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De rerum natura,

IV

Lucrezio
Lavezzari, Lee, Mascolo, IV A
DE RERUM NATURA

Il De rerum natura è un poema epico-didascalico in esametri, suddiviso in sei libri.


Suo oggetto è l'esposizione della filosofia epicurea, che verso la metà del I secolo
a.C. aveva già raggiunto una notevole diffusione nel mondo romano. Essa, secondo
il poeta, può assicurare agli uomini la soluzione dei loro problemi esistenziali.

Il titolo del poema è la traduzione latina del greco Perì physeos (“Sulla natura”),
titolo dell'opera più importante di Epicuro. Essa tuttavia non era un poema, ma un
trattato in prosa.
libri argomento contenuti

I-II atomi ➢inno a Venere


➢caratteristiche degli atomi, aggregazione e disgregazione
➢clinamen

III-IV antropologia ➢l’anima e la morte


➢la conoscenza e i simulacra
➢l’amore e l’attrazione fisica

V-VI cosmologia ➢mortalità del mondo e moti dei corpi celesti


➢origini dell’umanità e storia del progresso
➢spiegazione dei fenomeni atmosferici e terrestri
➢la peste di Atene
Dedicatario

Il De rerum natura è dedicato a Memmio, identificabile in un illustre personaggio


appartenente al partito degli optimates, pretore nel 58 a.C. e propretore in Bitinia
nel 57 a.C. Cicerone nel Brutus lo presenta come un colto intellettuale amante
della letteratura greca e poeta egli stesso.

Intimamente connesse con il tono didascalico e con l'andamento argomentativo


del discorso sono le frequenti apostrofi che il poeta rivolge a Memmio,
dialogando con lui per richiamare e tenere desta la sua attenzione, e l'uso
ricorrente di connettivi come quare, igitur, ergo (“dunque”), preterea (“inoltre”) ecc.
“Rusticità” e arcaismo

La presenza di vocaboli tratti dall'uso quotidiano ha indotto a parlare di “rusticità”


di Lucrezio ed è da intendere come una soluzione formale coerente con l'intento
divulgativo del poema.

Il carattere che segna maggiormente il linguaggio e lo stile lucreziani è la patina


arcaicizzante, evidente nell'uso di figure di suono, arcaismi morfologici, composti
di conio epico (come frugiferens, horrisonus, silvifragus ecc.), di verbi frequentativi
e nella predilezione per l’asindeto.
Lucrezio oggi

Il De rerum natura è, attualmente, uno degli scritti più


apprezzati e studiati della letteratura latina. La sua
modernità, tuttavia, non è tanto legata alla materia
scientifica del poema, quanto piuttosto alla particolare
sensibilità con cui Lucrezio sa indagare e rappresentare le
inquietudini che caratterizzano l'uomo di ogni tempo, e
soprattutto quello contemporaneo: il vuoto esistenziale, la
paura della morte, le pulsioni irrazionali dell’éros.
Libro IV: I simulacri

Il libro IV inizia con un proemio (vv. 1-25) in cui Lucrezio afferma di voler sciogliere
l'animo dagli stretti nodi della religione e si paragona al medico che inganna i bambini
cospargendo di miele l'orlo del bicchiere contenente l'amaro assenzio in modo tale da
inghiottirli insieme; allo stesso modo Lucrezio, poiché la dottrina appare troppo
complicata a chi non l'ha mai incontrata, cerca di trattarla nel modo più “melodioso” e
semplice possibile. Il tema trattato è l'esistenza dei simulacri. Inizia paragonandoli a
“cortecce” o “pellicole” (membranae vel cortex) staccate via dalla superficie dei corpi
che volano in giro per l'aria e terrorizzano la mente apparendoci nel sonno e nella
veglia. I simulacri, atomi sottilissimi, si distaccano dalle cose o dai corpi e vanno a
colpire i nostri sensi.
La teoria delle sensazioni

