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VOLUME 1 I classici • Ludovico Ariosto

L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

Ludovico Ariosto
Cloridano e Medoro
Opera: Orlando furioso, canto XVIII, ottave 165-192 e canto XIX, ottave 1-42 Metro: ottave

Punti chiave: I modelli classici


Il tema della lealtà e dell’amicizia
Un episodio cruciale nella struttura del poema

a vicenda di Cloridano e Medoro, che tentano di innamorerà di Medoro. A sua volta Angelica è mo-
L recuperare e dare degna sepoltura al corpo del lo-
ro re Dardinello, ucciso da Rinaldo, è situata da Ario-
tivo della follia di Orlando. Oltre alla funzione nar-
rativa di snodo (l’amore tra Angelica e Medoro cor-
sto a cavallo tra i canti XVIII e XIX. L’episodio ha an- risponde allo “scoppio” della follia di Orlando), la
zitutto funzione di raccordo: serve infatti a collegare vicenda di Cloridano e Medoro rappresenta una ri-
dal punto di vista narrativo lo svolgimento della flessione su temi universali, che Ariosto svolge grazie
guerra con il peregrinare di Angelica, che appunto si alla sapiente e originale ripresa delle fonti classiche.

CANTO XVIII

165
Duo Mori ivi fra gli altri si trovaro,
d’oscura stirpe nati in Tolomitta1;
de’ quai l’istoria, per esempio raro
di vero amore, è degna esser descritta.
Cloridano e Medor si nominaro,
ch’alla fortuna prospera e alla afflitta2
aveano sempre amato Dardinello,
et or passato in Francia il mar con quello.

166
Cloridan, cacciator3 tutta sua vita,
di robusta persona era et isnella:
Medoro avea la guancia colorita
e bianca e grata ne la età novella4;
e fra la gente a quella impresa uscita5
Schema metrico: ottave di endecasillabi
con schema di rime ABABABCC. non era faccia più gioconda e bella:
1. Tolomitta: la regione della Tolemaide, occhi avea neri, e chioma crespa d’oro:
sita sulle coste della Cirenaica.
2. alla fortuna prospera e alla afflitta:
angel parea di quei del sommo coro6.
nelle condizioni favorevoli e in quelle av-
verse.
3. cacciator: cacciatore. 167
4. avea la guancia... età novella: in gioven- Erano questi duo sopra i ripari
tù era di bell’aspetto.
5. a quella impresa uscita: l’impresa è
con molti altri a guardar gli alloggiamenti,
quella di aver passato in Francia il mar. quando la Notte fra distanzie pari7
6. di quei del sommo coro: del coro dei Se- mirava il ciel con gli occhi sonnolenti.
rafini, la più nobile stirpe degli angeli.
7. fra distanzie pari: nel mezzo del cielo, Medoro quivi in tutti i suoi parlari8
a metà tra l’oriente e l’occidente; cioè a non può far che ’l signor suo non rammenti,
mezzanotte.
8. parlari: discorsi. Dardinello d’Almonte, e che non piagna
9. senza onor: senza degna sepoltura. che resti senza onor9 ne la campagna.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

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Volto al compagno, disse: – O Cloridano,
io non ti posso dir quanto m’incresca
del mio signor, che sia rimaso al piano,
per lupi e corbi, ohimè! troppo degna esca10.
Pensando come sempre mi fu umano11,
mi par che quando ancor questa anima esca
in onor di sua fama, io non compensi
né sciolga verso lui gli oblighi immensi12.
169
Io voglio andar, perché non stia insepulto
in mezzo alla campagna, a ritrovarlo:
e forse Dio vorrà ch’io vada occulto13
là dove tace14 il campo del re Carlo.
Tu rimarrai; che quando in ciel sia sculto15
ch’io vi debba morir, potrai narrarlo;
che se Fortuna vieta sì bell’opra,
per fama almeno il mio buon cor si scuopra16.–
170
Stupisce Cloridan, che tanto core,
tanto amor, tanta fede abbia un fanciullo:
e cerca assai, perché gli porta amore17,
di fargli quel pensiero irrito e nullo18;
ma non gli val19, perch’un sì gran dolore
non riceve conforto né trastullo20.
Medoro era disposto o di morire,
o ne la tomba il suo signor coprire21.
171
Veduto che nol piega e che nol muove22,
Cloridan gli risponde: – E verrò anch’io,
10. che sia rimaso... degna esca: che sia anch’io vuo’ pormi a sì lodevol pruove,
rimasto a terra come un cibo troppo nobi-
le per lupi e corvi.
anch’io famosa morte23 amo e disio.
11. mi fu umano: fu benevolo con me. Qual cosa sarà mai che più mi giove,
12. mi par che... oblighi immensi: mi sem- s’io resto senza te, Medoro mio?
bra che io non compenserò né esaurirò
l’immensa gratitudine verso di lui nep- Morir teco con l’arme è meglio molto,
pure quando anch’io morirò. che poi di duol24, s’avvien che mi sii tolto.–
13. occulto: rimanendo nascosto.
14. tace: dorme.
15. sia sculto: sarà stabilito. 172
16. si scuopra: sarà conosciuto. Così disposti25, messero in quel loco
17. perché gli porta amore: perché gli le successive guardie26, e se ne vanno.
vuole bene.
18. di fargli quel pensiero irrito e nullo: di Lascian fosse e steccati, e dopo poco
distoglierlo da quell’inutile proposito. tra’ nostri son, che senza cura27 stanno.
19. non gli val: non serve a nulla.
20. trastullo: sollievo. Il campo dorme, e tutto è spento il fuoco,
21. ne la tomba... coprire: dare giusta se- perché dei Saracin poca tema28 hanno.
poltura al suo signore, Dardinello.
22. Veduto che... nol muove: resosi conto
Tra l’arme e’ carriaggi stan roversi29,
che non lo convince e non lo distoglie dal nel vin, nel sonno insino agli occhi immersi.
suo proposito.
23. famosa morte: gloriosa morte.
24. di duol: di dispiacere. 26. le successive guardie: le sentinelle 28. tema: timore.
25. Così disposti: avendo deciso in questo del turno successivo al loro. 29. roversi: riversi, perché assopiti.
modo. 27. senza cura: ignari, senza difesa.

