gioia e dignità di un mondo popolare che non era ma istato descritto con quell ampiezza
ma non era nemmeno da considerarsi portate di novità)
- Pol ha preso il posto del padre, cresce e matura nel mondo del lavoro (inizia a lavorare a
12 anni)
- ha il terrore di andare al lavoro → serviva sempre l’ombra del padre dietro
Il mondo del lavoro viene assorbito, genera stanchezza, spossatezza, genera sensazioni e
pensieri → sguardo verso il cielo, genera fantasia di fuoriuscita dal lavoro. → cielo come idea di
paradiso
- Risveglio
Prosa tradizionale, inizialmente, e poi appena si entra nelle sensazioni di nasone le frasi sono più
aperte ai puntini di sospensione, per stare dietro alle sensazioni mentali e fisiche del personaggio
- punto di vista di nasone → stratagemma narrativo di tutto il romanzo
- Non sarebbe in grado di scrivere, ma lo scrive il narratore esterno → Donato dà voce
attraverso lunghe sequenze di discorso diretto ed esprime la serietà e dignità, la difficoltà,
la gioia e il piacere di un mondo popolare che non era mai stato espresso e descrittio con
tale ampiezza e che non era mai stato scelto e preso in considerazione
il gabbiano → una presenza che viene vista dall'esterno
- gabbiano che apparve da dietro l’edificio → si posa e si guarda intorno. Per un attimo il
punto di vista diventa dell'animale.
→ descrizione della festa di nunziata
- Matrimonio Zio Luigi e Nicoletta
- Nasone e fausta → due personaggi che corrispondono nella versione inglese a “nazone e
fausta”
- fausta → e` un uomo (fausto) ma essendo l’autore abruzzese, il vero nome del
personaggio sarebbe dovuto essere “FAUST” → la parola però ha un
corrispondente nello scritto inglese , l’ultima lettera caduta del nome viene sostituita
con la “A” → il nome fausta e` quindi l’adattamento inglese.
- nasone → scritto nel libro come "nazone" il grafismo z rende la s sonora in inglese
- pag 318 → festa nuziale zio luigi e Nicoletta
La presenza del banchetto è un segno sovradeterminato, umberto eco lo definirebbe elemento
semiotico (es. Presenza delle olive sul tavolo) e corrisponde a un convivio dantesco.
- Il cibo é rappresentato da tante cose perché è un elemento segnaletico con tutte le sue
densitá:
- Segno di abbondanza esibita
- Segno di identità etnico culturale
- Veicolo dei rapporti fra i sessi e intergenerazionale
- veicolo di liberazione dei sensi
- Legame e solidarietà di gruppo
- Comunione Laica e festiva
- liberazione dei sensi
- cibo come motore che permette di far entrare altre forme di espressione (canzone, musica,
discorsi politici e chiacchiere su Etiopia)
- Attraverso il cibo si rinsaldano i legami e la solidarietà di gruppo
Il primato d’Italia → sorta di enciclopedia della storia della cultura d’Italia
le GLORIE D'ITALIA nel romanzo vengono rappresentate come:
- artistiche → omaggio culturale a Dante Donatello e Michelangelo → nonostante i
personaggi nel romanzo fossero analfabeti, rappresentano comunque l’italiano (emigrato)
che si portava dentro una conoscenza popolare dell’arte italiana. (chiese,pareti…)
- imprese coloniali (militari) → battaglia di adua (etiopia ed eritrea) 1896 che segna una
sconfitta da parte dell' esercito nazionaleinflitta da un popolo africanO
Nella seconda metà degli anni trenta l'Italia aveva cominciato una grande battaglia di
occupazione dell' Etiopia conclusa con l' entrata a saetha e proclamazione dell'impero
italiano
→ a NY la maggior parte degli italiani si trovava ad Harlem - cittá popolata da comunità afro
americane (di conseguenza ci furono scontri tra le due comunità), questo aspetto non è presente
nel romanzo perché è ambientato nel 1929.
