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Gli Epodi Sono costituiti da 17 componenti, pubblicati nel periodo satirico giovanile di O. (41 – 30
a.C.) parallelamente alle Satire. I precedenti greci a cui il poeta si ispira sono Archiloco e Ipponatte,
come egli stesso afferma nel epodo sesto. In un’epistola, inoltre, dichiarerà con orgoglio di essere
stato il primo ad introdurre nel Lazio la poesia giambica di Archiloco. A quest’ultimo veniva
riconosciuta la capacità di esprimere pienamente nei propri componimenti, e forse meglio di altri
poeti a lui contemporanei, la rabies, ovvero lo spirito aggressivo. Di Archiloco O. tenderà ad
emulare appunto SOLO la rabies e il numeros (metro; in questo caso l’epodo costituito da due versi
dei quali il secondo più breve e da cui l’opera prenderà il nome.)
Gli epodi 4, 6, 10. Solo quest’ultimo è indirizzato ad un destinatario preciso, Mevio, di cui
tuttavia non si conosce l’identità. A lui O. fa un augurio alla rovescia, e cioè di naufragare
anziché fare buon viaggio.
L’epodo 3, nel quale O. maledice l’aglio e il suo amico Mecenate che gliel’ ha fatto mangiare
durante la cena, paragonando l’ingrediente ai veleni di Medea.
Gli epodi 8 e 12, dedicato ad una vecchia libidinosa che desidera prestazioni sessuali dal poeta.
Ne viene messa in evidenza la deformità della vecchiaia. Al filone della magia appartengono
invece: Gli epodi 5 e 17, nei quali ricompare la figura della strega Canidia. Orazio è a favore
delle antiche tradizioni e dunque contro la magia.
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Nel filone della poesia civile rientrano:
• Gli epodi 7 e 16, scritti dopo la battaglia di Filippi. Nel primo il poeta rimprovera i
concittadini per essersi resi partecipi di guerre fratricide; nel secondo invita i migliori di essi
a fuggire da Roma per recarsi nelle Isole Fortunate, dove permane l’età dell’oro.
• Gli epodi 1, 9, scritti prima della battaglia di Azio. Nel primo, dedicato a Mecenate, il
poeta giura lealtà a lui e ad Ottaviano; nel secondo deride gli avversari del principe e si
prepara a brindare per la vittoria.
• L’epodo 14, nel quale Orazio rifacendosi ad Anacreonte afferma di non poter continuare a
scrivere perché completamente rapito dall’amore; L’epodo 11 che parla dell’avidità della donna
e dalla povertà del poeta;
• L’epodo 15, rivolto ad una donna infedele. L’epodo è ambientato in un paesaggio lunare e
si rifà a Saffo. Nel filone erotico non si rintraccia l’aggressività tipica degli altri epodi ma un
dolce e leggero pathos.
• L’epodo 13, quello dei motivi simposiaci, dove il poeta invita a bere durante una tempesta i
compagni di viaggio, per dimenticare i problemi.
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Il messaggio di Orazio negli Epodi
Quando Orazio compose gli Epodi era da poco terminata la guerra civile
RIEPILOGANDO:
Per i giambi Orazio ha come riferimento Archiloco e Ipponatte (mediati dalla cultura alessandrina).
Ha il merito di aver portato la poesia greca nel mondo romano. Tutti i poeti latini sono di
formazione alessandrina.
La poesia giambica era un tipo di poesia simposiale della Grecia arcaica nata intorno al VII
secolo a.C., caratterizzata da turpiloquio, invettiva, osceno e ridicolo. Prende il suo nome dal
metro che la caratterizza, formato da ritmo ascendente e rapido.
Orazio li chiamava i "veloci giambi", questi versi dettati dall'irruenza e dalla follia della
giovinezza; e senza dubbio si riflette in essi l'aggressività programmatica della poesia
giambica che aveva il suo ispiratore e il suo modello nel poeta greco Archiloco.
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CARATTERISTICHE DELLA POESIA GIAMBICA:
- Violenza;
- Variatio: affronta una varietà di argomenti;
- Realistico: affronta in maniera cruda e violenta il dato di realtà che Orazio cercherà
poi di escludere nelle Odi.
Lo stile
Gli epodi seguono diversi filoni
• Gli epodi 5 e 17, nei quali ricompare la figura della strega Canidia.
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Orazio usa come procedimento la tecnica della iunctura.
• L’epodo 14
• L’epodo 11 che parla dell’avidità della donna e dalla povertà del poeta;
scrive in giambi;
utilizza una lingua artificiosa con la presenza di stilemi omerici, con il lessico greco della
comunicazione quotidiana e le neoformazioni.
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autore: Quinto Orazio Flacco
numero componimenti: 17
anno di pubblicazione: 30 a. C
modelli: greci
LE ODI DI ORAZIO
Le Odi (o Carmina), in quattro libri, sono composte fra il 30 e il 23 per i primi tre libri, e fra il
23 e il 13 per il quarto . Si tratta della produzione detta “lirica”, con la quale Orazio si colloca
esplicitamente all’interno di una tradizione letteraria di ascendenza greca : i modelli sono infatti i
poeti greci della lirica arcaica (Alceo, Saffo, Anacreonte, Stesicoro: VII-VI sec. a.C.; ma
anche Pindaro, Bacchilide, Simonide: VI-V sec. a.C.), seppure rivisitati con la raffinata sapienza
acquisita dagli alessandrini. E’ l’opera grazie alla quale Orazio – lui da umili origini pervenuto alla
gloria presente, lui che per primo ha portato in Roma la lirica eolica) presume di ottenere
l’immortalità, come afferma orgogliosamente nell’ode che chiude il III libro.
Alceo e Saffo sono decisamente i modelli più importanti, se non altro considerando il fatto
che gli schemi metrici più ricorrenti sono quelli delle strofe saffica e alcaica. Non si tratta però di
una pedissequa imitazione o di un semplice montaggio di materiali preesistenti, giacchè Orazio
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rielabora e combina in maniera personale quelle tematiche – ad esempio, l’incipit di I, 37 ,in cui si
celebra la vittoria di Ottaviano su Cleopatra, ricorda un frammento di Alceo in cui il poeta esulta
per la morte del tiranno Mirsilo: ma mentre in Alceo c’è solo una gioia selvaggia, in Orazio c’è
pietà per la regina sconfitta; oppure, il carme I, 3 combina il motivo del propemptikòn con quello
della riflessione filosofica, proprio della lirica gnomica, poiché inizia come augurio di buon viaggio
a Virgilio e si conclude denunciando l’audacia presuntuosa degli uomini; ancora, il carme I, 9
prende spunto da un frammento di Alceo, ma poi svolge la caratteristica tematica oraziana del carpe
diem e, con i riferimenti al Soratte innevato e al campo Marzio, evoca un contesto tipicamente
romano – .
Quanto allo stile, si parla di una molteplicità di registri stilistici, pur trattandosi sempre di un
tono più elevato rispetto al sermo cotidianus delle Satire. Si va da una maggiore leggerezza quando
si tratta del motivo amoroso ad un registro sostenuto nei componimenti gnomici, ad un tono
decisamente elevato quando si affrontano temi civili. La sintassi è generalmente semplice e
misurata, ciò che maggiormente contraddistingue lo stile oraziano è la sapiente disposizione delle
parole, ovvero quelle ingegnose associazioni (le callidae iuncturae), al limite dell’ossimoro, che
valorizzano il significato dei vocaboli, sottraendoli alla fruizione usuale.
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