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Fermossi alquanto Cloridano, e disse:
– Non son mai da lasciar l’occasioni.
Di questo stuol che ’l mio signor trafisse,
non debbo far, Medoro, occisioni?
Tu, perché sopra alcun non ci venisse30,
gli occhi e l’orecchi in ogni parte poni;
ch’io m’offerisco31 farti con la spada
tra gli nimici spaziosa strada.–

174
Così disse egli, e tosto il parlar tenne32,
et entrò dove il dotto Alfeo dormia,
che l’anno inanzi in corte a Carlo venne,
medico e mago e pien d’astrologia:
ma poco a questa volta gli sovenne33;
anzi gli disse in tutto la bugia.
Predetto egli s’avea34, che d’anni pieno35
dovea morire alla sua moglie in seno:

175
et or gli ha messo il cauto Saracino36
la punta de la spada ne la gola.
Quattro altri uccide appresso all’indovino,
che non han tempo a dire una parola:
menzion dei nomi lor non fa Turpino37,
e ’l lungo andar le lor notizie invola38:
dopo essi Palidon da Moncalieri39,
che sicuro dormia fra duo destrieri.

176
Poi se ne vien dove col capo giace
appoggiato al barile il miser Grillo:
avealo vòto40, e avea creduto in pace
godersi un sonno placido e tranquillo.
Troncògli il capo il Saracino audace:
30. perché sopra... ci venisse: affinché esce col sangue il vin per uno spillo,
nessuno ci sorprenda.
31. m’offerisco: ti prometto di. di che41 n’ha in corpo più d’una bigoncia;
32. tosto il parlar tenne: subito manten- e di ber sogna, e Cloridan lo sconcia42.
ne la parola.
33. poco a questa volta gli sovenne: la
sua arte gli fu poco utile in questa occasio- 177
ne. E presso a Grillo, un Greco ed un Tedesco
34. Predetto egli s’avea: egli (il dotto Al- spenge in dui colpi, Andropono e Conrado,
feo) aveva profetizzato a se stesso.
35. d’anni pieno: anziano. che de la notte avean goduto al fresco
36. il cauto Saracino: l’astuto Saraceno, gran parte, or con la tazza, ora col dado43:
cioè Cloridano.
37. Turpino: la fonte più volte menziona- felici, se vegghiar sapeano a desco
ta da Ariosto. fin che de l’Indo il sol passassi il guado44.
38. ’l lungo andar le lor notizie invola: il
trascorrere del tempo cancella le loro vi-
Ma non potria45 negli uomini il destino,
cende. se del futuro ognun fosse indovino.
39. Palidon da Moncalieri: si tratta di un
personaggio inventato da Ariosto.
40. avealo vòto: lo aveva vuotato. 43. or con la tazza, ora col dado: talora sapevano vegliare attorno al tavolo fin-
41. di che: del quale; si riferisce al vino. mangiando, talora giocando. ché il sole non fosse sorto a Oriente.
42. sconcia: uccide. 44. se vegghiar sapeano... il guado: se 45. non potria: non avrebbe alcun potere.

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Come impasto46 leone in stalla piena,
che lunga fame abbia smacrato e asciutto47,
uccide, scanna, mangia, a strazio mena
l’infermo48 gregge in sua balìa condutto;
così il crudel pagan49 nel sonno svena
la nostra gente, e fa macel per tutto50.
La spada di Medoro anco non ebe51;
ma si sdegna ferir l’ignobil plebe.

179
Venuto era ove il duca di Labretto
con una dama sua dormia abbracciato;
e l’un con l’altro si tenea sì stretto,
che non saria tra lor l’aere entrato.
Medoro ad ambi taglia il capo netto.
Oh felice morire! oh dolce fato!
che come erano i corpi, ho così fede
ch’andar l’alme abbracciate alla lor sede52.
180
Malindo uccise e Ardalico il fratello,
che del conte di Fiandra erano figli;
e l’uno e l’altro cavallier novello
fatto avea Carlo, e aggiunto all’arme i gigli53,
perché il giorno amendui d’ostil macello54
con gli stocchi55 tornar vide vermigli:
e terre in Frisa56 avea promesso loro,
e date avria; ma lo vietò Medoro.

