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Arbolé arbolé (Federico Garcia Lorca)

La ragazza dal bel volto


sta cogliendo olive.
Il vento, corteggiatore di torri,
la prende per la vita.
Passaron quattro cavalieri,
sopra cavalle andaluse,
con vesti azzurro e verde,
con lunghi mantelli scuri.
« Vientene a Cordova, ragazza ».
La ragazza non li ascolta.
Passaron tre piccoli toreri
magri di cintola
con vesti color arancia
e spade d'argento antico.
« Vientene a Siviglia, ragazza ».
La ragazza non li ascolta.
Quando la sera diventò
viola, con luce diffusa,
passò un giovane che portava
rose e mirti di luna.
« Vientene a Granata, ragazza ».
E la ragazza non l'ascolta.
La ragazza dal bel volto
continua a cogliere olive,
con il braccio grigio del vento
passato alla cintura.

Notte dell’amore insonne 

Notte alta, noi due e la luna piena;


io che piangevo, mentre tu ridevi.
Un dio era il tuo scherno; i miei lamenti
attimi e colombe incatenate.

Notte bassa, noi due. Cristallo e pena,


piangevi tu in profonde lontananze.
La mia angoscia era un gruppo di agonie
sopra il tuo cuore debole di sabbia.

L’alba ci ricongiunse sopra il letto,


le bocche su quel gelido fluire
di un sangue che dilaga senza fine.
Penetrò il sole la veranda chiusa
e il corallo della vita aprì i suoi rami
sopra il mio cuore nel sudario avvolto.

Federico García Lorca

1935-1936

(Traduzione di Claudio Rendina)

da “Sonetti dell’amore oscuro”, Newton Compton, Roma, 1988

Io sono la madre di Donna Rosita

Io sono la madre di Donna Rosita 

e voglio che si sposi,

perché ha gia due tettine

come due arancie,

e un culino

come un formaggio piccolino,

e una passeretta

che smania e le cinguetta.

Ed è come dico io:

ha bisogno d’un marito,

e se possibile di due.

Sogno di vederti una sera

                                   tornare a Granada.

                                   L’aria è pregna di salsedine


                                   per la nostalgia del mare,

                                   l’agrumeto tutto giallo,

                                   e l’esangue gelsomino

                                   prigioniero delle pietre

                                   ti ostacolano il cammino

                                   e un turbinio di nardi

                                   impazza sopra il mio tetto.

                                   Tornerai?

            Tornerò.

                 Che colomba, che luce

M’annuncerà il tuo ritorno?

Il colombo della mia parola di fede.

Capelli  da  imperatrice

Capelli  da  imperatrice


ha la sellaia,

e carni simili all'acqua

limpida di  Lucena.

Quando  muoveva  le gonne

in tempo di  Primavera

la biancheria  le odorava

di  limone e di menta.

Ahi, limone, limone

Della limonaia!
E com’è appetitosa la  sellaia!

LE MANI DEL MIO AFFETTO

Le mani del mio affetto


ti stan cucendo una cappa
con nastri di violacciocche
e con pellegrine d'acqua.

Quando eri il mio ragazzo


nella primavera bianca
gli zoccoli del tuo cavallo
quattro singhiozzi di latta.

La luna è un piccolo pozzo,


i fiori non valgono nulla.

Valgon solo le tue braccia


quando di notte mi cullan.

Valgon solo le tue braccia


quando di notte mi cullan.

Il cielo ha giardini

Il cielo ha giardini

di roseti e felicità:

tra roseto e roseto,

la rosa della meraviglia.

Sembra un fulmine

E un arcangelo la custodisce,

ali di tempesta.

Intorno alle sue foglie,

fiumi di latte tiepido

giocano e bagnano il viso

delle quiete stelle.


Signore, apri il tuo roseto

sulla mia carne putrida.

IL POETA PARLA AL TELEFONO COL SUO AMORE

Nella cabina, dolce,


la tua voce irrigava
la duna del mio petto.
Per il sud dei miei
piedi, primavera e
al nord della mia
fronte, fior di felce.
Pino di luce nello
spazio stretto,
canto di rugiada,
né semente, e per
la prima volta il
pianto prese
ghirlande di
speranza per
suo tetto.Dolce e lontana
voce a me
versata, dolce
e lontana voce
assaporata.
Lontana e
dolce voce
affievolita.
Lontana
come oscura
cerva in pena.
Dolce come
un singhiozzo
fra la neve.
Lontana e dolce
dentro la mia carne.

@ Barbieri Donatella
12.3.2019

AMORE, AMOR

Amore, amor,

ferito.

Ferito d'amor fuggito;

ferito,

morto d'amor.

Dite a tutti che è stato

l'usignolo.

Bisturi a quattro tagli,

gola spezzata e oblio,

prendi la mia mano, amor mio,

che sono assai ferito,

ferito d'amore fuggito,

ferito,

morto d'amor!
Tutta la mia vita

Pende dalle sue labbra.

Questa donna

Divina e senz’anima

Parte alle cinque

Del mattino.

Se potessi fermare l’alba!

Mi è arrivata dritta

Al petto la terribile freccia.

Tutta la mia vita pende

Dalle sue labbra.

Casida della rosa

La rosa
non cercava l'aurora:
quasi eterna sul ramo
cercava altra cosa.

La rosa
non cercava né scienza né ombra:
confine di carne e sogno
cercava altra cosa.