Nel romanzo viene menzionato il generale baratieri → chiamato Baratire nella versione originale
americana.
- La conoscenza dell' italiano da parte di Di donato è da "" analfabeti"" perché corrisponde al
codice linguistico parlato con la quale non si ha una famigliaritá scritta; questo fenomeno
però era comune in questa comunità italo americana
Giuseppe Prezzolini, insieme all'amico Papini fonda a Firenze una serie di riviste, cambiati i tempi
si trasferisce e Mussolini gli crea un istituto di cultura incitandolo a diffondere la cultura italiana
internazionalmente.
- Prezzolini disprezza gli immigrati italiani in america ma comincia uno scambio con un
californiano alla quale chiede incuriosito chiarimenti sul linguaggio italo americano e i motivi
per i quali molti vocaboli italiani vengono storpiati. (Gli italiani in america hanno solo una
conoscenza solo etica dell' italiano)
a confronto: Gioberti e il primato d'Italia
Gioberti, che era in corrispondenza con leopardi, ha una mente molto fervida e grossomodo contro
corrente ed è autore di un libro interessante e controverso che si chiama "primato d'Italia ", una
sorta di enciclopedia della storia italiana.
- Dopo l'unità d'Italia intorno agli anni 70 un altro abate, L'abate Stoppani , pubblica un libro
che ha un enorme successo che si chiama "il bel paese", espressione ripresa da Dante.
L'opera di Stoppani rappresenta il viaggio nelle bellezze d'Italia.
Per quanto riguarda il lavoro, nel romanzo è presente una solidarietà umana ma non di classe.
(Es. Amicizia tra Paul e Louis il loro dialogo mette a paragone gli obiettivi di vita dei ragazzi. Da
una parte Paul vuole continuare a lavorare in cantiere come la famiglia, Louis invece vuole
studiare e avere più conoscenza del mondo.)
Rapporto Paul e Louis
- Louis: ragazzino ebrei ucraino che è scappato negli Stati Uniti
- mettono al centro il diverso obiettivo che i due ragazzini, e la loro rispettiva cultura, si
pongono rispetto al trovarsi nel nuovo mondo
- Paul→ obiettivo lavoro
- Louis→ obiettivo conoscenza ed educazione scolastica
- Parla brevemente di suo fratello maggiore
Nel caseggiato Paul si innamora di Gloria
Ruben: compagno di lavoro di Pol e di Nasone → scena del gabbiano
Pol è cresciuto all’indomani della morte del padre. Cerca di trovare lui lavoro per il suo padrino,
che in realtà è stanco e vorrebbe tornare in Italia
- mise en abyme → espressione francese
LA TEMPORALITÀ DEL ROMANZO
La narrazione segue secondo un calendario meteorologico e dalle festività: Il Romanzo inizia nel
periodo pasquale con tutta la sua sacralità → Morte di pasqua
Calendario meteorologico: Non è presente una scansione cronachistica del tempo, la narrazione
e emerge inadatta.
- La temporalità ha un aspetto rituale e fa riferimento all' aspetto rurale della tradizione
contadina europea scandita dalle stagioni e dai ritmi del lavoro.
- Vita dei campi vs metropoli multiculturale e i distruzione → Difficoltà nella gestione dei due
aspetti temporali.
- Interessante l'assenza della figura dell'architetto e del sindacato.
- Pasqua - Natale
- Al narratore non interessa segnare con le date
- 1929 unica data, con cui inizia l’ultimo capitolo
- Aspetto rituale e ciclico della temporalità
- visione culturale rurale della tradizione contadina europea, scandita dalle stagioni e
dai ritmi del lavoro → ritmi lavoro dei campi vs fragorosa modernità della metropoli
LE PAROLE DETTE NEL ROMANZO E TRADUZIONI
Occorre fermarsi e avere presente la situazione espressiva del romanzo. É presente una frase che
lo zio Luigi dice quando è in ospedale sofferente: chiama l'infermiera e dice "non so parlare
inglese", in questo caso il libro riporta una frase in un inglese non corretto "i sense ill", che
corrisponde ad un inglese storpiato.