181
Gl’insidiosi ferri57 eran vicini
ai padiglioni che tiraro in volta58
al padiglion di Carlo i paladini,
facendo ognun la guardia la sua volta;59
quando da l’empia strage i Saracini
trasson le spade, e diero a tempo volta60;
ch’impossibil lor par, tra sì gran torma61,
che non s’abbia a trovar un che non dorma.
46. impasto: affamato.
47. abbia smacrato e asciutto: abbia ridot-
to pelle e ossa. 182
48. infermo: debole, indifeso. E ben che possan gir di preda carchi,
49. crudel pagan: Cloridano. salvin pur sé, che fanno assai guadagno.
50. per tutto: dappertutto.
51. anco non ebe: non è neppure essa Ove più creda aver sicuri i varchi
senza punta; cioè non rimane inoperosa. va Cloridano, e dietro ha il suo compagno.
52. alla lor sede: nella sede delle anime.
53. i gigli: si tratta dei gigli d’oro, insegna Vengon nel campo, ove fra spade ed archi
della monarchia francese, concessi a un e scudi e lance in un vermiglio stagno
cavaliere per particolari meriti.
54. d’ostil macello: dalla strage nemica.
giaccion poveri e ricchi, e re e vassalli,
55. con gli stocchi: con le armi. e sozzopra62 con gli uomini i cavalli.
56. Frisa: la regione della Frisia, a nord
dell’Olanda.
57. ferri: spade. 59. la sua volta: a turno. 61. torma: schiera, folla.
58. tiraro in volta: avevano innalzato attor- 60. diero a tempo volta: tornarono indie- 62. sozzopra: sottosopra.
no. tro.

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Quivi dei corpi l’orrida mistura,
che piena avea la gran campagna intorno,
potea far vaneggiar la fedel cura
dei duo compagni insino al far del giorno,
se non traea fuor d’una nube oscura,
a’ prieghi di Medor, la Luna il corno63.
Medoro in ciel divotamente fisse
verso la Luna gli occhi, e così disse:

184
– O santa dea, che dagli antiqui nostri
debitamente sei detta triforme64;
ch’in cielo, in terra e ne l’inferno mostri
l’alta bellezza tua sotto più forme,
e ne le selve, di fere e di mostri
vai cacciatrice seguitando l’orme;
mostrami ove ’l mio re giaccia fra tanti,
che vivendo imitò tuoi studi santi65.–
185
La Luna a quel pregar la nube aperse
(o fosse caso o pur la tanta fede),
bella come fu allor ch’ella s’offerse,
e nuda in braccio a Endimion si diede66.
Con Parigi a quel lume si scoperse
l’un campo e l’altro; e ’l monte e ’l pian si vede:
si videro i duo colli di lontano,
Martire a destra, e Lerì all’altra mano67.
186
Rifulse lo splendor molto più chiaro
ove d’Almonte giacea morto il figlio68.
Medoro andò, piangendo, al signor caro;
che conobbe il quartier bianco e vermiglio69:
e tutto ’l viso gli bagnò d’amaro
pianto, che n’avea un rio70 sotto ogni ciglio,
in sì dolci atti, in sì dolci lamenti,
che potea ad ascoltar fermare i venti.

187
Ma con sommessa voce e a pena udita;
non che riguardi a non si far sentire,
perch’abbia alcun pensier de la sua vita,
più tosto l’odia, e ne vorrebbe uscire:
63. il corno: la falce della luna.
64. sei detta triforme: «Cinzia o Luna in ma per timor che non gli sia impedita
cielo, Diana in terra, Ecate nell’inferno» (L. l’opera pia che quivi il fe’ venire.
Caretti).
65. tuoi studi santi: le tue occupazioni
Fu il morto re sugli omeri sospeso
preferite; cioè, per Diana, la caccia. di tramendui71, tra lor partendo72 il peso.
66. e nuda... si diede: si concesse al miti-
co pastore Endimione, suo amante.
67. Martire a destra... dall’altra mano: i 69. quartier bianco e vermiglio: insegne 71. di tramendui: di entrambi; cioè di Clo-
due colli di Montmartre e Montlhéry. bianche e rosse. ridano e Medoro.
68. d’Almonte... il figlio: Dardinello. 70. un rio: un rigagnolo. 72. partendo: dividendo.

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Vanno affrettando i passi quanto ponno73,
sotto l’amata soma che gl’ingombra.
E già venia chi de la luce è donno74
le stelle a tor del ciel, di terra l’ombra,
quando Zerbino, a cui del petto il sonno
l’alta virtude, ove è bisogno75, sgombra,
cacciato avendo tutta notte i Mori,
al campo si traea76 nei primi albori.
189
E seco alquanti cavallieri avea,
che videro da lunge i dui compagni.
Ciascuno a quella parte si traea,
sperandovi trovar prede e guadagni.
– Frate, bisogna – Cloridan dicea
– gittar la soma77, e dare opra ai calcagni78;
che sarebbe pensier non troppo accorto,
perder duo vivi per salvar un morto. –

190
E gittò il carco, perché si pensava
che ’l suo Medoro il simil far dovesse:
ma quel meschin, che ’l suo signor più amava,
sopra le spalle sue tutto lo resse.
L’altro con molta fretta se n’andava,
come l’amico a paro79 o dietro avesse:
se sapea di lasciarlo a quella sorte,
mille aspettate avria80, non ch’una morte.
191
Quei cavallier, con animo disposto81
che questi a render s’abbino o a morire82,
chi qua chi là si spargono, et han tosto
preso ogni passo83 onde si possa uscire.
Da loro il capitan poco discosto,
più degli altri è sollicito a seguire84;
ch’in tal guisa vedendoli temere,
certo è che sian de le nimiche schiere.