La rosa
non cercava la rosa.
Immobile nel cielo
cercava altra cosa.
Romance della pena nera – Federico Garcia Lorca

a José Navarro Prado

I galli con la piccozza,

scavan cercando l’aurora,

quando per il monte oscuro

Scende Soledad Montoya.

Rame giallo, la sua carne,

sa di cavallo e di ombra.

Nere incudini i suoi seni,

gemono sode canzoni.

Soledad: di chi domandi

così da sola a quest’ora?

Domandi di chi domandi,

dimmi: a te che te ne importa?

Vengo a cercar quel che cerco,

la gioia, la mia persona.

Soledad del mio tormento,

cavallo che spezza il morso,

alla fine arriva al mare

e lo inghiottono le onde.

Non ricordarmi del mare

che la pena nera spunta

sulle terre di oliveti

nello stormire di foglie.

Soledad, che pena hai!

Che miserevole pena!

Piangi succo di limone

aspro d’attesa e di bocca.

Che pena enorme! Io corro

per la casa come pazza,


le mie due trecce per terra,

dalla cucina all’alcova.

Che pena! Sto diventando

di giaietto, carne e vesti.

Ahi, mie camicie di filo!

Ahi, mie cosce di papavero!

Soledad: lava il tuo corpo,

bagnati in acqua di allodole,

e lascia in pace il tuo cuore,

ora, Soledad Montoya.

Laggiù sotto canta il fiume:

falpalà di cielo e foglie.

E con fiori di zucca

si corona il nuovo giorno.

Oh, la pena dei gitani!

Pena netta e sempre sola.

Oh pena d’un alveo occulto

e un albeggiare remoto!

Traduzione di Valerio Nardoni


da Federico Garcia Lorca, Nuda canta la notte, a cura di Valerio Nardoni
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Volerò sul filo d’argento

Volerò sul filo d’argento.

I miei figli mi aspettano

Lontano nei campi,

filando sull’arcolaio.

Io sono lo spirito

della seta.

Vengo da un’arca misteriosa


E vado verso la nebbia.

Canti il ragni

Nella sua grotta.

Mediti l’usignolo

Sulla mia leggenda.

La goccia d’acqua si stupisca

Scivolando sulle mie ali morte.

Ho filato il mio cuore sulla mia carne

Per pregare nelle tenebre,

e la morte m’ha dato due ali bianche,

ma ha accecato la fonte della mia seta.

Ora capisco il lamento dell’acqua,

e il lamento delle stelle,

e il lamento del vento sulla montagna,

e il ronzio pungente dell’ape.

Angelo che non fa la guardia

Era bellissima la tua Granada

IO la conosco.

E non ho saputo affatto

Che fossi stato

Sul mio balcone

Dove dorme l’angelo

Che non fa la guardia.

Sì, era bellissima la tua Granada.

Canción de jinete

Nella luna nera dei banditi,

gli speroni cantano.


Cavallino nero
Dove porti il tuo cavaliere morto?
...Gli speroni duri

del bandito immobile

che ha perso le redini


Cavallino freddo
Che profumo di fiori dal coltello!

Nella luna nera,

sanguinava il fianco

della Sierra Morena

Cavallino nero
Dove porti il tuo cavaliere morto?

GAZZELLA DELL'AMORE DISPERATO


(traduzione di Carlo Bo)

La notte non vuole venire


perché tu non venga
e io non possa andare.

Ma io andrò
benché un sole di scorpioni mi mangi la testa.

Ma tu verrai
con la lingua bruciata dalla pioggia di sale.

Il giorno non vuole venire


perché tu non venga
e io non possa andare.

Ma andrò
portando ai rospi il mio garofano morsicato.

Ma tu verrai
nelle cupe cloache dell'oscurità.

Né la notte né il giorno non vogliono venire


perché io muoia per te
e tu per me.

COSA HANNO FATTO CON LATUA MORTE?

Negli anni

Della mia solitudine,

fin da piccola,

esplose un garofano.

Aprì una breccia


Per far giungere dal cielo

Una stella,

che si chiama

Federico García Lorca.

Stendi la mano

E mostrami qualcosa della tua vita,

e non della tua morte,

che nessuno sa

cosa ne hanno fatto.

Oh, io vi do il cuore

Oh, io vi do il cuore! Datemi un mazzo di fiori.


Nell'ultime mie ore io voglio farmi bella;

sentire  del  mio anello  la tenace carezza,

tenere sui capelli la mantiglia di  pizzo.

Libertà che ami al di sopra di tutto,

la Libertà son io, io che dono il mio sangue,

che è il tuo sangue ed  il  sangue di tutte le creature.

Ora so ciò che dicono l'albero e l'usignuolo.

È l'uomo un prigioniero che non può liberarsi.

O  Libertà dall'alto!  Libertà veritiera,

illumina per me le tue lontane stelle.

Io son la Libertà perché lo volle amore!


Pedro,  la libertà per cui tu mi lasciasti.

Io son la Libertà che gli uomini han ferito.

Amore, amore, eterne solitudini!


Canción de jinete

Cordova.
Lontana e sola.

Cavallina nera, grande luna,


e olive nella mia bisaccia.
Pur conoscendo le strade
mai più arriverò a Cordova.

Nel piano, nel vento


cavallina nera, luna rossa.
La morte mi sta guardando
dalle torri di Cordova.

Ahi, che strada lunga!


Ahi, la mia brava cavalla!
Ahi, che la morte mi attende
prima di giungere a Cordova!

Cordova,
lontana e sola.

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