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PREFAZIONE
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (Mc 10,15). Fu questo il pensiero che mi ha accompagnato sempre nella
stesura del presente lavoro in cui appare, per puri mo-tivi storici, il mio nome.
Ed ora che ho documentato, prima che scomparissero i te-stimoni del Caso di Balasar, quanto mi stato donato, provo soltanto la
gioia che si gode per un dovere compiuto: nulla pi.
Mi sento come colui che si toglie di dosso un vestito che non gli appartiene.
La fatica affrontata me la sono imposta per esprimere un grazie eterno al Datore di ogni bene e per la sua gloria, fiducioso che
giovi alle anime.
Ci tengo subito a precisare che il fatto, non certamente comune, di Alexandrina (con le sue estasi, profezie, scrutazione delle
coscienze, il digiuno totale e anuria) non appartiene certo alla rivelazione, nel senso che possa migliorare o addirittura completare
l'annuncio di Cristo, e perci non crea affatto un dovere diretto di adesione di fede.
Ma voglio anche ricordare, con Rahner, che rivelazioni pri-vate autentiche possono fondare missioni profetiche nella Chie-sa,
dando impulsi per l'agire del popolo di Dio e adattando alle nuove situazioni l'unico Vangelo permanente.
La vita straordinaria di Alexandrina fu, secondo l'afferma-zione di un teologo contemporaneo e coinvolto nel Caso, una
esplosione di soprannaturale che ha richiamato l'attenzione di enormi moltitudini sulla sua persona . Conosciuto, subito dopo la
morte di lei, ha suscitato autentici movimenti religiosi in molte parti del mondo verso quegli obiettivi che furono pro-gramma della
sua vita.
Nessuno, in questi tempi, pu negare la loro attualit ed urgenza se si considera quanto avviene nella Chiesa e nel mondo. Oggi
una sbagliata interpretazione della secolarizzazione.
Che cosa poi questa mistica?
Vita mistica la misteriosa vita della grazia di Cristo nelle anime fedeli che, morendo a se stesse, con Lui vivono nascoste in Dio
(Col 3,3).
Cio la vita intima che sperimentano le anime giuste, animate e possedute dallo Spirito di Ges Cristo, ricevendone sempre pi
e sentendo, talvolta in modo chiaro, i suoi divini influssi - gaudiosi e dolorosi - per cui crescono e progre-discono, in unione e
conformit con Lui che ne il Capo, fino ad essere in Lui trasformate (Gal 4,19; 2 Cor 3,18).
Questa vita pu essere vissuta in maniera inconscia, come il bambino vive la vita razionale o umana.
La vivono cos i principianti ed in generale gli asceti che camminano verso la perfezione per vie ordinarie meditan-do
laboriosamente i misteri divini, esercitando la mortificazione delle passioni e la pratica delle virt e della piet.
Ma pu essere vissuta anche in modo cosciente, con una certa esperienza intima dei misteriosi tocchi e influssi divini, e della reale
presenza vivificatrice dello Spirito Santo.
Cos la vivono molte anime assai progredite, giunte al per-fetto esercizio delle virt; come anche altre anime privilegiate, scelte,
molto presto, liberamente, da Dio per farle giungere pi in fretta, quasi sulle sue braccia, attraverso le vie straordi-narie della
contemplazione infusa.
Coloro che vivono cos, pi o meno coscientemente, della vita divina si chiamano mistiche o contemplative.
Mistiche, per l'intima esperienza che hanno degli occulti misteri di Dio; contemplative perch la loro abituale preghiera suole essere
la contemplazione che Dio stesso infonde a chi vuole, quando e come vuole.
La preghiera degli asceti meditazione discorsiva che, con la grazia ordinaria che Dio non nega a nessuno, possono per-fezionare
fino a convertirla in orazione di semplicit o contem-plazione in parte infusa e in parte acquisita. Essa suole essere accompagnata
da una certa presenza amorosa di Dio, originata da un influsso dello Spirito Consolatore per realizzare la tran-sizione graduale
dallo stato ascetico allo stato mistico. Sta scritto infatti che le cose di Dio nessuno le conosce se non lo stesso Spirito di Dio (1
Cor 2,11) e colui a cui il Figlio vorr rivelarle (Mt 11,27).
Per giungere allo stato mistico necessario essersi conso-lidati nella virt, vincendo se stessi e conformando sempre pi la
propria volont alla volont di Dio. Soltanto cos l'anima incomincia a sentire e notare certi desideri, impulsi o istinti del tutto nuovi e
veramente divini, non provenienti da lei, che la spingono ad un genere di vita sconosciuto e di perfezione molto superiore.
Esercitandosi davvero nella virt, l'anima entra in quella maturazione dell'uomo perfetto per cui incomincer a ve-dere davanti
a s la luce e la discrezione dello Spirito di Cristo, come insegna l'apostolo (Ef 5,14).
Sottomessa la prudenza della carne - che morte - a quella dello Spirito che vita e pace , incomincer a vivere come
spirituale , a muoversi sotto gli influssi del divino Con-solatore.
Vedendosi, allora, mossa dallo Spirito di Cristo, riconosce di essere figlia di Dio perch quello Spirito di adozione che la muove
gliene d testimonianza e la spinge a chiamare Padre il Dio onnipotente (Rom 8,6.16).
Questa spinta avuta, genera in lei il dono della piet: chia-ma Dio con questo amoroso nome senza avvertire che il suo stesso
Spirito di amore a muoverla.
Passa cos dalla semplice unione di conformit in cui ella agiva all'unione trasformante in cui si ha Dio come unico di-rettore e
motore ordinario della propria vita (santa Teresa, Man-sione V, 2; VIII, 3).
qui che l'anima comprende non soltanto di operare con la virt di Cristo, ma che lo stesso Cristo col quale confi-gurata
(essendo morta e risuscitata con Lui e da cui ha ricevuto l'impressione del sigillo vivo) Colui che opera e vive in lei e con lei. Cos
pu ripetere, in tutta verit, vivo io, ma non sono io che vivo, Cristo che vive in me . Infatti il suo vivere Cristo, il cui Spirito la
vivifica in tutto poich regna nel suo cuore come padrone assoluto. (Cf Giovanni della Croce, strofe 3,5; 12,2; 22; 23,1; 36,5).
Vita mistica traguardo del cristiano
Da quanto esposto risalta l'importanza per l'anima di cu-rare la crescita di virt in virt per giungere sino all'unione con Dio e fino
alla trasformazione deificante. Tutti i Padri in-segnano che questo il punto capitale della vita cristiana: giun-gere cio ad
assomigliare a Dio come un figlio a suo Padre: siate perfetti com' perfetto il vostro Padre dei cieli (Mt 5,48).
L'invito diretto ai figli del regno i quali, per ci stesso, sono gi di Dio perch se uno non rinasce per il battesimo nell'acqua e
nello Spirito Santo, non pu entrare nel suo regno .
Per lo stesso Verbo incarnato a quanti lo ricevono d il potere di diventare figli di Dio, rinascendo da Lui per la grazia
santificante (Gv 1,12-13; 3,5).
Questa grazia una perfezione sostanziale, una seconda na-tura che ci fa nuove creature in quanto ci trasforma e divinizza.
Siamo figli di Dio, proprie et formaliter, non tanto per un dono creato quanto per l'inabitazione del divino Spirito che vivifica e
muove le nostre anime.
Questo titolo di figli di Dio non un nome vano, n una semplice iperbole... Indica una reale dignit, soprannaturale, essenziale a
tutti i giusti ed frutto di redenzione e dono di salvezza. Nel riceverla, con la grazia santificante, per adozione, diventiamo in certo
modo per Iddio ci che il suo Figlio per essenza.
Senza identificarci o confonderci con Lui, cio senza sop-primere la nostra natura, Dio ci associa alla sua, ci fa parte-cipi del suo
Spirito, della sua luce con la fede, del suo amore con la carit, delle sue operazioni in virt della sua grazia. Pone nella nostra
anima un nuovo principio di azione, il germe di una vita superiore, soprannaturale, divina, destinata a cre-scere e svilupparsi nel
tempo per mostrarsi pienamente nella eternit, ove parteciperemo della sua gloria e del regno (Ma-nuel Biblique, vol. IV, p. 216,
n. 587). Ecco la razza nuova, la stirpe divina di cui parla san Pietro: un uomo divinizzato, incorporato col Verbo fatto uomo,
animato dallo stesso Spi-rito Santo.
S. Agostino insegna: Se Dio si umiliato sino a farsi uomo, fu per elevare gli uomini e farne degli dei (Serm. 166); li deifica
con la sua grazia; perch giustificandoli li deifica, facendoli figli di Dio e perci di (S. Agostino in Ps. 49,2). Il P. Ramiere scrive:
Sembra giunto il tempo in cui il grande dogma dell'incorporazione dei cristiani con Cristo avr, nell'insegnamento ai fedeli, la
stessa importanza che gli data nella dottrina apostolica. giunto il tempo che non si consi-derer pi come accessorio il punto in
cui san Paolo fondava tutto il suo insegnamento; in cui si comprender che questa unione presentata dal Salvatore con l'immagine
dei sarmenti uniti alla vite, non una metafora, ma una realt; che nel battesimo diventiamo realmente partecipi della vita di Cristo;
che riceviamo, non in figura ma realmente, il divino Spirito, principio di questa vita, e che senza spogliarci della nostra personalit
umana, diventiamo membra di un corpo divino ac-quistando, perci stesso, forze divine (Esperances de l'Eglise, p. 111, cap. 4).
Santa Maria Maddalena de Pazzi spiega che quando l'anima giunta all'unione trasformante il Verbo stesso discende in lei e vi
opera ci che realmente ha fatto nella sua Umanit dall'incarnazione alla morte... e che infine muore, risuscita, sale al cielo con Lui
rimanendo sulla terra .
Quando, nel lontano 1944, dalla bocca di Alexandrina in-travidi queste divine operazioni nella sua anima e fui chiesto di dirigerla
spiritualmente, le imposi di dettare minuziosamente il suo diario affinch nulla si perdesse di questa esperienza mistica.
Sentivo che avrei impoverito il mondo e soffocato un'onda di glorificazione a Dio che irrompeva attraverso quella vittima consacrata
totalmente all'Amore per la salvezza dei peccatori.
Il lavoro per l'impostazione del processo diocesano di bea-tificazione, ormai passato alle Congregazioni romane, ha sti-molato le
mie ricerche. Si potuto archiviare una ricchezza insperata di scritti e di testimonianze che provano le altezze di contemplazione a
cui giunta la serva di Dio e la missione destinatale dal Signore per il suo piano divino di salvezza. Ne riporto l'elenco:
- Lettere al primo direttore, pagine, dattiloscritte ad un solo spazio, 1270
- Autobiografia, pagine 65
- Lettere e diario al secondo direttore, pagine 1957
- Diario autografo, pagine 105
- Pensieri sciolti, pagine 91
- Lettere a diversi, pagine 411.
Un totale di 3899 pagine; ecco la fonte a cui ho attinto per l'organizzazione, la traduzione e il commento di questo lavoro.
Naturalmente non riporto se non una parte del cumulo di materiale. Mi sono preoccupato di tradurre soltanto quello che poteva
servire per mettere in evidenza l'evoluzione mistica di Alexandrina, cio il processo di formazione, sviluppo ed esten-sione della
sua vita prodigiosa sino a formarsi Cristo in lei (Gal 4,19) e trasformarsi nella sua divina immagine (2 Cor 3,18).
La scelta non fu facile. Vi sono necessariamente delle ripe-tizioni, in cui per un lettore attento coglier delle sfumature differenti e
di non poca bellezza e profondit.
Lo scopo propostomi fu di far ascoltare dalla stessa Ale-xandrina la narrazione della sua vita, che, se non ricca di fatti esterni,
colma di azioni interiori descritte in maniera sublime.
Ecco alcuni giudizi sugli scritti a cui ho attinto.
Il teologo Molho de Faria si e espresso cos: Vi tanta bellezza ed esattezza in alcune cose di reale difficolt teologica, che,
sapendo da chi vengono, non possiamo non vedere chia-ramente il potere di Dio. Vi sono modi di esprimersi ed im-magini di tanta
grandiosit e propriet nell'esporre desideri e affetti che dobbiamo ammettere un sentimento altissimo. Credo che un giorno si far
piena giustizia (2-3-1943).
I Padri Passionisti di Barroselas scrivono: Sono davvero ammirabili se si considera la mancanza di studi di chi scrive (17-41947).
Il carri. Manuel Goncalves Cerejeira ha scritto: Ci che ha pubblicato delle lettere di Alexandrina quanto vi di pi sublime.
Nessun artista ha saputo dire cose tanto belle. Gi nelle estasi avevo letto cose veramente ammirabili. Anche i poeti pi illustri
avrebbero goduto di raggiungere quel livello di in-tensit, di emozione, di semplicit e bellezza (28-6-1956).
Mons. Mendes do Carmo, maestro di mistica, dice: " Tante pagine traboccano di tal sapore mistico che qualsiasi insegnante di
questa materia, il quale non avesse anche esperienze per-sonali della vita mistica dei pi grandi santi, sarebbe incapace di
scriverle. La scienza che splende nelle migliaia di pagine di Alexandrina (la quasi analfabeta perch non frequent neppure la
seconda elementare) non pu essere una scienza umana, ma una scienza divina infusa " (17-5-1960).
Un chiarimento doveroso
Quest'opera comprende anche un'Appendice con Documenti i quali convalidano la storicit della meravigliosa avventura spirituale
della Serva di Dio (oggi Beata).
lei che narra, attraverso le pagine scritte o dettate gene-ralmente alla sorella Deolinda. Gli originali non hanno nessuna
correzione: le cose sono scritte con la limpidezza intatta di un'acqua che sgorga dalla fonte.
Ho dovuto integrare la narrazione del diario, l dove mi parve necessario per riempire lacune o documentare qualche argomento di
importanza, con lettere ai suoi direttori o al me-dico, ecc.
Di mio vi sono i titoli. Li ho voluti per rendere pi leggera la lettura, pur riconoscendo che non sempre esprimono tutto il contenuto
dei capitoli, densi di significati e di sfumature.
Qua o col ho aggiunto fra parentesi quadra qualche pa-rola per facilitare la comprensione o per legare certi periodi presi da un
determinato contesto o da altri documenti. Per tutto sommato si riducono a ben poche cose.
Sono anche mie le note storiche, bibliche, teologiche e i rimandi ad altri libri sulla Serva di Dio (oggi Beata).
La traduzione non stata facile. Sovente ho preferito la fedelt del pensiero dell'Autrice alla propriet della lingua ita-liana. Il lettore
mi sia benigno.
Mi sento in dovere di ringraziare chi mi ha stimolato ad accingermi a questo lavoro, chi mi ha aiutato a correggerlo, chi mi venuto
incontro per portarlo a termine, a precisare o completare molte note storiche.
Un grazie sentito a chi, infine, per devozione verso Alexan-drina, ha finanziato la stampa del libro.
Leumann (To) 13-10-1973 D. UMBERTO M. PASQUALE
Quando ai cinque anni iniziai a frequentare la scuola di catechismo rivelai subito un grande difetto: la testardaggine. Il vice-parroco
mi assegn il posto tra le bambine della mia et, ma io mi infilai tra le pi alte, con le quali ero solita accompagnarmi. Nonostante
le insistenze e le promesse del vice-parroco, io non cedetti se non dopo alcuni giorni. In chiesa mi soffermavo a contemplare le
statue. Mi atti-ravano soprattutto quelle della Madonna del Rosario e di San Giuseppe. Il loro abbigliamento sontuoso destava in
me il desiderio di essere elegante come loro per fare bella figura. Era forse un sintomo della mia vanit?
Insieme a questi difetti esprimevo fino da quella et il mio amore verso la Mamma del cielo: cantavo con entusiasmo le sue lodi e
portavo fiori alle zelatrici che solevano ornare il suo altare.
Ero vivacissima, s da meritarmi il soprannome Maria-maschietto . Dominavo le mie compagne, anche quelle pi alte. Mi
arrampicavo sugli alberi. Preferivo camminare sui mu-retti di cinta anzich sulla strada.
Mi piaceva lavorare: pulire la casa, trasportare legna, la-vare. E volevo il lavoro ben fatto; ed anche la mia persona volevo che
fosse linda.
Un giorno ero al pascolo in compagnia di mia sorella Deo-linda e di una cugina. Una mula ci sfugg in una coltivazione. Corsi a
richiamarla, ma con un colpo di testa essa mi butt a terra e con una zampa si mise a rasparmi il petto come per gioco. Ripet il
gesto parecchie volte, ma non mi fece alcun male. Le mie compagne si misero a gridare: accorsero varie persone che rimasero
stupite nel vedermi illesa.
Una volta andai con Deolinda a far visita alla mia madrina. Per fare pi in fretta volemmo attraversare il torrente Este saltando su
grosse pietre collocate a questo scopo. Ma la forza della corrente era tale che le pietre ci sfuggirono di sotto i piedi; cademmo
nell'acqua e ci salvammo per miracolo.
Prima Comunione e Cresima
Nel gennaio 1911 fui mandata con mia sorella a Pvoa de Varzim per frequentare la scuola. Rifuggo dal pensare quan-to mi cost
la separazione dalla famiglia. Piansi assai e per molto tempo. Cercarono di distrarmi colmandomi di carezze ed accontentandomi
in tutto; dopo un certo tempo mi rassegnai. Continuai per ad essere monella: mi aggrappavo ai tram per lunghi tratti,
attraversando la strada quando essi stavano so-praggiungendo; i conduttori dovettero accusarmi alla donna che ci teneva in
pensione. Sovente fuggivo da casa per andare alla spiaggia a raccogliere alghe; mi inoltravo nell'acqua come le pescatrici. Ci
affliggeva la donna che ci ospitava, perch mi assentavo di nascosto.
Fu a Pvoa de Varzim che feci la prima Comunione. Padre Alvaro Matos mi insegn il catechismo, mi confess e mi diede per la
prima volta Ges. Avevo sette anni. Ricevetti la Co-munione in ginocchio, pur essendo molto piccola. Fissai l'Ostia santa in tal
modo che mi rimase impressa nella mente; ebbi l'impressione di unirmi a Ges per sempre. Mi parve che Egli legasse a S il mio
cuore. La gioia che provai inspiegabile. Ne parlavo a tutti. Come ricordo ricevetti una bella corona del Rosario ed una immagine.
La signora che ci ospitava e si curava della nostra educa-zione mi condusse poi ogni giorno a ricevere la Comunione. A Villa do
Conde dal vescovo di Oporto mi fu am-ministrata la Cresima. Ricordo benissimo la cerimonia e la consolazione che provai. Non so
dire ci che sentii in me in quel momento. Mi parve che una grazia soprannaturale mi trasformasse e mi unisse ancor pi al
Signore. Non so spie-garmi meglio.
Alcuni ricordi di Pvoa
A misura che crescevo, aumentava in me il desiderio della preghiera. Volevo imparare tutto. Ancor oggi conservo un li-bretto con le
pratiche devozionali della mia infanzia: le pre-ghiere alla Madonna, l'offerta al Signore delle mie azioni gior-naliere, l'orazione
all'Angelo custode, a San Giuseppe e varie giaculatorie.
Quando uscivo a passeggio con la signora che ci ospitava e con altre bambine, mi allontanavo a raccogliere fiori che an-davo poi a
sfogliare nella cappella dell'Addolorata.
A maggio godevo nel contemplare gli altari della Madonna adorni di fiori ed ero felice quando la mamma me ne portava per questo
scopo.
Il Cappellano della chiesa dell'Addolorata organizzava co-mitati di fanciulle per il culto alla Madonna. Si andava nelle parrocchie
vicine a raccogliere generi alimentari. Ricordo che un giorno ad Agucadoura ci diedero ben poco ed allora avemmo la infelice idea
di assaltare un campo di patate: ne raccogliem-mo quasi due chili.
Ero molto affezionata alla mia signora. Quando ricevevo qualche dono gliene facevo parte per darle gioia: lo facevo di cuore,
anche se ero molto cattiva.
Un giorno mia sorella le chiese di poter andare a casa di un'amica a studiare ed io mi impuntai nel volerla seguire. Siccome la
signora non me lo consent, io piansi stizzita e le diedi un nomignolo. Ella non mi castig, ma mi disse che non avrei potuto andare
a confessarmi senza chiederle perdono. Anche mia sorella mi afferm la stessa cosa. Mi ripugnava tanto il chiederle perdono, ma
il desiderio di confessarmi e di fare la Comunione era tale che vinsi il mio orgoglio. Mi posi in ginocchio davanti a lei che mi
perdon con le lacrime agli occhi. Io provai una grande gioia nel poter andare a confes-sarmi e a ricevere Ges.
Di quel tempo mi ricordo anche del rispetto che nutrivo per i sacerdoti. Quando, seduta sulla porta di casa, o sola o accompagnata,
ne vedevo passare qualcuno, io mi alzavo e chie-devo la benedizione. Talvolta osservavo che le persone ne rimanevano ammirate
e ci mi rallegrava tanto che sovente mi sedevo apposta per avere modo di alzarmi al passaggio dei ministri del Signore e
mostrare cos la mia venerazione per loro.
Ritorno al paese - Prime contemplazioni e amore all'innocenza
Dopo 18 mesi, appena mia sorella ebbe superato il suo esame, ripartimmo da Pvoa. La mamma voleva che io rima-nessi a
studiare, ma da sola non volli restare. Avevo imparato ben poco.
Ritornammo per quattro mesi alla frazione Gresufes dove siamo nate. Poi venimmo ad abitare pi vicino alla chiesa, in una casa di
mia madre, nella frazione detta Calvario.
Verso i nove anni, quando mi alzavo di buon'ora per i lavori di campagna e potevo essere sola, mi indugiavo a con-templare la
natura: lo spuntar dell'aurora, il nascere del sole, il cinguettare degli uccelletti, il gorgogliare delle acque entra-vano in me
trasportandomi in una contemplazione tanto pro-fonda che quasi mi faceva dimenticare di vivere nel mondo. Mi fermavo assorbita
dal pensiero: o potenza di Dio!
Quando mi trovavo sulla riva del mare, oh come mi per-devo di fronte a quella grandezza infinita! Di notte, nel contemplare il cielo
e le stelle, mi smarrivo nella ammirazione delle bellezze del Creato.
Quante volte nel mio giardinetto ammiravo il cielo, ascol-tavo il mormorio delle acque e penetravo sempre pi nell'a-bisso delle
grandezze divine!
Mi spiace di non aver saputo approfittare di quei momenti per darmi fin da quella et alla meditazione. Anche se molto vivace,
avevo una grande paura di perdere la mia innocenza e di attirarmi la disapprovazione di Dio. Mi ricordo di aver detto due parole
che ritenevo peccato: me ne vergognai subito e mi cost assai confessarle.
Non mi piacevano i discorsi maliziosi. Sebbene non ne ca-pissi il significato, minacciavo chi li faceva di non pi avvi-cinarli, qualora
non si fossero corretti. Cos pure mi indignavo se vedevo qualche gesto scorretto.
All'inferno, no!
A nove anni feci la mia prima confessione generale a Fra Emanuele delle Sante Piaghe che predicava a Gondifelos. Vi andai con
Deolinda con una cugina che si chiamava Olivia. Prendemmo posto presso l'altare del sacro Cuore per udire me-glio la predica. Io
deposi i miei zoccoletti presso la balaustra.
Il tema del discorso era l'inferno. Ascoltai con molta at-tenzione parola per parola. Ad un certo punto il padre ci invit a scendere
con lo spirito nell'inferno. Io non compresi l'esatto significato delle sue parole, ed avendo sentito dire che Fra Emanuele era un
santo, credetti che noi tutti saremmo andati davvero all'inferno per vedere ci che avviene in quel luogo. Dissi allora fra me: All'inferno non voglio andare! Quando gli altri vi si dirigeranno, io me la svigner. - Cos pensando, afferrai i miei zoccoletti per
essere pronta a fuggire. Vedendo che nessuno si muoveva, rimasi dove ero, ma sempre con gli zoccoletti in mano.
Ero molto scherzosa
Amavo molto mia sorella, ma quando mi stizzivo con lei le tiravo addosso ci che mi capitava in mano: mi ricordo di averlo fatto
due volte e mi sento in dovere di confessarlo. Mi piaceva assai farle degli scherzi. Qualche volta al mat-tino mi alzavo prima di lei e
le mettevo degli ostacoli alla porta per farla cadere, come per dirle che era pigra. Le feci anche scherzi di cattivo gusto. Un giorno
alzai il coperchio di una cassapanca e lo lasciai cadere con forza emet-tendo alte grida e fingendo di essermi schiacciata una
mano. Deolinda accorse spaventata ed angosciata, finch ad un certo punto le risi in faccia. Nella intimit familiare, chi rallegrava
tutti ero io. La mam-ma soleva dire: - I ricchi hanno il giullare; io non sono ricca ma ce l'ho ugualmente.
8
Deolinda a 12 anni incominci il suo corso di sarta. Il primo capo confezionato fu una camicia per me; ma per il taglio e l'ampiezza
pareva una camicia da ragazzo. Io, nono-stante i miei nove anni, mi burlai di lei. Vestii la camicia sopra i miei abiti e mi incamminai
verso casa. Mia sorella, ridendo a pi non posso, mi supplicava: - Svesti quella ca-micia! Non hai vergogna di dare spettacolo in tal
modo? - Non le diedi retta... e, ridendo anch'io, feci quei 500 metri che mi separavano da casa.
In un bel pomeriggio andai con le mie cugine a passeggio su un monticello poco lontano da casa ove trovammo alcuni giumenti al
pascolo. Pur non sapendo cavalcare, mi arrischiai a saltare in groppa ad uno di essi. Pochi istanti dopo caddi tra i rovi, ma non mi
ferii e ci facemmo una buona risata. Sui 16 anni, gi ammalata, andai alla casa dove mia sorella lavorava da sarta. Avendo trovato
appeso un vestito da uomo, lo indossai e comparvi davanti a mia sorella e alla padrona di casa. Quanto risero non so dire. La
padrona mi sugger di uscire in istrada ove i suoi figli e il marito stavano potando le viti del pergolato. Pur sospettando che mi
avrebbero rico-nosciuta, ubbidii. Passando vicino a loro li salutai togliendomi il cappello. Essi smisero di lavorare e mi osservarono
a lungo domandandosi: - Ma chi quel giovanotto? - Mia sorella e la padrona dalla finestra seguirono la scena ridendo a pi non
posso. Ricordando certe monellerie mi duole di averle commesse: vorrei piuttosto avere amato Ges.
Carit verso i bisognosi
Quando venivo a sapere che qualche persona non aveva di che coprirsi a sufficienza, chiedevo il necessario alla mamma. Rimasi
sovente a far compagnia ai sofferenti.
Assistetti alla morte di qualcuno, pregando come sapevo. Aiutavo a vestire i defunti, anche se mi costava assai; lo fa-cevo per
carit. Non avevo il coraggio di lasciar soli i parenti del morto. Prestavo volentieri questi aiuti, vedendoli tanto po-veri
Mi ricordo di alcuni casi. Andai a visitare un uomo ammalato e lo trovai coperto di poveri stracci. Corsi subito a casa e chiesi alla
mamma due lenzuola. Me le imprest volentieri; le portai e rimasi a fare compagnia alla figlia dell'ammalato, che visse ancora 12
giorni. Una ragazza venne un giorno ad avvisarci che una sua vi-cina stava per morire. Mia sorella prese un libro di devozioni,
l'acqua benedetta e corse presso la moribonda. Due alunne sarte e io la accompagnammo. Deolinda inizi la preghiera per la
buona morte bench fosse tanto turbata da tremare. Termi-nate le orazioni, la donna si spense. Allora Deolinda disse: - Ho fatto
quello che potevo; non mi sento di fare altro. - E se ne and. Anche una nipote se la svign. Io osservai la figlia della defunta e non
ebbi il coraggio di lasciarla sola. Rimasi ad aiutarla a lavare e a vestire la salma che era tutta piagata ed esalava un puzzo
ripugnante. Mi pareva di svenire da un momento all'altro. Una donna che ci osservava dalla camera vicina not il mio malessere ed
usc a prendere delle foglie profumate per farmele odorare. Me ne venni di l quando la defunta fu ben sistemata sul letto. Avevo
11 o 12 anni quando i miei zii, che abitavano nel paese di S. Eulalia, si ammalarono di spagnola. Accorsero ad assisterli mia nonna
e poi mia mamma, ma si buscarono la stessa malattia; allora, sebbene fossi molto giovane, andai con mia sorella a prenderne
cura. Una notte mio zio mor. Rimanemmo col fino alla Messa del settimo giorno. Una volta fu necessario andare a prendere il
riso attraversando la camera ove mio zio era morto. Arrivata sulla soglia, mi prese la paura. Non ebbi il coraggio di entrare e
dovette venire con me mia nonna. Una sera fui incaricata di chiudere le finestre di quella camera. Giunta alla saletta attigua dissi a
me stessa: - Devo perdere la paura! - E cos dicendo camminai adagio di proposito, aprii la porta e passai dove era stata la salma
dello zio. Da allora non ebbi pi pau-ra: mi ero vinta.
Godevo molto nel fare l'elemosina ai poveri. Quante volte piangevo perch impotente ad aiutarli secondo i loro bisogni! Mi sentivo
felice di privarmi persino del mio cibo.
Bench fossi molto giovane, diedi sovente consigli a per-sone di una certa et. Le confortavo come meglio sapevo, ottenendo che
molti evitassero di fare del male. Delle con-fidenze che mi facevano conservai sempre il pi rigoroso segreto. Mi sento piena di
riconoscenza verso il Signore. A Lui solo devo di essermi comportata cos.
Devozione a Ges.
Non tralasciavo un giorno di pregare, in chiesa, a casa e lungo le strade; facevo sempre la comunione spirituale cos: - O mio
Ges, vieni al mio povero cuore! Io Ti desidero: non tardare. Vieni ad arricchirmi delle tue grazie, aumenta in me il tuo santo e
divino amore. Uniscimi a Te! Nascon-dimi nel tuo sacro Costato! Non voglio bene che a Te. Solo Te amo, solo Te voglio, solo per
Te sospiro. Ti ringrazio, eterno Padre, per avermi lasciato Ges nel santissimo Sacra-mento. Ti ringrazio, mio Ges, e, infine, Ti
chiedo la santa benedizione. Sia lodato ogni momento il santissimo e divinis-simo Sacramento! Amavo molto fare meditazione sul santissimo Sacramento e sulla Madonna; quando non potevo farlo di giorno, lo fa-cevo di notte,
nascosta a tutti, accendendo una candela che tenevo riposta per questo scopo.
