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DANTE E LA DIVINA COMMEDIA


- Di Dante non abbiamo niente; tutto quello che conosciamo è riportato nei manoscritti
- no titolo
- Divina → attributo che Boccaccio dà in senso onorifico in particolare della qualità letteraria,
ma anche per il contenuto → per esaltare accuratezza letteraria e per alludere al viaggio
ultraterreno
- Commedia → c’è nel racconto ma quello che leggiamo è di manoscritti posteriori, riportato.
- Petrarca e Boccaccio → manoscritti scritto da loro
- faglia storica: fine civiltà dei comuni
- 1321 morte dante
- 1348 redazione peste nera
- La Commedia è divisa in 3 Cantiche, ognuna delle quali divisa in canti: il numero è di 34
canti per l’Inferno, 33 per Purgatorio e Paradiso, quindi 100 in totale.
- Ogni canto è composto di versi endecasillabi raggruppati in terzine a rima
concatenata, di lunghezza variabile In totale il poema conta 14.233 versi
endecasillabi.
- La Commedia è il racconto di un viaggio, che ha un significato letterale e un altro
allegorico: Il significato letterale è quello del viaggio di un uomo, Dante nell’anno 1300 si
smarrisce in una selva, dove incontra alcune belve feroci e viene poi soccorso dall’anima
del poeta Virgilio, che lo conduce attraverso i tre regni dell’Oltretomba (dante utilizzava
spesso termini che indicano la sua reale presenza nel regno dell'oltretomba, come "io era",
quindi lascia ad intendere che il viaggio sia reale, come se raccontasse qualcosa di
realmente accaduto) il viaggio ha però anche un significato allegorico, ovvero quello di un
percorso di purificazione morale e religiosa che ogni uomo può e deve compiere in questa
vita per ottenere la salvezza della sua anima. In questa luce i vari personaggi del poema
possono avere un significato multiplo letterale/storico e allegorico a seconda di dove si
trovano e di quello che rappresentano il nome Divina Commedia non è di autore, sarà lo
stesso Boccaccio a definire l'opera di dante Divina.
- Dante esiliato politico: ragione principale per cui non abbiamo niente di suo
- Muore di febbre a ravenna e tutto quello che aveva scritto si perde
- Con Petrarca e boccaccio, invece, inizia una cultura umanistica che idolatra la centralità del
testo, la fedeltà alla parola scritta per cui a partire dagli autori stessi c’è un’enorme della
redazione e conservazione delle proprie opere
- Siccome il testo di Dante è invariato da 7 secoli, ci dice anche dell’enorme autorità e
autorevolezza che ebbe → testimonianze sin dal 1304 della diffusione dei testi di Dante
(Paolo e Francesca)
- Trascrizione dei notai bolognesi
- Si preoccupavano del fatto che i fogli su cui scrivevano i loro atti non
avessero molti margini bianchi
- Riempivano i margini di cose non notarili → spesso le prime testimonianze
delle poesie sono nei registri dei notai bolognesi
- La Divina Commedia rivaleggia con la Bibbia, per i parecchi siti dedicati.
- 45% in italiano
- prevalgono quelli in inglese
- Dante padre della lingua italiana → dantismi e parole nuove inventate da lui che sono
rimaste nella lingua italiana
CANTO V PURGATORIO

Io era già da quell’ombre partito,


e seguitava l’orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando ’l dito,

una gridò: "Ve’ che non par che luca


lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!".

- Terzine= strofe di 3 versi endecasillabi → circa 11 sillabe


- verso la cui ultima sillaba accentata è la decima
- es: università (10), Intimo (12)
- Passaggio Virgilio- Dante → poesia Latina - Italiana
- Dante usa sempre quasi endecasillabi piani
- endecasillabo →verso nella quale l’ultima sillaba e` accentata composto da undici
sillabe, Dante usa endecasillabi piani che sono differenti dai diversi endecasillabi
che si ritrovano in
- letteratura (ad esempio di Pascoli)
- Terzina= sistema geometrico di ascisse e ordinate (architettonico geometrico) in un sistema
con rima alternata
- aspetto verticale: 3 rime inframmezzate da due (terza rima)
- aspetto orizzontale: scrive in sè la narratività della poesia dantesca, la poesia è un
racconto
- “io era” → certificare se stesso
- Dissemina il racconto di vericità: io c’ero
- Paradosso del mentitore: “questa frase è falsa”

Li occhi rivolsi al suon di questo motto, venivan genti innanzi a noi un poco,
e vidile guardar per maraviglia cantando ’Miserere’ a verso a verso.
pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto.
Quando s’accorser ch’i’ non dava loco
"Perché l’animo tuo tanto s’impiglia", per lo mio corpo al trapassar d’i raggi,
disse ’l maestro, "che l’andare allenti? mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco;
che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
e due di loro, in forma di messaggi,
Vien dietro a me, e lascia dir le genti: corsero incontr’a noi e dimandarne:
sta come torre ferma, che non crolla "Di vostra condizion fatene saggi".
già mai la cima per soffiar di venti;
E ’l mio maestro: "Voi potete andarne
ché sempre l’omo in cui pensier rampolla e ritrarre a color che vi mandaro
sovra pensier, da sé dilunga il segno, che ’l corpo di costui è vera carne.
perché la foga l’un de l’altro insolla".
Se per veder la sua ombra restaro,
Che potea io ridir, se non "Io vegno"? com’io avviso, assai è lor risposto:
Dissilo, alquanto del color consperso fàccianli onore, ed esser può lor caro".
che fa l’uom di perdon talvolta degno.
Vapori accesi non vid’io sì tosto
E ’ntanto per la costa di traverso di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d’agosto,
là dov’io più sicuro esser credea:
che color non tornasser suso in meno; quel da Esti il fé far, che m’avea in ira
e, giunti là, con li altri a noi dier volta, assai più là che dritto non volea.
come schiera che scorre sanza freno.
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,
"Questa gente che preme a noi è molta, quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,
e vegnonti a pregar", disse ’l poeta: ancor sarei di là dove si spira.
"però pur va, e in andando ascolta".
Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco
"O anima che vai per esser lieta m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io
con quelle membra con le quai nascesti", de le mie vene farsi in terra laco".
venian gridando, "un poco il passo queta.
Poi disse un altro: "Deh, se quel disio (Disì-o)
Guarda s’alcun di noi unqua vedesti, si compia che ti tragge a l’alto monte,
sì che di lui di là novella porti: con buona pïetate aiuta il mio!
deh, perché vai? deh, perché non t’arresti?
Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;
Noi fummo tutti già per forza morti, Giovanna o altri non ha di me cura;
e peccatori infino a l’ultima ora; per ch’io vo tra costor con bassa fronte".
quivi lume del ciel ne fece accorti,
E io a lui: "Qual forza o qual ventura
sì che, pentendo e perdonando, fora ti travïò sì fuor di Campaldino,
di vita uscimmo a Dio pacificati, che non si seppe mai tua sepultura?".
che del disio di sé veder n’accora".
"Oh!", rispuos’elli, "a piè del Casentino
E io: "Perché ne’ vostri visi guati, traversa un’acqua c’ ha nome l’Archiano,
non riconosco alcun; ma s’a voi piace che sovra l’Ermo nasce in Apennino.
cosa ch’io possa, spiriti ben nati,
Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano,
voi dite, e io farò per quella pace arriva’ io forato ne la gola,
che, dietro a’ piedi di sì fatta guida, fuggendo a piede e sanguinando il piano.
di mondo in mondo cercar mi si face".
Quivi perdei la vista e la parola;
E uno incominciò: "Ciascun si fida nel nome di Maria fini’, e quivi
del beneficio tuo sanza giurarlo, caddi, e rimase la mia carne sola.
pur che ’l voler nonpossa non ricida.
Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:
Ond'io, che solo innanzi a li altri parlo, l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno
ti priego, se mai vedi quel paese gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
Tu te ne porti di costui l’etterno
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese per una lagrimetta che ’l mi toglie;
in Fano, sì che ben per me s’adori ma io farò de l’altro altro governo!".
pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.
Ben sai come ne l’aere si raccoglie
Quindi fu’ io; ma li profondi fóri quell’umido vapor che in acqua riede,
ond’uscì ’l sangue in sul quale io sedea, tosto che sale dove ’l freddo il coglie.
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,
Giunse quel mal voler che pur mal chiede Lo corpo mio gelato in su la foce
con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse
per la virtù che sua natura diede. ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce

Indi la valle, come ’l dì fu spento, ch’i’ fe’ di me quando ’l dolor mi vinse;


da Pratomagno al gran giogo coperse voltòmmi per le ripe e per lo fondo,
di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento, poi di sua preda mi coperse e cinse".

sì che ’l pregno aere in acqua si converse; "Deh, quando tu sarai tornato al mondo
la pioggia cadde, e a’ fossati venne e riposato de la lunga via",
di lei ciò che la terra non sofferse; seguitò 'l terzo spirito al secondo,

e come ai rivi grandi si convenne, "ricorditi di me, che son la Pia;


ver’ lo fiume real tanto veloce Siena mi fé, disfecemi Maremma:
si ruinò, che nulla la ritenne. salsi colui che ’nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma"

IACOPO DEL CASSERO:


Uno degli spiriti (Iacopo del Cassero) chiese a dante che se si fosse recato nel paese situato tra la
Romagna e il Regno di Napoli, di pregare per i suoi conoscenti perché pregassero a loro volta per
abbreviare la sua permanenza nel Purgatorio.
Egli era di Fano, ma la ferita che lo uccise fu inferta nel padovano, dove pensava di essere al
sicuro: Se fosse fuggito a Mira sul Brenta, sarebbe stato vivo quando si unì ai suoi assassini a
Oriago, invece rimase impigliato nella palude e cadde a terra, schizzato di sangue.

BONCONTE
Un altro spirito parla, augurando a Dante di raggiungere la cima della montagna e pregandolo di
aiutarlo. Si presenta come Bonconte da Montefeltro, la cui vedova in terra non si cura di lui, così il
penitente china la fronte. Dante chiese come dopo la sua morte lui non venne più ritrovato: il
confessore rispose che il suo corpo rimase in un fiume chiamato Archiano che nasce
nell'Appennino e sfocia nell'Arno. Bonconte arriva al fiume con la gola tagliata, sanguinante a
piedi, e in punto di morte si pente e nomina Maria: dopo la morte, la sua anima è portata via dagli
angeli, e il diavolo a causa del suo pentimento non può portarlo all'inferno. Tuttavia i diavoli
trovano un modo per tormentare non la sua anima ma il suo corpo,quindi l'umidità dell'atmosfera si
raccoglieva con il freddo e si trasformava in pioggia, così il diavolo usò i suoi poteri per scatenare
una terribile tempesta che avvolse l'intera pianura nella nebbia e riversò enormi quantità d'acqua. Il
terreno non poté assorbire tutta l’acqua, riempì i fossi e poi si riversò nel fiume fino all'Arno;
l'impeto dell'Aquilano trascinò il corpo di Bonconte nell'Arno, dissolvendo la croce che aveva
dipinto sul segno del suo letto di morte, e il suo corpo fu sepolto in fondo al fiume senza più essere
ritrovato. Il canto 27 inferno + dedicato al padre di bonconte ed è collegabile al canto 5 del
purgatorio
- tensione angelo - demonio → Variazione che Dante fa di se stesso
- In Purgatorio Dante incontra il figlio di uno che ha incontrato nell’inferno (padre di bonconte
- Guido)
- “quando diventai vecchio, dove l’uomo dovrebbe calar le vele e raccogliere le corde
(fare un po’ d’ordine) e diventai il consigliere del pontefice. (Papa principe dei nuovi
farisei, che aveva fatto guerra vicino al Laterano ma non con gli infedeli, musulmani
o ebrei, ma guerre interne al cristianesimo stesso)
- Racconta che quando entra nella vecchiaia, periodo che dovrebbe determinare il
passaggio dalla vita più frenetica ad una vita più tranquilla (utilizza metafora usata
in navigazione: ripiegare le vele), inizia a fare “il diavolo a quattro” diventando il
consigliere del pontefice Bonifacio VIII (indicato come il principe dei nobili Farisei,
che aveva fatto guerra vicino al Laterano e vicino a Roma stessa, con i cristiani
stessi)
- Guido muore, e si scatena una “tormenta” facendo scendere San Francesco (non
un angelo questa volta) ma uno dei neri cherubini (angeli ribelli) e non permette a S.
Francesco di portarlo via. “questo qua deve venire giù tra i miei meschini”

Nel purgatorio prevalgono i suoni (paradiso Luce)


- Quasi tutto gli incontri sono preceduti da canti
Ultimi versi, molto celebri, furono riscritti da un altro autore inglese, come omaggio a Dante
In questo canto sono evidenziate 3 narrazioni di persone vissute ai tempi di Dante:
- nel racconto di queste anime c’è il focus sulle loro morti violente
- Pia de Tolomei → rimpianto vita terrena, rammarico tradimento inaspettato e
improvviso
- Bonconte → racconto partecipazione battaglia
- Motivo per cui Dante li incontra qui è secondario rispetto alla verità poetica di quei
personaggi: la poesia, l’efficacia letteraria degli incontri va aldilà del giudizio che Dante
ripone in loro
Prende la parola appena Bonconte ha terminato di parlare: costei chiede a Dante, quando sarà
tornato nel mondo e si sarà riposato del suo lungo cammino, di ricordarsi di lei che morì
violentemente in Maremma, come ben sa l'uomo che l'aveva chiesta in sposa e le aveva dato
l'anello nuziale
In Dante, l’efficacia letteraria di quegli incontri va al di là del giudizio cristiano in riferimento al posto
in cui incontra quelle persone.
Nella commedia c’è una continua dinamica tra
- assiologia (pensiero sul valore e discorsi etici: Dante si erge a giudice del mondo passato e
contemporaneo)
- tassonomia (ordine geometrico che corrisponde a ideologia cristiana che Dante riprende da
S. Tommaso d’Aquino e che vengono trattate dai bigini)
Dante, attraverso incontri immaginari, crea il destino di questi personaggi
Importante ordinamento del racconto, ma non bisogna farsi sovrastare dal “super io” di Dante,
dalla sua esigenza di riporre tutto al suo posto

CRITICI DANTE
BENEDETTO CROCE
- Autore di un libro intitolato “la poesia di Dante”, uscito nel 1921
- Pensiero provocatorio e polemico. Non riteneva Dante un poeta per la modernità
- Croce svaluta l’allegoria considerandola un “gioco infantile” e un’ideologia non
adatta alla contemporaneità
- Per lui la Divina Commedia è un romanzo teologico: non si fa la poesia con
l’ideologia ma vive di espressione e inibizione
- Nominato ministro della pubblica istruzione
- Dante, per Croce, è interessante nel momento in cui è poeta
- Dante si esprime come seguace di S. Tommaso: va bene per i suoi tempi ma non per la
modernità
ERICH AUERBACH
- Esponente della letteratura tedesca che scrive saggi su Dante
- Ebreo: con Hitler è costretto a scappare; finisce inizialmente a Istanbul dove scrive la
maggior parte dei suoi saggi
- Per le popolazioni legate alla religione, viene sviluppato un discorso su Dante, nello
specifico sul concetto di “figura”
- Arriva negli USA
- considera la commedia come un testo sacro: Dante mette in atto figure utilizzate soprattutto
dai padri della chiesa, quindi ci rivede una volontà profetica
CHARLES SINGLETON
- Ha tradotto la commedia in inglese in prosa
- Valorizza al formazione letteraria di Dante e scrive alcuni saggi su Beatrice
- Padre di una scuola di dantisti, la cui ultima rappresentante è teodolinda barolini
TEODOLINDA BAROLINI
- Professoressa italo americana, figlia di uno scrittore italiano e scrittrice americana (Helen
Barolini - Mollica)
- Valorizza rapporto tra commedia e vita nuova - rime petrose, politiche
- Esorta lettura più attenta tra Dante e scrittori contemporanei
- Ha dato vita ad una forte rilettura di tipo femminista
- Vede Dante come un autore prettamente medievale
UMBERTO CARPI
- Rilettura biografia di Dante dal punto di vista politico
- Ricostruisce le dinamiche politiche in vigore ai tempi di Dante

Nella biblioteca di Brera è conservata una delle primissime stampe della Divina commedia (primo
‘500). La prima fu stampata a Foligno circa nel 1470.
- Stampate da Aldo Manuzio - veneziano (quelle conservate a Brera)

FRANCESCO PETRARCA
Canzoniere / Rerum Vulgarium Fragmenta (RVF)
- Il Canzoniere di Petrarca non ha un vero e proprio titolo. Ci si riferisce a quest’opera con
RVF (Rerum Vulgarium Fragmenta - Frammenti di cose volgari)
- Contiene sonetti → 315 (il Canzoniere comprende 366 componimenti in totale - 365 + 1
sonetto proemiale)
- (numero di giorni in un anno); 315 di questi componimenti sono sonetti, seguiti da
29 canzoni, da 11 sestine, da 7 ballate e 4 madrigali
- Sonetto: forma canonizzata da Petrarca stesso diversa dai sonetti di shakespeare
(sonnets). “piccolo suono” - breve poesia di 14 versi (2 quartine e 2 terzine)
endecasillabi
- Petrarca è quindi il capostipite italiano dell'invenzione del sonetto (anche se
poi il sonetto viene inventato propriamente dalla scuola siciliana)
- Il maggior scrittore italiano di sonetti insieme a Petrarca è Giuseppe Gioacchino
Belli che scrisse la raccolta “I sonetti” ambientati a Trastevere durante lo stato della
chiesa
- Scritte in toscano
- Il problema che si pone Petrarca è quella di non rendere i sonetti (suoni) monotoni: fa un
lavoro di cesello alternando l’unità nella varietà e la varietà nell’unità
- Espressione dell’io - dare voce agli alterni umori dell’emotività, diventa valore
fondamentale nel componimento di Petrarca
- Interesse di esprimere il suo amore per Laura - poesia d’amore
Petrarca era figlio di un funzionario papale. Cresciuto ad Avignone, gran parte dei suoi scritti sono
stati composti lì.
- Diventò funzionario della Curia e ricoprì quindi molti incarichi (questo era comunque il
destino dei letterati fino al periodo della controriforma.)
- quando Petrarca lamenta la lontananza di Laura, è perché è in missione in giro per
il nord Italia.
- Attivo a Milano come consigliere dei Visconti, abitò nelle parti di Baggio.
Muore nei pressi di Padova → nell’ultima parte della sua vita si era offerto come partigiano? della
Serenissima
- Fu in viaggio per l’Italia, abbiamo informazioni di esso nelle sue corrispondenze, una
raccolta di lettere (in particolare indirizzate alla famiglia) in cui abbiamo alcune tracce del
suo interesse politico.
Dante → poeta della realtà legato artisticamente alla storicità della presenza (giudizio sulla realtà
contemporaneità`)
Petrarca → lirismo, ossia l’espressione dell’io, dare voce agli alterni umori dell'emotività (esprime
amore per laura) ossessività e raffinatezza del racconto narrando l’amore → riferimento canonico
per la poesia lirica

Oltre a Laura, in realtà, c’è il desiderio di altre donne → sognava altri incontri che hanno ispirato i
quattro madrigali presenti nel canzoniere.
- madrigali hanno una forma molto musicale. È composto da due terzine. Componimento
molto breve. Ai tempi di Petrarca era ancora un componimento per musica.
Nel testamento in latino, Petrarca, ha lasciato 2 cose:
- Gatta
- Liuto a Tommaso Bambasio → mise in musica alcuni sonetti del Francy
Le Ballate (7) vennero messe in musica da Confortino
Madrigale 52 viene messo in musica da Jacopo da Bologna

la poesia e` un suono → problema petrarca era quello di rendere questo suono meno monotono
nella sua poesia (parole e cadenza), fa un gioco di unità nella varietà → ci sono moltissime varietà
di schemi di rime (incrociate e alternate)

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Passa la nave mia colma d' oblio di sospir', di speranze et di desio.
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
siede 'l signore, anzi 'l nimico mio. bagna et rallenta le già stanche sarte,
che son d' error con ignorantia attorto.
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e 'l fin par ch' abbi a Celansi i duo mei dolci usati segni;
scherno; morta fra l' onde è la ragion et l 'arte,
la vela rompe un vento humido eterno tal ch' incomincio a desperar del porto.

Petrarca rende omaggio a Dante (inferno 27)


- Rima in “io”
- Metafora nautica
1 spero trovar pietà, nonché perdono.
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ’l core Ma ben veggio or sì come al popol tutto
in sul mio primo giovenile errore favola fui gran tempo, onde sovente
quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, di me medesmo meco mi vergogno;

del vario stile in ch’io piango et ragiono et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto,
fra le vane speranze e ’l van dolore, e ’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente
ove sia chi per prova intenda amore, che quanto piace al mondo è breve sogno.

- Primo sonetto che preannuncia il tema del poema


- Frammenti del proprio animo in rime sparse
- Ripetizione del suono della “V”

BALLATA
11 vidivi di pietate ornare il volto;
Lassare il velo o per sole o per ombra, ma poi ch’Amor di me vi fece accorta,
donna, non vi vid’io fuor i biondi capelli allor velati,
poi che in me conosceste il gran desio et l’amoroso sguardo in sé raccolto.
ch’ogni altra voglia d’entr’al cor mi sgombra. Quel ch’i’ piú desïava in voi m’è tolto:
sí mi governa il velo
Mentr’io portava i be’ pensier’ celati, che per mia morte, et al caldo et al gielo,
ch’ànno la mente desïando morta, de’ be’ vostr’occhi il dolce lume adombra.

- Cristo viene equiparato a Laura, come mezzo di salvezza


- il canzoniere subisce molta censura
- l’esser donna velo → donna
- laura non vi è realmente, viene solo evocata, questo fa di lei una vera e propria figura
fittizia
76 in libertà ritorno sospirando.
Amor con sue promesse lusingando
mi ricondusse a la prigione antica, Et come vero pregioniero afflicto
et die’ le chiavi a quella mia nemica de le catene mie gran parte porto,
ch’anchor me di me stesso tene in bando. e ’l cor ne gli occhi et ne la fronte ò scritto.

Non me n’avidi, lasso, se non quando Quando sarai del mio colore accorto,
fui in lor forza; et or con gran fatica dirai: S’i’ guardo et giudico ben dritto,
(chi ’l crederà perché giurando i’ ’l dica?) questi avea poco andare ad esser morto.

- Sono presenti pochi suoni, limitato numero di immagini che vengono riproposte.
- Poesia minimalista. Amore, personificato. Paronomasia = parte/porto.

MADRIGALE?
106 Poi che senza compagna et senza scorta
Nova angeletta sovra l’ale accorta mi vide, un laccio che di seta ordiva
scese dal cielo in su la fresca riva, tese fra l’erba, ond’è verde il camino.
là ’nd’io passava sol per mio destino.
Allor fui preso; et non mi spiacque poi,
sí dolce lume uscia degli occhi suoi.
- Racconta il primo momento di infatuazione → essere presi da un legame, un “filo di seta”,
sottile ma resistente.
- Il linguaggio amoroso è molto stereotipato, costruisce attraverso una serie di luoghi comuni
un modo di raccontare l’amore, questo verrà ripreso anche in futuro.
- il punto di vista è quello della donna, non dell’uomo come il Canzoniere
- è lei che vede lui
- madrigali → forma che testimonia il contatto tra musicisti e poeti
- Petrarca lascerà a Tommaso Bambasi il suo liuto (rapporto musica poesia) che
mette in musica alcuni dei sonetti del poeta
- angioletto → riferito a Laura
- il linguaggio di petrarca viene costruito attraverso una serie di linguaggi comuni

134 né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.


Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio; Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra; et bramo di perir, et cheggio aita;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio. et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra, Pascomi di dolor, piangendo rido;
né per suo mi riten né scioglie il laccio; egualmente mi spiace morte et vita:
et non m’ancide Amore, et non mi sferra; in questo stato son, donna, per voi

- Figura retorica impossibili


- uno dei 3 casi del Canzoniere, in cui le rime sono ABAB
- anche le rime riproducono questa opposizione
- Presenti forti cesure.
- Opposites, tradizione dell’opposizione; appunto nel componimento sono presenti numerosi
contrasti. L’amore non l’uccide né lo libera dalle catene, non lo libera ma non lo aiuta
neanche. (pace - guerra)
- in ultima istanza hanno a che fare con → amore - morte e in generale con morte -
vita
- Petrarca non inizia una tradizione ma si mette sulla scia di una tradizione precedente
(componimenti costruiti per opposizione, genere de oppositis) e la modifica lavorando

SONETTO ATTRIBUITO A CECCO D’ASCOLI


Cecco fu una sorta di anti dante. Morto sul rogo, perché accusato di eresia dai frati dominicani
(anche francescani), di fronte alla chiesa di santa croce.
- Lo ricordiamo per una sorta di anti-commedia, non religiosa, “Lacerba” (divento poi il titolo
di una rivista del futurismo italiano).
- Scrisse anche numerosi componimenti poetici.
- Questo sonetto riprende la poesia di Petrarca per opposti.
- Nel medioevo si diffuse la poesia provenzale, che si basava sugli opposti.
- L’ultima parte del Canzoniere di basa sui componimenti sulla poesia (sui poeti).
- Gran parte della biografia di Petrarca è provenzale, anche se noi non abbiamo una
sola riga in francese.
- Il rapporto tra Italia e la Francia, tra l’italiano e il francese è molto stretto. Molti artisti
italiani scrissero in francese, pochissimo sono i casi in cui avviene il contrario.
I’ non so ch’io mi dica, s’io non taccio; sì m’arde e strugge sempre il freddo ghiaccio.
cieco non sono, e cieco convien farme: Sì ch’io ridendo vivo lagrimando,
per mia salute io ho renduto l’arme; come fenice nella morte canto.
ché meno stringo quanto più abbraccio. Ahimè, sì m’ha condotto il negro manto!

Ma io vivendo [ognor] nell’empio laccio, Dolce è la morte, po’ ch’io moro amando
levando gli occhi [mie]i non so guidarme, la bella vista coverta dal velo,
né posso omai del bene contentarme, che per mia pena la produsse il cielo.

175
Quando mi vène inanzi il tempo e ’l loco
ov’i’ perdei me stesso, e ’l caro nodo Quel sol, che solo agli occhi mei resplende,
ond’Amor di sua man m’avinse in modo co i vaghi raggi anchor indi mi scalda
che l’amar mi fe’ dolce, e ’l pianger gioco, a vespro tal qual era oggi per tempo;
solfo et ésca son tutto, e ’l cor un foco
da quei soavi spirti, i quai sempre odo, et cosí di lontan m’alluma e ’ncende,
acceso dentro sí, ch’ardendo godo, che la memoria ad ognor fresca et salda
et di ciò vivo, et d’altro mi cal poco. pur quel nodo mi mostra e ’l loco e ’l tempo.

- “Loco”. “tempo”, il tempo è uno dei grandi temi del Canzoniere, ma è anche il tema più
diffuso nella letteratura di tutti i tempi.
- Quando questa parola viene messa in rima, rima con se stessa; nella forma retorica
viene chiamata rima identica.
- Sono pochi i vocaboli che rimano con se stessi nella commedia (Cristo rima con Cristo). È
una rima quasi filosofica, che non può essere descritta. Le rime sono assonanti, finiscono
tutte in “o”.
- Racconta il ricordo di Laura → ricordo molto personale di Francy
- E’ preso dalla passione. Sonetto circolare, costruito sulla circolarità, si unisce l’inizio alla
fine.
- Continue ripetizioni al proprio interno, diverso dalla voglia di innovazione di Dante.
- Il tempo intride di sé anche in maniera macro-strutturale, lo si può notare immediatamente
dal 366 che indica lo scorrere del tempo.
- Un altro tema importante è quello della memoria. Ricordo molto personale di Petrarca.
- I suoni sono pochi, i significati anche. Presenti molti enjambement.

CANZONE → Una delle grandi forme della letteratura italiana. La utilizzò anche Dante.
- Petrarca ne stabilisce la forma
- ne scrisse 29

268 → Canzone in morte di Laura per lo suo dipartire in pianto è volta,


Che debb’io far? che mi consigli, Amore? ogni dolcezza de mia vita è tolta.
Tempo è ben di morire,
et ò tardato piú ch’i’ non vorrei. Amor, tu ’l senti, ond’io teco mi doglio,
Madonna è morta, et à seco il mio core; quant’è il damno aspro et grave;
et volendol seguire, e so che del mio mal ti pesa et dole,
interromper conven quest’anni rei, anzi del nostro, perch’ad uno scoglio
perché mai veder lei avem rotto la nave,
di qua non spero, et l’aspettar m’è noia. et in un punto n’è scurato il sole.
Poscia ch’ogni mia gioia Qual ingegno a parole
poria aguagliare il mio doglioso stato? Ma tornandomi a mente
Ahi orbo mondo, ingrato, che pur morta è la mia speranza, viva
gran cagion ài di dever pianger meco, allor ch’ella fioriva,
ché quel bel ch’era in te, perduto ài seco. sa ben Amor qual io divento, et (spero)
vedel colei ch’è or sí presso al vero.
Caduta è la tua gloria, et tu nol vedi,
né degno eri, mentr’ella Donne, voi che miraste sua beltate
visse qua giú, d’aver sua conoscenza, et l’angelica vita
né d’esser tocco da’ suoi sancti piedi, con quel celeste portamento in terra,
perché cosa sí bella di me vi doglia, et vincavi pietate,
devea ’l ciel adornar di sua presenza. non di lei ch’è salita
Ma io, lasso, che senza a tanta pace, et m’à lassato in guerra:
lei né vita mortal né me stesso amo, tal che s’altri mi serra
piangendo la richiamo: lungo tempo il camin da seguitarla,
questo m’avanza di cotanta spene, quel ch’Amor meco parla,
et questo solo anchor qui mi mantene. sol mi ritien ch’io non recida il nodo.
Ma e’ ragiona dentro in cotal modo:
Oïmè, terra è fatto il suo bel viso,
che solea far del cielo - Pon’ freno al gran dolor che ti trasporta,
et del ben di lassú fede fra noi; ché per soverchie voglie
l’invisibil sua forma è in paradiso, si perde ’l cielo, ove ’l tuo core aspira,
disciolta di quel velo dove è viva colei ch’altrui par morta,
che qui fece ombra al fior degli anni suoi, et di sue belle spoglie
per rivestirsen poi seco sorride, et sol di te sospira;
un’altra volta, et mai piú non spogliarsi, et sua fama, che spira
quando alma et bella farsi in molte parti anchor per la tua lingua,
tanto piú la vedrem, quanto piú vale prega che non extingua,
sempiterna bellezza che mortale. anzi la voce al suo nome rischiari,
se gli occhi suoi ti fur dolci né cari. -
Piú che mai bella et piú leggiadra donna
tornami inanzi, come Fuggi ’l sereno e ’l verde,
là dove piú gradir sua vista sente. non t’appressare ove sia riso o canto,
Questa è del viver mio l’una colomna, canzon mia no, ma pianto:
l’altra è ’l suo chiaro nome, non fa per te di star fra gente allegra,
che sona nel mio cor sí dolcemente. vedova, sconsolata, in vesta negra.

