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JOËL F.

VAUCHER-DE-LA-CROIX

«LA SOLITARIA RONDINE».


ANDREA MAFFEI PATRIOTA, TRADUTTORE E POETA «La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

1. La similitudine assunta a titolo costituisce, prima di ogni considera-


zione, un omaggio dovuto a colui che l’ha avanzata: Marino Berengo, il
quale nel suo Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione così
figurava Andrea Maffei che dall’editore Luigi Pirola aveva ottenuto, nel
1847, «il più singolare contratto librario che il primo Ottocento milane-
se ci abbia trasmesso». Un contratto ricchissimo tuttavia non legato alle
sue poesie originali, ma alle traduzioni poetiche dal tedesco e dall’ingle-
se che larga fama avevano dato al Maffei e sulle quali si potevano preve-
dere sicuri guadagni. Ma se mi è concesso per un momento indugiare
nella metafora, si tratta non tanto di precoce «volo invernale» che «non
basta a chiamare la primavera»,1 piuttosto di un attardato volo autunna-
le che ci ridona la dinamica di un lento ma inesorabile distacco. Una
nuova fase della vita che si compie proprio in questo ventennio (1840-
1860) segnato da eventi eccezionali sia per la storia di Milano, sia per la
biografia dell’autore, con l’amicizia e la strettissima collaborazione con
Giuseppe Verdi (dal 1842), la sofferta separazione (dinnanzi a notaio)
dall’amata moglie Clara (1846), la nascita delle «Gemme d’arti italiane»
(1844), la partecipazione attiva durante le Cinque Giornate, fino all’af-
fitto del buen retiro di Riva del Garda, sulle rive trentine di quel Benaco,
che sarà «altare evocativo» della sua poesia.2

1
Marino Berengo ha ben mostrato come negli anni ’40 dell’Ottocento per gli intellettuali
erano molto difficili guadagni autonomi e indipendenti dal servizio degli editori: «Chi sfuggì a
questa norma, godette di congiunture eccezionali: fu la solitaria rondine il cui volo invernale
non basta a chiamare la primavera. In questa prospettiva deve essere inteso il più singolare
contratto librario che il primo Ottocento milanese ci abbia trasmesso, quello steso il 15
febbraio 1847 nello studio notarile di Tommaso Grossi tra Andrea Maffei e Luigi Pirola»
(MARINO BERENGO, Intellettuali e librai nella Milano della Restaurazione, Torino, Einaudi,
1980, ma si cita dalla ristampa con presentazione di MARIO INFELISE, Milano, Angeli, 2012, p.
290).
2
La citazione è tratta dalla tesi di laurea, purtroppo ancora inedita, di LAURA ZUCCONI,
Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, relatore Prof. Paola Luciani, Corso di laurea
magistrale in Filologia moderna, Università degli Studi di Firenze, a.a. 2009-2010, p. 43.

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Nel 1848 Maffei vantava già una carriera trentennale, se si considera


l’esordio a vent’anni, nel 1818, proprio a Milano con la fortunatissima
versione degli Idillj di Gessner,3 nel pieno della polemica classico-ro-
mantica innescata sulla «Biblioteca Italiana»: la dedica in quel caso non
poteva che essere per Vincenzo Monti, il maestro di un’intera generazio-
ne, del quale il giovane Maffei si professava «ammiratore ed amico»4 e
che era l’indiscussa autorità culturale e poetica in Italia e all’estero e
ancora protagonista di quella infinita e babelica ‘questione della lingua’
che dalla Relazione al Saurau alla Proposta e col più tardo Sermone sulla
mitologia vedeva accesissimo il fuoco della polemica.5 E il loro nome si
troverà accostato pochi anni dopo nel 1826 nella traduzione a quattro
mani di un’altra opera tedesca, la Tunisias, poema epico di Mons. Jo-
hann Ladislaus Pyrker, patriarca di Venezia e primate di Dalmazia che,
desideroso di una versione italiana del suo testo, si era rivolto a Maffei
su consiglio di Antonio Rosmini: se per il poeta delle Alfonsine la Tuni-
siade, questo il titolo italiano, «segnava il momento dell’epilogo della
lunga carriera e costituiva l’ultimo impegno letterario di rilievo»,6 per il
giovane Maffei essa costituì l’esame di maturità che lo avviò con mano
sicura alla monumentale impresa della traduzione del Teatro completo di
Schiller, iniziata l’anno seguente, nel 1827, con la versione della Sposa di
Messina e consacrata nel 1829 con la fortunatissima traduzione della
Maria Stuarda «offerta al mondo intellettuale ottocentesco con adeguato

3
SALOMON GESSNER, Idilli, traduzione del cav. ANDREA MAFFEI, Milano, Pirotta, 1818.
4
Così si conclude la dedica, ivi, p. 6. Su questa traduzione si veda PAOLA MARIA FILIPPI,
Andrea Maffei e la sua idea del tradurre. Gli Idillj di Gessner fra «il parlare dei moderni e il
sermon prisco», in Traduzioni e Traduttori del Neoclassicismo, a cura di GIULIA CANTARUTTI,
STEFANO FERRARI, PAOLA MARIA FILIPPI, Milano, Angeli, 2010, pp. 175-191.
5
Si ricordi che la Relazione al Saurau è del 15 marzo 1816 (cfr. ANDREA DARDI, Gli scritti
di Vincenzo Monti sulla lingua italiana, Firenze, Olschki, 1990, pp. 185-204), mentre il primo
volume della Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca (Milano,
Dall’Imp. Regia stamperia, 1817-1826) fu terminato nel dicembre del 1817 e venne distribui-
to verso la metà di febbraio dell’anno successivo (ivi, p. 292). Cfr. anche ANDREA DARDI, Il
dialogo «Matteo giornalista» del Monti ai primordi del dibattito sul romanticismo, in Vincenzo
Monti nella cultura italiana, a cura di GENNARO BARBARISI, Milano, Cisalpino, 2005, vol. I, pp.
629-657.
6
ANGELO COLOMBO, La pratica della virtù e le offese della sventura nella «Tunisiade» di
Andrea Maffei e Vincenzo Monti, in Teorie e forme del tradurre in versi nell’Ottocento fino a
Carducci, Atti del Convegno internazionale, Lecce 2-4 ottobre 2008, a cura di ANDREA CAR-
ROZZINI, Galatina, Congedo, 2010, pp. 19-42: 40. La traduzione a quattro mani venne pubbli-
cata col titolo Matilde e Toledo, episodio tratto dal poema eroico la Tunisiade di Giovanni
Ladislao Pyrker, Milano Silvestri, 1826. Sono del Maffei i vv. 370-453 del canto III e 516-620
del canto IX. Cfr. PARIDE ZAJOTTI, Della Tunisiade, poema eroico di Giovanni Ladislao Pyrker,
e d’un suo episodio tradotto dal cav. Andrea Maffei, «Biblioteca Italiana», VIII (settembre
1823), tomo XXXI, pp. 285-301.

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tempismo».7 Di Monti, Maffei pubblicò, rimaneggiandola da cima a


fondo, la versione della Pucelle d’Orléans8 e, insieme al Carcano, la rac-
colta in cinque volumi delle Prose e Poesie montiane.9 Da Monti ereditò
non solo una ben precisa concezione dell’arte di tradurre (come vedre-
mo in seguito), ma anche «le doti di animatore culturale, la capacità di
restare a lungo al centro della vita intellettuale, di convogliare attorno a
sé e di mobilitare, con un ecclettismo che era indice, più che di superfi-
cialità, di una mai sopita curiosità intellettuale, le più diverse istanze
culturali».10 Di questa apertura intellettuale e disinteressata, scevra da
preclusioni ideologiche, fu prova il celebre e celebrato salotto, cui Maf-
fei e la moglie Clara Carrara Spinelli schiusero le porte nel 1834: «la casa
del poeta-traduttore divenne a Milano uno tra i più importanti centri di
; aggregazione intellettuale»:11 più che il sorriso dal taglio ironico e gio-
condino della contessa Clara, fu il prestigio del Maffei che, come scrisse
Barbiera, ormai «contava fra i potenti»,12 le sue conoscenze, «il favore e
l’influenza che godeva in ambito editoriale»,13 a costituire il richiamo
irresistibile per letterati e giornalisti, musicisti e pittori, patrioti ed esuli,
accolti sempre con benevolo incoraggiamento. Varcherà nel 1842 quella
soglia anche Giuseppe Verdi, reduce dal fresco successo del Nabucco,
con cui Maffei inizierà un’amicizia che segnerà la storia del melodramma
italiano: nel 1846 rivedrà per Verdi il libretto del Macbeth e scriverà, su
diretta commissione del compositore, quello dei Masnadieri.14 In quel-

7
MARTA MARRI TONELLI, Scheda a Maria Stuarda. Tragedia di Federico Schiller. Traduzio-
ne del cavalier Andrea Maffei, Milano, per Luigi di Giacomo Pirola, 1843, in L’Ottocento di
Andrea Maffei, Catalogo della Mostra, Comune di Riva del Garda 21 giugno-30 agosto 1987,
s.l. [ma Trento], s.e. [ma Temi], 1987, pp. 54-55: 55. Sulle traduzioni maffeiane da Schiller si
vedano BIANCA CETTI MARINONI, A.M. traduttore di Schiller, «Annali dell’Istituto di lingue e
letterature germaniche», IV (1976), pp. 231-247 e più in generale EDMUND K. KOSTKA, Schil-
ler in Italy. Schiller’s Reception in Italy. 19th and 20th Centuries, New York, Peter Lang Inc.,
1997, pp. 45-67; RITA UNFER LUKOSCHIK, Friedrich Schiller in Italien (1785-1861). Eine quel-
lengeschichtliche Studie, Berlin, Duncker & Humblot, 2004 e DANIELA GOLDIN FOLENA,
Tradurre Schiller in Italia nell’Ottocento, in Studi in onore di Pier Vincenzo Mengaldo per i suoi
settant’anni. A cura degli allievi padovani, Firenze, Sismel, 2007, pp. 735-787.
8
Sulla travagliata storia della traduzione di Monti del poema di Voltaire e sul ruolo di
Maffei si vedano ARNALDO BRUNI, Un nuovo autografo della «Pulcella d’Orléans» di Vincenzo
Monti, «Studi di filologia italiana», XLII (1984), pp. 167-179 e ID., ‘Apografi non deteriores?’
Ancora per il testo della «Pulcella d’Orléans» del Monti, «Studi di filologia italiana», LIV
(1996), pp. 261-289.
9
VINCENZO MONTI, Prose e poesie, Firenze, Le Monnier, 5 voll., 1847.
10
MARTA MARRI TONELLI, Il prestigio dell’uomo di cultura, in L’Ottocento di Andrea Maf-
fei, p. 26.
11
Ivi, p. 27.
12
RAFFAELLO BARBIERA, Il salotto della contessa Maffei, Milano, Treves, 1895, p. 104.
13
MARRI TONELLI, Il prestigio dell’uomo di cultura, p. 27.

