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LETTERATURA LATINA

ORAZIO
Orazio, accanto a Virgilio, è un altro grande classico dell’età augustea. Egli perfezionò (partendo
dall’espressione di Lucilio) il genere tipicamente romano della satira e lo sviluppò nelle sue epistole in
esametri, all’insegna di un umorismo e di una morale pratica ispirata agli ideali del giusto mezzo e
dell’autosufficienza. Nella poesia giambica degli epòdi e nella lirica, egli ripose l’eredità neoterica e
catulliana superandola per recuperare i grandi modelli della letteratura greca (Alceo, Saffo, Pìndaro ecc.).
VITA
Quinto Orazio Flacco nacque a Verona l’8 Dicembre del 65 a. C. Suo padre era un liberto, venuto a Roma
per esercitare il mestiere di esattore delle aste pubbliche. Il poeta era di umili origini ma non di condizione
economica disagiata, infatti potè seguire un regolare corso di studi a Roma e poi ad Atene. Nel 42 a. C egli
partecipò alla battaglia di Filippi con il grado di tribuno militare.
La svolta decisiva nella vita di Orazio avvenne nel 38 a. C, quando Virgilio e Varro lo presentarono a
Mecenate, entrando così nel circolo. Da questo momento la vita di Orazio fu dedita alla letteratura, agli
studi e alla frequentazione di una stretta cerchia di amici, tra cui Virgilio. Orazio non si sposò e non ebbe
figli proprio come Virgilio.
Prima degli anni 30 a. C Mecenate cedette in dono a Orazio una villa e un podere in Sabina, dove il poeta
amava soggiornare, lontano dai disagi della vita cittadina.
Orazio come Virgilio diede un grande contributo alla propaganda augustea componendo carmi celebrativi e
politicamente impegnate, come le “odi romane”, composte in occasione dei ludi saeculares incaricato
proprio da Augusto; o il carmen saeculare, che venne cantato da ventisette fanciulli e fanciulle sul Palatino
e sul Campidoglio.
Negli ultimi anni la produzione letteraria di Orazio andò diminuendo fino a cessare del tutto. Egli morì alla
fine di Novembre dell’8 a. C.
DATAZIONE OPERE
OPERA ANNO GENERE METRO CONTENUTO
Satire 41- 30 a. C Satira Esamentro Sono componimenti di tipo
(Sermones) soggettivo e di intento moralistico, in
cui il poeta rappresenta in modo
ironico difetti e comportamenti
propri e altrui
Epòdi (Iambi) 41- 30 a. C Poesia Metri giambici Seguono diversi filoni tematici:
giambica invettiva, magia, poesia civile, eròs,
motivi simposiaci e gnomici
Odi (Carmina) 30-23 a. C (libri Poesia lirica Metri Vari Affrontano molti argomenti: tra i
I-II- III); 13 a. C principali filoni vi è quelllo religioso,
(libro IV) erotico, conviviale, gnomico e civile.
Epistole 23-13 a. C Epistole in Esametro Si tratta di componimenti
(Epistulae o versi d’occasione e di riflessioni personali
Sermones) su temi morali

LE SATIRE
Orazio avviò una riflessione critica sul fatto che il genere satirico non avesse un corrispondente nella
letteratura greca, arrivando a precisare ed illustrare i caratteri contenutistici e formali di questo genere
tipicamente romano. A questo scopo il poeta dedicò tre componimenti: la satira IV e X del I libro e la I satira
del II libro.
Orazione presenta Lucilio come l’iniziatore del genere nella letteratura latina, ma cerca di nobilitarla
collegandola alla commedia greca e precisamente alla fase più antica di essa di cui cita tre rappresentanti
Eupoli, Cratino e Aristofane.
Orazio rileva l’importante differenza fra i due generi (satira e commedia), che sarebbe l’utilizzo di metri
diversi, ma punta su un aspetto comune cioè l’attacco diretto e personale degli avversari. Lucilio, iniziatore
della satira nella letteratura latina, viene presentato come un moralista intransigente e aggressivo che
attacca attraverso il riso i contemporanei viziosi.