192
Era a quel tempo ivi una selva antica,
d’ombrose piante spessa e di virgulti,
73. ponno: possono. che, come labirinto, entro s’intrica
74. chi de la luce è donno: il sole; donno di stretti calli e sol da bestie culti85.
deriva dal latino dominus.
75. ove è bisogno: quando è necessario. Speran d’averla i duo pagan sì amica,
76. si traea: si ritirava. ch’abbi a tenerli entro a’ suoi rami occulti.
77. gittar la soma: appoggiare il carico, Ma chi del canto mio piglia diletto,
cioè il corpo di Dardinello.
78. dare opra ai calcagni: darsela a gam- un’altra volta ad ascoltarlo aspetto.
be, fuggire.
79. a paro: a fianco.
80. avria: avrebbe. e Medoro si dovessero arrendere oppure 84. seguire: inseguire Cloridano e Medo-
81. disposto: risoluto. morire. ro.
82. questi a render... a morire: Cloridano 83. passo: luogo. 85. culti: abitati.

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CANTO XIX

1
Alcun non può saper da chi sia amato,
quando felice in su la ruota siede86;
però c’ha87 i veri e i finti amici a lato,
che mostran tutti una medesma fede88.
Se poi si cangia in tristo il lieto stato,
volta la turba adulatrice il piede89;
e quel che di cor ama riman forte90,
et ama il suo signor dopo la morte.

2
Se, come il viso, si mostrasse il core,
tal ne la corte è grande e gli altri preme,
e tal è in poca grazia al suo signore,
che la lor sorte muteriano insieme91.
Questo umil diverria tosto il maggiore:
staria quel grande infra le turbe estreme92.
Ma torniamo a Medor fedele e grato,
che ’n vita e in morte ha il suo signore amato.

3
Cercando gia93 nel più intricato calle
il giovine infelice di salvarsi;
ma il grave peso ch’avea su le spalle,
gli facea uscir tutti i partiti scarsi94.
Non conosce il paese, e la via falle95,
e torna fra le spine a invilupparsi.
Lungi da lui tratto al sicuro s’era
l’altro96, ch’avea la spalla più leggiera97.

86. quando felice... siede: quando si trova


sulla sommità della ruota della fortuna.
4
87. però c’ha: perché ha. Cloridan s’è ridutto98 ove non sente
88. una medesma fede: identica fedeltà. di chi segue lo strepito e il rumore:
89. volta la turba... il piede: la folla degli
adulatori gira le spalle. ma quando da Medor si vede absente99,
90. riman forte: resta fedele. gli pare aver lasciato a dietro il core.
91. tal ne la corte... muteriano insieme:
(accadrebbe) che colui che nella corte è – Deh, come fui – dicea – sì negligente100,
potente e opprime gli altri, e colui che deh, come fui sì di me stesso fuore,
gode di scarsa attenzione da parte del che senza te, Medor, qui mi ritrassi,
suo signore scambierebbero la loro sorte.
92. le turbe estreme: il gruppo dei corti- né sappia quando o dove io ti lasciassi! –
giani infimi.
93. gia: andava.
94. gli facea... scarsi: gli rendeva inutili tut- 5
ti i tentativi. Così dicendo, ne la torta via101
95. falle: sbaglia.
96. l’altro: Cloridano. de l’intricata selva si ricaccia;
97. la spalla più leggiera: perché era Me- et onde era venuto si ravvia,
doro a portare sulle spalle il cadavere di e torna di sua morte in su la traccia.
Dardinello.
98. s’è ridutto: si è spostato. Ode i cavalli e i gridi tuttavia,
99. absente: lontano. e la nimica voce che minaccia:
100. negligente: nei confronti di Medoro.
101. la torta via: il percorso labirintico all’ultimo ode il suo Medoro, e vede
della selva. che tra molti a cavallo è solo a piede.

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6
Cento a cavallo, e gli son tutti intorno:
Zerbin commanda e grida che sia preso.
L’infelice s’aggira com’un torno102,
e quanto può si tien da lor difeso,
or dietro quercia, or olmo, or faggio, or orno,
né si discosta mai dal caro peso103.
L’ha riposato al fin su l’erba, quando
regger nol puote, e gli va intorno errando:

7
come orsa, che l’alpestre cacciatore
ne la pietrosa tana assalita abbia,
sta sopra i figli con incerto core,
e freme in suono di pietà e di rabbia:
ira la invita e natural furore
a spiegar l’ugne104 e a insanguinar le labbia;
amor la ’ntenerisce, e la ritira
a riguardare ai figli in mezzo l’ira.

8
Cloridan, che non sa come l’aiuti105,
e ch’esser vuole a morir seco ancora,
ma non ch’in morte prima il viver muti,
che via non truovi ove più d’un ne mora106;
mette su l’arco un de’ suoi strali acuti,
e nascoso con quel sì ben lavora,
che fora ad uno Scotto le cervella,
e senza vita il fa cader di sella.

9
Volgonsi tutti gli altri a quella banda
ond’era uscito il calamo107 omicida.
Intanto un altro il Saracin ne manda,
perché ’l secondo a lato al primo uccida;
che mentre in fretta a questo e a quel domanda
chi tirato abbia l’arco, e forte grida,
lo strale arriva e gli passa la gola,
e gli taglia pel mezzo la parola.

10
Or Zerbin, ch’era il capitano loro,
non poté a questo aver più pazienza.
Con ira e con furor venne a Medoro,
dicendo: – Ne farai tu penitenza. –
Stese la mano in quella chioma d’oro,
e strascinollo a sé con violenza:
ma come gli occhi a quel bel volto mise,
gli ne venne pietade, e non l’uccise.

102. torno: tornio. 105. come l’aiuti: come aiutarlo. 107. calamo: dardo.
103. caro peso: la salma di Dardinello. 106. che via... ne mora: che non trovi il mo-
104. l’ugne: gli artigli. do di uccidere più di un nemico.