Le vite dei santi e le meditazioni molto profonde non mi soddisfacevano, perch vedevo che in nulla assomigliavo ai santi; invece
di farmi bene mi facevano male.
9
Nel 1916 mi ammalai gravemente fino a dover ricevere il Sacramento dell'Olio Santo. Mi preparai alla morte molto serenamente.
Un giorno, con la febbre alta, caddi in delirio, ma mi ricordo di aver chiesto alla mamma che mi desse Ges. Ella mi porse il
crocifisso. - Non questo che voglio: voglio Ges Eucaristico! - A dodici anni fui aggregata al gruppo di canto e delle ca-techiste.
Per il canto avevo una vera passione. Lavoravo con molta soddisfazione anche nella scuola di catechismo.
Quando facevo la Comunione e mi trovavo tra le compa-gne a fare il ringraziamento mi sentivo molto piccola e la pi indegna di
ricevere Ges Eucaristico.
Ero molto forte: un duro lavoro
Ero molto forte. Ricordo che un giorno un uomo si van-tava con alcune ragazze di essere molto robusto. Io mi lanciai contro di lui
che se ne stava seduto, lo afferrai e lo stesi a terra. Si mise a gridare di lasciarlo, ma io lo rotolai, abban-donandolo soltanto
quando lo volli: il mio fine era solo quello di ottenere che egli, essendo uomo, mostrasse la forza di cui si vantava. Sui 13 anni diedi
un potente schiaffo ad un uomo che mi aveva rivolto una frase sconcia. Dai 12 ai 14 anni ho goduto di una normale buona salute;
lavoravo in campagna cos bene che guadagnavo tanto quan-to la mamma.
Una volta, raccogliendo, su di un rovere, le foglie da dare alle bestie, caddi al suolo e rimasi qualche istante senza re-spirare e
senza potermi muovere; poi mi rialzai e ripresi il lavoro. Dai 12 ai 13 anni fui posta dalla mamma a servizio di un vicino a queste
condizioni: libert di andare a confessarmi ogni mese; libert, nei pomeriggi della domenica, di starmene a casa e di andare alle
funzioni religiose; proibizione di farmi uscire all'imbrunire. Il contratto era per cinque mesi, ma non li terminai. Il padrone era un
aguzzino: mi dava nomignoli spregiativi, mi obbligava ad un lavoro superiore alle mie forze. Era un uomo senza pazienza, crudele
perfino con gli animali. Mi umiliava davanti a chiunque. Quella vita triste rubava la gioia della mia giovinezza.
Un pomeriggio mi mand al mulino, dove giunsi sul far della sera; quando rincasai era gi scuro, perch ci voleva un'ora di strada.
Egli mi sgrid duramente, mi diede persino della ladra. Suo padre, gi vecchio, prese le mie difese. Sic-come per la notte ritornavo
sempre a casa mia, quella volta, assai offesa perch la mia coscienza non mi rimproverava di nulla, mi lamentai con la mamma.
Ella, informatasi dell'acca-duto e constatato che le condizioni del contratto non erano state rispettate, mi ritir dal servizio,
nonostante le insistenze del padrone. Una volta, a Pvoa de Varzim, quel padrone mi aveva lasciata, dalle 22 alle 4 del mattino, a
custodire quattro cop-pie di buoi mentre egli con un suo amico se ne era andato non so dove. Piena di paura, passai cos quelle
tristissime ore della notte. Mi furono compagne le stelle del cielo che bril-lavano molto.
Un sogno che non dimenticai
Una sera andavo dalla cucina alla camera con un lume che mi si spense. Lo riaccesi pi volte ed altrettante si spense, senza che
vi fosse un soffio di vento. Quando tentai di accen-derlo per l'ultima volta caddi, rovesciando il petrolio che mi sprizz in faccia e in
bocca. Pensai che fosse un diavoletto dispettoso ed esclamai: - Puoi andartene perch con me non hai nulla da fare. - Mi coricai
tranquilla, mi addormentai e feci un sogno che rimase impresso nel mio animo. Salii fino al paradiso attra-verso una scaletta dai
gradini tanto minuscoli che a stento vi poggiavo la punta dei piedi. Arrivai lass con difficolt, im-piegandoci molto tempo perch
non vi era nulla cui aggrapparsi. Durante la salita vidi ai lati della scala alcune anime che mi confortavano senza parlare. Lass vidi
su di un trono il Signore e al suo fianco la Mamma celeste; il cielo era affollato di beati. Dopo quella visione, pur non volendo,
dovetti ritornare sulla terra. Discesi facilmente; tutto scomparve e mi svegliai.
II salto dalla finestra
Un giorno mentre in casa aiutavo mia sorella sarta ed una apprendista intravvedemmo sulla strada tre uomini: il mio antico
padrone, un altro uomo sposato e un terzo celibe. Mia sorella, avendo intuito qualche cosa dai loro gesti e ve-dendoli imboccare il
sentiero di casa nostra, ci ordin di chiu-dere la porta. Qualche istante dopo li udimmo salire la scaletta e bussare. Rispose
Deolinda, dicendo che si apriva solo ai clienti. Il mio padrone, che conosceva la casa, pass per la cantina situata al pian terreno e
sal per la scala interna mentre gli altri aspettavano presso la porta. Non potendo entrare per la botola chiusa e su cui trascinammo
subito la macchina da cu-cire, il padrone armato di una mazza batt furiosamente sugli assi della botola fino a spaccarla e ad
aprirsi un varco. Deo-linda, afferrata da lui per la sottana, riusc a liberarsi ed apr la porta per fuggire. L'altra ragazza le and
dietro, ma uno dei tre la trattenne e se la abbracci sedendosi sul letto. Io, nel vedere il pericolo, mi buttai dalla finestra in giardino,
con un salto di circa quattro metri; tentai di rialzarmi, ma non ci riuscii per un forte dolore al ventre. Nel salto smarrii il mio anello.
Ripreso coraggio, mi armai prendendo un palo della vigna come bastone e attraverso il cancelletto dell'orto andai in cor-tile ove
mia sorella stava discutendo con i due uomini sposati. L'altra ragazza era nella camera con il terzo. Avvicinandomi li chiamai cani
e minacciai che se non liberavano la ra-gazza mi sarei messa a chiamare aiuto: mi ubbidirono. Fu allora che mi accorsi di aver
perduto l'anello e gridai: - Cani, per causa vostra ho perduto l'anello! - Uno di loro, mostrandomi la sua mano con vari anelli, mi
disse: - Scegli qui! - Sdegnata, gli gridai: - Non voglio! -
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chiesa. Non avendo Ges in casa n sacerdote che mi bene-dicesse, pregavo il Signore che lo facesse Lui dal cielo e dai suoi
tabernacoli. Momenti felici! Mi pareva piovessero su di me tutte le benedizioni e l'amore del Signore. Ed allora ab-bracciavo nel mio
cuore tutta la mia famiglia e le persone care. Nei primi anni della mia degenza, dalla casa del parroco mi portavano, all'inizio di
maggio, una statuetta del Cuore di Maria che, con rincrescimento, restituivo alla fine del mese. Fu cos che pensai al modo di
acquistarmene una, ma poich non ne avevo i mezzi, fui aiutata da varie persone. Un'amica mi don alcune pollastrelle che
Deolinda allev fino a che fe-cero le uova e le covarono; venduti i pulcini, comprai la sta-tuetta, la mensola e la campana di vetro.
Non so dire la gioia che provai nell'avere una Madonnina tutta mia: potevo con-templarla giorno e notte.
Se un giorno mi rivedrete per la strada...
Mi giunse notizia dei miracoli che avvenivano a Fatima. Nel 1928 varie persone della parrocchia andarono pellegrine alla Cova da
Iria; in quella occasione venne anche a me il desiderio di partire. Il medico ed il parroco non me lo consentirono, perch il viaggio
era lungo ed io non sopportavo neppure che mi toccassero il letto. Fui consigliata di chiedere ugualmente la guarigione e di andare
poi a Fatima in ringra-ziamento. Il medico diceva che se fosse avvenuto il miracolo, lo avrebbe testimoniato senza timore.
In quello stesso anno anche il parroco and alla Cova da Iria: mi port di l una corona del Rosario, una medaglietta ed il
Manuale del pellegrino ; consigliandomi una novena alla Madonna. Ne feci parecchie, cantando le lodi mariane stam-pate nel
libretto
A chi mi visitava solevo dire: - Se un giorno mi rive-drete per la strada e mi sentirete cantare, ditelo a tutti: Alexandrina che
ringrazia la Madonna. - Era la mia fiducia in Ges e Maria che mi faceva parlare cos. Tra me pensavo che se fossi guarita mi sarei
fatta suora, perch mi spaventava vivere nel mondo; che non sarei pi ritornata a rivedere la mia famiglia; che mi sarei fatta
missio-naria per battezzare tanti moretti e per salvare anime a Ges. Non avendo ottenuto la guarigione, compresi che mi illudevo
e quei miei desideri scomparvero per sempre. Cominciai a sen-tire ognor pi l'ansia di amare la sofferenza e di pensare sol-tanto a
Ges.
Mi offersi a Ges Sacramentato come vittima
Un giorno, mentre ero sola e pensavo a Ges nel taber-nacolo, Gli dissi: - Mio buon Ges, Tu sei imprigionato. Anch'io lo solo.
Siamo ambedue carcerati. Tu per il mio bene
ed io incatenata da Te. Tu sei Re e Signore di tutto. Io sono un verme della terra. Ti ho trascurato pensando alle cose del mondo
che sono perdizione per le anime, ma ora, pentita di cuore, voglio ci che Tu vuoi, voglio soffrire rassegnata. Non lasciarmi senza
la tua protezione. - Da parecchio tempo chiedevo al Signore amore alla soffe-renza e, senza sapere il modo, mi offersi a Lui come
vittima. Il Signore mi concesse questa grazia in misura tanto abbon-dante che oggi non cambierei la sofferenza con quanto esiste
nel mondo. Amante del dolore, ero contenta di offrire a Ges i miei patimenti. Mi preoccupava soltanto consolare Ges e salvargli
anime. Perdute le forze fisiche, abbandonai le distrazioni e, attra-verso la preghiera che mi dava un vero conforto, mi abituai a
vivere in intima unione col Signore. Quando le visite mi distraevano un poco, ne rimanevo spiacente per non aver pen-sato a
Ges. Per amore di Ges e della Mamma celeste mi abituai a fare piccoli sacrifici: rinunciare a guardarmi nello specchio; non
parlare per combattere la mia voglia di parlare e vice-versa; vegliare durante la notte per fare compagnia a Ges; non allontanare
le mosche che mi tormentavano, ecc.
Unita a Ges sacramentato attraverso Mammina
Facevo la Comunione sacramentale poche volte, ma vivevo unita a Ges il pi possibile. Per onorare Ges e la Mamma del cielo
scrissi su pezzi di carta ed immagini questa preghiera: - Ges, Ti amo con tutto il cuore. Abbi piet di questa povera ammalata.
Prendila con Te quando vuoi. Mio amato Ges, non dimenticarti di me, perch sono una grande pec-catrice. Mio caro Ges, vorrei
visitarti nei tuoi tabernacoli, ma non posso; la mia malattia mi lega al mio caro lettuccio. Sia fatta la tua volont. Ma concedimi
almeno che non passi un momento senza che io venga in spirito ai tuoi tabernacoli per dirti: mio Ges, voglio amarti, voglio
incendiarmi nella fiamma del tuo Amore, pregare per i peccatori e per le anime del purgatorio . - (1930).
Sulla copertina di un libretto scrissi nel maggio 1930: - Mia cara Mamma del cielo, vieni ai tabernacoli del tuo e mio Ges,
presentagli Tu le mie preghiere e rendi valide le mie suppliche. O rifugio dei peccatori, di' a Ges che vo-glio essere santa. Digli
inoltre che voglio molte sofferenze, ma che non mi lasci sola neppure un minuto. lo devo soltanto umiliarmi, perch nulla sono,
nulla posseggo, nulla valgo. Digli che Lo amo molto, ma che Lo voglio amare assai di pi. Voglio morire bruciata nell'amore tuo e di
Ges. S, digli mol-te cose di me, fagli tutte le mie richieste! Confido, confido in Te! O Maria, dammi il cielo! La mia preghiera dei mattino
12
Al mattino iniziavo le mie preghiere col segno di croce; quindi mi univo a Ges dicendo: - Cuore di Ges, per Te questo giorno. E vi aggiungevo: - Dammi la Tua benedizione! Voglio essere santa. - Poi chiedevo la benedizione alla Trinit santissima, alla
Madonna, a San Giuseppe e a tutti i Santi del cielo dicendo: - Con la vostra benedizione non avr timore di nulla. Sar santa come
ardentemente desidero. Quindi dicevo a Ges: - Mi unisco spiritualmente ora e per sempre a tutte le sante Messe che, giorno e notte, si celebrano sulla
terra. Ges, immolami ogni momento con Te sull'altare del Sacrificio, offrimi all'Eterno Padre secondo le tue stesse intenzioni. Rivolgendomi poi alla Mamma celeste, Le dicevo: - Ave, Maria, piena di grazia!... O Mammina, voglio essere santa; be-nedicimi e
chiedi a Ges di benedirmi! Mi consacravo a Lei cos: - Mammina, Ti consacro i miei occhi, il mio udito, la mia bocca, il mio cuore, la mia anima, la mia
verginit, la mia purezza. Accetta tutto, Mamma! Tu sei lo scrigno benedetto di ogni nostra ricchezza. Ti consacro il mio presente e
il mio futuro, la mia vita e la mia morte, tutto quanto daranno a me, tutte le preghiere e le offerte che faranno per me. Apri le tue
braccia e prendimi. Stringimi al tuo Cuore san-tissimo, coprimi col tuo manto; ricevimi come figlia amata e consacrami tutta a
Ges. Chiudimi per sempre nel suo Cuore divino e digli che Tu Lo aiuterai a crocifiggermi nel corpo e nell'anima. Fammi umile,
obbediente e casta nell'anima e nel corpo. Trasformami in amore; consumami nelle fiamme dell'amo-re di Ges...
Mammina, vieni con me a tutti i tabernacoli del mondo ove Ges abita sacramentalmente. Offrimi a Lui. Mammina, voglio formare
una roccia di amore davanti ad ogni sua dimora, perch nulla giunga a ferire il suo Cuore e rinnovi le sue Piaghe e la sua
Passione. Mammina, parla a Ges col mio cuore e le mie labbra; rendi pi fervorose le mie preghiere, pi valide le mie richieste.
Una trincea di amore a difesa dei tabernacoli
O mio Ges, io voglio che ogni mio dolore, ogni palpito del mio cuore, ogni mio respiro, ogni minuto secondo che tra-scorrer,
siano atti di amore per i tuoi tabernacoli.
Io voglio che ogni movimento dei miei piedi, mani, labbra, lingua, occhi, che ogni lacrima e sorriso, ogni allegria e tristezza, ogni
tribolazione e distrazione, ogni contrariet o dispiacere, siano atti di amore per i tuoi tabernacoli. Io voglio che ogni sillaba delle
orazioni che reciter o udir recitare, ogni parola che pronuncer o udir pronunciare, che legger o udir leggere, che scriver o
vedr scrivere, che canter o udir cantare, siano atti di amore per i tuoi tabernacoli. Io voglio che ogni bacio che dar alle tue
sante immagini, a quelle della tua e mia Madre, a quelle dei tuoi santi e sante, siano atti di amore per i tuoi tabernacoli. O Ges, io
voglio che ogni goccia di pioggia che viene dal cielo alla terra, che tutta l'acqua del mondo offerta goccia a goccia, che tutta l'arena
del mare e tutto ci che il mare contiene, siano atti di amore per i tuoi tabernacoli. O Ges, io Ti offro le foglie degli alberi, tutti i
frutti che possono avere, i fiori petalo per petalo, tutti i granelli di se-mente che sono nel mondo e tutto ci che vi nei giardini, nei
campi, nelle valli e nei monti, come atti di amore per i tuoi tabernacoli.
O Ges, Ti offro le penne degli uccelli e il loro canto, i peli e le voci di tutti gli animali,
come atti di amore per i tuoi tabernacoli. O Ges, Ti offro il giorno e la notte, il caldo e il freddo, il vento, la neve, la luna e i suoi
raggi, il sole, l'oscurit, le stelle del firmamento, il mio dormire e il mio sognare, come atti di amore per i tuoi tabernacoli.
O Ges, Ti offro tutto quanto vi nel mondo, le grandezze, le ricchezze, i tesori, tutto quanto avviene in me, tutto quanto ho per
abitudine di offrirti, tutto quanto si possa immaginare, come atti di amore per i tuoi tabernacoli. O Ges, accetta il cielo e la terra, il
mare, tutto ci che contengono come se tutto fosse mio e io potessi disporne, come atti di amore per i tuoi tabernacoli . Mentre
facevo queste offerte a Ges mi sentivo rapita, non so spiegare il modo ed allo stesso tempo sentivo un calore forte che pareva
bruciarmi. Mi pareva cosa strana perch era-no giornate di freddo e, meravigliata, osservavo se il mio corpo sudasse. Mi sentivo
abbracciata interiormente. Ci mi stan-cava assai
Un programma di vita
Mi pare che sia stato in una di queste occasioni che io sentii la seguente ispirazione del Signore: Soffrire, amare, riparare
Ricordo che molte volte domandavo al Signore: - O mio Ges, cosa vuoi che io faccia? - E ogni volta non sentivo se non queste
parole: soffrire, amare, riparare.
1933
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doveva essere messa all'asta. Ho pianto di confusione e di gioia. Non so dire la sod-disfazione dei miei quando ebbero in mano
quella somma, dopo tante e cos gravi afflizioni. Sia benedetto Ges! Soltanto con Lui si poteva vincere.
1934
Come esprimevo il mio amore a Ges e a Mammina
- O mia Mammina del cielo, ecco qui ai tuoi santissimi piedi un'anima che desidera tanto amarti. O mia amabile Si-gnora, io voglio
vivere di un amore tale che sia capace di tutto soffrire solo per te e per il mio caro Ges: s, per il mio Ges che il tutto della mia
anima. Egli la luce che mi illumina, il pane che mi alimenta; il mio cammino, l'unico che vo-glio seguire... - - O Ges, quale
compagnia migliore posso io avere in questo letto di dolore se non la Tua presenza sempre continua in me, che voglio vivere solo
per Te? O Ges, Tu sai bene quali sono i miei desideri: stare sempre nei tuoi tabernacoli, non allontanarmi da essi neppure un
momento. Dammi la forza, o buon Ges, perch io sappia fare cos. - - O mio Ges, io sono qui ammalata e non posso venire a
visitarti nelle tue chiese, ma sto compiendo la missione che Tu mi hai destinato: sia fatta la tua santissima volont in tutte le
cose!... Poich io non posso venire, Ti mando il mio cuore, la mia intelligenza per apprendere tutte le tue lezioni, il pen-siero
perch io pensi solo a Te, il mio amore, perch io ami solo Te, cerchi solo Te, sospiri solo per Te; solo Te, mio Ges, in tutto e per
tutto... Ti invio tutto quanto ho che ti possa piacere e farti com-pagnia nel tuo tabernacolo di amore... Vorrei stare in tua presenza
giorno e notte, ad ogni ora, unita a Te e non lasciarti mai, o Ges, solo nei tabernacoli! Neppure per un momento vorrei
assentarmi; vorrei darti tutto ci che possiedo e che Ti appartiene interamente: il mio cuore, il mio corpo con tutto ci che sente.
tutta la mia ricchezza. Era la Voce del Signore
Fu nel settembre 1934 che io mi persuasi pienamente essere stata la Voce del Signore [a pronunciare quelle parole: soffri-re,
amare, riparare ] e non un mio slancio spirituale a sug-gerirmele. Fu allora che Egli mi chiese, parlando cos: - Dammi le tue
mani: le voglio crocifiggere; dammi i tuoi piedi: li voglio inchiodare con Me; dammi il tuo capo: lo voglio coronare di spine come
fe-cero a Me; dammi il tuo cuore: lo voglio trapassare con la lancia co-me trapassarono il mio; consacrami tutto il tuo corpo, offriti
tutta a Me. - Mi chiese questo due volte [il 6 e 1'8 settembre]. Non so esprimere il mio tormento, perch non potevo scri-vere e non
volevo dir nulla a mia sorella, ma non volevo neppure tacere, perch capivo di non fare, tacendo, la volont di Dio: dovevo dire
tutto al direttore spirituale. Mi decisi a fare il sacrificio e chiesi a Deolinda di scrivere quanto le avrei dettato. Lo abbiamo fatto
senza scambiarci uno sguardo. Scritta la lettera, mor tutto in noi e non se ne parl mai pi. Se fino allora ogni lettera del direttore
mi aveva portato gioia, da quel momento non provai pi consolazione: vivevo nel terrore che mi trattasse male e mi dicesse che
quanto av-veniva in me era falsit. Avevo ceduto all'invito del Signore, ma pensavo che i sa-crifici che mi avrebbe chiesto
sarebbero stati soltanto le soffe-renze portate dalla malattia, anche se maggiori; non mi era passato per la mente che mi avrebbe
chiesto di soffrire per fe-nomeni singolari. Il direttore mi obblig a scrivere tutto e per due anni e mezzo non mi disse mai che erano
cose di Dio. Questo suo silenzio mi fece soffrire assai.
Visite di Ges
In quell'epoca Ges mi appariva e mi parlava sovente. La consolazione spirituale era grande e le sofferenze non mi co-stavano. In
tutto sentivo amore per il mio Ges e sentivo che Egli mi amava, poich ricevevo abbondanti tenerezze. Cercavo il silenzio. Oh,
come mi sentivo bene nel raccoglimento e molto unita a Lui! Ges si confidava con me. Mi diceva cose tristi, ma il conforto e
l'amore che mi dava addolcivano i suoi la-menti. Passavo notti e notti senza dormire, a conversare con Lui in contemplazione di ci
che mi mostrava. Talvolta vidi Ges come giardiniere che coltivava dei fiori innaffiandoli ecc.; passeggiava in mezzo ad essi
mostrandomene le variet. Altre volte mi apparve per presentarmi il suo Cuore con raggi abbaglianti. Una volta vidi anche
Mammina con il Bambino Ges in braccio e altre volte come Immacolata: quan-to era bella! Quanto volevo amare solamente Lei e
Ges! Stavo bene soltanto con Loro.
[Ecco alcuni frammenti di comunicazioni avute da Ges in quel tempo di grazia, ricavate da lettere inviate a p. Pinho]. ... Ges mi
invit ai tabernacoli abbandonati perch con-dividessi la sua tristezza e riparassi a tanto abbandono. Mi disse che Lo lasciano solo
e che vivono come se Lui non fosse pre-sente. Perfino i sacerdoti cui ha dato il potere di trasformare il pane nel suo Corpo divino perfino loro - Lo dimenticano e Lo offendono... (lettera a p. Pinho, 14-9-1934). ... - Avvisa il tuo direttore che esigo si predichi e
pro-paghi la devozione ai tabernacoli, ed ancor pi: che si accenda nelle anime. Non sono rimasto sugli altari per amore soltanto di
quelli che mi amano, ma per tutti; anche lavorando mi pos-sono consolare. Non negarmi sofferenze e sacrifici per i peccatori. La
giu-stizia di Dio pesa su di loro. Tu puoi soccorrerli. Prega per i sacerdoti: sono operai della mia vigna; la mes-se dipende da loro...
Io scelgo i deboli per renderli forti. Sotto le loro debolezze lo nascondo il mio potere, il mio amore e la mia gloria. Dimen-tica il
mondo e dnati a Me. Abbandnati sulle mie braccia: Io sceglier i tuoi sentieri. - ... (lettera a p. Pinho, 27-9-1934). ... - Ti ho
scelta per Me. Corrispondi al mio amore. Voglio essere il tuo Sposo, il tuo Amato, il tuo tutto. Ti ha scelta pure per la felicit di
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molte anime. Sei il mio tempio, tempio della Santissima Trinit. Tutte le anime in grazia lo sono, ma tu in modo speciale. Sei un
sacrario scelto da Me per abi-tarvi e riposare. Voglio saziare la tua sete per il mio Sacra-mento di amore. Sei un canale ove
passeranno le grazie che Io voglio di-stribuire alle anime e attraverso il quale le anime verranno a Me. Mi servo di te perch molte
anime vengano a Me: per mezzo tuo, molte anime saranno stimolate ad amarmi nella santissima Eucarestia... - (lettera a p.
Pinho, 4-10-1934). ... - Ascolta, figlia mia, il tuo Ges. Sono con te per arricchirti dei miei tesori divini. Quanto ti amo! Ti ho scelta
per mia dimora. Sto preparandoti come desidero. Vivi solo per Me. Amami molto. Pensa soltanto a Me. E poich ti offri tanto
generosamente come vittima per i peccatori del mondo, porr in te quasi un canale per distribuire grazie alle anime colpevoli di
ogni qualit di crimini. Cos ne porterai a Me un gran nu-mero... - Contemporaneamente non so cosa sentii in me, non lo so
spiegare: sentivo un peso tanto tanto grande. Mi pareva so-prattutto che il mio cuore diventasse cos grande da sembrarmi il
mondo... (lettera a p. Pinho, 11-10-1934).
... Erano quasi due giorni che Ges non mi parlava. Piansi per il dubbio di essere nell'inganno. Quando mi rasserenai un poco,
feci la Comunione spirituale. Il mio buon Ges mi parl cos: - Quanto ti amo! Quando ti senti fredda, sono Io a infondere sempre
pi in te il mio amore. Quando non ti parlo, per infonderti maggiormente la fiducia in Me. Non ti avevo detto che non ti avrei
abbandonata e non mi sarei allontanato da te? Ti amo tanto! Vieni alla mia scuola; impara dal tuo Ges ad amare il silenzio,
l'umilt, l'obbedienza e l'abbandono. Vieni ai miei tabernacoli... Prstrati davanti a Me per chiedermi perdono del tuo
scoraggiamento e della tua sfiducia. (lettera a p. Pinho; 15-10-1934). ... Ges mi disse che, come Lui fedele nell'abitare in me
per consolarmi, cos io devo essergli fedele nell'abitare in spirito nei suoi tabernacoli per consolarlo ed amarlo; che gli dessi il mio
corpo per essere vittima; che migliaia di vittime sarebbero poche per riparare tanti peccati e crimini del mondo... (lettera a p.
Pinho, 1-11-1934).
1935
Assetata di maggior sofferenza - Giuramento di amore
Volevo fare tutto per amore verso di Loro [Ges e Maria) e, per provare che Li amavo, alcune volte facevo delle palline di cera che
legavo a una punta di un fazzolettino e con esse battevo sul mio corpo scegliendo i posti che mi facevano sof-frire di pi, come le
ginocchia, le ossa, lasciando il mio corpo bluastro per i colpi. Altre volte legavo la treccia dei capelli alle sbarre della testata del
letto e tiravo in avanti il capo con tutta la forza per potere cos soffrire di pi. In un pomeriggio di domenica provai tante ansie di
amore per Ges da non poterle contenere. Sospiravo di trovarmi sola. Finalmente tutti i miei decisero, anche se titubanti, di andare
in chiesa. Appena usciti, potei mostrare a Ges quanto l'amavo. Presa la spilla con cui tenevo appese le mie medaglie, la
con-ficcai nel mio petto; non vedendo sangue, la affondai di pi nelle carni, ne contorsi le fibre finch ne sprizz il sangue. Vi intinsi
la penna e scrissi sul retro di una immagine:
- Col mio sangue Ti giuro di amarti molto, mio Ges.. Sia tale il mio amore che io muoia abbracciata alla croce! Ti amo e muoio per
Te, mio caro Ges. Voglio abitare nei tuoi tabernacoli. - (Balasar, 14-10-1934).
Subito dopo sentii tanta ripugnanza ed afflizione da voler strappare quella immagine. Non so cosa me lo imped. Questa prova di
amore non mi diede nessuna consolazione.
Quando rientr mia sorella ero immersa in una grande in-quietudine. Non le dissi ci che avevo fatto, ma le mostrai l'immagine.
Ella esclam: - Birichina che sei! Che ne dir p. Pinho? - Mi difesi dicendo: - Non gli dir nulla! - Invece gli narrai tutto ed egli: - Chi
ti ha dato questo per-messo? - Risposi di ignorare che fosse necessario il permesso. Egli mi proib allora di fare cose del genere.
... - Non tardate a far conoscere quanto Io ho detto circa l'Eucarestia: non vi altra medicina. da Essa che na-scono i parafulmini
per allontanare la giustizia divina... - (lettera a p. Pinho, 4-7-1935).
Fioretti di maggio
Nel mese di maggio 1935, desiderosa di consolare Mammina e di soffrire per Lei, pensai di scrivere su pezzettini di carta dei
pensieri, uno per ogni giorno del mese. Ogni mattina ne sorteggiavo uno e mi sforzavo di vivere la giornata secondo quanto stava
scritto. Questo, solo allo scopo di consolare Ges per mezzo di Maria. Nel maggio 1936, gi senza forze, non potendo scrivere e
desiderando dare la stessa prova d'amore dell'anno precedente a Ges e a Mammina, chiesi a mia sorella di scrivere i seguenti
fioretti su bigliettini da sorteggiare giornalmente, soffrendo ed amando secondo le intenzioni scritte. Il 31 maggio 1936 scrissi cos:
Mammina, io vengo umil-mente ai tuoi piedi per deporre i fiori spirituali raccolti durante il mese. Sono confusa: che povert! In
quale stato te li con-segno! Sono tanto appassiti e tanto sfogliati! Ma Tu, o carissima Mamma celeste, puoi trasformarli, rinverdirli,
ravvivarli per portare con essi consolazione e profumi a Ges, in mia vece. Parlagli delle mie pene e delle mie afflizioni.
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... Cara Mammina, in questo ultimo giorno del tuo mese benedetto, come congedo, poich non ho nulla da darti, ti do tutto il mio
corpo e ti prego di custodirlo e di tenermi nelle tue santissime braccia come tua figlia carissima .