Un aspetto proprio della poesia satirica ma estraneo alla commedia è l’impostazione soggettiva, che
consente all’autore di esprimere direttamente le proprie opinioni e i propri giudizi (ancora una volta
l’iniziatore è individuato in Lucilio).
Altro tratto distintivo della satira, presente anche nella commedia, è lo spirito, il quale si traduce nella
capacità di affrontare temi moralmente impegnativi in modo arguto e divertente.
La fusione di argomenti di toni gravi e scherzosi, la compresenza e l’alternanza del serio e del comico erano
tipiche anche della diatriba, da cui le satire di Orazio sono profondamente influenzate.
Orazio, a differenza di Lucilio, riconosce espressamente la superiorità dei generi sublimi.
Orazio afferma di scrivere sermoni propiora (anche Lucilio aveva chiamato i suoi componimenti sermones)
e questo accostamento della satira al sermo (inteso come “conversazione”) rinvia ancora una volta alla
commedia, la quale attinge i suoi argomenti proprio dalla vita quotidiana. La satira, infatti, rinuncia ai modi
della letteratura sublime e sceglie un livello linguistico e stilistico adeguato ai temi trattati, cioè vicino
all’uso ella lingua parlata.
Sotto l’aspetto formale, però, Orazio prende le distanze da Lucilio secondo il principio del labor limae: la
necessità di un’accurata elaborazione stilistica cosa che non apparteneva, secondo Orazio, a Lucilio e lo
biasima per la prolissità e per la scarsa cura dello stile.
Proprio a questa attenzione alla forma si collega un altro tratto caratteristico della poetica di Orazio, ovvero
il rapporto con il pubblico. Orazio indica esplicitamente i suoi destinatari in Mecenate, Virgilio, Vario e
Asinio Pollione riconfermando la concezione tipicamente alessandrina di un’arte aristocratica, destinata a
una cerchia limitata di intenditori.
Orazio quindi dimostrando grande consapevolezza critica riflette sull’opera di Lucilio, indicandolo anche
come il capostipite del genere satirico, e procede a una vera e propria fondazione del genere stesso,
mettendolo in rapporto una forma letteraria greca, ovvero la commedia. Egli fissa i tratti caratterizzanti di
questo genere in:
1) Un aggressivo e combattivo moralismo;
2) Nella mescolanza del serio e dello scherzoso;
3) Nell’impostazione soggettiva.
CONTENUTI DELLE SATIRE DI ORAZIO
L’impostazione soggettiva in Orazio non si traduce in semplice autobiografia, con la sola registrazione dei
sentimenti e fatti personali, ma piuttosto come disponibilità a rivelare aspetti significativi dell’io interiore
per sviluppare da essi considerazioni di portata più ampia e di validità generale. Il poeta tende a spostare
l’attenzione dagli individui ai comportamenti quindi non si occupa tanto dei viziosi ma principalmente dei
vizi, di cui le singole persone sono esempi concreti.
L’intonazione personale, la riflessione morale e il gusto per l’intrattenimento sono le componenti principali
della satira, che abbracciano una vasta gamma di argomenti rispecchiando così la quotidianità nelle sue
diverse manifestazioni. Questa varietà di contenuti si esprime sotto due forme:
1) La satira narrativa: prende le mosse da un fatto o da un aneddoto che viene raccontato in modo
brillante, mirando a intrattenere il lettore;
2) La satira discorsiva: non è incentrata su un fatto o un episodio, ma su un complesso di idee, svolte
con una serie di argomentazioni e di riflessioni. Questa forma presenta notevoli affinità con la
diatriba, tipo la fusione di elementi seri e scherzosi, l’andamento della conversazione senza
pretese, l’impiego frequente di esempi e favole.
Sia le satire narrative che quelle discorsive possono avere un andamento monologico o dialogico.