- È una canzone in morte a Laura, che stimola in lui pensieri sulla morte, sul tempo e sul suo
dolore. È un componimento solenne, ampio. La lunghezza corrisponde ad un canto di
Dante, circa.
- Permette quindi una narrazione (o un ragionamento).
- Si compone di endecasillabi e settenari.
- ABC ABCC DD EE
- schema delle rime uguale → molto celebrale, astratto. Vi è il legame sonoro nella
rima. La sonorità cambia sempre.
- Del genere della canzone Petrarca riuscì a stabilizzarne la forma che rimarrà immutata fino
all’arrivo di Leopardi.
- Tutte le canzoni sono composte da una testa ed una coda, le strofe sono di diversa
lunghezza.
- si concludono con uno schema più breve, con un congedo. E qui, il poeta, si rivolge
alla canzone stessa → canzone personificata
- Questo è un canto-pianto, canzone che confluisce nel genere poetico laico, di derivazione
liturgica, del pianto (plantus, in volgare).
- Forma sottilmente blasfema, l’amore per Laura è equiparata alla passione per Cristo.
- Laura diventerà un elemento di salvezza del suo animo. Riprende il tema del sonetto
precedente Vita-Morte. È un continuo riprendersi di elementi.
- Non vi è nessuna descrizione di Laura, ma neanche di Petrarca stesso. Da una poesia di
pianto passa ad essere una poesia di autocelebrazione.
- Da poesia di pianto, si trasforma in poesia di autocelebrazione → tu devi rimanere in vita
per cantare quello che è successo

272 i’ sarei già di questi penser’ fòra.


La vita fugge, et non s’arresta una hora,
et la morte vien dietro a gran giornate, Tornami avanti, s’alcun dolce mai
et le cose presenti et le passate ebbe ’l cor tristo; et poi da l’altra partea
mi dànno guerra, et le future anchora; veggio al mio navigar turbati i vènti;

e ’l rimembrare et l’aspettar m’accora, veggio fortuna in porto, et stanco omai


or quinci or quindi, sí che ’n veritate, il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,
se non ch’i’ ò di me stesso pietate, e i lumi bei che mirar soglio, spenti.

- vertiginosa visione del tempo che fugge e dell’avvicinarsi alla morte


- Anafora, presentazione delle stesse parole a inizio verso.
- Il passato e il futuro creano ansia.
- Se non avessi un po’ di cura di me stesso sarei fuori di testa per questi pensieri.

GIOVANNI BOCCACCIO
Di Boccaccio abbiamo l’integrità delle opere in manoscritti autografi (scritti da lui) e a volte anche
illustrati.
- il manoscritto del Decameron si trova a Berlino
A metà del ‘300, dopo la morte di Dante, inizia l’umanesimo e cambia il modo di fare letteratura
- parte dal culto della civiltà greco-latina
- L’opera più lunga e impegnativa di Boccaccio è un racconto della genealogia a delle divinità
latine →“deorum gentili”
- Rivalutazione della civiltà classica nella sua interezza
Scrive e opera a Napoli. A firenze fu uno dei responsabili della rinascita dello studio del greco
antico
- Autore del primo testo scritto in napoletano → breve novella
Boccaccio inoltre aveva una passione per la lingua greca tanto che fu uno degli studiosi della
lingua ellenistica a Firenze
Primo vero studio, scholarship, su Dante. Ha scritto un trattato su di lui
Scrisse una breve biografia dell’amico Petrarca per ricambiare il favore che questo gli fece
traducendo in latino l’ultima novella del decameron. (a cui è dedicata)
Boccaccio autore mediterraneo ed europeo → la sua natura napoletana lo porta a valorizzare
storie di ambientazione mediterranea, e mette in evidenza il difficile rapporto tra nord e sud
mediterraneo: eco del “il milione” di Marco Polo
Boccaccio è figlio illegittimo e adottato da un padre che era un importante funzionario di banca
Boccaccio è il primo autore in prosa, di romanzo
- Boccaccio sperimentazione di forme (rima, novella,...) e di genere (temperanza ai dettami
medievali → spartizione degli stili tragico e comico)
Filostrato → Boccaccio è il primo autore di poemetti in ottave. Poemetto scritto in napoletano, in
cui narra il disperato in amore e racconta una storia troiana ossia l’amore infelice tra toiada e
cressida.

IL DECAMERON
Opera ampia, complessa, piena di storie e stili, fu scritta tra il 1349 e il 1353, anche se alcuni
racconti furono scritti e autopubblicati - in particolare quelli dei primi tre giorni - probabilmente lo
precedono.
- Si presenta come opera rivolta ad un pubblico femminile → risalto indipendenza della
donna
"Il Decameron" racconta la storia di dieci giovani che si ritirarono in una casa di campagna per
evitare la peste del 1348, e trascorsero dieci giorni raccontandosi storie e trascorrendo
allegramente il tempo
- ha un nome grecizzante: “i dieci giorni” si torna dopo petrarca ad una letteratura varia,con
intrecci, 100 novelle con centinaia di personaggi;
- il decameron reca in sé il MODUS SCRIBENDI di boccaccio, uno scrittore studioso ed
estremamente versatile
Dopo il Decameron assistiamo ad una sorta di pentimento da parte di Boccaccio, e scrive un’ultima
opera “il Corbaccio” → anti femminile. Contro la donna e il corpo femminile. Si rimangia quello che
aveva fatto.
Il Decameron fungerà da modello e verrà ripreso da moltissimi autori come Geoffrey Chaucer,
Shakespeare → attingono a vicende (ambientate in italia) e tematiche
C’è un precedente (opera anonima) chiamata “il novellino” → racconti miniaturizzati. Molti di questi
vengono ripresi nel Decameron → composta da un centinaio di racconti brevissimi.
- Vittore Branca professore di Venezia, grande studioso di Boccaccio scoprì il codice di
berlino e fece una serie di congetture sulle possibili fonti di Boccaccio
- Si dice sia un autore mediterraneo ed europeo
- natura napoletana → valorizza storie di ambientazione mediterranea in maniera
comica e problematica che mette in luce i difficili rapporti tra nord e sud del
mediterraneo (cristiani - musulmani e culture orientali)
- natura europea → padre era un bancario dei barbi, faglia delle banche fiorentine
che lavorava a napoli ha una grande consapevolezza dei mercati finanziari e
continentali
Boccaccio è il primo autore che si scontra con la necessità di raccontare in prosa quello che
poteva raccontare
- il risultato dall'aspetto stilistico e` complesso e faticoso scrive in maniera ciceroniana e
neolatina quindi con sintassi ipotattica
- questo porta ad una lunga trascrizione di traduzione (non esiste per dante e
petrarca se non per scimmiottare) riscritture che dimezzano l’opera perche` sono
moralistiche, nel 900 → riscritture funzionali per rendere il poema fruibile al pubblico
Panchatantra (india) → versione persiana→ arabo: Kallah wa Diana→ traduzione ebraica in
Spagna→ traduzione latina, Liber Kalilae et Dimnae di giovanni di Capua
- 3 riscritture nel ‘500 → controriforma, ambito moralista
- Seconda metà del ‘900 ritraduzione di Luino
Il Decameron ha 3 modalità di scrittura:
- Introduzione (che sono 2)
- Giornata conclusa con Ballata
- Novella
Inizio che parla della peste e come avviene nella contemporaneità di Boccaccio
- 10 ragazzi (3 mas e 7 fem) scappano e vivono un momento di “isolamento” in una villa in
cui ogni giorno si raccontano delle storie (10 al giorno→ 100 storie)
- Stanno via 2 settimane ma vengono raccontati 10 giorni (no sabato)
- Ogni giornata ha un re o regina che detta il tema
- Alcune giornate sono a tema libero
- Dioneo, personaggio, ha la facoltà di variare e non seguire il tema scelto dalla giornata
significati numeri
- 7+3 → 7 peccati capitali e le virtù cardinali
- 100 → omaggio a Dante → numero ripreso anche nel “Libro cuore” (detto decameroncino)
- libro cuore composto da due filoni (racconto dell’anno scolastico e novelle→
insieme fanno 100)
prosa → dall’avverbio latino proxus , “andare avanti” ≠ poesia → “ andare a capo” boccaccio tratta
i personaggi maniera moderna, questa loro caratterizzazione emerge dai fatti e dalle descrizioni
(fisico/ carattere/ animo) viene proposta in maniera fulminea inizialmente

tema fondativo della narratività di boccaccio → tempo, vita, morte e narrazione. la peste nera
che infesta l’europa allungando la sua ombra di morte
racconto apotropaico “allontana per la durata del racconto, la morte e l’orrore → l’orrido
cominciamento”

OTTAVA NOVELLA - FERONDO IN PURGATORIO → TERZA GIORNATA


Ferondo è molto devoto. Non fa mai l’amore con la moglie o non la soddisfa e lei non molto
contenta, si confessa ad un frate mattacchione
- Ferondo viene rapito e mandato in purgatorio per 10 mesi → novella che ruota intorno
all'invenzione del purgatorio.
- Ferondo in purgatorio dice che semmai tornasse nel mondo dei vivi, diventerebbe il
marito migliore e che mai l’avrebbe più menata
- La moglie non è convinta di quello che stanno facendo ma l’abate la tranquillizza dicendo
che non c’è nulla di male e che la santità non la giudica perché conta quello che c’è
nell’anima.
- Poi le dice che è bellissima e che quindi lui non ci può fare niente
- Il frate visita la donna e fanno l’amore. Lei rimane incinta.
- Liberano Ferondo dal purgatorio → resuscita
- apparizione arcangelo gabriele→ ragnolo braghello
- Riprende Vangelo di Luca - annunciazione Elisabetta
- Prende in giro Dante e riscrive in maniera blasfema il Vangelo
- Ferondo innamorato è felice di poter riabbracciare la moglie
- L’abate fa cantare il Miserere (salmo)
- La moglie è felice che ferondo si comporti come aveva promesso (buon marito) e lei ritarda
il parto così che ferondo credi e così avviene.
Tutte le novelle di Boccaccio hanno la rubrica, perché il capolettera nei manoscritti è rosso
- Le rubriche ci raccontano la trama in estrema sintesi (scritta prima di ogni novella)
Intersezione tra Prosa e Narrazione
- Prosa → avverbio latino prosus → stessa radice di Proa (nave) ciò che va avanti (prosa va
avanti, poesia va a capo)
Personaggi:
- Ferondo → no caratterizzazione precisa dei personaggi → descritti attraverso i fatti e le
azioni
- uomo materiale e sempliciotto, rozzo
- Abate → uomo ricco; promette molte cose (gioielli) alla donna.
- Moglie→ no nome.
Estrema violenza che attraversa tutto il racconto → Ferondo bastonato crede di essere morto; in
realtà no.
- Ferondo menava anche la moglie
Durante i dialoghi, Ferondo e l’abate si esprimono in maniera colloquiale → Nonostante prevalga il
latino classicheggiante, in alcune parti emerge anche il linguaggio popolare
- avvicinamento alla vita reale
Naturalità del piacere e del godimento → la naturalità del piacere corrode e va oltre le convenzioni
sociali (come il matrimonio)
Irrisione della gelosia come sentimento inadeguato → Ferondo geloso
Non ci sono bambini nel Decameron
Una fra le tante novelle che avrà una fortuna europea e verrà riscritta parecchie volte

NONA NOVELLA - SESTA GIORNATA - GUIDO CAVALCANTI


Tema della battuta di spirito → Boccaccio lo chiama “motto di spirito” → si celebra la potenza della
parola (es. Chichibio)
- Consente a Boccaccio di tracciare un vivido quadro della vita di strada fiorentina dei suoi
tempi
Richiamo alla Commedia → Inferno X (Dante immagina di aver incontrato Farinata Cavalcante→
padre di Guido)
Guido, in questa novella, è un filosofo libero che va per la città con la testa tra le nuvole
- Viene preso in giro da una brigata di Betto Brunelleschi
- scontro verbale tra Betto e Guido
- Betto chiede a Guido perchè sta sempre per conto suo → una volta che hai trovato
l’esistenza, che ne fai?
- Guido, accerchiato, risponde “signori, voi mi potete dire a casa vostra ciò che vi
piace” → in una parte della strada c’erano i sarcofagi in porfido; Guido si appoggia a
uno di questi e lo salta , scappando da loro.
- Betto e i suoi amici, esterrefatti, iniziarono ad insultarlo. Betto propone una sua
spiegazione che ha a che fare sulla morte.

NONA NOVELLA - NONA GIORNATA - SALOMONE


Ambientata tra Gerusalemme (dove si incontra il re Salomone) in un tempo passato →
ambientazione anche Biblica (Antico Testamento)
- Sapore neo-crociato
La novella racconta delle grandissime doti di Salomone al quale molta gente chiedeva consiglio
per risolvere i propri problemi. Così un giorno sulla strada per Gerusalemme si incontrarono
Giosefo e Melisso, due pellegrini.
- dubbi sull’amore:
- Melisso non si sente amato e chiede a Salomone come si fa ad essere amati → gli
dice di amare
- Giosefo è sposato ma non sa cosa fare con la moglie, perché lei lo infastidisce.
Chiede come castigare? la moglie→ gli dice di andare al ponte dell’oca
- Al momento i due non capirono il senso di ciò che Salomone aveva detto loro. Sulla strada
del ritorno i due si imbatterono con una carovana di muli che doveva attraversare il ponte
dell’oca. Mentre attendevano il passaggio di questi avvenne che una delle bestie si
fermasse sul ponte e non intendeva proseguire. Allorché il pastore per spronare il mulo lo
incominciò a prendere a bastonate. I due amici però lo ammonirono, ma il pastore per tutta
risposta gli disse di pensare ai loro cavalli e riuscì così facendo a spostare il mulo dal
ponte. Giosefo e Melisso gli chiesero quindi di quale ponte si trattasse e il pastore rispose
loro che si trattava del ponte dell’Oca. I due infine giunsero a casa di Giosefo in Antiochia il
quale ordinò alla moglie di preparare la cena e, al rifiuto di costei, la bastonò come il
pastore aveva fatto con il mulo. (la prese per le trecce e la bastonò.) Lei chiese di non
ucciderla ed eseguì i suoi ordini. Melisso quindi dopo alcuni giorni torna a casa sua e
confidandosi con un uomo savio su ciò che Salomone gli aveva detto capì che tutto ciò che
aveva fatto per essere amato era in realtà un atto di vanagloria e l’unico modo per essere
amato era che lui stesso amasse gli altri.
Scrivere in prosa, per Boccaccio, è una forma d’arte → deve essere espresso in maniera elegante
e retoricamente costruita
- Continuo richiamo alla figura del chiasmo (ABBA)
Il racconto nel Decameron, obbedisce ad una logica di “scatole cinesi” → partire dal nucleo e poi
andare a ritroso
- Salomone che parla ai due personaggi
- Emilia, novellatrice che racconta
- A emilia è stato permesso di parlare dal re/regina della giornata
- Il tutto è narrato dal narratore → Boccaccio
Racconto sui rapporti di genere e di potere
- Le donne sono sottomesse all’uomo, sotto il punto di vista della natura, dei costumi e delle
leggi
- Donna oggetto di violenza non condannata dalla narrazione ma ritenuta giusta →
Interessante il fatto che sia Emilia, una donna, a raccontarla.
- In maniera molto esplicita Boccaccio mette in scena spesso il protagonismo femminile
indicando una strada diversa.
- Espressa brutalità del rapporto di genere +parallelismo donna - mulo → animalizzazione
del corpo della donna
Già nell'incipit ricorrono due immagini e parole che sono tematiche, chiave, che si ripetono nel
corso della narrazione: Bastone e battere-battitura.
«Buon cavallo e mal cavallo vuole sprone, e buona femina e mala femina vuol bastone». →
proverbio → ricorso ai tratti popolari
- Paragone con giornata quarta, novella quarta: sia Elisabetta Messina sia qui c’è ricorso a
tratti della poesia popolare (proverbi o riproduzione di una canzone popolare).
- Boccaccio è interessante anche in quanto serbatoio di narrazioni elaborate sulla quale
converge un universo affabulatorio, narrativo, più ampio di lui. Mondo immaginario colto e
popolare contemporaneamente.

- La presenza del mulo non è che anticipazione della riluttanza della moglie nel servire
l’ospite (Melisso).
- Novella esemplare della misoginia espressa nel Decameron.

PRIMA NOVELLA - QUARTA GIORNATA


La novella più rappresentativa è la novella di Tancredi e Ghismonda → l’amore è una cosa
complessa: amore nel senso classico, il vero amore è quello incestuoso del padre con la figlia.
- Desiderio o parossistica gelosia/possesso del padre.
- Come Dante dava parola alle donne, discorso aristocratico di Ghismonda.
BALDASSARRE CASTIGLIONE
Vi sono tre opere del periodo rinascimentale estremamente importanti, ma prive di fascino
letterario:
- “il Cortegiano”: un trattato scritto di Baldassarre Castiglione, tra il 1513 e il 1524, e
pubblicato nel 1528 poco prima della sua morte.
- “Prose della volgar lingua” di Pietro Bembo, cardinale della famiglia dei Medici. Questo
trattato fu pubblicato nel 1525 → “La prima grammatica italiana” → lingua letteraria
uniforme a livello nazionale
- “il Galateo”: saggio il cui titolo completo è Trattato di messer Giovanni della Casa, nome
dell’autore (arcivescovo cattolico italiano). Venne scritto tra il 1551 e il 1555, e pubblicato
postumo nel 1558
- uno dei massimi esponenti del petrarchismo
- Anche uomo pubblico→ è rimasto un enorme epistolario
- volgarizzazione del nome “Galeazzo”, quindi del dedicatario dell’opera;
- sistematizzazione di norme di buona educazione = trattato delle buone
maniere
- Galeazzo → visconte/membro di una famiglia aristocratica
IL CORTEGIANO
Trattato che espone al pubblico colto di tutta Europa le norme di buon comportamento dell’uomo di
corte. Siamo in un periodo storico dove ormai è già avvenuto il passaggio da comuni a signorie
- Castiglione: esponente di questa nuova figura (il cortigiano→ intellettuale, figura
intermediaria tra il signore e il popolo)
- Castiglione trasse ispirazione dalla sua esperienza come cortigiano della duchessa
vergine Elisabetta Gonzaga di Urbino, protagonista del libro.
- Castiglione non e` un filosofo ma vuole mostrare l’incontro tra personalità uomini e
donne di rango alto con inserimenti di nobili aristocratici che discutono di una serie
di cose e di come comportarsi, da boccaccio riprende l’idea della cornice (boc →
peste / castiglione → breve ma affascinante descrizione della vita artistica di corte a
urbino con Raffaello)
Si presenta diviso in quattro libri dialogati dove descrive gli usi e i costumi ideali del perfetto
cortigiano
- Nel libro I si affronta il tema principale dell’opera, ovvero le principali caratteristiche che un
cortigiano debba avere;
- Nel libro II è trattato il tema dell’utilizzo delle competenze acquisite dal cortigiano, dagli
esercizi cavallereschi alla conversazione, con un ampio excursus sulle facezie;
- Il libro III può dirsi come una sorta di variazione sul tema: è dedicato alla cortigiana, parla
delle regole per diventare una signora perfetta;
- Nel libro IV si offre una trattazione dell’amore, sui tipi di desiderio che possono
manifestarsi, sensuale, razionale, intellettuale, e quale sia più adatto al cortigiano.
Complessa vicenda redazionale per l’opera. È stato riscritto tre volte.
- Vi è fatto un discorso sulla lingua da adottare: Castiglione si impegna molto per scegliere la
lingua e predilige una lingua cortigiana, che sia il più possibile toscana.
- Opta per una Koinè: una lingua comune, che è un po’ la posizione iniziale anche di
Ariosto, modellata sulla lingua delle corti, le quali erano per lo più centro
settentrionali
- Immagina che i dialoghi, che hanno al centro l’interrogazione sulla natura dell’uomo di
corte, abbiano luogo nella raffinata corte Cividale di Urbino
Castiglione è di origini mantovane (zona della corte di Urbino) esponente sociologicamente tipico
di una figura oggi definita intellettuale.
- “Cortegiano” è un trattato che intende mettere a fuoco una tipologia antropologica, che
precede Il Principe di Machiavelli
- In ambito europeo sta nascendo una figura a metà tra l’artista e la figura politica, cioè
l’uomo di potere: l’intellettuale.
Sia nella sua autobiografia, che nel suo trattato, scorgiamo dei segni importanti.
- Apertura europea: introduzione è dedicata a vescovo portoghese (portoghesi e genovesi
sono all’avanguardia delle scoperte ed esplorazioni marinaresche e conseguenti primi
passi del colonialismo in Africa e nelle Americhe)
- Periodo in cui la comunità europea è in fase nascente, con i traffici economici e finanziari.
Modalità espositive si basano sui modelli dei dialoghi platonici: forma filosofica che mostra per
iscritto il procedimento filosofico di pensiero = richiamo alle radici di natura classica (tipico del
Rinascimento)
- Dialogo: significato etimologico “le parole che passano attraverso le persone”
- Dialogo con forma filosofica: Intende mostrare per iscritto il procedimento filosofico
del pensiero.
Nel cortigiano c’è un richiamo alle radici della scrittura classica.
- Vuole mostrare l’incontro di una serie di personalità di rango medio alto, di aristocratici, che
discutono cose diverse, tra cui il come comportarsi a corte.
- È una discussione più colloquiale e mondana rispetto a Platone, ma ne riprende la modalità
del dialogo.
Cornice di Castiglione: breve descrizione della vita di corte di Urbino (mentre per Boccaccio era
la peste)
3 aspetti principali dell’opera e della figura del cortigiano:
- Grazia: forma letteraria di tipo saggistico (non è narrazione, è prosa) → mettere alla prova.
discutere sulle idee in due modi: o mettendo in scena le idee o portando avanti un discorso
interiore e personale.
- al centro dell’idea dell’uomo di corte c’è il “fare bella figura”, il “mostrarsi”, lo “stare
in società” = adattamento del comportamento in corrispondenza del cambiamento
dei tempi e al confronto con opinioni altrui ⟶ capacità di mostrare il proprio
equilibrio adattandosi ai tempi. Significato mondano e laico: no grazia in senso
teologale e cristiano
- Viene qui mostrata l’importanza del vestire, comportarsi, muoversi, dei giochi, le
auspicate virtù materne e familiari: è un discorso generale sull’estetizzazione del
corpo.
- Facezie (ironia): capacità di sdrammatizzare facendo dell’ironia; presente nel secondo libro
- soggetto comune della letteratura del 400. Scrisse un libro delle facezie con
racconti in chiave ironica, che Boccaccio chiamava le beffe.
- Eloquio facedo, cioè spiritoso, in grado di sdrammatizzare, tipico dell’eloquio
cortigiano.
- Sprezzatura: tratto di stile; termine che definirà anche alcuni stili pittorici del manierismo.
- Caratterizza parte del carattere: Cicerone la chiamava “la diligente negligenza” =
ricerca di una finzione di spontaneità + lo “stare in società”
- Per Castiglione lo stare in società è molto differente dalla nostra visione odierna,
ovviamente.
- Castiglione fu anche consigliere di corte di Carlo V, quindi anche se parla della corte
di Urbino, ha in realtà lavorato anche alla corte reale: ha per questo una visione
europea, che va al di là delle signorie.
Donna: l’opera è scritta da un uomo per uomini, con personaggi anche femminili
- Iniziano ad esserci sempre più donne di corte e artiste e poetesse
- Affrontati argomenti riguardanti ballo, modalità di abbigliamento, sport, cosmetica, modalità
di movimento e di lingua, importanza di gestione e ideazione di giochi, virtù moderne e
familiari, rivolti alle donne di corte = estetizzazione del corpo
Universo dal quale si deve volutamente evitare di parlare di denaro (discorso che riguarda sia
uomo che donna di corte): si deve fingere che non esistano interessi di tipo economico
Importanza storico-culturale→ uno dei libri italiani più tradotto in tutte le principali lingue parlate in
Europa
- Ha lo stesso successo del trattato contro la pena di morte di Cesare Beccaria

MACHIAVELLI
Le biografie di Ariosto e Machiavelli sono sovrapponibili.
Nicolò Machiavelli nasce a Firenze nel 1469 e muore nel 1527, pochi mesi dopo la data del sacco
di Roma (invasione, saccheggio della capitale del cristianesimo ad opera dei lanzichenecchi)
- Con il sacco di Roma si chiude il trentennio “dorato” del rinascimento italiano assieme alla
morte di Lorenzo. Fra 1492 e 1527 (vedi film il mestiere delle armi).
- Dopo la scrittura de il Principe, per ingraziarsi i favori de I Medici per un ritorno alla vita
politica attiva a Firenze, raggiunge la famiglia a Roma
Machiavelli passa gli ultimi anni della sua vita a stretto contatto col papa, tanto che la Mandragola
(opera teatrale al limite della pornografia) viene rappresentata in vaticano per la prima volta.
Finisce lì perché alla corte del papa vi era il centro del potere.
- diventa uno degli intellettuali di corte del papa (nonostante non sia un grande religioso)
Autore complesso, profondo, provocatorio; uno degli autori letterari italiani più noti e influenti del
mondo
- Machiavelli visto come modello del pensiero politico
- Machiavelli pose al centro del suo pensiero l'idea che la politica non deve inseguire utopici
disegni o precetti morali e religiosi che non hanno alcuna possibilità di essere attuati
- Machiavelli è stato segretario fiorentino
Ha rapporto di contrasto con la famiglia de I Medici, che stanno espandendo la loro sfera di
influenza fino a Londra (con Maria de Medici) e Roma (pontefici)
- I Medici, in quei decenni, sono presenti fino a Parigi con Maria dei medici, e dall’altro lato
fino a Roma, dove diventano pontefici.
Uno degli assi nella manica di Machiavelli è l’ottima capacità di scrittura: oltre all’aspetto
controverso, scandaloso e blasfemo, c’è la capacità di coinvolgere il lettore
- È autore di poesia e di teatro
Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio: lunga elaborazione tra il 1513 e il 19, pubblicati nel 1531
tramite la casa Giunti.
- Si tratta di un’opera rinascimentale, dove vi è anche un brano sul ruolo delle donne romane
nella repubblica di Roma. Machiavelli discute.