Ges chiede la consacrazione del mondo a Maria
... Il giorno 30 u.s. [luglio 1935], dopo la santa Comu-nione, udii Ges dirmi:
- Per l'amore che tu hai verso la mia Madre santissima, comunica al tuo padre spirituale la seguente mia richiesta: ogni anno si
faccia un atto di consacrazione del mondo a Lei, in un giorno prefissato e si chieda alla Vergine senza macchia di confondere gli
impuri affinch cambino vita e non mi of-fendano. Come ho chiesto a Margherita Maria la consacrazione del mondo al mio Cuore
divino, cos chiedo a te che lo si consacri a Lei con una festa solenne
Lampada dei tabernacoli. Vittima per la consacrazione del mondo
O mio caro Ges, io mi unisco spiritualmente in questo momento e da questo momento per sempre a tutte le sante Ostie della
terra, in ogni luogo ove abiti sacramentato; voglio pas-sarvi tutti i momenti della mia vita, costantemente, di giorno e di notte;
allegra o triste, sola o in compagnia, sempre a con-solarti, ad adorarti, ad amarti, a lodarti, a glorificarti! O mio Ges, io vorrei che
tanti atti del mio amore cadessero su di Te costantemente di giorno e di notte come la pioggia fine fine cade dal cielo sulla terra in
una giornata d'inverno. Non vorrei atti d'amore solo miei, ma di tutti i cuori, di tutte le creature del mondo intero! Oh! Come Ti vorrei
amare e vedere amato, da tutti! Tu vedi, o Ges, i miei desideri: accettali gi come se io Ti amassi. O Ges, non rimanga nel
mondo neppure un solo luogo ove Tu abiti sacramentato, senza che oggi e, da oggi per sempre, in ciascun momento della mia vita
io stia l sem-pre a dire: - Ges, amo Te! Ges, io sono tutta tua! Sono la tua vittima, la vittima della Eucarestia, la piccola
lampada delle tue prigioni d'amore, la sentinella dei tuoi tabernacoli! O Ges, io voglio essere vittima per i sacerdoti, i peccatori, la
mia famiglia, vittima per tuo amore, per la tua santissima Passione, i dolori di Mammina, il tuo Cuore, la tua santa Vo-lont, vittima
per il mondo intero! Vittima per la pace, vittima per la consacrazione del mondo a Mammina! - .
Morte mistica Nel 1935 il Signore mi avvis che sarei morta all'inizio del giorno della festa della SS. Trinit del 1936 [7 giugno].
Poich non conoscevo altra morte, pensavo di lasciare questo mondo e di partire per l'eternit. In questo periodo ebbi molte
consolazioni spirituali. Quan-to pi si avvicinava il giorno della SS. Trinit, tanto pi cre-sceva la mia gioia: sarei andata a
trascorrere in cielo la festa dei miei tanto cari Amori, come io chiamavo il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. I dolori del mio corpo
andavano aumentando e tutto dava segno della mia dipartita. Due giorni prima il Signore mi af-ferm che sarei morta fra le 3 e le
3,50 del mattino e mi disse di mandare a chiamare il mio direttore. Cos feci. Egli arriv verso sera e rimase presso il mio letto
durante la notte. Mi prepar a morire, fece con me un atto di completa rassegnazione e conformit alla volont di Dio. Chiesi
perdono a tutta la famiglia e dalla gioia cantai cos:
Feliz, oh! Feliz Se eu tal conseguia Morrer a cantar O nome de Maria!
Feliz quem mil vezes Na longa agonia Com amor repete O nome de Maria.
Poi fui presa da una afflizione crescente. All'ora fissata non so cosa provai; cessai di udire quanto accadeva attorno a me. Il mio
padre spirituale ed i familiari recitarono le preghiere dell'agonia, accesero una candela benedetta e me la tennero in mano, ma io
gi non avevo coscienza di nulla. Stetti cos un po' di tempo. Mi giudicavano morta e piangevano per me. Improvvisamente
cominciai ad udire i loro pianti, ripresi a respirare e, a poco a poco, mi rianimai, ma rimasi ancora in tale stato di depressione che
pensavo: - Voi continuate a pian-gere e io continuo a morire. - Attendevo sempre di comparire alla presenza di Dio. Non avevo
pena di lasciare il mondo e i miei cari.
Ad un certo punto, vedendo che mi riprendevo e che non si avveravano le parole di Ges, fui invasa da una tristezza
inimmaginabile, oppressa da un peso schiacciante. Il mio direttore dovette partire senza potermi rivolgere una parola di conforto.
Passai la festa della SS. Trinit come una moribonda; dentro di me tutto era morte. Le lacrime mi scor-revano abbondanti. Mi
assalivano dubbi insopportabili: mi ero ingannata circa la morte, quindi anche su tutto quanto Ges mi aveva detto fino a quel
giorno. Nei successivi due giorni mi pareva che tutto il mondo fosse morto. Non c'era sole, n luna, n giorno, per me. Il mio
vi-vere era quasi insopportabile.
Si avvicinavano a me Deolinda e Sozinha e mi dicevano: - Perch non parli? Perch non ci sorridi? - E io rispondevo: Lasciatemi sola! Non sono pi la stessa. Non mi vedrete pi sorridere. Non vi sar pi sole capace di illuminarmi. - E piangevo.
Sprofondata nel pi grande dolore, nella pi triste amarezza parlavo in modo tale che loro non sapevano cosa dirmi. Stavano
combinando di andare dal mio direttore, quando all'improvviso arriv il padre Oliveira Dias, mandato da lui a confortare la mia
anima. Il buon padre mi spieg il mio caso, raccontandomi fatti uguali avvenuti nella vita di alcuni santi. Venni cos a sapere che si
trattava della morte mistica, di cui non avevo mai udito parlare. Ebbi l'impressione che fosse un angelo venuto dal cielo a calmare
la tempesta della mia anima. Continuai tuttavia a vivere tribolata. Mi sembrava che anche Ges fosse morto, poich per alcuni
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mesi non udii pi la sua Voce. Quando aumentava l'a-gonia dell'anima riandavo ai fatti raccontati dal p. Oliveira Dias e prendevo
un po' di coraggio da ci che mi diceva il mio padre spirituale.
1936
Ancora sulla consacrazione del mondo a Maria. Primo intervento della Santa Sede
... Un giorno Ges mi disse: - Ascolta questi miei divini desideri: di', figlia mia, al tuo direttore spirituale di far sapere ovunque che
questo flagello un castigo, l'ira di Dio. Ca-stigo per richiamare: voglio salvare tutti. Sono morto per tutti. Non voglio essere
offeso e lo sono tanto, nella Spagna e in tutto il mondo! E grande il pericolo che si spargano ovunque questi atti di barbarie. E ora
ti dir come dovr essere fatta la consacrazione del mondo alla Madre degli uomini e Madre mia santissima: prima, dal Santo
Padre a Roma, poi, dai sacerdoti in tutte le chiese; sar invocata come Regina del cielo e della terra, Signora della vittoria. Se il
mondo corrotto si convertir e cambier strada, Ella regner e per mezzo suo si otterr la vittoria. Non temere, figlia: i miei desideri
si realizzeranno. - ... (lettera a p. Pinho, 10-9-1936).
Il 31 maggio 1937 ebbi la visita di p. Duro: era stato inviato dalla S. Sede per esaminare la questione della consa-crazione del
mondo alla Madonna. Io desideravo tanto vivere nascosta, senza che alcuno sapesse quanto avveniva in me! Tale padre
consegn un biglietto del mio direttore a Deolinda, pre-gandola di leggermelo. Diceva cos: - Presento il padre Duro; gli parli
liberamente e risponda alle sue domande. - Rimasi afflitta e chiesi a mia sorella cosa potevo dirgli, perch non sapevo che fossero
necessari interrogatori in casi del genere. Deolinda mi incoraggi suggerendomi: - Dirai ci che il Si-gnore ti ispirer. - Mi sorprese
come, senza esitazione, risposi alle sue domande quando mi domand circa le comunicazioni di Ges. Mi rac-comand di esporgli
soltanto le cose principali per non stan-carmi. Gli affermai che non sapevo quali fossero le cose prin-cipali. Ed egli: - Questo mi
piace. - E mi parl della con-sacrazione del mondo alla Madonna. Dopo varie domande ag-giunse in bel modo: - Non si sbaglier?
- A queste parole mi ricordai del mio inganno circa la mia morte e pensai: - Questo in mio sfavore, glielo racconto. - Risposi: Una volta mi ingannai. - E raccontai ci che era avvenuto nel giorno della SS. Trinit del 1936. Il padre non mi disse se mi ero
sbagliata e comment: - Queste cose costano molto, nev-vero? - Risposi: - Costano e mi lasciano triste. - E co-minciai a piangere.
Infine si raccomand alle mie preghiere e promise di ricor-darmi nella santa Messa. Si inginocchi e recit tre Ave ed alcune
giaculatorie. Poi si conged. Piansi molto e rimasi triste e tormentata, perch si era ve-nuto a sapere ci che per tanto tempo si era
svolto nell'intimit della mia famiglia.
Scrissi subito al mio direttore spirituale raccontandogli tutto.
Egli mi rispose immediatamente rasserenandomi e dicendomi che tutto era per la gloria del Signore. Ges mi ha detto ancora: Figlia mia, ti ho scelta per cose sublimi. Mi sono servito di te per comunicare al Papa il mio desiderio che si consacri il mondo alla
Madre mia san-tissima. Voglio che sia onorata come Me perch mia madre. Voglio che il mondo conosca il Suo potere presso il
trono di Dio...
Ti ho scelta per essere la mia crocifissa... un dono mio... La sofferenza del tuo corpo, della tua anima dolorosa, schiacciante.
Ma in cielo, ove ti attendo, ne avrai la ricom-pensa. (lettera a p. Pinho, 1-11-1937).
... - Verr a prenderti, ma non prima della consacra-zione del mondo alla mia Madre santissima che per mezzo tuo sar
onorata... Il Papa ritarda ma verr il giorno della con-sacrazione. Ci che mio vince sempre, per quanto grandi siano le difficolt.
- ... (lettera a p. Pinho, 22-11-1937).
... - Il mondo sospeso per un filo leggerissimo. O il Papa si decide a consacrarlo o il mondo sar castigato (lettera a p. Pinho,
20-1-1939).
... - Il Cuore della mia Madre benedetta ferito dalle bestemmie contro di Lei. Quanto ferisce il suo Cuore ferisce il mio; ci che
ferisce il mio ferisce il suo, talmente sono uniti i nostri Cuori. per questo che la consacrazione del mondo Le dar molto onore e
gloria: saranno umiliate e vinte quelle lingue maledette e impure che l'hanno bestemmiata. - (let-tera a p. Pinho, 2-12-1939).
... - Di' al tuo direttore di avvisare il Papa che se vuole salvare il mondo affretti l'ora della sua consacrazione alla Madre mia. La
ponga a capo della battaglia e La proclami regina della vittoria e messaggera di pace Il mondo avr molte sofferenze, perch la
malizia umana ha raggiunto il culmine con i suoi crimini... Povero mondo, se non avr come guida la regina del cielo! Povero
mondo se Ella non interceder presso Dio! (lettera a p. Pinho, 2-5-1940).
... - Di' al Papa che Ges insiste, chiede e ordina di consacrare il mondo alla Madre sua. Che lo consacri in fretta se vuole che la
guerra finisca, in fretta se vuole che il mondo abbia pace. - ... (lettera a p. Pinho, 5-4-1941).
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Una visione
Verso la fine del 1936, una notte, mi si present a piccola distanza un prato molto verde e fiorito. I fiori erano gigli. Quanti erano! E
tanto perfetti! Fra questi pascolava un gregge di molte pecorelle. Il pastore era Ges, in grandezza naturale, molto bello, col
bastone in mano. Mi avvicinai al prato; quando stavo per entrarvi, tutto si trasform in una strada arida. Camminai per un pendio
molto faticoso da salire; in cima al monte dovetti percorrere un sen-tiero che faceva paura: tutto rovi e spine. Alla mia sinistra udivo
il belato di pecorelle. Avrei voluto avvicinarmi per vedere la causa dei loro gemiti, ma un dirupo profondo e oscuro mi impediva
perfino di vederle. Sentivo che soffrivano molto. Con-tinuai a camminare lungo quel sentiero e pi in alto, a destra, udii ancora dei
gemiti; da questa altezza vidi il motivo di tanta sofferenza: vi era una pecorella dalla lana bianca, ma molto sporca, caduta e
impigliata tra lunghe e acute spine. Capii subito che i suoi gemiti non erano di nostalgia per la madre, perch era gi grandicella.
Nel vederla in quello stato sentii tanta pena che mi avvicinai e, con tutto l'amore, pazientemente la liberai dalle spine. Appena
libera, la visione scomparve.
Non la dimenticai pi, perch mi rimase stampata nella memoria e nell'anima.
Una forte crisi di nausea
Verso la fine di aprile del 1937 ebbi una grande crisi [fisica] che mi port sull'orlo della tomba: vomiti da non finire; non trattenevo
nulla nello stomaco. I primi giorni rimasi in una profonda prostrazione. Non riconoscevo le persone. Non avevo n fame n sete. Il
parroco mi lesse tre volte le preghiere degli agonizzanti, ma ricordo ben poco. Udivo che si piangeva, ma non pensavo alla morte.
Da un anno ricevevo giornalmente la Comunione, mentre prima, con mio grande dispiacere, la ricevevo poche volte al mese. Non
so perch, ma forse fu il Signore che ispir il parroco a portarmi Ges tutti i giorni. Io chiedevo questa grazia che fu la mia pi
grande gioia. In questo periodo di vomiti, un giorno vidi entrare il par-roco in camera mia. Riconosciutolo, gli dissi: - Vorrei rice-vere
Ges. - Mi rispose: - S, mia cara, vado a prendere una particola da consacrare: se non la rigetterai, ti porter Ges. - Cos fece.
Ma appena inghiottita, la vomitai. Il par-roco era del parere di non darmi la Comunione, ma qualcuno gli disse: - Signor parroco,
un'ostia da consacrare non Ges! - Allora si decise a darmi la Comunione e la ritenni. Non tralasciai mai pi di riceverla. Quante
volte entr il parroco ed io ero in crisi di vomito! Ma, appena ricevuto Ges, cessava la nausea e non ritornava se non dopo una
mezz'ora dalla Comunione. Fu il motivo che indusse il parroco a non temere di darmi Ges.
La crisi dur parecchio tempo e per 17 giorni non potei inghiottire nulla: la mia medicina fu Ges. Io dicevo: - Muoio di fame e di
sete - perch dopo i primi giorni sentivo una sete bruciante e un grande bisogno di alimentarmi. Quando migliorai, la mia maggior
pena mi veniva dal pensare che, se fossi morta durante quella crisi, non avrei avuto perfetta co-scienza della morte. Infelice chi
paralitico!
Durante le funzioni del mese di maggio in parrocchia ri-manevo sola in casa. Per fare le mie orazioni accendevo alcune candeline
con una canna. Un giorno cadde un moccolo che produsse tosto una fiamma la quale poteva appiccarsi alle to-vagliette della
mensola o fare spaccare la campana di vetro. Volevo spegnerla con la canna stessa, ma non ci riuscivo; quando stavo per far
cadere a terra il candeliere, tutto si spense.
Che afflizione nel non potermi muovere ed impedire che quella piccola fiamma causasse la distruzione della nostra casa! Un altro
giorno in cui dovetti restare sola per un po' di tempo presi un grande spavento. Entr una vicina per chiedermi se abbisognavo di
qualcosa. Quando se ne and lasci aperta la porta della veranda e poco dopo la nostra capretta ne approfitt per entrare. Si
incammin verso la sala dove avevamo i vasi dei fiori e dei sempreverdi con cui adornavamo gli altari della chiesa in occasione di
feste. La chiamai: mi guard ma non venne. Le buttai un pezzo di mela ma non la mangi, gliene mostrai un altro boccone e
continuai a chiamarla finch mi si avvicin; la afferrai, le diedi la mela e me la tenni stretta quasi due ore, un po' con ca-rezze e un
po' con qualche schiaffetto. Quando giunse mia sorella si meravigli che io avessi potuto fare quello sforzo. Ringraziai Ges per
aver potuto evitare, bench paralizzata, il dispiacere di vedere i nostri fiori distrutti. Poco tempo dopo ebbi una prova pi dolorosa.
Mia sorella era fuori paese e mia mamma al mercato. Io rimasi con la ragazza incaricata da mia madre di prestarmi i servizi fino al
suo ritorno. Nonostante i suoi vent'anni prefer andarsene anzitempo. Mentre usciva le dissi: - Se vuoi pro-prio andartene, fallo
pure. Al loro ritorno mi troveranno qui, viva o morta. - Appena uscita la ragazza, si avvicinarono alcuni gattini che, dopo vari
tentativi, riuscirono a saltare sul mio letto. Siccome non li volevo, li obbligai a scendere. Alcuni minuti dopo udii che uno cadde in
una bacinella d'acqua e mor affogato dopo aver miagolato molto, lottando con la morte; anche la madre miagolava. Non riuscii a
dominarmi e incominciai a piangere dicendo: - O Mamma celeste, fa' che arrivi qualcuno a salvarlo. - E invocai vari santi.
Tra me pensavo: - Infelice chi paralitico! - Entrarono per caso due persone che nel vedermi singhioz-zare si impressionarono.
Non piangevo per impazienza ma per la pena delle bestioline. Il comportamento della ragazza dispiacque alla mamma e alla
sorella; ma la perdonarono come la perdonai io. Siccome amavo la solitudine, specie di domenica, quando in chiesa si faceva
l'adorazione al Santissimo, pregavo i miei di andarvi per lasciarmi sola con Ges. Una volta, appena usciti, messami a pregare,
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udii qualcuno che, aperto il portone verso strada, saliva la scala dicendo ad alta voce: - Aprimi la porta. - Dalla voce riconobbi chi
era: mi spaventai. Che sarebbe avvenuto mai se fosse entrato? Piena di fiducia strinsi nelle mani il mio Rosario mentre quel tizio
continuava a spingere con forza la porta. Quantunque non fosse chiusa a chiave, non riusc ad aprirla. Preoccupata di cosa avrei
detto e molto spaurita, non riuscivo neppure a respirare. Siccome non ottenne di aprire, se ne and e mi lasci in pace. Attribuii
questa grazia a Ges e a Mammina che mi libe-rarono da quel pericoloso incontro. Preferirei i demoni del-l'inferno. Dopo questo
fatto non rimasi pi sola in casa se non chiusa a chiave.
1937
Le forze infernali scatenate
Fu nel luglio 1937 che il demonio, non soddisfatto di tor-mentarmi la coscienza e dirmi cose turpi, dopo mesi di minacce, cominci
a sbattermi gi dal letto di giorno o di notte. Da principio mascherai la cosa perfino alle persone di casa, eccetto a Deolinda,
dicendo che erano crisi di cuore. Ma poi ne furono informate la mamma e una ragazza che viveva con noi. Una notte il maligno mi
butt sul pavimento facendomi sorvolare mia sorella che dormiva su un materasso disteso per terra accanto al mio letto. Deolinda
si alz, mi prese in braccio ordinandomi: - Va' sul tuo lettino! - Riposta al mio posto, mi alzai bruscamente emettendo dei fischi.
Appena mi resi conto dell'accaduto, piansi. Deolinda mi tranquillizz col dirmi: - Non affliggerti: non sei stata tu! - La notte seguente
avvenne la stessa cosa e alla sorella che voleva ripormi sul letto gridai allontanandola da me: - No, no! A letto non vado! - Appena
prendevo coscienza del male fatto, piangevo.
Una notte il demonio fece cose che ignoravo. Io piansi amaramente e pensavo di non poter ricevere Ges senza prima
confessarmi. In quel giorno il parroco era assente, ma sentivo che mi sarebbe costato molto parlargli di quanto era avvenuto. Non
mi sentivo di aprirmi con lui. Mia sorella, nel vedere le mie lacrime, cercava di confortarmi, ma non riuscendovi, si offerse di andare
dal mio direttore spirituale che si trovava a predicare in una parrocchia vicina. Le risposi che non valeva la pena perch non gli
avrei detto quanto mi era successo. Le chiesi una cartolina della Madonna e con grande sacri-ficio scrissi in succinto quanto
bastava per essere compresa. La nascosi sotto il guanciale in attesa che venisse l'ora di far-gliela recapitare. Ma improvvisamente
entr il mio direttore con Ges eucaristico, in compagnia di un seminarista. Aveva saputo per caso dell'assenza del parroco.
Quando mi annunci che portava Ges, gli dissi: - Non posso fare la Comunione senza confessarmi. - Le lacrime ed il rossore non
mi permettevano di parlare. Gli dissi soltanto di aver scritto un biglietto. Lo prese, lo lesse e, per tranquil-lizzarmi, mi assicur che,
dati i precedenti, aveva previsto quelle prove, anche se non aveva mai osato prevenirmi. Questa tribolazione si ripet pi volte,
anche a due riprese per giorno. In quegli assalti sentivo in me rabbia e furori in-fernali. Non potevo consentire che mi parlassero di
Ges e di Maria. Sputavo sulle loro immagini. Insultavo il mio direttore, lo minacciavo e cos pure alcune persone di casa. Il mio
corpo rimaneva paonazzo e sanguinante per le morsicature. Oh, come vorrei che molta gente vedesse, affinch imparasse a
temere l'inferno e a non offendere Ges! Ogni volta che terminava l'influenza del demonio, nel ri-cordare tutto quello che avevo
fatto e detto, mi assalivano an-gosciosi scrupoli; mi pareva di essere la pi grande peccatrice. Furono mesi di doloroso martirio.
Avrei molto da dire su que-sto argomento, ma non posso: la mia anima non resiste nel rievocare tali sofferenze. ... Il 25
settembre Ges mi disse: - Mia figlia, tu non mi offendi affatto, n mi offenderai negli assalti del demonio. Offrili con quanto soffri in
riparazione dei peccati che in que-sta notte si commettono nella tua parrocchia e nel mondo. Che cosa orribile! E quale dolore per
il mio divin Cuore nel vedere tante anime che si perdono! Il demonio ti odia, ma devi ral-legrarti perch ne ha il motivo. Se Io lo
permettessi, ti ucci-derebbe: ma non lo consento. Sono il Signore della vita e della morte. La tua morte sar soltanto un volo dalla
terra al cielo. - Il giorno 29 infine Ges mi disse: - Il mondo putrido. Voglio che si realizzino le mie richieste. Ti faccio soffrire
per-ch tu mi possa salvare molte anime. Tu sei il parafulmine della giustizia divina. Per mezzo tuo e di altre anime non sono
ca-duti tremendi castighi. Penitenza! Penitenza! Vi sono molte ani-me che desiderano amarmi, ma sono lontane da ci che
do-vrebbero essere e da quello che Io vorrei. Riparate almeno voi! - ... (lettera a p. Pinho, 2-10-1937).
Ges mi presenta le sue Piaghe Io Gli rinnovo la mia offerta di vittima
Una notte mi apparve Ges: nelle mani, nei piedi e nel costato aveva le piaghe aperte, molto profonde, da cui sgorgava sangue in
abbondanza; da quella del costato il sangue scorreva fino alla cintola, attraversava la fascia e giungeva fino a terra. Baciai le
piaghe delle mani con molto amore e bramavo bacare quelle dei piedi, ma, stando nel letto, non potevo. Non dissi nulla, ma Egli
lesse il mio desiderio e mi diede la possi-bilit di farlo. Fissai poi la piaga del costato. Piena di com-passione mi buttai nelle braccia
di Ges dicendo: - Oh, quan-to hai sofferto per amor mio! - Rimasi cos alcuni istanti finch Ges scomparve. inutile dire che non
si canceller mai pi dalla mia me-moria questa visione. Ancora oggi ne sento il cuore ferito. Ne parlo soltanto per obbedienza e
per amore di Ges. Penso che Egli abbia fatto questo per prepararmi a ci che ora dir: che Egli me ne dia la forza e la grazia!
Voglio fare un contratto con te
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Il giorno cinque maggio (1938), dopo la comunione, Ges mi ha detto: - Sei il tutto del mio cuore e io il tutto del tuo. Vuoi fare un
contratto con me? Io gli dissi: - O mio Ges, io voglio ma mi sento ognor pi confusa. Tu ben vedi la mia miseria. Io sono proprio un nulla! - E che
t'importa? Sono stato io a sceglierti proprio con la tua miseria. Tu mi hai dato tutto. In cambio mi do tutto a te. Ti dono i tesori del
mio Cuore. Dalli a chi vuoi. Esso trabocca di amore: distribuiscilo. - O mio Ges, potr consegnare i tuoi tesori divini al mio direttore perch a sua volta li dia a chi vuole? Potr darli alle persone che
mi sono care e ai vescovi affinch li distribuiscano a ciascuno dei loro sacerdoti e questi li diano alle anime? - Ges mi rispose: Fanne ci che vuoi. Io ti unisco a Me e ti stringo al mio Cuore santissimo! - (lettera a p. Pinho, 5-5-1938) 7.
Il 23 luglio 1938 scrissi quanto segue. Ges la mia forza, il mio amore, il mio sposo.
- Consenti, o Ges, alla tua piccola tanto innamorata di dirti, non con le labbra, ma col cuore: Appartengo solo a Te! non ho
niente, niente che non sia di Ges . Costa parlare cos quando si sente il contrario e ci si trova nelle ore pi amare della vita, nei giorni di tanta lotta in cui il demonio mi
afferma il contrario, solamente il contrario.
- Maledetto, non ti appartengo. Sei degno solo di disprezzo. Sei bugiardo! Ges tutto mio, io sono tutta di Ges. - Cuore mio,
grida forte, molto forte al tuo Ges che Lami, che Lo ami pi di tutte le cose del cielo e della terra! Sono di Ges nelle gioie, nelle
tristezze, nelle tenebre, nelle tremende tribolazioni, nella povert, nell'abbandono totale. Soffro tutto per consolarlo, per salvare le
anime. - Manda, o Ges, alla tua Alexandrina, tua vittima, tutto quanto si pu immaginare e si pu chiamare sofferenza. Con Te,
col tuo divin aiuto e con quello della tua e mia cara Mam-ma, vincer tutto. Non temo nulla. - O croce benedetta del mio Ges, io ti
abbraccio e ti bacio.
1938
II mio ritiro spirituale - Annuncio della Passione
Ogni volta che venivo a sapere di persone che facevano un ritiro spirituale, dicevo: - Tutti lo fanno, io no! Non so cosa sia. - Osai
dire questo varie volte in presenza del mio direttore. Egli mi promise che, se il padre provinciale glielo avesse consentito, sarebbe
venuto a dettarmelo. Per alti disegni di Dio il permesso fu concesso ed il 30 settembre 1938 venne il mio padre spirituale ad
iniziarlo. Da tempo vivevo nell'anima grandi agonie e, a volte, mi sentivo in procinto di cadere in abissi spaventosi. Nei giorni del
ritiro raddoppiarono le mie sofferenze e gli abissi erano ter-rificanti. La giustizia dell'eterno Padre cadeva su di me e mi gridava
ripetutamente: - Vendetta, vendetta! - mentre au-mentavano le sofferenze dell'anima e del corpo. Non si possono descrivere;
bisogna averle sentite e vissute. Io passavo giorni e notti rotolandomi nel letto mentre udivo quella voce minacciosa. Il mattino del
2 ottobre 1938 Ges mi disse che avrei sof-ferto tutta la sua santa Passione, dall'Orto al Calvario, senza giungere al
Consummatum est . L'avrei sofferta il giorno 3 e poi tutti i venerd dalle ore 12 alle 15; ma che la prima volta Egli sarebbe rimasto
con me fino alle ore 18 per confidarmi le sue lamentele. Non mi rifiutai. Avvisai di tutto il mio direttore. Attendevo il giorno e l'ora,
molto afflitta, perch n io n il mio direttore avevamo un'idea di quanto sarebbe accaduto. Nella notte dal 2 al 3 ottobre, se fu
molto grande l'agonia dell'anima, fu grande anche la sofferenza del corpo: vomiti di sangue e dolori terribili. Vomitai per alcuni
giorni consecutivi e per cinque giorni non inghiottii nulla. Con questa sofferenza sperimentai per la prima volta la Passione. Quale
orrore io sentivo in me! Che paura e terrore! Era indicibile la mia afflizione.
Prima Crocifissione [3-10-1938]
Scoccato il mezzogiorno, venne Ges a invitarmi cos: - Ecco, figlia mia, l'Orto pronto e anche il Calvario. Ac-cetti? - Sentii che
Ges per qualche tempo mi accompagn nel cammino al Calvario. Poi mi sentii sola; e Lo vedevo l in alto, in grandezza naturale,
inchiodato sulla croce. Camminai senza perderlo di vista: dovevo arrivare presso di Lui.
Vidi due volte Santa Teresina: prima alla porta del Car-melo, nella sua divisa, tra due consorelle, poi attorniata da rose e avvolta in
un manto celestiale.
[Una lettera al direttore]
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... Cerco un po' di sollievo nella mia sofferenza. Aspetto l'ora della mia crocifissione. Non posso parlare. Il cuore ga-loppa. Nella
mia anima c' una ribellione, una sommossa. Il peso mi schiaccia. Tenebra, notte tempestosa e triste. Mi trovo in un abbandono
tremendo. Mi pare di camminare tra l'odio di tutti di tribunale in tribunale.
Povera me! E non ho ricevuto Ges! Confido per che Egli supplir nelle comunioni spirituali, nonostante la nausea che sento di
me stessa e l'orrore per la mia enorme miseria. Ieri si calmata la tempesta. Prima sentivo cose orribili. Il mio corpo era tutto
trafitto come da acuti ferri. Momenti terribili! Nonostante il breve sollievo, rimasi sempre in una notte molto oscura, in una tristezza
profonda. Posso dire di aver passato tutta la notte a fare compagnia a Ges sacramentato, concentrandomi un poco nella tragedia
della notte del gioved santo. Mi sembrava che Ges mi invi-tasse all'Orto. Che movimento di gente! Queste cose le sentivo
nell'anima. Padre mio, quanto sto dettando mi pare menzogna. Quanti dubbi! Quanti spaventi per la Passione! Ho gi detto a
Deo-linda che un miracolo poter resistere a tanto: mi viene meno il cuore. Ges sia con me. Non aggiungo altro perch non
posso...
INCISO DI DEOLINDA
- Padre mio, cosa fu mai il venerd santo: fu davvero giorno di Passione! Prima di iniziare, che volto di affli-zione aveva! Temeva il
trascorrere di quel giorno e diceva:
Vorrei che fosse gi passato . La confortavo come po-tevo e l'accarezzavo nonostante che anch'io fossi satura di paura e di
afflizione.
Durante la Passione non potei non piangere e vidi che quasi tutti gli altri presenti piangevano. Che spettacolo commovente!
L'agonia dell'Orto fu lunga ed afflittiva. Si udivano gemiti molto profondi e talora singhiozzava. Non le parlo della flagellazione e
della coronazione di spine! I colpi di flagello li prese in ginocchio e come se avesse le mani legate. Le avvicinai un cuscino alle
ginoc-chia, ma lei cambi posto, non lo volle. Ha le ginocchia in misero stato. Le battiture non si contarono... durarono molto a
lungo... La si vedeva svenire. Anche i colpi di canna sulla testa coronata di spine furono innumerevoli. Durante la Passione vomit
due volte: soltanto acqua per-ch non aveva nulla nello stomaco. Il sudore era tanto che i capelli erano impastati; le passai la
mano sui vestiti e la ritrassi bagnata.