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l’anno si separerà, con atto notarile redatto da Tommaso Grossi, dalla


moglie, ormai legata sentimentalmente a Carlo Tenca. L’importanza del
coinvolgimento del personaggio nella cultura del suo tempo e la com-
plessità del contesto m’impone pertanto un’analisi d’insieme, che si deve
però circoscrivere alla disamina di alcuni aspetti imprescindibili, che ho
favorito per motivi di opportunità ed economia.

2. Il percorso prende avvio proprio dall’evento da cui tutto muove, le


Cinque Giornate, che permettono in limine di riflettere sul Maffei politi-
co, di cui ha scritto Graziano Riccadonna, il quale sosteneva non a torto
che Maffei «appare indifferente, non per scarso patriottismo ma semmai
per una sorta di cosmopolitismo, alla realtà storica e politica che si muo-
ve verso l’unità nazionale, verso l’affermarsi di nuove classi e il sorgere
di nuove problematiche sociali», equidistante dunque sia da un Mazzini,
sia da un Cavour.15 Un uomo – per riciclare il giudizio di Fernando
Mazzocca su Hayez – «perfettamente a suo agio tra i diversi regimi e
disinvolto con i potenti incontrati nel suo lungo cammino, da Murat a
Metternich, da Carlo Alberto a Francesco Giuseppe, da Canova a Man-
zoni. Un venerato Nestore» che «attraversa tutto l’Ottocento con una
superiore indifferenza alla cose del mondo».16 L’interpretazione del Maf-
fei politico alla luce del cosmopolitismo fornisce, credo, un’alternativa
convincente al pregiudizio su di un intellettuale egualmente asservito ai
diversi governi al potere e, ancor peggio, filoaustriaco. A quel Monti cui
fu indicato come erede nella poesia, viene accostato, è evidente, anche
nei giudizi morali di stampo risorgimentale (prima e dopo l’anatema di
De Sanctis), quasi una sovrapposizione senza verifiche, entrambi accusa-
ti con troppa superficialità e severità ora come allora.17 Basta leggere il

14
Sul rapporto di collaborazione e amicizia fra Maffei e Verdi esiste una buona bibliogra-
fia: MARTA MARRI TONELLI, Andrea Maffei e il giovane Verdi, Riva del Garda, Museo Civico di
Riva del Garda, 1999; CLAUDIA ANTONELLA PASTORINO, Andrea Maffei e il “mago” Verdi,
«Rassegna musicale italiana», VII (2001-2002), pp. 46-49; PETER ROSS, Der Dichter als Libret-
tist: Andrea Maffeis Libretto zu Verdis «I masnadieri», in Verdi e la letteratura tedesca, Atti del
Convegno, Venezia 20-21 novembre 1997, a cura di DANIELA GOLDIN FOLENA e WOLFGANG
OSTHOF, Laaber, Laaber-Verlag, 2002, pp. 117-152.
15
GRAZIANO RICCADONNA, Il Maffei politico: un cosmopolita nell’Europa dell’800, in L’Ot-
tocento di Andrea Maffei, pp. 75-85: 75.
16
Ivi, p. 76. Il giudizio di Fernando Mazzocca è in realtà riferito all’Hayez, ma si può far
aderire perfettamente anche al Maffei.
17
Sul severo giudizio espresso dal De Sanctis nelle lezioni del biennio 1842-1843, nel
saggio del 1855 Sulla Mitologia, sermone di Vincenzo Monti alla marchesa Antonietta Costa e
da ultimo nelle pagine della Storia della letteratura italiana (1870-1871) si vedano LORENZO
FONTANA, Vincenzo Monti, in I classici italiani nella storia della critica, dir. da WALTER BINNI,

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giudizio dei contemporanei: «La tua voce o dolcissimo poeta / per l’am-
pie volte della Polizia / nell’ombra della notte amica e cheta / soavemen-
te echeggia e fa la spia», scriveva Cesare Correnti in un sonetto riportato
in una nota del Dossi,18 il quale accusava a sua volta Maffei di essere
«versajolo e spia dell’Austria»,19 dove il giudizio di mediocrità poetica in
parte spiega quello morale e politico. Per Dossi il Maffei non si iscrive
però nel novero dei delatori ufficiali, ma se spia era stata, fu «spia
dilettante», hors-ligne, occasionale e «pagata a parte».20
Al di là delle maligne accuse, è indubbio che il patriottismo nella
concezione maffeiana,21 il suo sentimento nazionale ‘cosmopolita’ dopo

Firenze, La Nuova Italia, 1955, vol. II, pp. 293-326: 308 e 311; WALTER BINNI, Monti poeta del
consenso, Firenze, Sansoni, 1981, pp. 6-8, 17-20; LUCA FRASSINETI, Vincenzo Monti nelle
interpretazioni del secondo Novecento, in ID., Vincenzo Monti. I testi, i documenti, la storia,
Pisa, Ets, pp. 55-64 e MARIASILVIA TATTI, Il problema Monti nella critica dei patrioti, in EAD., Il
Risorgimento dei letterati, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011, pp. 29-41.
18
CARLO DOSSI, Note azzurre, a cura di DANTE ISELLA con un saggio di NICCOLÒ REVERDI-
NI , Milano, Adelphi, 2010, n. 4552, p. 607.
19
Ivi, p. 699: «Andrea Maffei, versajolo e spia dell’Austria, di alcune sue poesie, già
dedicate pubblicamente ad amici, fece tirare parecchie copie su carta di lusso e le ridedicò
con iscrizioni a mano a cospicui personaggi austriaci. Eppure Maffei è senatore del Regno
d’Italia!» (n. 4879).
20
Ivi, p. 717: «Andrea Maffei, spia dilettante dell’Austria – anima bieca –» (n. 4920). Sul
sospetto che Maffei fosse una spia austriaca e sulla sua personalità ambigua, ma sostanzial-
mente innocua, Dossi ci regala un altro aneddoto divertente, quanto chiarificante: «Osserva
Correnti però come non fosse vera la voce che accusava Maffei di essere spia austriaca. Maffei
scrisse un inno in lode al sovrano dell’Austria ma prima del 48. Dopo il 48 frequentava, è
vero, casa Torresani, ma spensieratamente come compaesano al barone. – Quando Correnti si
presentò colle mani in saccoccia a Bolza incarcerato, questi credendo che Correnti vi tenesse
pistole, disse: “mi uccida pure, non ho paura”. Correnti lo rassicurò in modo che Bolza gli
gettò al collo le braccia e lo baciò: poi, Bolza, tirandosi di tasca una cordicella, e mostrandogli
una trave “se lei tardava, disse, mi avrebbe trovato là”. – E a Correnti che gli domandava
quali fossero le spie austriache, rispose che ce n’erano tante, e tanti ambivano di esserlo, che
ad ogni buon fine per provvedere alla loro paga, senza che l’Erario ci scapitasse, si era di ciò
incaricato un certo venditore di quadri, il quale teneva scritto il nome di tutte le spie della
città dietro un tal quadro che nominò, esistente nella sua bottega. Correnti si recò subito dal
quadrajo, trovò il quadro, ma fra i moltissimi nomi di spie non lesse quelli di Maffei e Cantù
(Che ingenuo! penso io – erano spie hors-ligne e però pagate a parte). Anzi sul registro della
Polizia si trovò una nota sul Cantù che si tacciava di liberale, dicendovisi, quanto a Maffei: è
un fanciullone innocuo, che riporta le cose senza saperne il valore. – E qui Correnti, per
scusare Maffei (!) osserva com’egli non si accorgesse neanche che l’Italia avea un padrone»
(n. 4552; ivi, pp. 607-608).
21
Edoardo Benvenuti nel suo studio, fra i primi dedicati al poeta, affermava: «Si sa, il
Maffei fu un buon patriotta ma un patriotta sui generis, e, benchè io rigetti con tutta la forza
dell’animo le atroci accuse che gli furono scagliate in faccia da Lodovico Corio, pure devo
ammettere che il Maffei riguardo al sentimento non mi rifinisce, come si suol dire in Toscana»
(EDOARDO BENVENUTI, Andrea Maffei. Poeta originale e traduttore, Trento, Scotoni e Vitti,
1911, p. 21).

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il ’48 appare insostenibile. Ne abbiamo prova nella incomprensione di


Cesare Battisti che esprime su Maffei un giudizio severo, soprattutto per
la cattiva influenza che il poeta ebbe su Antonio Gazzoletti:

Se le idee politiche, o diremo meglio, la mancanza di idee politiche del


Maffei, furono l’incentivo maggiore alla separazione coniugale [...] la
convivenza col Maffei avrebbe potuto distogliere il Gazzoletti dalla vita
politica e noi saremmo privi di una delle più belle pagine che nella storia
delle nostre vicende dobbiamo all’attività del Gazzoletti quale deputato
e giornalista.22

Andrea Maffei appare, come affermava il Brol, «un animo debole, facile
all’entusiasmo e facile all’avvilimento senza una chiara idea politica,
pure non deve essere stato inattivo nelle Cinque Giornate, se fu insignito
della medaglia commemorativa».23 La partecipazione fu effettiva e rive-
lata dal Maffei stesso quando, nel 1884, chiese al comune di Milano di
riconoscere al suo domestico la medaglia insignita ai combattenti delle
Cinque Giornate:

Attesto sull’onor mio che Luigi Mazzo, mio domestico dall’anno 1847 in
poi, si adoperò nelle gloriose giornate del marzo 1848 a formar barricate
in piazza Belgiojoso e sulle vie del Morone e degli Omenoni, insieme con
me e con altri: fra questi col ragioniere Aggrati, che fu colpito da una
palla croata e da noi trasportato nel palazzo Belgiojoso, nostra abitazio-
ne, ove morì dopo aver subita l’amputazione d’una coscia.24

Il contributo non si limita alle barricate, ma nell’inno, composto d’impe-


to e pubblicato col titolo Inno popolare il 22 marzo 1848, accluso in una
lettera al compositore napoletano Vincenzo Capecelatro del 14 aprile
dello stesso anno. Nella missiva il poeta informa l’amico della situazione
milanese dimostrando un profondo entusiasmo per gli sviluppi della
questione patriottica:

22
CESARE BATTISTI, Antonio Gazzoletti, «Annuario degli Studenti trentini», II (1895-
1896), pp. 89-140: 99. Sul rapporto fra il Maffei e il Gazzoletti si vedano ENRICO BROL, A.
Gazzoletti e A. Maffei. Carteggio inedito (1837-1865), «Atti della R. Accademia Roveretana
degli Agiati», s. V, vol. XII (1935), pp. 3-94 e ID., Lettere di A. Gazzoletti ad A. Maffei
(1837-1866), Trieste, Ed. Libraria, 1937.
23
ENRICO BROL, Due trentini decorati della medaglia commemorativa delle Cinque Giorna-
te, «Studi Trentini di Scienze Storiche», XXVII/2 (1948), pp. 97-113: 98.
24
La lettera è riportata da RICCADONNA, Il Maffei politico, p. 83.