Nell’andamento dialogico possiamo avere dei dialoghi a sua volta riferiti oppure rappresentati direttamente
con scambi di battute tra il poeta e un altro personaggio, o ancora tra due personaggi. Tutti i componimenti
del II libro hanno forma dialogica ad accezione del II libro,6.
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STILE E MESSSAGGIO
Le satire oraziane, specialmente quelle discorsive, presuppongono un sostrato di concetti morali come
costante termine di riferimento. All’interno dell’opera troviamo molti concetti generali legati all’ambito
della filosofia, Orazio stesso afferma la sua adesione all’epicureismo. Tuttavia le idee che ritroviamo non
sono specifiche ed esclusive di questa dottrina, ma sono concetti generali condivise da quasi tutte le
correnti filosofiche. Si tratta dei principi designati dagli antichi con i termini greci di metriotes e di autarkeia.
METRIOTES  La Metriotes è il senso della misura, alla cui formulazione concettuale si era dedicato
Aristotele e i suoi seguaci, sanciva che la virtù consiste nel giusto mezzo, nell’equilibrio tra gli estremi
opposti. Questa è posta a fondamento delle due satire del I libro e si esprime nel est modus in rebus (“c’è
una misura in ogni cosa”).
AUTARKEIA  La Autarkeia è l’autosufficienza e consiste nella limitazione dei desideri per evitare i
condizionamenti esterni, che impediscono di raggiungere la piena libertà interiore. Questa concezione nelle
Satire si traduce nell’accontentarsi del proprio stato e cercare di soddisfare nel modo più semplice le
esigenze naturali.
Questi due principi sono due capisaldi da cui si sviluppa poi la riflessione della satira di Orazio, una
riflessione orientata verso la morale pratica e mirante alla serenità e all’armonia dell’animo, che è l’essenza
della felicità.
Queste convinzioni sono affidate al personaggio del poeta satirico, in cui l’autore riflette la propria
personalità, infatti egli si presenta non come un maestro ma come un individuo che ricerca la verità per se
stesso, mosso da un’esigenza di miglioramento spirituale. Nel II libro questa figura tenda a collocarsi sullo
sfondo assumendo il ruolo dell’ascoltatore delle opinioni altrui, quindi accentua ulteriormente la sua
autoironia rifiutando la parte del protagonista e prendendo in giro quell’atteggiamento da persona saggia,
su cui poggiavano soprattutto le prime tre satire del I libro.
La decisione di ancorare la satira al sermo si traduce, nella scelta di un livello linguistico e stilistico non
elevato. Il lessico infatti ricorre delle volte a forme della lingua familiare o espressioni colloquiali, sono
invece evitati i grecismi e le grossolanità.
La sintassi è caratterizzata dalla paratassi, cioè la presenza di incisi, ed è nitida e agile. Si viene a creare così
uno stile medio che s’ispira a una conversazione fine ed elegante, nutrita di cultura.
Questa apparente semplicità è in realtà il frutto di un’arte controllata, caratterizzata principalmente dalla
brevitas. Orazio tende ad eliminare quanto è superfluo o ridondante, concentrando maggiormente i mezzi
espressivi come la disposizione delle parole nella frase o l’associazione di termini, un nesso capace di trarre
effetti nuovi da materiali linguistici comuni.

GLI EPODI
L’esperienza giambica degli Epodi è parallela alla produzione satirica. Orazio per questo genere non ha
bisogno di delineare una propria poetica, poichè si riallaccia alla letteratura greca e precisamente ad
Archiloco e ad Ipponatte. Aspetto essenziale di questa ripresa è il metro. Orazio infatti adotta svariati metri
giambici (già utilizzati ad esempio da Catullo) ma utilizza per primo l’epodo, un sistema metrico in cui ad un
primo verso più lungo se ne aggiunge uno più breve. Per la presenza di questi metri la raccolta fu intitolata
dai grammatici antichi Epodi, tutt’oggi conservato, anche se in realtà l’autore chiamava questi
componimenti Iambi.