Alla fine della coronazione di spine pareva un cadavere. Vennero ad assistere il canonico Borlido [di Viana do Castelo] e due
persone, cos pure il dott. Almiro de Va-sconcelos [di Penafiel] e la sua sposa con la sorella Giuditta. -
La mia sofferenza fu dolorosa per alcuni giorni. Conti-nuarono i vomiti di sangue e una sete bruciante. Non c'era acqua capace di
saziarmi. Non potendo bere, ho passato giorni e notti con acqua che scorreva per la bocca senza poterla in-ghiottire. Mi stancai ed
erano stanche le persone che mi assi-stevano. Dopo che ne era passata tanta per la bocca suppli-cavo ancora: - Datemi acqua,
molta acqua, botti di acqua! - Mi sembrava di ardere: nulla mi saziava. Sentivo odori orribili. Non volevo che le persone si
avvi-cinassero a me: puzzavano come cani morti. Mi davano viole e profumi da odorare, ma allontanavo tutto: mi tormentava
sempre lo stesso puzzo.
Nei giorni in cui potevo alimentarmi, sentivo cattivi gusti fino ad averne nausea: ogni cosa esalava odori ripugnanti. Quante cose
avrei da dire se potessi descrivere quanto sento! Me ne manca il coraggio, perch costa molto ricordare queste cose... (lettera a
p. Pinho, 7-4-1939).
Esami di teologi e di medici - Primo viaggio ad Oporto
Mentre aumentavano le grazie divine, aumentavano pure i dubbi e la paura di ingannarmi e di ingannare il mio direttore e i
familiari. Il mio martirio peggiorava sempre pi: mi pareva che tutto fosse falso e inventato da me. Che sofferenza! Le tenebre mi
avvolgevano, non v'era luce che mi illuminasse il cammino. Per quanto il mio direttore mi infondesse fiducia, nulla mi rassicurava.
Mi abbandonai nelle braccia di Ges, fidente di non essere trascinata dalla corrente. Soffrivo molto per le lacrime dei miei e
pensavo: - Se manca il coraggio a loro, come pu non venire meno a me? Che umiliazione l'essere veduta da altri! Potessi soffrire sola e Ges soltanto lo sapesse!
Subito alla seconda crocifissione, vennero alcuni padri della Compagnia di Ges. Che vergogna provai, non durante la pas-sione,
ma prima e dopo! Cominciai a sentire che il mio direttore soffriva assai per causa mia, cio per quanto stava succedendo. Agli
esami dei sacerdoti seguirono quelli molto dolorosi dei medici i quali lasciavano il mio corpo in misero stato. Mi pareva di essere
giudicata da tribunali, come avessi commesso i pi grandi crimini. Entravano in camera mia, mi esamina-vano e poi si riunivano in
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sala a discutere il mio caso, lascian-domi sotto il peso della pi grande umiliazione. Se non erro, i medici vennero in occasione
della mia terza crocifissione.
Se potessi aprire la mia anima e permettere di vedere ci che in essa avviene e il perch vivo quei giorni, lo farei per il bene delle
anime mostrando quanto soffro per amore di Ges e per loro. Solo a questo fine mi sono sottomessa a tali sofferenze. Quando il
mio direttore mi propose questi esami, fu per me un grande tormento; una forte repulsione si lev in me; ma l'obbedienza ordinava:
tacqui e li accettai per Ges. Man-cavano i medici a completare il mio calvario! Alcuni furono dei veri aguzzini introdottisi nel mio
cammino. Essi decisero di mandarmi ad Oporto. Mi cost assai sottomettermi. Temevo il viaggio per il mio stato di salute. Quando
il medico curante, Giovanni Alves, me ne parl, gli risposi: - Proprio lei che nel 1928 non permise che an-dassi a Fatima, ora che
sono molto peggiorata vuole che vada ad Oporto? - vero che non ho voluto, ma ora vorrei. - Gli domandai se il mio direttore
sapeva di questa risoluzione. Avendomi risposto affermativamente, cedetti alla sua richiesta. Il giorno 6 dicembre 1938, verso le
undici fui tolta dal mio letto e posta su un'autolettiga. Nella mattinata ero stata visitata da persone amiche; quasi tutte avevano
pianto. Da parte mia avevo cercato di rallegrare tutti fingendo di non soffrire. Il viaggio fu doloroso. Impiegammo quasi tre ore e
mezza perch dovemmo fare parecchie soste, per il mio stato di salute. Ad Oporto, nel consultorio del dott. Roberto de Carvalho,
mi si fece una radiografia. Fui da lui trattata molto delicata-mente e, congedandomi, mi disse: - Povera ragazza, quanto soffri! Di l mi portarono al Collegio delle Figlie di Maria Imma-colata, ove mi trattarono molto bene. Per soffersi per i rumori della strada
fino a perdere quasi i sensi pi di una volta. Fui esaminata dal dott. Pessegueiro; ma serv soltanto ad aumen-tare la mia
sofferenza.
Anche il viaggio di ritorno fu penoso. Appena rientrata nella mia cameretta fui circondata da per-sone amiche. ... Eccomi di nuovo
nella mia casetta. Ero attesa ansio-samente. Pare che ci siano stati molti commenti. La popola-zione era indignata contro mia
madre che aveva consentito il mio trasporto. Ora si calmer nuovamente; ma sia fatta la volont di Dio. Sono pronta a tutto. Pare
che il Signore mi chieda ora il maggior sacrificio. Si incomincia a sapere qualche cosa; chi dice una cosa, chi un'al-tra a mio
riguardo.Mi riferiscono che si parla di me come di una santa e questo non lo vorrei Che inganno! Pazienza! Qualsiasi cosa
avvenga o dicano accetto tutto per amore di Ges. Lui che mi chiede di non negargli nulla; e anch'io lo voglio. Ma, po-vera me, vi
sono momenti in cui costa molto. E i dubbi... i dubbi, mio buon padre, quanto mi tormentano! Se non ci fosse stata lei a consolarmi,
non so cosa sarebbe di me. I medici fino ad oggi non si sono fatti vivi. Siamo partiti da Oporto alle 14,30. Abbiamo viaggiato
len-tamente e siamo arrivati alle 18: era gi buio. Ciononostante si radun molta gente presso la nostra porta. Sono molto
ammalata! Proprio ora stanno riscaldando l'ac-qua perch le coperte non bastano a darmi calore; la febbre sale e sento dolori
terribili.
Soffro tutto per amore di Ges che ha sofferto per me... (lettera a p. Pinho, 13-12-1938). Il 26 dicembre 1938 fui visitata dal dott.
Elisio de Moura che mi tratt con crudelt. Tent di mettermi a sedere su una sedia con violenza; non riuscendovi, mi ributt sul
letto e fece varie esperienze che mi causarono sofferenze orribili. Mi tur la bocca, mi rovesci contro il muro facendomi prendere
un forte colpo al capo. Nel vedermi quasi svenuta mi disse: - Gio-vannina, non perdere i sensi. Involontariamente piansi, ma offersi a Ges le mie lacrime e tutti i miei dolori che furono molti. Gli perdonai tutto perch era venuto
come studioso del mio caso.
1939
Secondo intervento della Santa Sede
Il 5 gennaio 1939 venne a visitarmi il parroco in compa-gnia del canonico Vilar, il quale rimase da solo per parlarmi. Si convers di
varie cose per due ore; quindi entr nel-l'argomento che lo aveva portato da me, introducendosi cos: - Le parr strana la mia visita
perch non mi conosce. - Gli risposi sorridendo: - So con certezza perch venuta. - Al che aggiunse: - Dica, dica, Alexandrina. Mi spiegai: - E' mandata dalla Santa Sede. - Era ci che sentivo nella mia anima in quel momento. - Proprio cos. - E mi present
alcuni documenti di Roma. Mi fece allora alcune domande cui risposi prontamente. Non gli parlai della Passione e me ne parl lui
cos: - Mi pare che vi sia anche qualcosa che avviene da alcuni mesi. - Manifest il desiderio di esservi presente. E infatti vi
assistette subito il venerd seguente. Parlai di questo al mio direttore, il quale mi consigli di aprirmi con tutta franchezza. Il
canonico venne altre quattro volte, ma, per ufficio, sol-tanto due. Se non mi inganno, subito la prima volta mi disse: - Mi sarebbe
piaciuto conoscerla prima e non rivestito di autorit come sono venuto. - Mi confid il segreto della sua partenza per Roma, di cui
era a conoscenza soltanto l'arcivescovo.
Poich mi sentivo molto a mio agio nel conversare con lui ed avendo il permesso del mio direttore, parlammo assai di Ges: mi
sentivo avvolta da un'atmosfera di santit e di sag-gezza come poche volte avviene parlando con altri sacerdoti. Gli ho confessato
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che, per temperamento, non ero solita fare cos con gli altri, ma che lui mi aveva ispirato fiducia. Mi rispose: - Fa bene a non
parlare, perch non la com-prenderebbero. Quando si conged da me per andare a Roma piansi. Mi promise di scrivermi e mi chiese di essere la sua intercessora [presso
Ges]. Ricevetti infatti varie lettere, cui risposi: ci aiutammo a vicenda con la preghiera. Commenti del popolino Ges stava
chiedendomi nuovi sacrifici. Per causa degli esa-mi medici e dell'intervento della Santa Sede il mio caso divenne pi conosciuto:
per me, che volevo vivere nascosta, fu un mar-tirio. Nonostante che la mia famiglia non mi riportasse le notizie che circolavano,
seppi i commenti che si facevano sulla mia vita. Poveri ignoranti, quante fandonie diffondevano!
Alcuni affermavano che il mio viaggio a Oporto aveva avuto lo scopo di ottenere una pensione mensile da parte del governo di
Salazar; parlavano persino di cifre assurde e discordanti; nessun tentativo valeva a smontare tali fandonie.
Altri invece dicevano che ero andata per controllare il mio grado di santit su una macchina speciale; Deolinda ribatteva: - Se fosse
possibile andrei anch'io per controllare a che pun-to sono. - Io provavo dispiacere nel costatare l'ignoranza circa le cose del
Signore. Altri ancora propagavano che i sacerdoti i quali mi face-vano visita raccoglievano danaro nelle parrocchie e me lo
por-tavano: cos in casa mia non mancava nulla. Altri infine dicevano che facevo l'indovina : infatti vi furono persone che
vennero da me per sapere cose del futuro; le ricevevo con molta serenit fingendo di non capire e, quando insistevano,
rispondevo: - Io non indovino, nessuno pu in-dovinare; solo il Signore ha diritto e capacit di sapere. -
1940
Mammina fonte di amore e di salvezza
... - Di' al tuo direttore che faccia conoscere ed amare la mia Madre 'santissima: chi ama la Madre ama il Figlio... Digli di
predicare che colui il quale amer davvero la mia Madre santissima non si perder; invano l'inferno tenter di rovinarlo. Mentre udivo tali parole mi sentivo stretta fra i Cuori di Ges e di Mammina. Mi pareva di trovarmi in una pressa. Avevo tanta luce,
tanta pace, tanto amore. Posso dire che se Ges non mi avesse aiutato mi sarebbe venuta meno la vita: il mio cuore non poteva
resistere... (lettera a p. Pinho, 6-1-1940).
... Non posso guardare il cielo perch il cuore si innalza pi veloce di un razzo e non pu essere contenuto nel petto. Pu
riposare soltanto in Ges. - Mammina, vieni e prendi la tua figlioletta tra le tue braccia; voglio darti il cuore; soltanto Tu lo puoi
riempire del tuo amore affinch io possa amare Ges. Incendialo con raggi tanto forti di amore che io possa incendiare il mondo.
Ges non amato! Con il mio dolore ed il tuo amore far s che sia amato. Cos soltanto sono certa che anch'io Lo amer.
Mammina, come sar bello vedere tutti i cuori ad ardere per Ges in un solo amore! Non voglio cessare di essere vit-tima fino a
che questo fuoco non sia acceso nel mondo... - -(lettera a p. Pinho, 15-1-1940).
Regni il dolore affinch regni l'amore
... O vita tanto amara! Mi pare di non poter pi vivere.. Il mio cuore macinato. Le pietre che servono da mulino sono della
grandezza del mondo. Il mulino non cessa di macinare; anche il dolore non pu cessare; n io lo voglio. O Ges, volont mia di
essere macinata, frantumata per Tuo amore. Poich non so provarti diversamente il mio amore, voglio, nel dolore e nell'amarezza,
che non escano dalle mie labbra se non queste parole: tutto per tuo amore! Il dolore la mia gioia gi qui sulla terra; il mio
tesoro. Colloco tutto nelle tue mani, affinch Tu distribuisca a chi ti piace (lettera a p. Pinho, 13-1-1940).
... Lei deve gi essere stanca di ascoltare tante lamentele e tanti discorsi sul dolore, ma il dolore il mio alimento giorno e notte,
sempre. Benedetto alimento! Ho atteso l'ora della mia Passione in uno stato di afflizione e di abbandono. Sentivo co-me se tutti
fossero rivoltati contro di me. Dicevo al Signore: - Temo il dolore, ma lo amo. Il corpo vien meno, ma la volont forte: sono pronta
alla croce e all'amore. Il cuore pareva sbriciolarsi tanto era schiacciato; stentava a respirare.
Venne incontro a me Ges e mi disse: - Figlia mia, an-diamo nell'Orto. Vieni a preparare l'alimento di cui Ges ha tanto bisogno
per i peccatori: alimento prezioso che d loro, vita eterna, alimento benedetto che d loro la vita della grazia. Coraggio, non sei
abbandonata: Ges e Mammina vengono con te. - Durante tutta la Passione Ges mi parl due volte; in tutta il resto del tempo mi
sentii sola, coperta di tutti i mali, piena di vergogna davanti a Dio, oggetto della sua giustizia divina. Mi sono scoraggiata tanto! Mi
pareva proprio che Ges non fosse con me. E venne: - Coraggio! Gli angeli volano su di te e portano l'alimento ai peccatori... - Mi
sentii allora un po' confortata, ma fu per breve tempo. La seconda volta Ges mi disse: - Coraggio, figlia mia! L'ira di Dio che cade
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su di te non dovuta a colpa tua, non sei tu che Lo sfidi, ma coloro per i quali tu sei espiatrice. - Poi camminai sola. Quando tutto
fin, rimasi coperta di lutto e di tristezza. Ges mi trasmise le sofferenze e l'agonia del suo divin Cuore; io le abbraccio perch
voglio consolarlo. Viva Ges, viva Mammina! Regni il dolore affinch regni l'a-more!... (lettera a p. Pinho, 2-2-1940).
Che vuoto, senza l'alimento eucaristico!
... Sono abbandonata da tutti; non ricevo neppure il mio Ges. La mia croce diventa pi pesante. Mi costa tanto stare senza la
Comunione! Mancandomi Ges mi manca tutto. An-cora oggi, nel ricordarmi che non L'avevo ricevuto, sospirai con profonda
nostalgia e mormorai: - Due giorni senza rice-vere Ges e chiss quanti ancora ne passer cos! Che tristezza e nostalgia! Mio
Ges, non posso vivere senza di Te. Vieni! Fa' del mio cuore la tua dimora. Vieni e regna in me! Vieni, mio Tutto! Se non Ti
dispiace, o mio Ges, sceglimi altra sof-ferenza, ma non privarmi oltre della Comunione. Se fosse mio, Ti darei il mondo intero pur
di possederti, pur di avere una tua visita. Mio padre, quanto dolorosa la mia sofferenza e pesante la mia croce! Mi sento sfinita. Oh, il vuoto che io sento per la mancanza
dell'alimento eucaristico! Che nostalgia! Pare che il mio cuore scoppi. Non so come tante anime possano vivere anni e la vita intera
senza ricevere Ges! Infelici perch non Lo conoscono... (lettera a p. Pinho, 17-2-1940).
... Mi mancato Ges eucaristico, mia vita, mia gioia. Le nostalgie che ho per Lui mi consumano. - Ges, vieni! Regna nel mio
cuore! Sei Tu, solo Tu l'alimento della mia ani-ma. Dammi la vita della grazia, dammi il tuo amore. Vieni alla mia tristezza a
dimenticare la tua. Per la mia nostalgia diffondi la nostalgia che hai di pren-dere possesso dei cuori che non Ti amano e vivono
dimentichi di Te. Voglio col mio dolore accendere il tuo amore sulla terra... voglio perdermi in esso. Poco importa dare la vita.
Soffrire sempre il mio desiderio: dal dolore che nasce l'amore... (lettera a p. Pinho, 22-2-1940).
... Spunt il giorno: io avevo un grande desiderio di ri-cevere la Comunione, ma non la ricevetti. Che nostalgia! Do-mandai
soltanto se il parroco sarebbe venuto a portarmi Ges; mi risposero di no; tacqui. Soffrii sola. Offrii a Ges questa sacrificio per
meritarmi l'amore dei miei "Quattro": la SS. Trinit e la cara Mammina. Cerco in tutto, anche nelle pi piccole cose, di dar Loro
consolazione. E il mio Ges sacramentato? Oh quanto voglio consolarlo e coprirlo di amore! Ricevo gioiosa ogni dolore e sacrificio
per consolare l'Abbandonato, il Dimenticato, il Prigioniero del-l'Eucarestia... (lettera a p. Pinho, 25-2-1940).
II mio cuore sbatte le ali rasente al suolo
... Il mio cuore sempre oppresso, ma sempre in fiamme vive; il petto dal lato sinistro brucia: un fuoco incandescente. -Il
dolore non consente nessuna soavit, mi penetra da ogni lato. L'abisso in cui mi trovo nauseabondo e vergognoso. Non ho se
non immondezze su cui appoggiarmi. Sono legata ad esse con grosse catene di ferro che non si spezzano. Talvolta tento di
rialzarmi ed uscire da questo enorme abisso, ma non posso, non ne ho la forza. Sono legata tanto da non potermi muovere. Fra
spine che mi feriscono e penetrano in tutto il mio es-sere, il mio cuore va verso Ges, vuol volare a Lui, ma non pu e sbatte le ali
rasente al suolo. Che afflizione tremenda! Che dolore pungente, macchiarsi le ali bianche nel fango! Padre mio, cosa significa
questo? Non comprendo niente. Non mi importa di essere macchiata e coperta dei mali altrui. Ci che io voglio che tutti
rimangano puliti e volino versa Ges. Ma il peggio che io vedo come se tutto il male fosse mio; per io non voglio peccare, non
voglio dispiacere a Ges. Ma mi vedo un mostro abominevole, una sfacciata, una ingrata nei Suoi riguardi. Ho paura e tremo per il
mio nulla. Senta l'ira di Dio su di me e non posso alzare lo sguardo al cielo. Mi sento indegna di perdono e compassione. La mia
anima morta: spir nella oscurit; n Ges, en-trando in essa, le diede la vita. Si dimenticato completamente di me, ed io,
senza occhi per vedere, corro sempre ma sempre disperata, in una notte tristissima ed oscura. Ho perduto ogni energia, sono
caduta nello scoraggiamento. Ma voglio, con tutti gli esseri della terra, lodare ed amare il mio Ges. Vorrei stare sempre in
ginocchio e a mani giunte a intonare inni di lode, di amore e ringraziamento al mio Ges per quanto ricevo da Lui... (lettera a p.
Pinho, 18-3-1940).
Che grande male il peccato!
... Mio Dio, che terribile notte nella mia anima!
Ges incominci a dirmi: - Il peccato tenta di frantumare ed annientare il mio divin Cuore! Che grande male il pec-cato! Guarda i
maltrattamenti che ricevo! Sai da chi? Da co-loro da cui avevo diritto a tutto l'amore, da cui mi aspettavo tutto. Ripara se vuoi che si
convertano. Lasciati immolare se vuoi che si salvino! Sei la loro vittima... (lettera a p. Pinho, 22-4-1940).
... Il cuore quasi non ha pi vita: schiacciato al mas-simo. Sono nelle tenebre e quasi senza fiducia in Ges: tutto perduto;
nessuno riesce a salvarmi.
La mia anima pare che emetta grida di tremenda afflizione. La sua notte diventata immensa nel ricevere Ges eucaristico. Ed
Egli, in tono di giudice, come chi viene a chiedere conto, mi diceva: - Che grande male il peccato! Sei morta a Dio invece di
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morire al mondo! Convertiti, vieni al mio divin Cuore. Mi fai soffrire con ogni dolore e crudelt; piango perch ti amo! Perch vuoi
fuggirmi? Piango perch ti ho creata e pre-parata per Me. - E il mio Ges piangeva amaramente. Ed questo dolore di Ges che il
mio cuore non sopporta, a meno che Egli soffra al mio posto. Ma nel sentirmi cos ferita posso dire con Lui: - Che grande male il
peccato! Quanto orribile! Quanto ferisce il Cuore di un Dio! - Mio Ges, non voglio fuggirti! Voglio seguirti! Voglia che tutti Ti
seguano, che nessuno Ti fugga. Lasciami scrivere sulla terra col mio sangue: "Il dolore il cammino tracciato da Ges. Il dolore
amore; il dolore unione con Dio. L'a-nima che soffre con Ges si sente attratta da Lui; vuole la solitudine per incontrarsi con Lui
pi facilmente; vivere di Lui e per Lui. Come prezioso il dolore! Che felicit per l'anima che soffre! Si preoccupa solo di Ges; non
vuole altra vita se non quella di Ges. Cerca il Suo amore, la Sua gloria, la salvezza delle anime"... (lettera a p. Pinho, 23-41940).
Temo di ingannare
... Passa la notte, passa il giorno ed io mi alimento sem-pre di dolore...
Alzo lo sguardo alla cara Mammina e Le dico: - Mam-mina cara, accompagnami presso la croce del tuo e mio caro Ges; lasciami
soffrire con Te: voglio sentire il tuo dolore. Voglio cos riparare a tanti mali. Le anime dormono nel pec-cato: col mio dolore le voglio
risvegliare; con la mia morte le voglio risuscitare. Mammina, fa' che io sia come la Maddalena abbracciata alla croce di Ges.
Voglio piangere lacrime di sangue per me, per i miei e per i peccati di tutta l'umanit. Mammina, mi sento sovraccarica di tutti i
crimini. Dammi dolore per pian-gerli e detestarli. Chiedi perdono per me a Ges. Dammi amore perch io ami Ges ed Egli possa
per questo amore dimenti-care ogni malvagit. Padre mio, sono tormentata in mille modi: ho dubbi di ogni specie. Mi tormenta il pensiero che inganno lei e tante anime. Il mio
cuore una fonte aperta: quanto pi grande il dolore, l'agonia, tanto pi sangue ha da dare. Sento che at-torno vi bevono un
gran numero non so di che. Bevono, be-vono, pare che non si sazino. Ma anch'io non sono saziata per -non poter saziare; e non
sono sazia perch non ho amore per amare il mio Ges... (lettera a p. Pinho, 6-5-1940).
... L'abbandono in cui Ges lascia la mia anima, il modo con cui scende nel mio cuore (nella Comunione), senza luce n fuoco,
senza darmi n ricevere amore, come se venisse morto e mi trovasse morta, mi obbliga quasi a pensare di aver avuto una vita di
illusione e di falsit. Per io devo credere che Ges vive e regna in me, che mi ama e non mi abbandona, che sono sua e vissi
sempre per Lui. La mia vita ha servito a Ges...
- Ges, spremi bene questo grappolo fino a trarne tutto il succo... Benedir e amer il dolore: quando sar in cielo non potr
soffrire pi. Il dolore mi ha attratto a Te, ha creato in me lacci di tanto amore... - Amo il dolore, amo Ges!... (lettera a p. Pinho,
19-5-1940).
O Ges, che altro devo darti?
... Sono coperta di crimini e di imperfezioni: ho ver-gogna di Ges, temo la giustizia dell'eterno Padre. Ges, scendendo oggi nel
mio cuore, ha reso pi soave il mio dolore. Si accesa nella mia anima una fiammella, ma si spenta rapidamente e rimasi nella
maggiore oscurit... Sen-tivo che la giustizia dell'eterno Padre mi distruggeva, ridu-cendomi in polvere. - Mio Ges, essere un nulla
per tuo amore aver felicit sulla terra. La mia gioia, anche se non permetti che io la senta, soffrire per consolarti e per salvare
le anime. Io vinco con Te. ... Voglio provarti il mio amore, ma non so come: non ho nulla da darti. Il mio corpo? da molto che Ti
appartiene. Te l'ho dato perch fosse tutto martirizzato e crocifisso. Il mio sangue? Anch'esso tuo. Che serva almeno da
in-chiostro per scrivere su tutta la terra la parola "amore": amo-re puro e soltanto per Ges.
La mia vita? Gi non mia: tua anch'essa. Sei morto per me, per salvarmi e io muoio per tuo amore e per salvarti anime. O
Ges, che altro devo darti? Voglio che la mia volont sia tua perch la tua sia mia. Accetto, per tuo amore, quanto mi manderai.
Voglio solo ci che vorrai, anche se per questo dovr rimanere bocconi, av-volta nella terra come il verme pi insignificante...
(lettera a p. Pinho, 14-5-1940).
Sento che mi privano dei mio direttore
... Sono molto ammalata. Vorrei dire tante cose, ma non posso... Sento la mia anima e il mio corpo come su una gra-ticola con
fuoco sotto e sopra: non ho per voltarmi senza es-sere bruciata... Anche il cuore ha il suo dolore... tanto oppresso... E mi sembra
che Ges sia andato tanto lontano da la-sciarmi sola nel mondo, priva di ogni conforto. Sento come se mi privassero del mio
direttore. Sar vero? Appena pu mi dica, per carit, se vi qualcosa e se io le sono causa di sof-ferenza!... (lettera a p. Pinho,
8-6-1940).
... Resto fiduciosa che lei, padre mio, mi informer di tutto ci che avviene, senza ingannarmi. Glielo chiedo per carit; non
consenta che Sozinha mi inganni. Se le proibiranno di tornare qui, non voglio che lei soffra per questo. Accettia-mo che Ges
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sprema il suo grappolo d'uva e riduca in polvere il chicco di grano! Sia consolato Lui e soffriamo noi. Intanto ci aggrapperemo
subito a Ges e a Mammina... (lettera a p. Pinho, 12-6-1940).
... Soffro tanto per i dubbi di essere io, con la mia fan-tasia, a fare tutte queste cose [Passione, estasi...]. Quando verr a
tranquillizzarmi, almeno per qualche minuto? Mi pare di mo-rire sola, abbandonata. Venga a soccorrermi! Provo una desolazione
tanto grande perch mi pare che mi privino del mio padre direttore. So che stato molto am-malato, ma non mi ha spiegato nulla.
Infelice chi lontano!... (lettera a p. Pinho, 2-8-1940).
... Ges mi ha detto che la ama molto e che le ha pre-parato delle spine che la feriranno sino alla morte; che avr sempre il suo
cuore sanguinante, ma di non temere perch sar vittorioso... (lettera a p. Pinho, 12-11-1940).
... Come fu tremenda la tempesta che si scaten nella mia anima! Mi pareva di perdere tutto: per l'anima e per il corpo. In quelle
sofferenze, per alcuni momenti, giunsi a convin-cermi che mi avrebbero privata del mio padre direttore. Mio Dio, rimarrei senza
luce e senza vita!... Non ho resistito ed ho dovuto piangere. Offersi le lacrime a Ges ed aprii le braccia verso il cielo dicendo: Mio Ges, accetto ogni sacrificio; accetto tutto per tuo amore... Schiac-ciami, ma da' pace al mondo e salva le anime. Io voglio
amarti; e se col dolore ti provo il mio amore, sono pronta a soffrire. Sostienimi, dammi forza, Ges mio! - ... (lettera a p. Pinho,
21-11-1940).
... Sento che lei soffre. Sento lo strumento con cui ferito. Sento vivamente che quel dolore la ferir sino alla fine. Non so dove
voltarmi: tutto dolore, dolore vivo nell'a-nima e nel corpo. Lo voglio e accetto come Ges lo vuole... (lettera a p. Pinho, 29-111940).
Un appello alle autorit
... Luned, all'inizio della santa Messa, scomparve dalla mia anima quella notte senza luce che mi causava soltanto la morte:
scomparvero i dubbi. Poco prima della Comunione sen-tii una forza che non potei dominare: mi inginocchiai e in quella posizione
ricevetti Ges. Rimasi per molto tempo ra-pita, tanto unita a Ges che sentivo di trovarmi in un'altra regione. Avevo forti ansie
dolorose di amare Ges ed Egli mi disse i suoi desideri (ci avvenne il 2 settembre): - Sulla terra quasi scomparso dai cuori
l'amore. - Ecco il motivo del do-lore di Ges: non vi amore che ripari ai peccati dell'uma-nit; si dilacera il suo divin Cuore. - O
Ges, che posso fare per questo?... Accetto tutto, ma non voglio vederti soffrire... Scriver a Salazar. Lui pi che tutti i sacerdoti
pu porre un termine a tanti peccati... Ne parler al mio padre e far quanto mi consentir di fare... Vuoi che scriva anche al tuo
caro cardinale patriarca [Ema-nuele Cerejeira]? I due uniti saranno lo strumento per salvare il Portogallo e far s che il tuo Cuore
santissimo non sia pi offeso? Lo far, o Ges; ma vorrei che nessuno sapesse questo, eccetto loro e le persone che il mio padre
creder opportuno informare - ... (lettera a p. Pinho, 4-9-1940).
... Mi pare di morire al pensiero del venerd e delle soffe-renze che mi attendono. Se Ges non prende questo povero corpo per
soffrire in esso e sostenerlo, non resisto e morir. Sento nel mio cuore continue martellate. Una moltitudine mon-diale l'assalta e lo
ferisce. Vengono verso di me tutte queste sofferenze, io ne sono depositaria, ma sono dirette a Ges: l'attaccato e ferito il Cuore
di Ges. Mi pare di sentire Ges che a braccia aperte mi chiede di avere compassione e di soffrire con Lui... Mi annienta il fatto
che Ges si rivolga ad una creatura umana e si abbassi fino a chiederle di soffrire con Lui: Egli che la forza, la vita, tutto, avere
bisogno dell'aiuto di questa poveretta che non nulla... Unisco a questa mia lettera quelle per il cardinale e per il signor Salazar.
Abbia la bont di correggerle e, se crede che qualcosa non va bene, mi avvisi... Ho scritto come mi ha detto Ges... (lettera a p.
Pinho, 5-9-1940).