- Di Donato utilizza a volte una falsa finzione o doppia finzione attraverso le parentesi.
Pietro di Donato ha trascritto il brano nell’inglese italianizzato e i traduttori italiani lo riportano in
toscano.
Prima edizione a Milano nel 1941, dall’editore Pompeiani - precedentemente stampato nel 1939 a
Indianapolis
- L’italia era in guerra
- Non reca il nome dei traduttori
PRIMA TRADUZIONE:
Ristampato nel 1953 tradotto da Eva Kuhn Amendola → nasce in Lituania ed è di famiglia ebraica.
Eva amendola kuhn, è stata una grande traduttrice e appare in una edizione del ‘50 del romanzo
probabilmente come forma di rispetto da parte dell'editore, ella è vedova di un oppositore del
regime (giovanni amendola).
- Arriva in Italia molto giovane e sposa Giovanni Amendola. → una delle più illustri vittime
del fascismo
- Giovanni Amendola, insieme a Matteotti, fu uno delle più illustri vittime dello
squadrismo fascista
- giornalista meridionale e autore di un episodio centrale per la storia italiana
(successione aventino, amendola denuncia l’omicidio di matteotti da parte
dei fascisti e di conseguenza venne ucciso anche lui.)
- Muore ucciso da sicari della polizia segreta, lasciando moglie e figli (tra cui
Giorgio Amendola, che farà parte del partito comunista negli anni successivi)
- Ha tradotto in Italiano anche diversi contenuti dal Russo.
- Il nome di Eva appare anche come forma di rispetto; non appare nell'edizione del ‘41
perché era vedova di un oppositore del regime
Non ci sono documentazioni se non orali della traduzione di questo libro, leggenda vuole che
Bruno Maffi (padre di un amico del prof) abbia tradotto il romanzo in carcere, nella quale era stato
imprigionato negli anni 30 per questioni antifasciste.
- Giovane antifascista aderente al gruppo di Giustizia e Libertà
- di conseguenza i meriti della traduzione vengono attribuiti ad Eva perché nel secondo
dopoguerra, a seguito della liberazione del 1945, mentre kuhn continua la sua via, maffi ha
una svolta radicale e diventa il braccio destro di un gruppo secessionista comunista
estremista di amedeo curtiga.
SECONDA TRADUZIONE
Esce nel 2011, da un gruppo di traduttrici laureande dall università` dell Aquila.
TERZA TRADUZIONE
La più recente, è una traduzione più pignola e attenta.
il romanzo di Di Donato viene recensito nella versione originale in Italia come libro statunitense
nell’ottobre 1939 da parte di Elio Vittorini nel settimanale “oggi”.
- È appena scoppiata la seconda guerra mondiale
il 28 ottobre 1939, in pieno clima di guerra, in italia esce l’altro libro più importante del ‘900
sull'America: “America amara” di Emilio Cecchi che proietta un'immagine negativa degli Stati Uniti.
- L’uscita della terza edizione di christ in concrete è preceduta da un lungo annuncio sul
corriere della sera, con una recensione anticipata di Emilio Cecchi
- dubbioso e non entusiasta riguardo il romanzo e segnala questo pensiero nelle
recensioni ma mette e mani avanti, e definisce il romanzo come: “ingenuo,
rozzamente colorato di letteratura e con un valore di pamphlet”
Passata l’estate, nel 1941 il Ministero italiano della Cultura Popolare, ordina di sequestrare e
ritirare dal commercio le copie sia dell’antologia americana sia del Cristo tra i muratori
- la censura va avanti fino agli anni 70.