G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta


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11
Il giovinetto si rivolse a’ prieghi108,
e disse: – Cavallier, per lo tuo Dio,
non esser sì crudel, che tu mi nieghi
ch’io sepelisca il corpo del re mio.
Non vo’109 ch’altra pietà per me ti pieghi110,
né pensi che di vita abbi disio:
ho tanta di mia vita, e non più, cura,
quanta ch’al mio signor dia sepoltura.

12
E se pur pascer voi fiere et augelli111,
che ’n te il furor sia del teban Creonte,
fa lor convito di miei membri112, e quelli
sepelir lascia del figliuol d’Almonte. –
Così dicea Medor con modi belli,
e con parole atte a voltare un monte113;
e sì commosso già Zerbino avea,
che d’amor tutto e di pietade ardea.

13
In questo mezzo un cavallier villano,
avendo al suo signor poco rispetto,
ferì con una lancia sopra mano
al supplicante114 il delicato petto.
Spiacque a Zerbin l’atto crudele e strano115;
tanto più, che del colpo il giovinetto
vide cader sì sbigottito e smorto,
che ’n tutto giudicò che fosse morto.

14
E se ne sdegnò in guisa116 e se ne dolse,
che disse: – Invendicato già non fia! –
e pien di mal talento117 si rivolse
al cavallier che fe’ l’impresa ria:
ma quel prese vantaggio, e se gli tolse
dinanzi in un momento, e fuggì via.
Cloridan, che Medor vede per terra,
salta del bosco a discoperta guerra118.
15
E getta l’arco, e tutto pien di rabbia
tra gli nimici il ferro intorno gira,
108. si rivolse a’ prieghi: ricorse alle pre-
ghiere. più per morir, che per pensier ch’egli abbia
109. vo’: voglio. di far vendetta che pareggi l’ira.
110. ti pieghi: ti convinca a risparmiarmi
la vita. Del proprio sangue rosseggiar la sabbia
111. E se pur... et augelli: Medoro imma- fra tante spade, e al fin venir si mira119;
gina che il suo corpo, una volta ucciso da e tolto che si sente ogni potere,
Zerbino, diventi cibo per gli animali.
112. fa lor convito di miei membri: offri lo- si lascia a canto al suo Medor cadere.
ro in pasto il mio corpo.
113. a voltare un monte: a smuovere an-
che il cuore più duro. litari, quindi barbaro. 118. a discoperta guerra: in campo aperto.
114. al supplicante: a Medoro. 116. in guisa: a tal punto. 119. venir si mira: vede se stesso giunge-
115. strano: perché contrario alle leggi mi- 117. di mal talento: di sdegno. re.

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VOLUME 1 I classici • Ludovico Ariosto
L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

16
Seguon gli Scotti ove la guida loro
per l’alta selva alto disdegno mena120,
poi che lasciato ha l’uno e l’altro Moro,
l’un morto in tutto, e l’altro vivo a pena.
Giacque gran pezzo il giovine Medoro,
spicciando il sangue121 da sì larga vena,
che di sua vita al fin saria venuto,
se non sopravenia chi gli diè aiuto.

17
Gli sopravenne a caso una donzella,
avolta in pastorale et umil veste,
ma di real presenzia e in viso bella,
d’alte122 maniere e accortamente oneste.
Tanto è ch’io non ne dissi più novella123,
ch’a pena riconoscer la dovreste:
questa, se non sapete, Angelica era,
del gran Can del Catai la figlia altiera.

18
Poi che ’l suo annello Angelica riebbe,
di che Brunel l’avea tenuta priva,
in tanto fasto, in tanto orgoglio crebbe,
ch’esser parea di tutto ’l mondo schiva.
Se ne va sola, e non si degnerebbe
compagno aver qual più famoso viva:
si sdegna a rimembrar che già suo amante
abbia Orlando nomato, o Sacripante.

19
E sopra ogn’altro error via più pentita
era del ben che già a Rinaldo volse,
troppo parendole essersi avilita,
ch’a riguardar sì basso gli occhi volse.
Tant’arroganzia avendo Amor sentita,
più lungamente comportar124 non volse:
dove giacea Medor, si pose al varco,
e l’aspettò, posto lo strale125 all’arco.
20
Quando Angelica vide il giovinetto
languir ferito, assai vicino a morte,
che del suo re che giacea senza tetto,
più che del proprio mal si dolea forte;
insolita pietade in mezzo al petto
si sentì entrar per disusate porte,
che le fe’ il duro cor tenero e molle,
120. alto disdegno mena: guida un nobi- e più126, quando il suo caso egli narrolle.
le senso di rivalsa.
121. spicciando il sangue: perdendo san-
gue. po è trascorso senza che io ne parlassi; 124. comportar: sopportare.
122. alte: nobili. Ariosto riallaccia con questa formula le fi- 125. lo strale: la freccia.
123. Tanto è... più novella: così tanto tem- la della sua narrazione. 126. e più: e ancora di più.