La varietà è l’aspetto più appariscente degli Epodi di Orazio.
In tutta la raccolta si possono distingue vari filoni:
 Il filone dell’invettiva si esprime negli epodi 4,6 e 10. Tra questi soltanto il 10 è diretto contro una
persona determinata ovvero Mevio. Una variante scherzosa invece dell’invettiva la ritroviamo nel 3
componimento, una giocosa maledizione contro l’aglio propinato a Mecenate. Il filone dell’invettiva
lo ritroviamo anche nei componimenti 8 e 12 in cui Orazio si scaglia contro una vecchietta libidinosa
che sollecita da lui prestazioni sessuali. In questi componimenti si ha una minuziosa descrizione con
un’esasperata attenzione per il brutto e il deforme, che rivela una tendenza espressionistica che è
uno degli aspetti più rilevanti della produzione giambica.
 Il filone della magia lo ritroviamo negli epodi 5 e 17. Il tema viene trattato con un accentuato
realismo, orientato verso l’eccessivo, l’orrendo e il repellente.
 Il filone della poesia civile lo ritroviamo nei componimenti 7 e 16 che si riferiscono alla medesima
situazione e trattano temi molto simili ovvero la confusione e lo scompiglio successivi alla battaglia
di Filippi. Nel settimo epodo l’autore rimprovera aspramente i concittadini che combattono tra loro
e individua la causa delle guerre civili nel fratricidio commesso da Romolo. Nell’epodo 16 considera
certa la rovina della patria e invita i Romani a seguirlo in un’utopistica fuga verso le isole dei beati,
dove permane l’età dell’oro. In questi componimenti Orazio assume il ruolo del vates, cioè un
poeta ispirato dalla divinità. Gli epodi 1 e 9 riportano invece ai preparativi per la battaglia di Azio: il
1 è una dedica a Mecenate e il poeta assicura amicizia e lealtà al patrono e ad Ottaviano; nel 9
esprime invece l’affanno e la paura a causa di Cesare, schernisce gli avversari di Ottaviano e si
prepara a brindare alla sua vittoria.
 Il filone erotico che ritroviamo nell’epodo 14. Questo epodo è composto sul modello lirico greco
Anacreonte tratta il motivo dell’amore che domina completamente il poeta, impedendogli di
comporre versi. Lo stesso motivo lo ritroviamo nell’epodo 11, che si collega ad anche ad altri temi,
come l’avidità della donna e la povertà del poeta. Nell’epodo 15 il poeta si rivolge a una donna
infedele con un tono risentito ma meno violento rispetto ad altri epodi. In questi epodi abbiamo un
pathos molto leggere e sentimentale, meno aggressivo nell’epodo dove descriveva la vecchia
libidinosa.
 Gli epodi 2 e 13 non si collocano in nessuno filone e sono molto originali. L’epodo 2 si fonda sul
procedimento dell’aprosdòketon (“imprevisto”) esponendo un elogia della vita dei campi, ma gli
ultimi versi ci fanno sapere, attraverso il sarcasmo che caratterizza Orazio, che a pronunciarlo è un
usurai incapace di rinunciare ai suoi impegni cittadini. Nell’epodo 13 troviamo motivi simposiaci
[ Nell’antica Grecia il “simposio” indicava la parte conclusiva del banchetto, durante la quale i
convitati bevevano vino, recitavano carmi e conversavano secondo le indicazioni del commensale
più ragguardevole e assistevano a spettacoli e danza] e gnomici [carattere moraleggiante,
didascalico, sentenziosi, tipico delle massime, dei precetti e dei proverbi.]
La lingua e lo stile hanno una base comune: il lessico non è ricercato, ma neppure basso, oscilla così tra il
livello del parlato e momenti di maggior elevatezza. Tra i procedimenti stilistici ha una grande importanza la
tecnica della iunctura.

