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INTRODUZIONE

La celebrazione eucaristica domenicale


Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della risurrezione
di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama
giustamente «giorno del Signore» o «domenica». In questo giorno infatti i fedeli
devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare alla eucaristia
e così far memoria della passione, della risurrezione e della gloria del Signore Gesù e
render grazie a Dio, che li «ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della
risurrezione di Gesù Cristo dai morti» (1 Pt 1,3).1
Con queste solenni affermazioni il Concilio Vaticano II ricolloca al centro della vita
cristiana la celebrazione del giorno del Signore e il raduno assembleare per l’ascolto della
Parola di Dio e per la partecipazione all’Eucaristia. In tal modo, infatti, la comunità dei
credenti fin dall’epoca apostolica, seguendo il comando del Signore, fa memoria
dell’evento pasquale e riprende vigore per il suo cammino verso il Regno. Dalla
partecipazione costante e attiva all’Eucaristia i credenti imparano continuamente a donare
la propria esistenza:
se la domenica è il giorno dell’Eucaristia, ciò non è solo perché è il giorno in cui si
partecipa alla Messa, quanto piuttosto perché in quel giorno, più che in qualunque
altro, il cristiano cerca di fare della sua vita un dono, un sacrificio spirituale gradito a
Dio a imitazione di colui che nel suo sacrificio ha fatto della propria vita un dono al
Padre e ai fratelli.2

Partecipare all’Eucaristia domenicale significa per i discepoli di Cristo rimanere


ancorati all’evento stupendo della Pasqua attraverso il rito che lo perpetua e ogni volta
ridare slancio alla propria appartenenza a Cristo, morto e risorto, grazie alla memoria viva
di lui. Questa è la ragione per la quale i cristiani non possono vivere senza celebrare
questo mistero nel giorno del Signore: «prima di essere una questione di precetto, è una
questione di identità»3.
Dalla tradizione ecclesiale e dal Magistero emergono con chiarezza alcuni capisaldi
quali la centralità del giorno del Signore, mai sostituibile con altri giorni; il legame strettissimo
tra Eucaristia e domenica; e, infine, il rapporto tra domenica e Chiesa che si manifesta nella
convocazione del popolo di Dio. Infatti, «una comunità riunita nella fede e nella carità è il
primo sacramento della presenza del Signore in mezzo ai suoi»4.
L’assemblea convocata nel «primo giorno della settimana» 5 per ascoltare la Parola di
Dio, per spezzare l’unico pane e per fare memoria del Signore glorioso è la Chiesa che

1
SC 106.
2
GdS 12.
3
GdS 8.
4
GdS 9.
5
Cf. Lc 21,1; At 20,7.
riceve la «forma eucaristica» 6 della sua esistenza per vivere sempre nel dono di Cristo e,
unita intimamente a lui, impegnarsi per la trasformazione del mondo.