Mammina non distoglieva dalla terra il suo sguardo
... Domenica scorsa, compleanno della cara Mammina, si impressa nella mia anima un'immagine che non ancora
scomparsa. Con la venuta di Ges [eucaristico] al mio cuore, si aggra-varono i miei dolori e la mia notte aument. Non ho fatto
festa a Ges: non l'ho ricevuto con gioia, pur volendolo e deside-rando ardere d'amore. Povera me!...
Appena scese in me, sentii nella mia anima il ritratto vivo della cara Mammina che dall'alto del cielo contemplava la po-vera
umanit, col suo Cuore santissimo in un dolore quasi mortale. Col capo inclinato verso la terra non distoglieva il suo sguardo pieno
di tenerezza e compassione. Che dolore forte, pungente! Quanto soffre Mammina! gi marted e questa scena non scomparsa.
Mi pare sia impressa in me per sempre. Ancora un'ora fa la vidi nuovamente inclinata verso la terra, impos-sibilitata di distoglierne
lo sguardo: dai suoi occhi uscivano due rivoli di lagrime, lagrime di profondo dolore che bagna-vano la terra. Volevo piangere
anch'io, asciugare il suo pianto e guarire la ferita del Cuore amantissimo di Ges. Non so cosa fare per Loro: per amore mi fingo
allegra mentre sono sempre triste. Incoraggio e consolo gli infelici e non ho chi consoli me. Ma sono contenta della volont del mio
Signore. Voglio con-solarlo nella mia amarezza... (lettera a p. Pinho, 10-9-1940).
Ges vuole da me un dolore silenzioso
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... Mi pare di essere infedele a Ges. Egli vuole e mi fa sentire nell'anima la grande necessit che io soffra, ma soffra tacendo e
senza lasciarlo apparire. Cerco di farlo il meglio possibile, senza confidarmi con nessuno, eccetto che con Lui e con la cara
Mammina; talvolta involontariamente mi sfugge qualche parola. per questo che io dico di essere infedele al mio Ges; non sono
ancora costante in quello che Egli vuole, eccetto che nel dire tutto a lei, mio padre, perch Ges mi pone nell'anima la necessit di
confidarmi con lei... (lettera a p. Pinho, 7-11-1940).
... terminata da poche ore la mia Crocifissione... Ho bisogno di confidarmi e posso farlo solo con lei. Ges mi vuole silenziosa e
tenace come roccia: vuole che io soffra senza che si sappia ci che avviene dentro di me. Sento che Lui a mettermi questa
esigenza nell'anima. Vuole che il mio dolore sia silenzioso come il Suo: esige che Lo imiti anche in questo. Stamane si unirono alla
mia paura e dolore le lagrime e il dolore di Ges: non ne potevo quasi pi. Fra chiasso, cu-riosit e bestemmie attorno a Lui, Egli
mi ha fatto sentire come ha sofferto tutte queste cose in silenzio, come se non avesse labbra per parlare. Ero talmente sgomenta
che mi pass qualche volta per la mente di dire a Ges che non volevo la Passione, ma Gli dicevo subito: - Voglio, accetto per Tuo
amore. Accetto ogni sofferenza anche se dovessero cadere su di me, per schiacciarmi, tutte le montagne del mondo... (let-tera a
p. Pinho, 22-11-1940).
1941
Primo incontro con il dott. Azevedo - Nuovi esami medici
Il 29 gennaio 1941 ebbi la visita di un sacerdote conoscente e di varie persone della sua parrocchia. Dopo una lunga
con-versazione, seppi che tra loro vi era un medico. Arrossii, non per avere mentito circa i miei dolori, ma perch non me
l'a-spettavo. Egli non parl e si mantenne sorridente. Non so cosa provai a suo riguardo. Ero ben lontana dal pensare che dopo
poco tempo sarebbe diventato il mio medico curante. [Il dott. Azevedo] incominci [la sua opera] con l'esami-narmi
minuziosamente, ma con tutta delicatezza e carit. Ter-minato il suo studio, ritenne conveniente invitare il dott. Abel Pacheco e il
mio medico curante di allora... Io rimasi molto triste perch ero satura di esami medici, ma accettai la nuova prova come volont di
Dio e per il bene delle anime. Il primo maggio dello stesso anno fui esaminata dal dott. Pacheco. L'esame dur pochi minuti, ma fu
causa di grandi sofferenze al corpo e all'anima: al corpo perch le sue mani parevano di ferro; all'anima perch sentiva gi le
umiliazioni e i risultati di quell'esame.
Con tutto questo, ero ancora lontana dalla fine!
II ritorno di una pecorella
Ges mi ha preparata alla sofferenza di marted scorso. Non ne so il motivo. Forse perch partita di qui per Braga quell'anima
decisa a riconciliarsi col Signore? Lo sa Ges a cui io ho offerto i miei dolori e sacrifici affinch quel pecca-tore facesse una buona
confessione. La sofferenza fu grande da non poterne pi. Non provai gioia per il ritorno di quella pecorella. Mercoled, giorno di san
Giuseppe, ho ricevuto le corone che lei mi ha mandato per mezzo di quell'uomo [si tratta di un certo Machado di Balasar]. Alcune
persone hanno provato grande gioia nel vederlo fare la comunione davanti a tutti. Alla notizia io rimasi sempre nella tristezza e
nella morte: non ebbi un momento di contentezza... ... Passai il giorno di san Giuseppe nelle tenebre, senza poter vedere il cielo
ma con ansie continue di dare anime al mio Ges e di percorrere il paese intero alla loro ricerca... (lettera a p. Pinho, 21-3-1941).
Ancora medici nel caso
... Si sta avverando il mio presentimento circa l'esame del dott. Abele Pacheco. Parlai col medico Azevedo ed egli mi disse che
quasi indispensabile, ma che ripensassi la cosa davanti al Signore. Se poi intendessi che non si deve fare non si fa-rebbe. Per il
Signore mi ha dato questi sentimenti: "di met-termi nelle mani dei medici come Lui si consegnato alla morte; solo cos il mio
sacrificio sar completo". Che mi dice al ri-guardo?... (lettera a p. Pinho, 28-3-1941).
... La giornata di oggi non trascorse senza che cadesse su di me un dolore dell'anima e del cuore ben difficile da soppor-tare. Al
calar della notte si scaten una delle pi tremende tempeste. Incominciai a sentire una rivolta e un fortissimo de-siderio di impormi
perch i medici non vengano per il loro esame per rimanere libera da molte umiliazioni e dispiaceri. Sentivo in me forte resistenza,
non volevo consegnarmi al do-lore; volevo soffrire tutto come se nulla sentissi. Ed allora cadde su di me tutta la rabbia infernale:
ho capito che era opera dell'inferno. I demoni erano rabbiosi, volevano inghiottire tut-to il mio corpo. Dopo ero rivoltata soprattutto
contro il medico Azevedo; mi pareva di avere contro di lui un odio di morte e che ero io stessa a volerlo mordere per farlo a pezzi e
frantumarlo. Che tempesta tremenda! Solo nelle braccia di Ges e della cara Mammina potevo essere sicura di non offendere il
mio Dio. Se il mondo sapesse le insidie del nemico, i lacci che pre-para alle anime per farle peccare!... Penso di non avere
disgu-stato il mio Ges, perch io voglio solo quello che Lui vuole e non mai offenderlo... (lettera a p. Pinho, 5-4-1941).
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... Il medico mi ha scritto per dirmi che andato a Braga ma che non lo ha trovato; per le scriver per dirle ci che succede. Ha
gi parlato col dott. Abele Pacheco il quale pronto a venire per l'esame. Il medico di malattie nervose non viene e non ha
assicurato di venire anche in seguito. Non so ancora il giorno in cui sar esaminata. Me lo comunicher? Preghi per me affinch
Ges mi dia forza... (lettera a p. Pinho, 6-4-1941).
... Padre mio, se mi desse il permesso di chiedere a Ges il paradiso al pi presto!... Non per fuggire il dolore, ma perch la
mia sofferenza e la Crocifissione sta diventando trop-po conosciuta. Vorrei fuggire il mondo affinch non mi conosca pi oltre. Oh
la mia crocifissione quanti tormenti mi ha portato! Ho tanta nostalgia del tempo in cui Ges mi parlava sovente e nessuno sapeva
della mia vita se non colui che per diritto doveva sapere... (lettera a p. Pinho, 25-4-1941).
... Verso sera a complemento del mio dolore ho ricevuto dal degnissimo medico Azevedo la notizia che gioved, primo maggio,
sarebbe venuto il dottor Abele Pacheco di Oporto per l'esame. Fu come una lancia che mi trafisse il cuore e lo in-chiodasse
crudelmente sulla nuda terra. Ed era contro la terra che esso sanguinava di dolore. Venne il luned e lo passai nella stessa
sofferenza. Volevo sfogarmi per buttar fuori i timori e la vergogna che mi tormentavano. Mi ricordai che era una buona occasione
per consolare e riparare il mio Ges soffrendo in si-lenzio con Lui; Gli ho offerto il sacrificio in silenzio e gli ho promesso di non
parlare. Mi costato molto ma con Ges ho vinto... Ho preparato con cura e gioia l'altarino di Mam-mina... Le ho scritto una lettera
e la posi ai suoi piedi per il primo giorno del suo mese. Confido che mi far quanto le ho chiesto...
Venne il gioved; fu molto triste: attendevo i medici. Che tormento! Dicevo tra me: "Primo maggio come sei penoso! Cosa avverr
ancora prima della fine?".
Nella comunione ho offerto il sacrificio che dovevo affron-tare; e l'offersi per quelle anime che vanno dai medici col fine di peccare
e di offendere Ges. Ho implorato la forza del Cielo; ho chiesto luce e amore allo Spirito Santo, il soccorso della Santissima Trinit,
di Ges sacramentato, della cara Mammina, di san Giuseppe, santa Teresina, santa Gemma ecc. Venne l'ora e fui esaminata. Mi
costarono molto i dolori del corpo ma anche quelli del-l'anima. Che umiliazione! Appena i medici se ne andarono volevo piangere;
a stento nascosi le lagrime. Dissi a Ges che non pian-gevo affinch anche Lui non piangesse per i peccati del mondo. Alzai lo
sguardo verso la cara Mammina e le dissi: - So-no pronta ad altro sacrificio... Dillo a Ges per me. Fa' che io soffra! Fa' che io ami!
Voglio morire di amore. - Ebbi per tutto il giorno il corpo e l'anima in un mare di dolore!... (lettera a p. Pinho, 2-5-1941).
Fui avvisata dal dott. Azevedo che sarebbe stato meglio ritornare a Oporto per consultare il dott. Gomes de Araujo. Pregai per un
mese per sapere se questa era la volont di Dio. Pi chiedevo luce e pi aumentavano le tenebre e pi profondo diveniva il dolore
dell'anima perch non sapevo cosa fare. Finalmente il Signore mi disse che voleva che io partissi. ... Peccato che il mondo non
conosca l'amore che Ges porta alle anime! Lo vedremmo pi amato e meno offeso. Fi-nalmente Ges mi ha illuminata. Andremo
ad Oporto. vo-lont sua per aumentare la mia sofferenza. Sar anche per sua maggior gloria. Lui lo sa. Ho sofferto nel chiedergli
luce e non averla. Ma ora la mia agonia ancora maggiore. Ho tanta vergogna, tanta paura. Mio Dio, sia per tuo amore!...
(lettera al dott. Azevedo, 3-7-1941).
... Mi trovo in una notte oscura e senza una goccia di rugiada. Non v' balsamo per il dolore della mia anima. Vedo di lontano i
colpi che feriranno il mio cuore. Stento a respirare per il peso delle umiliazioni. All'idea delle sofferenze che mi porter il mio
viaggio ad Oporto, dico fra me: - Vado al giudizio. - ... Oppressa e annientata da questo dolore, penso: - E' per Ges, per le anime!
- E allora tutto il mio essere si tra-sforma in un solo pensiero: - Dio in tutto e al di sopra di tutto. Trascorrerei tutta la mia vita a pensare solo a Dio. Tutto passa, Dio solo rimane. Il pensiero di Dio abbraccia cielo e terra. Mi
sprofondo in Lui. Posso amarlo e pensarlo tutta l'e-ternit. Questo pensiero mi solleva; soltanto cos addolcisco il mio dolore e
posso sorridere al quadro triste e doloroso che mi si presenta. Fingo di esser in una grande gioia per il mio viaggio a Oporto, per
rallegrare i miei, affinch non compren-dano il dolore del mio cuore... (lettera a p. Pinho, 14-7-1941).
Secondo viaggio ad Oporto
Il mio stato fisico era molto grave. Temevano di togliermi dal letto per un s lungo viaggio. Anch'io temevo, e molto: se il solo
toccarmi era causa di tante sofferenze, come potevo andare cos lontano?... Incoraggiata dalle parole del Signore, confidavo in Lui
e sotto la sua azione divina mi preparavo a partire all'alba del 15 luglio 1941.
Alle quattro avevo gi fatto le mie preghiere. Per fingere di essere contenta, chiamai mia sorella dicendole che andavamo alla
citt : solo per mantenere nascosto il mio dolore. Men-tre stavo dicendo questo, sentii un'automobile fermarsi presso la nostra
casa.
Entr nella mia camera il dott. Azevedo con un signore amico. Dopo breve conversazione, mentre mia sorella si ve-stiva, ci
preparammo per uscire. Partimmo alle 4,30, per non allarmare il popolo; era ancora buio; infatti uscimmo dal paese senza
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incontrare nessuno. In quale silenzio era mai la mia anima! Immersa in un abisso di tristezza, senza interrompere la mia unione
intima con Ges, viaggiavo chiedendogli sempre coraggio per l'esame che mi attendeva e offrendo il mio sacrificio per avere il suo
divino Amore e per le anime. Invocavo la Mamma celeste e i santi pi cari.
Non mi attirava nulla e tutto quanto vedevo mi causava profonda tristezza. Ogni tanto interrompevano il mio silenzio per chiedermi
se andavo bene; ringraziavo senza uscire dall'a-bisso in cui ero immersa. Era giorno quando ci fermammo a Trofa, in casa del
si-gnore che ci accompagnava: l dovevo riposare e ricevere il mio Ges, in attesa di ripartire per Oporto. Prima di riprendere il
viaggio, fui portata in giardino e, sorretta dall'azione divina, arrivai fino ad alcuni fiorellini che raccolsi pensando: - Il Signore,
quando li cre gi sapeva che oggi sarei venuta a raccoglierli. - Fui fotografata in due luoghi diversi e, dall'uno all'altro, andai con le
mie gambe, ci che mai pi avevo fatto da quando mi ero posta a letto anzi, neppure pi mi ero voltata da sola nel letto. Fu un
miracolo di Dio, perch senza di Lui non mi sarei mossa. Riprendemmo il viaggio: la mia anima soffriva orribilmente. A pochi
chilometri da Oporto Ges ritir la sua azione divina. Incominciai a sentire le solite sofferenze fisiche che re-sero tormentosa la fine
del viaggio; dissi, non perch sapessi la distanza ma perch il mio stato me lo fece dire: - Siamo gi vicini ad Oporto. - Qualcuno
rispose: - Ci siamo, ci siamo! - Infatti aveva visto che mancavano solo sei chilometri. La salita al consultorio fu dolorosa oltre ogni
dire: mar-tirio del corpo, agonia dell'anima; mi pareva di morire. Prima di entrare nella sala delle visite, dissi a chi mi por-tava in
braccio: - Posatemi, posatemi, anche sul pavimento! - In quell'istante apparve il medico che mi fece stendere su un let-tino, dove
rimasi in attesa della visita. Qualche momento prima di entrare nella sala medica Ges mi liber dell'agonia dell'anima e mi lasci
solo i dolori fisici, di modo che potei resistere meglio. La visita fu molto lunga e dolorosa. Mentre mi spogliavano
mi facevano coraggio ed io, ricordando ci che avevano fatto a Ges, dissi tra me: - Hanno spogliato anche Ges - e non pensai
pi ad altro. Il dott. Gomes de Arajo, anche se un poco brusco, fu prudente e delicato. Durante il ritorno a casa, Ges esercit su
di me la sua azione divina, perch resistessi al viaggio, ma mi diede nuovamente le agonie dell'anima. Arrivati a Ribeiro mi
fecero riposare nella casa del dott. Azevedo per attendere la notte e poter rientrare in paese senza che nessuno se ne accorgesse.
Sia in casa del signor Sampaio che in quella del medico sono stata trattata con tutte le attenzioni; ma nulla mi dava conforto,
anche se sorridevo a tutti per nascondere il pi pos-sibile il mio dolore. Riprendemmo il viaggio che era gi notte; tutto mi invi-tava
ad un silenzio sempre pi profondo. Ero astratta da tutto. Durante il tragitto non vidi altro che i fiori del giardino di Famalico,
perch me li additarono. Arrivammo a casa a mezzanotte, ottenendo cos che nes-suno si accorgesse della nostra temporanea
assenza.
Dopo quel viaggio aumentarono assai i dolori fisici. [Scrisse al direttore:] ... Preoccupata di avere Ges sulle labbra e nel cuore,
arrivai alla mia povera casetta e subito fui triturata dai dolori che mi consumavano il corpo, effetto forse dell'esame e del viaggio...
Nelle ore di maggiore angustia Ges mi disse: - Ecco, figlia mia, le tue sofferenze per i sacerdoti. Soffri per loro. Il dolore ripara. Gli
ardori che ti bruciano sono gli ardori delle loro passioni. Mi sono servito dell'esame medico per farti sof-frire per loro. - ... (lettera
a p. Pinho, 17-7-1941).
[Scrisse al medico:] ... I miei dolori, aumentati forse dall'esame, continuano. Ma non importa. Ho modo di dare di pi a Ges ed
Egli ha modo di distribuire alle anime. Io voglio consolare il suo divin Cuore tanto ferito. Voglio che la mia sofferenza sia come
in-censo finissimo che sale continuamente al cielo. Grava su di me il peso delle umiliazioni e mi affligge tanto il sentire di essere
causa di umiliazioni per lei e per il mio padre spirituale. Mi perdoni tutto. Io non vorrei farla soffrire... (lettera al dott. Azevedo, 237-1941).
Visita di un sacerdote giornalista e conseguenze
Il 27 agosto 1941 ebbi la visita del parroco accompagnato da p. Tercas e da un altro sacerdote. Questa visita mi fu molto
disgustosa perch feci il sacrificio di rispondere di fronte a tutti ad una serie di domande del p. Tercas. Risposi coscienziosa-mente
ad ogni domanda, perch pensavo che fosse venuto per motivo di studio, come altri avevano fatto. Soltanto il Signore sa valutare
quanto mi cost il dover parlare della Passione ; fu su questa soprattutto che mi interrog. Il parroco mi disse che il reverendo
[p. Tercas] voleva ri-tornare venerd, 29 agosto [per assistere alla Passione]. Non volevo acconsentire senza consultare il mio
direttore ma, aven-domi detto che doveva partire per Lisbona in quei giorni [quin-di non poteva attendere], cedetti dicendo: - Penso
che lei non venga qui per curiosit, nevvero? - Rassicuratami che no, acconsentii, anche se la sua visita in un venerd mi
dispia-ceva assai. Venne, ma condusse anche tre sacerdoti. Ero ben lontana dal supporre che quella visita mi preparava un nuovo
calvario: poco dopo egli pubblic quanto vide e seppe da me. Che il Signore accetti il dolore causatomi da quella pub-blicazione e
dal sapere di pubblico dominio i miei segreti na-scosti durante lunghi anni! Ogni tanto mi giungevano all'orecchio i commenti che si
facevano su di me: erano spine acute che involontariamente le persone mi configgevano nell'anima. Chi leggeva quella rivista o
ascoltava quello che si diceva di me ne riceveva diffe-renti impressioni. [Scrisse al direttore: ] ... So che pochi mi
comprenderanno, ma mi basta una sola cosa: Ges comprende tutto. Ho saputo che ieri [gente venuta da fuori] domandavano gi
di una certa Alexandrina di Balasar e che persone del paese richiedevano la rivista in cui si parla di me. Ho pianto molto. Voltata
verso il tabernacolo della chiesa ho detto a Ges: - Hai permesso che io arrivassi a questo punto e non vieni a pren-dermi per il
cielo! - D'improvviso mi venne in mente che potevo fare contento Ges e dissi: - Non piango pi, perch Ges non vuole. Voglio
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soffrire tutto per salvare anime e per amore di Ges e di Mammina. - Infatti ho sempre sorriso, anche se dentro piangevo, per-ch
nel mio cuore regnava la sofferenza. La pubblicazione della mia vita una spina che non cesser di ferirmi... (lettera a p. Pinho,
19-12-1941).
Il mio viaggio a Oporto e la pubblicazione della mia vita allarmarono i superiori del mio direttore a tal punto che forse potranno
proibirgli di venire da me, di prestarmi l'assistenza religiosa di cui ho bisogno e perfino di scrivermi e di ricevere mie notizie!
Da allora cominciai a vivere di illusioni: - Verr oggi, verr domani? - Quante cose mi venivano in mente! Il pen-siero di perdere
tempo in divagazioni inutili mi addolorava, ma non riuscivo a sviare il mio spirito da ci che mi faceva soffrire tanto.
La mia vita divenne un sacrificio totale. Posso quindi affer-mare che non so cosa sia il godere, anche se non me ne duole. Mi sento
alla fine della vita: aspetto l'eternit. Soltanto l potr ringraziare Ges di avermi scelta per questa vita di con-tinuo sacrificio, per
amare soltanto Lui, per salvargli anime
1942
Senza direttore
... Ges venuto ed ha acceso nel mio cuore un poca del suo fuoco divino; mi ha dato qualche raggio della sua luce: - Figlia
mia... giunta l'ora di darmi la maggior prova di amore e di eroismo: camminare senza luce in completa abbandono... (lettera a p.
Pinho, 3-1-1942).
... La mia anima pare strapparsi a pezzi. Solo il 7 gen-naio, giorno in cui lei, padre, venuta da me, il mio dolore sia fisico che
spirituale ebbe una pausa. vero che Ges mi sta privando di tutto, ma mi ha ancora dato alcune ore di sollievo e qualche
momento di dolcezza e soavit nell'anima. Li ricordo a stento e mi pare di mentire perch ora non ho luce... (lettera a p. Pinho, 91-1942).
... Il vivere senza sostegno mi fa paura. Ho perduto tutto sulla terra e in cielo. Voglio sperare ciecamente che Ges e Mammina
non mi abbandoneranno, ma cado nello scoraggia-mento, rimango abbattuta, immersa nello smarrimento.
- Mio Dio, mio Ges, credo in Te, credo nel tuo divino amore per me. Ti amo e voglio darti anime. - Ieri il medico stato qui quasi
due ore. Ges si servito di lui per addolcire il mio dolore... Ho ancora sulla terra chi ha compassione di me. Ges non mi
abbandona e mi manda le sue tenerezze. Questo pensiero ha fatto rivivere la mia fi-ducia... (lettera a p. Pinho, 15-1-1942).
... Ieri venuto un giornalista di Lisbona; non gli ho detto nulla delle cose di Ges, ma il fatto mi fa soffrire. Quasi tutti i sacerdoti
sanno di me: fanno mille domande al parroco. Tutto per causa degli scritti del p. Tercas. Potessi essere por-tata via di qui! Non
vorrei essere conosciuta; vorrei nascon-dermi... (lettera a p. Pinho, 16-1-1942).
... Oggi il parroco venuto a leggermi due fogli di p. Ter-as con parecchie domande. Vorr continuare a parlare di me? Gli ho
risposto che non avrei detto nulla delle cose del Signore e che soffro per avergliene parlato. Non per timore di essere colta in
qualche bugia: potrei essere interrogata migliaia di volte e io direi sempre la stessa cosa, perch la verit ha una sola strada. la
ferita che sento e che mi obbliga a procedere cos.
Venga chi vuole: io parler soltanto con l'autorizzazione del mio direttore... (lettera a p. Pinho, 17-1-1942).
... Quanto dolorosa la mia sofferenza! ... Mio Dio, se almeno questa croce fosse solo per me! Ma per sfortuna non cos.
inutile che lei, padre mio, voglia ingannarmi dicen-domi che non soffre non ho bisogno di altri testimoni, mi bastano i sentimenti
della mia anima... Per mia maggiore con-fusione sento di essere io il motivo di tanto soffrire; lo sono e lo sar per tutta la vita. E
sar pure causa di molta umiliazione e sofferenza per il medico. Che triste ricompensa per quanto ha fatto per me! cosa
involontaria; io non vorrei essere ingrata verso nessuno. Quando ricevo Ges me ne dimentico subito e rimango sola nel mio
dolore. Mi pare che se udissi Ges non Lo ascol-terei e Gli volterei subito le spalle, anche se non l'ho mai fatto... Quanta paura di
ingannarmi! Ho pianto molto e sono triste per questo mio comportamento. Non vorrei ricevere la croce con le lacrime, ma non ho
pi forze. Piango, ma nel cuore vi la volont di seguirLo, di con-solarLo, di soffrire tutto per suo amore e dargli anime. Preghi per
me... (lettera a p. Pinho, 21-1-1942).
... Le hanno proibito di venire qui? Non cessano di farla soffrire? Tentano di umiliarla e di deprimerla di pi? Ges sia con noi! Ci
venga in aiuto la cara Mammina e ci dia forza per tanto dolore. Sia tutto per la maggior gloria di Ges e a vantaggio delle anime...
(lettera a p. Pinho, 26-1-1942).
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... Sento che lei soffre quasi solo... Mio Dio, ho eretto un calvario al mio padre spirituale che ha fatto tanto per por-tare la mia
anima a Ges.
Ne ho elevato un altro al mio medico, che si sacrifica tanto per il mio corpo. O Ges, o Mammina, chiamatemi a voi af-finch io non
sia pi motivo di tanta umiliazione e dolore... Preferirei soffrire sola. Avessi potuto soffrire questo mare di dolori e nessuno ne fosse
a conoscenza, eccetto Ges! Vorrei scomparire dal mondo, dallo sguardo di tutti e rimanere nella dimenticanza... (lettera a p.
Pinho, 30-1-1942).
... Sono in uno stato di rivolta e mi sento sola, proprio sola... Che tremenda burrasca!... Sono al colmo della mia ago-nia. Temo di
diventare infedele al mio Ges: non ho forze per sopportare di pi... Quando verr il cielo? Povera me se ritarda!... Domenica sera
[8 febbraio] sul tardi si insinu nel mio spirito un grande tormento: il timore che sarei rimasta senza il mio Ges [eucaristico], che il
parroco, proibito dall'arcive-scovo, non sarebbe pi venuto a portarmelo; che sarebbero proibiti di venire a trovarmi tutti i sacerdoti,
cos come ogni altra persona, sotto pena di scomunica. Mio Dio, senza avere un padre per confessarmi, che cosa devo fare? Far
di tutto per non peccare, non rattristare neppure in una minima cosa il mio Ges e chiedergli molto perdono. Mio Dio, mio Dio, che
con-fusione dover morire cos senza un sacerdote!...
... O mio padre, mi giunge da poco una nuova sofferenza: non mi consentono che io prenda consigli dal mio padre spi-rituale... A
chi devo io ricorrere?... (lettera a p. Pinho, 13-2-1942).
Presentimenti realizzati
Gli uomini tentano di allontanare e strapparmi per sempre ci che mi serviva di aiuto e poteva darmi conforto. Mi hanno tolto il mio
padre spirituale, proibendomi perfino ogni corri-spondenza. Consentimi almeno, mio Ges, di sfogarmi con Te. Mi trovo sola nella
tempesta che non cessa. Ti apro il mio cuore. Solo Tu vi sai leggere quanto vi scritto con dolore e sangue. Solo Tu comprendi e
valuti il mio soffrire. Il mondo lo ignora; gli uomini non lo capiscono. Lasciami dire ci che Tu hai detto al Padre tuo: - Per-dona
perch non sanno quel che fanno. - Sono ciechi, manca loro la tua luce divina. Illuminali; da' a tutti il tuo amore. O Ges, i miei
presentimenti si sono realizzati!
Potranno anche proibirmi di riceverti sacramentalmente? Povera me! Mi ucciderebbero se Tu con il tuo potere divino non mi
conserverai in vita. Dicano e facciano ci che vogliono. Non riusciranno per a privarmi della unione intima con Te. Rubarmi Ges
sacramentato! Non mi meraviglierei se lo facessero. Ma strapparmi dal cuore il Tesoro ricchissimo che adoro e amo su tutte le
cose, il Padre, il Figlio, lo Spirito santo , gli uomini non lo potranno mai. Dovrebbero potermi far vivere senza cuore e senza
anima. Impossibile! Venga il mondo intero con la sua forza; si metta tutto contro di me: ma solo il peccato potrebbe separarmi da
quella grandezza infinita, da quell'amore senza confini. Ma io confido pienamente in Te, mio Ges. Tutto spero da Te, anche se i
sentimenti della mia anima arrivano quasi a persuadermi che sto ingannando me stessa.
... Che male ho fatto? Che crimine ho compiuto?... Mio Ges, se non fosse per tuo amore, se non fosse per il desi-derio di darti
anime, mi rifiuterei a tutto... (diario, 19-2-1942).
... Io bramo il cielo, ma non vorrei morire cos. Vorrei la morte che mi d Ges e non quella che mi danno gli uo-mini! Non vorrei
lasciarli con il rimorso di avermela data... Non so come posso vivere cos. Per ora ho lei che mi sostiene in tanto penoso calvario.
Potranno anche dire che le cose del Signore avvengono in me per le visite del medico? Non lo dubito. Ma in questo caso sarebbe
meglio chiudermi in un carcere ove nessuno mi possa vedere; cos soffrir sola e non sar causa di sofferenza ad altri.
Mancherebbe ancora che mi rubassero il medico! Grazie al caro Ges non sono attaccata ad alcuna cosa della terra, ma sento il
bisogno di chi mi aiuti a salire il mio calvario: da sola non posso... (lettera al dott. Azevedo, 21-2-1942).
... Alcune ore dopo la mia "Passione" part il mio medico il quale mi disse che in questi ultimi giorni il mio cuore peggiorato. Mi
diede coraggio e fiducia. Mi sono confidata con lui perch sento che il Signore si serve di lui per aiutarmi a proseguire nei sentieri
tanto spinosi e difficili. Mi sono sentita pi forte. Alle sei pomeridiane mi consegnarono la posta e vidi subito una sua lettera.
Appena l'ebbi in mano, le mie braccia parvero spezzarsi e tutto il sangue parve congelarsi nelle vene. Non avevo forze per aprirla.