Lucrezio scrive che le immagini delle cose sono emesse dalla superficie stessa di
queste ultime e prosegue illustrando il funzionamento dei sensi. Tratta
inizialmente la vista e i fenomeni connessi, afferma che è nelle immagini la causa
della visione e sostiene che abbiamo continuamente sensazione grazie al
continuo fluire delle cose che si diffondono in tutte le parti circostanti. Inoltre,
passa ad analizzare anche i problemi relativi alla vista, ad esempio le luci brillanti
che evitiamo di guardare e la vista possibile dal buio verso la luce ma non il
contrario. Parla anche di illusioni ottiche (ad es. quelle riguardanti la prospettiva),
l'occhio ha il compito di vedere e riprodurre nella mente ciò che ha visto, spetta poi
all'intelligenza conoscere la natura delle cose.
Lucrezio riguardo l'udito dice che i suoni e la voce si odono quando, entrati nelle
orecchie, colpiscono il senso, infatti la voce è fatta di corpi e “l'asprezza del suono
deriva dall'asprezza degli elementi come una voce liscia deriva da elementi lisci”
(vv. 542-543). Il terzo senso di cui parla è il gusto, avvertiamo in bocca il sapore
quando mastichiamo, il cibo che si diffonde “per tutti i condotti del palato e per i
canali contorti della lingua porosa” (vv. 620-621), il piacere del sapore può essere
avvertito entro i limiti del palato, quando poi il cibo passa attraverso la gola non lo
si avverte più. Infine l'odorato, che fluisce e si espande ovunque, gli odori che
stimolano le narici, al contrario dei simulacri e dei suoni, non riescono a coprire
lunghe distanze.
L’amore

Il libro si chiude analizzando la passione d'amore. Dopo la descrizione della


naturalità del desiderio erotico, che l’uomo potrebbe soddisfare se solo si limitasse
ad avere rapporti amorosi senza illusioni di possesso, Lucrezio torna alla teoria dei
simulacra, che si distaccano dalla superficie dei corpi e ci permettono di conoscere
la realtà. Per ricordarci della persona amata non possiamo avere altro che tali
immagini inconsistenti: pertanto ogni tentativo di impadronirsi del corpo della
persona amata o di diventare tutt’uno con lei non solo non sarà mai soddisfatto,
ma sarà anche fonte di sicura sofferenza.
La follia d'amore (vv. 1072-1140)
Testo Traduzione
PRIMA SEQUENZA Né dei frutti di Venere è privo colui che evita l'amore,
1. Nec Veneris fructu caret is qui vitat amorem, ma piuttosto coglie le gioie che sono senza pena.
sed potius quae sunt sine poena commoda sumit; Giacché certo agli assennati ne viene un piacere più
nam certe purast sanis magis inde voluptas puro
quam miseris; etenim potiundi tempore in ipso che ai malati d'amore. Infatti nel momento stesso del
fluctuat incertis erroribus ardor amantum possedere
nec constat quid primum oculis manibusque fruantur. fluttua ed erra incerto l'ardore degli amanti, né sanno
2. Quod petiere, premunt arte faciuntque dolorem che cosa debbano prima godere con gli occhi e le mani.
corporis et dentes inlidunt saepe labellis Quel che hanno desiderato, lo premono strettamente, e
osculaque adfigunt, quia non est pura voluptas fanno
et stimuli subsunt, qui instigant laedere id ipsum, male al corpo, e spesso infiggono i denti nelle labbra,
quod cumque est, rabies unde illaec germina surgunt. e urtano bocca con bocca nei baci, perché non è puro il
piacere
e assilli occulti li stimolano a ferire l'oggetto stesso,
quale che sia, da cui sorgono quei germi di furore.
3. Sed leviter poenas frangit Venus inter amorem Ma lievemente attenua le pene Venere nell'atto di amore
blandaque refrenat morsus admixta voluptas. e il carezzevole piacere, commisto, raffrena i morsi.
Giacché in ciò è la speranza: che dallo stesso corpo
4. Namque in eo spes est, unde est ardoris origo,
da cui è nato l'ardore, possa anche essere estinta la
restingui quoque posse ab eodem corpore flammam. fiamma.
5. Quod fieri contra totum natura repugnat; Ma la natura oppone che ciò avviene tutto al contrario;
unaque res haec est, cuius quam plurima habemus, e questa è l'unica cosa per cui, quanto più ne possediamo,
tam magis ardescit dira cuppedine pectus. tanto più il petto riarde d'una crudele brama.
6. Nam cibus atque umor membris adsumitur intus; Difatti cibo e bevanda sono assorbiti dentro le membra;
quae quoniam certas possunt obsidere partis, e poiché possono occupare determinate parti,
perciò la sete e la fame si saziano facilmente.
hoc facile expletur laticum frugumque cupido.