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VOLUME 1 I classici • Ludovico Ariosto
L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

21
E rivocando alla memoria l’arte
ch’in India imparò già di chirugia
(che par che questo studio in quella parte
nobile e degno e di gran laude sia;
e senza molto rivoltar di carte,
che ’l patre ai figli ereditario il dia),
si dispose operar con succo d’erbe,
ch’a più matura vita lo riserbe127.
22
E ricordossi che passando avea
veduta un’erba in una piaggia amena;
fosse dittamo, o fosse panacea,
o non so qual, di tal effetto piena,
che stagna il sangue128, e de la piaga rea
leva ogni spasmo e perigliosa pena.
La trovò non lontana, e quella colta,
dove lasciato avea Medor, diè volta129.
23
Nel ritornar s’incontra in130 un pastore
ch’a cavallo pel bosco ne veniva,
cercando una iuvenca, che già fuore
duo dì di mandra e senza guardia giva.
Seco lo trasse ove perdea il vigore
Medor col sangue che del petto usciva;
e già n’avea di tanto il terren tinto,
ch’era omai presso a rimanere estinto131.
24
Del palafreno Angelica giù scese,
e scendere il pastor seco fece anche.
Pestò con sassi l’erba, indi la prese,
e succo ne cavò fra le man bianche;
ne la piaga n’infuse, e ne distese
e pel petto e pel ventre e fin a l’anche:
e fu di tal virtù questo liquore,
che stagnò il sangue, e gli tornò il vigore;

25
e gli diè forza, che poté salire
sopra il cavallo che ’l pastor condusse.
Non però volse indi Medor partire
prima ch’in terra il suo signor non fusse132.
E Cloridan col re fe’ sepelire;
e poi dove a lei piacque si ridusse.
Et ella per pietà ne l’umil case
del cortese pastor seco rimase.
127. ch’a più... lo riserbe: che possa (il
succo d’erbe) permettergli di arrivare a età
più matura; cioè di sopravvivere. 129. diè volta: si incamminò. 132. prima ch’in terra... non fusse: prima
128. stagna il sangue: ferma il flusso di 130. s’incontra in: s’imbatte in. di aver seppellito il suo signore, Dardinel-
sangue della ferita. 131. estinto: morto. lo.

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L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

26
Né fin che nol tornasse in sanitade,
volea partir: così di lui fe’ stima,
tanto se intenerì de la pietade
che n’ebbe, come in terra il vide prima.
Poi vistone i costumi e la beltade,
roder si sentì il cor d’ascosa lima133;
roder si sentì il core, e a poco a poco
tutto infiammato d’amoroso fuoco.

27
Stava il pastore in assai buona e bella
stanza, nel bosco infra duo monti piatta,
con la moglie e coi figli; et avea quella
tutta di nuovo e poco inanzi fatta.
Quivi a Medoro fu per la donzella
la piaga in breve a sanità ritratta:
ma in minor tempo si sentì maggiore
piaga di questa avere ella nel core.

28
Assai più larga piaga e più profonda
nel cor sentì da non veduto strale,
che da’ begli occhi e da la testa bionda
di Medoro aventò l’Arcier c’ha l’ale134.
Arder si sente, e sempre il fuoco abonda;
e più cura l’altrui che ’l proprio male:
di sé non cura, e non è ad altro intenta,
ch’a risanar chi lei fere135 e tormenta.
29
La sua piaga più s’apre e più incrudisce,
quanto più l’altra si ristringe e salda.
Il giovine si sana: ella languisce
di nuova febbre, or agghiacciata, or calda.
Di giorno in giorno in lui beltà fiorisce:
la misera si strugge, come falda
strugger di nieve intempestiva suole136,
ch’in loco aprico137 abbia scoperta il sole.
30
Se di disio non vuol morir, bisogna
che senza indugio ella se stessa aiti:
e ben le par che di quel ch’essa agogna138,
non sia tempo aspettar ch’altri la ’nviti.
Dunque rotto ogni freno di vergogna,
la lingua ebbe non men che gli occhi arditi:
e di quel colpo domandò mercede139,
che, forse non sapendo, esso le diede.
133. d’ascosa lima: di un rovello invisibi-
le.
134. l’Arcier c’ha l’ale: Cupido. caduta fuori stagione suole distruggersi. 138. agogna: brama.
135. fere: ferisce. 137. in loco aprico: in un luogo aperto e lu- 139. mercede: perdono.
136. come falda... suole: come la neve minoso.

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L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

31
O conte Orlando, o re di Circassia,
vostra inclita140 virtù, dite, che giova141?
Vostro alto onor dite in che prezzo sia,
o che mercé vostro servir ritruova.
Mostratemi una sola cortesia
che mai costei v’usasse, o vecchia o nuova,
per ricompensa e guidardone142 e merto
di quanto avete già per lei sofferto.

32
Oh se potessi ritornar mai vivo,
quanto ti parria143 duro, o re Agricane!
che già mostrò costei sì averti a schivo144
con repulse crudeli et inumane.
O Ferraù, o mille altri ch’io non scrivo,
ch’avete fatto mille pruove vane
per questa ingrata, quanto aspro vi fora,
s’a costu’ in braccio voi la vedesse ora145!
33
Angelica a Medor la prima rosa
coglier lasciò, non ancor tocca inante146:
né persona fu mai sì aventurosa,
ch’in quel giardin potesse por le piante.
Per adombrar, per onestar147 la cosa,
si celebrò con cerimonie sante
il matrimonio, ch’auspice ebbe Amore,
e pronuba la moglie del pastore.