Il raduno domenicale
Una delle caratteristiche fondamentali della festa cristiana è il raduno assembleare, come
segno della presenza del Signore in mezzo ai suoi. Il Concilio Vaticano II, dopo aver
affermato che Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche
e particolarmente nel suo Corpo e nel suo Sangue, nella sua Parola, nei sacramenti, e nei
ministri, ricorda altresì che è presente «quando la Chiesa prega e loda, lui che ha
promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt
18,20)»7. L’assemblea eucaristica, in modo del tutto particolare, manifesta la Chiesa del
Signore; anzi, dalla celebrazione dei misteri la Chiesa si lascia continuamente formare e
trasformare. Nelle comunità cristiane
con la predicazione del Vangelo di Cristo vengono radunati i fedeli e si celebra il
mistero della Cena del Signore, «affinché per mezzo della carne e del sangue del
Signore siano strettamente uniti tutti i fratelli della comunità». In ogni comunità che
partecipa all’altare, sotto la sacra presidenza del Vescovo viene offerto il simbolo di
quella carità e «unità del corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza». In
queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per
virtù del quale si costituisce la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Infatti «la
partecipazione del corpo e del sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in
ciò che riceviamo».8
Il mistero della Chiesa convocata e santificata dalla presenza di Cristo non si manifesta
soltanto nella celebrazione eucaristica, ma anche tutte le volte in cui si proclama la Parola
«giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» 9. Anche quando si
prega secondo la Liturgia delle Ore, «quando si raduna l’assemblea, quando si proclama la
Parola di Dio, “quando la Chiesa supplica e salmeggia”» 10, Cristo è presente nella sua
Chiesa.
Compiere l’esercizio dell’abbandono dei propri interessi personali, o di parte di essi, e
lasciare le proprie case per comporre l’assemblea liturgica, non ha nulla a che vedere con
la altre adunanze sociali. L’assemblea liturgica, sia quando è presieduta dal vescovo, dal
presbitero o dal diacono, sia quando non lo è, è sempre “luogo” nel quale il Signore dona
la sua salvezza.
Nel giorno del Signore il popolo santo è particolarmente convocato per celebrare le
meraviglie della sua misericordia nell’attesa di ricomporre l’assemblea nel giorno senza
tramonto, quando la lode non avrà fine.

6
SaC 72.
7
SC 7.
8
LG 26.
9
SC 7.
10
PNLO 13.
La liturgia festiva in assenza di celebrazione eucaristica
A causa della diminuzione del numero dei presbiteri, in alcune zone dell’Arcidiocesi
di Udine si rileva ormai da tempo l’impossibilità di garantire in ogni parrocchia la
celebrazione eucaristica domenicale.
Secondo il documento diocesano Siano una cosa sola perché il mondo creda, in ogni
Collaborazione pastorale si dovrà dare il primato alla celebrazione eucaristica, tenendo
conto di alcuni fattori:
 la distensione temporale del giorno del Signore (o della solennità) che va dal sabato sera (o
sera della vigilia) a tutta la giornata festiva;
 la necessità che i fedeli siano informati dell’orario e dei luoghi delle celebrazioni eucaristiche, in
modo che dalle comunità vicine possano convergere in una stessa chiesa;
 la scelta della chiesa dipenda dalla disponibilità dei ministeri necessari, dalla posizione
geografica dei paesi, dalle distanze e dalla facilità del percorso, dall’adeguatezza dell’edificio,
oltre che dalle scadenze dell’anno liturgico11.
Verificata l’impossibilità per i fedeli di raggiungere, senza gravi difficoltà, una
celebrazione vicina, è possibile celebrare una liturgia festiva in assenza di celebrazione
eucaristica. La ragione della denominazione di questa liturgia è data dall’impossibilità di
avere la celebrazione eucaristica che è presieduta dal sacerdote.
Da decenni la Chiesa cerca di fornire orientamenti per le comunità impedite a
celebrare la Messa domenicale, raccomandando la celebrazione della Parola di Dio dove
non sia possibile celebrare il Sacrificio eucaristico nei giorni festivi 12.
Innanzitutto è raccomandata la partecipazione all’Eucaristia in luoghi facilmente
raggiungibili. Tale possibilità, oltre a ribadire la centralità della celebrazione eucaristica,
diventa l’occasione per la condivisione dei ministeri e per l’accoglienza di fedeli
provenienti da comunità diverse.
Se ciò non è possibile, la comunità può radunarsi per la preghiera di lode e l’ascolto
della Parola. Si tratta di una scelta che non deve essere considerata permanente, come se
alcune comunità potessero limitarsi alla celebrazione della Parola escludendo del tutto
l’Eucaristia: a questa, infatti, devono tendere le liturgie festive della Parola, poiché in essa
si rinnova sacramentalmente l’evento pasquale 13. Lasciare una comunità, per quanto
piccola, stabilmente senza la celebrazione eucaristica non corrisponde a una corretta
visione della Chiesa e a ciò che la Chiesa compie per fare memoria del Signore.
Nell’ambito di un piano pastorale, una saggia turnazione delle Messe in un dato territorio
giova a non smarrire la preziosità dell’Eucaristia e del ministero ordinato per la vita
cristiana.
Naturalmente deve essere ben chiara, anche dal versante rituale, la distinzione tra la
celebrazione festiva della Parola e la Messa, e occorre vigilare affinché non ci sia
confusione sul ruolo centrale del sacerdote e sulla componente sacramentale nella vita