Pensai fra me: - Venga ci che vuole. Avanti! Mio Ges, accetto tutto per tuo amore e per darti anime. Incominciai a leggerla, ma
le lacrime me lo impedirono: erano per lacrime di completa rassegnazione. Mi parve che mi squarciassero il cuore con una lancia.
Sono gi passati al-cuni giorni, e mi sento nello stesso stato. Il cuore mi mancava e mi parve perfino di morire. Nel mio intimo
dicevo: - Per-dono a tutti coloro che mi hanno causato questa morte. - vero che Deolinda pi volte mi aveva dato a goccia a
goccia il veleno che la lettera racchiudeva, ma ora giungeva il taglio: l'ultimo veleno.
Le mie lacrime e la mia preghiera a Ges di perdonare tut-ti: ecco la mia vendetta.
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Nella triste lettera che non dimenticher pi, ella mi dice che ci quanto hanno determinato i superiori; che deve obbedire perch
lo vuole il Signore. Concordo. Obbedienza, santa obbedienza, quanto ti amo! Lei non vuole disobbedire e anch'io voglio che
obbedisca. Piuttosto tutte le sofferenze che il pi piccolo dispiacere a Ges. Chi obbedisce fa la sua divina Volont, ma infelici
coloro che non comandano secondo i suoi divini desideri! quanto avviene ora. Gli uomini si oppongono alla volont di Ges. E
ci che sente la mia anima pazza di dolore. Il mio cuore vola come un uccello che non sa dove posarsi; mi trovo nel martirio pi
doloroso. Mi sono confessata a p. Alberto Gomes nel quale ho pie-na fiducia e in cui vedo tutta la santit. Sento che mi
com-prende bene, ma non lui quella luce che Ges mi ha scelto, neppure quella fonte che mi pu saziare. per questo che io
dico: - Infelici coloro che non comandano secondo la vo-lont di Ges! - Continuer a chiamare lei mio padre spirituale sulla terra e
in cielo. Ci che gli uomini dicono e fanno non serve ad altro che a schiacciarmi sempre pi e a togliermi pi presto la vita... Si
ricorda che da tempo ho avuto presentimento di quanto succede ora? Le hanno proibito di venire qui! di scriverci! Volont del mio
Dio, io ti amo su tutto... (lettera a p. Pinho, 23-2-1942).
Mi hanno chiesto le lettere del padre
- O Ges, dammi la tua forza divina. Voglio nascondere il mio dolore. Da sola non ci riesco. Pianga il mio cuore notte e giorno, se
Tu lo vuoi, ma il mio sguardo sia lieto e sorridano le mie labbra. Il tuo santo amore e le anime siano il motivo del mio soffrire.
Sono come colomba che, sospesa, muove le ali, giorno e notte, e non sa dove posare se non la sorregge il tuo potere. Le
mancano le forze, incapace di continuare il suo volo: sono io che navigo nell'aria, sono io che sto per essere annientata dalla
tempesta; sono la pi indegna delle tue figlioline, senza luce e senza sostegno. O Ges, non sapevo di avere ancora tanto da
donarti! Quanto grande la mia ignoranza! Pensavo di averti dato tutto. Mi ingannai: sei venuto a fare l'ultima mietitura. Prendi
tutto, prendi tutto in fretta: raccogli per Te. Il giorno venti Ti ho dato il mio padre spirituale fino a quando me lo vor-ranno ridare; ti
ho dato le sue lettere che mi hanno servito di luce e incamminato verso di Te. Tu hai veduto, o Ges, quanto fu grande il sacrificio:
non per l'attaccamento ad esse ma perch mi furono richieste in un giorno di tanto dolore. Quando le ebbi in mano per legarle
insieme, Tu, o Signore, hai udito ci che andai dicendo: Ges me le ha date, Ges me le prende . E nel consegnarle ho sempre
ripetuto: Ges non merita forse di pi?... Tutto poco per salvargli anime... . Ci che mi pesava era di dover servire quale
strumento di sofferenza per gli altri... (diario, 27-2-1942).
- Mio Ges, mi furono restituite le lettere del mio diret-tore. Perch mai? Il sacrificio stato fatto. Fu come collocarle su un
cadavere che nulla sente. Ma l'obbedienza lo vuole e io accetto... - (diario, 13-3-1942).
Nelle oscure tenebre
- O Ges... il mio calvario non ha fine. Non termineranno pi le oscure tenebre della notte? Non scorgo il cammino; non posso
avanzare n retrocedere! Non ho guida; non ho vita. Il cuore e l'anima vanno in frantumi. Per amore di chi ac-cetto tutto questo?
Per Te, o Ges, soltanto per Te e per le anime. Srviti della mia tristezza ed agonia, srviti del sacri-ficio che mi ha portata
all'estremo limite, per dare la pace al mondo ed affinch il tuo Cuore divino possa avere da me tutta la gioia, la consolazione e
l'amore possibili.
... Se io non vivo per salvare le anime, se le mie sofferenze non bastano per evitare loro l'inferno, oh! allora, mio Amore, prendimi
con Te. Non si pu vivere cos. Mi resti almeno la speranza che la mia agonia consoli il tuo Cuore divino. Affrettati, Ges, a
soccorrermi. Fa' che io sia ferma nei miei propositi. Poni sulle mie labbra un sorriso ingannatore sotto cui possa nascondere
tutto il martirio della mia anima. sufficiente che conosca Tu il mio soffrire. Esamina, o Ges, tutto il mio corpo, il cuore e l'anima
mia: vedi se trovi ancora qualcosa che Ti serva; voglio darti tutto. La privazione del mio direttore e tutti i sacrifici che ven-nero in
seguito mi hanno portata alla massima sofferenza. Ed ora, mio Ges, il saperlo tanto vicino mentre io, come un uccellino nei giorni
invernali, sto morendo di fame per non potergli parlare, per non poter ricevere da lui alimento e vita per la mia anima... cosa da
morire di dolore! Regni il tuo amore: solo l'amore pu vincere. Ti ho promesso, o Ges, di soffrire in silenzio, di non permettermi
uno sfogo fino a che posso contenere tutto il dolore del mio triste patire. Ora non posso pi, mio Ges: mi schiac-ciano le
umiliazioni, i disprezzi, gli abbandoni... - La mia anima non sente se non paura e sgomento. Il mio cuore triste ansioso di
possedere il sangue del mondo intero per lastricare tutti i sentieri del calvario con queste parole di sangue: l'amore, l'amore di
Ges!
E non ho nulla e non servo per consolarlo ed amarlo (diario, 6-3-1942).
- Ges, mi senti? Mi pare che le mie parole siano soffo-cate dal peso della morte. Voglio dirti ancora una volta: so-no tua nel
tempo e sar tua nell'eternit. Mi dono soltanto a Te, solo a Te voglio appartenere . con l'anima in agonia e col cuore spezzato
dal dolore che le mie labbra balbettano queste parole: solo per amore . Le nere tenebre mi accecano: cammino fra rovi e spine.
Sono tutta ferita: dal mio povero corpo sento scorrere sangue. Mi sento sola: mi hanno rubato il conforto, il sollievo dell'anima, il
mio sostegno sulla terra. A volte non sopporto la nostalgia della Messa nella mia cameretta...
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Perdona, Ges, a chi mi ha causato tutto questo. Per tutti chiedo compassione; chiedo luce alla loro cecit. In questo mare di
sofferenze, in questa lotta di nere te-nebre, in questa notte molto buia la mia anima gode la pi grande pace: non temo di
comparire alla Tua presenza. A volte mi viene in mente se ci non orgoglio. Che non lo conosca? Sar nascosto nella mia
ignoranza? Mi hai dato la grazia di conoscere l'abisso della mia mi-seria, ma contemporaneamente vedo molto bene che
infini-tamente pi grande l'abisso del tuo amore, della tua miseri-cordia. Confido ciecamente in Te e spero in Te. - (diario, 27-31942) ".
Nuova forma di crocifissione (Momenti di Passione)
Il venerd santo, 27-3-1942, Ges mi disse: - Non temere, figlia mia; non sarai pi crocifissa; la crocifissione che hai tu delle pi
dolorose che la storia pu registrare.
- Non sottrarmi le tue forze, Ges, perch possa descri-vere nel miglior modo possibile ci che hai sofferto nella tua santa
Passione. Non vengano meno la tua protezione e il tuo amore a questa poveretta. Sia tutto a gloria tua e a vantaggio delle anime. I miei occhi parevano quasi non vedere l'avvicinarsi della passione. Il mio abbattimento mi spaventava; l'abbandono in cui ero
lasciata mi portava alla sepoltura. Che tormento! Dover lottare contro il mondo senza vita! - Scesero su di me la tua Vita e il tuo
Amore. Ho udito la tua Voce, dolce e tenera: Figlia mia, amore di Ges, co-raggio! Non temere. Il cammino del calvario sta per
finire. Vieni ed attraversa le ultime spine: dalle ferite causate da que-ste spine sgorgano sorgenti di salvezza. Le anime hanno
bi-sogno di tutto.
Ges consolato dalla tua crocifissione; trova in te tutta la riparazione che si pu trovare sulla terra. Coraggio! Ges, con la sua
Madre benedetta, non ti manca .
Camminai verso l'Orto. Nell'abbandono ricordavo le tue dolci parole, che per un certo tempo rimasero impresse nel mio cuore. Poi,
per causa dei colpi e dei maltrattamenti da parte della umanit, scomparve tutto. E nell'Orto, sola, in pro-fondo silenzio, nella
maggiore oscurit, quasi nella morte, cer-cavo di nascondermi per sempre, come se la terra potesse oc-cultarmi alla giustizia
dell'eterno Padre. Mio Dio, mio Dio... tanto sola!
Non soffiava un filo d'aria. Neppure le foglie degli ulivi si muovevano, se non nel curvarsi dei rami fino a terra, in se-gno di
adorazione. O dolore, o agonia di Ges, o amore di Ges per le anime! Le mie sofferenze non mi appartenevano: erano tue,
sol-tanto tue, mio Ges. Ho seguito le tappe della Passione; qui e l cadevo schiac-ciata dal dolore. Ripetutamente invocai:
Ges, Mammina, datemi le vostre forze perch le mie sono esaurite . Grazie, Ges! Con Te ho resistito. Nella flagellazione,
difesa dal tuo divin Cuore, vidi davanti a me i carnefici con flagelli per castigare il mio corpo. All'om-bra del tuo divino amore non li
temevo. Nella coronazione vidi intrecciare acute spine e formare un elmo, per configgerlo sul mio capo. Camminai verso il
Calvario, senza vita sufficiente per giun-gere al termine. Non potevo camminare pi: mi venivano meno le forze. Fui inchiodata
sulla croce: ad ogni colpo svenivo. Il Calvario si era oscurato. Si udivano soltanto i sospiri di Mammina soffocati dalle bestemmie: li
sentivo pi che altro nel mio cuore. - (diario, 27-3-1942).
I primi mesi della nuova fase di vita, appena iniziato il digiuno
Dal venerd santo [27 marzo 1942] incominciai a sentirmi morta sul calvario, nelle tenebre e nell'abbandono. Si avventarono su di
me tutti i leoni. Non diedero sepoltura al mio corpo; vennero gli uccelli i quali, nonostante le tenebre, riuscivano a vederlo. Sono
rimasta sempre in questa sofferenza. Presentemente sento gli uccelli in-trodurre il becco nelle mie ossa e ridurre tutto in cenere.
La croce sulla quale fui inchiodata caduta al suolo, ma sento ancora una parte del mio corpo sospesa ai chiodi Quegli uccelli
hanno ancora molto da dilaniare nel mio corpo, che non ha pi vita terrena. Solo il mio cuore sente una vita che non umana:
vita divina. Questa vita divina gli d sangue e sento che l'umanit intera, come stormo di uccellini, beve quella vita divina. Sento
che, quando quegli uccelli not-turni avranno ridotto le mie ossa in cenere, soltanto allora potr partire. Ieri, 20 aprile, quando
ricevetti l'ordine dell'arcivescovo di lasciarmi trasportare a Coimbra per essere esaminata dal dott. Elisio de Moura, mi assal
questo pensiero: - Quanto incompresa la sofferenza! Sono sicura che se provassero, per alcuni momenti, ci che avviene nel
mio corpo, non vi sarebbe al mondo chi avrebbe il coraggio di fare una simile proposta. - Con lo sguardo al cielo potei dire: - Sia
tutto per amore di Ges! Egli degno di tutto. Le anime meritano tutto, per-ch costarono il suo Sangue. - L'agonia della mia
anima continua ad aggravarsi sempre pi. Soltanto il cielo pu porre termine a tutto questo. Il Signore sia con me, perch solo con
Lui si pu vincere. Chiedevo a Ges con tutta fiducia di morire il 1 venerd di maggio, per trascorrere il 1 sabato in cielo (diario,
21-4--1942). Ges mi disse il giorno 2 maggio (sabato): - Beati gli umili e i perseguitati per amore di Ges. Sono essi gli eletti del
Signore e gli amati dal suo divin Cuore. La missione della crocifissa di Ges sulla terra quasi terminata. Ges le dar la morte pi
incantevole, pi colma d'amore. Quale gloria per il Portogallo e per il mondo intero! Che festa e trionfo in paradiso! - Ma l'agonia
indicibile della mia anima aumenta nel sapere tutte le bugie che dicono a mio riguardo, sembrandomi che continueranno dopo la
mia morte, causando sofferenza ai miei cari. Sarebbe mio desiderio che tutte le bugie morissero con me (diario, 3-5-1942). Il mio
cuore talmente ferito che mi pare non abbia pi la forma di un cuore umano; tuttavia una fonte abbondante di sangue. Chi lo fa
sgorgare la vita divina; sento che tutta l'umanit ne beve avidamente nel timore che il sangue si esau-risca... " (diario, 6-5-1942).
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Con l'anima afflitta ripeto: - Come sono tristi ed ama-rissimi gli ultimi giorni della mia vita! Dalla mia amarezza ricava, o Ges,
dolcezza e gioia per Te e vantaggio per le anime. - ... (diario, 7-5-1942).
- Mio caro Ges, mia cara Mammina, sono prima del mio padre spirituale proprio in questi tristi giorni in cui ne avrei maggior
bisogno! Mi sento abbandonata da tutti, eccetto quando mi date miracolosamente, anche se poche volte, ci che mi pu
confortare. Perdonate coloro che mi feriscono; perdonate tanta cecit; anch'io li ho perdonati. - Nel mio cuore non c' posto per
altre spade; ho sofferto in tutti i sensi; ho ricevuto dispiaceri da chi meno me l'aspettavo. - O mio Ges, da' a tutti il tuo perdono, il
tuo amore, la tua compassione. Purifica, santifica, brucia nel tuo divino amore e conduci presto presso di Te la tua figlioletta
agoniz-zante. - ... (diario, 24-5-1942).
Il mondo consacrato a Maria. Continua il digiuno
... Ges venuto dicendo: Il cuore del Papa de-ciso a consacrare il mondo al Cuore di Maria. Che grande fortuna e gioia per il
mondo appartenere come mai alla Madre di Dio! Tutto il mondo del Cuore divino di Ges, tutto il mondo apparterr al Cuore
immacolato di Maria! - (diario, 22-5-1942).
... Dal 24 maggio, Pentecoste, giorno in cui chiedevo allo Spirito Santo tutta la luce e tutto il fuoco del suo divino amore, amore
santificante, lo stato della mia anima si modificato... Il 25 maggio [coloro che frequentavano la casa] notarono una differenza in
me, ma la differenza era solo la trasforma-zione della mia anima. Non sentivo, se non raramente, le grandi amarezze, le tenebre,
l'arsura e le agonie, ma sentivo invece grandi desideri di volare al cielo con impulsi che mi facevano alzare come se avessi ali per
prendere il volo. Non posso saziare i miei desideri e le nostalgie per i cibi della terra; sospiro e muoio bramando di andare a
saziarmi coi cibi celesti... Il filo divino che lega il mio cuore al luogo ove abita sta quasi per spezzarsi: pare che sia stato limato. Ci
che gli ha giovato che la tempesta gli ha dato qualche piccola scossa solo di tanto in tanto.
S, ora posso dire: - vicino il cielo, vado a vedere il mio Ges! Vado a vedere la mia cara Mammina! Vado a vedere il paradiso!
Vado ad amare eternamente i miei amori: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. Lascio il mondo senza rimpianti: non gli appartengo. Il giorno 29 maggio ho pregato cos: - Ave Maria, Ma-dre di Ges! Onore, gloria, trionfo al tuo Cuore immacolato! Ave Maria,
Madre di Ges, Madre di tutto l'universo! Chi non vorr appartenere alla Madre di Ges, alla Signora della vittoria? Il mondo sta
per essere consacrato, tutto, tutto al tuo Cuore materno! Difendi, Vergine pura, difendi, Vergine Madre, nel tuo Cuore santissimo
tutti i tuoi figli. - Mi pare che la determinazione del santo Padre di volere consacrare il mondo sia ci che mi obbliga a vivere ancora
sulla terra; triste esilio che non posso sopportare... (diario, 31-5-1942).
... Il mio stato grave; dolorosissima la mia sofferenza. Ma nacquero in me desideri irresistibili di dettare alcune parole per lei,
mio padre. Le forze che parlano non sono mie: non ne ho perch esaurite. Ma il grido della mia volont: un leggero soffio di
vita che parla. Non ho corpo se non per il dolore; non sento altro. Sono una piccola e fragile bolla di schiuma che per nulla si disfa.
I sentimenti della mia anima sono strani. Mi trovo come in un luogo dove non c' godimento n pena. Sento che gli uomini mi
hanno legata alla terra, obbligandomi a sospendere il mio viaggio. Vivo ferma, vicino al cielo, ma senza poter entrare. Di tanto in
tanto mi vengono forti nostalgie per la mia patria celeste, capaci di togliermi mille vite; sono quasi insopportabili; voglio piangere e
piangere molto. Mi pare che la missione destinatami da Ges sia compiuta; mi tiene qui, ma non faccio nulla. Confido per che
Ges romper questi lacci che impediscono il mio volo verso il cielo... Continuo il digiuno e non posso neppure saziare con gu-sto
la sete bruciante che mi consuma. Posso bere poche gocce e quasi senza sollievo. Non so spiegare le nostalgie che sento. per il
cibo. Sento il desiderio di portare tutto alla bocca; vorrei alimentarmi con cibi che mi piacciono e non posso. Grazie a Ges la mia
intelligenza vivissima. Offro a Lui, per amore, il mio martirio e per dar luce a coloro che mi hanno privata, sulla terra, della luce e
del conforto... (let-tera a p. Pinho, 22-8-1942).
... Quando, per telegramma, ebbi notizia dell'avvenuta -consacrazione del mondo alla cara Mammina, Ges mi con-cesse rapidi
momenti di consolazione. Colma di gioia non sapevo come ringraziare Ges e Mammina. Con le mani verso il cielo esclamai: - Sia
benedetto Ges! Sia benedetta Mam-mina! - Avevo l'impressione di voler introdurre io stessa il Santo Padre nei Cuori di Ges e di
Maria: che gioia! Improvvisamente provai una umiliazione molto grande: mi sentivo tanto disprezzata; e il leggero soffio di vita che
mi resta incominci ad essere un nulla che si sprofondava nella terra fino a scomparire. Ma anche in questo stato continu il mio
ringraziamento. Recitai il "Magnificat" e feci accendere una lampada in onore di Mammina.
Padre mio, continua il mio digiuno; non ho fame, ma sento necessit e brame divoratrici di portare alla bocca tutto. Sa-pesse
quanto mi costa questa sofferenza! Sia per Ges e per le anime!... (lettera a p. Pinho, 7-11-1942).
1943
Dopo la consacrazione del mondo
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... Non ancora giunta la mia fine: questo un sacrificio in pi; tutto per Ges e per le anime. Prima che gli uomini cedano alla
volont di Ges ci vorr ancora molto tempo? Io sono in ansia e dico a Ges: - Il mio cuore vien meno. Non posso pi aspettare.
Non ho com-messo nessun delitto, perch mi sia applicato un cos grave castigo. Povera me, se dovessi essere giudicata dal mondo! In ve-rit hanno ragione di giudicarmi male: senza il Signore sarei capace di
fare quanto vi di peggiore.
Dalle parole di Ges, in cui confido ciecamente, mi pare che sia prossima la mia vera vita: il cielo, il cielo, oh il cielo! vado a godere
il cielo! Il giorno 13 dicembre, di buon mattino, - non fu sogno e, penso, non illusione - vidi la Mammina di Fatima elevata, non so
su che cosa, a grande altezza. Attorno a Lei, in basso, un universo di gente che Ella guardava con tenerezza. Mi trovai fuori di me
stessa: mi parve di essere stata trasportata in un'altra regione. ... La mia anima soffre molto dopo la consacrazione del mondo alla
Mammina... ... La mia febbre continua... i miei sudori non si spiegano; non so come posso vivere; solo questo dovrebbe arrivare a
dar luce... (lettera a p. Pinho, 2-1-1943).
Ridatemi chi mi guida a Ges
Reverendo Padre Provinciale, stanotte, verso le due e mez-za, chiesi a mia sorella di muovere il mio corpo inzuppato di sudore.
Mi sfuggiva la vita, mi mancavano le forze. La mia anima, sempre pi bramosa di volare a Dio, era in una dolo-rosa agonia. Aveva
bisogno di sostegno: voleva luce; quella luce che pochi sacerdoti sanno dare alle anime. Sola con Ges, intimamente, gli andavo
dicendo: - Dammi il padre spirituale, dammelo nuovamente, sebbene tu non l'abbia allontanato da me, grazie a quella unione che
non affatto, o quasi, compresa. Ma ora, mio Ges, essa non basta; non posso vivere cos. La pace mi invase e mi venne l'idea di scrivere a lei e di chiederle, per l'amore di Ges e i dolori di Maria, di permet-tere a p. Pinho
di venire a riprendere la direzione della mia anima, nei brevi giorni di vita che mi restano. Molte volte ebbi la stessa idea, ma veniva
tosto soffocata dal timore e da altro che non so e che non mi consentiva di realizzarla. Ma questa volta stata salda e durevole.
Non sono stata io a sceglierlo [come direttore]. Da 10 anni ero sola, senza una guida, e molto tribolata tra quattro mura da 8 anni. Il
Signore ebbe compassione di me, lo scelse e me lo mand. Fu allora, con i suoi santi consigli, che io conobbi sempre pi il
Signore. Da 13 mesi gli fu proibito di venire qui. Solo Ges sa quanto mi cost, anche se ho sofferto tutto per amore. Ora per ho
bisogno di chi mi sostenga; non posso pi vivere in questo martirio. Se per qualche istante lei po-tesse vedere ci che soffro nel
corpo e nell'anima e quanto ho patito in questo periodo, ho la certezza che avrebbe compassione di me. Ho avuto la febbre a 40 e
pi; dolori orribili agitano e fanno tremare il mio corpo, come tempesta che tutto vuole distruggere.
Mi sono vendicata e la mia vendetta continuer in cielo, nei riguardi di coloro che furono la causa del mio soffrire. Ma sa come?
Pregando e chiedendo perdono per essi; implo-rando luce perch vivano la vita intima di Ges e non siano di intralcio ad altre
anime affamate di Dio e bisognose di luce e di sostegno di santi direttori.
Lei mal disposta verso di me? Non lo sia! So di essere cattiva, la creatura pi miserabile, la figlia pi indegna di Ges, ma per
questo motivo la pi degna di compassione. Io, senza la grazia di Dio, mi giudico capace di fare e di essere tutto quello di cui mi
accusano presso di lei; per, con la grazia e tutta la forza del Signore, sar riconosciuta la mia innocenza. Mi permetta, Reverendo
Padre Provinciale, di chiederle an-cora una volta per amore di ci che vi di pi caro in cielo e sulla terra: lasci venire il mio padre
spirituale ad assistere i miei ultimi giorni, a dare l'ultima luce, gli ultimi consigli a questa poveretta, che spera in breve di andare in
cielo. Confido in Ges e Mammina che non sar mai la vergo-gna del suo Ordine. Addio, reverendo Padre. Mi perdoni tutto; nulla
faccio col fine di offenderla. Non voglio offendere nessuno e tanto meno i discepoli di Ges. Abbia la bont di perdonarmi.
Arrivederla in cielo. (lettera al Provinciale dei Gesuiti, 2-2-1943).
Preparazione all'esilio di 40 giorni
... Dopo la Comunione Ges mi parl cos: - Eccoti al-l'ombra della Eucarestia; l'alimento che germina le vergini pi pure, le pi
care ed amate dal mio Cuore divino. Quanto mi devi, figlia mia, e quanto mi deve l'umanit intera di avere istituito questo sacro
Alimento! Come sto bene all'ombra del tuo cuore! Qui trovo tutta la ricchezza, tutta la purezza, tutto l'amore. Vi trovo tutto ci che
attendo da un'anima che solo a Me appartiene. Mi dono a te per amore... (diario, 23-3-1943).
... Il primo maggio Ges mi parl ancora e mi disse: - Figlia mia, quanto bella un'anima in grazia! Oh, la bel-lezza e gli incanti di
una sposa di Ges! Ges si innamo-rato della sua Alexandrina; l'ha preparata per farne un suo ricchissimo tabernacolo sulla
terra. Rallegrati, mia piccola in-namorata, rallegrati con il tuo Ges. Il mondo dica e faccia quello che vuole: Ges tuo, tutto tuo;
tu sei sua, tutta sua. La cecit dei miei discepoli e di coloro che si dicono miei amici mi fa pi dispiacere dei delitti dei peccatori.
Ges im-mola le sue vittime per salvarli. E coloro che dovrebbero possedere sempre la luce divina non la vogliono, non la cer-cano
e tentano di buttare a mare le cause pi sublimi e pi care a Ges, ci che ha preparato di pi ricco nel mondo, di maggiore gloria
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per S e di vantaggio per le anime. Coraggio, figliolina! Chi ha Ges non teme. Chi Lo pos-siede ha tutta la forza. Coraggio, mia
amata! Sono gli ultimi combattimenti... Verr poi il Cielo. - (diario, 1-5-1943).
Vinse il pensiero dell'obbedienza
Per soddisfare i desideri del signor arcivescovo mi assog-gettai ad un altro consulto medico che avvenne il 27 maggio 1943.
Quando mi fu annunciato [con lettera del dott. Azevedo], una nuova sofferenza si impossess del mio spirito. Ma, ve-dendo in tutto
la volont santissima di Dio, acconsentii, come sempre, per obbedienza, bench un altro esame medico mi costasse molto. Saputa
la data, chiesi ardentemente alla Mamma del cielo di darmi la calma per sopportare tutto, con coraggio e rassegnazione, per Ges
e per le anime. Il giorno fissato venne il dott. Azevedo con il dott. Gomes de Arajo e con il prof. Carlo Lima'. Io ero serena e
calma: il Signore mi aveva esaudita. Uno dei medici mi domand su-bito se soffrivo molto e a chi offrivo le mie sofferenze, se
sof-frivo volentieri e se sarei stata contenta che il Signore, da un momento all'altro, mi liberasse dai miei dolori. Risposi che in
verit soffrivo assai, che offrivo tutto per amore di Ges e per la conversione dei peccatori. Poi mi domandarono quale era la mia
pi grande aspirazione; io risposi: - Il cielo! - Allora uno mi chiese se ambivo essere una santa, come santa Teresa, come santa
Chiara ecc. ed arrivare agli altari, lascian-do come loro un grande nome nel mondo. - ci che mi interessa meno - risposi.
Per togliermi la fiducia in Dio mi fece una proposta: - Se per salvare i peccatori fosse necessario perder l'anima sua, che farebbe? Confido che anche la mia si salverebbe, salvando le altre anime; ma se dovessi perderla, direi di no al Signore; Egli non chiede
certamente una simile cosa. Anzi, voglio dire che ho promesso al Signore i miei occhi, la cosa pi cara del mio corpo, se ci fosse
necessario per convertire Hitler, Stalin e tutti gli autori della guerra. - E perch non mangia? - Non mangio perch non posso; mi
sento sazia; non ho necessit; ma sento nostalgia del cibo. - Dopo questo i medici incominciarono la visita che soppor-tai con
buona disposizione. Fu una visita rigorosa, ma allo stesso tempo usarono delicatezza col mio corpo. Alla fine, sic-come non ero in
condizione di affrontare un viaggio, decisero di chiamare in casa nostra due religiose infermiere per ac-certarsi della veracit del
mio digiuno. Quando i medici se ne furono andati, il Signore mi fece sentire che la loro decisione non si sarebbe realizzata e rimasi
in attesa di notizie circa le loro intenzioni. Il 4 giugno vennero il dott. Azevedo ed il confessore p. Al-berto a comunicarmi la
risoluzione dei medici e a convincere me e la mia famiglia sulla opportunit di andare al Rifugio di paralisi infantile di Foce.
Sarei stata messa in una ca-mera sotto osservazione durante un mese, per un controllo pi diretto di quanto avveniva in me. Io, l
per l, risposi di no, ma mi pentii subito, pensando all'obbedienza dovuta all'arci-vescovo e per non creare una situazione critica al
mio diret-tore, al dott. Azevedo e a tutti coloro che tanto si interessano di me. Accettai la proposta, ma a queste condizioni: 1) di
potere ricevere Ges tutti i giorni; 2) di essere accompagnata sempre da mia sorella; 3) di non essere pi sottoposta ad esami,
perch io andavo in osservazione e non per esami. Nei giorni in cui rimasi ancora in casa chiesi a Ges e a Mammina di darmi
forza e coraggio per essere io stessa di coraggio ai miei cari i quali erano desolati. Quante volte du-rante la notte, col cuore
oppresso e le lacrime negli occhi, chiesi a Ges di aiutarmi perch mi pareva che tutte le forze mi abbandonassero e mi vedevo
senza coraggio per me, tanto meno per darne ad altri!
Ges venne a confortarmi
Il 27 maggio Ges mi aveva detto: - Figlia mia, non temere. Non hai motivo di temere. Hai in te la Forza che del cielo e della
terra. La Carne ed il Sangue di Ges sono il tuo alimento. Imprimi nel tuo cuore la mia divina immagine e nei momenti di afflizione
guardala e contemplami crocifisso. Verr il coraggio. Vi un'onda di delitti che si propaga nel mondo: abbi compassione del mio
dolore, ripara per i pec-catori. Abbi coraggio! La mia divina Volont si compir. - Il 5 giugno Ges mi disse ancora: - L'anima fedele
non teme la croce; la prende, l'abbraccia, l'accarezza, la porta per amore. Le spine con cui Ges adorna le sue crocifisse sulla
terra si trasformeranno in cielo in petali delle rose pi belle. ... Di' a tua sorella che ti accompagna nei tuoi dolori, di' a tutti coloro
che ti aiutano a salire il tuo doloroso calvario, che saranno per loro le prime benedizioni, le prime grazie (diario).