- (Guido Bonsaver scrive storia della censura italiana)
Nel 1942 il libro “americana” viene approvato perché dotato di una prefazione fascicta, e nel 1944
viene pubblicato e approvato definitivamente il romanzo Cristo fra i muratori alla repubblica di salò
(più fascista del fascismo)
- la pubblicazione da parte della repubblica di Salò alla fine degli anni 40, nonostante la
fazione politica dell’autore, è favorita dall’aspetto critico e sprezzante che viene connotato
nel romanzo nei confronti del consumismo americano. (l’estremo fascismo approva
un’opera di critica nei confronti del consumismo americano di un autore comunista che vive
negli usa)
Oggi, l'edizione del 2011 ha l’introduzione dei bertinotti segretario del partito comunista.
- quella del 2021 è una traduzione con prefazione sandro bonvissuto (fa un po caca
paragona hitler a trump).
- in conclusione, il romanzo “ cristo fra i muratori” è piaciuto e dispiaciuto a tutti.
APPROFONDIMENTO RISPETTO ALLA LETTURE:
Nel 1826 su una rivista della colonia italiana di Little Italy, esce questo sonetto di Simplicio Righi,
che anticipa il romanzo di Donato:
Rosina Vieni (Simplicio Righi)
Vennero i bricchellieri a cento a cento,
tutta una ghenga coi calli alle mani Adesso par che sfidi il firmamento
per far la casa di quattro piani a onore e gloria degli americani:
senza contare il ruffo e il basamento. ma chi pensa ai grinoni, ai paesani
morti d’un colpo, senza sacramento?
che val, se per disgrazia o per mistecca Davanti a mezzo ponte di bistecca
ti sfracelli la carne in fondo al floro – il bosso ghigna e mostra i denti d’oro:
povero ghinni, disgraziato dego? – chi è morto è morto... io vivo e me ne frego.
Quando al mattino i corni urlanti in coro che al fumigante mena angusto foro
fanno a l’orecchio orribile armonia
e, ridestando gli umili parìa, del sepolcro de’ vivi m’incammino
ridestan l’ansia del febril lavoro, penoso e mesto. L’anima ferita
piange il suo fiero e tragico destino.
io, stanco, lascio il duro letto e ignoro
se coricarmi dato ancor mi fia: E dico: Ecco la trista alterna vita
mi vesto e mangio, e per la morta via del minator; discendere al mattino
e non saper se a sera àvvi un’uscita.
PLINIO MARTINI
Plinio è un autore a tutto tondo, anche se non ha scritto molte opere
- Aveva iniziato da giovane, nascendo come poeta e pubblicando racconti e romanzi di
ispirazione partigiana.
- Fu insegnante di scuola elementare → c’è una grande tradizione italiana di maestri e
argomenti riguardanti i maestri
- da qui l’opera: “romanzo di un maestro”;
- emigra dell’italia alla svizzera
Ha scritto due libri:
- Sul fondo del sacco nel 1970
- Requiem per Zia Domenica nel 1976 → più lungo, con molti aspetti simili al primo ma con
una struttura diversa
- Il requiem ha una movenza simile rispetto al primo romanzo e ricorda un amore
giovanile.
- Composto in onore del funerale della zia (segue lo schema dello “ stream of
consciousness" tipo "virginia woolf” cosa che non è presente nel primo.
- il protagonista torna al paese, in occasione del funerale della zia, e ricorda un
amore giovanile.
Il centro di tutta questa cultura è la Biblioteca di Bellinzona → cultura/tradizione lombarda
- Alice Ceresa fu una grande scrittrice di origini ticinesi, stabilita a Roma negli anni ‘60 →
grande figura del femminismo italiano
- Ci sono due aperture d’incontro → Dario Fo, di luino (lago maggiore) e Leonardo
Sciascia ( scrittore siciliano)
- Martini scrive delle cose anche su Sciascia e Dario Fo
Fu inoltre un intellettuale rinomato della sua zona e personaggio fisso per il dibattito sociale e
politico della sua vita (a locarno).