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O fratelli, vi unite ai fratelli,


Far quest’idra può capi novelli,
Fin che guizza sull’italo piano
Senta i colpi dell’italo acciar,
Sia dall’Alpi al Sebeto remoto
Solo un core, un pensiero ed un voto
E vedremo fra tutti sovrano
Il pennon tricolore ondeggiar.

... Le masnade austriache (46 in circa) occupano le fortezze di Peschiera,


Mantova e Verona, ov’è sperabile che in breve termine cadano in mani
de’ nostri, poiché l’esercito piemontese, già vittorioso in due scontri, e i
nostri corpi franchi le stanno accerchiando. L’Austria si prepara all’ulti-
mo sforzo per riconquistare queste quattro province, ma le intestine
discordie, e l’esaurimento d’ogni sua risposta pecuniaria ne’ dan certezza
che la prova sarà vana. Anche il Tirolo italiano abbraccia la bandiera
tricolore e chiuderà la ritirata dell’inimico comune. Ad assicurarne la
cacciata concorrono da ogni parte d’Italia volontari animatissimi, i quali
uniti all’oste piemontese arriveranno tra poco a 90 uomini circa. Tu hai
veduta in Milano la morte, ora vedesti la vita. Tutto è qui gioia, canti, ed
armi. I teatri però, tranne l’Carcano, sono tuttavia chiusi, né si parla di
aprirli prima della cacciata dei barbari oltre l’Alpi.25

Lo schietto interventismo che emerge dall’Inno, ha visto bene Laura


Zucconi, «contrasta con alcune lettere in cui il poeta si mostra scettico
rispetto ai tumulti», anche se un inserto di Maffei nel libretto del Mac-
beth di Francesco Maria Piave, rappresentato al teatro «La Fenice» di
Venezia nel marzo del 1847, ci fa credere in un effettivo afflato patriotti-
co del poeta: «La patria tradita – Piangendo c’invita. / Fratelli, gli op-
pressi – Corriamo a salvar!».26 È una poesia civile e nazionalistica «che
non freme ma discorre, che non delira d’entusiasmo ma freddamente
osserva» secondo un classicismo che non si sdegna, che non canta la
grandezza nazionale e che non incita al Risorgimento, ma «placida e
tranquilla» indugia «intorno ai fantasmi della muta età passata».27 Edo-
ardo Benvenuti osservava che nella poesia patriottica «il Maffei pare
quasi si periti a lasciar libero sfogo al verso che doveva mostrare agli

25
Lettera autografa e inedita di Maffei a Vincenzo Capecelatro da Milano, 14 aprile 1848,
conservata all’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma, coll. 41, num. 30.
26
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 188. Si veda WILLIAM
SHAKESPEARE, Macbeth, dramma fantastico in quattro atti, musica del signor maestro Verdi,
Barcellona, tipografia di T. Gorchs, 1848, p. 48.
27
RICCADONNA, Il Maffei politico, p. 76.

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stranieri lagrime e sangue», rifugge insomma da una visione guerriera


che esalta la rivoluzione e inneggia alla morte: non sono sue le «lotte
titaniche contro i nemici dell’unità d’Italia» e la sua ispirazione è sterile
«di fronte a quelle visioni di vita patriottica e di libertà nazionali che
resero celebri un Poerio, un Mameli, un Dall’Ongaro, un Berchet, un
Rossetti, un Montanelli, un Nievo».28
Ecco che allora la sezione delle Poesie patrie (23 poesie di carattere
politico-civile), aggiunta alla IV edizione delle Liriche,29 chiarisce bene
come l’ideale patriottico e irredentista del Maffei sia sempre filtrato
dall’esperienza artistica, letteraria e culturale: vi sono sì trattati tutti i te-
mi cari al Risorgimento (i primi martiri della libertà italiana, Vittorio
Emanuele II e Cavour, l’impresa dei Mille e la Lupa capitolina), ma af-
frontati con evidente distacco letterario. Un distacco che trova un facile
esempio nel sonetto All’Italia del 1850, dove i versi sono accompagnati
dalla traduzione in latino che, appalesandosi dunque come esercizio
letterario, smorza sicuramente l’impeto patriottico, svelando una ideolo-
gia «mai militante»:30

Tu sei pur bella ed infelice! e forse,


Perché tanto infelice, ancor più bella.
Oh quante di sventura età son corse
Da che sei fatta di reïna ancella!
[...]
Quantum formosa, infelix quantum, Itala tellus!
Quo magis infelix, tanto fors pulchrior extas.
Quam longa aerumnae fluxerunt saecula, postquam
Regia servili mutasti compede serto!

3. Si è detto fin qui del ‘patriota sui generis’, passiamo ora alle ragioni
del poeta. Cesare De Lollis aveva individuato un’altra peculiare qualità
del Maffei, anche in questo diverso dai poeti a lui contemporanei, nel
rapporto con le arti figurative:

nessuno più del Maffei si ispirò al quadro: il che ricorda la predilezione


dell’Aleardi per la pittura, e, anche, quella caratteristica sostituzione che
nel mondo dei Parnassiani – specialmente quando si chiamino Goncourt
– si fa così volentieri del mondo dell’arte a quello della natura. [...] Un

28
BENVENUTI, Andrea Maffei poeta originale e traduttore, p. 21.
29
ANDREA MAFFEI, Liriche, Firenze, succ. Le Monnier, 1878.
30
RICCADONNA, Il Maffei politico, p. 78.

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«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

poeta, dunque, culturale, ma anche descrittivo per eccellenza... con quel-


la calma che caratterizza i Parnassiani, i poeti del secondo momento.31

Nel 1845 era comparso sul mercato librario milanese il primo numero
delle «Gemme d’arti italiane», che nella sua opposizione all’ormai con-
solidato «Album dell’Esposizione di Milano» aveva rinnovato un genere
che cominciava ad esaurire la sua funzione.32 Nella dedicatoria al duca
Antonio Litta Visconti Arese, l’intento dei promotori è chiaro:

perché l’interno valore del libro rispondesse agli estrinseci abbellimenti,


volli affidare al giudizio di buoni maestri la scelta dei dipinti e delle scul-
ture, ed alla penna di valenti scrittori le illustrazioni, le quali per la loro
importanza assumessero un’impronta letteraria, e durevole oltre la con-
sueta e breve vita delle Strenne augurali.33

Fra questi valenti scrittori il Tenca, il critico Pietro Selvatico, Giulio Car-
cano e Andrea Maffei, il quale nei suoi numerosi interventi, come scrive
la Zucconi, «si fa oracolo del messaggio dell’opera d’arte e lo traduce in
un linguaggio comprensibile per il lettore».34
Il cosmopolitismo, l’europeismo letterario del Maffei affiorano nella
poesia ecfrastica, soprattutto in quella redatta per le opere ispirate ai
testi di autori che egli stesso aveva tradotto. Vi è infatti una significativa
circolarità nel rapporto fra arti sorelle: la instancabile opera di mediazio-
ne letteraria di Maffei, che si compie attraverso le traduzioni, diviene
fattore primario di ispirazione per i pittori e gli scultori, che nei testi
tradotti dal poeta trovano centinaia di situazioni e argomenti innovativi,
soggetti storici di drammatica efficacia per le loro opere; opere che a lo-
ro volta ispirarono nuovamente al poeta trentino versi ecfrastici, che as-
surgono così a ruolo di irrinunciabile didascalia. Mi limito qui a due

31
CESARE DE LOLLIS, Saggi sulla forma poetica italiana dell’Ottocento, Bari, Laterza, 1929,
p. 202.
32
La crisi delle strenne era stata acutamente e precocemente identificata da Carlo Tenca.
L’intellettuale milanese, in occasione della comparsa sul mercato librario milanese del primo
numero delle «Gemme d’arti italiane», di cui era collaboratore, aveva pubblicato sulla «Rivi-
sta Europea» un articolo intitolato Le Strenne nel quale ripercorreva la storia editoriale di un
genere ormai in crisi e il cui successo si era dimostrato addirittura dannoso per la produzione
letteraria (cfr. CARLO TENCA, Le Strenne, «Rivista Europea», gennaio 1845, pp. 115-125, ora
raccolto in ID., Giornalismo e letteratura nell’Ottocento, a cura di GIANNI SCALIA, Bologna,
Cappelli, 1959, pp. 49-64: 56).
33
«Gemme d’arti italiane», I (1844), dalla dedicatoria al duca Antonio Litta Visconti Arese.
34
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 206. Sui contributi di
Maffei alle «Gemme d’arti italiane» si veda BARBARA CINELLI, I contributi di Andrea Maffei per
le «Gemme d’Arti Italiane», in L’Ottocento di Andrea Maffei, pp. 144-155.

239
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

nomi di artisti che soli bastano a dare l’idea del peso dell’influenza maf-
feiana nei decenni centrali del secolo: Francesco Hayez e Vincenzo Vela.
Nel 1836 il poeta dedica ad Hayez, in ottava rima, la sua traduzione
dei Canti Orientali di Thomas Moore, segno esplicito di una stima che
da poco si era consolidata in amicizia:

Le belle fantasie che l’intelletto


Ispirâr del più molle anglo cantore,
e rifuse nel mio verso negletto
sono in povera creta un vago fiore,
Degnamente io presento al tuo concetto,
O divin delle tele animatore,
Poiché tutto possiedi il grande arcano
Di temprar l’ideale al bello umano.35

A questa dedica seguirà quella alla traduzione della Maria Stuarda di Schil-
ler nel 1843,36 illustrata con incisioni tratte proprio da disegni di Hayez:37

Ti presento, mio caro amico, quella Maria Stuarda che tante volte m’ha
rapito e commosso dipinta dal tuo meraviglioso pennello. La simpatia
che ti lega alle sventure dell’infelice Scozzese accresca la tenuità del mio
dono, e ti mostri in un tempo la mia riconoscenza per le cure che ti sei
date e che ti dai nell’illustrare de’ tuoi disegni queste mie traduzioni,
emendando il difetto degli intrinseci pregi con esterni abbellimenti.