Alla vigilia [9 giugno] dopo aver offerto al Signore il sacrificio della mia partenza, senza una luce, in uno sfogo pro-fondo dissi: - O
mio Ges, voglio fare soltanto la tua san-tissima Volont! - Lo udii subito nella sua infinita bont: - Coraggio, figlia mia... per la
mia causa, per le pecorelle amate dal mio Cuore divino. In esilio
Giunse il 10 giugno e tutto era pronto per il viaggio al-l'ospedale di Foce del Duro. L'amarezza che si impossess di me era
enorme, ma allo stesso tempo mi venne un tale coraggio che potevo nascondere ci che sentivo nell'anima. Deponevo tutta la mia
fiducia in Ges ed ero tanto convinta del suo divino aiuto da pensare che, se fosse stato necessario, Egli avrebbe mandato i suoi
angeli ad aiutarmi nell'esilio in cui mi volevano gli uomini. Quando giunse il medico [Azevedo] per prelevarmi, non ebbe il coraggio
di dirmi che bisognava partire; fui io ad in-tervenire: - Andiamo, signor dottore, chi non parte, non ritorna! - Ci fu il commiato.
Soltanto Ges sa quanto mi cost la separazione dai miei cari che mi abbracciarono e baciarono pieni di dolore. Io guardavo solo il
Cuore di Ges e la cara Mammina per chiedere forza. Scendendo le scale in lettiga dissi a tutti per rianimarli: - Coraggio! Sia tutto
per Ges e per le anime! - Ma non ho potuto dire altro per l'oppressione del cuore e per potere contenere le lacrime. Era quanto
volevo per non aumentare il loro dolore. Appena fui sull'autolettiga, attorniata da oltre 100 persone, vidi le lacrime sul volto di quasi
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tutti e udii i singhiozzi di mia madre e di altri parenti. E indicibile il dolore che provai. Ero ansiosa di partire e partire in fretta. Il mio
cuore pulsava con tanta violenza che pareva staccarmi le costole. Dissi allora a Ges: - Accetta tutte le pulsazioni mie come atti di
amore e per la salvezza delle anime. Il viaggio fu difficile. Mi sembrava che il cuore non reg-gesse. Ogni tanto guardavo mia sorella; era tanto desolata! Il medico diceva
che non costava viaggiare con ammalati come me perch mi vedeva sempre con il sorriso sulle labbra. Ma Ges sa l'amarezza del
mio cuore e le torture del mio povero corpo. Con le scosse dell'autolettiga mi sentivo depressa, ma ripetevo sovente: - Tutto per
Tuo amore, Ges! E che il buio della mia anima serva a dar luce alle anime! - Presso le ultime case di Balasar il signor Sampaio
alz le tendine dell'autolettiga. Notai che il medico aveva le lacrime agli occhi e disse: - Carini! - Gli domandai che cosa av-veniva.
Mi spieg che lungo la strada alcuni fanciulli lancia-vano fiori verso di noi. Mi sentii intenerita e a stento trattenni le lacrime che
forzavano per uscire. Quando giungemmo a Matozinhos il medico alz le ten-dine perch vedessi il mare. Un enorme silenzio mi
domin ed osservando il movimento continuo delle onde sulla spiaggia chiesi a Ges che anche il mio amore fosse continuo e
duraturo. Giunti al Rifugio il dott. Gomes de Arajo non con-sent che l'autolettiga arrivasse fino alla porta. Incaric alcuni
uomini di prender la mia barella e di portarmi cos, dopo avermi coperto il viso perch nessuno mi vedesse. Il mio cuore si rattrist
ancor pi presentendo cosa sarebbero stati quei lunghi giorni in tale casa. Cos coperta mi pareva di esser in una cassa e
domandavo a me stessa: - Che delitto ho mai commesso? - La salita delle scale del Rifugio mi caus un martirio perch mi
portarono con la testa all'ingi. Mi scoprirono il volto soltanto in camera dove mi vidi attorniata dal dott. Arajo e da alcune signore
che sarebbero state le mie assistenti. Mi collocarono poi nel mio letto. A mia sorella avevano destinato un'altra camera,
contra-riamente a quanto avevo richiesto. Fu uno dei maggiori sa-crifici che potevano esigere da noi: come avrei potuto stare
senza di lei, che sapeva come muovermi quando era necessario ed aiutarmi con buone parole che mi servivano tanto a
sop-portare il doloroso calvario? Mi avevano appena adagiata sul letto che Deolinda si pre-sent sulla porta con la valigia della
biancheria. Il dott. Arajo, vedendola, url come un forsennato: - Fuori quella valigia! - Fu altra spina fra le tante. Quindi inizi a
dare ordini: - Le assistenti, le assistenti! L'inferma pu dir ci che vuole ma voi non siete autorizzate ad interrogarla. Dati questi ordini si ritir e rimasero il mio medico [Aze-vedo] e due signore; queste si sarebbero trattenute presso di me
permanentemente per vigilare tutti i miei movimenti.
Quando, ormai notte, il dott. Azevedo stava per allontanarsi, non potei pi trattenere le lacrime. Egli allora, pi che con rispetto,
con vera tenerezza per il mio dolore, mi disse: - Si faccia coraggio! Domani ritorner. - Ho pianto s, con vero dispiacere, ma ho
offerto quelle lacrime tanto amare al mio caro Ges. Nel vedermi cos desolata fu concesso che per quella notte mia sorella
rimanesse in camera mia con una delle signore, affinch le insegnasse il modo di voltarmi. Ma si pre-cis subito: - Solo per questa
notte, poi mai pi! Sotto la vigilanza pi rigorosa
Il giorno seguente, venerd, cominci per me in quella casa il vero calvario. All'ora dell'estasi, come avviene tutti i venerd, entr
mia sorella, presenti gi il medico Azevedo, il signor Sampaio e un'infermiera assistente. Agli osservatori soprag-giunti non sfugg
nessun particolare e tutto fu divulgato e com-mentato; per es. che il signor Sampaio aveva estratto dalla tasca l'orologio, che mia
sorella si era inginocchiata nell'udire le pa-role dell'estasi, che una infermiera aveva pianto, ecc. Il dott. Azevedo, come sempre,
scrisse il colloquio dell'e-stasi per consegnarlo ai medici.
Deolinda, che aveva l'ordine di non rimanere in camera mia, era amareggiata e disse: - Non potr vedere mia sorella nemmeno
dalla porta della camera? Forse che il mio sguardo la pu alimentare? - Inclinata sul mio letto piangeva incon-solabile. Fu allora
che le dissi: - Non affliggerti, c' con noi il Signore. - L'assistente che aveva pianto durante l'estasi, toccandola sulle spalle,
esclam: - Non pianga. II dott. Arajo un uo-mo di molta carit! - Bast questa espressione a mia sorella perch quell'assistente
fosse dimessa dalla vigilanza; ricompar-ve solo negli ultimi giorni, ma accompagnata, quando ormai vi erano gi le prove della
verit. Questo avvenne per causa di una assistente che fu il mio carnefice durante tutta la mia permanenza al Rifugio . Ella non
immagina neppure quanto mi ha fatto soffrire. Che il Signore la perdoni! Nella notte dal venerd al sabato ebbi una delle tremende
crisi di vomito che mi fanno soffrire tanto. Mi cost pi che mai l'assenza di una persona che mi sostenesse. Sabato venne di
nuovo il dott. Arajo per vedere come stavo e per sapere ci che era avvenuto. La mia prostrazione era tale che non mi accorsi
quando buss alla porta, sempre chiusa a chiave; l'udii soltanto quando, vicino al mio letto, susurrava all'infermiera: - spacciata!
spacciata! - A quel-le parole apersi gli occhi e gli dissi: - Signor dottore, anche a casa mia avevo di queste crisi. - Rispose
prontamente e imperioso: - Signorina, non pensi di essere venuta qui per digiunare! - Capii cosa intendeva dire e mi sentii
profonda-mente ferita.
Informato di ci che era avvenuto il venerd, volle leggere lo scritto dell'estasi e comment furioso: - Sembra impos-sibile che il
dott. Azevedo, tanto intelligente, si lasci sedurre da queste cose! Bisogna farla finita anche con questo. Intanto scompaiano di qui
tutti gli orologi, affinch questa ammalata ignori le ore. - (Quasi che il Signore avesse bisogno di orologi!). Vedendomi in quella
prostrazione avrebbe voluto soccor-rermi con medicine, ma io non acconsentii. Quante volte le infermiere mi si avvicinarono,
convinte che ero morta! Passarono cinque giorni di continua agonia, pi nell'anima che nel corpo, perch in quelle crisi non
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per-misero mai che Deolinda mi venisse vicina, mentre in casa tante volte erano necessarie due persone per sostenermi. Erano
tutti persuasi che la crisi fosse dovuta a mancanza di alimentazione e che, cos isolata e senza chi me la potesse dare, io avrei
sentito la necessit di chiederla o sarei morta. Come si ingannavano! Non sapevano che l'alimento mi veniva dall'Ostia santa che
ricevevo ogni giorno!
Il dott. Azevedo venne a trovarmi in quei giorni e fu in-formato di tutto da mia sorella, fuori della mia camera. Giunto presso il mio
letto, senza che mi fossi accorta, l'infermiera gli sugger che io avevo bisogno di medicine. Fu allora che io apersi gli occhi e udii
che le rispondeva: - Questa ammalata venuta per la costatazione del digiuno e nulla pi. Credo che il dott. Arajo stia alle
condizioni. Non permetto che le si facciano iniezioni o altro, a meno che ella non lo chieda. Vedranno che la crisi passer,
spariranno le occhiaie, ritorner il colorito e il polso diventer normale, o quasi normale perch non favorito dal clima marino. Le
assicuro una cosa, mia si-gnora: lei morir, io morir, ma l'ammalata non morir in questo ospedale. - Quindi, seduto vicino a me,
mi diede un po' del conforto di cui avevo bisogno.
Per volont di Dio, dopo cinque giorni, il vomito pass, ritorn il colorito normale insieme alla luminosit degli occhi. Durante la
successiva visita del mio medico [Azevedo] la signora assistente usc con questa frase: - Guardi, signor dot-tore, guardi che volto!
- Ed egli delicatamente ma con fer-mezza: - Sono state le cotolette e le iniezioni! - Ges ha voluto mostrare ancora una volta il suo
potere in questa umile creatura. Tutte le assistenti eseguirono scrupolosamente l'ordine del dott. Arajo e non mi abbandonarono
un momento. Aprivano la porta della camera soltanto per lasciare entrare i medici e le infermiere. Nonostante la mia
trasformazione, n il dott. Arajo n le infermiere si volevano convincere che io potessi vivere senza alimentazione. Infatti usavano
talvolta argomenti per impaurir-mi: passavano poi a frasi di tenerezza e di interessamento per la mia persona. Nei loro discorsi li ho
sentiti dire che il mio caso era forse dovuto ad isterismo e a qualche fenomeno in-spiegabile. Un giorno dissi al dott. Azevedo
quanto avevo nell'anima tanto amareggiata e cio che per curare l'isterismo non c'era bisogno di rimanere in quell'ospedale. Ma lui
mi incoraggi e mi infuse fiducia. Gli ho ubbidito per fare in tutto la vo-lont di Dio.
A tu per tu col medico
Il dott. Arajo veniva a vedermi due o tre volte al giorno, ma sempre in ore diverse. Penso lo facesse per vedere se sco-priva
qualcosa. Talvolta entr in camera mia di notte, quando vi si trovava l'assistente che da qualcuno fu definita cardi-nale diavolo .
Vivessi fino alla fine del mondo, non potr dimenticare l'impressione che provavo quando il dottore apriva e poi ri-chiudeva subito
la porta: rimanevo sospesa per ci che avrebbe detto. Provavo una tale impressione che nel mio cuore e nella mia anima
aumentava la tristezza. Quante volte ripetevo a Ges: - Questa mia notte serva a dare luce a lui, a coloro che mi attorniano e a
tutte le anime che vivono nelle tenebre. Nelle conversazioni e negli interrogatori il dott. Arajo us tutti gli argomenti possibili per convincermi a mangiare, dicen-domi che
Dio non era contento del mio digiuno. Arriv ad insinuarmi scrupoli. Per di pi le infermiere tentarono di pren-dermi dalla parte del
cuore. Una volta il dottor Arajo volle perfino provare se riusciva a togliermi la fede. Si serv di quanto di meglio aveva la sua
intelligenza mediante interrogatori interminabili e torturanti per scoraggiarmi, persuaso che quanto avveniva in me era dovuto ad
influenza umana, non divina. Se ogni volta che ero inter-rogata avevo l'impressione di trovarmi davanti ad un lupo con pelle di
agnello, in quel giorno fu assai peggio: mi parve di vedere in lui lo stesso satana che, con arte e sorrisi maligni, volesse strapparmi
la fede e convincermi che tutto era illusione. Mi diceva: - Si convinca, signorina, che Dio non vuole che lei soffra! Se vuol salvare
gli altri, li salvi Lui, se ne ha il potere! Se vero che Dio ricompensa coloro che soffrono, non ha pi ricompensa adeguata per lei
che ha gi sofferto troppo. - Ma, mio Dio [dicevo tra me], io so che Tu sei infinito, infinito nella potenza, infinito nei premi. Se fosse
come dice lui, per chi soffro io? Il dott. Arajo accompagnava le sue parole con uno sguar-do malizioso, demoniaco (cos mi
pareva). Io allora risposi: - Sono tanto, tanto grandi le cose di Dio! E noi siamo tanto, tanto piccoli, almeno io! Non fiat per un istante e poi, indignato, esclam: - Ha ragione; ma io sono una persona ben pi grande! - E se ne usc. Era ben
lungi dal conoscere questa legge di amore per le anime! Se sapesse il valore di un'anima, oh, allora vedrebbe che non mai
troppo quello che facciamo per salvarle! Piovevano costantemente umiliazioni e sacrifici. Se io almeno avessi saputo soffrire bene,
avrei avuto tanto da offrire a Ges. -Mi si presentavano sempre nuove cose che umiliavano e ri-chiedevano sacrifici.
Avevo ai piedi del letto una foto di Giacinta di Fatima. La guardavo con amore e, senza alcun timore che le assistenti lo riferissero
al dottore, sospiravo: - Cara Giacinta, anche se piccola, hai provato cosa costano queste cose! Dal cielo ove sei, aiutami! Solo
l'aiuto del Cielo e le preghiere delle anime buone potranno darmi forza per salire un cos doloroso calvario e sopportare il peso di
questa pesantissima croce. Ogni volta che il dott. Arajo entrava mi faceva le stesse domande e mi lasciava spaventatissima quando mi diceva: - Dobbiamo
parlarci a lungo. -
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Quando lo vedevo uscire, respiravo profondamente e mi dicevo: - Benedetto sia il Signore, che te ne vai! - Ma il pensiero che
sarebbe ritornato presto mi dava una sofferenza molto amara. Un giorno, seduto alla mia destra, cerc di convincermi che ero una
illusa. Incominci con un discorso molto vago sulla medicina e su di un suo professore di Oporto, al quale aveva presentato un
lavoro di molte pagine elaborate dopo giorni e notti di studio. Era convinto di aver approfittato bene delle lezioni avute. Il
professore, letto il lavoro, gli domand: - P - sicuro di ci che ha scritto? - S, sono sicuro, per questo e quest'altro motivo. - La conversazione si protraeva ed io fissavo il dottore fin-gendo di non
comprendere le sue intenzioni e dicevo fra me: - Vai cos lontano per cadere tanto vicino! - Intanto il dot-tore proseguiva: - Ero
convinto di aver fatto un bel lavoro; il professore mi lasci parlare e poi mi dimostr che mi ero proprio sbagliato. Rimasi senza
respiro: mio Dio, tante ore perdute! Tante ore di illusione! Il mio lungo studio era crol-lato in pochi istanti. Io che, da parecchio
tempo, vedevo dove il dottore voleva arrivare, sorrisi e dissi: - Ma il mio caso non crolla, signor dottore! Mi ha gui-data un direttore
molto santo e molto saggio e mi ha studiata per vari anni. Se l'opera di Dio, nulla la pu far crollare! - Il dottore, un po'
impacciato, fingendo che non era quella il significato delle sue parole, concluse: - Ah, no!... - Si alz e in fretta se ne and. Era
tempo! Intanto mi confidavo solo con Ges, l'unico con cui lo, potevo fare e gli offrivo le mie lacrime, che cercavo di nascon-dere
all'assistente. Cantavo lodi a Ges e a Mammina, fingen-domi colma di gioia. Cantavo con il maggiore entusiasmo, ma dentro di
me ed ai miei propri occhi pareva non vi fosse n sole n giorno. Di notte alcune volte mi domandavo: - Cosa star facendo: ora
mia sorella? Star piangendo? - Pensando che ella stava soffrendo per causa mia, una volta non ho potuto trattenere le lacrime.
Quanto piansi! Avevo solo paura di disgustare Ges, ma Egli sapeva che accettavo tutto per suo amore, con il de-siderio immenso
di dargli tutte le anime. Infatti gli offersi anche le lacrime come atti d'amore per i tabernacoli.
Quanto maggiore l'amarezza, tanto maggiore l'amore : - non cos, mio Ges? Accetta tutto. - Il sedicesimo ed il trentesimo
giorno della mia perma-nenza ebbi la visita della mamma. Sentivo tanta nostalgia di lei! Pot stare poco tempo vicino a me e
sempre sotto lo sguar-do indagatore delle spie. Ella piangeva e io fingevo di non avere cuore: le sorridevo, scherzavo,
l'accarezzavo e, con il mio sorriso ingannatore, nascondevo l'amarezza dell'anima, bloccando le lacrime che volevano cadermi sul
volto. L'ho in-coraggiata, sfogandomi intimamente con il mio Ges. Era la mia croce: non dovevo portarla per amore di Colui che
era morto per me?
Non pi trenta ma quaranta giorni
Passavano cos, in una lotta continua, i miei giorni, con-traddistinti solo per l'avvicendarsi delle infermiere che si suc-cedevano
secondo la volont del dottor Arajo; per causa di alcune ho sofferto immensamente perch oltrepassavano i limiti dei loro diritti e
dei loro doveri. Giunsero i giorni in cui il dottore, convinto ormai della verit, promise maggior distensione, permettendo di lasciarmi
per qualche tempo la sorella, presente sempre l'infermiera. Con-cesse anche alle Suore Francescane del Rifugio di farmi una
brevissima visita. Avevamo gi progettato di comunicare a casa la data del nostro ritorno, quando inaspettatamente sorse un
contrattempo. Una delle infermiere aveva informato del mio caso il dott. Alvaro. Questi, non conoscendo me n i miei fenomeni,
fece nascere dubbi. Incominci ad affermare che sono cose impossibili, che le assistenti si sono lasciate ingannare e che
crederebbe soltanto mandando un'infermiera di sua fiducia. Il dott. Arajo, indi-gnato per la diffidenza circa la sorveglianza fatta da
lui, gli impose di mandare egli stesso la persona che giudicasse pi idonea: fu scelta una sorella dello stesso dott. Alvaro. Quando
noi pensavamo di vederci alleggerite dal nostro dolore, ci stata chiesta una nuova prova quanto mai triste e dolorosa. Il dott.
Arajo venne a convincermi che era con-veniente rimanere ancora dieci giorni. Anche se lui era certo della verit, conveniva
convincere l'altro suo collega. Mia so-rella non era d'accordo, ma io risposi: - Chi stato 30, pu stare 40. Il dott. Alvaro, veramente, non esigeva 10 giorni. Per con-vincersi gli bastava che io stessi 48 ore senza mangiare n evacuare. Ma
fu il dott. Arajo che, delicatamente, per l'onore del suo nome, invit la signora assistente a rimanere un giorno di pi e poi un altro.
Questo ultimo periodo fu un nuovo calvario che io offersi a Ges e a Mammina: dura prova, mio Dio! [In uno di questi giorni] il dott.
Arajo, senza spiegazioni, prese la borsa di gomma che avevo sullo stomaco e un fiasco d'acqua che le assistenti conservavano
per bagnare il fazzoletto che tenevo sulla fronte e vi infuse in entrambe non so che cosa: se avessi succhiato il fazzoletto o bevuto
dalla borsa, come disse poi il dott. Alvaro, avrei avuto dei disturbi che loro, sapevano. Ordin poi alle assistenti di non cambiarmi il
ghiac-cio della borsa anche se lo chiedessi io. Sono stata agli ordini, anche se la signora nuova assistente tent pi volte di
cam-biare il ghiaccio. Sono stata io a dirle: - Mi tolga la borsa soltanto per lasciarla rinfrescare un po' e poi me la dia. Biso-gna
obbedire agli ordini del medico. - Si ritorn al rigore di prima, anzi pi stretto. Si proib perfino che mi si parlasse di Ges,
pensando forse che in quel modo si potesse strappare ci che in noi! Un giorno il dottore mi disse: - Non consento che chiami
sua sorella se non una volta per notte. - La signora assistente, parecchie volte, quasi a tentarmi con una attenzione bugiarda (non
voglio dire che fosse falsa; era solo l'impressione che mi lasciava), mi diceva: - Povera santa, sempre in quella posizione! Io
chiamo sua sorella! - Al che rispondevo: - Molto grata, mia signora, ma non voglio. Sono ordini del medico: mia sorella deve venire
una sola volta! - Quando mia sorella bussava per entrare, quell'unica volta concessa dal dottore, per cambiarmi di posizione, la
nuova as-sistente accendeva la luce, apriva la porta, si poneva di fianco a mia sorella. Appena questa usciva, fingendo
compassione per il freddo che avevo potuto buscarmi, e come per voler acco-modar meglio lenzuola e coperte, mi scopriva
completamente per vedere se Deolinda mi avesse lasciato qualcosa nel letto. lo comprendevo benissimo l'intenzione, ma,
fingendomi sem-pliciona, alzavo le braccia al di sopra dei cuscini affinch po-tesse ispezionare meglio. - Mio Ges, tutto e solo per
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Te! - N mancarono le seduzioni per farmi prendere qualcosa delle sue refezioni. Se mi allungava qualche boccone senza
par-lare, io le sorridevo. Se l'invito era a parole, le dicevo: - Gra-zie - ma sempre sorridendo, mostrando di non cogliere la sua
malizia. Principalmente di notte, quando pi sentivo la solitudine, il tempo mi pareva eterno. Sentivo il mio cuore, come fosse un
albero dalle folte radici, che avesse le sue vene lungo il pavimento e le pareti e che la furia di una grande tempesta strappava
buttandomi a terra...; mi pareva che tutto e tutti mi calpestassero. Dicendo cos, sento di non dire nulla in con-fronto di quanto ho
sofferto. Ancora oggi rivivo nella mia memoria queste cose e provo un vero tormento. Solo l'amore per Ges e le anime pu far
superare queste prove! Sentendo avvicinarsi il dottore, dicevo tra me: - Arriva l'aguzzino a visitare la povera carcerata per amore di
Ges e delle anime. Non ho offeso nessuno se non Te, mio Ges; ma gli uomini vogliono, senza pensarlo, che in questo modo io
paghi le mie ingratitudini. - Vedendo mia sorella spaventata per aver sentito dire che il mio avvelenamento era sicuro perch non
evacuavo cercavo di farle coraggio. Poveri uomini! Ges sa fare le cose molto meglio di loro!
Finalmente libera! (20 luglio 1943)
La vigilia della partenza fu giornata di visite. Passarono vicino a me tutti i fanciulli del Rifugio . Pregai con loro e distribuii
caramelle. Mia sorella non pareva pi la stessa: fu notato da tutti. Oltre mille e cinquecento persone vennero a visitarmi...
Dovettero intervenire i carabinieri per mantener l'or-dine. Uno di questi si limit a stare vicino a me, accontentan-dosi di dire per
tutto il tempo: - Avanti! Passate avanti! - Che impressione, quel movimento di folla! Neppure le suppli-che di mia sorella valsero a
farlo cessare; neppure i carabinieri. Lo stesso dott. Arajo dovette affacciarsi alla finestra per dire che si doveva sospendere quel
movimento per non ucci-dermi. Io, in effetti, mi sentivo umiliata, depressa e stanchis-sima, con un senso di disagio per i baci
ricevuti e le lacrime che mi lasciavano sul volto, in segno di una stima che non merito e non voglio.
Rimasta sola, chiesi per prima cosa a mia sorella che mi lavasse. Nella mattinata del giorno della nostra partenza il dott. Arajo,
che non aveva dormito quasi nulla per la responsa-bilit, venne al Rifugio ove molta gente attendeva per po-termi vedere.
Rimase un po' vicino a me e permise l'entrata di alcune persone. Poi ci disse che eravamo libere, che l'os-servazione era finita;
concesse a mia sorella di mangiare in camera mia e aggiunse: - A ottobre verr a visitarvi a Balasar, non pi come medico-spia,
ma come amico che vi stima. - Baciai riconoscente la mano del dottore e lo ringraziai per il suo interessamento; lo feci con
sincerit perch, anche se fu severo ed aspro, dimostr la seriet necessaria al mio caso. Nel pomeriggio di quel giorno 20
vennero a salutarmi le religiose e le assistenti. Tutte le assistenti mi offrirono doni. Alcune di esse vennero ad assistere alla mia
partenza; ero gi sistemata in autolettiga e una di esse mi spruzz del profumo; avevo con me un mazzo di garofani, offerti da una
signora. Nel corso del viaggio mi offrirono alcuni mazzi di fiori. Io accettai per delicatezza, ben lontana dal pensare che sarebbero
poi stati di appiglio a qualcuno per farmi soffrire Penso che chi mi offerse i fiori sapesse quanto li amo, amando Colui che li ha
creati. N il profumo, n i fiori, n la moltitudine del popolo che attorniava l'autolettiga furono motivo della pi piccola vanit per me.
Quando durante il viaggio ci fermavamo per riposare e io vedevo molta gente avvicinarsi con ammirazione a me, dicevo al medico
Azevedo: - Non fermiamoci! Signor dottore, andiamo avanti. - Sar stata forse indelicata, ma egli fu tan-to paziente. Io vivevo pi
dentro di me che fuori. Il mare e tutto ci che si presentava ai miei occhi mi invitavano al silenzio, al raccoglimento in Dio. Quando
mi trovai nella mia cameretta mi parve di sognare. Piansi, ma furono lacrime di gioia.
Ritorno alla mia cameretta
Posta nel mio letto, per molto tempo non permisi che mi toccassero; mi sfuggivano continui gemiti per dolori quanto mai forti: fu
effetto del viaggio. Per chi mi sono sacrificata? Per vanit forse? Povero mondo! Vanit? Perch? Che cosa siamo noi senza Dio?
Chi potrebbe soffrire tanto per una grandezza terrena o per vanit del mon-do? Quaranta giorni all'ospedale! Quante umiliazioni!
Aveva ragone il dott. Azevedo quando, collocandomi durante il viag-gio di andata un fazzoletto bagnato sulla fronte, mi diceva: Ha qualche capello bianco, ma al suo ritorno ne avr molti d p! - Avvenne proprio cos: egli prevedeva quanto mi aspettava.
Per molto bello affrontare tutto per Ges, per suo amore. ... Fu duro il tuo penare, figliolina, fu duro il penare di tua sorellina in
quella prigione ["Rifugio]. Avanti! Fu per Ges, fu per la salvezza di migliaia e migliaia di peccatori. Che trionfo per il Cuore di
Ges! Eccolo esaltato, eccolo glo-rificato nei suoi cari umiliati... Basta! Ora non uscirai pi dalla tua cameretta... Di', figla mia, di' al
tuo caro padre spirituale, di' al tuo medico che per tutte le loro umiliazion saranno esaltati. Ges loro rico-noscente per il trionfo
della sua causa Gli uomini tentarono di farla cadere, ma Ges vigil e i suoi cari cooperarono. Tutto ci che di Ges non cade:
sta saldo in mezzo a tutte le tem-peste, brilla, trionfa... - O mio Ges. Superai la prova per tua gloria e per sal-vare anime. Voglio essere sempre piccola agli occhi del mondo ma grande
nell'amore, grande nel poter salvarti anime... - (diario, 7-8-1943).
... Ho dettato come meglio ho potuto le grandi sofferenze vissute al "Rifugio", ma quello che riesco a dire nulla al confronto di
quello che ho sentito. Ho saputo sentire, ma mi so spiegare male. Sono per contenta di avere obbedito. Ges degno di tutto,
non vero? Il mio corpo ha subito una grande scossa; ancora oggi i dolori sono quasi insopportabili e sovente mi pare di venir
meno. Ma nei momenti di tanto dolore, fissando il Cuore di Ges, gli dico con tutto il fervore: - Cuore sacratissimo di Ges, confido
in Te, confido! (lettera a p. Pinho, 27-9-1943).
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Fu un giorno di lotta tremenda. Chiedevo al Signore di mandarmi qualcuno che mi potesse confortare, perch non vo-levo
offenderlo con il mio scoraggiamento. Passarono ore di tremenda agonia. Mi sentivo in mezzo ad una terribile tempe-sta che tutto
distruggeva, senza nessuno che mi venisse in aiuto. Tenevo l'animo fisso in Ges ed in Mammina, chiedendo tutto l'aiuto del
Cielo. Ges venne a confortarmi: - Il Santo Padre non morto; vive e continua la sua missione. - Mi ripet pi volte nel-l'intimo del
cuore: - Confida! Confida! Ges non ti inganna! - Ma il demonio, non soddisfatto della mia sofferenza e rab-bioso per la inutilit dei
suoi sforzi, mi ripeteva frequente-mente: - Portogallo in guerra! Portogallo nel sangue! - Era tale la sua rabbia che mi intimoriva.
Mi pareva di udire suono di campane a morto per il santo Padre, rumore e frastuono di artiglieria in Portogallo. Tuttavia mi
mantenni fiduciosa in Ges. Tutto questo avvenne il 14 ottobre del 1943 e gi il 10 dello stesso mese il Signore mi aveva detto pi
o meno la stessa cosa... Maledetto il demonio che tentava togliermi la pace e farmi perdere la fiducia in Colui che non inganna n
pu essere in-gannato! Venne il mio confessore: fece di tutto per tranquillizzarmi e ci riusc con la confessione. In seguito continuai
sempre a pregare per il santo Padre, ma la sofferenza che sentivo per lui and diminuendo di gior-no in giorno.