Biblioteca italiana – opere di Machiavelli


- Il Capitolo: una forma poetica in terzine, quello più celebre è quella sulla Fortuna.
- Opere teatrile: Mandragola e Clizia (opera senile che scrive 4/5 anni dopo Mandragola), il
cui protagonista è Nicomaco anagramma di Niccolò Machiavelli e parla dell’amore
sconveniente tra un anziano e una donna.
- Arte della guerra: opera minore in prosa in cui si espongono le posizioni di Machiavelli, le
sue teorie su come gestire gli eserciti, come disporre i soldati ecc... opera molto teorica.
- In un’opera coeva Matteo Maria Bandello (ispiratore di Shakespeare), in più di
un'occasione mette in scena Machiavelli perché era uno che si dava da fare,
dispensava consigli ai vari signori della guerra.
- In occasione di un assedio di Milano, sia il Bandello che Machiavelli partecipano.
- In questa novella il bandello mette in scena Machiavelli come consigliere che
dispensa consigli al comandante che sta assediando milano, tutti con esiti disastrosi
- Lo scrittore prende in giro Machiavelli.
- Dialogo intorno alla nostra lingua: opera a despota; non si sa se è davvero un'opera di
Machiavelli.
- Non ha neanche un titolo sicuro e nemmeno un autore.
- Rientra nella secolare questione della lingua che in quegli anni aveva uno dei suoi
punti di partenza, perché nel pieno del Rinascimento si discuteva quale fosse la
lingua scritta che si dovesse usare nella penisola.
- Mentre le arti avevano raggiunto il proprio apice si parlava della questione della
realtà variegata della lingua scritta.
- Teofilo Forendo, Ruzzante parlavano in veneto, napoletano, latino
maccheronico…altre lingue ≠ dal toscano (autorevolezza dei grandi classici).
- Propugna una lingua cortigiana, medio-alto borghese – Castiglione.
- Machiavelli propone il toscano (medio), che però ha una sua vernacolarità.
- le historiae fiorentine: opera storiografica sulla storia di Firenze.
- La scrive su commissione come storiografo ed è un'opera che mette in luce anche
l'arretratezza della cultura di Machiavelli.
- Spesso si può capire Machiavelli mettendolo a confronto con Francesco
Guicciardini, suo nemico amico, che è stato il primo a scrivere la “storia d'Italia".
- Guicciardini nel limiti del possibile per la cultura del 1500 scrive un’opera
storiografica basata sui documenti (non solo leggende tramandate dagli
storiografi romani/medievali).
- L'opera di Machiavelli è più allineata con Dante → non si pone domande sul reale,
non fa ricerche, riferisce e basta perché è un teorico e non è interessato ai
documenti.
- mentre Guicciardini scrive cose documentate o a cui ha assistito.
- Le historiae fiorentine hanno valore di scrittura ma non hanno molto valore a
livello storiografico.
- L'Asino: omaggio ad uno dei capolavori della letteratura antica, ovvero “L’Asino” di
Apuleio. (capolavoro letteratura antica).
- È un poemetto, quindi in versi come capitoli.
- É una sorta di incrocio tra la prevalente passione di Machiavelli per il pensiero
politico e la tradizione di Fedro, Esopo.
- raccontati in versi attraverso gli animali.
- Lezioni commissarie, scritti di governo: occupano una grande parte delle opere di
Machiavelli.
- Lui inizia a scrivere dopo che finisce il suo incarico di funzionario pubblico.
- Nel 1490 ascesa al potere in città dell’abate domenicano Girolamo Savonarola che
instaura una sorta di teocrazia, all’inizio con un ampio appoggio popolare preso da
un’utopia di perfezione moralistica.
- Savonarola viene arso sul rogo nel 1498, restano suoi scritti e poesie.
- Comincia un periodo molto complesso in cui Machiavelli è segretario della
Repubblica fiorentina e uomo pubblico che fa capo a Somerini.
- Quando ritornano i medici, viene messo in esilio e questo spiega la
composizione del principe.
- Sono 4 volumi che raccolgono i più vari esempi di scritture d'ufficio.
- Lui è funzionario e il suo compito è redigere dei rapporti
- Mandragola (lettura facoltativa): con queste opere e con Ariosto rinasce il teatro (con le
opere di Ariosto, favola di Orfeo di Poliziano).
- Opera della fine 1510-1520, prime forme di teatro non legate alla Chiesa sono del
1480.
- Ariosto scrive molto di teatro, Machiavelli scrive la Mandragola, Clizia
(“traduzione”/libera interpretazione di Plauto della Casina) e volgarizza l’Andria di
Terenzio.
- Con la Mandragola il teatro rinasce, innestandosi sulla traduzione romana
soprattutto per quanto riguarda la commedia→ Nasce come commedia e non
tragedia. Le tragedie italiane non sono molto efficaci.
- Non è una commedia popolareggiante come quelle di Plauto.
- La Mandragola (trattato politico) nasce parallelamente con il Principe (commedia)
che nasce su tematiche socio-politiche-erotiche.
- 3 pulsioni:
- di Lucrezia (corpo), Callimaco (che è innamorato di lei), Nicia (marito con
pulsioni modeste e vorrebbe un figlio maschio da Lucrezia).
- Il tutto in un contesto della Firenze del tempo liberamente grecizzata.
- 3 figure: Ligurio, perfido consigliere di Callimaco, la madre perfida di Lucrezia,
Sostrata, e il frate Timoteo.
- Contesto post-boccacciano [testo su Ariel].Discorso sull’aborto che era una pratica
molto comune. Non è un discorso sessuale ma di potere sul corpo della donna.
- Lucrezia ha la facoltà generativa, viene consumato il tradimento → Nicia ha
un figlio, Lucrezia e Callimaco sono amanti.
- Tutti felici ma è una conclusione che va contro la morale corrente
- Novella di belfagor: unica novella che ci è rimasta di Machiavelli. (prosa narrativa) +
Drammaturgo, poesia in versi.
- Figura molto versatile.
- Vita di Castruccio Castracani: sorta di appendice al Principe
- Il principe è ricchissimo di fatti e fatterelli della cronaca dei tempi di Machiavelli su
tradimenti politici, uccisioni, agguati ecc... quest'opera è uno di questi racconti per
cui Machiavelli aveva molto interesse.
IL PRINCIPE
Sulla datazione de Il Principe non c’è mai stata concordia (1512/13-1517)
- L’opera ci dà immagine della vita di un intellettuale in disgrazia nei primi anni del ‘500:
Machiavelli illustra la sua vita in quel periodo
- Al 1513 risale una lettera in cui Nicolò parla al suo amico Francesco Vettori e gli dice di
aver iniziato a scrivere il principe. Testimonia quindi che è stato scritto durante e dopo
quella lettera.
L’opera (il principe) è postuma, esce nel 1532, in simultanea a Roma e a Firenze, con una casa
editrice ancora esistente (la Giunti)
- Trattato diviso in 26 capitoli: i primi 10 riguardano la struttura dei principati; i successivi
trattano del tema militare (mito della milizia popolare, arte della guerra); capitoli centrali
- delineano i comportamenti che deve tenere il principe savio; ultimi 3 capitoli sono una lunga
coda e una lunga chiusura del trattato in cui si descrive la situazione di crisi e di sfacelo
della situazione politica, incitando i principi ad un’unità
In questi capitoli Machiavelli delinea i modi e le virtù attraverso il quale il principe, Lorenzo de
Medici, impone il suo potere ai sudditi.
- Prende in esame la figura di Cesare Borgia.
Citazione dal primo libro dell’Eneide: mi costringono a fare queste cose. Procede con confidenza e
non troppa prudenza (traduzione libera) → scelta rinascimentale, è meglio essere amato o
temuto? Ragionamento paradossale.
- dovrà saper convincere il popolo che la sua forma di governo è la migliore; dovrà
conoscere l’arte della guerra perché la forza e la violenza sono essenziali per mantenere il
potere e la stabilità dello stato; dovrà saper essere buono e magnanimo quanto crudele e
spietato perché è con la fermezza che si ottiene il rispetto del popolo; dovrà essere
prudente e fuggire gli adulatori; dovrà imparare a controllare gli imprevedibili rovesci della
Fortuna grazie alla virtù.
- L’immagine con la quale Machiavelli riassume le caratteristiche del principe perfetto è
quella del centauro, unione tra umano e ferino, tra astuzia della ragione e forza fisica.
Il linguaggio è modellato sulla prosa latineggiante di Boccaccio, aspetti morfologici molto toscani
come “dua” invece di “duo”, “unitola/ridottola” particelle pronominali enclitiche, uso della terza
persona del pronome personale con uso impersonale.
Per Machiavelli è meglio essere temuti in un contesto socio-politico.
- Funzione di sparigliare le carte, assumere idee controcorrente, a lungo censurato.
- Fotografare la realtà per ciò che è, considerare la politica come un aspetto dell’umano in
cui sono importanti gli interessi.
Macchiavelli è molto rinascimentali perchè queste suo considerazioni politiche vengono
canalizzate, esposte facendo riferimento spesso a esempi classici, addirittura, a volte, non
rifacendosi a exempla, a testimonianze di scrittori che si occupava di cose politiche, tipo Livio o
Tacito, all'occorrenza cita un grandissimo poeta, Virgilio, che di politico non ha nulla.
- E in realtà non si riferisce proprio a Virgilio, ma al personaggio fittizio di Didone.
- Machiavelli è un grande conoscitore dell'animo umano, quindi c'è un grande discorso
psicologico. → questo discorso politico è il risultato di una sua visione della psicologia
umana.
- Necessità da parte del principe di usare la violenza
- La parola che ricorre di più è un avverbio avversativo, che oggi non si usa, “nondimanco”,
che fa partire la seconda parte di un periodo.
- interviene in una costruzione sintattica del periodo medievaleggiante, pone delle tesi: “io
dico questo e quest'altro; nondimanco...” (ovvero tuttavia).
- Uno degli ultimi saggi è stato scritto da Carlo Ginzburg (totem del pensiero
umanistico occidentale molto prolifico) intitolato proprio ‘Nondimanco’.
- La psicologia di machiavelli procede per oppositi.
- Psicologia con micro-racconti. Toscanismi (te, la roba, i figliuoli…)
- Finché le cose vanno bene; MA quando arriva il momento del bisogno essi si
rivoltano.
Cultura politica pre-rivoluzione francese → rovina.
I commentatori ci dicono che qui Machiavelli traduce in modo nascosto gli Annales di Tacito, anche
se di solito cita.
Per essere gli uomini tristi, cioè crudeli.
- L'obbligo d'amore è un obbligo di fiducia, se uno è temuto il vincolo è tenuto da una paura
che non se ne andrà mai. Gli uomini dimenticano prima la morte del padre che la perdita di
patrimonio. Patrimonio viene da padr, significato etimologico
- Dal punto di vista politico è meglio essere temuti perché è vincolo d’obbligo più
forte.
- Ma il principe non deve farsi odiare.
- E’ inadeguato dire se siamo d’accordo oppure no, il suo intento è quello di essere
realistico: mondo brutto oppure in cui accadono cose diverse da ciò che ci
aspettiamo.
Interesse economico. Astenersi dalla roba e dalle donne.
- Se proprio necessario è meglio ammazzare che portare via le proprietà, farlo quando ci sia
autorizzazione conveniente.
- Astenersi dalla roba d’altri, non mettere le mani nelle tasche degli altri (x 3^ volta) perché gli
uomini si dimenticano prima la morte del padre che la perdita del matrimonio. 4^ volta in cui
dice roba → Gioco etimologico tra patrimonio e padre.
Machiavelli è un autore controverso, forza parole molto chiare come sdimenticare quindi utilizza
parole nuove per accentuare il suo pensiero.
Patrimonio:padre=matrimonio:madre. Le proprietà che vengono passate in linea ereditaria in una
società patriarcale.
- L’interesse economico intorno alle nostre proprietà è più radicale degli affetti più viscerali.
[finire di leggere questo capitolo]
- Parallelismo già luogo comune ai suoi tempi fra Scipione e Annibale.
- Ovviamente Machiavelli prende le parti di Annibale, anche se essendo fiorentino
preferisce Scipione.
- Annibale, anche se ha perso, era più duro ed era più rispettato dai suoi soldati
rispetto al mite Scipione (non avrebbe vinto senza il Senato di Roma).
I capitoli più importanti si trovano a metà trattato del principe, e alla fine.
CAPITOLO XVIII
“Sulla crudeltà e sulla compassione: se sia meglio per un principe essere amati o temuti”
- L’incipit in latino (DE CRUDELITATE ET PIETATE; ET AN SIT MELIUS AMARI QUAM
TIMERI, VEL E CONTRA.) riflette la monumentalizzazione rinascimentale del periodo
repubblicano romano, venerato da Machiavelli.
- Per lui vi è l’esigenza della conservazione dello stato nell’interesse del popolo.
In che modo i principi devono rispettare la parola data?
- Animali: volpe, leone, il centauro (neoclassico).
- La posizione del principe deve barcamenarsi tra questi 3 animali. Per esperienza
dei nostri tempi – prova, esperienza.
- prudente=intelligente, in base ad una lettura della realtà.
Solito procedimento machiavellico.
Ci sono due modi di combattere: con le leggi (1) o con la forza (2).
1. è proprio dell’uomo, Platone politico ha scritto le ‘Leggi’, cicerone massima autorità per gli
scrittori rinascimentali ‘De officiis’ → Machiavelli li sta citando.
2. è proprio delle bestie
- Figura della bestia e del centauro, M. si rifà al personaggio Achille (non Omero).
- Gli antichi scrittori scrivono di personaggi come Achille → Avere come precettore
uno mezzo bestia e mezzo uomo.
Dicotomia della volpe e del leone → cic, canto XXVII dell’Inferno (Guido da Montefeltro).
- Due animali con evidente profilo psicologico, astuzia e arroganza. Bisogne essere sia astuti
che virulenti.
- Non basta essere solo forti.
La providenzia va intesa come la capacità di ante-vedere, non in senso cristiano; significa
intelligente in base a una lettura della realtà che orienta il suo comportamento → qualcuno che
riesce ad incidere sul reale.
Pontefice Alessandro Borgia VI, uomo di ferro ed efficace proprio per quello.
- Un principe deve parere di avere queste qualità.
- “Ardirò” cioè è consapevole dell’audacia: è meglio parere che avere → gioco di simulazioni
e messa in scena teatrale.
Gli eventi della Fortuna, termine centrale in Machiavelli.
- L’uomo alterna le proprie azioni tra Virtù e Fortuna.
- Non astenersi dal bene potendo, ma saper esercitare il male.
Parere tutto umanità, fede, religione.
- Non c’è cosa più necessaria della religione nella politica, religione intesa in senso
neo-romano/come instrumentum regni/riproduzione delle dinamiche terrene.
- Negli ultimi anni della sua vita è al servizio del Papa, quindi è meno irreligioso, anche se i
papi di quel tempo erano più legati al potere temporale.
- E’ necessario mantenere lo Stato, i mezzi saranno sempre considerati onorevoli.

CAPITOLO XXIV
Quali sono le ragioni per cui i signori persero il loro potere/le regioni hanno perso la loro unità?
- Dopo la morte di Lorenzo, l'Italia aveva avuto una serie di invasioni e i principi d'italia
avevano perso il controllo.
- Lo stato sono le singole entità politiche presenti sul territorio italiano.
L’italia è un corpo femminile pieno di ferite

CAPITOLO XXV
Qual è il peso della Fortuna nella vita dell’uomo? In che modo si deve affrontare o contrastare.
Le cose del mondo sono governate dalla Fortuna e da Dio → spregiudicato: pensiero classico +
cristianesimo.
- Noi siamo dotati anche di libero arbitrio, riprende il pensiero medievale secondo cui l'uomo
ha la capacità di mettere anche del suo.
- Parla di fatalismo.
- Che non possano in—sudare (rafforzativo) perché è già tutto deciso, è meglio farsi portare
dalla sorte, avvengono cose che non sono prevedibili.
Machiavelli è materialista, si ispira al mondo classico come Lucrezio per una visione naturalistica
non teologica.
- Visione dei padri della Chiesa, intervento del libero arbitrio dal pensiero scolastico.
“Assomiglio la Fortuna a uno di quei fiumi rovinosi.” - La fortuna governa metà delle nostre azioni.
- Dimostrazione delle idee machiavelliane attraverso una sorta di apologo (cioè
micro-racconto). Straripamento di un fiume come metafora del suo pensiero politico.
- Però l’uomo che sa che la natura fa queste cose, noi dobbiamo prevederli come creare
degli argini sul fiume.

ARIOSTO
Ebbe fortuna nel teatro.
Scrittore socio politicamente impegnato → discorso armi da fuoco
Frequenti aperture al contemporaneo di due tipi:
- riflessione e critica sulla società e sui rapporti di potere
- riflessioni sull’amore riferite a sé (ariosto) che si paragona ad orlando
ORLANDO FURIOSO
Poema in 46 canti in ottave.
La vicenda narrata ruota intorno a tre nuclei tematici:
- la guerra combattuta in Francia tra i cristiani guidati da Carlo Magno e i saraceni di
Agramante (“i cavallier” e “le arme” sempre citati nel primo verso);
- l'amore di Orlando e Rinaldo per Angelica (e, di conseguenza, di tutti gli altri personaggi
del poema cui alludono le “donne” e “gli amori” del primo verso del poema)
- l'amore di Ruggiero e Bradamante, dalla cui unione ha origine la casa d'Este.
"L’Orlando furioso" è un poema cavalleresco in ottave di Ludovico Ariosto, iniziato nel 1503-1504 e
pubblicato per la prima volta a Ferrara nel 1516 in quaranta canti.
- Il poema viene poi pubblicato in altre due edizioni (1521 e 1532), con modifiche linguistiche
e poi con l’aggiunta di altri canti, che portano il totale a quarantasei canti.
L’Orlando furioso si presenta come la prosecuzione delle vicende dell’Orlando innamorato di
Matteo Maria Boiardo e, più in generale, del ciclo bretone e del ciclo carolingio.
- Boiardo ha scritto un importante canzoniere amoroso e un libro sui tarocchi
- Nell’orlando innamorato il linguaggio è simile a quello del Furioso 1516. Padano centro
settentrionale, non ancora uniformato
- Opera della fine del ‘400
- Orlando è innamorato di Angelica. Però il problema di Angelica (sia in Boiardo che
in Ariosto) è quello di avere eserciti interi che le corrono dietro
- Ad un certo punto si innamora di lei anche Rainaldo (rinaldo), ma Boiardo nel canto
IX fa sì che Angelica lo liberi da un drago → Angelica ha un cavallo magico che può
volare e trasportare Rainaldo distrutto
Il poema può essere definito “di una vita intera” perché ariosto ci lavorò per trent'anni.
Ariosto si ricollega a Virgilio → Eneide ( fa chiudere il poema con il duello tra Enea e Turno)

L’ottava è una delle grandi forme della letteratura Italiana legata alla narrazione (oggi la si fa in
prosa). Nasce nel 1300, ma il primo a scrivere poemi in ottave è Boccaccio
- L’ottava è una forma usata sia dalla poesia colta, scritta, autoriale (Boccaccio) sia è anche
forma dei cantari popolareschi che richiamano i poemi cavallereschi di origine francese
- Nel ‘400 l’ottava ha uno dei suoi momenti di maggiore gloria → ottava più lirica e raffinata
(Poliziano e i fratelli Luigi e Luca Pucci)
- Nel ‘500 abbiamo Boiardo e Ariosto → l’ottava riceve la sua definitiva consacrazione con
l’Orlando furioso
- Fine ‘500 → Tasso junior
- L’ottava diventa un genere europeo → usata nella poesia barocca del ‘600
- A livello di narratività il grande poeta Carlo Porta, scrive in ottave i suoi poemetti narrativi e
traduce alcuni canti di Dante trasformando le terzine in ottave.
Ariosto usa delle metafore per chiarire il suo poema:
- metafore che paragonano il poema a composizioni musicali
- metafore che permettono di inventare i personaggi → scultura
- metafora sulla navigazione
Ariosto è un poeta che gioca sulle rime creando tensioni e appagamenti; altera molto i ritmi:
- la formula dell’ 8, dal punto di vista sintattico può essere 6+2, ma il più delle volte è 4+4,
oppure 2+2+2 in cui si succedono vari discorsi, o ancora 16 (8+8) o 24, quando l’ottava non
viene chiusa da un punto fermo.
BREVE RIASSUNTO:
L’argomento bellico, tipico della tradizione del poema epico e cavalleresco, incomincia con
l’invasione della Francia e l’assedio di Parigi da parte del re saraceno Agramante, che inizialmente
sembra aver la meglio sull’esercito cristiano di Carlo Magno. I due paladini più importanti dello
schieramento cristiano, Orlando e Rinaldo, si perdono infatti dietro alla bellissima Angelica, e gli
infedeli possono così penetrare a Parigi. Il ritorno in campo di Rinaldo costringe però i saraceni alla
ritirata ad Arles e poi alla sconfitta in una battaglia navale. Caduta anche Biserta, capitale del
regno d’Africa, le sorti della guerra sono affidate ad una sfida tra i tre migliori guerrieri mori
(Agramante, Gradasso e Sobrino) e i tre campioni cristiani (Orlando, Brandimarte e Oliviero)
sull’isola di Lampedusa. Orlando sbaraglia i nemici e assicura la vittoria a re Carlo Magno.
La tematica sentimentale è spesso intrecciata con quella militare, tanto da condizionare in più
occasioni lo sviluppo delle battaglie e i duelli tra i singoli cavalieri. Tutto ha inizio durante l’assedio
di Parigi; Angelica, ambita sia da Orlando che da Rinaldo, è affidata da re Carlo a Namo di
Baviera, con la promessa di darla in sposa a chi si dimostrerà più valoroso nello sconfiggere i mori.
La fanciulla riesce però a fuggire e, dopo alcune traversie, incontra un giovane fante saraceno
ferito, il bellissimo Medoro, di cui si innamora e con il quale fugge in Catai. Orlando, giungendo in
seguito nel bosco sui cui alberi la coppia aveva inciso scritte che celebravano il loro amore,
impazzisce e si dà alla devastazione di tutto ciò che incontra. Nel frattempo il guerriero Astolfo,
dopo aver domato un ippogrifo, vola sulla Luna, dove ritrova in un’ampolla il senno perduto di
Orlando. Dopo aver attraversato l’Africa e aver compiuto mirabili imprese, Astolfo fa odorare
l’ampolla a Orlando, che torna in sé e rientra in combattimento.
Ruggiero, guerriero saraceno, e Bradamante, sorella di Rinaldo si amano ma sono continuamente
divisi dal susseguirsi degli eventi e delle battaglie, sono presentati come i capostipiti della famiglia
d’Este, che, per via di Ruggiero, discenderebbe così addirittura dalla stirpe troiana di Ettore.
L’amore tra i due è innanzitutto ostacolato dal mago Atlante, che vuole evitare le nozze tra i due
perché sa, in seguito ad una profezia, che Ruggiero è destinato a morire se si convertirà alla fede
cristiana e sposerà Bradamante. Il guerriero viene quindi imprigionato in un castello incantato
creato appositamente dal mago. Ruggiero è poi trattenuto sull’isola della maga Alcina, che lo
seduce con le sue arti di strega. Liberato da Astolfo da un secondo castello magico, Ruggiero può
recarsi con Bradamante in Vallombrosa per convertirsi e sposare l’amata, ma il tutto è
ulteriormente rimandato dalla guerra con i saraceni. Concluse le ostilità, si scopre che Bradamante
è stata promessa a Leone, figlio di Costantino ed erede dell’Impero romano d’Oriente. Dopo un
duello tra Bradamante e Ruggiero (che combatte sotto mentite spoglie per non farsi riconoscere),
Leone rinuncia a lei, così che si possa finalmente celebrare il matrimonio. Rodomonte irrompe
però al banchetto nuziale, accusando Ruggiero d’aver rinnegato la sua fede; il capostipite della
dinastia degli Estensi, dopo un acceso duello, lo uccide."
CANTO XI
Angelica è sempre in fuga per scappare dai suoi pretendenti
- Ruggero non riesce a conquistare Angelica, lei si sottrae a lui attraverso un anello magico
che la rende invisibile
- Ruggero diventa prigioniero del castello di Atlante
Discorso sulle armi da fuoco → ottava 23 la macchina infernale
- Rivoluzione arte della guerra → muta anche l’ideologia dello stesso poema cavalleresco
- innovazione tecnologica e minaccia al mondo immaginifico del poema cavalleresco
- Ariosto non è l’unico a parlare delle armi di guerra → anche Machiavelli e altri poeti del
tempo
Ariosto si inventa una storia relativa alla nascita delle armi da fuoco → Orlando era in giro per i
mari del nord in cerca di qualche bella ragazza da liberare e incontra il popolo dei Frisoni
(olanda-germania)
- Al largo del mare del nord e delle isole dei Frisoni il demonio aveva gettato le armi da fuoco
- Macchina infernale sommersa per lunghi anni sotto le gelide acque del mare del nord
Deprime l’uso della tattica militare ad uso della violenza priva dell’intelligenza

1 libidinosa furia a dietro volga,


Quantunque debil freno a mezzo il corso quando il piacere ha in pronto; a guisa d’orso
animoso destrier spesso raccolga, che dal mel non sí tosto si distolga,
raro è però che di ragione il morso poi che gli n’è venuto odore al naso,
o qualche stilla ne gustò sul vaso. e ovunque passa si fa dar la strada.
2 Rendi, miser soldato, alla fucina
Qual raggion fia che ’l buon Ruggier raffrene, pur tutte l’arme c’hai, fin alla spada;
sí che non voglia ora pigliar diletto e in spalla un scoppio o un arcobugio prendi;
d’Angelica gentil che nuda tiene che senza, io so, non toccherai stipendi.
nel solitario e commodo boschetto? 26
Come trovasti, o scelerata e brutta
Di Bradamante piú non gli soviene, invenzïon, mai loco in uman core?
che tanto aver solea fissa nel petto: Per te la militar gloria è distrutta,
e se gli ne sovien pur come prima, per te il mestier de l’arme è senza onore;
pazzo è se questa ancor non prezza e stima; per te è il valore e la virtú ridutta,
3 che spesso par del buono il rio migliore:
con la qual non saria stato quel crudo non piú la gagliardia, non piú l’ardire
Zenocrate di lui piú continente. per te può in campo al paragon venire.
Gittato avea Ruggier l’asta e lo scudo, 27
e si traea l’altre arme impaziente; Per te son giti et anderan sotterra
quando abbassando pel bel corpo ignudo tanti signori e cavallieri tanti,
la donna gli occhi vergognosamente, prima che sia finita questa guerra,
si vide in dito il prezïoso annello che ’l mondo, ma piú Italia ha messo in pianti;
che giá le tolse ad Albracca Brunello. che s’io v’ho detto, il detto mio non erra,
23 che ben fu il piú crudele e il piú di quanti
La machina infernal, di piú di cento mai furo al mondo ingegni empii e maligni,
passi d’acqua ove stè ascosa molt’anni, ch’imaginò sí abominosi ordigni.
al sommo tratta per incantamento, 28
prima portata fu tra gli Alamanni; E crederò che Dio, perché vendetta
li quali uno et un altro esperimento ne sia in eterno, nel profondo chiuda
facendone, e il demonio a’ nostri danni del cieco abisso quella maladetta
assutigliando lor via piú la mente, anima, appresso al maladetto Giuda.
ne ritrovaro l’uso finalmente. Ma seguitiamo il cavallier ch’in fretta
24 brama trovarsi all’isola d’Ebuda,
Italia e Francia e tutte l’altre bande dove le belle donne e delicate
del mondo han poi la crudele arte appresa. son per vivanda a un marin mostro date.
Alcuno il bronzo in cave forme spande, 29
che liquefatto ha la fornace accesa; Ma quanto avea piú fretta il paladino,
bugia altri il ferro; e chi picciol, chi grande tanto parea che men l’avesse il vento.
il vaso forma, che piú e meno pesa: Spiri o dal lato destro o dal mancino,
e qual bombarda e qual nomina scoppio, o ne le poppe, sempre è cosí lento,
qual semplice cannon, qual cannon doppio; che si può far con lui poco camino;
25 e rimanea talvolta in tutto spento:
qual sagra, qual falcon, qual colubrina soffia talor sí averso, che gli è forza
sento nomar, come al suo autor piú agrada; o di tornare, o d’ir girando all’orza.
che ’l ferro spezza, e i marmi apre e ruina,

CANTO XV
15 rumor di vento e di termuoto, e ’l tuono,
Dico che ’l corno è di sí orribil suono, a par del suon di questo, era nïente.
ch’ovunque s’oda, fa fuggir la gente: Con molto riferir di grazie, prese
non può trovarsi al mondo un cor sí buono, da la fata licenzia il buono Inglese.
che possa non fuggir come lo sente: 16
Lasciando il porto e l’onde piú tranquille, altri volteggiar l’Africa, e seguire
con felice aura ch’alla poppa spira, tanto la costa de la negra gente,
sopra le ricche e populose ville che passino quel segno onde ritorno
de l’odorifera India il duca gira, fa il sole a noi, lasciando il Capricorno;
scoprendo a destra et a sinistra mille 22
isole sparse; e tanto va, che mira e ritrovar del lungo tratto il fine,
la terra di Tomaso, onde il nocchiero che questo fa parer dui mar diversi;
piú a tramontana poi volge il sentiero. e scorrer tutti i liti e le vicine
17 isole d’Indi, d’Arabi e di Persi:
Quasi radendo l’aurea Chersonesso, altri lasciar le destre e le mancine
la bella armata il gran pelago frange: rive che due per opra Erculea fêrsi;
e costeggiando i ricchi liti, spesso e del sole imitando il camin tondo,
vede come nel mar biancheggi il Gange; ritrovar nuove terre e nuovo mondo.
e Traprobane vede e Cori appresso; 23
e vede il mar che fra i duo liti s’ange. Veggio la santa croce, e veggio i segni
Dopo gran via furo a Cochino, e quindi imperïal nel verde lito eretti:
usciro fuor dei termini degl’Indi. veggio altri a guardia dei battuti legni,
18 altri all’acquisto del paese eletti:
Scorrendo il duca il mar con sí fedele veggio da dieci cacciar mille, e i regni
e sí sicura scorta, intender vuole, di lá da l’India ad Aragon suggetti;
e ne domanda Andronica, se de le e veggio i capitan di Carlo quinto,
parti c’han nome dal cader del sole, dovunque vanno, aver per tutto vinto.
mai legno alcun che vada a remi e a vele, 24
nel mare orïentale apparir suole; Dio vuol ch’ascosa antiquamente questa
e s’andar può senza toccar mai terra, strada sia stata, e ancor gran tempo stia;
chi d’India scioglia, in Francia o in Inghilterra. né che prima si sappia, che la sesta
19 e la settima etá passata sia:
— Tu déi sapere (Andronica risponde) e serba a farla al tempo manifesta,
che d’ogn’intorno il mar la terra abbraccia; che vorrá porre il mondo a monarchia,
e van l’una ne l’altra tutte l’onde, sotto il piú saggio imperatore e giusto,
sia dove bolle o dove il mar s’aggiaccia; che sia stato o sará mai dopo Augusto.
ma perché qui davante si difonde, 25
e sotto il mezzodí molto si caccia Del sangue d’Austria e d’Aragon io veggio
la terra d’Etïopia, alcuno ha detto nascer sul Reno alla sinistra riva
ch’a Nettunno ir piú inanzi ivi è interdetto. un principe, al valor del qual pareggio
20 nessun valor, di cui si parli o scriva.
Per questo dal nostro indico levante Astrea veggio per lui riposta in seggio,
nave non è che per Europa scioglia; anzi di morta ritornata viva;
né si muove d’Europa navigante e le virtú che cacciò il mondo, quando
ch’in queste nostre parti arrivar voglia. lei cacciò ancora, uscir per lui di bando.
Il ritrovarsi questa terra avante, 26
e questi e quelli al ritornare invoglia; Per questi merti la Bontá suprema
che credeno, veggendola sí lunga, non solamente di quel grande impero
che con l’altro emisperio si congiunga. ha disegnato ch’abbia dïadema
21 ch’ebbe Augusto, Traian, Marco e Severo;
Ma volgendosi gli anni, io veggio uscire ma d’ogni terra e quinci e quindi estrema,
da l’estreme contrade di ponente che mai né al sol né all’anno apre il sentiero:
nuovi Argonauti e nuovi Tifi, e aprire e vuol che sotto a questo imperatore
la strada ignota infin al dí presente: solo un ovile sia, solo un pastore.
27 29
E perch’abbian piú facile successo Veggio tanto il valor, veggio la fede
gli ordini in cielo eternamente scritti, tanta d’Alfonso (che ’l suo nome è questo),
gli pon la somma Providenzia appresso ch’in cosí acerba etá, che non eccede
in mare e in terra capitani invitti. dopo il vigesimo anno ancora il sesto,
Veggio Hernando Cortese, il quale ha messo l’imperator l’esercito gli crede,
nuove cittá sotto i cesarei editti, il qual salvando, salvar non che ’l resto,
e regni in Orïente sí remoti, ma farsi tutto il mondo ubidïente
ch’a noi, che siamo in India, non son noti. con questo capitan sará possente.
28 30
Veggio Prosper Colonna, e di Pescara Come con questi, ovunque andar per terra
veggio un marchese, e veggio dopo loro si possa, accrescerá l’imperio antico;
un giovene del Vasto, che fan cara cosí per tutto il mar, ch’in mezzo serra
parer la bella Italia ai Gigli d’oro: di lá l’Europa, e di qua l’Afro aprico,
veggio ch’entrare inanzi si prepara sará vittorïoso in ogni guerra,
quel terzo agli altri a guadagnar l’alloro: poi ch’Andrea Doria s’avrá fatto amico.
come buon corridor ch’ultimo lassa Questo è quel Doria che fa dai pirati
le mosse, e giunge, e inanzi a tutti passa. sicuro il vostro mar per tutti i lati.

CANTO XVII
Imprese di due fratelli gemelli
- Orlandino libera la sua bella da un orco
Ariosto parla di amore come un sentimento che crea confusione e tormento nella vita dell’uomo,
però ha anche una fiducia romantica che viene espressa attraverso racconti minori

72 Voi, gente ispana, e voi, gente di Francia,


Giunsero in piazza, e trassonsi in disparte, volgete altrove, e voi, Svizzeri, il piede,
né pel campo curar far di sé mostra, e voi, Tedeschi, a far piú degno acquisto;
per veder meglio il bel popul di Marte, che quanto qui cercate è giá di Cristo.
ch’ad uno, o a dua, o a tre, veniano in 75
giostra. Se Cristianissimi esser voi volete,
Chi con colori accompagnati ad arte e voi altri Catolici nomati,
letizia o doglia alla sua donna mostra; perché di Cristo gli uomini uccidete?
chi nel cimier, chi nel dipinto scudo perché de’ beni lor son dispogliati?
disegna Amor, se l’ha benigno o crudo. Perché Ierusalem non rïavete,
73 che tolto è stato a voi da’ rinegati?
Sorïani in quel tempo aveano usanza Perché Constantinopoli e del mondo
d’armarsi a questa guisa di Ponente. la miglior parte occupa il Turco immondo?
Forse ve gli inducea la vicinanza 76
che de’ Franceschi avean continuamente, Non hai tu, Spagna, l’Africa vicina,
che quivi allor reggean la sacra stanza che t’ha via piú di questa Italia offesa?
dove in carne abitò Dio onnipotente; E pur, per dar travaglio alla meschina,
ch’ora i superbi e miseri cristiani, lasci la prima tua sí bella impresa.
con biasmi lor, lasciano in man de’ cani. O d’ogni vizio fetida sentina,
74 dormi, Italia imbrïaca, e non ti pesa
Dove abbassar dovrebbono la lancia ch’ora di questa gente, ora di quella
in augumento de la santa fede, che giá serva ti fu, sei fatta ancella?
tra lor si dan nel petto e ne la pancia 77
a destruzion del poco che si crede. Se ’l dubbio di morir ne le tue tane,
Svizzer, di fame, in Lombardia ti guida, Tu, gran Leone, a cui premon le terga
e tra noi cerchi o chi ti dia del pane, de le chiavi del ciel le gravi some,
o, per uscir d’inopia, chi t’uccida; non lasciar che nel sonno si sommerga
le richezze del Turco hai non lontane: Italia, se la man l’hai ne le chiome.
caccial d’Europa, o almen di Grecia snida: Tu sei Pastore; e Dio t’ha quella verga
cosí potrai o del digiuno trarti, data a portare, e scelto il fiero nome,
o cader con piú merto in quelle parti. perché tu ruggi, e che le braccia stenda,
78 sí che dai lupi il grege tuo difenda.
Quel ch’a te dico, io dico al tuo vicino 80
tedesco ancor: lá le richezze sono, Ma d’un parlar ne l’altro, ove sono ito
che vi portò da Roma Constantino: sí lungi dal camin ch’io faceva ora?
portonne il meglio, e fe’ del resto dono. Non lo credo però sí aver smarrito,
Pattolo et Ermo, onde si tra’ l’or fino, ch’io non lo sappia ritrovare ancora.
Migdonia e Lidia, e quel paese buono Io dicea ch’in Soria si tenea il rito
per tante laudi in tante istorie noto, d’armarsi, che i Franceschi aveano allora:
non è, s’andar vi vuoi, troppo remoto. sí che bella in Damasco era la piazza
79 di gente armata d’elmo e di corazza.