Una traduzione che non mancò di suscitare gli entusiasmi di Giovanni


Battista Niccolini, al quale già la prima edizione dell’opera aveva fatto
ammettere che «si scrive meglio in Lombardia che in Toscana»:38

35
Canti Orientali di TOMMASO MOORE traduzione del Cav. ANDREA MAFFEI, Milano, Pres-
so i fratelli Ubicini, 1836, p. 3.
36
Maria Stuarda. Tragedia di FEDERICO SCHILLER. Traduzione del cavaliere ANDREA MAF-
FEI , Milano, per Luigi di Giacomo Pirola, 1843.
37
Di Hayez sono anche le tavole e le vignette per le edizioni Pirola del Don Carlo Infante
di Spagna (1842) e del Wallenstein (1845), così come ricorda Alessandro Visconti: «le edizioni
più belle sono per il teatro di Schiller tradotto da Andrea Maffei, e le tragedie di Lord Byron
pure tradotte dal Maffei. Nella edizione di Schiller si vede il gusto fine dell’editore che chiama
a raccolta artisti e incisori più celebri del suo tempo. Hayez prepara deliziosi bozzetti e schiz-
zi, il pittore Riccardi invia le sue testate, il principio e la fine di ogni atto, ed altre vignette nel
testo; il Ratti incisore rinomato, e il Sacchi vi collaborano» (ALESSANDRO VISCONTI, Una
stamperia milanese [sec. XVIII - sec. XX], Milano, coi tipi e a cura della Ditta tip. Ed. Libr. L.
di G. Pirola, 1928, p. 165; cfr. ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione,
p. 211).
38
Ricordi della vita e delle opere di Giovan Battista Niccolini, raccolti da ATTO VANNUCCI,
Firenze, F. Le Monnier, 1866, vol. II, p. 102. La prima edizione della traduzione maffeiana del

240
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

Godo nell’udire che facciate una nuova edizione della Stuarda: nulladi-
meno, a dirvi il vero, ho letta non so dirvi quante volte questa tragedia, e
non mi sarei accorto che fosse una traduzione, se non lo avessi saputo, e
delle macchie io non ve ne ho scorte. Forse rapito dalla maravigliosa
bellezza del componimento, e dei versi, i quali voi sapete fare meglio di
qualunque altro in Italia, mi passeranno inosservati quei nei, quos aut
incuria fudit ec.: ma le improprietà di lingua e di stile, delle quali noi To-
scani ci avvediamo subito, non vi sono per Iddio. Non ostante io rilegge-
rò per la ... volta (non saprei dire il numero) il vostro magnifico lavoro, e
già mi rendo conto che di bello l’avrete fatto bellissimo. Mi pare d’avervi
detto che il signor Platen, poeta tedesco che morì in Siracusa nell’anno
del cholèra, e il quale riguardo allo stile veniva giudicato superiore allo
stesso Goethe, m’asseriva che la Sposa di Messina era più bella nella
traduzione vostra che nell’originale. Si può riportare onore più grande?39

Ad Hayez il poeta dedicherà infine anche la traduzione di Cielo e Terra


di George Byron nel 1853:

Scorsero sedici anni dacché pubblicai gli Amori degli Angeli di Tommaso
Moore fregiandoli del tuo nome. Ora con quell’animo stesso ti offro il
soggetto medesimo trattato da più grande poeta. Di mio non vi è che la
veste. Povera cosa; ma valga almeno a provarti che vive in me sempre la
memoria della nostra antica amicizia. Ogni uno che intenda il bello ti
ammira e ti saluta maestro sommo dell’arte; ma chi conosce il tuo cuore
buono, operoso e solo acceso del bene, ti ama quanto ti ammira; ed io
mosso da questo doppio sentimento ti porgo il tenue mio dono.40

Queste dediche ricamano in diacronia la solidità di un rapporto di stima


e di sintonia intellettuale che si concreta di fatto nella produzione artisti-
ca di entrambi. Sull’influenza che Maffei ebbe su Hayez, assumendo il
ruolo di vero e proprio consulente nelle sue scelte tematiche e illustrati-
ve, abbiamo, fra le molte, anche la testimonianza dell’architetto e scritto-
re scapigliato Camillo Boito, il quale riconosceva che ad Hayez

se non gli bastavano i libri della sua ricca biblioteca, ricorreva ai lumi di
dotti e cortesi amici: Andrea Maffei lo consigliava sulla scelta delle alle-

dramma di Schiller risale al 1829 (Milano, Per gli Editori degli Annali Universali, 1829) e ven-
ne salutata da un largo successo di lettori e di critica: il traduttore venne lodato sulla «Bi-
blioteca Italiana» (XII [novembre 1827], tomo XLVIII, p. 166) e da Niccolò Tommaseo sul-
l’«Antologia» del Vieusseux (tomo XXXVII, gennaio, febbraio, marzo 1830).
39
Ivi, p. 329.
40
Cielo e Terra. Mistero di LORD BYRON traduzione del cav. ADREA MAFFEI, Milano, Pres-
so Giacomo Gnocchi, 1853, p. 3.

241
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

gorie, gli dava soggetti, gli mandava le parole delle romanze, che l’artista
invece di mettere in musica, metteva in pittura.41

Ed è realistica altresì la descrizione fatta da Barbiera, di Hayez introdot-


to nel salotto dei Maffei:

Il capo della pittura romantica è presentato da Andrea Maffei alla mo-


glie, che lo riceve con grandi onori. Egli va nelle prime ore della sera a
salutare la contessa, dopo d’aver lavorato tutto il giorno nell’ampio suo
studio della casa Repossi, rallegrato da giardini di platani giganteschi. La
mestizia della Maffei sparisce nell’udir l’Hayez raccontare arguti aneddo-
ti autobiografici in quel dialetto di Carlo Goldoni che l’acclamato pittore
veneziano conserverà sino agli ultimi anni della vita nonagenaria, non
ostante il suo lunghissimo soggiorno in Milano. [...] Francesco Hayez, in
questo tempo e per lungo tratto dopo, fu il ritrattista più ambito della
società milanese. Ritrasse Clara Maffei nella sua aria dolcemente malin-
conica; a altre gentildonne e signori, il cui elenco sarebbe troppo esteso.
Per Andrea Maffei (uno de’ suoi fornitori di soggetti) l’Hayez dipinse
Francesco Foscari che vede il figlio per l’ultima volta, e La Meditazione. Il
poeta lo ricambiò coi versi.42

Quali siano questi versi è noto: si tratta della poesia A Jacopo Foscari,
raccolta poi nelle Liriche e ispirata a Byron, il cui dramma Two Foscari è
la fonte primaria dell’ispirazione del pittore e del poeta, e veicolo, prima
romantico e poi decadente, del mito di Venezia nella cultura milanese:

A JACOPO FOSCARI
Che prende comiato dalla sua famiglia
prima di salire la nave dell’esiglio.

[...] La tua sventura


Alla vendicatrice arte del bello
Darà materia lagrimosa e pia.
E d’un anglo cantor la fantasía,
Poi la virtù d’un italo pennello
Di te commoveran l’età futura.43

41
CAMILLO BOITO, L’ultimo dei pittori romantici, «Nuova Antologia», XXXVI (1891), p.
229.
42
BARBIERA, Il salotto, pp. 18-19, 20.
43
MAFFEI, Liriche, p. 150. La poesia è presente in identica versione anche nelle raccolte
del 1858 e del 1864 corredata dalla nota «Quadro storico di Francesco Hayez della mia col-
lezione».

242
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

1 – FRANCESCO HAYEZ, L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari, 1852-1854,


Firenze, Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti

Hayez affrontò il soggetto per ben sei volte, fra cui la versione dal titolo
L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari (fig. 1), commissionata dal Maf-
Xa fei nel 1852 (oggi conservato a Firenze alla Galleria d’Arte Moderna di
Palazzo Pitti) «per promuovere la traduzione del dramma attraverso la
presentazione del dipinto all’esposizione dell’Accademia di Venezia nel
1854».44
L’affinità d’intenti sul piano artistico tra Maffei e Hayez viene con-
fermata ulteriormente da un dipinto che il poeta commissiona all’amico:

44
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 212. Queste versioni e in
modo particolare quella intitolata Francesco Foscari destituito «probabilmente esercitò una
profonda suggestione su Verdi e sul suo librettista Francesco Maria Piave» (ELENA LISSONI,
Scheda a L’ultimo abboccamento di Jacopo Foscari con la propria famiglia [I due Foscari], in
Francesco Hayez. Catalogo della mostra, Milano 7 novembre 2015 - 21 febbraio 2016, a cura di
FERNANDO MAZZOCCA, Cinisello Balsamo, Silvana, 2015, p. 214). Cfr. anche FERNANDO MAZ-
ZOCCA, Pittura di storia e melodramma: i dipinti di Francesco Hayez su «I due Foscari», in Fe-
stival Verdi. Parma e le terre di Verdi. «I due Foscari», a cura di PIERLUIGI PIETROBELLI, Parma,
Teatro Regio di Parma, 2009, pp. 76-78.

243
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

La Meditazione sopra l’Antico e Nuovo Testamento del 1850 (fig. 2). Nel
quadro la triste ragazza che tiene in grembo una finta Bibbia, sul dorso
della quale si trova la dicitura «[Sto]ria d’Italia», «rappresenta lo smarri-
mento e l’amarezza diffuse in seguito al fallimento del 1848 e, insieme, il

2 – FRANCESCO HAYEZ, La Meditazione sopra l’Antico e Nuovo Testamento,


1850, Brescia, collezione privata

244
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

doveroso momento di riflessione sugli errori commessi».45 Il dipinto


trova un duplicato nella Meditazione dell’anno successivo (1851) (fig. 3),
commissionata dal conte e architetto veronese Giacomo Franco, grazie
proprio all’interessamento di Maffei. In questa seconda versione dell’o-
pera, Hayez pone in mano alla donna, più adirata che mesta stavolta, una
croce nera su cui è incisa la scritta «18.19.20.21.22 marzo 1848», con
chiaro riferimento alla Cinque Giornate milanesi: l’Italia bella e perduta
non più matrona turrita, come l’aveva scolpita Canova nel marmo di Santa
Croce, ma giovane ragazza discinta e, come ha scritto Fernando Mazzoc-
ca, «pronta a nutrire i suoi figli» al prosperoso seno.46 A questa seconda
Meditazione Maffei dedica un sonetto chiaramente allusivo, apparso sul-
le «Gemme d’arti italiane» come illustrazione poetica del dipinto:

LA TRISTEZZA
Dipinto di Francesco Hayez [1850]

Cara, angelica donna, in qual pensiero


Hai tu la sconsolata anima assorta?
Che ti affligge così, che ti sconforta
Nel più bel fior degli anni tuoi?... mistero!
Quella croce che stringi e quel severo
Volume, ove il tuo mesto occhio si porta,
Dicono che per te la gioja è morta,
Né t’offre il mondo che il suo tristo vero.
Sì, la Bibbia e la Croce! util consiglio,
Nell’età scellerata in cui sul buono
L’arrogante cervice alza il perverso.
Fisa in quei segni di riscatto il ciglio,
Cara, angelica donna! essi ti sono
Un rifugio al dolor dell’universo.47

Quel «[...] tristo vero» che chiude la seconda quartina, sintagma evocati-
vo delle sorti della patria, trova in Leopardi e nelle Notti di Young il suo
diretto ascendente.48 È propria di Maffei la tendenza, forse opportunisti-