34
Fersi148 le nozze sotto all’umil tetto
le più solenni che vi potean farsi;
e più d’un mese poi stero a diletto
i duo tranquilli amanti a ricrearsi.
Più lunge non vedea del giovinetto
la donna, né di lui potea saziarsi;
né per mai sempre pendergli dal collo,
il suo disir sentia di lui satollo149.
35
Se stava all’ombra o se del tetto usciva,
avea dì e notte il bel giovine a lato:
matino e sera or questa or quella riva
cercando andava, o qualche verde prato:
nel mezzo giorno un antro li copriva,
forse non men di quel commodo e grato,
140. inclita: nobile. ch’ebber, fuggendo l’acque, Enea e Dido,
141. che giova?: a che cosa giova
142. guidardone: premio. de’ lor secreti testimonio fido150.
143. ti parria: ti sembrerebbe.
144. averti a schivo: tenerti in disprezzo.
145. s’a costu’... ora!: se ora la vedeste 147. onestar: rendere onesta. 150. ch’ebber… fido: Ariosto allude a un
(Angelica) nelle braccia di costui (Medoro)! 148. Fersi: si fecero. episodio dell’Eneide di Virgilio (IV, v. 160 e
146. inante: prima. 149. satollo: soddisfatto. ss.).

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36
Fra piacer tanti, ovunque un arbor dritto
vedesse ombrare o fonte o rivo puro,
v’avea spillo o coltel subito fitto;
così, se v’era alcun sasso men duro:
et era fuori in mille luoghi scritto,
e così in casa in altritanti il muro,
Angelica e Medoro, in varii modi
legati insieme di diversi nodi.

37
Poi che le parve aver fatto soggiorno
quivi più ch’a bastanza, fe’ disegno
di fare in India del Catai ritorno,
e Medor coronar del suo bel regno.
Portava al braccio un cerchio d’oro, adorno
di ricche gemme, in testimonio e segno
del ben che ‘l conte Orlando le volea;
e portato gran tempo ve l’avea.

38
Quel donò già Morgana a Ziliante151,
nel tempo che nel lago ascoso il tenne;
ed esso, poi ch’al padre Monodante,
per opra e per virtù d’Orlando venne,
lo diede a Orlando: Orlando ch’era amante,
di porsi al braccio il cerchio d’or sostenne,
avendo disegnato di donarlo
alla regina sua di ch’io vi parlo152.
39
Non per amor del paladino, quanto
perch’era ricco e d’artificio egregio153,
caro avuto l’avea la donna tanto,
che più non si può aver cosa di pregio.
Se lo serbò ne l’Isola del pianto154,
non so già dirvi con che privilegio,
là dove esposta al marin mostro nuda
fu da la gente inospitale e cruda.

40
Quivi non si trovando altra mercede155
ch’al buon pastor ed alla moglie dessi,
che serviti gli avea con sì gran fede
dal dì che nel suo albergo si fur messi,
levò dal braccio il cerchio e gli lo diede,
e volse per suo amor che lo tenessi.
151. Morgana a Ziliante: Ariosto fa qui ri- Indi saliron verso la montagna
ferimento a un episodio dell’Orlando inna-
morato di Boiardo, nel quale «Ziliante, fi- che divide la Francia da la Spagna156.
glio di Monodante e prigioniero della fata
Morgana, viene liberato da Orlando. Il do-
no del gioiello a Orlando è però invenzio- 153. d’artificio egregio: di elegante fattu- 155. altra mercede: altra ricompensa.
ne ariostesca» (L. Caretti). ra. 156. la montagna... da la Spagna: i Pire-
152. alla regina... vi parlo: cioè Angelica. 154. l’Isola del pianto: Ebuda. nei.

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L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

41
Dentro a Valenza o dentro a Barcellona
per qualche giorno avea pensato porsi,
fin che accadesse157 alcuna nave buona
che per Levante apparecchiasse a sciorsi158.
Videro il mar scoprir sotto a Girona
ne lo smontar giù dei montani dorsi;
e costeggiando a man sinistra il lito,
a Barcellona andar pel camin trito159.

42
Ma non vi giunser prima, ch’un uom pazzo
giacer trovato in su l’estreme arene,
che, come porco, di loto e di guazzo160
tutto era brutto e volto e petto e schene161.
157. accadesse: capitasse.
158. sciorsi: navigare, levar le vele. Costui si scagliò lor come cagnazzo
159. trito: più breve. ch’assalir forestier subito viene;
160. di loto e di guazzo: di fango e d’acqua.
161. e petto e schene: sia sul petto sia sul- e diè lor noia, e fu per far lor scorno.
la schiena; cioè davanti e dietro. Ma di Marfisa a ricontarvi torno.