11
ARCIDIOCESI DI UDINE, Siano una cosa sola (Gv 17,21). Le collaborazioni pastorali. Nuove opportunità per l’azione
missionaria della Chiesa sul territorio friulano. Orientamenti pastorali, Udine 2018, n. 36, p. 62.
12
Cf. CE.
13
Cf. DD 53.
della Chiesa, e affinché non si diano «visioni ecclesiologiche non aderenti alla verità del
Vangelo e alla tradizione della Chiesa»14.
Questo sussidio, in linea con il Direttorio per le celebrazioni in assenza di presbitero
pubblicato dalla Santa Sede, e in armonia con i libri liturgici, intende offrire l’ordinamento
rituale e i testi per una celebrazione dignitosa e partecipata, presieduta dal diacono o
guidata da un gruppo di laici. Questo momento di preghiera avverrà in comunione con
tutte le assemblee liturgiche che nel giorno festivo si compongono per lodare il Signore.

La Liturgia delle Ore


La tradizione ecclesiale conosce una forma particolare di preghiera composta per lo
più dal canto di salmi e inni e dall’ascolto delle Scritture in determinate ore del giorno.
Tale forma di preghiera è la Liturgia delle Ore o Ufficio divino.
Poiché i fedeli che celebrano la Liturgia delle Ore, unendo i loro cuori e le loro voci,
«manifestano la Chiesa che celebra il mistero di Cristo» 15 ed esercitano il suo ufficio
sacerdotale16, qualora non sia possibile celebrare l’Eucaristia domenicale, in un eventuale
raduno orante è chiaramente da preferire questa forma liturgica, come del resto afferma
anche il Direttorio Christi Ecclesia17.
Nella preghiera dei salmi e nell’ascolto della Parola di Dio secondo la scansione
temporale, e in particolar modo nei due momenti principali delle Lodi mattutine e dei
Vespri, avviene la “santificazione del tempo”18: nelle vicende dell’uomo irrompe la grazia
di Dio che illumina e salva. La Liturgia delle Ore, inoltre ha un rapporto particolare con
l’Eucaristia: non soltanto estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero
eucaristico, quali la lode e il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, la
supplica e la pregustazione della gloria celeste, ma anche prepara i fedeli a vivere con
frutto l’Eucaristia suscitando e accrescendo le disposizioni necessarie come la fede, la
speranza, la devozione e il desiderio dell’abnegazione di sé19. È evidente il legame della
preghiera oraria con la Parola di Dio: «la lettura della Sacra Scrittura è sempre
accompagnata dalla preghiera, in modo che la lettura porti maggior frutto e a sua volta la
preghiera, specialmente dei salmi, venga compresa più pienamente e fatta con più intensa
pietà in forza della lettura»20. Quando Lodi o Vespri vengono celebrati in assenza della
Santa Messa, la proclamazione dei testi biblici secondo il Lezionario pone l’assemblea
orante in particolare comunione con tutte le assemblee liturgiche della Chiesa che in quello
stesso giorno sono convocate dalla medesima Parola.
Pertanto, un’assemblea impedita a celebrare l’Eucaristia “santifica” il giorno del
Signore, giorno memoriale della Pasqua, con quella preghiera che è innanzitutto la