45
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 235.
46
FERNANDO MAZZOCCA, Scheda a La Meditazione, in Francesco Hayez, p. 276. Sulle due
versioni del dipinto e sulla loro interpretazione risorgimentale si veda ID., L’iconografia della
patria tra le riforme e l’Unità, in Immagini della nazione nell’Italia del Risorgimento, a cura di
ALBERTO MARIO BANTI e ROBERTO BIZZOCCHI, Roma, Carocci, 2002, pp. 89-111.
47
MAFFEI, Liriche, p. 278.
48
Il sintagma si legge nei fortunatissimi Night Thoughts on Life, Death, and Immortality
(1742-1745) di Edward Young, che Maffei poteva conoscere nella versione italiana, derivata

245
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

3 – FRANCESCO HAYEZ, La Meditazione, 1851,


Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti

246
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

ca, alla «trasfigurazione allegorica dei soggetti politici»,49 che si ritrova


anche nel celebre dipinto Il bacio, letto come amplesso fra due amanti
d’eccezione, l’Italia e la Francia, le sorelle latine, «unite nell’arte come
nella realtà dopo l’ingresso a Milano di Vittorio Emanuele e Napoleone
III, tre mesi prima della presentazione del quadro a Brera il 9 settembre
1859. L’influsso del poeta trentino è confermato infatti da un acquerel-
lo, appartenente alla collezione Maffei, rappresentante un primo esperi-
mento, poi modificato, del soggetto che porta poi al celebre quadro».50
La sintonia fra i due non si circoscrive solo a soggetti storici o
allegorici da interpretare in chiave patriottica: nel 1858 il celebre e
bellissimo ritratto tizianesco della cantante Matilde Juva Branca (fig. 4)
– che Hayez aveva terminato nel 1851 e che considerava uno tra i suoi
ritratti meglio riusciti51 – veniva omaggiato in versi da Maffei, che circa
vent’anni prima aveva già descritto il dipinto della principessa Cristina
Barbiano di Belgiojoso Trivulzio:

RITRATTO DI DONNA MATILDE JUVA


Dipinto di Francesco Hayez

Spesso nel vagheggiar la peregrina


Beltà delle tue forme in cor volgea:
Perchè sì frale dalla man divina
Uscir questa gentile opra dovea?
Perchè Dio non concesse adamantina
Tempra del Bello all’incarnata idea,
O, come in ciel gli Eletti, alla rapina
Del tempo struggitor non la togliea?
Così nel mio pensier. Ma quando impressa
Qui per arte stupenda io ti mirai,

da quella francese di Le Tourneur del 1769, del senese Giuseppe Bottoni (Delle Notti d’Young
[...], trad. di GIUSEPPE BOTTONI, 2a ed., corretta, continuata, e condotta a fine dal traduttore,
Siena, Bindi, 1775, 2 voll.).
49
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 236.
50
Ibidem. Su questa opera, una delle più celebri e inflazionate dell’Ottocento italiano,
con numerose riprese novecentesche anche nella fotografia (Robert Doisneau) e nel cinema
(si pensi alla scena madre di Senso di Luchino Visconti), esiste una bibliografia cospicua per la
quale mi limito a rimandare a FERNANDO MAZZOCCA, Francesco Hayez. Il Bacio, Cinisello
Balsamo, Silvana, 2003.
51
Commissionato dal marito Giovanni Juva, il ritratto venne segnalato «con giudizio in
parte sminuente da Carlo Tenca sulle pagine del “Crepuscolo”» e in una «frettolosa seppur
positiva nota» da Théophile Gautier che lo aveva visto a Parigi presso l’Esposizione Universa-
le (cfr. ALESSANDRO OLDANI, Scheda a Ritratto della cantante Matilde Juva Branca, in France-
sco Hayez, pp. 278-280: 278).

247
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

4 – FRANCESCO HAYEZ, Ritratto della cantante Matilde Juva Branca, 1851,


Milano, Galleria d’Arte Moderna

248
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

Quasi da fonte o da cristal riflessa:


Gli anni, io proruppi, che non posan mai
Per te chiusero alfin l’ala indefessa.
Angelica beltà, qui non morrai.52

Nel 1851 viene presentata all’Esposizione delle Belle Arti di Brera La


Desolazione dello scultore ticinese Vincenzo Vela (fig. 5), che è stata
giustamente considerata il parallelo plastico della Meditazione di Hayez.
La statua, commissionata al Vela dai fratelli Giacomo e Filippo Ciani per
il parco della loro villa di Lugano in memoria dei genitori Carlo e Maria
Zaconi Ciani, venne immediatamente interpretata in chiave patriottica
anche per l’esplicito richiamo al dipinto di Hayez. Era stato proprio
Hayez a presentare a Maffei il giovane e ancora poco conosciuto sculto-
re di Ligornetto, «dando avvio», come scrive Elena Lissoni, «a un rap-
porto di amicizia tra i due che proseguirà a lungo, rafforzato dalla con-
divisione degli ideali risorgimentali».53 La ragazza scolpita, che si tiene il
volto tra le mani con i gomiti appoggiati alle ginocchia, «può accogliere
anche istanze contemporanee, rimandando gli spettatori alla disillusione
italiana successiva alla sconfitta sabauda del 1848»:54

LA DESOLATA
Scolpita da Vincenzo Vela

Scomposto il crine, la gonna cadente,


Scanno i ginocchi delle arcate braccia,
E queste appoggio alla protesa faccia,
Le ciglia fisse e in un pensiero intente;

52
ANDREA MAFFEI, Versi editi ed inediti, Firenze, Le Monnier, 1858, p. 76.
53
ELENA LISSONI, Scheda a La desolazione. Monumento commemorativo a Carlo Ciani e
Maria Zaconi Ciani, in Francesco Hayez, p. 274. Alla morte di Maffei, il «Bollettino Storico
della Svizzera Italiana» ricorderà il poeta proprio in relazione alla sua amicizia con lo scultore
ticinese: «È morto a Milano più d’un mese fa il poeta Andrea Maffei, il traduttore di Schiller,
di Göthe, di Gessner, di Byron e d’altri sommi classici. E la storia registra con compiacenza
ch’egli fu un amico ed ammiratore sincero del grande scultore Vincenzo Vela, nostro concitta-
dino al quale il Maffei dedicava la sua versione del Prigioniero di Chillon del Byron. È fuori di
posto tessere elogi di chi per unanime consenso ha la sua sede già assegnata tra i primi e più
celebri artisti dell’età nostra. Tale è poi la modestia del Vela, che se non moleste, le lodi non gli
sono quasi accette. Ma egli vorrà permettere che in occasione della morte del Maffei ci fac-
ciamo a riprodurre i versi che quest’ultimo dettava ad elogio della Desolazione, statua sua che
si ammira nel giardino Ciani in Lugano. In pari tempo noi facciamo voti acciocchè il Vela, a
testimonio d’una sincera amicizia ed a gloria dell’arte, della letteratura e del paese ci faccia
partecipe dell’abbondante carteggio epistolare tenuto seco lui dal Maffei» (Andrea Maffei e Vin-
cenzo Vela, «Bollettino Storico della Svizzera Italiana», VII/12 [dicembre 1885], pp. 266-267).
54
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 243.

249
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

5 – VINCENZO VELA, La Desolazione. Monumento commemorativo a Carlo


Ciani e Maria Zaconi Ciani, 1850, Ligornetto (Svizzera), Museo Vincenzo Vela

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«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

Disperato pensier, che, vïolente


Tiranno dello spirto, ogni altro scaccia,
E vi domina solo, e tutte allaccia
Le potenze del core e della mente.
Chi sei tu? qual dolor sublime, immenso
Così dentro t’impietra, o derelitta,
Ché più non hai né lacrime né senso?
Del tuo cordoglio anch’io l’alma ho trafitta,
Chè, nel mirarti, alla mia terra penso:
Misera! Al par di te bella ed afflitta.55

Il sonetto maffeiano, con i suoi contenuti lirici e patriottici, rende tra-


sparente la motivazione risorgimentale rispetto alle opere di Vela e di Ha-
yez: è la letteratura che completa e oltrepassa le arti sorelle e che pene-
tra, sotto il marmo o la tela, il significato profondo dell’opera.56 Come
per Hayez, anche per le opere di Vela Maffei dedicherà in quegli anni
versi che esulano da una esplicita ideologia politica. Tale per esempio è il
sonetto dedicato a La preghiera del mattino (1846), che Vela aveva dona-
to nel 1853, in copia ridotta, a Maffei (fig. 6):

L’ORANTE
Scolpita da Vincenzo Vela

Io piangea sconsolata al caro letto


Della buona mia madre, e quella pia.
Che dal Signor chiamata al ciel salia,
Quest’aurea croce mi posò sul petto:
Poi, baciandomi, disse (e il lungo affetto
Di quattro lustri in un sol bacio unia):
Da questo segno redentor ti sia.
Figlia, il core inesperto ognor protetto.
E l’ora, madre, del periglio è questa!
Più non regge il mio cor debole, infermo,
A quel volto, a quegli occhi, a quella voce.

55
MAFFEI, Liriche, p. 119. Oltre che alla Desolazione, Maffei dedicò delle poesie ad altre
sculture di Vela: Per una fanciulletta cogli occhi rivolti al cielo e col grembo pieno di fiori; La
Speranza, statua di V. Vela nella cappella mortuaria della famiglia Lutti; Sotto la statua d’una
giovinetta che si sveglia fra i fiori. Opera di V. Vela. Testi che si leggono in ANDREA MAFFEI,
Poesie scelte edite ed inedite, Firenze, Le Monnier, 1869, pp. 92, 156 e 300.
56
Nel 1901, in un contesto politico e sociale ormai mutato, Antonio Fogazzaro «si sof-
fermerà nuovamente sull’opera offrendone un’interpretazione estetizzante di carattere simbo-
lico, ormai del tutto estranea alla temperie politica che l’aveva generata» (LISSONI, Scheda a
La desolazione, p. 274).