CANTO XXXV
Astolfo va sulla luna per cercare il senno di Orlando
- il viaggio sulla luna diventa anche un viaggio per allegoria sulla realtà
- Arriva sulla luna volando su un ippogrifo
- Cerca il senno di Orlando prima all’inferno e nel paradiso terrestre → richiamo a Dante
Astolfo: Dante = S. Giovanni: Virgilio
- S. Giovanni è uno scrittore che Astolfo incontra durante il suo viaggio
- S. Giovanni diventa alterego di Ariosto stesso → rappresenta gli scrittori
Astolfo conduce un discorso sulla psiche dell’uomo, sull’irrazionale e anche un discorso
metaletterario, metapoetico, sulla poesia stessa.
- Qual è il ruolo dell’artista? Chi è lo scrittore?
Ariosto apre i suoi canti con delle pause riflessive di taglio autobiografico e di carattere gnomico
(che contiene riflessioni, sentenze, meditazioni)
- Sia nelle satire che negli incipit si ritaglia uno spazio per se stesso

1 se ne va errando; et io con queste labbia


Chi salirá per me, madonna, in cielo lo corrò, se vi par ch’io lo rïabbia.
a riportarne il mio perduto ingegno? 23
che, poi ch’uscí da’ bei vostri occhi il telo Son, come i cigni, anco i poeti rari,
che ’l cor mi fisse, ognior perdendo vegno. poeti che non sian del nome indegni;
Né di tanta iattura mi querelo, sí perché il ciel degli uomini preclari
pur che non cresca, ma stia a questo segno; non pate mai che troppa copia regni,
ch’io dubito, se piú si va sciemando, sí per gran colpa dei signori avari
di venir tal, qual ho descritto Orlando. che lascian mendicare i sacri ingegni;
2 che le virtú premendo, et esaltando
Per riaver l’ingegno mio m’è aviso i vizii, caccian le buone arti in bando.
che non bisogna che per l’aria io poggi 24
nel cerchio de la luna o in paradiso; Credi che Dio questi ignoranti ha privi
che ’l mio non credo che tanto alto alloggi. de lo ’ntelletto, e loro offusca i lumi;
Ne’ bei vostri occhi e nel sereno viso, che de la poesia gli ha fatto schivi,
nel sen d’avorio e alabastrini poggi acciò che morte il tutto ne consumi.
Oltre che del sepolcro uscirian vivi, Gli scrittori amo, e fo il debito mio;
ancor ch’avesser tutti i rei costumi, ch’al vostro mondo fui scrittore anch’io.
pur che sapesson farsi amica Cirra, 29
piú grato odore avrian che nardo o mirra. E sopra tutti gli altri io feci acquisto
25 che non mi può levar tempo né morte:
Non sí pietoso Enea, né forte Achille e ben convenne al mio lodato Cristo
fu, come è fama, né sí fiero Ettorre; rendermi guidardon di sí gran sorte.
e ne son stati e mille e mille e mille Duolmi di quei che sono al tempo tristo,
che lor si puon con veritá anteporre: quando la cortesia chiuso ha le porte;
ma i donati palazzi e le gran ville che con pallido viso e macro e asciutto
dai descendenti lor, gli ha fatto porre la notte e ’l dí vi picchian senza frutto.
in questi senza fin sublimi onori 30
da l’onorate man degli scrittori. Sí che continuando il primo detto,
26 sono i poeti e gli studiosi pochi;
Non fu sí santo né benigno Augusto che dove non han pasco né ricetto,
come la tuba di Virgilio suona. insin le fere abbandonano i lochi. —
L’aver avuto in poesia buon gusto Cosí dicendo il vecchio benedetto
la proscrizion iniqua gli perdona. gli occhi infiammò, che parveno duo fuochi;
Nessun sapria se Neron fosse ingiusto, poi volto al duca con un saggio riso
né sua fama saria forse men buona, tornò sereno il conturbato viso.
avesse avuto e terra e ciel nimici, 31
se gli scrittor sapea tenersi amici. Resti con lo scrittor de l’evangelo
27 Astolfo ormai, ch’io voglio far un salto,
Omero Agamennón vittorïoso, quanto sia in terra a venir fin dal cielo;
e fe’ i Troian parer vili et inerti; ch’io non posso piú star su l’ali in alto.
e che Penelopea fida al suo sposo Torno alla donna a cui con grave telo
dai Prochi mille oltraggi avea sofferti. mosso avea gelosia crudele assalto.
E se tu vuoi che ’l ver non ti sia ascoso, Io la lasciai ch’avea con breve guerra
tutta al contrario l’istoria converti: tre re gittati, un dopo l’altro, in terra;
che i Greci rotti, e che Troia vittrice, 32
e che Penelopea fu meretrice. e che giunta la sera ad un castello
28 ch’alla via di Parigi si ritrova,
Da l’altra parte odi che fama lascia d’Agramante, che rotto dal fratello
Elissa, ch’ebbe il cor tanto pudico; s’era ridotto in Arli, ebbe la nuova.
che riputata viene una bagascia, Certa che ’l suo Ruggier fosse con quello,
solo perché Maron non le fu amico. tosto ch’apparve in ciel la luce nuova,
Non ti maravigliar ch’io n’abbia ambascia, verso Provenza, dove ancora intese
e se di ciò diffusamente io dico. che Carlo lo seguia, la strada prese.

Durante il Rinascimento, l’Italia è ricca di artisti e scrittori:


- Leonardo: figlio illegittimo di un notaio e di una giovane ragazza (solo recentemente stanno
uscendo dei documenti della madre → era una schiava mediorientale, venduta dai turchi,
arrivò a Venezia e poi a Firenze)
- Leonardo è un genio che si fa da sé → no educazione →non sapeva il latino
- Michelangelo: ha scritto poesie strettamente personali e centinaia di lettere → conservati a
casa Buonarroti a Firenze
- lettere di cinque grandi filoni:
- Professionali → per i suoi fornitori. Aveva bisogno di un sacco di marmo
- Alla famiglia
- Ai suoi colleghi → più o meno giovani. Spiccano quelle per Sebastiano del
Piombo e Vasari
- Ai potenti → papi e re di Francia
- Lettere d’amore → a Tommaso Cavalieri

TORQUATO TASSO
Tasso visse nella seconda metà del 500 quando tramonta il rinascimento e si avvia sull'europa la
controriforma, la reazione cattolica a Martin Lutero.
Tasso venne molto influenzato dall'istituzione della santa inquisizione, il suo più grande capolavoro
è la GERUSALEMME LIBERATA dove egli tentò di unire il classicismo rinascimentale con una
forte ansia religiosa.
- Figura di passaggio → Termine del rinascimento → verso il gusto barocco
- Primo artista e poeta "maledetto e pazzo"→ manicomio → la follia della sua biografia è
ovvia follia sovrimposta in parte dalla società`, egli divenne pazzo per il carico di pressioni
che vengono esercitate sulla sua figura dopo la pubblicazione del grande poema
- la controriforma impone una regolamentazione e lettura conservativa delle arti (es.
novelle di boccaccio riscritte) → il poema di Tasso non era abbastanza religioso e
conteneva ella figure magiche
- riscrive l’opera in maniera ossessiva e diventa Gerusalemme Conquistata
- Le prime edizioni della Gerusalemme Liberata sono del ‘79/’80 del 1500
Poeta religioso e sensuale , vicino alle arti figurative e alla musica
Tasso figura turbata, ha scritto anche molti componimenti lirici (non in commercio) di morte e
amore
- Scrive poesie religiose encomiastiche
- è eclettico e versatile nell’uso dei versi e delle strofe
- compone in versi la prima importante tragedia della tradizione italiana (scritta due volte da
lui stesso)
- Ambientata in Norvegia e racconta la storia del Re di Norvegia
- muore giovane nel 1595
- Tasso decide di mettere in versi il libro della genesi per provare anche a se stesso di
essere uno scrittore molto religioso → “il mondo creato”
- Fu anche un grande autore di teatro

CANZONE AL METAURO (1578)


- Parla del padre e della madre
- Lamento sulla propria condizione di orfano
- Breve narrazione di lui in giro per l’italia
- Metauro → fiume che si trova ad attraversare durante il viaggio in centro italia
- Nel territorio della Rovere (famiglia pontefice) → epoca tardo rinascimentale -
barocca

O del grand’Apennino i rami sì ch’i monti e i mari ingombra,


figlio picciolo sì ma glorioso, mi ricopra con l’ombra.
e di nome più chiaro assai che d’onde; L’ombra sacra, ospital, ch’altrui non niega
fugace peregrino al suo fresco gentil riposo e sede,
a queste tue cortesi amiche sponde entro al piú denso mi raccoglia e chiuda,
per sicurezza vengo e per riposo. sì ch’io celato sia da quella cruda
L'alta Quercia che tu bagni e feconde e cieca dèa, ch’è cieca e pur mi vede,
con dolcissimi umori, ond’ella spiega ben ch’io da lei m’appiatti in monte o ‘n valle
e per solingo calle Lasso! e seguii con mal sicure piante,
notturno io mova e sconosciuto il piede; qual Ascanio o Camilla, il padre errante.
e mi saetta sì che ne’ miei mali
mostra tanti occhi aver quanti ella ha strali. In aspro essiglio e ‘n dura
povertà crebbi in quei sì mesti errori;
Ohimè! dal dì che pria intempestivo senso ebbi a gli affanni:
trassi l’aure vitali e i lumi apersi ch’anzi stagion, matura
in questa luce a me non mai serena, l’acerbità de’ casi e de’ dolori
fui de l’ingiusta e ria in me rendé l’acerbità de gli anni.
trastullo e segno, e di sua man soffersi L’egra spogliata sua vecchiezza e i danni
piaghe che lunga età risalda a pena. narrerò tutti. Or che non sono io tanto
Sàssel la gloriosa alma sirena, ricco de’ propri guai che basti solo
appresso il cui sepolcro ebbi la cuna: per materia di duolo?
così avuto v’avessi o tomba o fossa Dunque altri ch’io da me dev’esser pianto?
a la prima percossa! Già scarsi al mio voler sono i sospiri,
Me dal sen de la madre empia fortuna e queste due d’umor sì larghe vene
pargoletto divelse. Ah! di quei baci, non agguaglian le lagrime a le pene.
ch’ella bagnò di lagrime dolenti, Padre, o buon padre, che dal ciel rimiri,
con sospir mi rimembra e degli ardenti egro e morto ti piansi, e ben tu il sai,
preghi che se ‘n portár l’aure fugaci: e gemendo scaldai
ch’io non dovea giunger più volto a volto la tomba e il letto: or che ne gli alti giri
fra quelle braccia accolto tu godi, a te si deve onor, non lutto:
con nodi così stretti e sì tenaci. a me versato il mio dolor sia tutto.

IL MESSAGGERO
- parla delle visioni che aveva Tasso → sosteneva di parlare con un folletto
DELLA VIRTÙ
- riguarda la virtù eroica e cavalleresca
GONZAGA
- racconta i giochi
SERENISSIMA MADAMA
- Riguarda le virtù femminili e dedicato alla duchessa di Mantova

Nel 1590 fa uscire anche il dramma pastorale “L’Aminta”


- Il dramma pastorale ebbe molta fortuna in Europa con la purezza della vita agreste e deriva
da un’ antichissima tradizione greca (edili → poesie di amore e morte ambientate in un
immaginario luogo agreste)
GERUSALEMME LIBERATA - CANTO II
La gerusalemme liberata è un poema epico composto da 20 canti e cinque parti (che rimandano
alle 5 parti della tragedia classica) in ottave a cui Tasso lavorò in modo travagliato.
- L'argomento principale è la prima crociata indetta da Papa Urbano II, l'obiettivo era la
conquista di Gerusalemme e del sacro sepolcro.
- La trama ruota intorno alle imprese di Goffredo di Buglione
- le storie guerresche sono intrecciate a quelle amorose come l'amore di Rinaldo per
la maga Armida e la tragica storia di Tancredi e Clorinda (i due si amano ma
durante un duello Tancredi uccide l'amata).
- Il poema è ricco di avvenimenti apparizioni, i diavoli aiutano i musulmani e l'arcangelo
Gabriele aiuta Goffredo.
- Il poema inizia al sesto anno di guerra quando Dio si rende conto che i crociati non stanno
avanzando come dovrebbero verso Gerusalemme e manda l'Arcangelo Michele a esortare
Goffredo a procedere.
Tasso anche tramite i nomi, fa in modo di creare dei veri e propri personaggi (caratteristica
spiccata dell autore) e ciò distingue la liberata dal furioso per:
- la modernità → vicende che ruotano intorno alla prima crociata vengono portati avanti
tramite la costruzione di creature fittizie (i personaggi)
- la letteratura del momento non aveva ancora messo a fuoco il “ personaggio”
- I personaggi di Ariosto sono veloci e fugaci mentre quelli di tasso sono più marcati
- il suo obiettivo è farli incontrare, scontrare, parlare e dialogare, affinchè creino una
storia
- Personaggi femminili principali: Armidia, Clorinda ed Erminia
- 3 nemici principali: Aladino (re gerusalemme), Argante (combattente) e Solimano
(re egiziani)
- Anche se sono nemici sono anche personaggi con forte umanità
- Tasso attribuisce ai “nemici” i lamenti e le condanne più sentite e commosse rispetto allo
spreco delle vite umane che la guerra arreca
- rende la gerusalemme liberata un poema di guerra (CONTRO la guerra)
- Poema con scene digressive, la trama è molto meno discolare e centrifuga, tutto
avviene intorno all'assedio di Gerusalemme → forte unità di luogo
- Dentro Gerusalemme vive una minoranza cristiana
Fa strano leggere oggi l’opera, perché Gerusalemme è ancora divisa
Tradotta in inglese
- L’opera esce all’insaputa di Tasso, a Venezia, durante uno dei suoi ricoveri psichiatrici
- Lo scopre attraverso un amico che, pensando di farlo felice, gli porge una copia
- Tasso esce dal ricovero e pubblica una versione da lui controllata

Storia di olindo e sofronia


Sofronia viene accusata di aver derubato una statua → Olindo, innamorato, si offre come anima
sacrificabile per salvare l’amata
- Aladino, si arrabbia, e li uccide entrambi sul rogo
- Incontro dei due giovani sul rogo
- Morte e amore
XXXIII. Se del letto non fui: duolmi il tuo fato,
Composto è lor d’intorno il rogo omai, Il mio non già, poich’io ti moro a lato.
E già le fiamme il mantice v’incíta: XXXV.
Quando il fanciullo in dolorosi lai Ed oh mia sorte avventurosa appieno!
Proruppe, e disse a lei ch’è seco unita: O fortunati miei dolci martirj!
Questo dunque è quel laccio, ond’io sperai S’impetrerò che giunto seno a seno,
Teco accoppiarmi in compagnia di vita? L’anima mia nella tua bocca io spiri;
Questo è quel foco, ch’io credea che i cori E venendo tu meco a un tempo meno,
Ne dovesse infiammar d’eguali ardori? In me fuor mandi gli ultimi sospiri.
XXXIV. Così dice piangendo; ella ripiglia
Altre fiamme, altri nodi Amor promise: Soavemente, e in tai detti il consiglia:
Altri ce n’apparecchia iniqua sorte. XXXVI.
Troppo, ahi ben troppo, ella già noi divise! Amico, altri pensieri, altri lamenti
Ma duramente or ne congiunge in morte. Per più alta cagione il tempo chiede.
Piacemi almen, poichè in sì strane guise Chè non pensi a tue colpe? e non rammenti
Morir pur dei, del rogo esser consorte, Qual Dio prometta ai buoni ampia mercede?
Soffri in suo nome, e fian dolci i tormenti, Tu sola il duol comun non accompagni,
E lieto aspira alla superna sede. Sofronia, e pianta da ciascun non piagni.
Mira il Ciel com’è bello, e mira il Sole, XXXVIII.
Ch’a sè par che n’inviti, e ne console. Mentre sono in tal rischio, ecco un guerriero
XXXVII. (Chè tal parea) d’alta sembianza, e degna:
Quì il volgo de’ Pagani il pianto estolle: E mostra d’arme, e d’abito straniero,
Piange il fedel, ma in voci assai più basse. Che di lontan, peregrinando, vegna.
Un non so chè d’inusitato e molle La tigre che sull’elmo ha per cimiero,
Par che nel duro petto al Re trapasse. Tutti gli occhj a se trae; famosa insegna,
Ei presentillo, e si sdegnò; nè volle Insegna usata da Clorinda in guerra,
Piegarsi, e gli occhj torse, e si ritrasse. Onde la credon lei, nè ’l creder erra.

CANTO IX
- Nel pieno della battaglia
XCIII. Non vuol Guelfo d’alpestro erto cammino,
L’orror, la crudeltà, la tema, il lutto Con tanto suo svantaggio, esporsi al danno;
Van d’intorno scorrendo: e in varia imago Ferma le genti, e ’l Re le sue riserra,
Vincitrice la Morte errar per tutto Non poco avanzo d’infelice guerra.
Vedresti, ed ondeggiar di sangue un lago. XCVII.
Già con parte de’ suoi s’era condutto Fatto intanto ha il Soldan ciò che è concesso
Fuor d’una porta il Re, quasi presago Fare a terrena forza, or più non puote;
Di fortunoso evento; e quinci d’alto Tutto è sangue e sudore, e un grave e
Mirava il pian soggetto, e ’l dubbio assalto. spesso
XCIV. Anelar gli ange il petto, e i fianchi scuote.
Ma come prima egli ha veduto in piega Langue sotto lo scudo il braccio oppresso;
L’esercito maggior, suona a raccolta, Gira la destra il ferro in pigre rote;
E con messi iterati, instando, prega Spezza, e non taglia, e divenendo ottuso,
Ed Argante, e Clorinda a dar di volta. Perduto il brando omai di brando ha l’uso.
La fera coppia d’esequir ciò nega, XCVIII.
Ebra di sangue, e cieca d’ira, e stolta; Come sentissi tal, ristette in atto
Pur cede alfine, e unite almen raccorre D’uom che fra due sia dubbio, e in sé
Tenta le turbe, e freno ai passi imporre. discorre
XCV. Se morir debba, e di sì illustre fatto,
Ma chi dà legge al volgo, ed ammaestra Colle sue mani, altrui la gloria torre;
La viltade e ’l timor? la fuga è presa. O pur sopravanzando al suo disfatto
Altri gitta lo scudo, altri la destra Campo, la vita in sicurezza porre.
Disarma: impaccio è il ferro, e non difesa. Vinca (alfin disse) il Fato, e questa mia
Valle è tra il piano e la Città, ch’alpestra Fuga, il trofeo di sua vittoria sia.
Dall’Occidente al Mezzogiorno è stesa; XCIX.
Quì fuggon’ essi, e si rivolge oscura Veggia il nemico le mie spalle, e scherna
Caligine di polve inver le mura. Di novo ancora il nostro esiglio indegno;
XCVI. Pur che di novo armato indi mi scerna
Mentre ne van precipitosi al chino, Turbar sua pace, e ’l non mai stabil regno.
Strage d’essi i Cristiani orribil fanno; Non cedo io, nò: fia con memoria eterna
Ma poscia che, salendo, omai vicino Delle mie offese, eterno anco il mio sdegno.
L’ajuto avean del barbaro tiranno, Risorgerò nemico ognor più crudo,
Cenere anco sepolto, e spirto ignudo.
CANTO X
- Tasso molto più fluente e continuato nella narrazione, a differenza di Dante o Ariosto che
invece staccano
-
Così dicendo ancor, vicino scorse Poi quando l’ombra oscura al mondo toglie
Un destrier ch’a lui volse errante il passo: I varj aspetti, e i color tinge in negro,
Tosto al libero fren la mano ei porse, Smonta, e fascia le piaghe, e come puote
E su vi salse, ancorch’afflitto e lasso. Meglio, d’un’alta palma i frutti scuote.
Già caduto è il cimier ch’orribil sorse, VI.
Lasciando l’elmo inonorato e basso: E cibato di lor, sul terren nudo
Rotta è la sopravesta, e di superba Cerca adagiare il travagliato fianco,
Pompa regal vestigio alcun non serba. E, la testa appoggiando al duro scudo,
II. Quetar i moti del pensier suo stanco.
Come dal chiuso ovil cacciato viene Ma d’ora in ora a lui si fa più crudo
Lupo talor, che fugge e si nasconde: Sentire il duol delle ferite, ed anco
Che sebben del gran ventre omai ripiene Roso gli è il petto e lacerato il core
Ha l’ingorde voragini profonde; Dagl’interni avoltoj, sdegno e dolore.
Avido pur di sangue anco fuor tiene VII.
La lingua, e ’l sugge dalle labra immonde; Alfin, quando già tutte intorno chete
Tale ei sen gía, dopo il sanguigno strazio, Nella più alta notte eran le cose,
Della sua cupa fame anco non sazio. Vinto egli pur dalla stanchezza, in Lete
III. Sopì le cure sue gravi e nojose;
E come è sua ventura, alle sonanti E in una breve e languida quiete
Quadrella ond’a lui intorno un nembo vola, L’afflitte membra e gli occhj egri compose:
A tante spade, a tante lance, a tanti E mentre ancor dormia, voce severa
Instrumenti di morte alfin s’invola: Gl’intonò su le orecchie in tal maniera:
E sconosciuto pur cammina innanti VIII.
Per quella via ch’è più deserta e sola: Soliman Solimano, i tuoi sì lenti
E rivolgendo in se quel che far deggia, Riposi a miglior tempo omai riserva;
In gran tempesta di pensieri ondeggia. Chè sotto il giogo di straniere genti
IV. La patria, ove regnasti, ancor è serva.
Disponsi alfin di girne ove raguna In questa terra dormi, e non rammenti
Oste sì poderosa il Re d’Egitto: Ch’insepolte de’ tuoi l’ossa conserva?
E giunger seco l’arme, e la fortuna Ove sì gran vestigio è del tuo scorno,
Ritentar anco di novel conflitto. Tu, neghittoso, aspetti il novo giorno?
Ciò prefisso tra se, dimora alcuna IX.
Non pone in mezzo, e prende il cammin dritto Desto il Soldano, alza lo sguardo e vede
(Chè sa le vie, nè d’uopo ha di chi ’l guidi) Uom che d’età gravissima ai sembianti,
Di Gaza antica agli arenosi lidi. Col ritorto baston, del vecchio piede
V. Ferma e dirizza le vestigia erranti.
Nè perchè senta inacerbir le doglie E chi sei tu (sdegnoso a lui richiede)
Delle sue piaghe, e grave il corpo ed egro, Che, fantasma importuno ai viandanti,
Vien però che si posi, e l’arme spoglie; Rompi i brevi lor sonni? e chè s’aspetta
Ma, travagliando, il dì ne passa integro. A te la mia vergogna, o la vendetta?

CANTO XIX
VIII. E se ne van dove un girevol calle
Escon della Cittade, e dan le spalle Gli porta per secreti avvolgimenti:
Ai padiglion delle accampate genti: E ritrovano ombrosa angusta valle
Tra più colli giacer; non altrimenti E recandosi lei di lancia in modo,
Che se fosse un teatro: o fosse ad uso Urtò d’incontro impetuoso e sodo.
Di battaglie, e di cacce intorno chiuso. XXXVII.
IX. Restar non può marmo o metallo innanti
Quì si fermano entrambi: e pur sospeso Al duro urtare, al riurtar più forte.
Volgeasi Argante alla Cittade afflitta. Svelse dal sasso i cardini sonanti:
Vede Tancredi che ’l Pagan difeso Ruppe i serraglj, ed abbattè le porte.
Non è di scudo, e ’l suo lontano ei gitta. Non l’ariete di far più si vanti;
Poscia lui dice: or qual pensier t’ha preso? Non la bombarda fulmine di morte.
Pensi ch’è giunta l’ora a te prescritta? Per la dischiusa via la gente inonda,
S’antivedendo ciò timido stai, Quasi un diluvio, e ’l vincitor seconda.
È il tuo timore intempestivo omai. XXXVIII.
X. Rende misera strage atra e funesta
Penso, risponde, alla Città del regno L’alta magion, che fu magion di Dio.
Di Giudea antichissima Regina, O giustizia del Ciel, quanto men presta
Che vinta or cade; e indarno esser sostegno Tanto più grave sovra il popol rio!
Io procurai della fatal ruina. Dal tuo secreto provveder fu desta
E ch’è poca vendetta al mio disdegno L’ira ne’ cor pietosi, e incrudelío.
Il capo tuo, che ’l Cielo or mi destina. Lavò col sangue suo l’empio Pagano
Tacque, e incontra si van con gran risguardo: Quel tempio che già fatto avea profano.
Chè ben conosce l’un l’altro gagliardo. XXXIX.
XXXIV. Ma intanto Soliman ver la gran torre
Giunto il gran Cavaliero ove raccolte Ito se n’è, che di David s’appella:
S’eran le turbe in loco ampio e sublime; E quì fa de’ guerrier l’avanzo accorre,
Trovò chiuse le porte, e trovò molte E sbarra intorno e questa strada e quella:
Difese apparecchiate in su le cime. E ’l Tiranno Aladino anco vi corre.
Alzò lo sguardo orribile, e due volte Come il Soldan lui vede, a lui favella:
Tutto il mirò dall’alte parti all’ime, Vieni, o famoso Re, vieni, e là sovra
Varco angusto cercando; ed altrettante Alla rocca fortissima ricovra,
Il circondò con le veloci piante. XL.
XXXV. Chè dal furor delle nemiche spade
Qual lupo predatore all’aer bruno Guardar vi puoi la tua salute, e ’l regno.
Le chiuse mandre insidiando aggira, Oimè, risponde, oimè, che la Cittade
Secco l’avide fauci, e nel digiuno Strugge dal fondo suo barbaro sdegno:
Da nativo odio stimolato e d’ira; E la mia vita, e ’l nostro imperio cade.
Tale egli intorno spia s’adito alcuno Vissi, e regnai: non vivo or più, nè regno.
(Piano od erto che siasi) aprirsi mira. Ben si può dir: noi fummo; a tutti è giunto
Si ferma alfin nella gran piazza: e d’alto L’ultimo dì, l’inevitabil punto.
Stanno aspettando i miseri l’assalto. XLI.
XXXVI. Ov’è, Signor, la tua virtute antica?
In disparte giacea (qual che si fosse (Disse il Soldan tutto cruccioso allora)
L’uso a cui si serbava) eccelsa trave: Tolgaci i regni pur sorte nemica;
Nè così alte mai, nè così grosse Chè ’l regal pregio è nostro, e in noi dimora.
Spiega l’antenne sue Ligura nave. Ma colà dentro omai dalla fatica
Ver la gran porta il Cavalier la mosse Le stanche e gravi tue membra ristora.
Con quella man, cui nessun pondo è grave: Così gli parla; e fa che si raccoglia
Il vecchio Re nella guardata soglia.
CANTO XX
LXXII. LXXIV.
Prende Goffredo allor tempo opportuno: Stette attonito alquanto e stupefatto
Riordina sue squadre, e fa ritorno A quelle prime viste, e poi s’accese:
Senza indugio alla pugna; e così l’uno E desiò trovarsi anch’egli in atto
Viene ad urtar nell’altro intero corno. Nel periglioso campo alle alte imprese.
Tinto sen vien di sangue ostil ciascuno: Nè pose indugio al suo desir; ma ratto
Ciascun di spoglie trionfali adorno. D’elmo s’armò, ch’aveva ogni altro arnese.
La vittoria e l’onor vien da ogni parte: Su su, gridò, non più, non più dimora,
Sta dubbia in mezzo la Fortuna, e Marte. Convien ch’oggi si vinca, o che si mora.
LXXIII. LXXV.
Or mentre in guisa tal fera tenzone O che sia forse il provveder divino
È tra ’l Fedele esercito e ’l Pagano; Che spira in lui la furiosa mente,
Salse in cima alla torre ad un balcone, Perchè quel giorno sian del Palestino
E mirò (benchè lunge) il fier Soldano, Imperio le reliquie in tutto spente,
Mirò (quasi in teatro, od in agone) O che sia ch’alla morte omai vicino
L’aspra tragedia dello stato umano: D’andarle incontra stimolar si sente;
I varj assalti, e ’l fero orror di morte, Impetuoso e rapido disserra
E i gran giochi del caso e della sorte. La porta, e porta inaspettata guerra

GIAN BATTISTA GUARINI


Barocco: stile che coinvolge varie arti
- non confinabile all’Italia → stile europeo cristiano
- Inesistente nei paesi europei di cultura protestante, in Francia non si può parlare di barocco
ma di classicismo
- Convive con una forma classicista
- Dal cattolicesimo spagnolo emigra in America come stile architettonico
È uno stile che coinvolge varie arti, quella letteraria è una delle meno importanti (l’urbanistica e la
musica sono più importanti).
- E’ caratterizzato dalla pluralità.
Forti espressioni classicistiche convivono con le espressioni razionaliste (nasce il razionalismo
filosofico) della Roma del 1600
- Secolo di Galileo e Cartesio
- Scissione decisiva tra scienza e mondo umanistico, divisione tra questi ambiti del sapere
Fino al 1500 i grandi, come Leonardo, non vivevano questa distinzione tra natura e arte
- Culto biografico fino al romanticismo di Ariosto; Goldoni (dramma trascurabile) e Goethe
(testo teatrale) hanno scritto su Tasso (sulla posizione dell’intellettuale a coorte), pure
Leopardi ha scritto su Tasso
Tasso è una presenza molto forte che influenza molto gli autori successivi → Goethe scriverà
“Tasso” - definito il libro più bello sull’artista
- Gian Battista Guarini è uno di quegli artisti influenzati da Tasso
Gian Battista Guarini fu poeta e studioso italiano.
- Fu professore di retorica e poetica a Ferrara, dopo la partenza di T. Tasso fu il poeta più
ammirato alla corte estense, e sotto Alfonso II insegnò a Torino, Roma e in Polonia
ricoprendo importanti incarichi politici.
- Scrisse filastrocche, commedie, trattati letterari e politici, e lasciò una prolifica
corrispondenza.
- Gli portò la fama il dramma pastorale Il pastor fido del 1590, che l'autore definisce
tragicommedia per la combinazione di elementi comici e tragici.
- L'opera fu criticata dagli aristotelici del tempo: nel Compendio Tragicomico, Guarini
la difese sostenendo la finalità edonistica dell'arte e la possibilità di "mescolare" i
generi.
- Il pastor fido si configura come una versione amplificata dell'Aminta di Torquato
tasso

IL PASTOR FIDO
L'opera drammatica più importante di Guarini è Il pastor fido, composta tra il 1580 e il 1583 e
pubblicata nel 1590.
- È un dramma pastorale di sedici e sette sillabe, sul modello dell'Aminta del Tasso, con
Guarini come amico e rivale.
- La storia si svolge ad Arcadiae i protagonisti sono due giovani innamorati, Amarili e Myrtillo,
Dorinda e Silvio, che coronano il loro amore dopo tante vicissitudini.
- Amarili e Myrtillo si amano ma sono ostacolati da un'errata interpretazione
dell'oracolo;
- Dorinda, che soffre dell'indifferenza di Silvio, riesce finalmente a ottenere Silvio
dopo che lui l'ha ferita.
- La storia è complicata da innumerevoli eventi collaterali e si conclude felicemente con un
matrimonio per due.
Scena 4 atto primo → RIFLESSIONE SULLA NATURA DEI SOGNI
- atto secondo si conclude con un coro che apre la canzone dei baci
satiro → figura tragicomica
MARINO
Nasce a Napoli e abbandona gli studi legali per seguire la passione della letteratura
- Autore virtuoso e spregiudicato molto apprezzato da D’Annunzio
- scrive “L’adone” a Parigi dopo essere stato in fuga ed esser scappato da tutt’italia e dopo
un tentato omicidio per accoltellamento.
- Il murtola, suo nemico, lo assale e lo accoltella → lui riesce a scappare e si rifugia a
Parigi
- Molto ricercato tra i potenti → va a Parigi in fuga da Napoli, Roma e Torino, e qui pubblica
l’opera l’Adone, il più ampio poema italiano celebrante la mitologia classica
- sembra di aver trovato un lavoro alla corte dei Savoia;
- Vita estremamente contrastata, personaggio fluido → non era molto accettato nel
periodo riformista
- Personaggio molto romanzesco
- Autore in prosa, poesie, teatro, madrigali, sonetti, …
- Cortigiano napoletano (filtra attraverso i suoi versi), autore di teatro-opere sacre-
opere brevi o lunghe, madrigali, sonetti
- A differenza di Tasso, che non aveva mai sistemato le sue rime, Marino contiene la sua
produzione poetica in una raccolta detta “lira”, che incontra l’aspetto tematico e l’aspetto
formale
- Rime pastorali, encomiastiche, lugubri, sacre secondo capitoli o sezioni. Rime
boscherecce, rime eroiche, rime amorose, rime tragiche....
- Queste partizioni tematiche sono suddivise anche a seconda del metro.
- Forme nuove: i capricci → tema libero con un caratteristico impegno nel trovare il
bizzarro, l’inconsueto.
- Culto del classico + allargamento dei codici del visibile e del raccontabile → si
allarga alle sfere dello spiacevole/disorganico/disarmonico/esotico/sporco

LA LIRA - Tratta delle miserie umane

Apre l’uomo infelice, allor che nasce indi, in età più ferma e più serena,
in questa vita di miserie piena, tra Fortuna ed Amor more e rinasce.
pria ch’al sol, gli occhi al pianto, e, nato a Quante poscia sostien, tristo e mendico,
pena, fatiche e morti, infin che curvo e lasso
va prigionier fra le tenaci fasce. appoggia a debil legno il fianco antico?