SECONDA SEQUENZA Ma di una faccia umana e di un bel colorito nulla, di cui


7. Ex hominis vero facie pulchroque colore si possa godere, penetra nel corpo, tranne tenui simulacri,
nil datur in corpus praeter simulacra fruendum che spesso trascinano la mente con una misera speranza.
tenvia; quae vento spes raptast saepe misella. Come quando in sogno un assetato cerca di bere e non gli
8. Ut bibere in somnis sitiens quom quaerit et umor è data
bevanda che nelle membra possa estinguere l'arsura,
non datur, ardorem qui membris stinguere possit,
sed laticum simulacra petit frustraque laborat ma a simulacri di acque aspira e invano si travaglia e in
in medioque sitit torrenti flumine potans, sic in mezzo a un fiume impetuoso bevendo patisce la sete,
così in amore Venere con simulacri illude gli amanti,
amore Venus simulacris ludit amantis, nec satiare
né possono saziare i propri corpi contemplando corpi pur
queunt spectando corpora coram nec manibus vicini, né sono in grado di strappar via qualcosa dalle tenere
quicquam teneris abradere membris possunt membra con le mani errando incerti su per tutto il corpo.
errantes incerti corpore toto. E quando, alfine, congiunte le membra, si godono il fiore
9. Denique cum membris conlatis flore fruuntur di giovinezza, quando il corpo già presagisce il piacere,
aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus e Venere è sul punto di effondere il seme nel femmineo
atque in eost Venus ut muliebria conserat arva, campo,
s'avvinghiano avidamente al corpo e mischiano le salive
adfigunt avide corpus iunguntque salivas
bocca a bocca, e ansano, premendo coi denti le labbra;
oris et inspirant pressantes dentibus ora, ne ma invano; perché non possono strapparne nulla,
quiquam, quoniam nihil inde abradere possunt né penetrare e perdersi nell'altro corpo con tutto il corpo;
nec penetrare et abire in corpus corpore toto; infatti sembra talora che vogliano farlo e che per questo
nam facere inter dum velle et certare videntur. lottino.
10. Usque adeo cupide in Veneris compagibus Tanto ardentemente si tengono avvinti nelle strette di Venere,
haerent, membra voluptatis dum vi labefacta finché le membra si sciolgono, sfinite dalla forza del piacere.
liquescunt.
11. Tandem ubi se erupit nervis coniecta cupido, Infine, quando il desiderio costretto nei nervi ha trovato
parva fit ardoris violenti pausa parumper. sfogo, segue una piccola pausa dell'ardore violento, per
poco. Quindi torna la stessa rabbia, e di nuovo li invade
12. Inde redit rabies eadem et furor ille revisit,
quel furore,
cum sibi quod cupiant ipsi contingere quaerunt, quando essi stessi non sanno ciò che bramano ottenere,
nec reperire malum id possunt quae machina vincat. né sono in grado di trovare che mezzo possa vincere quel