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Joël F. Vaucher-de-la-Croix

6 – VINCENZO VELA, La preghiera del mattino, 1846, Milano, Palazzo Morando


| Costume Moda Immagine (deposito Ospedale Maggiore di Milano)

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«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

Salvami, tu che il puoi, dalla funesta


Virtù che mi soggioga, e fammi schermo.
Custode angelo mio, della tua croce.57

La sensualità della descrizione della fanciulla «attraverso l’esaltazione


immaginifica di un particolare, la croce appoggiata sul seno della ragaz-
za, sostituisce al candore angelico le inquietudini dei primi turbamenti
amorosi».58
Anche per Vela, Maffei non sarà solo un didascalico interprete poeti-
co ma, come per Hayez, suggeritore di soggetti e consulente. Nella tra-
duzione del Prigioniero di Chillon di Byron del 1853, Maffei, dedicando
il lavoro all’amico scultore, ricorda:

Parlando insieme dell’arte tua mi chiedesti, se ben ti sovviene, un soggetto


nuovo, affettivo, commovente per un gruppo di due figure. In quel pun-
to non me ne corse alcuno alla mente, ma traducendo il Prigioniero di
Chillon trovai nel capo VIII di questa terribile poesia quanto potrebbe
appagare il tuo desiderio. Altre cure forse ti avranno stornato da quel
pensiero. Ad ogni modo leggine la traduzione che ti presento, e quando
pure il soggetto non t’inspirasse, né fosse tale da ricevere la vita e l’im-
mortalità del tuo scarpello come l’ebbe dalla penna del Byron, queste
pagine accogli come un tenue ricordo dell’amico tuo.59

Il soggetto non è certamente tra i più noti: si tratta della scena in cui
l’eroe del poemetto di Byron The prisoner of Chillon (1816), l’umanista
ginevrino François Bonivard – rinchiuso nelle segrete del castello di
Chillon dal 1530 al 1536 – spezza le catene che lo tenevano legato e si
precipita a soccorrere il fratellino morente. Sorprende la forza, l’emoti-
vità e il realismo dei versi che fanno di questa versione una delle più
felici dell’intera produzione del Maffei:

Chiamai... Come un lamento udir mi parve...


Spezzai d’un crollo la catena, e corsi
Precipite al fratello... ahi più non era!
Ahi che solo io vivea fra quelle mura!
Solo, solo inspirava il maledetto
Aër fetente della muda! Il nodo
Ultimo che teneami avvinto ancora

57
MAFFEI, Versi editi ed inediti, p. 67.
58
ZUCCONI, Andrea Maffei: la poesia gemella della traduzione, p. 243.
59
Il Prigioniero di Chillon e Le Tenebre poesie di LORD BYRON traduzione del Cav.
ANDREA MAFFEI, Milano, Presso Giacomo Gnocchi, 1853, p. 3.

253
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

Alla mia stirpe sciagurata e il piede


Sul varco eterno tuttavia sospeso,
In quel fondo si ruppe. Un mio fratello
Giacea sotto la terra e sulla terra
Giaceane un altro... e spenti entrambi! Alzai
La man fredda ed immota... Oimè che fredda
Non men della sua mano era la mia!
Reggermi non potea, ma pur la vita
Mi sentia circolar, quel sentimento
Che fa l’alma delira allor che noi
Sappiam che nol potranno i cari estinti
In eterno provar. – Perchè d’un tratto
Non mi uccise il dolor, così com’era
Privo d’ogni speranza, io dir non posso.
Mi soccorse la Fede, e non permise
Che la man violenta in me volgessi.60

Nell’«aër fetente della muda» delle segrete di Chillon, il traduttore ri-


conduce la poesia di Byron alla tradizione dantesca e Bonivard diviene,
con facile ma indovinata sovrapposizione, un nuovo Ugolino.61 Tuttavia
il soggetto proposto non fu mai realizzato da Vela, ma venne messo su
tela nel 1854 dal pittore torinese Andrea Gastaldi (fig. 7), il quale aveva
dipinto, nel medesimo anno, anche un episodio tratto dalla Parisina di
Byron – letta nella traduzione italiana di Maffei62 – sperimentando per la
prima volta il filone letterario della pittura romantica: con i due dipinti,
ispirati alle traduzioni maffeiane, ottenne la ‘mention honorable’ alla
Esposizione universale parigina del 1855.

60
Ivi, pp. 20-21.
61
Sul parallelo fra il protagonista del poema di Byron e il personaggio dantesco si era già
soffermato GIULIO MONTI, Il prigioniero di Chillon di Byron e il Conte Ugolino di Dante, in
ID., Studi critici, Firenze, Libreria H.F. Münster, 1887, pp. 129-155.
62
Parisina poema di LORD BYRON traduzione del Cav. ANDREA MAFFEI, Milano, Presso
Giacomo Gnocchi, 1853. Il soggetto del ‘sogno rivelatore’ tratto dalla Parisina venne dipinto
anche dal pittore milanese Giuseppe Bertini cui Maffei dedica la traduzione nella speranza
potesse essere foriera di nuove opere pittoriche: «L’ultima volta che ho visitato il tuo studio
vidi il pensiero d’un dipinto tolto alla Parisina. Non era più che un pensiero, ma bastò questo
a farmi indovinare a qual bellezza di espressione e di effetto sarebbe arrivata quell’opera
condotta dal tuo pennello. Il disegno m’ha invogliato a rileggere il poema, e la lettura a tra-
durlo. Tu sei dunque l’origine di questi versi, e ti prego di accoglierli come una dichiarazione
del tuo dipinto e come cosa che ti appartiene. Il nome tuo, caro a tutti e da tutti lodato, è tale
raccomandazione che mi farà benevolo ed indulgente il lettore; o se non altro avrò satisfatto
ad un desiderio vivissimo di darti una pubblica manifestazione dell’alta stima e dell’amore che
ti porto» (p. 3).

254
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

7 – ANDREA GASTALDI, Il prigioniero di Chillon, 1854, Oslo,


Nasjonalmuseet for kunst, arkitektur og design

4. In un’epoca dove ormai la traduzione, genere principe del Neoclassi-


cismo, aveva lasciato spazio ad altre prove, relegando l’arte del tradurre
ad una mera attività redazionale e di servizio, ecco che Maffei riesce in
una gattopardesca operazione di rilancio e di emancipazione. Il tradurre
fu per Maffei, come scrive Marta Marri Tonelli, «non semplice esercizio
di trasposizione letterale del testo, ma un’arte vera e propria, sostenuta
da una personale capacità interpretativa e mirante ad ottenere risultati
autonomamente validi sul piano letterario».63 La constatazione iscrive
pertanto il nostro alla scuola di Vincenzo Monti. Nella sua definizione
teorica, il magistero altissimo del maggior traduttore che la nostra storia
letteraria abbia avuto si condensa in una massima di perentoria chiarez-
za: «quando si traduce non è più la lingua del tradotto, a cui si debbano
i primi riguardi, ma a quella del traduttore». Un paradigma che appel-

63
MARTA MARRI TONELLI, La vocazione del traduttore, in L’Ottocento di Andrea Maffei,
pp. 32-36: 32.

255
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

landosi a Orazio64 converge, come ha visto Arnaldo Bruni, con le «teo-


rizzazioni più moderne, per esempio con un noto convincimento di Ro-
man Jakobson»65 e che, annullando qualsiasi distinzione qualitativa fra il
testo di partenza e quello di arrivo, eleva quest’ultimo alla dignità dell’o-
riginale, superando così i secolari pregiudizi sulle belles infidèles.66
La traduzione diviene per Maffei, seguendo l’ortodossia montiana,
un esercizio di stile, che deve tenere conto della diversa natura delle lin-
gue – tema fondamentale della traduttologia francese da Desfontaines a
Delille67 – cercando di mantenere intatta l’indole dell’originale, speri-
mentando però nel contempo la vitalità e la versatilità della lingua italiana:

Pochi cenni poi basteranno a far conoscere qual metodo io tenessi nel
tradurre il poema; lavoro interrotto, ripreso e compiuto pe’ conforti de’
miei buoni amici. Dirò dunque che, tanto in questa come nelle altre mie
traduzioni dal tedesco e dall’inglese, mi sono studiato, per quanto le mie
forze bastarono, d’indovinare come i grandi poeti stranieri, se per nostra
ventura fossero nati italiani, avrebbero significato i loro pensieri.68

Non posso soffermarmi in questa occasione, come avrei voluto, sulla


lingua del Maffei traduttore, una lingua che è sempre stata definita
nell’ambito del classicismo arcaizzante di stampo montiano e che, dob-
biamo ammettere, risulta nella seconda metà dell’Ottocento indubbia-

64
HOR., Ars. poet., 133-134: «nec verbum verbo curabis reddere fidus / interpres» (cfr.
ARNALDO BRUNI, Omero nelle traduzioni di Monti, Foscolo e Leopardi, in Testi classici nelle lin-
gue moderne. Primo colloquio “Roberto Sanesi” sulla traduzione letteraria. Atti del Convegno
internazionale di studi promosso dal Centro di ricerca interdipartimentale sulla tradizione
manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università degli Studi di Pavia, Pavia,
Collegio Ghislieri 5-6 marzo 2009, a cura di RENZO CREMANTE, FRANCESCA M. FALCHI, LIA
GUERRA, Como, Ibis, 2009, pp. 171-180: 174).
65
ROMAN JAKOBSON, Aspetti linguistici della traduzione, in ID., Saggi di linguistica genera-
le, Milano, Feltrinelli, 1966, p. 63: «La poesia è intraducibile per definizione. È possibile sol-
tanto la trasposizione creatrice: all’interno di una data lingua (da una forma poetica all’altra),
o tra lingue diverse» (cfr. BRUNI, Omero nelle traduzioni di Monti, Foscolo e Leopardi, p. 174 e
ID., Traduttori dei traduttori dal Settecento al Novecento, «Kwartalnik Neofilologiczny», LXI/2
[2014], pp. 279-285: 282).
66
Sull’origine della fortunata espressione si veda il fondamentale studio di ROGER ZUBER,
Les «belles infidèles» et la formation du goût classique. Perrot d’Ablancourt et Guez de Balzac,
Paris, Colin, 1968 (nouvelle édition revue et augmentée, Paris, Albin Michel, 1995), pp. 195-
196 e n. 35.
67
Si veda AUGUSTA BRETTONI, Idee settecentesche sulla traduzione: Cesarotti, i francesi e
altri, in A gara con l’autore. Aspetti della traduzione nel Settecento, a cura di ARNALDO BRUNI e
ROBERTA TURCHI, Roma, Carocci, 2004, pp. 17-96: 32-35.
68
Il Paradiso perduto, poema di GIOVANNI MILTON. Traduzione di ANDREA MAFFEI, Tori-
no, Unione Tipografica Editrice, 1857, p. 3.