14
SaC 75; cf. VD 65.
15
PNLO 22.
16
Cf. PNLO 13.
17
Cf. CE 33.
18
Cf. PNLO 10-11.
19
Cf. PNLO 12.
20
PNLO 140.
preghiera amorosa del Figlio al Padre e che «ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere
umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri» 21.
Nella Liturgia delle Ore brilla di luce particolare la preghiera dei salmi, preghiera
d’Israele e della Chiesa, che permette all’orante di esprimere davanti a Dio i sentimenti
della lode, della supplica, della fiducia, del lamento e dell’esultanza 22. Chi prega con i
salmi, lo fa in unione con Cristo e con tutta la Chiesa: in questo modo le espressioni del
testo vengono fatte proprie dall’orante, che così si rende solidale con ogni fratello che
soffre o gioisce.
Per la loro natura lirica, i salmi richiedono l’esecuzione in canto:
Tutti i salmi hanno un certo carattere musicale, che ne determina la forma di
esecuzione più consona. Per cui anche se il salmo viene recitato senza canto, anzi da
uno solo e in silenzio, deve sempre conservare il suo carattere musicale: esso offre certo
un testo di preghiera alla mente dei fedeli, tuttavia tende più a muovere il cuore di
quanti lo cantano, lo ascoltano e magari lo eseguono con «il salterio e la cetra». 23
Ripiegare sempre e comunque su una recitazione frettolosa, dimenticando la lunga
attitudine dei cristiani al canto dei salmi, non renderebbe ragione della natura di questa
forma di preghiera.
Il nostro popolo, forse senza una piena consapevolezza, ha sempre trovato nel canto
dei salmi, soprattutto in alcune forme della liturgia oraria, come i Madins di Natale,
l’Ufficio dei Defunti, i Vespri domenicali e la Compieta quaresimale, l’occasione per
esprimere la propria fede in modo corale. Possa ancora trovare in queste composizioni,
distribuite secondo l’ordinamento liturgico «dal sorgere del sole al suo tramonto» (Sal
113,3), gli accenti per rendere grazie e implorare nuovamente la salvezza che viene dal
Signore.

Celebrare la Parola di Dio


«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di
Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla
mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli» 24. Con queste
espressioni il Magistero conciliare ricorda che la Parola di Dio non è primariamente tema
da discutere o contenuto da spiegare ma dono da celebrare che nutre il popolo di Dio
come il Corpo e il Sangue del Signore. Si tratta di «un rapporto decisivo con la Parola viva
che il Signore non si stanca mai di rivolgere alla sua Sposa, perché possa crescere
nell’amore e nella testimonianza di fede»25.
Le celebrazioni della Parola di Dio «sono occasioni privilegiate di incontro con il
Signore»26. In esse la Parola di Dio «si rende percepibile alla fede attraverso il “segno” di

21
PNLO 7.
22
Cf. PNLO 100-107.
23
PNLO 103.
24
DV 21.
25
AI, 2.
26
VD 65.
parole e di gesti umani» e la fede «riconosce il Verbo di Dio accogliendo i gesti e le parole
con le quali Egli stesso si presenta a noi»27.
Per tale motivo la Parola nella Chiesa è celebrata, e ogni volta che nell’assemblea di
fede si proclamano le Scritture, Dio parla al suo popolo e un nuovo evento salvifico si
realizza. Il lettore, infatti, al termine della lettura attesta che quanto è stato letto è
realmente “Parola di Dio”. Non si tratta di una definizione o di una spiegazione, ma di
un’acclamazione che riconosce l’evento nuovo di Dio che si rivela. Di fronte a Dio che
viene incontro al suo popolo non c’è altro da fare che riconoscere e acclamare. Questa è
stata l’esperienza di Israele di ritorno dall’esilio: «Esdra aprì il libro in presenza di tutto il
popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in
piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: “Amen, amen”,
alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al
Signore» (Ne 8,5-6).
La gestualità della liturgia della Parola, spesso banalizzata, dischiude la presenza del
Signore quando vengono proclamate le Scritture. Salire all’ambone, proclamare, ascoltare,
cantare, alzarsi in piedi, segnarsi, baciare il libro, sono azioni che dicono la relazione tra
Dio che parla e il suo popolo.
Nella celebrazione eucaristica, e ogni qual volta si proclamano le Scritture, compresa la
Liturgia delle Ore, la Parola di Dio è celebrata come Parola vivente che si compie in coloro
che ascoltano28.

