Sei sulla pagina 1di 19

1 SINCRONIE

Prologo
[1]

Paul Celan
da “nero di re” (da Poesie postume)

Dà i loro annuncio duplice:
di te e di te,
dei due piatti della bilancia,
del buio, che chiede di entrare,
del buio, che consente di entrare.

2 SINCRONIE
[2]
Wisława Szymborska
Ogni Caso

Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.

Ti sei salvato perché eri il primo.


Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.

Per fortuna là c’era un bosco.


Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.


Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.

Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?


La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
3 SINCRONIE
[3]
Hugo von Hofmannstahl
I Due

Lei portava la coppa in mano


Pari al suo orlo aveva il mento e la bocca
Aveva un passo così leggero e sicuro,
Che dalla coppa non cadeva una stilla.

Non meno leggera e salda era la mano di lui:


Un giovane cavallo egli montava,
E con gesto noncurante
A una tremante immobilità lo sforzava.

Eppure quando dalla mano di lei


La lieve coppa egli dové prendere
Per entrambi fu troppo pesante;
Perché entrambi tremavano tanto
Che le mani non si trovarono,
E scuro vino corse sul suolo.

[4]
Alceo
Solo il cardo è in fiore

Gò nfiati di vino: già l'astro


che segna l'estate dal giro
celeste ritorna,
tutto è arso di sete,
e l'aria fumiga per la calura.
Acuta tra le foglie degli alberi
la dolce cicala di sotto le ali
fitto vibra il suo canto, quando
il sole a picco sgretola la terra.
Solo il cardo è in fiore:
le femmine hanno avido il sesso,
i maschi poco vigore, ora che Sirio
il capo dissecca e la ginocchia.
4 SINCRONIE
[5]
Friedrich Hölderlin
Canto del destino di Iperione (da Poesie 1754-1800)

Camminate nella luce


per morbide vie, Geni felici;
aliti divini d'aria luminosa
leggeri vi toccano
come dita d'artista
corde sacre.

Fuori del Fato


come neonato che dorme
respirano gli Immortali:
puro e protetto
in una gemma inavvertita
fiorisce eterno il loro spirito,
e gli occhi felici
splendono d'un calmo
chiarore senza fine.

Ma a noi non è dato


riposare in un luogo,
dileguano precipitano
i mortali dolenti, da una
all'altra delle ore, ciecamente,
come acqua di scoglio
in scoglio negli anni
giù nell'Ignoto.
[6]

Fernando Pessoa
Gli dèi sono felici (da Poesie)

Vivono la vita calma delle radici.


I loro desideri non li opprime il Fato,
o, se li opprime, li redime
con la vita immortale.
Non hanno ombre o altri che li attristino.
E, inoltre, non esistono...
5 SINCRONIE
[7]
Jorge Luis Borges
Ein Traum (da La moneta di ferro)

Lo sapevano tutti e tre.


Lei era la compagna di Kafka.
Kafka l’aveva sognata.
Lo sapevano tutti e tre.
Lui era l’amico di Kafka.
Kafka lo aveva sognato.
Tutti e tre lo sapevano.
La donna disse all’amico:
Voglio che questa notte tu mi ami.
Tutti e tre lo sapevano.
L’uomo le rispose: Se pecchiamo,
Kafka cesserà di sognarci.
Uno lo seppe.
Non c’era nessun altro sopra la terra.
Kafka si disse:
Adesso che i due sono partiti, son rimasto solo.
Cesserò di sognarmi.
[8]
Charles Baudelaire
SPLEEN (da Le fleurs du mal-75)