Fanciullo, poi che non più latte il pasce, Chiude alfin le sue spoglie angusto sasso,
sotto rigida sferza i giorni mena; ratto così, che sospirando io dico:
«Da la cuna a la tomba è un breve passo»!

Libero arco della vita umana, vita-tempo-esistenza, nel barocco emerge con forza il tema della
temporalità-morte
- Sonetto esperienziale
- L’arte riflette su se stessa
Il primo vocabolo è Apre, assonanza tra la prima e ultima parola dell’endecasillabo
Sintassi sinuosa e complessa, tendenza all’ipotassi e allargamento del discorso, non c’è una
struttura della frase -> spesso l’ordine è invertito
I neonati nascono piangendo
Cristo malinconico della tradizione (non più crudele come in Ariosto)
È tutto successo così velocemente

LIRA - LE RIME MARITTIME


Le rime marittime sono di vario tipo
Marino scrive negli ultimi anni del 1500 e 1600
- Porta a piena dignità poetica un qualcosa che consideriamo molto nella corde della cultura
italiana, lode/racconto orientato sulla vita legata al mare
In generale la letteratura italiana non si occupa molto del mare
Iacopo San Nazzaro: egloghe piscatorie, al posto dei pastori introduce i marinai/pescatori → Fine
400 nasce un subgenere delle bucoliche
- Il mare è un altro mondo, non c’è solo un aspetto ecologico-ittico-biologico
- Biodiversità del mare + mare antropizzato
- Luogo di scontro di guerra, luogo naturale e abitato dagli umani

8 Accenna un affanno sopragiuntogli col turbamento d’un notturno sereno


Tacean sotto la notte Austri e procelle, credea solcar lo ciel, gir le stelle.
pigro giacea senz’onda il mar Tirreno,
e lui ferian d’un tremolo baleno La mia leggiadra e piccioletta nave
le faci eterne a meraviglia belle. quella parea che ne’ celesti giri
più di nembo o tempesta ira non pave.
Splendea con chiare e lucide fiammelle
per entro il bel tranquillo il bel sereno: Quando da lo spirar de’ miei sospiri
ond’io, ch’apria co’ remi a l’acque il seno, gonfia la vela, un mar profondo e grave
mi sommerse di pianti e di martiri.
9 Al pesce spada
O terror d’ogni rete e d’ogni nassa, l’ombra errando di me dolente e lassa.
pesce guerrier, che la lucente spada
vibri per l’acque, e de l’algosa strada Forse, qual del Gorgon su ’l lido moro
cerchi la parte più riposta e bassa: fu dal sangue il corallo, e qual già tinto
da quel de’ duo fedeli il bianco moro,
vien con l’acuta punta e ’l cor mi passa
sì ch’io trafitto in mezo al mar ne cada, tal poscia ancor del mio vedran dipinto
e col corpo insepolto intorno vada l’azur de l’onde (e con pietà) s’io moro,
que’ duo begli occhi, ond’io fui prima estinto.

I RICCI
12 Per alcune frutta di mare che aveva donate alla sua ninfa
Ricci pungenti, o misero Fileno, dolce frutto e gentil chiudono almeno.
a chi (sia pur il cor) doni non cura
recasti in dono. Un dono omai procura Dono le fia più caro un’orsa, un angue;
che lei rassembri, e la contenti a pieno. ma più, s’egli averrà che tu le porte
un vaso o del tuo pianto o del tuo sangue.
Ché, se pari al rigor ch’ella ha nel seno,
lor di scogli e di spine armò natura, Chi non sa ciò che sia malvagia sorte,
sott’aspre punte e scorza alpestra e dura chi vago di morir vivendo langue,
ami costei, ch’è quant’amar la morte.

LA CANZONE DEI BACI


È una canzone in senso petrarchesco: lunghe strofe, settenari ed endecasillabi
- ritmo rapido e incalzante
- celebra l’innamoramento tra gli amanti (da un punto di vista maschile)
- Canzone sull’impotenza maschile → taboo dei taboo
- Fa parte di un dittico in cui si esprime anche il punto di vista femminile, notturna, lei,
amabilmente, prende in giro la sua impotenza
- Fenomenologia del bacio
L’incontro amoroso non era mai stato così a lungo cantato
Parla di amore e poesia, compresenza tra vita e morte, amore e morte
- Presa in giro della poesia petrarchesta, il sospiro di Marino è diverso
Nell’Adone riscrive il canto XXX del Paradiso di Dante ‘la candida rosa’ in senso erotico

O baci avventurosi, e piú d’un’alma in una bocca asconde!


ristoro de’ miei mali, Una bocca omicida,
che di nettare al cor cibo porgete; dolce d’Amor guerrera,
spiriti rugiadosi, cui natura di gemme arma ed inostra,
sensi d’amor vitali, dolcemente mi sfida,
che ’n breve giro il viver mio chiudete; e schiva e lusinghiera,
in voi le piú secrete ed amante e nemica a me si mostra.
dolcezze e piú profonde Entran scherzando in giostra
provo, talor che con sommessi accenti le lingue innamorate;
interrotti lamenti,
lascivetti desiri, baci le trombe son, baci l’offese,
languidetti sospiri baci son le contese;
tra rubino e rubino Amor confonde, quelle labra, ch’io stringo,
son l’agone e l’arringo; ritrosa il mi contende
vezzi son l’onte, e son le piaghe amate, in atto sí gentil, che ’nvita e nega,
quanto profonde piú, tanto piú grate. ricusa insieme e prega.
Tranquilla guerra e cara, Pur amata ed amante,
ove l’ira è dolcezza, e baciata e baciante,
amor lo sdegno, e ne le risse è pace; alfin col bacio il cor mi porge e prende,
ove ’l morir s’impara, e la vita col cor mi fura e rende.
l’esser prigion s’apprezza, Miro, rimiro ed ardo,
né men che la vittoria il perder piace! bacio, ribacio e godo,
Quel corallo mordace, e mirando e baciando mi disfaccio.
che m’offende, mi giova; Amor tra ’l bacio e ’l guardo
quel dente, che mi fère ad ora ad ora, scherza e vaneggia in modo,
quel mi risana ancora; ch’ebro di tanta gloria i’ tremo e taccio;
quel bacio, che mi priva ond’ella che m’ha in braccio,
di vita, mi raviva; lascivamente onesta,
ond’io, c’ho nel morir vita ognor nova, gli occhi mi bacia, e fra le perle elette
per ferito esser piú, ferisco a prova. frange due parolette:
Or tepid’aura e leve, — Cor mio! — dicendo, e poi,
or accento or sorriso, baciando i baci suoi,
pon freno al bacio, a pien non anco impresso. di bacio in bacio a quel piacer mi desta,
Spesso un sol bacio beve che l’alme insieme allaccia e i corpi innesta.
sospir, parola e riso; Vinta allor dal diletto
spesso il bacio vien doppio, e ’l bacio spesso con un sospir se ’n viene
tronco è dal bacio stesso. l’anima al varco, e ’l proprio albergo oblia;
Né sazio avien che lasce ma con pietoso affetto
pur d’aver sete il desir troppo ingordo: la ’ncontra ivi e ritiene
suggo, mordo, rimordo, l’anima amica, che s’oppon tra via;
un bacio fugge, un riede, e ’n lei, ch’arde e desia
un ne more, un succede; già languida e smarrita,
de la morte di quel questo si pasce, d’un vasel di rubin tal pioggia versa
e, pria che mora l’un, l’altro rinasce. di gioia, che sommersa
L’asciutto è caro al core,
il molle è piú soave, in quel piacer gentile,
cui presso ogni altro è vile,
men dolce è quel che mormorando fugge. baciando l’altra, ch’a baciar la ’nvita,
Ma quel, che stampa Amore alfin ne more, e quel morire è vita.
d’ambrosia umido e grave, Deh taci, o lingua sciocca;
i vaghi spirti dolcemente sugge. senti la dolce bocca,
Lasso! ma chi mi strugge che t’appella e ti dice: — Or godi, e taci! —
e, per farti tacer, raddoppia i baci.

SOPRA IL PROPRIO RITRATTO DELL’AUTORE DI MANO DI MICHELAGNOLO DA


CARAVAGGIO
Michelangelo aveva fatto un ritratto di Marino → artisti amici
- Il nome di Michelangelo è spezzato in due e messo in maiuscolo
Il sonetto finisce con io che fa rima con Dio → egocentrismo
Gli elementi costitutivi di questa poesia a partire dall’occasione dell’omaggio di Giambattista
Marino nei confronti di Michelangelo ruotano attorno all’amicizia dei due artisti → serie di
suggestioni che hanno a che fare con l’ambito dell’estetica e dell’identità
Vidi, MICHEL, la nobil tela, in cui in me già morto, immortalarmi in lui.
da la tua man veracemente espresso
vidi un altro me stesso, anzi me stesso Piacemi assai che meraviglie puoi
quasi Giano novel, diviso in dui. formar sì nòve, ANGEL non già, ma Dio:
animar l’ombre, anzi di me far noi.
Io, che ’n virtù d’Amor vivo in altrui,
spero or mi fia (la tua mercé) concesso, Che s’or scarso a lodarti è lo stil mio,
in me non vivo, or ravivarmi in esso, con due penne e due lingue i pregi tuoi
scriverem, canteremo, ed egli, ed io

RIME DEL SIGNOR IERONIMO CONESTAGGIO


Rime di uno delle tante figure prestanti all’arte
- Tema della caduta → scrive mentre vive ad Anversa (centro di scambi internazionali di
commercio intensissimo)

Porsi àgl’ homeri industre audasi piume, E cader poi, nel più superbo Fiume.
Cader volando,e dar poi nome à l'onde,
Far guerra al Ciel, da queste baffe sponde, Cantar ľalmo mio Sol, cader cantando,
E ferito effer poi, dal maggior Nume. Son tutte imprese troppo eccelse, e conte;
Mà l’huom viue immortal tropp'alto osando.
Montar sul carro de l’aurato lume,
Che illumina le Stelle, e le nasconde, E s'icaro, Tifeo, cadde,e Fetonte,
Perder la strada, e gir co i raggi altronde, E viuon pure, anch'io viurò cascando
Forse in Parnaso, ò nel Castalio fonte.

AUTORE IGNOTO
VIII Viva l'ingratitudine mi serba,
Di stupor pieno e d'alta meraviglia
Attonito e smarrito, che poss'io Almen la spiegherò tra me sovente
Che contemplar d'ognun l'ingiusto oblio, In bianchi fogli, che pur disacerba
Stringer le labra ed incarnar le ciglia, La doglia un rimembrarla dolcemente.

Poscia che senza o pallida o vermiglia IX


Faccia, non oso aprire il pensier mio L'instabil mondo mancator di fede
A cui creder non volsi, onde morio Sia pur verso di noi, mia fida carta,
Ver me l'ardor ch'agiuta e che consiglia. Ogni salda promessa pur si parta,
Donde sempre obligata ella si vede.
Ma se sfogar non posso l'ira acerba
Col pensare e tacer che ne la mente E quanto gli altri più ciascuno eccede

CIRO DI PERS
Tempo → orologio
- aspetto metafisico ed esistenziale del tempo che passa (tema della morte di conseguenza)
e tempo come porzione misurabile → afferrabile dalla tecnologia
- stratagemmi retorici di ripetizione, inversione di riproduzione di suono → ticchettio del
tempo, cupo e lungo
- ricerca di un ritmo scandito che richiama la regolarità dell’orologio
OROLOGIO DA ROTE

Mobile ordigno di dentate rote che con voce di bronzo il rio tenore.
lacera il giorno e lo divide in ore
ed ha scritto di fuor con fosche note Perch’io non speri mai riposo o pace
a chi legger le sa: Sempre si more. questo che sembra in un timpano e tromba
mi sfida ogn’or contro a l’età vorace.
Mentre il metallo concavo percuote
voce funesta mi risuona al core e con que’ colpi onde ’l metal rimbomba
né del fato spiegar meglio si puote affretta il corso al secolo fugace
e, perché s’apra, ogn’or picchia a la tomba.

DELLA MISERIA E VANITÀ UMANA


- lunghe strofe sul lamento della vita umana → guerre, bellezza, gerarchie, …
- cupo ritornello alla fine di ogni strofa Misera sorte umana, e che cosa è qua giù che non sia
vana?
LEONARDO QUIRINI
- Probabilmente veneziano → non sappiamo molto su di lui
- autore di poesie d’amore “vezzi

TOMMASO CAMPANELLA

[…] rimedio contra la trina bugia,


io nacqui a debellar tre mali estremi sotto cui tu piangendo, o mondo, fremi.
tirannide, sofismi, ipocrisia; Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,
ond’or m’accorgo con quanta armonia ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno,
Possanza, Senno, Amor m’insegnò Temi. tutti a que’ tre gran mali sottostanno,
Questi principi son veri e sopremi che nel cieco amor proprio, figlio degno
della scoverta gran filosofia, d’ignoranza, radice e fomento hanno.
Dunque a diveller l’ignoranza io vegno.

[da Scritti scelti di Giordano Bruno e di Tommaso Campanella, a cura di Luigi Firpo, Torino 1949,
pp. 315-16; in La letteratura italiana Cecchi-Sapegno, 8. Il Seicento. Bruno, Campanella, Galilei,
ediz. CdS-De Agostini 2005, p. 91]

- brano protocomunista
- Uomini visione di classe → o troppo ricchi o troppo poveri

[Esiste] una disegualità grande negli uomini che, o sono troppo ricchi, il che li fa insolenti, o che
sono troppo poveri, il che li fa invidiosi, ladri e assassini. Imperò che li prezzi dei frumenti e vini e
olio e carne e vestimento s’è cresciuto assai, non negoziandoli gli uomini, onde n’è penuria, ed i
danari si spendono tanto che i poveri non ponno bastare a tanto spendere, e servono o rubano o
vanno in guerra per povertà e non per amore del re e della religione; e abbandonano e cambiano
spesso le insegne, non curandosi far figli né matrimonio per non poter supplire ai tributi e si
sforzano almeno d’esser frati e preti.
[da Opere di T. C. scelte, ordinate ed annotate da Alessandro d’Ancona…, vol. I, Torino 1854, p.
143; in La letteratura italiana Cecchi-Sapegno, 8. Il Seicento. Bruno, Campanella, Galilei, ediz.
CdS-De Agostini 2005, p. 79]

EMANUELE TESAURO
IL CANNOCCHIALE ARISTOTELICO
Opera lunga dal titolo che è già un ossimoro culturale: mette insieme da un lato la spinta scientifica
che attraversa il secolo (cannocchiale) e dall’altro la fa conciliare con la lettura conservatrice
- 1654 la prima edizione e nel 1660 l’ultima
Idea dell’arguta e ingegnosa esecuzione: trattato retorico che serve a tutta l’arte oratoria, l’arte
lapidaria e l’arte simbolica
- è una rassegna dei concetti e degli emblemi (frasette in latino che sintetizzano le virtù della
singola casa nobiliare)
- lettura onnicomprensiva della comprensione umana attraverso le figure retoriche: analisi a
360 gradi sulle modalità della comunicazione umana
Scritto a metà del ‘600 → ha intorno a sé una grande arte
- la poesia barocca è fatta di giochi di parole attraverso i quali scaturisce
l’imprevedibile dell’estetica
- Capitolo 1: argutezza, forma di intelligenza, attraverso cui si comprendono le cose
- ragioni intelligenza: Dio, spiriti, natura, animali e uomini
- Capitolo 4: cagioni formali della arguzia → definizione figure retoriche
- generi della retorica, figure armoniche, patetiche e ingegnose
- Capitolo 7:trattato sulla metafora: trasportare da una parte all’altra
- Indagini sulle origini e modalità dell’intelligenza
- metafore semplici, di proporzione, iperbole, laconismo, di opposizione, di inganno,
di argomenti e concetti ingegnosi
- Capitolo 11: teoremi pratici su come formulare concetti arguti
- Capitolo 12: trattato dei ridicoli → post aristotelico

CARLO GOLDONI
Nasce a Venezia nel 1707 e muore a Parigi nel 1793
- viene espulso dall’università di Pavia → studiava legge e scrive delle cose un po’
impertinenti. Riesce comunque a laurearsi
- inizia a predicare l’arte legale in Toscana (regime in cui è ambientata La Locandiera)
- Si sposta a Parigi per più di 30 anni
Saluta Venezia con “una delle ultime sere di carnevale” → una delle sue opere più malinconiche,
ma al tempo stesso ironica
- Si tiene in contatto con l’italia tramite la traduzione e l’auto traduzione delle sue opere →
autore bilingue (italiano, francese, veneziano)
É inoltre molto attento alla costruzione del proprio personaggio e all autopromozione strategia
comunicativa e promozionale spiccata → le memorie ne sono le prove
- No idea romanzesca
- Memorie per l’istoria della sua vita e del suo teatro
- Autobiografia scritta in francese, ma lo pensa anche in italiano e nello stesso anno
fa uscire anche l’edizione italiana a Venezia
- dedica il mémoire al re luigi 16 → 1787 a Parigi
É indifferente all’aria che si respira a Parigi per la rivoluzione francese e allo stesso tempo si
mostra indifferente anche a ciò che sta accadendo a venezia, quando la repubblica muore → non
ha la consapevolezza delle situazioni che riguardano le sue due patrie
- Capitolo XXXIII: affascinato dalla nascita del giornalismo → giornali: racconti del giorno
- Capitolo XXXIV: indagine sulla città → estremamente moderno
- polizia
- traffico cittadino → lui fa parte dei pedoni, lamento sulle carrozze
Parte prima: figure genitoriali → emerge il suo egocentrismo
- a 10 anni assiste alla sua prima rappresentazione teatrale → se ne innamora
- una delle prime cose che scrive è un canovaccio per il teatro delle marionette
Parte terza: Parigi → Capitolo III: incontri
- durante il soggiorno a parigi entra nel pieno della cultura dell illuminismo, parla del suo
incontro con Diderot e più avanti con rousseau
- Nel capitolo XVIII della terza parte, parla del teatro
- Il mondo teatrale è estremamente variegato
Ha scritto commedie, circa 100, (ne sono pervenute poche) tragedie, tragicommedie
- Goldoni uomo di teatro a tutto tondo → scrive di tutto dalle decine di tragedie, scrive le
tragicommedie (genere misto), intermezzi
- ricordiamo l’opera il commediografo
- È stato anche autore di melodrammi (non ci perviene nulla)
IL TEATRO COMICO: opera interessante che come denuncia già il titolo è un’opera pre
pirandelliana.
- É una commedia su una commedia → forma di metateatro→ strategia abbastanza comune
nelle arti.
- In ambito letterario italiano è un’espressione esplicita di metateatro che nel 900 diventa una
forma quasi canonica
L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE
Si riferisce a Smirne, in Turchia. É una storia abbastanza simile a quella del teatro comico.
- Milionario turco che arriva a Venezia e vuole comprare una compagnia teatrale e, siccome i
teatrali a Venezia se la passano male, decidono di trasferirsi a Smirne e si dà inizio ad una
serie di vicende e battibecchi.
Apertura ai mondi al di fuori della penisola (in questo caso Smirne faceva parte dell’impero
ottoniano e ai tempi era un centro levantino, un centro di cultura molto vivace).
Goldoni mette in scena questa dimensione levantina, mediterranea, ed era molto attento anche a
quello che arrivava dall’inghilterra e dalla Francia (il romanzo).
- Goldoni ha un grande interesse per l’esotismo, ciò che può arrivare dall’estremo oriente
PARTE PRIMA - CAPITOLO V
Legato al viaggio infantile da Chioggia a Venezia.
- Il padre lo affida a questa compagnia di teatranti che vanno a Venezia, dove lo aspetta la
madre.
- Si imbarca a Rimini, sul barcone dei commedianti e verrà travolto e affascinato dalla
compagnia.
PARTE PRIMA - CAPITOLO XLV
Arriva a Bologna con la moglie.
- É appena stato derubato e va via da Venezia
É uno dei momenti in cui parla di sé e del suo stato d’animo, che è assolutamente inconsueto per
Goldoni.
- Di solito la sua narrazione è sempre proiettata verso l’esterno, verso le trame e i
personaggi
- “Malinconico, pensoso, immerso nel cordoglio”
- la moglie lo consola
Si entra nell’officina di goldoni, ci racconta come nascono le sue opere che spesso erano su
commissione
- Aveva ricevuto la richiesta di una commedia senza donne da parte dei gesuiti.
PARTE SECONDA - CAPITOLO III
Nella parte finale si parla del dialetto veneziano
Nella sua vita ci sono 3 aspetti che vanno ricordati: Goldoni è l’autore di una riforma, cioè il
passaggio dal teatro delle maschere alla commedia scritta.
- Di questa riforma parla abbastanza poco nelle sue memorie e parla poco delle sue fiere
polemiche con due personaggi del mondo teatrale veneto-veneziano che erano i fratelli
Gozzi (carlo e gaspare) e un altro autore di romanzi Chiari
- Quello con Carlo Gozzi è uno scontro molto aspro
PARTE SECONDA - CAPITOLO XVII
Parla del suo vagare tra i teatri di Venezia. Ci fa capire l’aspetto produttivo ed economico
dell’Europa del tempo
- Goldoni è scrittore e capocomico (regista)
- Fine del ‘700
Due attrici → una giovane e una più vecchia.
Aspetto dell’happy ending
LA BOTTEGA DEL CAFFÈ
PARTE SECONDA - CAPITOLO XXIII
Trilogia della Villeggiatura → finale non felice
Mette in scena una delle sue commedie “il vecchio bizzarro” che ha fatto un flop
- cosa succede dietro le quinte delle commedie
- Racconto di critiche alla veneziana
Per vendicarsi delle critiche scrive un’altra opera da mettere in scena: “ il festino”
PARTE SECONDA - CAPITOLO XXXIX
Il carnevale di Roma - 1787
- Leggendo quest’opera ci confrontiamo con un grande artista che si muove con libertà e
grande agio lungo tutta la penisola (senz’altro da Venezia a Roma= e la sua opera, il tuo
teatro, viene accolto più o meno favorevolmente in tutta Italia e questo ci deve far riflettere
sia da un punto di vista politico che storico.
- L’italia a quei tempi era completamente divisa
- Di questa situazione non solo goldoni non ne parla assolutamente, perché è del
tutto inconsapevole perché non esiste in tutta la vita di Goldoni e nel suo mondo
questo desiderio di unificazione nazionale. Noi veniamo confrontati con un ambiente
che è diviso dal punto di vista amministrativo ma completamente intercomunicante,
è unito dal punto di vista culturale, della lingua, del costume e degli spostamenti

GIUSEPPE PARINI
Figlio dell’illuminismo milanese → autore illuminista attivo nella seconda metà del ‘700
- Nato tra Milano e Lecco
- Due anni dopo la sua morte (1799 - 1801) Milano è sotto i francesi ed è stata instaurata nel
nord italia la repubblica cisalpina → vi è anche l’epidemia. Viene scoperto il vaccino contro
il vaiolo e la repubblica cisalpina raccomanda la somministrazione di questo vaccino.
Era un chierico → non sono pochi gli illuministi che vengono dalla classe clericale, nell'Europa del
‘700
- Autore molto meno profetico di Goldoni, che possiamo ricordare per due opere “le odi” e “il
giorno”
- Primo insegnante a Brera
- Parini non è un autore facile, è un autore lucido ma la realtà è complessa. → critica la
classe dirigente milanese del tempo ma allo stesso tempo è affascinato da essa