LE ODI
La produzione lirica di Orazio si ritrova rinchiusa nei quattro libri delle Odi. Queste non sono delle vere e
proprie poesie liriche (intese nel senso moderno), ma sono la libera fuoriuscita di una soggettività poetica,
che si pone all’interno di una tradizione letteraria di ascendenza greca, accentandone norme e convenzioni.
Nel componimento che apre Le Odi, Orazio si rivolge a Mecenate (a cui dedica l’opera) e manifesta
l’aspirazione a essere un “poeta lirico” e di prendere come punto di riferimento la produzione scritta nel
dialetto dell’isola di Lesbo e precisamente la poesia di Alceo.
Oltre ad Alceo anche Pindaro esercita una notevole influenza sulle Odi, ma Orazio lo definisce come un
ideale irraggiungibile.
Nelle Odi si contrappongono due concezioni divergenti:
 La concezione di una poesia ispirata prodotta da eccezionali doti naturali. Orazio prende come
esempio il cigno tebano, che sarebbe proprio Pindaro, il quale raggiunge l’eccellenza grazie al suo
estro impetuoso.
 La concezione di una poesia frutto di lavoro puntiglioso e di cura infinita. In questo caso prende
come esempio l’operosità delle api del Matino che sarebbe un monte dell’Apulia, sua regione
natale. Orazio, riconoscendo i propri limiti, si dedica con l’operosità propria delle api, a un’arte
sottile e accuratamente elaborata. Questo tipo di poesia rinvia al principio del labor limae, cioè
opera di rifinitura, che era stato proclamato dagli alessandrini e fatto proprio da poetae novi.
Tra le due alternative Orazio, nonostante le evidenti imitazioni pindariche, preferisce la seconda
concezione, mostrando di considerare la sublimità di Pindaro come un’aspirazione.
L’autore nelle Odi, rispetto alle Satire, non contesta la superiorità dell’epos, ma rivendica per la lirica un
posto adeguato ben riconosciuto e di affermato valore. Dalla strategia dell’autosvalutazione si passa alla
solenne dichiarazione della grandezza e dell’eternità della sua opera.
Inoltre non rifiuta più il titolo di poeta ma lo dichiara con estrema solennità e la coscienza del proprio
valore poetico si manifesta nelle Odi anche nella scelta di definire se stesso più volte come un vates. Il
termine vates possiede una connotazione sacrale che presuppone un’investitura divina e questo rapporto
privilegiato con il divino si manifesta, delle volte, in episodi della vita quotidiana come per esempio lo
scampato pericolo della caduta di un albero o l’incontro spaventoso ma innocuo con un lupo; altre volte,
invece, assume i tratti specifici dell’aspirazione poetica.
La poetica delle Odi quindi risulta una sovrapposizione di due concezioni distinte: da una parte il concetto
della poesia come frutto di una tecnica perfetta e del poeta come supremo artigianato; dall’altra l’idea della
poesia come prodotto d’ispirazione e del poeta come vate. L’oscillazione tra questi due ideali danno vita a
una vasta gamma di registri e di tonalità.
I CARATTERI DELLE ODI
I modelli di riferimento delle Odi sono Lesbo, Alceo e Saffo per la metrica. Notevole è l’influsso anche di
testi ellenistici, soprattutto epigrammi, anche se non dichiaratamente menzionati come modelli.
Mantenendo una caratteristica fondamentale del genere lirico nella letteratura greca, Orazio dà ai suoi
componimenti un’impostazione “allocutiva”, cioè sono destinati sempre a un destinatario. Il destinatario
può essere un personaggio reale o una figura fittizia ma che nonostante il suo essere messo in risalto o
meno, orienta sempre lo svolgimento del discorso poetico.
Questo impianto discorsivo è collegato a una situazione particolare, spesso topica (ricorrente in molti testi)
e che comporta l’adozione di forme tradizionali: ad esempio il rapporto con la divinità orienta verso l’inno,
il compianto per la morte di una persona cara verso i modelli dell’epicedio o ancora la situazione del
banchetto verso il componimento simposiaco.