L. Ariosto, Orlando furioso, a cura di C. Segre, Arnoldo Mondadori, Milano 1976.

IN PRIMO PIANO
ANALISI DEL TESTO I temi
Un crocevia dentro il poema Il brano raccoglie temi diver- te del suo signore, Dardinello, e alle difficoltà dello scontro
si e diverse ambientazioni: la guerra, l’amore, l’amicizia e, di con i nemici, che invece Cloridano ha affrontato con corag-
conseguenza, lo spazio della battaglia e lo spazio dell’amo- gio e determinazione decisamente inferiori. Queste due ot-
re. La vicenda di Cloridano e Medoro, di tono e genere epi- tave proseguono d’altronde la riflessione che Ariosto aveva
ci, rappresenta infatti la premessa della narrazione dell’amo- iniziato nelle prime due ottave del canto XVIII, esaminando
re di quest’ultimo con la bella Angelica e, quindi, dell’esplo- invece a cuore aperto il proprio rapporto con il signore, il
dere della follia di Orlando. cardinale Ippolito d’Este.
L’originale uso delle fonti da parte del poeta – sia per il tema La preghiera alla luna (ottave 185-190) è un momento di in-
bellico, sia per quello pastorale – proietta i personaggi, Clori- tensa commozione: Cloridano e Medoro si accingono a traspor-
dano e Medoro, su uno sfondo universale e la loro vicenda tare le spoglie del loro signore in luogo sicuro, fuori da Parigi.
diventa, all’interno del poema, una parentesi cruciale sia per È – scrive Ariosto – un’opera pia (ottava 187, v. 6) alla quale si
la riflessione su alcuni valori, sia perché rappresenta un ecce- oppone però, in lontananza, Zerbino (ottava 188, vv. 4-8), che
zionale snodo narrativo e poetico all’interno del Furioso: la interverrà in seguito attaccando i due amici. L’episodio di Clo-
guerra fa da premessa all’amore, la lealtà di Medoro è causa ridano e Medoro rappresenta però anche uno «snodo di ti-
e giustificazione dello scontro con Zerbino, l’amore di Ange- po culturale» (G. Ferroni). Due sono, a proposito, le fonti prin-
lica – infine – causa scatenante della pazzia di Orlando. L’epi- cipali usate da Ariosto: la vicenda di Eurialo e Niso nel IX libro
sodio svolge quindi una funzione di vera e propria cerniera dell’Eneide di Virgilio e quella di Opleo e Dimante nel X libro
entro la vasta trama del poema: approfondisce temi cruciali della Tebaide di Stazio. Ariosto introduce però una fondamen-
(la guerra, l’amore, l’amicizia e la lealtà, il senso dell’onore) e tale innovazione rispetto ai modelli classici: mentre là il finale
prepara lo sviluppo di nuove vicende. è soltanto tragico, nel Furioso – dove, comunque, a pagare il
prezzo della guerra sarà Cloridano – si apre una parentesi pa-
La riflessione su valori universali Le prime due ottave del storale e amorosa, con l’idillio che nasce, ai margini della guer-
canto XIX presentano, come spesso accade nel Furioso, una ra, tra Angelica e Medoro. Durante la notte – ma, ormai, al sor-
digressione personale. Ariosto si ricava uno spazio, all’inizio gere del sole – i due trasportano il cadavere di Dardinello,
del canto (dunque, un vero e proprio “preambolo”), per ri- quando vengono scoperti da Zerbino (colui che, per primo, sco-
flettere sui rapporti tra gli uomini a partire dalla propria pre la follia d’amore di Orlando): e a quel punto, mentre Clo-
esperienza personale. Prendendo come esempio la corte (co- ridano abbandona il corpo, Medoro decide di rimanere e di af-
me emerge dalla seconda ottava), Ariosto riflette sul tema frontare il nemico, a sprezzo della propria vita. Dopo la morte
della lealtà di fronte alla fortuna per spiegare, e lodare, il di Cloridano, durante il duello con Zerbino, si apre la parente-
comportamento e il coraggio di Medoro di fronte alla mor- si amorosa, con Medoro ferito e soccorso da Angelica.

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L’Umanesimo e il Rinascimento Orlando furioso, Cloridano e Medoro

Tra i valori universali cantati da Ariosto in questi due canti spic- glia nel cuore di Angelica. Ma è Angelica – prosegue Ariosto
ca il tema, classico, della pietas, ossia della lealtà verso il proprio – a procurarsi la guarigione: poiché di quel colpo domandò
signore, che emerge nell’incontro tra Zerbino e Medoro (ottave mercede / che, forse non sapendo, esso le diede (ottava 30,
11-12) e nelle parole che quest’ultimo rivolge al suo nemico. vv. 7-8).
Nelle ottave successive (ottave 31-32) Ariosto immagina di ri-
L’amore tra Angelica e Medoro La descrizione dello sboc- volgersi direttamente ai paladini innamorati di Angelica (Orlan-
ciare dell’amore di Angelica per Medoro (ottave 28-30) è do, Agricane, Ferraù) e di chiedere loro quanto dolore avreb-
tutta giocata sulla metafora della “ferita d’amore”: men- bero provato venendo a conoscenza dell’unione tra Angelica
tre, infatti, la ferita di guerra di Medoro guarisce, quella di e Medoro.
Angelica, ferita da Amore, si propaga e diventa più doloro- Il brano si chiude proprio con il matrimonio di Angelica e Me-
sa. È un non veduto strale (ottava 28, v. 2) che Cupido sca- doro, celebrato in uno scenario tutto pastorale (ottave 33-35).

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SPAZIO
COMPETENZE
Comprensione
1. Svolgi la parafrasi delle ottave 165-168.
2. Riassumi il contenuto delle ottave 20-42 del canto XIX in massimo 10 righe.

Analisi
3. Descrivi sinteticamente i due personaggi di Cloridano e Medoro.
4. Che ruolo ha nella vicenda il personaggio di Zerbino?
5. Sottolinea aggettivi ed espressioni che si riferiscono, nel canto XIX, al personaggio di Angelica. Come viene
descritta da Ariosto?
6. Perché la luna è definita triforme? Spiega il significato di questa espressione.
7. Quali sono le fonti principali dell’episodio di Cloridano e Medoro? Quali sono le innovazioni introdotte da Ariosto
rispetto ai modelli classici?
8. Sottolinea tutte le metafore presenti nel brano.

Approfondimenti
9. Con la vicenda di Cloridano e Medoro, Ariosto ci propone una profonda riflessione sui temi della lealtà e dell’ami-
cizia. Sviluppa questo argomento in un breve elaborato, facendo riferimento ad altre celebri “coppie” di amici
della letteratura che conosci.

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