13. Usque adeo incerti tabescunt volnere caeco. male: in tanta incertezza si consumano per una piaga
nascosta.
TERZA SEQUENZA
14. Adde quod absumunt viris pereuntque labore, Aggiungi che sciupano le forze e si struggono nel travaglio;
aggiungi che si trascorre la vita al cenno di un'altra
adde quod alterius sub nutu degitur aetas,
persona. Son trascurati i doveri, e ne soffre il buon nome e
languent officia atque aegrotat fama vacillans. vacilla.
15. Labitur interea res et Babylonia fiunt Frattanto il patrimonio si dilegua, e si converte in profumi
unguenta et pulchra in pedibus Sicyonia rident, babilonesi, e bei sandali di Sicione ai piedi ridono,
scilicet et grandes viridi cum luce zmaragdi s'intende, e grandi smeraldi con la verde luce
auro includuntur teriturque thalassina vestis sono incastonati nell'oro, e la veste color di mare è
adsidue et Veneris sudorem exercita potat. consunta assiduamente, e maltrattata beve il sudore di
Venere;
16. Et bene parta patrum fiunt anademata, mitrae,
e i beni ben guadagnati dai padri diventano bende,
inter dum in pallam atque Alidensia Ciaque vertunt. diademi, talora si cangiano in un mantello femminile e in
tessuti di Alinda e di Ceo.
17. Eximia veste et victu convivia, ludi, S'apparecchiano conviti con splendide tovaglie e vivande,
pocula crebra, unguenta, coronae, serta parantur, giochi, coppe senza risparmio, unguenti, corone, serti,
ne quiquam, quoniam medio de fonte leporum ma invano, perché di mezzo alla fonte delle delizie
surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat, sorge qualcosa di amaro che pur tra i fiori angoscia,
aut cum conscius ipse animus se forte remordet o quando per caso l'animo conscio s'angustia per il rimorso
desidiose agere aetatem lustrisque perire,
aut quod in ambiguo verbum iaculata reliquit, d'una vita trascorsa nell'inerzia e perduta nelle orge,
quod cupido adfixum cordi vivescit ut ignis, o perché lei ha lanciato, lasciandone in dubbio il senso,
aut nimium iactare oculos aliumve tueri una parola,
quod putat in voltuque videt vestigia risus. che confitta nel cuore appassionato divampa come fuoco,
o perché gli sembra che troppo lei occhieggi o che il suo
sguardo
sia attratto da un altro, e nel suo volto vede le tracce d'un
sorriso.
Prima sequenza
Lucrezio introduce la sua teoria dell’amore parlando nello specifico di chi si priva di
quel sentimento. Lucrezio crede che «l’ardore degli amanti» possa essere spento da
relazioni prive di sentimento amoroso, ma la natura gli svela che non è così, al
contrario tanto più ne possiedono, tanto più ne desiderano. Egli infine rende questo
concetto con l’antitesi della sete e della fame che non sono insaziabili come l’amore.