Questo però non significa che le Odi siano una sorta di collage della tradizione, cioè di materiali
precedentemente elaborati da altri poeti poiché tutti gli spunti vengono ripresi con grande libertà e
vengono profondamente rinnovati.
Orazio scrive per un pubblico dotto, che conosce perfettamente i testi che egli imita, riprende e cita.
Adottando dunque le tecniche dell’arte allusiva (poesia carica di allusioni ad altri testi) il poeta inserisce nei
suoi carmi spunti tratti da Alceo, Pindaro, Saffo e altri lirici greci.
CONTENUTI
Le Odi sono un totale di 104 componimenti, compreso il Carmen Saeculare, e nella varietà e complessità si
possono distinguere alcuni filoni principali:
 Filone religioso Questo filone era parte integrante della tradizione del genere lirico e si adattava
benissimo alla tipologia del poeta vates. Da ciò si hanno quindi, all’interno delle Odi, inni e
preghiere rivolte verso anche oggetti insoliti tipo all’anfora di vino vecchio. Caso particolare è
costituito dal Carmen Saeculare in cui si riprende la funzione originaria dell’inno. In esso il motivo
religioso si mescola a temi civili come la celebrazione di Roma e della sua gloria immortale e
l’esaltazione di Augusto,a utore della grandezza e della prosperità dello Stato.
 Filone erotico  Nel filone erotico rientrano un gran numero di componimenti. A differenza della
poesia elegiaca contemporanea (Tibullo e Properzio), i carmi non si collegano ad un’unica vicenda,
non trattano di una sola storia d’amore, ma si presentano come episodi in sé conclusi. Quasi
sempre l’occasione e la situazione prevalgono sui personaggi. Salvo rari eccezioni la passione, più
che partecipata come in Catullo, è contemplata evitando così il coinvolgimento affettivo.
 Filone conviviale  Il filone conviviale è incentrato sulla tradizione greca del simposio, identificato
con la cena romana. Le varie occasioni legate al banchetto costituiscono gli ingredienti topici,
associati delle volte a spunti erotici e molte volte a elementi gnomici e moraleggianti.
 Filone gnomico  Questo filone si combina molto spesso con quello conviviale, secondo
un’associazione tipica della lirica greca arcaica. Questa combinazione costituisce il vero centro delle
Odi di Orazio. Vengono trattati numerosi temi nei carmi gnomici, ma ruotano tutti intorno ad un
unico nucleo tematico: la coscienza dell’incertezza del futuro e della brevità della vita. Questo è un
tema non originale ma profondamente sentito da parte del poeta e vissuto anche con inquietudine.
Viene sviluppato più volte e in diverse direzioni, cioè in positivo e in negativo: lo svolgimento
positivo il poeta riconosce un’alternanza delle vicende umane e invita a sostenere con
sopportazione le inevitabili avversità; lo svolgimento in negativo conduce alla constatazione
dell’ineluttabilità della morte e della necessità di usufruire pienamente del breve tempo della vita.
Il carpe diem che ritroviamo nel I libro al carme 11, non è un’istigazione al volgare piacere ma un
consiglio di cercare la felicità nel presente e non in un ipotetico e inaffidabile futuro. Nelle Odi
quindi ritroviamo, con una più nitida formulazione,i principi ispiratori delle Satire ovvero l’autarkeia
e il metrite.