L’INNESTO DEL VAIUOLO


Pubblicata 5 anni prima della circolazione del vaccino
- Dedicata ad un dottore genovese attivo nel nord italia che fu uno dei primi diffusori del
vaccino
- Parini diventa poeta impegnato nel sociale, prende un tema che è lontanissimo dai temi
consueti della poesia → della vita sociale non si parlava mai.
LE ODI
Raccolta di poesie → temi inediti, nuovi, riformisti (lode alla prima donna laureata in legge)
- Il tutto espresso in un linguaggio neoclassico → si inventa un modo di esprimersi, di suo
cogno.
- Parini si insinua a livello estetico e culturale tra illuminismo e neoclassicismo
- Fa parte dell’Accademia dei trasformati, accademia di centro sinistra moderato,
l’accademia della sinistra estremista (accademia dei pugni)
- Genere poetico che viene dalla tradizione greca e che verrà poi sistematizzato da Carducc
Forma metrica a cui parini da piena dignità espressiva: l’endecasillabo sciolto (senza rima)
- L’abbiamo visto nei sermoni di Chiabrera ma in verità questo modulo espressivo attraversa
tutta la storia letteraria italiana
- Uno dei migliori esempi di endecasillabo sciolto è il precedente a Dante “mare amoroso”
scritto intorno al ‘70/’80
- Viene ripresa da un grande sperimentatore e autore del 1400 → Leon Battista Alberti
- ha scritto un trattato sulla famiglia
- Sociologo, teorico dell’arte e grande poeta → intellettuale a 360°
- Nel 500 l’endecasillabo sciolto veniva usato, prima di parini, come verso delle traduzioni in
poesia → traduzioni che venivano da latino
- cercava di mimare la metrica classica che non aveva rime
- viene tradotto Virgilio → prima traduzione delle Eneide e le traduzioni delle
bucoliche
- Nel 700 e 800 viene usata per la traduzione dell’Odissea e dell'iliade
- Questa metrica diventa una sorta di sigla per la poesia illuminista, per parlare di
problemi sociali
- Esce a Venezia una raccolta di 3 poeti settecenteschi: Bettinelli, Frugoni e
Algarotti
IL GIORNO
Opera peculiare e personale, la voce, il suono e lo stile è così caratterizzato che non avrà un
seguito
- Racconta un giorno, un modulo ricorrente nell’arte.
- un giorno diviso in 4 parti (mattina, mezzogiorno, sera,notte)
- le prime due parti escono tra il 1763 e il 1765 (stessa data in cui escono i fogli del
“caffè”)
- le altre due parti non vengono mai portate a termine dall’artista che si portò avanti
questo progetto per tutta la vita.
- la parte del poema in cui, secondo il parere del critico Attilio Momigliano, si
vedono compiute ciò che lui definisce essere le due facce di Parini, cioè
quella del demolitore e dal contare nella società.
- Manoscritto conservato alla biblioteca ambrosiana
Questo modulo dell’osservazione satirica della società contemporanea aveva un antecedente che
era l’opera del grande artista londinese William Hogarth → divisa in 4 pannelli
Nel Giorno parini presta molta attenzione alla valorizzazione dell'aspetto percettivo della
sensibilità.
- Parini utilizza gli aggettivi in maniera molto pregnante e densa, un uso della sintassi
latineggiante e complesso, in un certo modo simile a Boccaccio, egli ha un modo di
utilizzare le parole ripetitivo e ritmico.
- Da Voltaire prende dei procedimenti micromegalici, dal molto grande al molto piccolo, usa
le figure mitologiche ma al tempo stesso ne mostra la futilità e l'inconsistenza educata e
raffinata.
- Sia il mattino che il pomeriggio contano lo stesso numero di versi, con i versi della notte
raggiungevano il numero 700.
- La poesia di Parini si situa a metà tra illuminismo e neoclassicismo:
- Illuminismo: soprattutto nel giorno, l’autore, mostra grande attenzione alla
valorizzazione dell’aspetto percettivo della sensibilità
- Nel descrivere gli eventi comuni (es festa) vengono sottolineate le diverse
sollecitazioni che si hanno a livello sensoriale
- vi erano alcuni filosofi (tradotti in italiano) che lui leggeva e di cui
condivideva il pensiero
- neoclassicismo: Parini dichiara il suo interesse e ispirazione esplicitamente in
alcune lezioni di letteratura/estetica.
In questo brano usa moltissimi vocaboli
- Uso della sintassi latineggiante
- Parini usa le figure mitologiche ma allo stesso tempo le prende in giro
Tutta la storia è raccontata dal suo precettore, il “giovin signore” → protagonista narratore senza
nome
Diramazione e compresenza di due dimensioni temporali → l’idea di tempo è riportata spesso (lo
vediamo anche solo nel titolo). Distinzione tempo della storia e tempo del racconto:
- Storia: relativamente breve
- Racconto: è più lungo → la durata della giornata si percepisce molto più lunga
→ LA NOTTE
Si tratta di una parte incompiuta, il mattino e il pomeriggio contano quasi lo stesso 1170 mentre i
versi della notte sono 770.
- Il tutto narra di una notte di festa e gioco, della padrona di casa dei suoi ospiti e terminerà
con la descrizione delle carte da gioco
Sola in tanto rumor tacita siede Ne i genitor, ne' convitati, a mensa
La matrona del loco: e chino il fronte Ben cicalando ecciterai stupore
E increspate le ciglia, i sommi labbri Bella fra i lari tuoi vergin straniera!
Appoggia in sul ventaglio, arduo pensiere Errai. Nel suo pensier volge di cose
Macchinando tra sè. Medita certo L'alta madre d'eroi mole più grande:
Come al candor come al pudor si deggia E nel dubbio crudel col guardo invoca
La cara figlia preservar, che torna De le amiche l'aita; e a sè con mano
Doman da i chiostri, ove il sermon d'Italia Il fido cavalier chiede a consiglio.
Pur giunse ad obliar, meglio erudita Qual mai del gioco a i tavolier diversi
De le Galliche grazie. Oh qual dimane Ordin porrà, che de le dive accolte
Nulla obliata si dispetti; e nieghi Qui di pochi e di brevi. Altri combatte;
Più qui tornare ad aver scorno ed onte? Altri sta sopra a contemplar gli eventi
Come, con pronto antiveder, del gioco De la instabil fortuna e i tratti egregi
Il dissimil tenore a i genj eccelsi Del sapere o dell'arte. In fronte a tutti
Assegnerà conforme; ond'altri poi Grave regna il consiglio: e li circonda
Non isbadigli lungamente, e pianga Maestoso silenzio. Erran sul campo
Le mal gittate ore notturne, e lei Agevoli ventagli, onde le dame
De lo infelice oro perduto incolpi? Cercan ristoro all'agitato spirto
Qual paro e quale al tavolier medesmo Dopo i miseri casi. Erran sul campo
E di campioni e di guerriere audaci Lucide tabacchiere. Indi sovente
Fia che tra loro a tenzonar congiunga; Un'util rimembranza un pronto avviso
Sì che giammai, per miserabil caso, Con le dita si attigne: e spesso volge
La vetusta patrizia, ella e lo sposo I destini del gioco e de la veglia
Ambo di regi favolosa stirpe, Un atomo di polve. Ecco sen ugne
Con lei non scenda al paragon, che al grado La panciuta matrona intorno al labbro
Per breve serie di scrivani or ora Le calugini adulte: ecco sen ugne
Fu de' nobili assunta: e il cui marito Le nari delicate e un po' di guancia
Gli atti e gli accenti ancor serba del monte? La sposa giovinetta. In vano il guardo
Ma che non può sagace ingegno e molta D'esperto cavalier, che già su lei
D'anni e di casi esperienza? Or ecco Medita nel suo cor future imprese,
Ella compose i fidi amanti; e lungi Le domina dall'alto i pregi ascosi:
De la stanza nell'angol più remoto E in van d'un altro timidetto ancora
Il marito costrinse, a dì sì lieti Il pertinace piè l'estrema punta
Sognante ancor d'esser geloso. Altrove Del bel piè le sospigne. Ella non sente
Le occulte altrui, ma non fuggite all'occhio O non vede o non cura. Entro a que' fogli,
Dotto di lei benchè nascenti a pena Ch'ella con man sì lieve ordina o turba,
Dolci cure d'amor, fra i meno intenti De le pompe muliebri a lei concesse
O i meno acuti a penetrar nell'alte Or s'agita la sorte. Ivi è raccolto
Dell'animo latèbre, in grembo al gioco Il suo cor la sua mente. Amor sorride;
Pose a crescer felici: e già in duo cori E luogo e tempo a vendicarsi aspetta.
Grazia e mercè de la bell'opra ottiene. Chi la vasta quiete osa da un lato
Qua gl'illustri e le illustri; e là gli estremi Romper con voci successive or aspre
Ben seppe unir de' novamente compri Or molli or alte ora profonde, sempre
Feudi, e de' prischi gloriosi nomi Con tenore ostinato al par di secchi,
Cui mancò la fortuna. Anco le piacque Che scendano e ritornino piagnenti
Accozzar le rivali, onde spiarne Dal cupo alveo dell'onda; o al par di rote,
I mal chiusi dispetti. Anco per celia Che sotto al carro pesante, per lunga
Più secoli adunò, grato aspettando Odansi strada scricchiolar lontano?
E per gli altri e per sè riso dall'ire L'ampia tavola è questa, a cui s'aduna
Settagenarie, che nel gioco accense Quanto mai per aspetto e per maturo
Fien, con molta raucedine e con molto Senno il nobil concilio ha di più grave
Tentennar di parrucche e cuffie alate. O fra le dive socere o fra i nonni
Già per l'aula beata a cento intorno O fra i celibi già da molti lustri
Dispersi tavolier seggon le dive Memorati nel mondo. In sul tapeto
Seggon gli eroi, che dell'Esperia sono Sorge grand'urna, che poi scossa in volta
Gloria somma o speranza. Ove di quattro La dovizia de' numeri comparte
Un drappel si raccoglie: e dove un altro Fra i giocator, cui numerata è innanzi
Di tre soltanto. Ivi di molti e grandi D'immagini diverse alma vaghezza.
Fogli dipinti il tavolier si sparge: Qual finge il vecchio, che con man la negra
Sopra le grandi porporine brache Che, col pugno posato al fesso legno,
Veste raccoglie; e rubicondo il naso Sovra la punta dell'un piè s'innoltra;
Di grave stizza alto minaccia e grida E la succinta natica rotando,
L'aguzza barba dimenando. Quale Altrui volge faceto il nero ceffo.
Finge colui, che con la gobba enorme Nè d'animali ancor copia vi manca,
E il naso enorme e la forchetta enorme O al par d'umana creatura l'orso
Le cadenti lasagne avido ingoia. Ritto in due piedi, o il miccio, o la ridente
Quale il multicolor zanni leggiadro, Simmia, o il caro asinello, onde a sè grato
E giocatrici e giocator fan speglio.

VITTORIO ALFIERI
Alfieri è stato l’autore della più efficace e interessante autobiografia della storia della letteratura
italiana.
- La letteratura è forse l’unica forma d’arte in cui - in maniera esplicita o meno - si può
parlare esplicitamente di IO [prima persona]. Dire questo, per uno scrittore, significa
sovrastare quel sentimento di falsità e inventiva che generalmente pervade questa materia
e, al contrario, mettersi a nudo di fronte a questa disciplina.
- L’autobiografia di Goldoni, ad esempio, è diversa poiché caratterizzata dal desiderio di
narrazione della propria vicenda personale.
Alfieri è anche l’autore più significativo per quanto riguarda il genere tragico.
- presente sin dal ‘200 ma - per una serie di motivi non scientifici / spiegabili - non ha mai
seriamente posto le sue radici nella cultura letteraria sino a Dante [ci sono chiaramente
esempi di tragedie anche precedenti al sommo poeta].
- Il genere tragico, poi, viene a poco a poco riscoperto durante il Cinquecento e, insieme alla
commedia con Ariosto e Machiavelli, anche la tragedia viene fatta rinascere > in questo
caso, però, si parla di poeti / compositori MINORI (corte di Ferrara degli Estensi).
- Ebbe una grande ripresa con Federico della Valle nel ‘600 (Giuditta e Oloferne)
- Hanno spesso contenuto politico (contemporaneità, divisioni, società civile) o riprendono
delle vicende mitologiche (la mirra) o bibliche
Scrive “Saul” (tragedia con argomento biblico) e La Mirra
Alfieri è vicino a due grandi autori con cui si confronta: Shakespeare e Rassin
- Tragedie storiche di storia moderna più che antica
- principe del genere tragico
Scrive tragedie da camera e ebbe molta fortuna in questo campo, poiché i suoi testi sono sempre
stati pensati come da leggere, infatti vennero poco rappresentati.
- Sulla scia della sua autorevolezza, per diverso tempo la tragedia va incontro ad una sorta
di rinascita e tutti gli scrittori italiani successivi tentano di comporne qualcuna (Vincenzo
Monti, Foscolo, Manzoni [L’Adelchi, Il Conte di Carmagnola] > tutte tragedie con una
difficile fortuna scenica.
- La tragedia, poi, arriverà sino a D’Annunzio, il quale scrive sì tragedie, ma in maniera
completamente nuova e diversa.
- Il genere tragico, in seguito, rimane un po’ un’ossessione per la letteratura italiana, ma è
come se l’animo italico non trovasse terreno fertile in questo ambito.
Opere che si impongono nel ‘900:
- “La luna e il falò” di Cesare pavese →la figura femminile è vittima sacrificale della divisione
tra fascisti e resistenti
- “il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio
- “tragedia di un uomo ridicolo” di Tognazzi → propone già nel titolo l’ossimoro della vicenda.
Alfieri scrive “MIRRA” → Scommette su una dizione molta alta, colta e scritta della tragedia, che si
sviluppa tramite il contenuto non sempre semplice (ruota attorno al tabù dell’incesto)
- Mirra, nella sua difficoltà di vivere, si consuma e muore
Deriva da “la metamorfosi” di Ovidio → qui si spinge agli estremi, sia nel male (Giace con il padre
12 notti e rimane incinta) che nel bene (gli Dei la perdonano trasformandola in pianta).
- Alfieri cambia questa cosa → lei è umana e la metamorfosi è la morte.
La Mirra → “tragedia del silenzio”, “dramma dell’incomunicabilità” → i due personaggi, il padre e la
figlia, parlano di sé e dell’altro→ alternarsi di prime e terze persone.
- Osservazioni di sé al di fuori
Oltre a questo, Alfieri utilizza in maniera elaborata il verso (endecasillabo frammentato), funzionale
all’espressione di un dramma profondo e a dir poco incomunicabile (lessico aulico). Il soliloquio
iniziale è molto lungo come possiamo notare. (es. brando invece che spada)
- uso particella pronominale proclitica

ATTO I: appaiono sulla scena la madre Cecri e la nutrice di Mirra Euriclea, che discutono sulla
sofferenza della giovane ragazza. Cecri teme che la causa del dolore della figlia sia lei stessa,
poiché fierissima di avere una ragazza così bella, suscitando l’ira di Venere. Nella seconda parte
dell'atto vediamo il padre Ciniro che, affranto, si dice pronto ad evitare la promessa di matrimonio
tra Mirra e Pereo, figlio del re dell'Epiro.
ATTO II: Il secondo atto si apre con un dialogo tra Ciniro e Pereo, in cui Pereo ammette di notare
comportamenti strani e lontani dal desiderio di matrimonio da parte di Mirra. Nella seconda scena
Mirra ammette che il matrimonio le procurerà un dolore infinito, per l'allontanamento dai genitori,
sottolineando quindi di non amare affatto Pereo. Pereo, resosi conto della situazione, si rende
disponibile ad annullare le nozze. Mirra disperata si sfoga con la nutrice ed Euriclea si rende conto
che, in realtà, Mirra soffre per un amore inconfessabile che le reca dolore e affanno.
ATTO III: parlando coi genitori Mirra trova una scusa e ammette che il suo comportamento sia
gravemente messo a dura prova da incubi e fantasmi tremendi che le tormentano il sonno. Mirra -
nonostante la sofferenza - convince i genitori a non annullare il matrimonio.
ATTO IV: inizia la celebrazione delle nozze di fronte al popolo, Mirra si sente oppressa e forse
misteriose la inducono ad ammettere che per lei questo matrimonio è sinonimo di morte. La
cerimonia si interrompe, il futuro marito scappa disperato e il padre - adirato ma al contempo
incapace di osservare la figlia così sovrastata dal dolore - si ritira. La madre viene trattata
malamente da Mirra (vista come una rivale in amore), ma Cecri ancora non si rende conto
dell’atroce segreto che la figlia cela.
ATTO V: Pereo (promesso sposo di mirra) si è ucciso per il dolore e il padre di mirra ne da il triste
annuncio. Successivamente, Ciniro parla con Mirra e cerca di captare la causa del dolore della
figlia tramite una serie di domande. Mirra tenta per l'ultima volta di nascondere il suo disumano
amore per il padre. Ciniro, udendo la confessione di Mirra, rimane pietrificato da quella tremenda
rivelazione, mentre Mirra si lancia verso di lui strappandogli la spada con la quale si trafigge.
Accorrono la madre e la nutrice, che riescono solo a sentire le ultime tragiche parole di Mirra
che dirà l´orbo padre? ei lo attendeva
SCENA I sposo, e felice; ed or di propria mano
CINIRO estinto, esangue corpo, innanzi agli occhi
Ciniro ei recar sel vedrà. — Ma, sono io padre
Oh sventurato, oh misero Perèo! men di lui forse addolorato? è vita
troppo verace amante!... Ah! s´io più ratto quella, a cui resta, infra sue furie atroci,
al giunger era, il crudo acciaro forse
tu non vibravi entro al tuo petto. — Oh cielo! la disperata Mirra? è vita quella,
a cui l´orrido suo stato noi lascia? —
Ma, udirla voglio: e già di ferreo usbergo rea ti senti tu stessa. Il tuo più grave
armato ho il core. Ella ben merta (e il vede) fallo, è il tacer col padre tuo: lo sdegno
il mio sdegno; ed in prova, al venir lenta quindi appien tu ne merti; e che in me cessi
mostrasi: eppur, dal terzo messo ella ode l´immenso amor, che all´unica mia figlia
già il paterno comando. — Orribil certo, io già portai. — Ma che? tu piangi? e tremi?
e rilevante arcano havvi nascoso e inorridisci?... e taci? — A te fia dunque
in questi suoi travagli. O il vero udirne l´ira del padre insopportabil pena?
dal di lei labro io voglio, o mai non voglio,
mai più, vederla al mio cospetto innante... Mirra
Ma, (oh ciel!) se forza di destino, ed ira Ah!... peggior... d´ogni morte...
di offesi Numi a un lagrimar perenne
la condanna innocente, aggiunger deggio Ciniro
l´ira d´un padre a sue tante sventure? Odimi. — Al mondo
E abbandonata, e disperata, a lunga favola hai fatto i genitori tuoi,
morte lasciarla?... Ah! mi si spezza il core... quanto te stessa, coll´infausto fine
Pure, il mio immenso affetto, in parte almeno, che alle da te volute nozze hai posto.
ora è mestier, ch´io per la prova estrema, Già l´oltraggio tuo crudo i giorni ha tronchi
le asconda. In suon di sdegno ella finora del misero Perèo...
mai non mi udia parlarle: il cor sì saldo,
no, donzella non ha, che incontro basti Mirra
al non usato minacciar del padre. — Che ascolto? Oh cielo!
Eccola al fine. — Oimè! come si avanza
a tardi passi, e sforzati! Par, ch´ella Ciniro
al mio cospetto a morire sen venga Perèo, sì, muore; e tu lo uccidi. Uscito
del nostro aspetto appena, alle sue stanze
SCENA II solo, e sepolto in un muto dolore,
CINIRO, MIRRA ei si ritrae: null´uomo osa seguirlo.
Ciniro Io, (lasso me!) tardo pur troppo io giungo...
— Mirra, che nulla tu il mio onor curassi, Dal proprio acciaro trafitto, ei giacea
creduto io mai, no, non l´avrei; convinto entro un mare di sangue: a me gli sguardi
me n´hai (pur troppo!) in questo dì fatale pregni di pianto e di morte inalzava;...
a tutti noi: ma, che ai comandi espressi, e, fra i singulti estremi, dal suo labro
e replicati del tuo padre, or tarda usciva ancor di Mirra il nome. — Ingrata...
all´obbedir tu sii, più nuovo ancora
questo a me giunge. Mirra
Mirra Deh! più non dirmi... Io sola, io degna sono,
... Del mio viver sei di morte... E ancor respiro?...
signor, tu solo... Io de´ miei gravi,... e tanti
falli... la pena... a te chiedeva,... io stessa,... Ciniro
or dianzi,... qui... — Presente era la madre;... Il duolo orrendo
deh! perché allor... non mi uccidevi?... dell´infelice padre di Perèo,
io che son padre ed infelice, io solo
Ciniro sentir lo posso: io ´l so, quanto esser debba
È tempo, lo sdegno in lui, l´odio, il desio di farne
tempo ormai, sì, di cangiar modi, o Mirra. aspra su noi giusta vendetta. — Io quindi,
Disperate parole indarno muovi; non dal terror dell´armi sue, ma mosso
e disperati, e in un tremanti, sguardi dalla pietà del giovinetto estinto,
al suolo affissi indarno. Assai ben chiara voglio, qual de´ padre ingannato e offeso,
in mezzo al dolor tuo traluce l´onta; da te sapere (e ad ogni costo io ´l voglio)
la cagion vera di sì orribil danno. — (pur ch´io potessi vederti felice!)
Mirra, invan me l´ascondi: ah! ti tradisce capace io son d´ogni inaudito sforzo
ogni tuo menom´atto. — Il parlar rotto; per te, se la mi sveli. Ho visto, e veggo
lo impallidire, e l´arrossire; il muto tuttor, (misera figlia!) il generoso
sospirar grave; il consumarsi a lento contrasto orribil, che ti strazia il core
fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante; infra l´amore, e il dover tuo. Già troppo
e il confonderti incerta; e il vergognarti, festi, immolando al tuo dover te stessa:
che mai da te non si scompagna:... ah! tutto, ma, più di te possente, Amor nol volle.
sì tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;... La passion puossi escusare; ha forza
son figlie in te le furie tue... d´amore. più assai di noi; ma il non svelarla al padre,
che tel comanda, e ten scongiura, indegna
Mirra d´ogni scusa ti rende.
Io?... d´amor?... Deh! nol credere...
T´inganni. Mirra
Ciniro — O Morte, Morte,
Più il nieghi tu, più ne son io convinto. cui tanto invoco, al mio dolor tu sorda
È certo in un son io (pur troppo!) omai, sempre sarai?...
ch´esser non puote altro che oscura fiamma,
quella cui tanto ascondi. Ciniro
Deh! figlia, acqueta alquanto,
Mirra animo acqueta: se non vuoi sdegnato
Oimè!... che pensi?... contra te più vedermi, io già nol sono
Non vuoi col brando uccidermi;... e coi detti... più quasi omai; purché tu a me favelli.
mi uccidi intanto... Parlami deh! come a fratello. Anch´io
conobbi amor per prova: il nome.
Ciniro
E dirmi pur non l´osi, Mirra
che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo Oh cielo!...
anco ardiresti, io ti terria spergiura. — Amo, sì; poiché a dirtelo mi sforzi;
Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo io disperatamente amo, ed indarno.
non potea pur l´incomparabil, vero, Ma, qual ne sia l´oggetto, né tu mai,
caldo amator, Perèo? — Ma, il turbamento né persona il saprà: lo ignora ei stesso...
cotanto è in te;... tale il tremor; sì fera ed a me quasi io ´l niego.
la vergogna; e in terribile vicenda,
ti si scolpiscon sì forte sul volto; Ciniro
che indarno il labro negheria... Ed io saperlo
e deggio, e voglio. Né a te stessa cruda
Mirra esser tu puoi, che a un tempo assai nol sii
Vuoi dunque... più ai genitori che ti adoran sola.
farmi... al tuo aspetto... morir... di Deh! parla; deh! — Già, di crucciato padre,
vergogna?... vedi ch´io torno e supplice e piangente:
E tu sei padre? morir non puoi, senza pur trarci in tomba. —
Qual ch´ei sia colui ch´ami, io ´l vo´ far tuo.
Ciniro Stolto orgoglio di re strappar non puote
E avvelenar tu i giorni, il vero amor di padre dal mio petto.
troncarli vuoi, di un genitor che t´ama Il tuo amor, la tua destra, il regno mio,
più che se stesso, con l´inutil, crudo, cangiar ben ponno ogni persona umìle
ostinato silenzio? — Ancor son padre: in alta e grande: e, ancor che umìl, son certo,
scaccia il timor; qual ch´ella sia tua fiamma,
che indegno al tutto esser non può l´uom Mirra
ch´ami. Oh dura,
Te ne scongiuro, parla: io ti vo´ salva, fera orribil minaccia!... Or, nel mio estremo
ad ogni costo mio. sospir, che già si appressa,... alle tante altre
furie mie l´odio crudo aggiungerassi
Mirra del genitor?... Da te morire io lungi?...
Salva?... Che pensi?... Oh madre mia felice!... almen concesso
Questo stesso tuo dir mia morte affretta... a lei sarà... di morire... al tuo fianco...
Lascia, deh! lascia, per pietà, ch´io tosto
da te... per sempre... il piè... ritragga... Ciniro
Che vuoi tu dirmi?... Oh! qual terribil lampo,
Ciniro da questi accenti!... Empia, tu forse?...
O figlia
unica amata; oh! che di´ tu? Deh! vieni Mirra
fra le paterne braccia. — Oh cielo! in atto Oh cielo!
di forsennata or mi respingi? Il padre che dissi io mai?... Me misera!... Ove sono?
dunque abborrisci? e di sì vile fiamma Ove mi ascondo?... Ove morir? — Ma il
ardi, che temi... brando
tuo mi varrà...[2]
Mirra
Ah! non è vile;... è iniqua Ciniro
la mia fiamma; né mai... Figlia... Oh! che festi? il ferro...

Ciniro Mirra
Che parli? iniqua, Ecco,... or... tel rendo... Almen la destra io
ove primiero il genitor tuo stesso ratta
non la condanna, ella non fia: la svela. ebbi al par che la lingua.

Mirra Ciniro
Raccapricciar d´orror vedresti il padre, ... Io... di spavento,...
se la sapesse.. Ciniro... e d´orror pieno, e d´ira,... e di pietade,...
immobil resto.
Ciniro
Che ascolto! Mirra
Oh Ciniro!... Mi vedi...
Mirra presso al morire... Io vendicarti... seppi,...
Che dico?... ahi lassa!... non so quel ch´io e punir me... Tu stesso, a viva forza,
dica... l´orrido arcano... dal cor... mi strappasti...
Non provo amor... Non creder, no... Deh! ma, poiché sol colla mia vita... egli esce...
lascia, dal labro mio,... men rea... mi moro...
te ne scongiuro per l´ultima volta,
lasciami il piè ritrarre. Ciniro
Oh giorno!
Ciniro Oh delitto!... Oh dolore! — A chi il mio
Ingrata: omai pianto?...
col disperarmi co´ tuoi modi, e farti
del mio dolore gioco, omai per sempre Mirra
perduto hai tu l´amor del padre. Deh! più non pianger;... ch´io nol merto... Ah!
sfuggi
mia vista infame;... e a Cecri... ognor... Ciniro
nascondi... Ti arretra...
Inorridisci... Vieni... Ella... trafitta,
Ciniro di propria man, s´è col mio brando...
Padre infelice!... E ad ingoiarmi il suolo
non si spalanca?... Alla morente iniqua Cecri
donna appressarmi io non ardisco;... eppure, E lasci
abbandonar la svenata mia figlia così tua figlia?... Ah! la vogl´io...
non posso...
Ciniro
SCENA III Più figlia
CECRI, EURICLEA, CINIRO, MIRRA non c´è costei. D´infame orrendo amore
Cecri ardeva ella per... Ciniro...
Al suon d´un mortal pianto...
Cecri
Ciniro Che ascolto? —
Oh cielo![3] Oh delitto!...
non t´inoltrar...
Ciniro
Cecri Deh! vieni: andiam, ten priego,
Presso alla figlia... a morir d´onta e di dolore altrove.

Mirra Cecri
Oh voce! Empia... — Oh mia figlia!...

Euriclea Ciniro
Ahi vista! nel suo sangue a terra giace Ah! vieni...
Mirra?...
Cecri
Cecri Ahi sventurata!...
La figlia?... né più abbracciarla io mai?...[4]

Ciniro SCENA IV
Arretrati... MIRRA, EURICLEA
Mirra
Cecri
Svenata!... Quand´io... tel... chiesi,...
Come? da chi?... Vederla vo´... darmi... allora,... Euriclèa, dovevi il ferro...
io moriva... innocente;... empia... ora...
muoio..

GIACOMO LEOPARDI
Leopardi ha lavorato a più riprese su due opere in particolare: “Canti” e “operette morali” + altre
produzioni tra cui commenti letterari (alcuni lo considerano anche un filosofo, prosatore,
compositore e via dicendo).
- Intellettuale a tutto campo - poeta e prosatore non romanziere
I Canti, come lui afferma nello Zibaldone (sua opera non pubblicata), in realtà si chiamano “Canti”,
in maniera molto generica, vaga ed indefinita → la sua poetica, non a caso, viene indicata come la
poetica dell’indefinito (lui essendo filologo ci teneva molto a queste sfumature della lingua).
- Su quest’opera lui ha lavorato duramente sia a livello linguistico, che a livello di
ordinamento (posizione degli scritti).
- Queste due opere, infatti, sono composte da tantissimi segmenti diversi ordinati dallo
stesso Giacomo.
- “Canti” escono nel 1831 e 1835, mentre le “Operette” nel 1827 a Milano (editore Stella;
anno in cui viene pubblicata la prima edizione dei Promessi Sposi) e nel 1834 a Napoli (in
ambedue i casi, sia la seconda versione dei Canti che delle Operette mostra qualche
modifica a livello di ordinamento).
- Per le Operette, a dire il vero, lui aveva già pronta una terza edizione ma che uscirà
postuma nel 1845, a cura di Antonio Ranieri (amico fidato) → l’edizione che leggiamo noi
oggi.
- Esiste anche una storia precedente alle prime edizioni di queste opere; infatti, alcune
poesie ed operette vennero pubblicate prima del ’31 e del ’27.
Leopardi possiede tre radici culturali dalle quali attinge: quella classica, quella della tradizione
italiana e quella legata alla filosofia.

Lettera in cui Giacomo dedica la prima pubblicazione dei Canti ai suoi amici toscani - 1831

La lettera dedicatoria che Leopardi scrive per la pubblicazione della prima edizione dei Canti, nel
1824 → canzoni petrarchesche (perchè iniziate con citazioni di Petrarca) con cui anticipa i Canti
stessi.
- Canzoni - 1824 Bologna, sotto l’editore Nobili
- Avendo iniziato, negli anni ’20 dell’Ottocento, a lavorare presso l’editore Stella per
scampare alla disciplina del padre Monaldo, gli viene affidata un’edizione commentata del
Canzoniere di Petrarca.
Nel 1826, invece, Leopardi pubblica i Versi, sempre a Bologna, con lo stesso editore che però ora
si chiama “la Stamperia delle Muse”
- nello stesso anno fa uscire le prime tre operette sia a Milano (dall’editore Stella) che a
Firenze (sulla rivista “Antologia Vieusseux")
- racconti apologhi o fiabe
- una dedicata a Tasso e uno a Cristoforo Colombo
Nel 1827, oltre al volume delle Operette, viene pubblicata un’antologia dedicata alla prosa, sempre
per l’editore Stella
Nel 1828, quella dedicata alla poesia (antologie interessanti per capire, in base alle scelte di
Leopardi, quali fossero le sue inclinazioni).
Nel 1831, grazie a Guglielmo Piatti (tipografo che operava tra Firenze e Livorno + era in contatto
con NYC con Lorenzo Da Ponte, librettista di Mozart), vengono pubblicati i Canti, a Firenze.
- Piatti aveva pubblicato anche per Foscolo
Nel 1834, esce la seconda edizione accresciuta delle Operette, sempre tramite Piatti.
- Nel frattempo, Giacomo - che di salute era molto cagionevole - si trasferisce a Napoli con
Ranieri, dove morirà nel 1837
- Quasi in contemporanea, mette in cantiere una terza edizione delle Operette
- Doveva uscire in due volumi: si hanno le bozze che vennero inviate alla censura di
Napoli →all’epoca regnavano i Borbone, si doveva far fronte ad una fortissima
censura e ad un ambiente reazionario
- non vengono stampate perché espressione di una filosofia materialista non
creazionista e non cristiana → su motivazione ideologiche non viene
stampata
- Verranno stampate a Firenze, in un contesto ideologico più aperto, postume
grazie a Ranieri e all’editore Lemonnier - all’interno di una serie di volumi
dedicati in generale alle opere di Leopardi.
Nel presentare il libro, Leopardi, dichiara quanto la stessa pubblicazione del libro abbia un
significato intimo e profondo:
- sia dedicato a voi questo libro → amici, rappresentanti dell'intellighenzia liberale, che lo
avevano accolto e ascoltato
- due erano degli abati/ figure ecclesiastiche in parte vicine ma anche, come profilo
intellettuale, lontane da Leopardi → Vincenzo Gioberti, ordine dei gesuiti, (con cui si
scambia parecchie lettere) e l’abate Pietro Giordani (che svolse un po’ il compito di
mentore e protettore di Leopardi)
- consacrare il mio dolore → contiene la politica dei canti che intendono esprimere il dolore
del mondo, intimo e personale
- come se fosse alla fine della sua vita
- speranza della morte → la sua condizione fisica è così devastata lo priva della gioia di
vivere una vita normale
- Ben sapete… → la sua condizione era talmente precaria che non ha potuto leggere le
stampe e correggerle, eventualmente.
- i versi del ‘26 sono gli unici che è riuscito a seguire
- I canti sono passati attraverso la correzione di Ranieri
- ho perduto tutto, sono un tronco che sente e pena
- Se non chè in questo tempo ho acquistato voi → luce di speranza che rimarrà fino in fondo
per Leopardi
- E la compagnia vostra … → Amicizia e solidarietà

ZIBALDONE:
- Opera postuma, non del tutto voluta
Esce dal 1898 al 1900 in 7 volumi a cura di Carducci
- termine generico per indicare un “grande contenitore” “grande accozzaglia"
- “pensieri di varia filosofia e bella letteratura” → titolo dato da Carducci in omaggio a
Leopardi e all’opera “pensieri” (opera molto vicina alla pubblicazione → opera- non opera
che non ha mai visto la luce)
Leopardi nel mentre che stendeva migliaia di appunti e note di tipo storico, geografico, filosofico,
linguistico, esistenziale, redigeva un indice analitico che ci consente di capire cosa lui avesse in
mente e che progetto avesse dietro
- Fine anni 90 del ‘900 e inizio anni 2000 ultima edizione dello zibaldone con le note e
l’indice.

VERSI BOLOGNA
idilli → inizia con l’infinito
elegie
sonetti
epistola
guerra dei topi e delle rane
CANTO 1
- lo riscrisse ben 3 volte ma non lo portò mai a compimento
- Sestine di endecasillabi
- Una versione di Leopardi diversa → vena satirica, comico realistica e addirittura di impegno
politico → italia del risorgimento
- Poesia eroicomica

Sul cominciar del mio novello canto, Un topo, de le membra il più ben fatto,
Voi che tenete l'eliconie cime Venne d'un lago in su la sponda un giorno.
Prego, vergini Dee, concilio santo, Campato poco innanzi era da un gatto
Che 'l mio stil conduciate e le mie rime: Ch' inseguito l'avea per quel dintorno:
Di topi e rane i casi acerbi e l'ire, Stanco, faceasi a ber, quando un ranocchio,
Segno insolito a i carmi, io prendo a dire. Passando da vicin, gli pose l'occhio.