Dopo la sua morte vengono pubblicati molti saggi in un volume “nessuno ha pregato per noi” nella
quale è raccolta la fisionomia dell'autore.
SUL FONDO DEL SACCO
Come il romanzo di Donato, anche questo ruota attorno all’immigrazione in un contesto italiano
- ambientato nella Valmaggia (zona alpi) agli inizi degli anni 20
- Legame con la California → in tutte le vicende di immigrazione c’è un ritorno di soldi per
rimettere a posto la casa
- Scrive “Califorgna” → segno grafico errato che racconta della familiarità dell’autore
con il suono gn e che sa scrivere e leggere in italiano ma non sa come ha sentito il
suono, di conseguenza lo riproduce con un ipercorrettismo.1856
- il romanzo è breve e facilmente riassumibile in piccole battute
Racconto EX POST con abbandono del paese natale → partenza del protagonista insieme al
fratello: addio alla terra, ai monti
- Emigrazione europea in America.
È caratterizzato dall’intrecciarsi dei piani temporali: presente e passato che riemerge per
episodi/flashback
Il protagonista (Gori) emigra da Cavergno nel 1929 alla California, nella zona di San Francisco.
- raggiunge uno zio e secondo le classiche dinamiche dell’emigrazione segue una catena,
quella che gli storici chiamano la “chain migration”.
- Questi che partono continuano ad esercitare una forma di pastorizia, anche in California,
diventando dei cowboys
Dopo 17 anni in America, torna in paese nel 1946 ma non si trova bene e ritorna in California, a
San Francisco per poi migrare nuovamente per l’ultima volta a Cavergno.
Primi anni ‘60, quando la sua valle vede la costruzione di una grande diga e in un contesto
demografico molto mutato. Lui rimane al paese e ci racconta.
- Racconto del tutto italiano dal punto di vista culturale, ma che non è ambientato in Italia,
perché Cavergno è in Svizzera, dove non c’è mai stato fascismo e guerra. (no 25 aprile ad
esempio)
- Nonostante siamo nel 1946, quindi nel periodo della Costituzione, non se ne parla
Plinio Martini emigra e passa la sua vita in Svizzera, qui le necessità e le situazioni politiche del
paese sono diverse da quelle italiane, motivo per il quale nella narrazione del romanzo la madre
patria non viene mai citata.
- Il romanzo perciò non tratta minimamente delle situazioni e dinamiche sociali e politiche
italiane nonostante la svizzera sia confinante con l’italia. (infatti questa stessa cultura
democratica svizzera ha fatto sì che le persone che vivevano allo stesso identico modo dei
tedeschi non abbiano instaurato un regime nazista.)
Emigrazione italiana → frutto del risorgimento, unificazione del paese crea le condizioni per la
fuoriuscita dal paese con tasso molto alto di analfabetismo.
Emigrazione delle valli → simile all’emigrazione dalla germania ed era mediamente una
migrazione più alfabetizzata, narrata quindi da epistolari.
“Sul Fondo del Sacco” è quasi espressione idiomatica →Metafora del “vuotare il sacco” →
raccontare fino in fondo
- Gori nelle prime pagine del racconto narra la sua vita e spiega perché l’ha chiamato così.
- MISE EN ABYME “ mentre narra i fatti, spiega il motivo della scelta del titolo.
La valle del racconto è una valle laterale, estremamente ripida, in cui l’agricoltura e pastorizia sono
fonte di indicibile difficoltà in balia dei disastri naturali
“il fondo” → corrisponde al fondo delle alpi, i passi delle montagne
- la storia è ambientata nella valle più a nord dove si parla l’italiano in una variante dialettale.
- a partire dalla metà del 800 la valle è stata spopolata → riformulazione della popolazione
italiana e delle sue testimonianze, storico della vicenda popolare e della migrazione è:
emilio franzina.
la valle alpina descritta nel romanzo (sud delle alpi) “sbatte” il muso contro le montagne, qui si
facevano i passi della montagna. → sono vicoli ciechi.