Pluvioso, irritato contro l'intera città , versa dalla sua urna


a grandi zaffate un freddo tenebroso sui pallidi abitanti
del vicino camposanto,
rovesciando, sui quartieri brumosi, la morte.
Il mio gatto, alla cerca d'un giaciglio sul pavimento, agita
incessantemente il suo corpo magro e rognoso; l'anima
d'un vecchio poeta erra nella grondaia con la voce triste
d'un fantasma infreddolito.
La campana che si lagna e il tizzo che fa fumo accompagnano
in falsetto la pendola raffreddata; intanto in un
mazzo di carte dall'odore nauseante,
lascito fatale d'una vecchia idropica, il bel fante di cuori
e la regina di picche chiacchierano sinistramente
dei loro amori defunti.
6 SINCRONIE
[9]
Mark Strand: Se la vita è sventura
Per Charles Wright
Dove stava scritto che oggi
Sarei andato alla finestra, e poiché è estate,
avrei immaginato l’aria calda colmare le alte stanze fluttuanti degli alberi
con gli odori d’erba e catrame, che due api folli
si sarebbero rincorse nell’ombra, che un muro
di nuvole temporalesche si sarebbe sollevato a oriente
e che oggi – di tutti i giorni – un uomo a passeggio avrebbe tratto un
respiro
e rilasciato all’indietro la testa, concedendo alla luce dorata
di scivolargli sulla faccia arrovesciata, e che un forestiero
uscito dal nulla, brandendo d’improvviso un coltello,
l’avrebbe squarciato dalla pancia allo sterno, facendo di questo momento
davanti a casa mia il suo ultimo? Dove stava scritto
che il mondo, in fondo pietoso, si sarebbe aperto
per fare spazio alla sagoma indistinta dell’assassino
che fuggiva dal luogo del delitto, mentre la vittima, che già
era scivolata sulle ginocchia, avrebbe sentito il calore del suo intero essere
passare
in un’effimera nuvola traslucida che si sfaceva nel formarsi?
O che uno sguardo cieco avrebbe soppiantato la sua espressione sorpresa,
che, nonostante avessi indovinato fosse la sua volontà di sopravvivere, di
entrare
ancora una volta nell’irraggiungibile sfera di luce, egli avrebbe continuato
a cadere, e i vicini, che ormai facevano crocchio,
avrebbero scrutato la tenebra dentro il suo corpo e l’avrebbero guardato
affondare
nella sua ferita come una mosca o un granello di polvere divenendo
parte infinitesima della notte, dove la deriva
dei sogni e la deriva delle stelle, condividendo il medesimo fato,
obbedendo alle medesime norme, nella loro discesa, si assomigliano?
Dove stava scritto che una sera così si sarebbe dispiegata,
oscuramente incidendosi ovunque, o per quel che importa, dove
stava scritto che io sarei rinato di continuo in me stesso,
come sto facendo perfino ora, come ogni cosa in questo attimo,
e avrei sentito la caduta della carne nel tempo, e l’avrei sentita volgersi,
silenziosamente, adagio, come stesse rimettendosi nel verso giusto.
7 SINCRONIE
[10]
Kostandinos Kavafis: Aspettando i barbari (da Poesie ant. al 1911)

- Che aspettiamo, raccolti nella piazza?


- Oggi arrivano i barbari.
- Perché mai tanta inerzia nel Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?
- Oggi arrivano i barbari.
Che leggi devon fare i senatori?
Quando verranno le faranno i barbari.
- Perché l'imperatore s'è levato
così per tempo e sta solenne, in trono,
alla porta maggiore, incoronato?
- Oggi arrivano i barbari.
L'imperatore aspetta di ricevere
il loro capo. E anzi ha già disposto
l'offerta d'una pergamena. E là
gli ha scritto molti titoli ed epiteti.
- Perché i nostri due consoli e i pretori
sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste,
gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze
coi bei ceselli tutti d'oro e argento?
- Oggi arrivano i barbari
e questa roba fa impressione ai barbari.
- Perché i valenti oratori non vengono
a snocciolare i loro discorsi, come sempre?
- Oggi arrivano i barbari:
sdegnano la retorica e le arringhe.
- Perché d'un tratto questo smarrimento
ansioso? (I volti come si son fatti seri!)
Perché rapidamente e strade e piazze
si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?
- S'è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
Taluni sono giunti dai confini,
han detto che di barbari non ce ne sono più.
- E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.
[1’40”]
8 SINCRONIE
[11]
Giacomo Leopardi
Imitazione - Canti – XXXV (da V. A. Arnault)

Lungi dal proprio ramo,


Povera foglia frale,
Dove vai tu? — Dal faggio
Là dov'io nacqui, mi divise il vento.
Esso, tornando, a volo
Dal bosco alla campagna,
Dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
Vo pellegrina, e tutto l'altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
Dove naturalmente
Va la foglia di rosa,
E la foglia d'alloro.
[35”]
[12]

Shakespeare
Sonetto - LCIV

Quando osservo la mano del tempo


Che sfigura la bellezza di epoche lontane
E ormai sepolte…
Quando vedo le torri che furono alte rase al suolo
e il bronzo eterno soggetto alla furia della morte
Quando osservo l’oceano che avanza, ritorna ingordo
E conquista il regno della spiaggia
E poi la terraferma riconquistare la distesa delle acque
Accrescendo guadagni con perdite e perdite con Guadagni
Quando osservo tale scambio di sfarzo regale e lo sfarzo stesso vedo
ridotto in incertezza
Tale rovina m’insegna a pensare tra me e me
Che il tempo verrà e mi ruberà il mio amore
Questo pensiero è come la morte e non può far
Altro che piangere per avere ciò che poi teme di Perdere
[1’12”]
9 SINCRONIE
[13]
Trilussa
L’Onestà de mi’ nonna

Quanno che nonna mia pijò marito


nun fece mica come tante e tante
che doppo un po' se troveno l'amante...
Lei, in cinquant'anni, nu' l'ha mai tradito!