256
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

mente fuori tempo massimo: tuttavia la patina neoclassica, con i suoi sti-
lemi e le sue tessere cristallizzate, e una certa affettazione melodramma-
tica raramente misurata con quell’equilibrio che era proprio del Monti,
fa dell’opera del Maffei un esempio di quella filologia dei reliquati che ci
permette di delineare un’epoca ben più concretamente rispetto alla indi-
viduazione, spesso aleatoria, delle precorrenze. Non deve stupire per-
tanto, accanto ad un enorme successo di lettori, una valutazione quasi
sempre negativa del suo lavoro da parte dei letterati: critiche severe per
una prassi traduttoria sentita quantomeno anacronistica, cui si sommano
i consueti pregiudizi di ordine ideologico e morale soprattutto da parte
dei contemporanei. Giosuè Carducci in una lettera a Giuseppe Chiarini
dell’agosto del 1869 manifesta all’amico, con la consueta veemenza, il
suo disprezzo:

Studio a gran forza il tedesco, traduco Schiller che è un piacere e sempre


più mi persuado che Andrea Maffei è un castrato e che non ci vuole altro
che questa generazione ciarlatana e poltrona per ritenerlo un abile facito-
re di versi di traduzione. Al diavolo lui e i suoi inni all’Imperator d’Au-
stria; come ha sciupato quell’infame i cori bellissimi della Sposa di Mes-
sina!69

I giudizi negativi, come quello appena trascelto di Enotrio Romano,


sono «emblematicamente condensati nelle polemiche valutazioni del-
l’Imbriani»,70 che fa di quella del Maffei forse la più esemplare delle fa-
me usurpate:

Insomma, dopo uno studio attento del volume, ho dovuto conchiudere,


che la bella fama del Maffei l’è usurpata, giacchè sarebbe malagevole il
tradurre con meno intelligenza, con più inesattezza, accumulando più
spropositi. Duolmi il profferir queste parole, la quali potrebbero forse
contristare una canizie; ma sarei timido amico del vero, se riguardi di tal
fatta mi persuadessero di tacere. Della persona del Maffei, potrei aste-
nermi dal parlare ancorchè fosse da dirne ogni male, perchè lo starne
zitto non implicherebbe nè ignoranza nè complicità, non nuocerebbe ad
alcuno. Delle opere gli è un altro par di maniche. L’interesse de’ terzi,
cioè degli Italiani, che, ignorando il tedesco, credon proprio di leggere il
Goethe, quando s’inghiottono la traduzione del Maffei, mi obbliga a

69
Lettere di Giosuè Carducci (1853-1906), Bologna, Zanichelli, 1911. Cfr. nr. LV a Giu-
seppe Chiarini, 26 agosto 1869.
70
PAOLA MARIA FILIPPI, Andrea Maffei traduttore di Franz Grillparzer, in Rovereto, il Ti-
rolo, l’Italia: dall’invasione napoleonica alla belle époque, a cura di MARIO ALLEGRI, Rovereto,
Accademia Roveretana degli Agiati, 2001, pp. 417-439: 421.

257
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

parlarne. [...] Il mestiere del traduttore non è il più facile del mondo; e
chi vi si mette con poca dottrina, con punto gusto e con molta presunzio-
ne, può scroccarsi fama, non meritarla.71

Parole che varcano il Novecento, quando Lavinia Mazzucchetti – con a-


postrofe che richiama il titolo del più famoso romanzo d’Imbriani –
ribadiva il severo giudizio sul traduttore:

Dio ci guardi per l’avvenire da questi uomini meravigliosi che così male
misurano le proprie forze e così costantemente sono accarezzati dalla
benignità incoraggiante del pubblico! Dio ci guardi da codesti traduttori
senza sufficiente rispetto, che sono tanto più pericolosi quanto più abili.
[...] mi parrebbe tempo di lasciare i ringraziamenti per la sua fecondità
di traduttore; perché, che si sappia, nessun messo divino gli aveva asse-
gnata la missione di accumular versioni da tutte le lingue e da tutti gli
autori, e se egli non l’avesse potuto fare fra tanto inneggiare di critica,
sarebbe forse sorto qualche più alto poeta a contendergli tale compito.72

Se si giudica il traduttore mettendo al primo posto il criterio di fedeltà,


la critica si riduce immancabilmente alla facile e poco costruttiva indivi-
duazione degli errori, delle interpretazioni errate, secondo criteri scola-
stici.73 Il vero statuto del traduttore ottocentesco è però quello di essere
a tutti gli effetti un vero e proprio mediatore di cultura e l’assunto per-
mette di circoscrivere queste critiche ad un altro ambito e accantonarle,
almeno per questa occasione.

5. Nel burrascoso decennio che aveva significato per Maffei il dramma


della crisi personale, l’attivo impegno sulle barricate e la conseguente
«amara riflessione sulla crisi politica e ideale», il suo lavoro di traduttore
gli attribuisce a posteriori il ruolo di principale veicolatore in Italia dei
due campioni del romanticismo britannico Lord Byron e Thomas Moore.
Il contatto con la moda dell’esotico che dilaga durante il Romanticismo,
moda di cui proprio Moore e Byron sono i dioscuri, avviene nel 1823

71
VITTORIO IMBRIANI, Fame usurpate. Quattro studi, Napoli, Stabilimento Trani, 1877,
pp. 333-391: 385. Lo studio di Imbriani «scolasticamente censura il lavoro di Maffei, opera
una sistematica Fehlerkorrektur dei testi, ne rileva le incongruenze, gli errori veri e propri, le
soluzioni non felici – quanti non se ne possono reperire in un’opera di diverse migliaia di
pagine!» (FILIPPI, Andrea Maffei traduttore di Franz Grillparzer, pp. 427-428).
72
LAVINIA MAZZUCCHETTI, Schiller in Italia, Milano, Hoepli, 1913, pp. 160-161.
73
Si leggano a proposito le riflessioni di FILIPPI, Andrea Maffei traduttore di Franz Grill-
parzer, p. 427.

258
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

quando Maffei lavora ai saggi di versione della Tunisiade del Pyrker. È


però soltanto più tardi che Maffei contribuisce con le sue versioni alla
fortuna di questi testi sia sul piano letterario sia su quello iconografico.
La fama italiana del poeta irlandese si deve a tutti gli effetti a Maffei
che con la traduzione nel 1835 degli Amori degli Angeli e l’anno succes-
sivo quella dei Canti orientali 74 aveva dischiuso, ad una società partico-
larmente propensa e ricettiva, la galleria del suo immaginario romantico:
una fedeltà al Moore che nel 1859 si confermerà nella traduzione del
poema Gli Adoratori del fuoco con dedica a Giuseppe Verdi.75 L’impe-
gno più consistente è tuttavia quello su Byron. La traduzione sistematica
delle opere byroniane sembra seguire una strategia ben definita, che
permette a Maffei di allargare il canone italiano della ricezione dell’auto-
re romantico inglese: accanto ai lavori più universalmente noti, Maffei
rende disponibili ai lettori italiani opere come Sardanapalo, Marino Fa-
liero e I due Foscari (da cui la collaborazione con Verdi), opere che
sembrano dimenticate dai primi traduttori del poeta romantico inglese.76
Nel 1852 Maffei traduce anche il Cain (Caino),77 «la cui potenzialità
melodrammatica» era stata presentata dal poeta stesso all’amico Verdi di
fronte all’omonima scultura di Giovanni Dupré, riprodotta sulle «Gem-
me d’arti italiane».78 Nel testo critico, che accompagnava sulla strenna la
riproduzione di Aurelio Alfieri della statua del Dupré79 (fig. 8), Maffei
riporta i versi di Byron nella sua traduzione, mettendo in atto una cor-
rispondenza tutta romantica fra l’opera scultorea e quella poetica, ri-
spondendo così, indirettamente, al Niccolini che aveva sollevato qualche
perplessità sulla statua dello scultore senese:80

74
THOMAS MOORE, Gli amori degli angeli. Poema. Prima traduzione del cav. ANDREA
MAFFEI, Milano, Fontana, 1835 e ID., Canti orientali. Traduzione del cav. ANDREA MAFFEI, Mi-
lano, Ubicini, 1836.
75
THOMAS MOORE, Gli Adoratori del fuoco. Traduzione di ANDREA MAFFEI, Verona, Mi-
nerva, 1859.
76
Sulla ricezione europea e italiana di Byron e sul ruolo di Maffei si veda GIOVANNI IA-
MARTINO, Traslation, Biography, Opera, Film and Literary Criticism: Byron and Italy after 1870,
in The reception of Byron in Europe, edited by RICHARD A. CARDWELL, London-New York,
Thoemmes Continuum, 2004, 2 voll., vol. I, pp. 98-128: 100.
77
Caino mistero di LORD BYRON. Traduzione del cav. ANDREA MAFFEI, Milano, per Luigi
di Giacomo Pirola, 1852.
78
Si veda MARTA MARRI TONELLI, Tra Moore e Byron, in L’Ottocento di Andrea Maffei,
pp. 50-51: 50.
79
AURELIO ALFIERI, Caino, 1843 da Giovanni Dupré su disegno di Marrubini. Incisione a
bulino su rame, in «Gemme d’art italiane», a. II, p. 6.
80
Lettera di Niccolini a Maffei del 16 aprile 1845 conservata all’Archivio De Lutti di Riva
del Garda: «se non arriva all’eccellenza dell’arte ciò dipende dall’essere più agevole l’effigiare
un morto che un vivo come Caino nel qual si deve esprimere il terrore della maledizione di

259
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

8 – AURELIO ALFIERI, Caino (da Giovanni Dupré), 1852, Monza,


Civica Raccolta di Incisioni, Serrone Villa Reale

Ma dove io sono? Solo!.. Abele dov’è? dov’è Caino?...


Ch’io sia quel desso?... Oh svegliati, fratello!
Perchè giaci così sul verde suolo?
Non è l’ora del sonno... oh come smorto!
Eri pieno di vita in sul mattino...

Dio e nel volto e in tutta la persona. Si corre il rischio di cadere nel freddo e nell’esagerato.
Quando nell’Arte non avete davanti la natura ma bisogna immaginarla, e vedere coll’occhio
dell’intelletto, questo dono della visione è dato a pochi artisti da Dio, e questi sono veramente
gli eletti, Pauci sunt electi»; cfr. BARBARA CINELLI, Scheda al Caino di Aurelio Alfieri, in L’Ot-
tocento di Andrea Maffei, pp. 64-65.

260
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

Che cosa hai tu?... Fratello, oh no! non farti


Gioco di me... Fu troppo aspra percossa,
Ma non mortal... Perchè, perchè volesti
Contrastarmi così?... ma questo è un gioco
Per atterrirmi... un colpo, un colpo solo!...
Oh ti muovi, ti muovi... un moto ancora!...
Così!... respira!... bene sta... respira
Verso di me... Dio! Dio!

[...] Eccoci dinanzi il primogenito dell’uomo in tutta la sua fiera e ma-


schia bellezza. La coscienza di quanto egli fece doveva agitarlo con più
violenza che tutti gli altri colpevoli, nei quali l’abitudine delle colpe ne
sminuisce grandemente il ribrezzo: ma non per questo nella sublime e
maestosa figura del maledetto vedesi scolorita l’impronta del tipo divino
a cui tanto s’accosta. Lo spavento gli scorre per tutte le membra, e l’atto
della testa inclinata e coperta in parte dal braccio, l’atto della bocca
dischiusa come ad un gemito strappato dalla disperazione, e quel sussul-
to di tutti i muscoli ci svelano immediatamente la chiara intenzione dello
scultore, che fu quella di figurarcelo nel momento che retrocede abbrivi-
dito dal corpo esangue del fratel suo.