La cetra ho in man, le carte in grembo: or E fatto innanzi, con parlar cortese;


date Che fai, disse, che cerchi o forestiero?
voi principio e voi fine a l' opra mia Di che nome sei tu, di che paese?
Per virtù vostra a la più tarda etate Opde vieni, ove vai? Narrami il vero:
Suoni, o Dive, il mio carme; e quanto fia Chè se buono e leal fia ch' i' ti veggia,
Che in questi fogli a voi sacrati io scriva, Albergo ti darò ne la mia reggia.
In chiara 'fama eternamente viva.
lo guida ti sarò; meco verrai
I terrigeni eroi, vasti Giganti, Per quest' umido calle al tetto mio:
Di que' topi imitò la schiatta audace: Ivi ospitali egregi doni avrai;
Di dolor, di furor caldi, spumanti , Chè Gonfiagote il principe son io;
Vennero in campo: e se non è fallace Ho ne lo stagno autorità sovrana,
La memoria e 'l romor ch' oggi ne resta, E m'obbedisce e venera ogni rana.
La cagion de la collera fu questa.

OPERETTE MORALI - frammento apocrifo di Stratone di Lampsaco


breve preambolo in una sorta di prima pesona + due parti (origine e fine del mondo)
- n 19
Pietra dello scandalo → fu il motivo per il quale le operette non videro la terza edizione napoletana
→ bloccate dalla censura
- Composte nel 1825, prima della prima edizione
- Leopardi stesso non si sentì di pubblicarle, applicando una sorta di autocensura, nelle
prime due edizioni.
Narra il “Big Bang” e la conclusione del cosmo, in una prospettiva totalmente priva di ogni
provvidenzialismo e presenza divina. → Avanzando una visione radicalmente anti -
antropocentrica
- Modalità caratteristica delle operette:
- frammento → è proprio delle operette questa scommessa per una letteratura fatta di
pezzi → il mondo è andato in pezzi, no sicurezze.
- apocrifo → fasullo. É Leopardi che mette in bocca a Stratone quello che scrive.
- Stratone → esponente della scuola opposta aristotelica, che si muoveva sulla scia
della fisica aristotelica ed era abbastanza vicino alla figura del materialismo
ottocentesco
Operetta molto breve che contiene un racconto senza intrecci → non ci sono personaggi
- Al centro c’è l’idea di materia
PREAMBOLO
Questo Frammento, che io per passatempo ho recato dal greco in volgare, è tratto da un codice a
penna che trovavasi alcuni anni sono, e forse ancora si trova, nella libreria dei monaci del monte
Athos. Lo intitolo Frammento apocrifo perché, come ognuno può vedere, le cose che si leggono
nel capitolo della fine del mondo, non possono essere state scritte se non poco tempo addietro;
laddove Stratone da Lampsaco, filosofo peripatetico, detto il fisico, visse da trecento anni avanti
l'era cristiana. È ben vero che il capitolo della origine del mondo concorda a un di presso con quel
poco che abbiamo delle opinioni di quel filosofo negli scrittori antichi. E però si potrebbe credere
che il primo capitolo, anzi forse ancora il principio dell'altro, sieno veramente di Stratone; il resto vi
sia stato aggiunto da qualche dotto Greco non prima del secolo passato. Giudichino gli eruditi
lettori.
DELLA ORIGINE DEL MONDO
Le cose materiali, siccome elle periscono tutte ed hanno fine, così tutte ebbero incominciamento.
Ma la materia stessa niuno incominciamento ebbe, cioè a dire che ella è per sua propria forza
abeterno. Imperocchè se dal vedere che le cose materiali crescono e diminuiscono e all'ultimo si
dissolvono, conchiudesi che elle non sono per se nè ab eterno, ma incominciate e prodotte, per lo
contrario quello che mai non cresce nè scema e mai non perisce, si dovrà giudicare che mai non
cominciasse e che non provenga da causa alcuna. E certamente in niun modo si potrebbe provare
che delle due argomentazioni, se questa fosse falsa, quella fosse pur vera. Ma poichè noi siamo
certi quella esser vera il medesimo abbiamo a concedere anco dell'altra. Ora noi veggiamo che la
materia non si accresce mai di una eziandio menoma quantità, niuna anco menoma parte della
materia si perde, in guisa che essa materia non è sottoposta a perire. Per tanto i diversi modi di
essere della materia, i quali si veggono in quelle che noi chiamiamo creature materiali, sono
caduchi e passeggeri; ma niun segno di caducità nè di mortalità si scuopre nella materia
universalmente, e però niun segno che ella sia cominciata, nè che ad essere le bisognasse o pur
le bisogni alcuna causa o forza fuori di se. Il mondo, cioè l'essere della materia in un cotal modo, è
cosa incominciata e caduca. Ora diremo della origine del mondo.
La materia in universale, siccome in particolare le piante e le creature animate, ha in se per natura
una o più forze sue proprie, che l'agitano e muovono in diversissime guise continuamente. Le quali
forze noi possiamo congetturare ed anco denominare dai loro effetti, ma non conoscere in se, nè
scoprir la natura loro. Nè anche possiamo sapere se quegli effetti che da noi si riferiscono a una
stessa forza, procedano veramente da una o da più, e se per contrario quelle forze che noi
significhiamo con diversi nomi, sieno veramente diverse forze, o pure una stessa. Siccome tutto dì
nell'uomo con diversi vocaboli si dinota una sola passione o forza: per modo di esempio,
l'ambizione, l'amor del piacere e simili, da ciascuna delle quali fonti derivano effetti talora
semplicemente diversi, talora eziandio contrari a quei delle altre, sono in fatti una medesima
passione, cioè l'amor di se stesso, il quale opera in diversi casi diversamente. Queste forze
adunque o si debba dire questa forza della materia, muovendola, come abbiamo detto, ed
agitandola di continuo, forma di essa materia innumerabili creature, cioè la modifica in variatissime
guise. Le quali creature, comprendendole tutte insieme, e considerandole siccome distribuite in
certi generi e certe specie, e congiunte tra se con certi tali ordini e certe tali relazioni che
provengono dalla loro natura, si chiamano mondo. Ma imperciocchè la detta forza non resta mai di
operare e di modificar la materia, però quelle creature che essa continuamente forma, essa altresì
le distrugge, formando della materia loro nuove creature. Insino a tanto che distruggendosi le
creature individue, i generi nondimeno e le specie delle medesime si mantengono, o tutte o le più,
e che gli ordini e le relazioni naturali delle cose non si cangiano o in tutto o nella più parte, si dice
durare ancora quel cotal mondo. Ma infiniti mondi nello spazio infinito della eternità, essendo durati
più o men tempo, finalmente sono venuti meno, perdutisi per li continui rivolgimenti della materia,
cagionati dalla predetta forza, quei generi e quelle specie onde essi mondi si componevano, e
mancate quelle relazioni e quegli ordini che li governavano. Nè perciò la materia è venuta meno in
qual si sia particella, ma solo sono mancati que' suoi tali modi di essere, succedendo immantinente
a ciascuno di loro un altro modo, cioè un altro mondo, di mano in mano.
DELLA FINE DEL MONDO
Questo mondo presente del quale gli uomini sono parte, cioè a dir l'una delle specie delle quali
esso è composto, quanto tempo sia durato fin qui, non si può facilmente dire, come nè anche si
può conoscere quanto tempo esso sia per durare da questo innanzi. Gli ordini che lo reggono
paiono immutabili, e tali sono creduti, perciocchè essi non si mutano se non che a poco a poco e
con lunghezza incomprensibile di tempo, per modo che le mutazioni loro non cadono appena sotto
il conoscimento, non che sotto i sensi dell'uomo. La quale lunghezza di tempo, quanta che ella si
sia, è ciò non ostante menoma per rispetto alla durazione eterna della materia. Vedesi in questo
presente mondo un continuo perire degl'individui ed un continuo trasformarsi delle cose da una in
altra; ma perciocchè la distruzione è compensata continuamente dalla produzione, e i generi si
conservano, stimasi che esso mondo non abbia nè sia per avere in se alcuna causa per la quale
debba nè possa perire, e che non dimostri alcun segno di caducità. Nondimeno si può pur
conoscere il contrario, e ciò da più d'uno indizio, ma tra gli altri da questo.
Sappiamo che la terra, a cagione del suo perpetuo rivolgersi intorno al proprio asse, fuggendo dal
centro le parti dintorno all'equatore, e però spingendosi verso il centro quelle dintorno ai poli, è
cangiata di figura e continuamente cangiasi, divenendo intorno all'equatore ogni dì più ricolma, e
per lo contrario intorno ai poli sempre più deprimendosi. Or dunque da ciò debbe avvenire che in
capo di certo tempo, la quantità del quale, avvengachè sia misurabile in se, non può essere
conosciuta dagli uomini, la terra si appiani di qua e di là dall'equatore per modo, che perduta al
tutto la figura globosa, si riduca in forma di una tavola sottile ritonda. Questa ruota aggirandosi pur
di continuo dattorno al suo centro, attenuata tuttavia più e dilatata, a lungo andare, fuggendo dal
centro tutte le sue parti, riuscirà traforata nel mezzo. Il qual foro ampliandosi a cerchio di giorno in
giorno, la terra ridotta per cotal modo a figura di uno anello, ultimamente andrà in pezzi; i quali
usciti della presente orbita della terra, e perduto il movimento circolare, precipiteranno nel sole o
forse in qualche pianeta.
Potrebbesi per avventura in confermazione di questo discorso addurre un esempio, io voglio dire
dell'anello di Saturno, della natura del quale non si accordano tra loro i fisici. E quantunque nuova
e inaudita, forse non sarebbe perciò inverisimile congettura il presumere che il detto anello fosse
da principio uno dei pianeti minori destinati alla sequela di Saturno; indi appianato e poscia
traforato nel mezzo per cagioni conformi a quelle che abbiamo dette della terra, ma più presto
assai, per essere di materia forse più rara e più molle, cadesse dalla sua orbita nel pianeta di
Saturno, dal quale colla virtù attrattiva della sua massa e del suo centro, sia ritenuto, siccome lo
veggiamo essere veramente, dintorno a esso centro. E si potrebbe credere che questo anello,
continuando ancora a rivolgersi, come pur fa, intorno al suo mezzo, che è medesimamente quello
del globo di Saturno, sempre più si assottigli e dilati, e sempre si accresca quello intervallo che è
tra esso e il predetto globo, quantunque ciò accada troppo più lentamente di quello che si
richiederebbe a voler che tali mutazioni fossero potute notare e conoscere dagli uomini, massime
così distanti. Queste cose, o seriamente o da scherzo, sieno dette circa all'anello di Saturno.
Ora quel cangiamento che noi sappiamo essere intervenuto e intervenire ogni giorno alla figura
della terra, non è dubbio alcuno che per le medesime cause non intervenga somigliantemente a
quella di ciascun pianeta, comechè negli altri pianeti esso non ci sia così manifesto agli occhi
come egli ci è pure in quello di Giove. Nè solo a quelli che a similitudine della terra si aggirano
intorno al sole, ma il medesimo senza alcun fallo interviene ancora a quei pianeti che ogni ragion
vuole che si credano essere intorno a ciascuna stella. Per tanto in quel modo che si è divisato
della terra, tutti i pianeti in capo di certo tempo, ridotti per se medesimi in pezzi, hanno a
precipitare gli uni nel sole, gli altri nelle stelle loro. Nelle quali fiamme manifesto è che non pure
alquanti o molti individui, ma universalmente quei generi e quelle specie che ora si contengono
nella terra e nei pianeti, saranno distrutte insino, per dir così, dalla stirpe. E questo per avventura,
o alcuna cosa a ciò somigliante, ebbero nell'animo quei filosofi, così greci come barbari, i quali
affermarono dovere alla fine questo presente mondo perire di fuoco. Ma perciocchè noi veggiano
che anco il sole si ruota dintorno al proprio asse, e quindi il medesimo si dee credere delle stelle,
segue che l'uno e le altre in corso di tempo debbano non meno che i pianeti venire in dissoluzione,
e le loro fiamme dispergersi nello spazio. In tal guisa adunque il moto circolare delle sfere
mondane, il quale è principalissima parte dei presenti ordini naturali, e quasi principio e fonte della
conservazione di questo universo, sarà causa altresì della distruzione di esso universo e dei detti
ordini.
Venuti meno i pianeti, la terra, il sole e le stelle, ma non la materia loro, si formeranno di questa
nuove creature, distinte in nuovi generi e nuove specie, e nasceranno per le forze eterne della
materia nuovi ordini delle cose ed un nuovo mondo. Ma le qualità di questo e di quelli, siccome
eziandio degli innumerevoli che già furono e degli altri infiniti che poi saranno, non possiamo noi nè
pur solamente congetturare.
ARRIGO BOITO
Arrigo proviene da una famiglia di artisti; accanto a lui c’è il fratello Camillo: insieme frequentano
un gruppo “punk” di primo 1800 di cui fa parte Emilio Praga, Carlo Dossi, Tarchetti, e altri
esponenti
L’ALFIERE NERO
Nel 1867 la novella esce sul “politecnico” → Da pochi anni c’è il re ed è appena stata annessa
Venezia → Arrigo aveva 24/25 anni
- rivista fondata da Carlo Cattaneo → figura di dialogo tra sociologia e le scienze applicate.
- Arrigo combatte nella terza guerra d’indipendenza
A Milano si sviluppa la scapigliatura (1862)→ i capelloni, i giovani ribelli → stile di vita oltre che
artistico, riconducibile ad una radice di insoddisfazione rispetto agli esiti del risorgimento italiano
- Carlo Righetti → si firmava sotto il nome di Cletto arrighi
- scrive “la scapigliatura e il 6 febbraio” → 6 febbraio 1853 data di un moto
Mazziniano, tentativo di sollevazione repubblicana
Partita di scacchi con dietro un racconto critico della civiltà occidentale
- Contrasto delle razze → incontro/scontro tra i bianchi e i neri; scontro di civiltà
- racconto da un lato molto schematico (due personaggi e due schieramenti) e dall’altro,
però, con un enorme respiro sia ideologico che culturale, del tutto insolito.
- George e Tom → i due protagonisti
- George → guerra civile americana e fine, almeno nominale, della schiavitù
- Tom → Rivoluzione di Haiti
Giovane Boito che, all’indomani dell’unità d’Italia, guarda già oltre. Influenzato un po’ dalla guerra
civile statunitense.
- Novella ambientata in un luogo non casuale → grande albergo di lusso a Ginevra
(svizzera) → sede della società delle Nazioni
- Due termini cardini della novella: razza e antagonismo (delle razze → come i due
personaggi)
- richiamo anche al colore → bianco e nero → scacchiera e personaggi
L'alfiere nero è una novella che simboleggia la lotta tra due forze, i destini dei singoli in questa
novella sono segnati dall'ideologia del razzismo che sovrasta le responsabilità individuali, questa
novella dal punto di vista della collocazione si svolge al 90 per cento nel contesto di un territorio
neutro, un hotel a Ginevra, e si conclude a new york dove george si rifugia. Ricorre il termine della
funzione per esplicare la tattica di Tom, questa è una tattica ingannevole astuta e coperta mentre
quella di George è più pulita e ordinata. vi sono molti riferimenti razzisti, questa guerra scacchistica
ricorda la ribellione spontanea e non programmata degli schiavi neri. l’alfiere nero è una pedina
ferita, un alfiere nero diviso in due pezzi e tenuto insieme da una ceralacca rossa. Gli scacchi sono
importanti a livello simbolico a partire dai ruoli scacchistici alla strategia scacchistica che i due
personaggi mettono in atto, ad un certo punto la finzione della partita è come se la prosa prenda il
posto della struttura metrica formale.

Tom: viene dalla Jamaica → discendente degli schiavi → scritto un libro sulla sua vicenda (uncle
tom)
- la sua è una tattica di “finzione” → ingannevole ed astuta, coperta
- quella di George, invece, è razionale, chiara e sana
George il personaggio bianco, rappresenta il gentleman americano ed è intelligente. la
contrapposizione tra i due personaggi è forte , il nero piu nero e il bianco piu bianco, non ci sono
sfumature.
La conclusione capovolge lo schema che progredisce in maniera lenta e carica di suspance →
l’intelligenza di Boito, rende particolarmente chiaro delineare il destino del personaggio di George
che, pur essendo colpevole, non riesce ad essere punito completamente → ideologie correnti e
razzismo che travalica anche le responsabilità individuali
- per il 90% si svolge in un territorio neutro per tutti, internazionale → Ginevra e New york
(alla fine) dove George si rifugia.
- Non ha nulla di italiano se non la nazionalità dell’autore e la lingua in cui viene
scritta.
- Novità nella letteratura italiana e nella scapigliatura → volta le spalle al contesto italiano e
si inserisce in altri contesti → es. è opera di Camillo Boito (fratello) “il corpo”, ambientato in
uno studio anatomico a Vienna, incentrata sullo studio del corpo umano (tematica tipica
della scapigliatura)
Gli scacchi danno un senso all’intera narrazione → a partire dai ruoli e dalla strategia che i due
personaggi mettono in atto
- Dante mette gli scacchi in paradiso, quasi vicino a Dio, nel 28esimo canto → dante era
abbagliato da scintille che avevano un numero maggiore delle caselle degli scacchi
- Mille e una notte → antica storia orientale secondo la quale un contadino avrebbe
chiesto al re di restituirgli per un chicco di grano tanti grani secondo la progressione
fattoriale degli scacchi, il re accetta ma già alla fine della prima riga erano già
migliaia i chicchi di grano che il re doveva restituire.
- Boccaccio parla di scacchi più volte nel Decameron e in altre opere → i 10 ragazzi spesso
giocavano a scacchi
- Tesauro nel “cannocchiale aristotelico” parla delle “azioni e cenni del personaggio finto” e
dei giochi muti: i tarocchi e gli scacchi → gioco più eroico ed arguto → forma metaforica di
guerra (bellica scuola è quella degli scacchi)
- due eserciti equiparati → bianchi assiri e neri africani
- Negli stessi anni di Boito, Giuseppe Giacosa ha scritto un’opera che deve aver avuto
grande successo, “la partita di scacchi” → si svolge in un castello della valle d’aosta e
attraverso gli scacchi la tensione è quella amorosa.
- Anche Zewigh scrive “ la partita degli scacchi” con una trama basata sulla persecuzione
nazista → un grande scacchista che fugge dalla gestapo
- Attraverso gli scacchi torna il tema della morte anche in Boito
- Bergan è autore di capolavori del cinema come “il settimo sigillo” in cui descrive una partita
con la morte: il protagonista, crociato, torna in svezia e ad attenderlo sulla riva del mare c’è
la morte con la quale patteggia una partita a scacchi → gli scacchi diventano strumento con
cui si passa il tempo, si porta avanti la vita e si intavolano una serie di dialoghi incentrati
sulla vita)
- Paolo Maurensig → scacchista che scrive numerosi romanzi → la variante di nuremberg

PIETRO DI DONATO
CRISTO FRA I MURATORI
Romanzo italiano scritto in una lingua propria, diversa dall’italiano → linguaggio inventato
- sorta di inglese particolare, parlato da immigrati italiani analfabeti
- tradotto poi in italiano
- Esce nel 1839 quando aveva 27 anni, preceduto da un’altra novella
- In quell’anno la città ha come sindaco un discendente italoamericano, Fiorello la
guardia, figlio di un trombettista pugliese
- Contesto dell’emigrazione italiana nel nord America, all’indomani della fine del
brigantaggio, dal 1865/66 in avanti; dopo l’Unità d’Italia.
- L'inglese è particolare in quest’opera perché è l'inglese degli emigrati italiani
analfabeti in italiano quanto in inglese,quando esce questo romanzo l’emigrazione
italiana ha già 70 anni
La copertina utilizzata per il romanzo, e` simile alla copertina che pascoli utilizzò prima della morte
per esortare gli italiani riguardo l’invasione dell'esercito italiano in Libia. quest’ultima si diffuse e
rappresenta lo sforzo bellico del colonialismo italiano; entrambe le immagini sono in parte simili
alla baionetta di delacroix: una volta arrivati in libia scompare la libertà dettata dal colonialismo
- il romanzo di Didonato prende spunto da un incidente avvenuto che sconvolse la città (
incidente dovuto alla modernizzazione urbana → grattanuvole) → muore il padre
- L'incidente avvenne durante la pasqua 1923, l’opera rappresenta un’autobiografismo
accurato perché seppure 16 anni dopo l’accaduto, Didonato racconta un episodio simile a
quello personale. L'aspetto religioso nel romanzo è fondamentale > alla fine del romanzo
ha un crocifisso.
- Paul diventa uomo nei cantieri, aveva avuto un rapporto difficile con la madre e la maledice
crocifisso (motivo per il quale si chiama annunziata) e infine ha un rapporto critico con
l'America che gli ha ucciso il padre. L'autore in qualche modo scrive la sua storia × aspetto
autoreferenziale. (Mise en abîme)
- Visione del mondo completamente polarizzata da parte dell' autore tramite Paul:
- Madre - padre
- america - Italia
- vita - morte
- piacere - dolore
Questa polarizzazione emerge verso la fine con forza tramite la posizione di Paul nei confronti
dell'America. > Il sogno americano è un incubo portatore di inganno
- A fine anni ‘30 esce il libro incubo all’aria condizionata
- Visione critica della modernità e dell’America → in contrasto da quella espressa dagli
italiani colti
BIOGRAFIA
Di donato scrive dopo il romanzo nel 39 esce:
- 1949 → il film (omonimo girato da edward mitrik)
- 1958 → secondo romanzo, diverso dal primo “this woman” di turbamento erotico dovuto dal
rapporto con una donna anglo americana mai tradotto in italiano. →la furia e l'ossessione
del desiderio.
- 1960 → “la madre santa/ saint mother” suora umiliata (ordine umiliati) che fonda un impero
ospedaliero e ne scrive la biografia.
- 1960 → “ three circles of light/ i tre cerchi di luce” → prequel di cristo fra i muratori
(racconta la storia del padre)
- 1978 → rapito aldo moro, di donato sostiene di aver incontrato uno delle brigate rosse e
scrive “il cristo in plastica”
nella narrativa di Di donato ci sono passaggi contenenti un onirismo tragico → importante e`
l’incontro con pasolini del 4 febbraio
Di donato è un muratore e continua questa professione per tutta la vita, non e` abile a capitalizzare
al meglio i suoi diritti d’autore, non era in grado di beneficiare al massimo del loro valore
economico.
tra le ultime opere :
- “christ in plastic” reportage che di donato scrittore ormai anziano, redige visitando l’italia
nella primavera del 1978, (uccisione aldo moro) nella quale l'autore sostiene di aver
incontrato e conversato con uno dei capi delle brigate rosse. (viene infatti chiamato a
deporre)
- riscrive in senso americano i 4 vangeli → stesura secondo la quale cristo è diviso in 4
forme (cristo rosso, cristo bianco, cristo donna vietnamita con uomo da donna e cristo
donna afroamericana) romanzo incompiuto e quasi inedito, pubblicato per sbaglio nel 2011
negli stati uniti e a causa di una lite la casa editrice fu costretta al ritiro dal commercio.
→ Di donato opera una riscrittura evocativa del viaggio della commedia → i canti di Dante
terminano con le stelle. (es. i tre cerchi di luce e` un omaggio a dante, perché corrisponde ad
un'immaginazione che dante aveva raggiunto il paradiso perché viene abbagliato dalla visione di
un arcobaleno e racconta di 3 cerchi di luce.)
Di Donato, prima di aver incontrato le Brigate Rosse, va in carcere ad incontrare l’assassino di
Maria Goretti
ANALISI DEL ROMANZO E DEI PERSONAGGI
Paul: protagonista che in parte assolve anche la funzione di narratore →alter ego dell’autore
comunità di Little Italy e del mondo dei muratori (in parte abruzzesi) → compagnia, collettività
del popolo immigrato
- personaggio mostruoso, che dà e toglie vita
Job→ lavoro e Giobbe→ uomo su cui il Signore fa gravare il peso della vita e del lavoro
- natura umana - mostruosa, qualcosa di più grande dell'umano e che per tutto il romanzo
viene scritto con la lettera maiuscola, rappresenta la personificazione del duro lavoro. (il
lavoro ha una natura umana mostruosa).
- tema del lavoro come tema sociale, politico ma anche molto poetico.
Il romanzo è diviso in cinque parti, corrispondenti a 5 capitoli → segue l’impianto della tragedia
greca. ( Genere tragico fondativo nella cultura cattolica)
- 1 capitolo: geremia, dedicato al padre
- 2 capitolo: Job
- 3 capitolo : tenement (casa popolare, di ringhiera)
- 4 capitolo: fiesta (tradotto come festa ma potrebbe essere un richiamo all omonimo
- romanzo di hemingway)
- 5 capitolo: l’annunziata, dedicato alla madre
- → Il romanzo inizia e finisce con una morte.
Narratore onnisciente esterno che mano a mano si infiltra e scivola nel protagonista. la
sofisticheria e raffinatezza compositiva e` un tutt'uno con l’impegno di voler rappresentare la vita di
cantiere anche nei suoi aspetti più gremi e brutali.
- narratore indiretto libero (modalita` verghiana) → strategia narrativa nella quale i pensieri
dei personaggi vengono trascritti dal narratore. i personaggi parlano in un discorso diretto e
i loro pensieri vengono filtrati attraverso un discorso indiretto.
viene conferita dignità ad un racconto che solitamente non e` al centro della narrazione. negli anni
50 (neorealismo italiano) esce un romanzo di forte importanza italiana: “metello” che racconta la
storia di una compagnia di muratori toscana, ma la modalità di narrazione è esterna, manzoniana e
tradizionale, non viene utilizzata una sintassi futurista e coerente al contenuto della narrazione.
Coralità dei personaggi
Sintassi libera, priva di una struttura precisa → abbondano i vocaboli più che i verbi
Nasce dalla cellula generativa del primo romanzo? ed esce sulla rivista Esquire il 7 marzo 1937
- ristampato su un volumetto a parte e incluso nel “best Short Stories of 1938” a cura di
Edward O’Brien
morte del padre → morte sul lavoro che viene espressa con pensieri di carattere religioso
(invocazione gesù - giuseppe - maria) , modalità espressiva che conferisce rilevanza alla prosa
letteraria.
- morte espressa attraverso le parole da parte dell'autore (il figlio da voce al padre nei suoi
ultimi momenti). Assistiamo alla sua agonia attraverso le sue parole → importanza alla
parola letteraria → tutta in soggettiva
- Paul segue la strada della famiglia ma ha sempre più paura dell'ombra di Job dopo la morte
di Geremia.
- Viene inoltre fatto uso di onomatopee moderniste → suono dei lavori e delle macchine di
tipo urbano industriale
- Invocazione presente in tutto il folklore italiano
PARTE 4 - Festa
il grattacielo Pag 337 → divino mostro, gigante
nasone e paul → nasone e` lo stratagemma narrativo del romanzo discorso scritto dal narratore
esterno (successo per il narratore perché dà voce ai personaggi e permette loro di esprimere la
difficoltà gioia e dignità di un mondo popolare che non era ma istato descritto con quell ampiezza
ma non era nemmeno da considerarsi portate di novità)
- Pol ha preso il posto del padre, cresce e matura nel mondo del lavoro (inizia a lavorare a
12 anni)
- ha il terrore di andare al lavoro → serviva sempre l’ombra del padre dietro
Il mondo del lavoro viene assorbito, genera stanchezza, spossatezza, genera sensazioni e
pensieri → sguardo verso il cielo, genera fantasia di fuoriuscita dal lavoro. → cielo come idea di
paradiso
- Risveglio
Prosa tradizionale, inizialmente, e poi appena si entra nelle sensazioni di nasone le frasi sono più
aperte ai puntini di sospensione, per stare dietro alle sensazioni mentali e fisiche del personaggio
- punto di vista di nasone → stratagemma narrativo di tutto il romanzo
- Non sarebbe in grado di scrivere, ma lo scrive il narratore esterno → Donato dà voce
attraverso lunghe sequenze di discorso diretto ed esprime la serietà e dignità, la difficoltà,
la gioia e il piacere di un mondo popolare che non era mai stato espresso e descrittio con
tale ampiezza e che non era mai stato scelto e preso in considerazione
il gabbiano → una presenza che viene vista dall'esterno
- gabbiano che apparve da dietro l’edificio → si posa e si guarda intorno. Per un attimo il
punto di vista diventa dell'animale.
→ descrizione della festa di nunziata
- Matrimonio Zio Luigi e Nicoletta
- Nasone e fausta → due personaggi che corrispondono nella versione inglese a “nazone e
fausta”
- fausta → e` un uomo (fausto) ma essendo l’autore abruzzese, il vero nome del
personaggio sarebbe dovuto essere “FAUST” → la parola però ha un
corrispondente nello scritto inglese , l’ultima lettera caduta del nome viene sostituita
con la “A” → il nome fausta e` quindi l’adattamento inglese.
- nasone → scritto nel libro come "nazone" il grafismo z rende la s sonora in inglese
- pag 318 → festa nuziale zio luigi e Nicoletta
La presenza del banchetto è un segno sovradeterminato, umberto eco lo definirebbe elemento
semiotico (es. Presenza delle olive sul tavolo) e corrisponde a un convivio dantesco.
- Il cibo é rappresentato da tante cose perché è un elemento segnaletico con tutte le sue
densitá:
- Segno di abbondanza esibita
- Segno di identità etnico culturale
- Veicolo dei rapporti fra i sessi e intergenerazionale
- veicolo di liberazione dei sensi
- Legame e solidarietà di gruppo
- Comunione Laica e festiva
- liberazione dei sensi
- cibo come motore che permette di far entrare altre forme di espressione (canzone, musica,
discorsi politici e chiacchiere su Etiopia)
- Attraverso il cibo si rinsaldano i legami e la solidarietà di gruppo
Il primato d’Italia → sorta di enciclopedia della storia della cultura d’Italia
le GLORIE D'ITALIA nel romanzo vengono rappresentate come:
- artistiche → omaggio culturale a Dante Donatello e Michelangelo → nonostante i
personaggi nel romanzo fossero analfabeti, rappresentano comunque l’italiano (emigrato)
che si portava dentro una conoscenza popolare dell’arte italiana. (chiese,pareti…)
- imprese coloniali (militari) → battaglia di adua (etiopia ed eritrea) 1896 che segna una
sconfitta da parte dell' esercito nazionaleinflitta da un popolo africanO
Nella seconda metà degli anni trenta l'Italia aveva cominciato una grande battaglia di
occupazione dell' Etiopia conclusa con l' entrata a saetha e proclamazione dell'impero
italiano
→ a NY la maggior parte degli italiani si trovava ad Harlem - cittá popolata da comunità afro
americane (di conseguenza ci furono scontri tra le due comunità), questo aspetto non è presente
nel romanzo perché è ambientato nel 1929.
Nel romanzo viene menzionato il generale baratieri → chiamato Baratire nella versione originale
americana.
- La conoscenza dell' italiano da parte di Di donato è da "" analfabeti"" perché corrisponde al
codice linguistico parlato con la quale non si ha una famigliaritá scritta; questo fenomeno
però era comune in questa comunità italo americana
Giuseppe Prezzolini, insieme all'amico Papini fonda a Firenze una serie di riviste, cambiati i tempi
si trasferisce e Mussolini gli crea un istituto di cultura incitandolo a diffondere la cultura italiana
internazionalmente.
- Prezzolini disprezza gli immigrati italiani in america ma comincia uno scambio con un
californiano alla quale chiede incuriosito chiarimenti sul linguaggio italo americano e i motivi
per i quali molti vocaboli italiani vengono storpiati. (Gli italiani in america hanno solo una
conoscenza solo etica dell' italiano)
a confronto: Gioberti e il primato d'Italia
Gioberti, che era in corrispondenza con leopardi, ha una mente molto fervida e grossomodo contro
corrente ed è autore di un libro interessante e controverso che si chiama "primato d'Italia ", una
sorta di enciclopedia della storia italiana.
- Dopo l'unità d'Italia intorno agli anni 70 un altro abate, L'abate Stoppani , pubblica un libro
che ha un enorme successo che si chiama "il bel paese", espressione ripresa da Dante.
L'opera di Stoppani rappresenta il viaggio nelle bellezze d'Italia.
Per quanto riguarda il lavoro, nel romanzo è presente una solidarietà umana ma non di classe.
(Es. Amicizia tra Paul e Louis il loro dialogo mette a paragone gli obiettivi di vita dei ragazzi. Da
una parte Paul vuole continuare a lavorare in cantiere come la famiglia, Louis invece vuole
studiare e avere più conoscenza del mondo.)
Rapporto Paul e Louis
- Louis: ragazzino ebrei ucraino che è scappato negli Stati Uniti
- mettono al centro il diverso obiettivo che i due ragazzini, e la loro rispettiva cultura, si
pongono rispetto al trovarsi nel nuovo mondo
- Paul→ obiettivo lavoro
- Louis→ obiettivo conoscenza ed educazione scolastica
- Parla brevemente di suo fratello maggiore
Nel caseggiato Paul si innamora di Gloria
Ruben: compagno di lavoro di Pol e di Nasone → scena del gabbiano
Pol è cresciuto all’indomani della morte del padre. Cerca di trovare lui lavoro per il suo padrino,
che in realtà è stanco e vorrebbe tornare in Italia
- mise en abyme → espressione francese
LA TEMPORALITÀ DEL ROMANZO
La narrazione segue secondo un calendario meteorologico e dalle festività: Il Romanzo inizia nel
periodo pasquale con tutta la sua sacralità → Morte di pasqua
Calendario meteorologico: Non è presente una scansione cronachistica del tempo, la narrazione
e emerge inadatta.
- La temporalità ha un aspetto rituale e fa riferimento all' aspetto rurale della tradizione
contadina europea scandita dalle stagioni e dai ritmi del lavoro.
- Vita dei campi vs metropoli multiculturale e i distruzione → Difficoltà nella gestione dei due
aspetti temporali.
- Interessante l'assenza della figura dell'architetto e del sindacato.
- Pasqua - Natale
- Al narratore non interessa segnare con le date
- 1929 unica data, con cui inizia l’ultimo capitolo
- Aspetto rituale e ciclico della temporalità
- visione culturale rurale della tradizione contadina europea, scandita dalle stagioni e
dai ritmi del lavoro → ritmi lavoro dei campi vs fragorosa modernità della metropoli
LE PAROLE DETTE NEL ROMANZO E TRADUZIONI
Occorre fermarsi e avere presente la situazione espressiva del romanzo. É presente una frase che
lo zio Luigi dice quando è in ospedale sofferente: chiama l'infermiera e dice "non so parlare
inglese", in questo caso il libro riporta una frase in un inglese non corretto "i sense ill", che
corrisponde ad un inglese storpiato.
- Di Donato utilizza a volte una falsa finzione o doppia finzione attraverso le parentesi.
Pietro di Donato ha trascritto il brano nell’inglese italianizzato e i traduttori italiani lo riportano in
toscano.
Prima edizione a Milano nel 1941, dall’editore Pompeiani - precedentemente stampato nel 1939 a
Indianapolis
- L’italia era in guerra
- Non reca il nome dei traduttori
PRIMA TRADUZIONE:
Ristampato nel 1953 tradotto da Eva Kuhn Amendola → nasce in Lituania ed è di famiglia ebraica.
Eva amendola kuhn, è stata una grande traduttrice e appare in una edizione del ‘50 del romanzo
probabilmente come forma di rispetto da parte dell'editore, ella è vedova di un oppositore del
regime (giovanni amendola).
- Arriva in Italia molto giovane e sposa Giovanni Amendola. → una delle più illustri vittime
del fascismo
- Giovanni Amendola, insieme a Matteotti, fu uno delle più illustri vittime dello
squadrismo fascista
- giornalista meridionale e autore di un episodio centrale per la storia italiana
(successione aventino, amendola denuncia l’omicidio di matteotti da parte
dei fascisti e di conseguenza venne ucciso anche lui.)
- Muore ucciso da sicari della polizia segreta, lasciando moglie e figli (tra cui
Giorgio Amendola, che farà parte del partito comunista negli anni successivi)
- Ha tradotto in Italiano anche diversi contenuti dal Russo.
- Il nome di Eva appare anche come forma di rispetto; non appare nell'edizione del ‘41
perché era vedova di un oppositore del regime
Non ci sono documentazioni se non orali della traduzione di questo libro, leggenda vuole che
Bruno Maffi (padre di un amico del prof) abbia tradotto il romanzo in carcere, nella quale era stato
imprigionato negli anni 30 per questioni antifasciste.
- Giovane antifascista aderente al gruppo di Giustizia e Libertà
- di conseguenza i meriti della traduzione vengono attribuiti ad Eva perché nel secondo
dopoguerra, a seguito della liberazione del 1945, mentre kuhn continua la sua via, maffi ha
una svolta radicale e diventa il braccio destro di un gruppo secessionista comunista
estremista di amedeo curtiga.
SECONDA TRADUZIONE
Esce nel 2011, da un gruppo di traduttrici laureande dall università` dell Aquila.
TERZA TRADUZIONE
La più recente, è una traduzione più pignola e attenta.