 Filone della poesia civile  Per quanto riguardo il filone della poesia civile Orazio prende spunto da
Alceo, ma con diversi aspetti. Alceo partecipava direttamente e con passione alle vicende politiche
della sua patria, Orazio, invece, è un semplice spettatore della vita pubblica di Roma. Il suo ruolo di
vates, tuttavia, gli permette di esortare e ammonire i concittadini, autorizzato da un’investitura
divina. In questo modo nasce una lirica civile articolata in momenti diversi, che vanno
dall’esecrazione delle guerre fratricide fino alla celebrazione di Roma e del principe. Questo tipo di
poesia era incoraggiato sia Mecenate, sia da Augusto ma non è giusto ritenerla soltanto
propaganda in versi. L’esaltazione del principe è per certi versi eccessiva ma sappiamo della
profonda gratitudine che nutriva Orazione nei confronti del princeps, per aver pacificato la civica e
reso possibile il suo otium letterario. La tematiche civile viene svolta in un ciclo di sei carmi all’inizio
del III libro, chiamate le “odi romane”, in cui la condanna dei vizi contemporanei e l’esaltazione
delle virtù e degli eroi antichi s’intreccia con la glorificazione di Roma e di Augusto (si accentua
particolarmente nel IV libro in cui vengono celebrate le vittorie dell’imperatore).
Le Odi quindi trattano di una vasta gamma di temi, andando dai contenuti amorosi ai componimenti politici
quindi materia elevata. A tale molteplicità tematica corrisponde una pluralità di registri che parte dalla
finezza della poesia erotica passando alla serietà sostenuta della produzione gnomica, per raggiungere
infine la sublimità pindarica della lirica civile.
Il lessico si pone a un livello superiore rispetto al sermo delle Satire, ma resta al di sotto dell’elevatezza
dell’epos. Esso è caratterizzato da vocaboli non propriamente peotici e dal ricorso poco frequente ad
arcaismi, neologismi o diminutivi. La sintassi è semplice ma impreziosita da costruzioni greche poco comuni.
Limitata è la presenza di metafore e allitterazione ma sono frequenti le antitesi e gli enjambementes.
La vera caratteristica dello stile di Orazio è costituito dalla disposizione delle parole, esse vengono
incastrate in modo tale da valorizzarsi reciprocamente. Molto efficaci sono le iuncturae cioè l’associazione
di vocaboli, delle volte al limite dell’ossimoro come “simplex munditiis” “semplice nell’eleganza”.

LE EPISTOLE
NEL 23 a. C viene pubblicato il I libro della Epistole e successivamente verrà pubblicata l’Epistola ai Pisoni.
Orazio si pose sulla stessa linea della precedente produzione satirica, utilizzando sempre l’esametro ma
adottando una forma innovativa: lo schema epistolare in versi.
Questa forma fu già utilizzata da Lucilio ma risulta totalmente nuova l’idea di comporre un’intera raccolta in
versi, e ciò comporta automaticamente delle conseguenze nell’impostazione dei componimenti.
Orazio, presupponendo un rapporto diretto con un destinatario ben definito, conferisce ai testi un
orientamento più preciso e rigido rispetto alle Satire. Nel I libro delle Epistole si hanno componimenti con
contenuti non generali ma molto specifici e minuti.
Accanto a questa novità si affiancano, però, due aspetti già presenti nelle satire: la vena moralistica e
soggettiva, con però modificazioni notevoli, e la tematica letteraria, sviluppata con maggior apertura e
organicità.
La convenzione epistolare determina la prevalenza dell’impostazione monologica sul dialogo e accentua la
tendenza a tradurre la riflessione etica nei moduli e nelle immagini della lingua parlata. Anche nelle
Epistole, come nelle Satire, vengono utilizzate favole e aneddoti ma non più con un carattere comico ma più
umoristico. A ciò si aggiunge anche una sottile malinconia e toni molto più alti e commossi rispetto alle
Satire. Il linguaggio appare più urbano e privo di elementi troppo accentuati ed energetici.
I LIBRO  Nel I libro abbiamo, come da convenzione, componimenti d’occasione: lettera di convenienza
con la richiesta di notizie ad un amico, biglietti di raccomandazione o istruzioni a un servo per la consegna
ad Augusto della sua opera. Molto frequenti nel I libro sono le lettere che svolgono temi morali, spesso
intrecciati con spunti soggettivi e personali.