La Comunione eucaristica
Lo schema della celebrazione festiva della Parola di Dio e della Liturgia festiva delle
Ore prevede anche la Comunione eucaristica.
La Chiesa, per antichissima tradizione, porta la Comunione a coloro che sono
impossibilitati a partecipare alla messa. Nella celebrazione eucaristica la Comunione è la
forma di partecipazione più piena; tuttavia anche quando i fedeli ricevono la Comunione
fuori della Messa
si uniscono intimamente con il sacrificio in cui si perpetua il sacrificio della croce, e
prendono parte a quel sacro convito nel quale, per mezzo della Comunione del Corpo e
del Sangue, il popolo di Dio partecipa ai beni del sacrificio pasquale, rinnova il nuovo
patto fatto una volta per sempre da Dio con gli uomini nel Sangue di Cristo, e nella
fede e nella speranza anticipa e prefigura il convito escatologico nel regno del Padre,
annunziando la morte del Signore «finché egli venga».29

La Comunione fuori della Messa non va compresa in modo isolato, ma va legata alla
celebrazione eucaristica nella quale sono stati portati il pane e il vino, e su di essi si è
invocato lo Spirito perché coloro che se ne nutrono diventino un corpo solo. Così, infatti,
avviene nella celebrazione della Passione del Signore nel Venerdì Santo, quando ci si
comunica al Corpo del Signore con il pane consacrato nella Messa della sera precedente.

27
VD 56.
28
Cf. Lc 4,21.
29
RCCE 15.
Naturalmente la Comunione può essere distribuita se vi è un ministro idoneo, cioè
diacono, accolito o ministro straordinario della Comunione, e il rito deve essere svolto con
grande riverenza e rispetto.
INDICAZIONI CELEBRATIVE

Quando i discepoli di Cristo si radunano in preghiera, lo fanno in comunione con tutta