Vengono distinte tre tipologie d’amore:


1. Amore come ferita
2. Amore come sofferenza
3. Amore come desiderio insoddisfatto
Testo Traduzione
1. Nec Veneris fructu caret is qui vitat amorem, Né dei frutti di Venere è privo colui che evita l'amore,
sed potius quae sunt sine poena commoda sumit; ma piuttosto coglie le gioie che sono senza pena.
nam certe purast sanis magis inde voluptas Giacché certo agli assennati ne viene un piacere più
quam miseris; etenim potiundi tempore in ipso puro che ai malati d'amore. Infatti nel momento stesso
fluctuat incertis erroribus ardor amantum del possedere
nec constat quid primum oculis manibusque fruantur. fluttua ed erra incerto l'ardore degli amanti, né sanno
2. Quod petiere, premunt arte faciuntque dolorem che cosa debbano prima godere con gli occhi e le mani.
corporis et dentes inlidunt saepe labellis Quel che hanno desiderato, lo premono strettamente, e
osculaque adfigunt, quia non est pura voluptas fanno
et stimuli subsunt, qui instigant laedere id ipsum, male al corpo, e spesso infiggono i denti nelle labbra,
quod cumque est, rabies unde illaec germina surgunt. e urtano bocca con bocca nei baci, perché non è puro il
piacere
e assilli occulti li stimolano a ferire l'oggetto stesso,
quale che sia, da cui sorgono quei germi di furore.
3. Sed leviter poenas frangit Venus inter amorem Ma lievemente attenua le pene Venere nell'atto di
blandaque refrenat morsus admixta voluptas. amore
e il carezzevole piacere, commisto, raffrena i morsi.
4. Namque in eo spes est, unde est ardoris origo,
restingui quoque posse ab eodem corpore Giacché in ciò è la speranza: che dallo stesso
flammam. corpo
5. Quod fieri contra totum natura repugnat; da cui è nato l'ardore, possa anche essere estinta
unaque res haec est, cuius quam plurima la fiamma.
habemus, tam magis ardescit dira cuppedine Ma la natura oppone che ciò avviene tutto al
pectus. contrario;
e questa è l'unica cosa per cui, quanto più ne
6. Nam cibus atque umor membris adsumitur intus;
possediamo,
tanto più il petto riarde d'una crudele brama.
quae quoniam certas possunt obsidere partis, Difatti cibo e bevanda sono assorbiti dentro le
hoc facile expletur laticum frugumque cupido. membra;
e poiché possono occupare determinate parti,
perciò la sete e la fame si saziano facilmente.
Analisi sintattica
❖ La prima sequenza è formata da 6 periodi, di cui il primo e il secondo più
ampi per argomentare.
❖ Prevale la paratassi, pur essendoci alcune proposizioni relative e causali.
❖ Sono presenti alcuni nessi relativi.
❖ Il tempo verbale utilizzato è il presente.
Analisi lessicale
❖ Parole chiave:
-poena (v.1074); dolorem (v.1079); dentis inlidunt (v.1080); poenas frangit
(v.1084). Rimandano al campo semantico del dolore.
-commoda (v.1074); voluptas (v.1075); ardor (v.1077). Rimandano al campo
semantico del piacere.
-fructu (V.1073); germina (v.1083); flammam (v.1087); natura(v.1088).
Rimandano al campo semantico della natura.
-oculis manibusque (v.1078); corporis (v.1080); dentes (v.1080); labellis (v.1080);
osculaque (v.1081); corpore (v.1087); pectus(v.1090); membris (v.1091).
Rimandano al campo semantico del corpo umano e dell’anatomia.
❖ La tematica principale è quella dell’AMORE.
Analisi stilistico-retorica

❖ (v. 1074) allitterazione “s”: sunt sine.