Il problema dell’italofonia in Svizzera è causato dalla presenza di moltissimi italiani (problema
costituzionale che il paese ha dovuto risolvere con la fuoriuscita del gender. “a chi dare la
cittadinanza?? migranti o donne?
- L’emigrazione di Gori è l’ultima emigrazione.
Sorta di lunga lettera/ messaggio → indirizzato ad un Tu generico → lettore
- racconto della fuoriuscita dal sacco → dal fondo del sacco verso l’esterno
MODALITÀ DELLA NARRAZIONE
il romanzo inizia con la frase “non tornerò in america” → =/= da Di donato.
- alla prima persona corrisponde un immaginario tu.
- tu → il lettore
- fuoriuscita e rientro nel sacco → messaggio che vuole tramandare.
“Sul fondo del sacco” ha un precedente → nel 1950 uscì l’ultimo grande libro di Pavese “la luna e i
falò” → punto d’arrivo della ricerca poetica, umana, esistenziale e letteraria di Pavese
- opera breve ma di estrema intensità espressiva umana
- Il falò → fuoco che brucia il cadavere di Santina, giovane donna che è stata coinvolta
nell'atroce guerra partigiana → guerra che ha diviso le valli delle Langhe
- Racconto portato avanti da Anguilla → “Gori” di Cesare Pavese; protagonista.
- Legame palese tra Anguilla e Gori → Anguilla fugge dal paese e torna al termine della
guerra civile
- Anguilla è anche una poesia di Montale → figura che ritorna per amore
Nel 1969 esce un libro che racconta, non in forma romanzesca, ma in modalità saggistica
antropologica della valle affianco a quella del “Sul fondo del sacco” → ”Albero genealogico:
cronache di emigranti”
LO SPAZIO E IL TEMPO
Sul fondo del sacco è un romanzo che tiene presente lo spazio e il tempo.
Nel sistema dei personaggi emergono figure importanti per Gori:
- padre e madre
- compagno di emigrazione partigiano Rocco→ figura legata alla biografia del narratore che
consente di agganciarci alla figura neorealista
- il prete → il cattolicesimo assume una rigidità molto forte nella zona dell’estremo nord del
Lago maggiore
- Giudice → contraltare del sacerdote. Figura altrettanto autorevole e severa
Pompeo Righetti, La canzone del mungivacche, circa 1900, dalle memorie del fratello Dante
Righetti
Due fratelli → scrive una lettera al fratello Dante → epistolario
- Gli fa leggere una poesia che ha scritto
- uno dei due fratelli è andato in California a fare lo stesso mestiere di Gori.
- Scrive dell’emigrazione ticinese
- Si tratta della canzone del mungivacche → esalta la durezza e la dignità del proprio
mestiere
In questo nuovo secol, d’adesso È come un martire di Santa Fede;
Con tanta industria, tanto progresso Giorni feriali o dì di festa,
Non c’è mestiere, nè professione Vi sia vento, pioggia, tempesta
Che ancor non abbia la sua canzone. Rimbombi il tuono guizzin saette
Persino i sarti, i parrucchieri, Mai, non c’è tregua pel tiratette!
I lustrascarpe ed i camerieri Qual condannato alla galera
Mentr’occupati son nel lavoro È sempre in ballo, da mane a sera.
Cantan le glorie dell’arte loro. A questo mondo, mestier peggior
Ma niun ch’io sappia, cantò sinor Non v’è di quello del mungitor!
La nobil arte del mungitor!
Non mi conforta, un sol bicchierino,
Quando echeggia per le convalli Di grappa vecchia nè di buon vino,
Il mattutino canto de’ galli Acqua di thè o di caffè
Fra una bestemmia ed un sbadiglio Son pronto di berne, quando ce n’è.
Scendo dal povero mio giaciglio Sono costretto coll’astinenza
E mentre al buio, tentoni Senza peccato, far penitenza!