Dice che un giorno un vecchio impreciuttito


che je voleva fa' lo spasimante
je disse: - V'arigalo 'sto brillante
se venite a pijavvelo in un sito. -

Un'antra, ar posto suo, come succede,


j'avrebbe detto subbito: - So' pronta.
Ma nonna, ch'era onesta, nun ciagnede;

anzi je disse: - Stattene lontano... -


Tanto ch'adesso, quanno l'aricconta,
ancora ce se mozzica le mano!
[14]
Marchese di Caccavone
’A confessione ’e Taniello

Taniello, ch’ave scrupole, Jastemmo, arrobbo... ’O prossimo


mo che se vo’ nzorà , spoglio e le dongo ’o riesto;
piglia e da Fra Liborio ma po faccio ’a llemmosena,
va pe se confessà . e chello va pe cchesto...

Patre – le dice – i’ roseco E mo, Patre, sentitela


e pe nniente me mpesto; st’urtema cannunata:
ma po dico ’o rusario, la sora vosta, Briggeta,
e chello va pe cchesto... me l’aggio nzaponata...

Patre, ncuoll’a le ffemmene Se vota Fra Liborio:


campo e ncopp’ ’o burdello; Guaglió , tu si’ Taniello?...
ma sento messe e ppredeche, I’ me nzapono a mammeta,
e chesto va pe cchello... e chesto va pe cchello!
10 SINCRONIE
[15]
Wisława Szymborska - Il terrorista, lui guarda (da Grande numero)

La bomba esploderà nel bar alle tredici e venti.


Adesso sono appena le tredici e sedici.
Alcuni faranno in tempo a entrare,
alcuni a uscire.

Il terrorista ha già attraversato la strada.


Questa distanza lo protegge da ogni male,
e poi la vista è come al cinema:

Una donna con il giaccone giallo, lei entra.


Un uomo con gli occhiali scuri, lui esce.
Ragazzi in jeans, loro parlano.
Le tredici e diciassette e quattro secondi.
Quello più basso è fortunato e sale sulla vespa,
quello più alto invece entra.

Le tredici e diciassette e quaranta secondi.


La ragazza, lei cammina con un nastro verde nei capelli.
Ma quell'autobus d'improvviso la nasconde.
Le tredici e diciotto.
La ragazza non c'è più .
Se è stata così stupida da entrare, oppure no,
si vedrà quando li porteranno fuori.

Le tredici e diciannove.
Più nessuno che entri, pare.
Invece esce un grassone calvo.
Sembra che si frughi nelle tasche e
alle tredici e venti meno dieci secondi
rientra a cercare quei suoi miseri guanti.

Sono le tredici e venti.


Il tempo, come scorre lentamente.
Deve essere ora.
No, non ancora.
Sì, ora.
La bomba, lei esplode.
11 SINCRONIE
[16]
Edoardo Sanguineti
Ripost (da “Fanerografie” in Gatto Lupesco)

vivendo per capire perché vivo,


scrivo anche per capire perché scrivo:
e vivo per capire perché scrivo,
e scrivo per capire perché vivo
[17]

Wisława Szymborska
Vestiario (da Gente sul Ponte)

Ti togli, ci togliamo, vi togliete


cappotti, giacche, gilè, camicette
di lana, di cotone, di terital,
gonne, calzoni, calze, biancheria,
posando, appendendo, gettando su
schienali di sedie, ante di paraventi;
per adesso, dice il medico, nulla di serio
si rivesta, riposi, faccia un viaggio,
prenda nel caso, dopo pranzo, la sera,
torni fra tre mesi, sei, un anno,
vedi, e tu pensavi, e noi temevamo,
e voi supponevate, e lui sospettava;
è già ora di allacciare con mani ancora tremanti
stringhe, automatici, cerniere, fibbie,
cinture, bottoni, cravatte, colletti
e da maniche, borsette, tasche, tirar fuori
- sgualcita, a pois, a righe, a fiori, a scacchi - la sciarpa
riutilizzabile per protratta scadenza.
12 SINCRONIE
[18]
Salvatore Di Giacomo
Dint 'o giardino

'A vi' llà ; vestuta rosa


e assettata a nu sedile,
risciatanno st' addurosa
e liggiera aria d' abbrile,

cu nu libbro apierto nzino,


cu nu vraccio abbandunato,
sott' 'o pède 'e mandarino,
sola sola Emilia sta.