❖ (v. 1079) allitterazione “p”: quod periere, premunt.
❖ (v. 1092) allitterazione “q”: quae quoniam.
❖ (vv. 1081-1083) parallelismo: quia non est pura voluptas etstimuli subsunt,
qui instigant laedereid ipsum, quod cumque est, rabies unde illaec germina
surgunt.
Seconda sequenza
Lucrezio nella seconda sequenza consiglia di soddisfare l’istinto
sessuale, il quale è un bisogno naturale come la fame e la sete,
evitando il coinvolgimento affettivo.
Viene posta una similitudine: così come a un sognatore assetato
non è dato da bere, ma solamente simulacri d’acque a colmare
l’arsura delle viscere, allo stesso modo Venere in amore coi
simulacri illude gli amanti.
L’interpretazione di Lucrezio è quella di un amore circolare, dal
desiderio si passa alla breve capacità di soddisfare le voglie per poi
ritornare rapidamente al desiderio straziante.
Testo Traduzione
7. Ex hominis vero facie pulchroque colore Ma di una faccia umana e di un bel colorito nulla, di cui
nil datur in corpus praeter simulacra fruendum si possa godere, penetra nel corpo, tranne tenui simulacri,
che spesso trascinano la mente con una misera speranza.
tenvia; quae vento spes raptast saepe misella.
Come quando in sogno un assetato cerca di bere e non gli è
8. Ut bibere in somnis sitiens quom quaerit et umor data
non datur, ardorem qui membris stinguere possit, bevanda che nelle membra possa estinguere l'arsura,ma a
sed laticum simulacra petit frustraque laborat simulacri di acque aspira e invano si travaglia e in mezzo a un
in medioque sitit torrenti flumine potans, sic in fiume impetuoso bevendo patisce la sete,
amore Venus simulacris ludit amantis, nec satiare così in amore Venere con simulacri illude gli amanti,
queunt spectando corpora coram nec manibus né possono saziare i propri corpi contemplando corpi pur vicini,
né sono in grado di strappar via qualcosa dalle tenere membra
quicquam teneris abradere membris possunt
con le mani errando incerti su per tutto il corpo.
errantes incerti corpore toto. E quando, alfine, congiunte le membra, si godono il fiore
9. Denique cum membris conlatis flore fruuntur di giovinezza, quando il corpo già presagisce il piacere,
aetatis, iam cum praesagit gaudia corpus e Venere è sul punto di effondere il seme nel femmineo
atque in eost Venus ut muliebria conserat arva, campo,
adfigunt avide corpus iunguntque salivas oris et s'avvinghiano avidamente al corpo e mischiano le salive
inspirant pressantes dentibus ora, ne quiquam, bocca a bocca, e ansano, premendo coi denti le labbra;
ma invano; perché non possono strapparne nulla,
quoniam nihil inde abradere possunt
né penetrare e perdersi nell'altro corpo con tutto il corpo;
nec penetrare et abire in corpus corpore toto; infatti sembra talora che vogliano farlo e che per questo lottino.
nam facere inter dum velle et certare videntur.
10. Usque adeo cupide in Veneris compagibus Tanto ardentemente si tengono avvinti nelle strette di
haerent, membra voluptatis dum vi labefacta Venere, finché le membra si sciolgono, sfinite dalla forza
del piacere. Infine, quando il desiderio costretto nei nervi
liquescunt.
ha trovato sfogo, segue una piccola pausa dell'ardore
11. Tandem ubi se erupit nervis coniecta cupido, violento, per poco. Quindi torna la stessa rabbia, e di
parva fit ardoris violenti pausa parumper. nuovo li invade quel furore,
12. Inde redit rabies eadem et furor ille revisit, quando essi stessi non sanno ciò che bramano ottenere,
cum sibi quod cupiant ipsi contingere quaerunt, né sono in grado di trovare che mezzo possa vincere
nec reperire malum id possunt quae machina vincat. quel male: in tanta incertezza si consumano per una
13. Usque adeo incerti tabescunt vulnere caeco. piaga nascosta.
Analisi sintattica
❖ La sequenza è composta da 7 periodi, di cui il secondo e il terzo più lunghi
per argomentare.
❖ Prevale la paratassi con un ampio uso di coordinate, pur essendoci
raramente alcune proposizioni temporali, relative e causali.
❖ Il tempo verbale utilizzato è il presente.
Analisi lessicale
❖ Parole chiave:
-Hominis (v. 1094); corpora (v.1102); corpore tote (v.1104); membris (v.1105);
corpus (v. 1108); corpus corpore toto (v.1111); membra (v.1114); membrus
(v.1103). Rimandano al campo semantico del corpo, inteso come parte
materiale.
-simulacra (v.1095 e v. 1099); venus simulacra ( v.1101). Rimandano al campo
semantico dei simulacra.
-ardorem (v.1098); amore (v.1101); ludit amantis (v.1101); abradere (v.1103);
membris collatis (v.1105); Venus (v.1107); salivas oris (v.1108-09); cupide in
Veneris (1113); membra voluptatis (v.1114); cupido (v.1115); rebies et furor ille
revisit (v.1117); malum (v.1119). Rimandano al campo semantico dell’amore
come sofferenza.
-Nil: nihil

