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Giambattista

VICO (Napoli, 23 giugno 1668 – Napoli, 23 gennaio 1744)


AFFETTI DI UN DISPERATO Canzone
Vico poeta? / Fece parte dei “luminosi (lucreziani). L’Accademia degli infuriati e
poi della colonia sebezia dell“Arcadia” / Produzione marginale / Ansia espressiva
che affianca la filosofia / Petrarchismo (Leonardo di Capua) / Dal 1686 al 1695
(da 18 a 27 anni) Vico a Vatolla // Una poesia giovanile 1692 ? o prima. / Lo
stato d'animo della poesia di assoluta disperazione trae alimento dalla
considerazione dei propri mali fisici, da un senso di solitudine accentuato dal
vivere da una crescente marea di corruzione e di minacciosi nuovi morbi che
conducono la razza umana con rapida precocità alla morte (tra cui la sifilide) a
questo stato di pessimismo alcuni aggiungono anche l'amarezza di un amore
non corrisposto per Giulia la figlia del Marchese Domenico Rocca; Benedetto
Croce sostiene che «Chi a vent'anni non ha avuto talvolta desiderio di morte e
pensiero di suicidio non sarà mai degno, non farà mai niente di buono.» Nella 1^
stanza dichiara lo stato delle sue sofferenze e invoca il pianto che possa liberare
e sciogliere dal cuore dove queste sofferenze albergano e liberato possa
raggiungere la riva, l’approdo, della sua vita
Lasso, vi prego, acerbi miei martiri,
a unirvi insiem ne la memoria oscura,
se cortesi mai sète in dar tormento;
poiché son tanti, che lo mio cor dura,
di mille vostre offese i vari giri, 5
ch'i' non ben vi conosco e pur vi sento:
talché di rimembrar meco pavento
le mie sciagure. Or voi, sospiri accesi,
ite a seccarmi i pianti in mezzo al varco
del ciglio d'umor carco; 10
e voi, da miei sospir miei pianti offesi,
tornando in giù, di lor vi vendicate
con sommergerli adentro 'l mesto core,
a cui per le vostr'onte omai si toglia
che possa la sua cruda amara doglia 15
sfogar, poiché così agio non fate
ch'uscendo fuor con voi il mio dolore,
lasci l'albergo d'ogni nostro affetto;
perch'io, finché m'ha morto, in mezzo al petto
serbarlo vo', se mai quel che m'avviva 20
potrà menarmi del mio corso a riva.
Sempre da “Affetti di un disperato” una strofa che sembra dedicata a Vatolla. Un
luogo che contraddittoriamente considera «selve aspre, solinghe, orride e meste» e
più tardi nell'Autobiografia definisce al contrario «…bellissimo sito e di perfettissima
aria.» Ancora Benedetto Croce afferma “È certo che quegli anni di Vatolla furono la
sua università di autodidatta, e le selve …aspre, solinghe, orride e meste sono quelle
che ringrazierà nell'autobiografia, come il luogo dove «dal suo buon genio guidato»,
aveva fatto il «maggior corso dei suoi studi»”. Nella prima parte il disperato,
proiettato in una natura idillica, arriva a definire la propria vita “pene e non dono”
successivamente guarda con occhi diversi alla vita felice delle ninfe e dei pastori.
Atteggiamento questo tipico dell’Arcadia. Una visione idealizzata, bonaria,
paternalistica che però sarà condivisa dalla migliore poesia italiana dall’Aminta di T.
Tasso al “Canto di un pastore errante nell’Asia” di Leopardi

Mi venne sol da luminosa parte


del cielo una vaghezza di destare
a' piè de' faggi e poi de' lauri a l'ombra
la bella luce che fa l'alme chiare,
ch'a la povera mia si spense in parte 110
quando se 'ndossò 'l velo onde s'adombra:
talché, d'alto stupor finor ingombra,
parea a se stessa dir: - Lassa! chi sono? -
Oimè! ch'a tal desio travaglio come
debbami dar il nome; 115
ma sempre 'l chiamerò pena e non dono,
se affligge più chi più conosce il male.
Oh inver beati voi, ninfe e pastori,
cui sa ignoranza cagionar contenti,
ch’oblïati sudor, fatighe e stenti 120
acquetar vi sapete a un dono frale
o di poma o di latte over di fiori;
ed al caldo ed al gel diletto e gioco
vi reca l'ombra fresca e 'l sacro foco;
né altra gioia a voi sembra che piaccia 125
che rozzo amore o faticosa caccia!

A DONNA BELLA E GENTIL
Questa poesia, un sonetto, ha una data di composizione incerta. Apparve nel 1701.
Il titolo “A DONNA BELLA E GENTIL si riferisce ad una donna a noi ignota … ma
probabilmente si tratta di un «idea» platonica incarnata molto vagamente in una
donna. La cosa che ne fa un componimento importante sta nel ruolo di “biglietto
presentazione” per entrare nella famosa Accademia dell’Arcadia. lo stile è quello
del neo-petrarchismo (capuanesimo)

Donna bella e gentil, pregio ed onore
chiaro, immortal dell'amoroso regno,
qual può giammai umana arte ed ingegno
degne ordir lodi al vostro alto valore?

Poiché, se quel ch'aprite a noi di fuore
contemplo, sembran paragone indegno
perle, ostro ed oro: anzi a vil pregio io tegno
(sia con sua pace) il sole e 'l suo splendore.

Ma i cortesi pensieri e i bei desiri,
gli onesti, santi, angelici costumi,
le parole di senno e grazie ornate,

qual mai d'alto parlar ben largo fiume
lodar potrìa? O degna che l'etate
io consumi per voi tutta in sospiri!

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