Per Maffei, ciò che Byron aveva espresso nei versi è «stato dall’artista
compendiato in una statua», dove nel marmo si incarnano «colla effica-
cia che venne significato nella parola» il sentimento «del terrore e del
rimorso, ond’è assalito il primo omicida alla vista del suo misfatto».81

Il folto gruppo dei poeti inglesi tradotti dal Maffei negli anni ’50 si
chiude con John Milton, al quale dedica una corona di quattro sonetti
che saranno premessi alla sua traduzione del Paradiso Perduto. Le poe-
sie, composte lungo il corso del lavoro di traduzione, attestano lo scon-
forto del vecchio traduttore di fronte ad un’impresa troppo grande per
le sue capacità e per le sue forze:

Sett’anni omai del mio corso mortale


Io cerco itale forme al tuo poema;
Or mi cade la mano, il cor mi scema,
Ed al vol che mi avanza ho stanche l’ale.
Salga dove la forte aquila sale,
E gli occhi al sole d’affissar non tema
Chi seguir ti desia; la meta estrema
Sfidato io lascio a chi di me più vale (sonetto II, vv. 1-8; 1853).

81
«Gemme d’arti italiane», a. II, 1846, pp. 12 e 17-18.

261
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

E ancora l’anno successivo (1854):

Tal io, dal lungo faticar già lasso


Sul tuo sacro poema, in abbandono
Posi a mezzo il cammin la grave impresa (sonetto III, vv. 9-11).

Fino al compimento insperato nel 1857:

Nè di prole insperata una infeconda


Donna così s’allegra e meraviglia,
O nocchier che improvviso uscir dell’onda
Vede il suol che cercò per tante miglia,
Com’io giunto alla fin della profonda
Tua canzone, o divino; e a chi consiglia
L’ardue prove mortali e le seconda
Umile e conoscente alzo le ciglia.
Non perchè mi lusinghi una speranza
Superba d’avanzar sul tuo cammino
E gli antichi e i novelli emuli miei,
Ma perchè l’ardimento e la costanza
Dio mi diede a quest’opra, ond’io potei
Farmi sulle tue penne a lui vicino.

È il Monti, fin dal 1821, a sollecitare Maffei in direzione dell’autore in-


glese attraverso l’idea di tradurre il poema Messias di Klopstock, larga-
mente ispirato al capolavoro di Milton. All’impresa viene nuovamente
spinto vent’anni più tardi, nel 1841, dal tipografo Borroni-Scotti, alletta-
to dal sicuro guadagno che assicuravano e l’autore inglese e il traduttore
italiano.82 La proposta dell’editore non andò a buon fine, ma è sicuro
che cinque anni dopo Maffei sta mettendo mano alla traduzione del po-
deroso poema di Milton. Il lavoro si interrompe però al sesto canto ed è
ripreso, con molte perplessità, solo nel 1855. Tuttavia il fondo classico
dell’opera di Milton, nutrita di influenze greche, latine ma anche dante-

82
Sulla proposta dell’editore, che nel 1844 ripubblicherà in duemila esemplari la versione
del Guglielmo Tell di Schiller, abbiamo una lettera di Maffei all’amico Jacopo Cabianca del 16
ottobre 1841: «Mi venne fatta una proposta dal tipografo Borroni-Scotti editore del romanzo
d’Azeglio [scil. Niccolò de’ Lapi]. Vorrebbe da me (picciola coserella) la traduzione del Para-
diso Perduto, ed a questi patti. Un canto ogni tre mesi per pubblicarlo illustrato di vignette
ecc. e mi darebbe in compenso un migliaio di franchi; ed essendo dodici i canti del sacro
poema, intascherei la somma di 12.000 franchi. Non accettai né rifiutai, ma presi tempo a
pensarvi. Che te ne pare?» (la lettera si legge, senza data, in EMILIO VENTURA, Jacopo Cabian-
ca. I suoi amici. Il suo tempo, Treviso, Tip. Ed. A. Vianello, 1907, pp. 291-292; cfr. MARTA
MARRI TONELLI, Scheda a Il Paradiso perduto, in L’Ottocento di Andrea Maffei, pp. 70-71).

262
«La solitaria rondine». Andrea Maffei patriota, traduttore e poeta

sche e petrarchesche, riesce a conquistare Maffei che vi trova quell’hu-


mus neoclassico da cui proveniva e che gli era particolarmente congenia-
le. Inoltre la poetica grandezza del Satana miltoniano è archetipo rico-
nosciuto della figura dell’eslege che il nostro aveva già apprezzato nell’o-
pera di Schiller – nel brigante dei Masnadieri o nello stesso Guglielmo
Tell – e che è presente anche nell’eroe-bandito byroniano del Manfred,
del Corsaro e del Giaurro.83
La prima edizione del Paradiso Perduto risale al 1857.84 Nell’introdu-
zione alla prima edizione fiorentina del 1863 il traduttore spiega il meto-
do adottato per l’approccio ad un testo che si presentava certamente più
adeguato a una traduzione di prassi montiana rispetto a quelli degli
autori romantici:

Dove ho trovato la frase e la parola acconce ad esprimere originalmente


il concetto originale, non mi giovai d’altri partiti: ma credetti buon offi-
cio, anzi carità fraterna di chi traduce la poesia in poesia, lo scostarmi
non dal pensiero, non dalla immagine, ma dalla espressione, ogni qual
volta mi si presentava incerta, oscura o ripugnante all’indole della nostra
favella.85

La traduzione venne lodata da Felice Romani, dal Massarani, da Tom-


maseo e anche dal Tenca.86 Lorenzo Costa, amico e letterato, dopo
averla letta, gli conferiva la palma di «Principe de’ Traduttori»,87 immor-

83
Sull’ascendenza che la figura del Satana miltoniano ha avuto sul personaggio del ‘ri-
belle’ nella letteratura romantica si era già accorto Ludovico di Breme nelle Osservazioni al
«Giaurro» del Byron, recato in versi italiani da Pellegrino Rossi, «Spettatore italiano», quader-
ni XI e XII, tomo X, 1 e 15 gennaio 1818, pp. 46-58 e 113-145, 1818 (ora in LUDOVICO DI BRE-
ME, Osservazioni al «Giaurro», introduzione e cura di MICHELE DELL’AQUILA, Fasano, Schena,
1989, pp. 139-140) e si veda l’ormai classico Le metamorfosi di Satana, capitolo secondo di
MARIO PRAZ, La carne, la morte, il diavolo nella letteratura romantica, Milano-Roma, La
Cultura, 1930.
84
Il Paradiso Perduto, poema di GIOVANNI MILTON, traduzione di ANDREA MAFFEI, Tori-
no, Unione Tipografica Editrice, 1857.
85
Il Paradiso perduto di GIOVANNI MILTON traduzione del Cav. ANDREA MAFFEI. Prima
edizione fiorentina, Firenze, Felice Le Monnier, 1863, p. 3.
86
La recensione di Felice Romani si legge nella «Gazzetta Ufficiale» del 1857 (cfr. Critica
Letteraria di Felice Romani, Torino, Loescher, 1883, vol. II, p. 478); quella di Tullo Massarani
negli Studi di letteratura e d’arte, Firenze, Le Monnier, 1873, pp. 176-179; mentre l’articolo di
Carlo Tenca venne pubblicato sul «Crepuscolo» del 23 agosto 1858. Cfr. MARRI TONELLI,
Scheda a Il Paradiso perduto, in L’Ottocento di Andrea Maffei, pp. 70-71: 71, n. 6.
87
Lettera di Lorenzo Costa ad Andrea Maffei datata Genova 20 marzo 1858 e conservata
presso l’Archivio De Lutti di Riva del Garda: «lo lessi e lo feci leggere a molti amici, e ne
siamo tutti ammirati per la purgatezza dello stile, per la varietà, e gravità dello sciolto, e per
infiniti pregi, che troppo lungo sarebbe l’annoverare. In somma tu siedi Principe de’ Tradut-

263
Joël F. Vaucher-de-la-Croix

talato come tale, forse troppo generosamente, da Domenico Pellizzi


nella volta del Teatro Municipale di Reggio Emilia, fra Vincenzo Monti e
Vittorio Alfieri.88
***
Arrivati alla fine di questa compendiosa panoramica, possiamo ammet-
tere, come hanno dimostrato gli studi più recenti, che Maffei ebbe, al di
là di ogni pregiudizio, il ruolo fondamentale di mediatore culturale,
«colui che facilita la comunicazione, la comprensione e l’interazione tra
individui e gruppi che si differenziano per linguaggio e cultura [...] in-
terpretando le espressioni, le intenzioni, le percezioni e le aspettative di
ogni gruppo culturale verso l’altro».89 E «multiculturale Maffei lo fu ve-
ramente»,90 lo fu attraverso il suo lavoro di consulente artistico e musica-
le per i più grandi interpreti della cultura del suo tempo, e lo fu soprat-
tutto attraverso la sua opera di traduttore: se Goethe, Schiller, Byron e i
maggiori autori romantici furono recepiti in Italia, essi lo furono nella
veste che Maffei aveva, bene o male, dato loro. Un lavoro che poteva
andare oltre la letteratura di cui lo stesso Maffei sembrava consapevole:
nell’introduzione al Teatro tragico di Schiller scriveva che «far conoscere
ad una nazione la eccellenza intellettuale d’un’altra è mezzo efficace non
pure ad abbattere i funesti pregiudizi che le disgiungono, ma a legarle
insieme di un vincolo di stima e d’affezione fraterna».91 Nel periodo
storico che gli toccò in sorte di vivere, Maffei nello spirito e con la sua
opera letteraria ha contribuito in questo senso – parafrasando una re-
cente e quanto mai pressante esortazione apostolica – a costruire ponti e
abbattere muri. Un esempio di un’accoglienza culturale che apriva le
frontiere letterarie e che oggi può contribuire ancora a farci riflettere
sulla complessa realtà del nostro presente.

tori, e vadano a nascondersi i Rolli, i Papi e gli altri minorum gentium passati, presenti e
futuri».
88
Sulla genesi di questo poco noto riconoscimento pittorico al Maffei si veda FILIPPO SIL-
VESTRO, Domenico Pellizzi, la volta del Teatro Municipale e il ritratto di Andrea Maffei (pubbli-
cato online all’indirizzo http://www.filipposilvestro.com/DomenicoPellizzi:_VoltaMunici
pale.pdf ).
89
DAVID KATAN, L’importanza della cultura nella traduzione, in Tradurre. Un approccio
multidisciplinare, a cura di MARGHERITA ULRYCH, Torino, Utet, 1998, pp. 31-32.
90
FILIPPI, Andrea Maffei traduttore di Franz Grillparzer, p. 439.
91
Introduzione, in FRIEDRICH SCHILLER, Teatro tragico, traduzione di ANDREA MAFFEI, pri-
ma edizione fiorentina, Firenze, Le Monnier, 1862.

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