❖ Le tematiche principali sono l’AMORE, la PASSIONE AMOROSA (a cui è


dedicata anche la parte finale del libro IV) e la SOFFERENZA.
❖ La passione amorosa, secondo Lucrezio, è una forza negativa per l’uomo,
che deriva da una errata interpretazione delle immagini prodotte dai
simulacra, e che induce l’uomo in errore, portandolo a commettere azioni folli.
Analisi stilistico-retorica
❖ Alliterazione di “s” e “d’’: somnis sitiens cum quaerit et umor non datur,
ardorem qui membris stinguere possit
❖ Similitudine: Ut bibere… incerti corpore toto (si estende per tutto l’ottavo
periodo)
❖ Omoteleuto: simulacris, amantis, teneris, membris
❖ Alliterazione di “f” e “g”: flore fruuntur; preasagit gaudia
❖ Alliterazione di “s“: oris et inspirant pressantes dentibus
❖ Omoteleuto e alliterazione di “l”: facie pulchroque colore
❖ Omoteleuto e alliterazione di “q”: nequiquam, quoniam
❖ Poliptoto: corpus corpore
❖ Alliterazione di “r”: facere interdum velle et certare videntur
❖ Alliterazione di “c“ e “p”: coniecta cupido; parva, pausa parumper
❖ Alliterazione di “r“: redit, rabies, furor, revisit
❖ Alliterazione di “n“: nec; possunt; machina; vincat; incerti; tabescunt; vulnere
Terza sequenza

Nella terza sequenza vi è l’analisi dei danni oggettivi procurati dalla passione
amorosa.
Essa infatti è in grado di far perdere le forze che si logorano con le fatiche e
spesso il patrimonio degli amanti si dilegua, «trasformandosi» in tappeti d’oriente,
diamanti e bende. Il denaro viene quindi speso per vani oggetti materiali affinché
si riesca ad attrarre l’altro soggetto.
Nella parte finale della sequenza, Lucrezio descrive invece gli atteggiamenti
(femminili) che provocano la gelosia dell’amante.
Testo Traduzione
14. Adde quod absumunt viris pereuntque labore, Aggiungi che sciupano le forze e si struggono nel travaglio;
adde quod alterius sub nutu degitur aetas, aggiungi che si trascorre la vita al cenno di un'altra persona.
Son trascurati i doveri, e ne soffre il buon nome e vacilla.
languent officia atque aegrotat fama vacillans.
Frattanto il patrimonio si dilegua, e si converte in profumi
15. Labitur interea res et Babylonia fiunt babilonesi, e bei sandali di Sicione ai piedi ridono,
unguenta et pulchra in pedibus Sicyonia rident, s'intende, e grandi smeraldi con la verde luce
scilicet et grandes viridi cum luce zmaragdi sono incastonati nell'oro, e la veste color di mare è consunta
auro includuntur teriturque thalassina vestis assiduamente, e maltrattata beve il sudore di Venere;
adsidue et Veneris sudorem exercita potat. e i beni ben guadagnati dai padri diventano bende, diademi,
16. Et bene parta patrum fiunt anademata, mitrae, talora si cangiano in un mantello femminile e in tessuti di
Alinda e di Ceo. S'apparecchiano conviti con splendide
inter dum in pallam atque Alidensia Ciaque vertunt.
tovaglie e vivande, giochi, coppe senza risparmio, unguenti,
17. Eximia veste et victu convivia, ludi, corone, serti,
pocula crebra, unguenta, coronae, serta parantur, ma invano, perché di mezzo alla fonte delle delizie
ne quiquam, quoniam medio de fonte leporum sorge qualcosa di amaro che pur tra i fiori angoscia,
surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat, o quando per caso l'animo conscio s'angustia per il rimorso
aut cum conscius ipse animus se forte remordet d'una vita trascorsa nell'inerzia e perduta nelle orge,
desidiose agere aetatem lustrisque perire, o perché lei ha lanciato, lasciandone in dubbio il senso, una
parola, che confitta nel cuore appassionato divampa come
aut quod in ambiguo verbum iaculata reliquit,
fuoco, o perché gli sembra che troppo lei occhieggi o che il
quod cupido adfixum cordi vivescit ut ignis, suo sguardo sia attratto da un altro, e nel suo volto vede le
aut nimium iactare oculos aliumve tueri tracce d'un sorriso.
quod putat in voltuque videt vestigia risus.
Analisi sintattica