C' aggia fa'? M' accosto? (E quase


arrivato lle so' ncuollo...)
Core mio! Cu quanta vase
tè vulesse salutà !

Nun me vede, nun me sente,


legge, legge, e nun se move:
e io ncantato 'a tengo mente
cammenanno ncopp' a ll' ove...

Ah!... s' avota!... - Emì... che liegge?


- Tu ccà stive?... E 'a dò si' asciuto?
- M' accustavo liegge liegge...
- Pe fa' che?... - Pe t' abbraccia!

- Statte!... - Siente... - (E 'o libbro nterra


cade apierto...) Essa se scanza,
se vo' só sere, mm' afferra,
rire e strilla: - Uh! no! no! no!... –

Na lacerta s' è fermata


e ce guarda a tutte e dduie...
Se sarrà scandalizzata,
sbatte 'a coda e se ne fuie...
13 SINCRONIE
[19]
'E RIMPETTO

L' ato iuorno c' 'o sciato facette


d' 'a fenesta na lastra appannà ;
e c' 'a ponta d' 'o dito screvette:
« Ah, che bene ve voglio, 'onn' Ama! »

Doppo scritto, 'onn' Ama, v' assicuro,


mme sentette 'int' 'e gamme chìà ,
e appuiato restaie nfaccia 'o muro,
senza manco curaggio 'e parla...

Quanno maie mm'era tanto azzardato?


Quanno maie mm' era ardito accussì?
Si cu vuie nu scurnuso c'è stato,
mo nce vo', stu scurnuso songo i'.

Tutto nzieme nu zumpo facette...


Me parette, v' 'o giuro, 'e murì!...
Tu... screvive!... E tremmanno, io liggette
ncopp' 'a lastra: « E pur' io, donn' Erri!... »
14 SINCRONIE
[20]
Andrea Zanzotto
Luna Starter di feste bimillenarie (21/22 dicembre 1999)

Fotomodella d'altissimo rango


in piena forma sembri questa sera,
pur sempre amica Luna,
non si direbbe granché dilatata
dentro il gran sottozero
che rende ogni belletto menzognero.
Ma di certo un lievissimo cachino
ti sfugge mentre adocchi sulla Terra
formicolar la gente assatanata:
perché ben sai
che gran parte del senno umano ormai
nel tuo mirabil tondo è congelata.
Invano striglia Astolfo l'ippogrifo
ed il carro d'Elia s'appresta invano.
Al mondo per le sue presenti mete,
non serve il senno, basterà la rete.
[21]

Franco Fortini
La gronda (da Una volta e per sempre)

Scopro alla finestra lo spigolo d’una gronda,


in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegole. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là , sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.
Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.
15 SINCRONIE
[22]
Bertolt Brecht
Le grucce.

Per sett'anni non mi riuscì un passo


Quando fui dal gran medico, lui
m'ha chiesto: «perché queste grucce? »
E io: «sono storpio», gli ho detto.

E lui: «non c'è da stupirsi


Fa' una prova, per cortesia!
Son questi arnesi, a storpiarti.
Va', cadi, striscia a quattro zampe»

Ridendo come un mostro


le mie belle grucce mi prese,
sulla schiena me le spezzò ,
ridendo le scagliò nel fuoco.

Come sia, son guarito: cammino.


Una risata m'ha guarito.
Solo, a volte, se vedo stampelle,
per qualche ora cammino un po' peggio.
16 SINCRONIE
[23]
Raffaele Viviani
Don Nicola (estratti)

Grazie dell'accoglienza
ché, dopo una lunga assenza,
all'apparire della mia presenza,
ve avutate ‘e renza
e mi mostrate questa circonferenza

vuie mo vedennome accussì arremmediato,


ve sarrate 'mmaginate
c' ‘a miseria m'ha pigliato!
E nun vi site sbagliate:
ce avite 'nduvinate!