il romanzo di Di Donato viene recensito nella versione originale in Italia come libro statunitense
nell’ottobre 1939 da parte di Elio Vittorini nel settimanale “oggi”.
- È appena scoppiata la seconda guerra mondiale
il 28 ottobre 1939, in pieno clima di guerra, in italia esce l’altro libro più importante del ‘900
sull'America: “America amara” di Emilio Cecchi che proietta un'immagine negativa degli Stati Uniti.
- L’uscita della terza edizione di christ in concrete è preceduta da un lungo annuncio sul
corriere della sera, con una recensione anticipata di Emilio Cecchi
- dubbioso e non entusiasta riguardo il romanzo e segnala questo pensiero nelle
recensioni ma mette e mani avanti, e definisce il romanzo come: “ingenuo,
rozzamente colorato di letteratura e con un valore di pamphlet”
Passata l’estate, nel 1941 il Ministero italiano della Cultura Popolare, ordina di sequestrare e
ritirare dal commercio le copie sia dell’antologia americana sia del Cristo tra i muratori
- la censura va avanti fino agli anni 70.
- (Guido Bonsaver scrive storia della censura italiana)
Nel 1942 il libro “americana” viene approvato perché dotato di una prefazione fascicta, e nel 1944
viene pubblicato e approvato definitivamente il romanzo Cristo fra i muratori alla repubblica di salò
(più fascista del fascismo)
- la pubblicazione da parte della repubblica di Salò alla fine degli anni 40, nonostante la
fazione politica dell’autore, è favorita dall’aspetto critico e sprezzante che viene connotato
nel romanzo nei confronti del consumismo americano. (l’estremo fascismo approva
un’opera di critica nei confronti del consumismo americano di un autore comunista che vive
negli usa)
Oggi, l'edizione del 2011 ha l’introduzione dei bertinotti segretario del partito comunista.
- quella del 2021 è una traduzione con prefazione sandro bonvissuto (fa un po caca
paragona hitler a trump).
- in conclusione, il romanzo “ cristo fra i muratori” è piaciuto e dispiaciuto a tutti.
APPROFONDIMENTO RISPETTO ALLA LETTURE:
Nel 1826 su una rivista della colonia italiana di Little Italy, esce questo sonetto di Simplicio Righi,
che anticipa il romanzo di Donato:
Rosina Vieni (Simplicio Righi)
Vennero i bricchellieri a cento a cento,
tutta una ghenga coi calli alle mani Adesso par che sfidi il firmamento
per far la casa di quattro piani a onore e gloria degli americani:
senza contare il ruffo e il basamento. ma chi pensa ai grinoni, ai paesani
morti d’un colpo, senza sacramento?
che val, se per disgrazia o per mistecca Davanti a mezzo ponte di bistecca
ti sfracelli la carne in fondo al floro – il bosso ghigna e mostra i denti d’oro:
povero ghinni, disgraziato dego? – chi è morto è morto... io vivo e me ne frego.

- Vocaboli italiani che derivano da adattamenti del lessico inglese


Simplicio era un medico di Carpi, laureato all'università di Bologna, giovane socialista che in
seguito ai moti del pane (in cui si creò una certa emigrazione politica) venne cacciato come
anarchico ed emigrò in America.
- poeta amatoriale, si specializzò in sonetti → descrivevano la vita degli emigrati italiani e li
pubblicò su varie riviste
Rosina era l’amante ufficiale del Re d’Italia, Vittorio Emanuele II; una giovane donna del popolo
che sposò e con cui ebbe dei figli
- Doveva essere un soggetto abbastanza noto nella colonia
Mario Soldati, fu uno dei primi giovani universitari a vincere una borsa di studio per gli USA →
scrive un libro reportage “America primo amore”
- in uno scritto, racconta di aver incontrato Simplicio
Nello stesso anno di pubblicazione del sonetto, Leopardi viene elevato a livello istituzionale, per il
suo centenario dietro le quali era presente il filosofo fascista Giovanni Gentile che si fa capostipite
di un risorgimento in chiave fascista.
- come risposta a questa operazione di rilettura fascistizzazione di leopardi, il poeta minatore
proletario e ex sindaco socialista del suo paese, pubblica sulla rivista statunitense una
poesia chiamata “carme” scritta in endecasillabi.
Gli scrittori della tradizione italiana rispetto ai quali gli emigrati si sono sempre rivolti sono:
- DANTE → per motivi di identificazione nazionale
- PASCOLI → per motivi testuali (italy, emigrazione)
- richiamarsi a LEOPARDI aveva una punta più combattiva dal momento che era un poeta
colto ed emarginato per i suoi tempi, il pensiero e la sua poesia.
Meo Zilio rappresenta l’incontro tra italiano e spagnolo egli ha curato e studiato l'intreccio tra
italiano e spagnolo, Syria Poletti scrive Gente con me che è un grande romanzo sugli immigrati
italiani a buenos aires
Efrem Bartoletti - Il Mattino del Minatore
Scrive un sonetto “il mattino del minatore” nel 1919, quando è minatore nel Minnesota.
- Ha un uso lessicale molto colto quasi per far vedere che pur avendo avuto una scolarità
molto bassa, lui esibisce tutte le forme più raffinate del linguaggio aulico della tradizione
lirica italiana.
Sindaco di Costacciaro, paesino tra Umbria e Marche
- Socialista torna negli USA come esilio politico
- RIferimenti a Dante → condizioni sociali
- Una delle poesie del volumetto “le nostalgie proletarie”

Quando al mattino i corni urlanti in coro che al fumigante mena angusto foro
fanno a l’orecchio orribile armonia
e, ridestando gli umili parìa, del sepolcro de’ vivi m’incammino
ridestan l’ansia del febril lavoro, penoso e mesto. L’anima ferita
piange il suo fiero e tragico destino.
io, stanco, lascio il duro letto e ignoro
se coricarmi dato ancor mi fia: E dico: Ecco la trista alterna vita
mi vesto e mangio, e per la morta via del minator; discendere al mattino
e non saper se a sera àvvi un’uscita.

PLINIO MARTINI
Plinio è un autore a tutto tondo, anche se non ha scritto molte opere
- Aveva iniziato da giovane, nascendo come poeta e pubblicando racconti e romanzi di
ispirazione partigiana.
- Fu insegnante di scuola elementare → c’è una grande tradizione italiana di maestri e
argomenti riguardanti i maestri
- da qui l’opera: “romanzo di un maestro”;
- emigra dell’italia alla svizzera
Ha scritto due libri:
- Sul fondo del sacco nel 1970
- Requiem per Zia Domenica nel 1976 → più lungo, con molti aspetti simili al primo ma con
una struttura diversa
- Il requiem ha una movenza simile rispetto al primo romanzo e ricorda un amore
giovanile.
- Composto in onore del funerale della zia (segue lo schema dello “ stream of
consciousness" tipo "virginia woolf” cosa che non è presente nel primo.
- il protagonista torna al paese, in occasione del funerale della zia, e ricorda un
amore giovanile.
Il centro di tutta questa cultura è la Biblioteca di Bellinzona → cultura/tradizione lombarda
- Alice Ceresa fu una grande scrittrice di origini ticinesi, stabilita a Roma negli anni ‘60 →
grande figura del femminismo italiano
- Ci sono due aperture d’incontro → Dario Fo, di luino (lago maggiore) e Leonardo
Sciascia ( scrittore siciliano)
- Martini scrive delle cose anche su Sciascia e Dario Fo
Fu inoltre un intellettuale rinomato della sua zona e personaggio fisso per il dibattito sociale e
politico della sua vita (a locarno).
Dopo la sua morte vengono pubblicati molti saggi in un volume “nessuno ha pregato per noi” nella
quale è raccolta la fisionomia dell'autore.
SUL FONDO DEL SACCO
Come il romanzo di Donato, anche questo ruota attorno all’immigrazione in un contesto italiano
- ambientato nella Valmaggia (zona alpi) agli inizi degli anni 20
- Legame con la California → in tutte le vicende di immigrazione c’è un ritorno di soldi per
rimettere a posto la casa
- Scrive “Califorgna” → segno grafico errato che racconta della familiarità dell’autore
con il suono gn e che sa scrivere e leggere in italiano ma non sa come ha sentito il
suono, di conseguenza lo riproduce con un ipercorrettismo.1856
- il romanzo è breve e facilmente riassumibile in piccole battute
Racconto EX POST con abbandono del paese natale → partenza del protagonista insieme al
fratello: addio alla terra, ai monti
- Emigrazione europea in America.
È caratterizzato dall’intrecciarsi dei piani temporali: presente e passato che riemerge per
episodi/flashback
Il protagonista (Gori) emigra da Cavergno nel 1929 alla California, nella zona di San Francisco.
- raggiunge uno zio e secondo le classiche dinamiche dell’emigrazione segue una catena,
quella che gli storici chiamano la “chain migration”.
- Questi che partono continuano ad esercitare una forma di pastorizia, anche in California,
diventando dei cowboys
Dopo 17 anni in America, torna in paese nel 1946 ma non si trova bene e ritorna in California, a
San Francisco per poi migrare nuovamente per l’ultima volta a Cavergno.
Primi anni ‘60, quando la sua valle vede la costruzione di una grande diga e in un contesto
demografico molto mutato. Lui rimane al paese e ci racconta.
- Racconto del tutto italiano dal punto di vista culturale, ma che non è ambientato in Italia,
perché Cavergno è in Svizzera, dove non c’è mai stato fascismo e guerra. (no 25 aprile ad
esempio)
- Nonostante siamo nel 1946, quindi nel periodo della Costituzione, non se ne parla
Plinio Martini emigra e passa la sua vita in Svizzera, qui le necessità e le situazioni politiche del
paese sono diverse da quelle italiane, motivo per il quale nella narrazione del romanzo la madre
patria non viene mai citata.
- Il romanzo perciò non tratta minimamente delle situazioni e dinamiche sociali e politiche
italiane nonostante la svizzera sia confinante con l’italia. (infatti questa stessa cultura
democratica svizzera ha fatto sì che le persone che vivevano allo stesso identico modo dei
tedeschi non abbiano instaurato un regime nazista.)
Emigrazione italiana → frutto del risorgimento, unificazione del paese crea le condizioni per la
fuoriuscita dal paese con tasso molto alto di analfabetismo.
Emigrazione delle valli → simile all’emigrazione dalla germania ed era mediamente una
migrazione più alfabetizzata, narrata quindi da epistolari.

“Sul Fondo del Sacco” è quasi espressione idiomatica →Metafora del “vuotare il sacco” →
raccontare fino in fondo
- Gori nelle prime pagine del racconto narra la sua vita e spiega perché l’ha chiamato così.
- MISE EN ABYME “ mentre narra i fatti, spiega il motivo della scelta del titolo.
La valle del racconto è una valle laterale, estremamente ripida, in cui l’agricoltura e pastorizia sono
fonte di indicibile difficoltà in balia dei disastri naturali
“il fondo” → corrisponde al fondo delle alpi, i passi delle montagne
- la storia è ambientata nella valle più a nord dove si parla l’italiano in una variante dialettale.
- a partire dalla metà del 800 la valle è stata spopolata → riformulazione della popolazione
italiana e delle sue testimonianze, storico della vicenda popolare e della migrazione è:
emilio franzina.
la valle alpina descritta nel romanzo (sud delle alpi) “sbatte” il muso contro le montagne, qui si
facevano i passi della montagna. → sono vicoli ciechi.
Il problema dell’italofonia in Svizzera è causato dalla presenza di moltissimi italiani (problema
costituzionale che il paese ha dovuto risolvere con la fuoriuscita del gender. “a chi dare la
cittadinanza?? migranti o donne?
- L’emigrazione di Gori è l’ultima emigrazione.
Sorta di lunga lettera/ messaggio → indirizzato ad un Tu generico → lettore
- racconto della fuoriuscita dal sacco → dal fondo del sacco verso l’esterno
MODALITÀ DELLA NARRAZIONE
il romanzo inizia con la frase “non tornerò in america” → =/= da Di donato.
- alla prima persona corrisponde un immaginario tu.
- tu → il lettore
- fuoriuscita e rientro nel sacco → messaggio che vuole tramandare.
“Sul fondo del sacco” ha un precedente → nel 1950 uscì l’ultimo grande libro di Pavese “la luna e i
falò” → punto d’arrivo della ricerca poetica, umana, esistenziale e letteraria di Pavese
- opera breve ma di estrema intensità espressiva umana
- Il falò → fuoco che brucia il cadavere di Santina, giovane donna che è stata coinvolta
nell'atroce guerra partigiana → guerra che ha diviso le valli delle Langhe
- Racconto portato avanti da Anguilla → “Gori” di Cesare Pavese; protagonista.
- Legame palese tra Anguilla e Gori → Anguilla fugge dal paese e torna al termine della
guerra civile
- Anguilla è anche una poesia di Montale → figura che ritorna per amore
Nel 1969 esce un libro che racconta, non in forma romanzesca, ma in modalità saggistica
antropologica della valle affianco a quella del “Sul fondo del sacco” → ”Albero genealogico:
cronache di emigranti”
LO SPAZIO E IL TEMPO
Sul fondo del sacco è un romanzo che tiene presente lo spazio e il tempo.
Nel sistema dei personaggi emergono figure importanti per Gori:
- padre e madre
- compagno di emigrazione partigiano Rocco→ figura legata alla biografia del narratore che
consente di agganciarci alla figura neorealista
- il prete → il cattolicesimo assume una rigidità molto forte nella zona dell’estremo nord del
Lago maggiore
- Giudice → contraltare del sacerdote. Figura altrettanto autorevole e severa

pagina 160 → “era la fine di maggio”


- In America incontra Dora e si innamora personaggio che non ha un grande rilievo nella
narrazione ma e` fondamentale dal punto di vista culturale:
- donna jugoslava - italiana
- situazione linguistico-culturale non dissimile a quella di Gori → trovano un punto di
riferimento, entrambi stranieri.
- Gori curiosa nella sua stanzetta e vede che lei legge tre libri: Divina Commedia, Promessi
Sposi e Pinocchio → 3 classici che Plinio ritiene formativi e rappresentativi della cultura
italiana → indicativi della sua cultura e del suo popolo
- I Promessi Sposi sono carta di riconoscimento di una cultura cattolica
controriformata molto relativa ad una cultura del Nord Italia
- La divina commedia sono pilastro della letteratura italiana
- Pinocchio è stato un libro che è cresciuto soprattutto nel 1900 (esce nel 1883) → no
immediato successo ma cresce sempre di più dopo la prima Guerra Mondiale →
successo sia nel pubblico infantile che adulto.
- Lanciato sul mercato globale dal film della Disney - Hollywood
- Segni di una cultura lontana ma allo stesso tempo vicina
- Questi libri rappresentano una sorta di salvezza per il giovane ragazzo in California,
di fronte ai segni di una cultura lontana e vicina allo stesso tempo
Qualche pagina dopo Gori torna e riflette sulla violenza del cugino Rocco Valdi dopo essere
tornato nella valle e si sofferma “ per domande come questa ….
pag 175 circa → “ Oggi Rocco ??? San francisco”
- Gori sta riflettendo sul violento personaggio Rocco Valdi → è tornato nella valle e dice
“vivere insieme non importa dove, voglio passare in pace il tempo che mi resta”
- Spicca il ritmo della prosa → metro di endecasillabi e settenari
- il tempo e` scandito e la frase e` particolare perché non si può capire se questa
poeticizzazione della prosa sia voluta o meno.
- Il romanzo si conclude con Gori che si volta indietro e saluta il paese → richiamo ai
Malavoglia → la tolse per sempre dagli occhi mie
- Atmosfere neo realistiche → misure metriche scandite
“IL CURSUS" è la modalità` spesso utilizzata per conferire ritmo alla prosa
- lunga tradizione che parte dal medioevo
Martini scrivendo il romanzo molto probabilmente non ha deciso di inserire la scansione temporale
simile alle poesie ma è interessante il fatto che l'esigenza di un ritmo sia portata all'interno degli
scrittori italiani.
Alternanza tra la valle e l’america → Differenze tra il paese e il fuori dal paese → presenza
dell’Altrove che stimola la sensibilità del narratore → non viene sviluppata in paragrafi specifici ma
in tutto il racconto, attraverso Gori, incontriamo altri personaggi con le loro storie che portano
altrove.
- Incontro con giovane alpino della Val Camonica → si sviluppa una breve riflessione perché
trova una comunanza nella cultura alpina → condividono canzoni
- pag 185 circa → dopo la benedizione del prete → apre un periodo molto esplicito
- Tempo lungo dell’emigrazione
- Australia
Nel corso della narrazione, l'Europa viene menzionata spesso per ricordare movimenti migratori
italiani, sono presenti giudizi quasi immancabilmente negativi e critici che possono essere rubricati
e giudicati come parte di un'ideologia anti americana → dimensione paradossale dato che i
personaggi sono scappati li per stare bene ma hanno trovato un paese con il culto del denaro e
con forti divisioni di natura non armonica con la civiltà e la presenza dell uomo.
- “Paese provvisorio o sconclusionato” definito così da Gori
Le immagini che Martini fornisce degli USA sono immagini di riporto riguardo la realtà, queste
immagini ed episodi non sono mai avvenuti realmente nell’America settentrionale.
- critica nei confronti delle strutture del nuovo mondo
Approfondimento critico anticapitalista nel romanzo:
attraverso la cultura delle valli → il loro mondo tradizionale si sta sgretolando sotto i colpi degli
investimenti del grande capitale
- la modernità porta da una parte alla ricchezza ma anche spopolamento delle alpi e
dell'italia appenninica.
- turismo sulle alpi → segno di modernità.
- Paese di colonizzatori da parte del capitale – visione lucida dei rapporti economici
messi in atto dalle dinamiche
- Attraversano il romanzo una serie di giudizi che mettono a disagio→ a Gori da fastidio
vedere che nel mondo ci sono più persone → razzismo anticinese e casi di antisemitismo.
Serie di immagini forti, costanti e sentimentali (che esprimo un sentire molto radicato) espressive
che prendono forma di parole tematiche, vocaboli o aree semantiche che vengono frequentemente
usate dal narratore che creano un’atmosfera:
- Sacco → area semantica che a partire dal titolo attraversa tutto il romanzo.
- ricchezza semantica e significativa
- rincrescimento → Gori e i suoi amici/parenti sono amareggiati e si portano dietro questa
amarezza di vivere una vita difficile tramite la negoziazione della propria identità
- Rapporto di amore e odio
- scritto ed espresso decine di volte

Pompeo Righetti, La canzone del mungivacche, circa 1900, dalle memorie del fratello Dante
Righetti
Due fratelli → scrive una lettera al fratello Dante → epistolario
- Gli fa leggere una poesia che ha scritto
- uno dei due fratelli è andato in California a fare lo stesso mestiere di Gori.
- Scrive dell’emigrazione ticinese
- Si tratta della canzone del mungivacche → esalta la durezza e la dignità del proprio
mestiere
In questo nuovo secol, d’adesso È come un martire di Santa Fede;
Con tanta industria, tanto progresso Giorni feriali o dì di festa,
Non c’è mestiere, nè professione Vi sia vento, pioggia, tempesta
Che ancor non abbia la sua canzone. Rimbombi il tuono guizzin saette
Persino i sarti, i parrucchieri, Mai, non c’è tregua pel tiratette!
I lustrascarpe ed i camerieri Qual condannato alla galera
Mentr’occupati son nel lavoro È sempre in ballo, da mane a sera.
Cantan le glorie dell’arte loro. A questo mondo, mestier peggior
Ma niun ch’io sappia, cantò sinor Non v’è di quello del mungitor!
La nobil arte del mungitor!
Non mi conforta, un sol bicchierino,
Quando echeggia per le convalli Di grappa vecchia nè di buon vino,
Il mattutino canto de’ galli Acqua di thè o di caffè
Fra una bestemmia ed un sbadiglio Son pronto di berne, quando ce n’è.
Scendo dal povero mio giaciglio Sono costretto coll’astinenza
E mentre al buio, tentoni Senza peccato, far penitenza!
Mi vò infilando i pantaloni Ma pazienza, esclamo, fra qualche annaccio
Gli stivalacci ed il cappello Farò il mestier del Michelaccio,
E fra i denti, mastico il ritornello: Ma poi, rassegnato, lieto e sereno
“A questo mondo, mestier peggior, Le nerborute braccia dimeno.
Non v’è di quello del mungitor!” E col gorgoglio del bianco umor
Accordo il canto del mungitor.
Monto a cavallo, il ciel m’agghiaccia
Orecchi, naso, mani e faccia. Ma infin dei conti, quest’arte mia
Tira aquilone, la notte è oscura, Non è poi proprio da buttar via,
Eh! sono inezie. Poichè fà piovere qualche quattrino,
Dentro a boscaglie, giù per le chine, Nell’aggrinzato mio borsellino.
Mi spingo in traccia delle bovine. E quando copro con guanti gialli
Talvolta ad un ramo passando sotto Le mie manacce, piene di calli,
Resto impigliato, nuovo Iscariotto; Con un gruzzolo di quel lucente
“Vita più triste, io grido allor Assumo l’aria d’un prominente
Non vè [sic] di quella del mungitor!” Sino i banchieri ed i gran’signor
Fan da cappello al mungitor.
Quando s’affibbia il monopede

ELVIRA MUJCIC
Autrice italo-jugoslava
- Fuga con madre e fratelli dal più grande genocidio della storia europea dopo la shoah:
eccidio che ha avuto un punto di non ritorno nel massacro di tutti i maschi del popoloso
centro bosniaco di Srebrenica → raccontato nel suo libro Al di là del caos
- La lingua di Ana → libro pubblicato nel 2012 → “chi sei quando perdi radici e parole?
- Dopo Dieci prugne ai fascisti uscirà un nuovo libro didascalico ed esplicito Consigli per
essere un bravo immigrato
- L’autrice segue un punto di vista al maschile per tornare ironicamente su alcuni dei
suoi temi (ironizza la sua esperienza e il comportamento degli italiani +
comprensione delle ipocrisie italiane nei confronti dei migranti)
DIECI PRUGNE AI FASCISTI
Romanzo del post guerra civile Jugoslava che affronta il tema della divisione etnica
- Titolo indirizzato a noi → fascismo
- Fa riferimento a tre guerre:
- guerra civile Jugoslava → 1991, strage di Srebrenica
- 1980 il Maresciallo Tito muore e in seguito a ciò inizia sgretolarsi
quell’unione di popoli che formavano il territorio
- post seconda guerra mondiale nel corso della quale gli italiani e i tedeschi invasero
l'Europa. (la nonna ne parla all'interno della narrazione con i fashback) → uso del
termine “ fascismo”
- prima guerra mondiale → che ha dato vita alla Jugoslavia
La jugoslavia viene anticipata nel 1980 dalla morte del maresciallo Tito e in seguito a ciò si viene
a sgretolare la multietnia e religioni che si e` concentrata nei balcani, gli artisti e scrittori di quelle
zone non possono far altro che riflettere le loro condizioni. ( marina abramovic)
Emir kusturica
Regista , film importante underground che parla della guerra Jugoslava.
- Ci sono diverse storie anche sulla Shoah che hanno cambiato la consapevolezza che
l'Europa ha avuto sulla seconda guerra mondiale.
- Il trauma della Shoah ha influenzato molto le scritture del tempo.
Aleksandr Sokurov
Film che inizia con Hitler mussolini e Stalin che discutono sui motivi della seconda guerra
mondiale, l’aspetto interessante di questo film è che la seconda guerra mondiale e` rappresentata
come una “vittoria” di Hitler perché egli ha cambiato i connotati dell'Europa e distrutto l'ebraismo
europeo. (è riuscito nel suo intento anche se alla fine muore)
- Questo regista è censurato nella sua patria ma la sua narrazione è una narrazione russa

Nasce come tentativo apotropaico di allontanamento o accettazione del lutto


- Come nel romanzo di Donato → Geremio muore sul lavoro
- Qui muore la nonna
Rappresentazione della Shoah: aspetto, contesto, ambientazione del romanzo
- Lenta accumulazione di rappresentazioni che hanno cambiato la consapevolezza che in
europa si è avuta di questo fenomeno
- Alcune opere che rappresentano la Shoah:
- La vita è Bella - Roberto Benigni
- Essere senza destino - Imre Kertész
- Le donne di Ravensbrück - Primo Levi
Nel romanzo “ dieci prugne ai fascisti” sono presenti omaggi nella nomenclatura dei nomi nel
romanzo seguendo una cultura cinematografica condivisa
- lavinia → madre e nonna
- candid → da candido
- zeligo → dal film zelig
Le condizioni di spaesamento e appartenenza dopo una guerra civile sono tutte caratteristiche
della narrazione ben costruita dall'autrice.
Mujcic innova il genere della letteratura del trauma facendolo in modo esilarante e sconcertante,
costruendo una voce comica femminile.
- Triade: Lania (protagonista) la madre e la nonna
- tre fratelli: Lania, Candido e Zeligo
Il libro narra della vita di Mujcic ma alcuni fatti narrati non sono veritieri
- Mentre Mujcic scriveva, la nonna era ancora in vita, quindi il funerale è stato immaginato
dall’autrice → muore 8 anni dopo la stesura del libro
- Il viaggio non è reale
- L’operazione di scrittura di Mujcic è artificiosa e autentica → lei dice che si è molto più liberi
quando si crea un personaggio → l’autobiografia è una prigione
Scrittrice che impara la lingua italiana a 14 anni
- “utilizzare una lingua nel quale non sono accadute queste cose”
- Vede l’italiano come una madre che l’ha accolta con dolcezza
- “L’italiano era netto” → dice che la lingua l’ha riportata a quando aveva 14 anni e non aveva
un passato
Il titolo originale era Una storia al contrario

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