❖ La sequenza è formata da 4 periodi, di cui il secondo e il quarto più lunghi


poichè hanno funzione argomentativa.
❖ Prevale la paratassi e sono presenti numerose coordinate, come «et
Babylonica fiunt», «et pulchra in piedibus Sicyonia rident», «et Veneris
sudorem exercita potat», poiché Lucrezio elenca tutti gli oggetti materiali,
comprati con i soldi del patrimonio, con cui si adornano gli amanti.
❖ Il tempo verbale utilizzato è il presente.
❖ Nel primo periodo sono presenti due nessi relativi: «Quod absunt viris» e
«Quod alterus subnutu degitur aetas».
Analisi lessicale
Nella terza sequenza vengono presentati due tipi di amore, e quindi due diversi campi
semantici:

1. L’amore come accecamento: porta a spendere il patrimonio in regali, vesti e


gioielli.
Le parole chiave sono: luce; auro; pulchra; ludi; unguenta.
2. L’amore come gelosia: è l’amore che provoca rabbia e logoramento all’interno
dell’amante.
Le parole chiave sono: ambiguo verbum; oculos; cupido; ignis.

Le tematiche principali sono l’AMORE, la GELOSIA, la SOFFERENZA dovuta alla


gelosia, e le RICCHEZZE.
Analisi stilistico-retorica

❖ Anafora (vv. 1022 – 1023): Adde… adde


❖ Anastrofe (v. 1030): bĕnĕ pārtă pătrūm
❖ Allitterazione della “e” (v. 1023): interea res et
❖ Omoteleuto (v. 1032): quiquam, quoniam
❖ Anafora (v.1036 – 1037): quod... quod
❖ Metafora (v. 1034): quod in ipsis floribus angat
Commento generale

Il finale del libro IV è dedicato alla fisiologia dell'atto sessuale e alla psicologia
dell'amore. Il poeta consiglia di soddisfare l'istinto sessuale (che è un bisogno
naturale) evitando il coinvolgimento affettivo; propugna, cioè, una scissione tra
sesso e amore che discende coerentemente dalle premesse epicuree. L'amore
infatti rende folli, distrugge patrimoni e persone, rende schiavi dell'altrui volere, è
insaziabile e, tra le passioni, è quella che più ostacola il raggiungimento
dell’atarassia (perfetta pace dell'anima che nasce dalla liberazione delle passioni)
e allontana dalla voluptas epicurea.
La polemica contro l'amore è condotta con una finezza d'analisi, con una
ricchezza di dettagli anche brutalmente fisiologici e con una potente introspezione
psicologica.
Amore carnale

L’amore carnale, definito come manifestazione sessuale dell’amore, veniva


ritenuto da Epicuro un grande ostacolo all’atarassia (perfetta pace dell’anima che
nasce dalla liberazione delle passioni), in quanto rappresenta una fonte di
turbamento e di continua inquietudine.
Per Lucrezio, invece, questo amplesso veniva ritenuto una fonte di piacere
illusorio e incompleto. Lucrezio condanna anche l’amore coniugale, perché il vero
saggio deve preferire l’amicizia dove il filosofo deve impiegare tutti i suoi valori.
L'amore va visto solo nell'ottica di soddisfare gli istinti sessuali perché non causano
coinvolgimenti emotivi; l'amore inteso come sentimento/passione è da evitare,
perché causa dolore. Se l'amore passionale porta inevitabilmente l'uomo al dolore,
così l'amore fisico ha il difetto di essere insaziabile, perché non può mai essere
raggiunto completamente l'oggetto del desiderio.

Se si è caduti nella trappola dell'amore è difficile uscirne, ma è possibile se l'uomo


non riesce a nascondere a se stesso i difetti corporei e dell'anima di colei di cui è
innamorato. Infatti la passione tende a nascondere i difetti della donna amata, o a
trasformarli in rari pregi.

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