Io stevo ‘Avezzano 'mpiegato


e d' 'o terremoto songo scampato:
ma 'e solde che hanno mannato
pe' succorrere 'e danneggiate
e p’ 'e ccase sgarrupate
nun l’avimmo viste manco pittate
pecché chille d' 'o Cumitato
se l'hanno passate l'uno cu ll'ato;
e 'e solde se songo assuttigliate;
e mano mano songo squagliate

Sicché ‘e signure se l'hanno cuntate,


‘e sìgnure se l'hanno arunate,
e 'e signure se l'hanno magnate,
pe' nun fa' asci' 'o ggrasso 'a for' 'o pignato.
E io povero sfortunate
songo restato 'comm’a ll'ate:
curnuto e mezziato.

E allora, accussi affamato,


aggio pensato faccio 'o suldato,
ca si moro, moro p' 'o Stato,
ma sempe doppo che aggio magnato!
17 SINCRONIE
E mo ca Tripule avimmo pigliato
pe' via ca 'e curazzate
allazzavano cannunate
cunfessate e cumunicate
e 'e Turche e ll'Arabe se so' ammusciate
p' 'e batoste che hanno azzeccate;
e ca Il'ltalia s'è risvegliata
menanno mazzate a' cecata:
'o guverno ha richiamato
a n'atu pizzeco 'e surdate
e 'e mantene sparpagliate
pe' tutte 'e forte che ha conquistato.

E mo ca 'a guerra è passata


pozzo parla' 'e chi ha speculato,
ha mangiato e s'è accunciato
a spese 'e chillo ch'è trapassato
p' 'a grandezza dello Stato.

Chi teneva sempe appicciate


'e ccannele a' 'Mmaculata,
pecché 'a guerra fosse durata
per lo meno quacche ata annata
quanno 'a pace s'è firmata
ha avuto ‘ncapa na mazzata.
Accummincianno d' 'o spustato,
'o surdato l'ha sullevato,
Si è p' 'o fronte, nun c'è stato,
pecché, a furia 'e fa' nuttate,
'o litro 'acito'ncopp"a 'nzalata,
'o ccafè che ha magliecato,
'e popolare ca s'ha fumato.
'o zurfo che ha rispirato.
e tutt’ 'e purghe che s'ha pigliato
l'hanno inabile dichiarato
e l'hanno miso 'e guardia a' retirata
Pirciò 'a pelle nun l'ha arresecata,
18 SINCRONIE

Ma 'a famiglia è stata sovvenzionata


'e ggavette se l'ha pigliate,
'e ppagnotte se l'ha magnate
'e ccinquine se l’ha purtate
‘o paro 'e scarpe l'ha arrevutato ;
e 'a mantella ca l'hanno data
'a mugliera l'ha taccariata
e ha vestuto 'e guagliune 'a surdato.
Però mo è fernuta tutt' 'a scialata
nun sulo pe' isso, ma pure pe' ll'ate.
Tutt' 'a rrobba ca steva astipata
mano mano l'hanno cacciata,
ma già s'era 'nfracetata.
'O cummirciante s'è sparato,
'o furnisore se l'è squagliata
e quacche mugliera se n'è scappata
pecché, turnanno 'o marito 'a surdato,
nun l'avesse truvata gunfiata.
19 SINCRONIE

[24]

Edoardo Sanguineti
Epistolina per N.B.
(7 maggio 2010)

Caro Nanni, ritorno da Bologna:


ti scrivo qui, dall’autostrada, in fretta,
non ho notizie fresche, ma che rogna
che è questa cosiddetta crisi: aspetta
un po’: guarda la Grecia, il Portogallo,
la Spagna: è una questione, qui, di giorni,
forse di ore, attenzione: guarda il gallo
con i sobborghi che esplodono, forni
ardenti, con Obama abbronzatissimo,
da nobelizzatissimo: si crede
imperatore del mondo: incertissimo
su tutto, poveretto, lui, l’erede
degli Stati sfasciati, indebitati,
nel pantano delle assicurazioni-
tra iraniani, e iracheni, e iper-armati
di Taiwan, nordcoreani, e legioni,
di indiani - e pechinesi che si acquistano
(e si vendono) tutto, tra filmati
di bollynigeriani, e si conquistano
i mercati: e un mondo è morto - e soldati
per le strade del mondo: e non si arriva
per me, al 2012: e vicina,
più vicina, è la fine: e la deriva
è completa: ma ciao - viva la Cina:

Potrebbero piacerti anche