Mi vò infilando i pantaloni Ma pazienza, esclamo, fra qualche annaccio
Gli stivalacci ed il cappello Farò il mestier del Michelaccio,
E fra i denti, mastico il ritornello: Ma poi, rassegnato, lieto e sereno
“A questo mondo, mestier peggior, Le nerborute braccia dimeno.
Non v’è di quello del mungitor!” E col gorgoglio del bianco umor
Accordo il canto del mungitor.
Monto a cavallo, il ciel m’agghiaccia
Orecchi, naso, mani e faccia. Ma infin dei conti, quest’arte mia
Tira aquilone, la notte è oscura, Non è poi proprio da buttar via,
Eh! sono inezie. Poichè fà piovere qualche quattrino,
Dentro a boscaglie, giù per le chine, Nell’aggrinzato mio borsellino.
Mi spingo in traccia delle bovine. E quando copro con guanti gialli
Talvolta ad un ramo passando sotto Le mie manacce, piene di calli,
Resto impigliato, nuovo Iscariotto; Con un gruzzolo di quel lucente
“Vita più triste, io grido allor Assumo l’aria d’un prominente
Non vè [sic] di quella del mungitor!” Sino i banchieri ed i gran’signor
Fan da cappello al mungitor.
Quando s’affibbia il monopede
ELVIRA MUJCIC
Autrice italo-jugoslava
- Fuga con madre e fratelli dal più grande genocidio della storia europea dopo la shoah:
eccidio che ha avuto un punto di non ritorno nel massacro di tutti i maschi del popoloso
centro bosniaco di Srebrenica → raccontato nel suo libro Al di là del caos
- La lingua di Ana → libro pubblicato nel 2012 → “chi sei quando perdi radici e parole?
- Dopo Dieci prugne ai fascisti uscirà un nuovo libro didascalico ed esplicito Consigli per
essere un bravo immigrato
- L’autrice segue un punto di vista al maschile per tornare ironicamente su alcuni dei
suoi temi (ironizza la sua esperienza e il comportamento degli italiani +
comprensione delle ipocrisie italiane nei confronti dei migranti)
DIECI PRUGNE AI FASCISTI
Romanzo del post guerra civile Jugoslava che affronta il tema della divisione etnica
- Titolo indirizzato a noi → fascismo
- Fa riferimento a tre guerre:
- guerra civile Jugoslava → 1991, strage di Srebrenica
- 1980 il Maresciallo Tito muore e in seguito a ciò inizia sgretolarsi
quell’unione di popoli che formavano il territorio
- post seconda guerra mondiale nel corso della quale gli italiani e i tedeschi invasero
l'Europa. (la nonna ne parla all'interno della narrazione con i fashback) → uso del
termine “ fascismo”
- prima guerra mondiale → che ha dato vita alla Jugoslavia
La jugoslavia viene anticipata nel 1980 dalla morte del maresciallo Tito e in seguito a ciò si viene
a sgretolare la multietnia e religioni che si e` concentrata nei balcani, gli artisti e scrittori di quelle
zone non possono far altro che riflettere le loro condizioni. ( marina abramovic)
Emir kusturica
Regista , film importante underground che parla della guerra Jugoslava.
- Ci sono diverse storie anche sulla Shoah che hanno cambiato la consapevolezza che
l'Europa ha avuto sulla seconda guerra mondiale.
- Il trauma della Shoah ha influenzato molto le scritture del tempo.
Aleksandr Sokurov
Film che inizia con Hitler mussolini e Stalin che discutono sui motivi della seconda guerra
mondiale, l’aspetto interessante di questo film è che la seconda guerra mondiale e` rappresentata
come una “vittoria” di Hitler perché egli ha cambiato i connotati dell'Europa e distrutto l'ebraismo
europeo. (è riuscito nel suo intento anche se alla fine muore)
- Questo regista è censurato nella sua patria ma la sua narrazione è una narrazione russa