la Chiesa, consapevoli che ogni celebrazione liturgica è un’azione ecclesiale e mai
un’azione privata o di un gruppo. La Chiesa, infatti, «è “sacramento di unità”, cioè popolo
santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi», e le azioni liturgiche sempre
«riguardano l’intero corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano» 30, pur nella
diversità dei contesti e delle forme.
Pertanto anche le liturgie in assenza della celebrazione eucaristica, sia che si tratti di
parti della Liturgia delle Ore, sia che si tratti di celebrazioni della Parola di Dio, devono
essere eseguite e riconosciute come celebrazioni della Chiesa. Da ciò consegue impegno e
cura per l’arte del celebrare, in linea con le prescrizioni dei libri liturgici vigenti e
nell’attenzione a tutte le forme di linguaggio previste dalla liturgia 31.
Alcuni aspetti dovranno essere particolarmente considerati, affinché la celebrazione
sia veramente partecipata e orienti il cuore e la vita dei fedeli al mistero di Cristo.
1. Ogni celebrazione dovrà essere preparata da un gruppo, evitando
l’approssimazione, l’improvvisazione e l’affidamento di più compiti a una sola persona.
La celebrazione dovrà essere preparata per tempo nella meditazione dei testi del
Lezionario e ordinando tutti gli elementi necessari (testi, canti, azioni).
2. La cura di una ministerialità articolata e competente è quanto mai necessaria, ed è
compito del pastore vigilare affinché ogni ministro, ordinato o non ordinato, compia ciò
che gli compete secondo la natura del rito32.
In particolare, il servizio di alcuni ministri riveste un’importanza singolare.
 Il compito della guida può essere svolto da un diacono o da un ministro non ordinato
(religioso o laico). Il diacono indossa il camice e la stola del colore del giorno e usa la
sede presidenziale. Nei saluti, nelle orazioni, nella lettura del Vangelo, nell’omelia,
nella distribuzione della Comunione, nella benedizione e nel congedo dei fedeli si
comporta secondo le modalità richieste dal suo ministero. Il ministro religioso o laico
non usa la sede presidenziale e non ricorre alle parole e ai saluti riservati al vescovo, al
presbitero e al diacono.
 Ai lettori è affidato l’incarico di proclamare i testi della Parola di Dio. Essi siano
debitamente preparati e, possibilmente, in numero adeguato alle letture.
 Il salmista, là dove è possibile, canti l’intero salmo responsoriale o almeno il ritornello.
Nelle assemblee più piccole, questo ufficio può essere assolto da chi intona i canti o
guida il canto dell’assemblea.
 Il commentatore propone all’assemblea, da un luogo adatto (se possibile, distinto
dall’ambone), monizioni chiare, sobrie e preparate con cura, al fine di introdurre
l’ascolto della Parola di Dio e altre fasi della celebrazione.
 L’accolito o il ministro straordinario della Comunione distribuiscono la Comunione
eucaristica.
30
SC 26.
31
Cf. SaC 39 e 40.
32
SC 28.
 Altri ministri, come, per esempio, coloro che portano i ceri durante il rito di
Comunione, intervengono secondo le necessità.
3. La celebrazione, quanto alla struttura fondamentale e ai testi, deve riferirsi ai libri
liturgici approvati, oltre che al presente sussidio. In particolare si faccia riferimento al
Messale Romano per l’orazione colletta e per l’orazione dopo la Comunione, al Lezionario
domenicale e festivo per gli anni A, B e C, al Lezionari pes domeniis e pes fiestis I/1 e I/2 per le
letture in lingua friulana, ai volumi della Liturgia delle Ore e al Rito della Comunione fuori
della Messa e culto eucaristico.
Il Lezionario, in particolare, non venga sostituito da fogli o da altri sussidi. I libri dai
quali si proclama la Parola di Dio, «essendo nell’azione liturgica segni e simboli di realtà
superiori»33, anche grazie alla loro bellezza e nobiltà, devono suscitare nei fedeli il senso
della presenza di Dio che parla al suo popolo.
4. L’omelia attiene in modo specifico al ministero del vescovo, del presbitero e del
diacono34. Tuttavia, in queste particolari celebrazioni, è possibile che il ministro laico legga
un testo preparato dal parroco o da un presbitero che esercita il proprio ministero nella
Collaborazione. Questo testo deve dunque presentare caratteristiche ben precise:
innanzitutto deve essere aderente ai brani biblici proclamati e al mistero che si celebra; non
deve scivolare verso forme più tipiche dell’intrattenimento o del linguaggio mediatico;
deve essere di proporzioni adeguate a conservare l’armonia e il ritmo delle diverse parti
della celebrazione, anche per non disperdere il Mistero nella verbosità; nelle sue
caratteristiche formali, infine, deve saper trasmettere il calore della Parola che rigenera, che
fa ardere i cuori, che li fa traboccare delle meraviglie di Dio35.
5. Lo spazio liturgico sia sempre ordinato, pulito, ornato e illuminato. In particolare
l’ambone, quale «luogo elevato, stabile, ben curato e opportunamente decoroso» 36, dal
quale risuona la voce di Dio, «venga sobriamente ornato in modo stabile o almeno in
determinate occasioni»37. Anche l’altare, per quanto non vi si celebri l’Eucaristia, sia
considerato come il centro di tutto lo spazio e il cuore della vita cristiana. Durante il rito di
Comunione venga illuminato. Non si dispongano sopra di esso oggetti che nulla hanno a
che fare con la celebrazione, e che ne sminuiscono l’importanza.
6. I fedeli siano dotati di tutto quello che è necessario per partecipare attivamente alla
celebrazione come i sussidi per i canti e i libri con i testi per la Liturgia delle Ore.

33
OLM 35.
34
Cfr. OGMR 66.
35
Cfr. EG 135-144.
36
OLM 32.
37
OLM 33.

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