Le epistole del I libro si collocano in un momento di cambiamento della vita del poeta: “Il passato è stato
tempo di versi e di altri divertimenti, il presente è tempo della presa di coscienza e della riflessione critica
su se stesso”. Questa insoddisfazione per la propria condizione morale è il punto di partenza per la ricerca
della sapienta, intesa come strumento da applicare ai concreti problemi dell’esistenza.
Nonostante vi è un indiscutibile adesione di fondo all’epicureismo, Orazio ricorre a precetti di scuole
differenti che più si avvicinano al suo modo di pensare e che ritiene efficaci per affrontare le difficoltà della
vita.
Il centro della riflessione di Orazio continua ad essere l’autarkeia e la metriotes, e ad essi aggiunge il tema
tipico delle Odi ovvero l’imminenza della morte e la necessità di godere di ogni momento dell’esistenza.
Questa coscienza della fugacità del tempo, combinata con l’idea di non aver sfruttato sufficientemente il
passato, introduce una nota d’inquietudine e d’impazienza nel I libro delle Epistole.
Il poeta si atteggia delle volte da persona matura ed esperta e inserita in un ambiente moralmente ed
esteticamente aristocratico; altre volte desidera essere lontano da tutti. Qualche volta appare sereno ed
equilibrato come il vero prototipo dell’epicureo; altre volte si trova in preda alla scontentezza invincibile e
di un’accidia mortale, che paralizza il suo slancio verso il bene. Questa mobilità psicologia è il sintomo di
una tensione che investe l’intera morale delle Epistole. Nei rapporti sociali prevale il criterio della
metriotes, cioè il senso della giusta misura, sfruttando le circostanze e coltivando l’amicizia dei potenti.
Nella sfera individuale predomina il principio dell’autarkeia, cioè dell’autosufficienza, che stimolato
dall’esigenza d’impiegare bene per il tempo residuo esaspera il bisogno dell’indipendenza necessaria per il
perfezionamento interiore. Il I libro delle Epistole, quindi, ci dona un quadro molto vasto e complesso fatto
di riflessioni morali, molte oscillazioni e insuccessi questo è l’itinerario tormentato del poeta verso la
saggezza.
II Libro  Il II libro è composto di solo due epistole, in cui prevale il tema letterario (tema già affrontato
nell’epistola 9 del I libro). L’autore difende la sua opera dalle polemiche che avevano accompagnato la
pubblicazione dei primi tre libri delle Odi. Nella prima lettera si rivolge ad Augusto e tratta la questione
della superiorità dei poeti antichi o dei moderni, proclamando l’eccellenza della poesia contemporanea. La
seconda Epistola è indirizzata a Giulio Florio ed è incentrata sulla figura dell’autore. Orazio si scusa con
l’amico per la scarsa fecondità della sua vena poetica, utilizzando come giustificazioni la pigrizia, la
vecchiaia, gli impegni sociali e il suo interesse preponderante per la filosofia.
EPISTOLA AD PISONES  Questa epistola è una sorta di trattato in versi ed è nota anche come Ars Poetica.
Orazio si rivolge a Lucio Calpurnio Pisone e ai suoi figli esponendo in modo abbastanza sistematico i precetti
di poetica, alcuni dei quali trovano corrispondenza nello stile proprio di Orazio. Inoltre enuncia in modo
efficace due principi fondamentali dell’estetica classica: l’idea che la grande poesia è frutto dell’ingenium e
dell’ars, e la preferenza accordata al poeta di unire l’utilità al piacere, dilettando e insieme ammaestrando il
lettore.

FORTUNA
Già negli ultimi anni della sua vita Orazio ebbe la soddisfazione di godere di ampi consensi e riconoscimenti
e molto presto fu studiato nelle scuole e fu oggetto di commenti e di edizioni critiche. Fu il principale
modello della produzione satirica di Persio e di Giovenale. La riflessione oraziana sui temi della fugacità del
tempo, della vecchiaia e della caducità della vita ha reso noto il poeta antico anche al di fuori della cerchia
degli intellettuali.

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