PARTE
È morta la maggior parte di me: e ciò che rimane è solo pianto e sofferenza. Il sentimento amoroso è svanito,
così come si è esaurita quella vena poetica che alimentò le opere della mia giovinezza.
Perché, dal giorno in cui la Rivoluzione priva di etica e la guerra mi hanno coinvolto ad indossare la loro
uniforme portatrice di sangue, mi si è offuscata la ragione ed i sentimenti sono scomparsi, in me è cresciuto il
bisogno e il desiderio di acquistare ricchezza tramite l'arte, e di questo solo mi vanto.
Eppure, ogni quando avessi intenzione di togliermi la vita, questo istinto audace è placato dalla brama di
gloria e dall'amore per mia madre.
Sono assai schiavo di questa mia condizione, degli altri e del fato. Riconosco il meglio, ma mi attengo a ciò
che di peggiore mi si presenta. Tuttavia so pregare e fuggire la morte.
Il sonetto venne ispirato da una proposta del Consiglio Cisalpino di abolire la lingua latina. Il poeta
è amareggiato e non vuole che l'Italia, che una volta era chiamata "Nutrice delle Muse", pur
essendo sotto dominazione straniera, sacrifichi ciò che la rende madre delle Muse per imbarbarire
il suo divino toscano con la lingua francese in modo che il vincitore possa vantarsi di averla privata
della sua lingua madre che invece tutti gli altri conquistatori avevano sempre rispettato.
PERCHE' TACCIA
Affinché taccia il rumore della mia catena [fatta] di lacrime, di speranza e di amore vivo, e di silenzio;
perché mi colpisce una passione dolorosa se parlo con lei, o di lei penso e scrivo.
Solo tu mi ascolti, o fiume solitario [di lacrime], dove sono portato ogni notte dall'amore, qui confido il
pianto e racconto le mie disgrazie, qui sfogo tutta la pienezza del mio dolore.
E racconto come, con raggio immortale, mi fecero ardere il cuore due grandi occhi ridenti, e come la [sua]
bocca color rosa, i rilucenti
capelli profumati, il candore del suo corpo divino e la cara voce mi insegnarono infine a piangere per
amore.
In questo sonetto Foscolo identifica la sua pena d'amore con la metafora della catena spiegando
che soffre anche solo pensando alla sua amata. Nella seconda strofa è evidente il richiamo a
Francesco Petrarca, quando il poeta affida le sue sofferenze e i suoi pensieri al fiume,
affinchè renda il suo dolore più sopportabile. Il poeta sottolinea inoltre quanto sia
pesante il silenzio, il non poter esprimere ciò che sente nel suo cuore tormentato. Nelle ultime
terzine, infine, si sofferma a descrivere la donna amata, ricordando i suoi splendenti capelli, la
rosea bocca e la bianca pelle dell'amata.
In questo sonetto l'autore vuole aspettare la notte che risveglia in lui la tristezza,
l'angoscia e le ferite che la vita gli ha inferto e soprattutto la lontananza dalla
donna che ama; ma il pensiero di lei distoglie la sua attenzione da tutto il resto,
soprattutto durante la notte. Quindi Foscolo fa diventare la notte la parte della
giornata in cui siamo portati a riflettere sulla nostra vita, ripercorrendo tutti gli
eventi importanti ma soprattutto quelli più dolorosi.
MERITATAMENTE
Giustamente, visto che io ti ho lasciata, ora grido al cospetto del mare burrascoso che si infrange sulle
Alpi e le mie lacrime si perdono tra i venti del Tirreno.
Ho sperato, poiché gli uomini e il destino mi hanno condotto lungamente in esilio, fra gente che non
conosce Dio, [lontano] dall'Italia dove ora tu trascorri gli anni della tua giovinezza nell'infelicità,
soffrendo per me,
sperai che il tempo, le vicende dolorose, e queste montagne che io attraverso ansimando, e le foreste
sempreverdi in cui io dormo come un animale selvatico,
fossero di conforto al mio cuore pieno di dolore; ah che inutile speranza! L'amore onnipotente ed
immortale mi seguirà tra le ombre dei trapassati.
SOLCATA HO FRONTE
Ho la fronte segnata dalle rughe, gli occhi infossati ma attenti, i capelli di colore rosso, le guance pallide,
l'aspetto coraggioso, le labbra carnose e rosse, i denti bianchissimi, il capo reclinato, un bel collo, un petto
ampio;
un corpo proporzionato; un abbigliamento semplice ma elegante; un incedere, una capacità di pensare, di
agire e di parlare velocemente; [sono] moderato, pieno di umanità, leale, generoso, sincero; irritato con il
mondo di cui subisco le avversità:
talvolta valoroso con la parola [la letteratura], e spesso con il braccio [le armi]; passo la maggior parte dei
giorni in solitudine e nella malinconia, sempre assorto nei miei pensieri, [sono] disponibile, pronto all'ira,
ansioso, ma fermo nei miei propositi:
ho molti vizi ma anche molte virtù, lodo la ragione, ma corro dove mi porta il cuore: soltanto nella morte
potrò trovare gloria e quiete.
Questo sonetto (conosciuto anche con il titolo: "A Firenze") è ispirato all'amore
sfortunato per Isabella Roncioni ed è l’ultimo di ispirazione amorosa. La
celebrazione del Lungarno di Firenze, che occupa tutto il componimento, non
nasce da un valore storico ma dalla gioiosa scoperta di un perenne ricordo.
Quel luogo è infatti lo scenario collegato alla figura dell’amata : le immagini della
fanciulla riaffiorano al poeta come immerse in un’atmosfera incantata e dotate di
una virtù consolatrice inesauribile. Foscolo opera, quindi, una divinizzazione
della donna e della bellezza.
ALLA MUSA
Eppure tu, o Musa, un tempo versavi sulle mie labbra una feconda abbondanza di poesia, quando la prima
stagione della mia giovinezza fuggiva e dietro di lei veniva intanto
questa età presente, che scende con me per una via dolorosa verso la muta riva del fiume Lete: ora ti invoco
senza essere ascoltato; ohimè, solo una scintilla dell'antica ispirazione poetica è ancora viva in me.
E tu, o Dea, fuggisti con lo scorrere del tempo, e mi lasci ai pensosi ricordi e ad un timore cieco del futuro.
Perciò mi accorgo, e amore me lo ripete, che rare poesie, frutto di faticosa elaborazione, non riescono a
sfogare il dolore che ormai inevitabilmente mi accompagna.