Non erano fiamme di fuoco della terra
Il giorno di Cristo Re [31-10-1943] sentii come se moris-sero il mio corpo ed il mio spirito, quasi cessasse la mia esi-stenza nel
mondo. Non posso dire il dolore che mi caus. Anzi, ancora pi: mi sentivo nel purgatorio! Che dolore, mio Dio! Da giorni mi
sentivo attraversata da fiamme. Pensavo fosse ef-fetto della sete ardente; mi sono ingannata. Non erano fiamme di fuoco della
terra: avevano uno splendore incantevole. Mi compenetravano per ore, tormentando il mio corpo e tutti i sensi; tutto il mio essere
ne era imbevuto e soffriva dolori in-dicibili. Ciononostante io sentivo necessit di immergermi in quelle fiamme per purificarmi.
Come la farfalla impazzisce per la fiamma, anch'io impaz-zivo e, a braccia aperte, entravo in quel fuoco che tormentava e non
distruggeva, animata da una sola ansia: libera da que-sto, vado al mio Ges.
Ignoravo il significato di questa sofferenza. Sentivo e nulla pi (diario, 31-10-1943).
- ... La tua vita non ha nulla di umano, solo divina... Gli ornamenti che Io do alle mie spose pi care sono spine e delle pi acute.
Ma tu trasformale con tanta dolcezza e amo-re in modo che tutte diventino pietre preziose. Che meraviglia, che ricchezza il tuo
cuore, o mia colomba bella! La purezza non si macchia; diventa sempre pi bianca e pura. Tu senti che il tuo spirito morto? Lo
permisi Io: morto per il mondo, ma vive di pi e meglio per il cielo. Quel fuoco che ti tormenta significa realmente fuoco del
purgatorio. Sta purificandoti perch dopo morte venga direttamente a Me. Cos desidera la mia Madre benedetta, perch tu sappia
ci che soffrono col le anime a noi care. Fallo sapere al mondo. Soffr tutto, offri tutto per loro... - (diario, 6-11-1943).
1944
Nuova trasformazione mistica
... Sentii la mia anima staccarsi dalla terra ed elevarsi in alto; a mantenere in vita il corpo costretto quaggi rimase come una
corrente elettrica che lo univa all'anima. Tale distacco co-st molto al mio corpo. I miei occhi fissavano Ges crocifisso a sollievo
dei miei dolori. Frattanto la mia anima si sentiva in grembo a Mammina che, con me, sosteneva il suo divin Figlio morto. Ci diede
luce alla mia intelligenza facendomi compren-dere che quanto mi aveva promesso Ges non si sarebbe rea-lizzato nel modo che
io giudicavo pi naturale, cio andando per sempre in cielo, ma che sarei andata in cielo per ritornare. Questa luce non fu
impressione momentanea e mi fece com-prendere che una nuova trasformazione era operata in me, con-vincendomi che
certamente non sarei morta e che Ges si era riferito evidentemente a questo nuovo stato dell'anima. Non ho pi pensato a una
morte fisica (diario, febbraio 1944). Mor completamente quel leggero soffio di vita; non sento pi quella respirazione che di tanto in
tanto sentivo. Vive in me il dolore ed di ogni qualit e specie. Sono morta per il mondo. Tutto scese nel sepolcro per rimanere
sepolto per sem-pre. Che orrore, mio Dio! Non vivo pi; vive il mio dolore amato, vive soltanto il mio inspiegabile martirio. Potr
que-sto, senza la mia vita, dare vita alle anime? Potr essere ancora utile alla umanit? Potr ancora amarti, o Ges, e consolare
il tuo Cuore santissimo? Povera me! Dopo l'odio e l'abbandono, dopo la dimenti-canza ed il disprezzo, scesi nel sepolcro. Vivo gi
nella eternit senza aver riavuto il mio padre spi-rituale e senza pi avere qui la santa messa... La mia eternit senza luce, una
eternit che non Ti ama, non Ti loda, non Ti vede, non Ti gode. Tremenda eter-nit! Non veder Ges una eternit morta. Soltanto
il dolore trionfa sulla morte... - ... Da', o Ges, la vita alle anime con la mia morte... Da' loro la Tua eternit. Da' loro il cielo, o Ges!
- (diario,. 13-5-1944).
Una dolorosa ingratitudine - Assetata di dolore per salvare le anime
Ero in una grande afflizione e, dopo la Comunione, mi confidai con Ges, senza contare su una sua risposta. Buono come sempre,
Egli di degn di sollevarmi: - Mia figlia, d a tua sorella che sto guardando fin dove giunge la sua fiducia in Me. Presso il tuo
calvario sta facendo la parte che la Madre mia benedetta fece presso il mio. Dille che confido molto in lei: se cos non fosse non
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l'avrei unita tanto al tuo martirio. - E, riferendosi a chi ci faceva tanto soffrire, disse: - Suv-via, coraggio! Satana rabbioso: stende
su di voi i suoi artigli infernali, ma non vince! Confida! Ella una insensata. Vi ha usato la pi grande ingratitu-dine; ma perdonatela
di tutto cuore, come la perdono Io. Se tu sapessi quanto soffro! Mi ricevono nella Comunione fred-damente, per abitudine. Quanto
ne soffre il mio Cuore! - (diario, 29-5-1944). Ges ripetutamente mi aveva confermato quanto mi aveva detto e promessa all'inizio
della mia crocifissione: in premio del mio consenso a lasciarmi crocifiggere, sarebbero state chiu-se le porte dell'inferno dal
mezzogiorno del venerd alla mez-zanotte della domenica. Quando a Ges piacque di non darmi pi la crocifissione [fisica] o
meglio di cambiare il modo di crocifiggermi, io continuai a ricordargli la sua promessa, per-ch mi consideravo con lo stesso diritto.
Il giorno 16 giugno 1944 venne Ges e disse: - Mia fi-glia, vieni a riposare e a prendere conforto nelle braccia di Mammina. Sei
teneramente accarezzata da Ges e da Maria. - Mentre parlava sentivo le loro carezze. - Sei cullata dagli angeli. Vengo a dirti,
figlia mia, i giorni in pi in cui, per tuo merito, viene chiuso l'inferno: ti con-cedo il pomeriggio del gioved in onore della mia
Eucarestia, per l'amore che hai per Essa, e per l'amore che mi indusse a rimanervi prigioniero; ti concedo il mercoled mattina in
ono-re di San Giuseppe che tu ami tanto; quanto desidero, figlia mia, vederlo amato! Voglio che tu faccia sapere che chi avr per
Lui devozione ferma e costante non mi offender grave-mente al punto di perdersi... Questo te lo concedo per l'amore con cui ti
lasci croci-figgere. - (diario, 16-6-1944).
O Ges, mantieni chiuse le porte dell'inferno!
- Ho sete, ho sete, figlia mia, ho sette di amore. Le anime non conoscono la mia follia d'amore, mia colomba bella. Sono sempre
pronto a riceverle. Do loro, offro loro il mio Cuore e voglio ospitarvele, voglio possederle. - - Ges, Ges, sento le tue ansie; vedo il
tuo divin Cuore aperto. stato l'amore che Ti ha lasciato ferire cos. Che fe-rita, che piaga profonda! Vedo che da essa escono
raggi tersi, incantevoli, raggi luminosi. Incendiami, Ges, incendiami in quel fuoco divino; fa' che io possa incendiare tutti i cuori,
tutti i tuoi figli... Vedi la tortura del mio povero cuore. Lo sai che tante volte vorrei dirti: Ges, non ne posso pi, non resisto pi .
Ma non te lo dico, mio Amore! Anzi, fa' in fretta a darmi maggiori sofferenze, ma dammi con esse le anime! - Soffrire di pi non puoi, figlia mia! Ma abbi coraggio: Io sono con te, vigilo, vinco, trionfo... Sei la mia vittima pi amata, hai la
missione pi ricca, pi bella per Me. - Se io Ti amo, o Ges, come tante volte affermi, se io amo Te e la mia cara Mammina e sono da Lei amata come dici, ed io credo
e confido, che altro posso desiderare, se non amarti e salvarti i peccatori? Crocifiggimi, o Ges! Non risparmiarmi, mio Amore, ma
risparmia loro dalle pene dell'in-ferno. Tieni chiuse, o Ges, le porte dell'inferno. Mettimi quale sbarra contro quelle soglie, lasciami
l fino a quanto il mondo esister, fino a quando vi saranno peccatori da salvare. Oppure lasciami nel mondo finch esister.
Toglimi tutti i miei, toglimi coloro che mi sono cari, lasciami sola. Tu solo mi basti, o Ges! - - Quanto bella ed incantevole la tua
preghiera! Che gioia, che consolazione per Me! Quanti benefici! Oh, quante grazie raccogli per gli ingrati contro il mio divin Cuore!
O mondo, tu non conosci la mia vittima amata. In fretta, in fretta sia fatta la luce che Ges desidera: con questa luce, figlia
amata, con questa luce che brilla in te, che i peccatori vedranno il cammino, la verit e la vita. - O Ges, la Verit sei Tu, il vero
Cammino sei Tu, l'u-nica Vita sei Tu. Fa', o Ges, che tutti Ti seguano, che tutti Ti amino. Voglio solo quello che vuoi Tu, mio
Ges, ma Ti chiedo con tutto il mio cuore, con tutta l'anima mia: Dammi coraggio, dammi forza, dammi grazia, dammi tutto ci
che tuo. Senza di Te non posso, non resisto a tanto dolore! - ...
- Animo, figliolina, non scoraggiarti! Gi lo sai che abiti nel mio divin Cuore. Riposa in Me, riposa per sempre. Ricevi vita per vivere:
vivi solo della mia vita divina. Ges, mio unico alimento, infuse in me il suo Cuore
Al calar della sera gi la luce del sole si confondeva con l'oscurit della notte; per me non vi era stato n sole, n gior-no, ma
soltanto notte. Lo scoraggiamento, l'abbattimento, la lotta costante mi erano quasi insopportabili... - Ges, Mammina, aiutatemi,
non lasciatemi cadere! - O mio Dio, il cielo mi pare che non esista. Continua la lotta e il tormento dei dubbi. A nulla vale il mio grido
ai santi. - Ges, confido! Mammina, confido! - Ma il tempo passa e non c' soccorso per me. Sento l'abbandono della terra e del
cielo. Povera me! Non voglio ingan-narmi n ingannare nessuno.
Una nuova prova di amore da parte di Ges venne a sol-levarmi dall'abisso di tenebre e di morte. Con le sue divine braccia mi
reclin sul suo Costato divino e mi fece bere il sangue del suo Cuore. Meraviglia! Bont divina! Sentii il San-gue dal Cuore di Ges
fluire in me abbondantemente, mentre Ges tutto dolcezza mi diceva: - Coraggio, figlia mia! Il mio, Sangue e la mia Carne sono il
tuo alimento e la tua vita. Ges mi sazi, mi fece rivivere: sfolgor il giorno, il sole mi riscald coi suoi raggi. Il mondo ora nulla poteva contro di me. Quanto
buono Ges!... (diario, 25-6-1944).
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Non so se per causa del mio grande soffrire, rimasi molto prostrata, quasi dimentica di avere ricevuto Ges Eucaristico. Oh, lo
stato della mia anima!
Improvvisamente vidi davanti a me Ges inchiodato sulla croce, ma disparve subito. Se mi sentivo morta, morta rimasi: mi pareva
che per me la vita non esistesse.
Passarono pochi istanti e venne il mio Amato, ma ora era meraviglioso: il suo Volto era tanto bello, tutto splendore, tutto luce. Mi si
avvicin confidandomi, allo stesso tempo, che mi affidava il suo divin Cuore, con una grande piaga da cui usciva una enorme
fiamma brillante che poteva incendiare e bruciare tutto il mondo.
- Nascondi in te, figlia mia, il mio divin Cuore affinch i peccatori non possano offenderlo. - Non so come, il Cuore di Ges si
trasfuse in me. Io fui immersa in Lui e Lui in me. Quanto grande l'amore di Ges! Che trasformazione quella dell'anima mia! Gi
avevo vita, coraggio e forza. Sofferenza, quanto sei dolce se portata per amore di Ges! Ma, ahi, quanto costa voler consolare e
non potere, custo-dire il suo divin Cuore e non sapere come. Povero Ges, a chi affidasti il tuo Cuore da custodire! Dove potrei
nasconderlo perch non sia pi ferito? Io sono miseria. Trasformami, puri-ficami e poi entra in me (diario, 3-7-1944)
Rivive il martirio sofferto alla Foce
- O Ges, sar mai possibile che una morta parli, che il cuore di un cadavere senta nostalgie del cielo, ansie di volare a Te,
bramoso di nascondersi per tuffarsi nella immensit del tuo divino Amore? Ges, il mio dolore che Ti parla,... un dolore che
racchiude in s tutti i dolori. Ges, mi sento non come un cadavere da poco sepolto nel quale i vermi non siano ancora penetrati e
che potrebbe essere riconosciuto, no, mio Ges, ma come se neppure le ceneri avessi pi: tutto scomparve. O mio Dio, che morte,
la mia, che eternit perduta! Ascolta, o Ges, abbi compassione! Volgi lo sguardo verso di me, leggi nel mio dolore: per Te, per
le anime... Vedi che senza di Te non resisto a tante nostalgie del cielo; con tante ansie di amarti non posso restare qui... O dolore,
o dolore, solo tu vivi, ma non ami Ges, non vivi per Ges. Giunga fino a Te il mio grido! Che sar di me, mio Dio, che sar di me
senza di Te? O lotta, o tremenda lotta!
Ges, un anno che termin il mio martirio a Foce . In questi ultimi 40 giorni rivissi ci che passai col. Accetti, o Ges, il
martirio tanto doloroso? Non tornai a Foce ma posso quasi dire che soffersi come quando ero l. Facesti in modo che tutto si
ripetesse: rivissi tutto, o Ges. Accetta il mio dolore e, per amore delle anime, chiudi l'inferno. Fa' che io Ti ami e Ti faccia amare.
Ho fame di darti il mondo intero. Ahim, mio Ges! Ho nostalgia di alimentarmi ma non sono io che la sento; non il mio corpo che
sente fame e sete perch io gi non esisto; ma un cuore, un'anima come fosse mia che sente questa fame e questa sete. Udisti,
mio Ges, che questo mio duro penare mi obblig a dire che avrei dato tutto, il mondo, la vita, se fosse stato possibile, solamente
per avere una piccola alimentazione. Che ansie, che ansie, mio Ges, di possedere tutto per darti tutto! Voglio amarti, voglio darti
anime!... Volgi verso di me il tuo divino sguardo, perch voglio fis-sare i miei occhi nei tuoi. - (diario, 20-7-1944).
Minacciano di lasciarmi senza Comunione!
Notte tenebrosa, orrori di morte! Continua il grido del do-lore: ascoltalo, Ges, lui che piange, lui che invoca il tuo soccorso!...
Non vedo luce... Il mio cuore sente di esser stato lacerato e trapassato da una dura lancia, di aver ricevuto una nuova grave ferita,
di non poter essere ferito di pi... Sono in uno stato di grande spavento; non so di cosa mai sia presgo il mio dolore. Che orrore!
Infuria la tempesta, sento il sibilare dei venti, l'echeggiare dei tuoni terrificanti, minacce di distruzione. Tutto fugg terrorizzato e io,
sola, in mezzo al mare, senza timone, senza barca, senza luce, sto per affondare per sempre in questo abisso. Orrore! Orrore!...
Mio Dio, che cosa mi a-spetta ancora? Mi abbandono nelle tue braccia santissime... (diario, 27-7-1944).
Non pensi, mio buon padre Umberto, che il mio silenzio sia dimenticanza. Non lo dimenticher n sulla terra n in cielo. La causa
di tutto sono i regali (croci) di Ges. Sapesse quanto soffro... Ma la sofferenza non importa; ci che vale consolare Ges; basta
che non mi manchi la sua grazia e la sua forza per poter resistere a tutto... Non ho dimenticato le sue inten-zioni, quelle dei novizi
e confratelli di codesta santa casa sa-lesiana... Mi perdoni, per carit, le mie mancanze. La ringrazio di cuore e con tutta l'anima
per quanto ha fatto per me. Ges la ripaghi, la colmi dei suoi benefici e del suo amore perch soltanto Lui conosce e sa il conforto
che mi ha dato. Lo sento al mio fianco e questo mi d coraggio nel mio soffrire. Sia benedetto Iddio. Non sono ancora odiata da
tutti... (lettera a d. Umberto, 30-7-1944)
- Ascolta, mio Ges, il mio dolore quasi moribondo. Gli stato inferto un colpo molto duro. O dolore che uccidi il dolore! O dolore
che pu essere compreso soltanto da Te! Con lo sguardo in Te, o Ges, le calunnie, le umiliazioni, i di-sprezzi, gli odii, le
dimenticanze hanno tutta la dolcezza del tuo Amore. Venga tutto, o Ges, venga tutto ci che Ti piace. Muoia il mio nome, come
sento che morirono il corpo e l'a-nima, affinch viva il tuo divino Amore nei cuori e la tua Grazia nelle anime. Ecco, mio Amato,
perch mi lascio immolare. Ma come resistere a tanto? Guarda questo cuore che scoppia e si disfa nel dolore: non pu sopportare
tanto tormento se non vieni in mio aiuto. Vieni, o Ges! Aiuto, aiuto! Vogliono pri-varmi di tutto: mi minacciano persino di lasciarmi
senza Co-munione, proibendo al parroco di venire da me, se non in pe-ricolo di morte, nel caso che io non obbedisca. Obbedisco,
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obbedisco, con la tua divina Grazia. Santa ob-bedienza, io ti amo per Ges e per le anime! Mi hanno messa in pubblico, senza il
mio consenso: non sapevo nulla. Ed ora vogliono, a spese del mio dolore, racco-gliere le penne che il vento furioso disperse!
Come lo potranno? Ahi, mio Ges, mai pi, mai pi! Almeno potessi vivere nascosta, amarti come desidero tanto, essere tua oltre
ogni limite, ma, perdonami, senza avere sif-fatta vita [mistica]. Quanti sono santi senza avere questo ge-nere di vita! Ed io sono
piena di miserie! Quanta nostalgia per i miei anni lontani! Tanti colloqui ho avuti con Te, senza che si sapesse nulla! Darei vite,
darei mondi per vivere na-scosta. Perdonami, o Ges, questo volere: non voglio avere vo-lont mia. Sapessi almeno che con la
mia sofferenza fosse completa la tua consolazione! Potessi vivere nascosta in questa cameretta e Tu solo e queste povere pareti
foste gli unici te-stimoni dei miei dolori! Se i miei e coloro che mi sono cari potessero non ricordare che io vissi qui e che vissi con
loro, oh, allora non soffrirei! Vedo per che chi soffre di pi il tuo divin Cuore; coloro che mi sono cari soffrono con me e non
possono dimenticarmi: ci mi addolora moltissimo. Quante volte non posso contenere le lacrime, cieca di do-lore! Poi mi viene
questo pensiero: pi perfetto non piangere, Ges pi contento. Fisso i miei occhi in Lui inchiodato sulla croce; resto un po' di
tempo a contemplarlo; allora le lacrime, che parevano non aver mai fine, cessano: sento una nuova vita. Mio Dio, che lotta
tremenda! Povera me senza di Voi, o Ges e Mammina! Soccorretemi, sono la vostra vittima... Ges, non permettere che io ceda,
non consentire che le mie labbra desistano dal ripetere: Ges, Ti amo! Sono la tua vittima .
Gli uomini diano la sentenza che vogliono; non importa. Dammi Tu la certezza che vinci in me e di amarti e di darti anime. Ges,
non vedo n il mio passato n il mio presente, vedo solo il mio futuro: vedo il mio sangue scorrere fra spine; in una notte tremenda
e oscura avanza il mio dolore che con-tinua a vivere... - (diario, 1-8-1944).
- Ges, guardo da un lato e dall'altro e non vedo nes-suno; temo e tremo; che spavento!... Ges, non lasciarmi senza riceverti:
ch'io perda tutto, tutto, ma che abbia la Comunione; perdere tutto, ma possedere Te!... - Mio Dio, che vita tanto mal compresa! Se
non fosse per amore di Ges e delle anime, non starei soggetta ai verdetti degli uomini, non avrei da obbedire loro. Questi pensieri
pas-savano rapidi come baleni. Mi sentivo poi come obbligata a scambiare tutte le gioie con l'amore di Ges: Egli degno di tutto.
Le anime, le anime! Questo pensiero vibr in me, accen-dendo desideri pi saldi di camminare tra le spine...; mi fece comprendere
chiaramente chi Ges e chi il mondo... Sento nostalgia della mia Passione del venerdi, ma ho terrore delle estasi. Temo i
venerd e i primi sabati, temo qual-siasi giorno ed ora nei quali, mio Ges, Tu ti degni di par-larmi. Sar una imperfezione? Abbi
compassione, Ges!...
Passarono alcune ore: era notte alta; tutto in casa riposava, solamente il mio dolore, la mia lotta continuavano. Mi apparve
improvvisamente Ges: - Dammi la mano, figlia mia, non ti promisi di sollevarti dal tuo abbattimento? Va' nelle braccia di Mammina
a prendere conforto. - Mi sentii subito nelle braccia di Mammina e, come una bimba, buttai le mie braccia al suo collo. Ella mi
strinse dol-cemente e mi accarezz coprendomi di baci. Io piangevo; Ella mi asciugava le lacrime con il suo santissimo manto e mi
diceva: - Non piangere. Consola con me il tuo e mio Ges. Egli tanto offeso! Su, prendi coraggio! - E Ges: - Il tuo dolore, figlia
mia, il tuo martirio strappa dagli artigli di Satana le anime che egli con tanto furore mi rub. Coraggio... La tempesta passa. Ricevi
Grazia, Amore e la Luce dello Spirito Santo. - Vidi lo Spirito Santo in forma di colomba che lasciava cadere dall'alto sopra di me
raggi dorati e un profluvio di splen-dore... Ne rimasi fortificata. Poco dopo, in una dolce pace, mi addormentai (diario, 10-8-1944).
Sentii come un assalto dentro di me
Verso le ore 14, appoggiata ai miei cuscini e distesa sopra la mia croce in una amarezza profonda, invocavo Ges, sol-tanto Ges.
Alcune note armoniose mi attrassero. Dapprima pensai che fossero suoni della terra e mi posi in ascolto per scoprire da dove
provenissero. Ma scendevano dall'alto. Lo compresi be-nissimo ed allora il mio cuore palpit con tanta forza da non poter pi
resistere... Pass tutta la tempesta... Mi sentii rapita da grande dolcezza e soavit. L'armonia si componeva di molti suoni, come
emessi da tanti strumenti... Li udivo tutti, ma uno fra i molti mi attirava di pi... Non so quanto dur questo rapimento... forse una
mezz'ora (diario, 12-8-1944). Dopo il sollievo concessomi il giorno 12, ritornai nel mio stato di amarezza. Venne il giorno della
assunzione di Mam-mina, e nel pensare alla solennit... e al giubilo del cielo, mi parve di non resistere pi ai dolori della terra.
Pochi minuti dopo la Comunione, sentii come un assalto dentro di me. Mi parve che fosse Ges, il quale, come un ladro, entr ed
usci subito portando con s quel po' di vita che era vita del mio dolore. Mi sentii morta, ma continuai a soffrire di pi per il fatto di
sentirmi privata di quel poco di vita che era vita al mio dolore. Sentivo che mi mancava tutto ed ero come scissa in due parti: il mio
cadavere rimasto quaggi e, l in alto, in cielo, quella refurtiva che era una parte di me stessa. Questa parte era immersa nel
gaudio completo, meno la visione di Dio, ma non dava alla parte rimasta sulla terra nessun sollievo; al contrario, la lasciava
prostrata in un abisso di dolore senza fine. Passai tutta la giornata in un'ansia dolo-rosa di possedere quella parte di me che mi
apparteneva e senza la quale io ero un cadavere. Fu un giorno intermina-bile: lo passai in un grido continuo a Ges e a Mammina
men-tre mi domandavo: - O mio Dio, come posso vivere senza vita? Verso sera udii nuovamente le armonie del giorno 12 e questo fu come un balsamo per la mia sofferenza; senza di esso mi pare
non avrei resistito qui molte ore.
A notte, non saprei dire l'ora, mi fu restituita quella refur-tiva; me ne accorsi perch mi sentii rivivere (diario, 15-8-1944).
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Oggi ho sentito il demonio accanto e dentro di me. Ho sentito ansie insopportabili di amare Ges, di dargli anime, di conoscerlo, di
farlo conoscere. Pazza di amore gli ripetevo: - Ges, Ges, amore, amore! - In questo stato, non potei contenere le lacrime
sentendo la mia miseria, il fango in cui sono vissuta e che mi causava orrore Le mie ansie d'amore non valevano nulla, tutto era
perduto. Mi sentivo in un cimitero immenso, quasi senza vita come se non mi muovessi gi pi; coperta appena di ceneri, parevo
uno di quei vermi che nelle pinete fanno la loro casa sotto mucchetti di terra e di legno macinato. E in mezzo a tutto que-sto sta
sempre la mia offerta a Ges come vittima, unita al timore di offenderlo. Combattimento tremendo e quasi continuo. Vivo senza
vivere; soffro senza soffrire; amo senza amare (dia-rio, 28-9-1944).
Stamattina Ges sceso in questo cimitero, si unito ai vermi, si coperto con le stesse ceneri. Tutto era morte dentro di me.
Morte che pareva fusa a un gemito di tutta l'umanit. Ges non ha dato in me segno di vita: sono rimasta nelle tristi tenebre in un
dolore amaro; le anime, l'amore di Ges mi obbligano a soffrire tutto... (diario, 29-9-1944).
Potei per due giorni respirare meglio: Ges si degn di alleviare per qualche tempo le mie sofferenze. Oggi mi ha sovraccaricata di
pi del peso amorosissimo della sua croce. Mi sento alle porte dell'eternit. Mi hanno trascinato col due violente lotte con il
demonio. Dio mio, che sofferenza tremenda! Ho lottato, ho implorato il soccorso di Ges, di Mammina, di San Giuseppe... Io ero
un mostro incassato in un mostro ancora pi grande. Con gli occhi rivolti al crocifisso, ho ripetuto decine di volte: - Ges, sono la
tua vittima. Accetta le mie lacrime. Ognuna sia un mare di amore nel quale possa nascondere i tuoi tabernacoli, affinch non
sia-no attaccati e profanati dai tuoi figli. Ho sofferto la prima volta per un sacerdote in grave peri-colo, e la seconda per tutti i sacerdoti. La furia del demonio era tremenda:
mi pareva di essere avvolta in una nebbia tenebrosa che mi impediva di vedere. O mio Dio, e i dubbi di avere peccato!? Non
potevo ricordarmi che stavo alla presenza di Dio, che Lo avevo in me...
Era gi notte quando venne Ges: - Figlia mia, fra te e il demonio vi una grande distanza: in mezzo a voi ci sono Io. Sono astuzie
sue, ma ci che ti presenta falso. L'ho legato Io e non permetto che ti si avvicini. Coraggio, mia amata. Sei mia, tutta mia! Mi sentii rivivere e mi tranquillizzai per qualche tempo (diario, 2-10-1944).
Sono meraviglie, sono prove date da Me
... La ringrazio molto per le notizie che ha avuto la bont di darmi su Macieira. Pu immaginare quanto le ho apprez-zate.
Riguardo ad obbedire, faccio il pi possibile, ma, padre mio, sapesse quello che avviene qui! Se potessi scrivere io, le direi
certamente qualcosa; ma siccome non posso scrivere, vado gemendo e piangendo, passando ore triste ed amare con la terribile
paura di offendere il mio Ges. Speriamo che Egli mi dia forza e coraggio per quando lei verr di aprirle la mia anima come
desidero e necessito. Per carit, preghi per me. Sapesse come sono triste! Mi insegni ad amare Ges e Mam-mina; io li prego che
non consentano che li offenda. Se fosse necessario rinunciare al cielo, [pur di non offenderli] lo farei; preferisco l'inferno che
offendere Ges. Gliel'ho detto anche stanotte e glielo dico di cuore... (lettera a d. Umberto, 9-10-44).
Ieri Ges, impietosito dal mio dolore, mi condusse qui d. Umberto, senza che io lo aspettassi, e che non avrei osato chiamare. Ho
potuto aprirgli la mia anima con difficolt: ho fatto un enorme sacrificio a parlare: l'ho offerto a Ges per coloro che occultano le
loro colpe con malizia. Ho pianto lacrime di sollievo e di vergogna; ma subentrata subito in me una grande pace, mentre sono
scomparse dalla mia anima tutte le tenebre, i dubbi e quanto era dolore... Mi sento oggi pi libera dagli assalti del demonio, ma
sento nella mia anima terribili minacce: egli come legato e muto... (diario, 11-10-1944).
Stamane avevo appena fatta la mia preparazione per rice-vere Ges, quando giunse il parroco: collocato l'Atteso della mia anima
sul tavolino e accese le candele, mi disse: - C' qui Ges a farti un poco di compagnia. Verr d. Umberto, a dartelo. Appena il parroco se ne fu andato, una forza proveniente da non so dove mi obblig ad alzarmi: mi inginocchiai davanti a Ges e
mi chinai verso di Lui. Il mio viso e il mio cuore non erano mai stati tanto vicino a Lui. Che felicit, la mia! Lo pregai intensamente
per me, per tutti coloro che mi sono cari e per il mondo intero. Mi sentii ardere in quelle fiamme divine. Ges inoltre mi parl: Ama, ama, figlia mia, non avere altra preoccupazione che quella di amarmi e di darmi anime. Dove c' Dio c' tutto: vittoria, trionfo!
- Chiesi agli angeli di venire a cantare lodi a Ges con me. Cantai sempre finch fui obbligata da d. Umberto a ritornare sul mio
letto Infiammata dall'amore divino, feci la Comunione. Alcuni minuti dopo Ges mi disse: - Sono meraviglie, sono prove date da
Me. Di', figlia mia, al mio caro d. Umberto che fui Io a permettere tutto. Pi nulla necessario da parte mia. Ora solo necessario
lottare, lottare, combattere con lo sguardo fisso in Me. La causa mia, divina! Poveri uomini che immolano cos le mie vittime!
Povere anime che feriscono cos il mio divin Cuore! Mi consolo nell'amore di questa co-lomba innocente, di questa vittima amata,
signora dei miei te-sori e di tutta la mia ricchezza. Venga il mondo intero, venga presto a bere a questa fonte. acqua che lava e
purifica, fuoco che brucia e santifica. Mio Ges, Ti amo, sono tutta tua, sono la tua vittima... (diario, 12-10-1944) 4z.
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Lotte indescrivibili
Il demonio bugiardo, ma questa volta non lo fu. Ieri, con parole sporche, mi ordinava di prepararmi per la notte. E fu di parola.
Non so con precisione, ma forse tra le 22 e le 23, venne con tutta la furia e la malizia infernali. Non ci posso ripensare. Che orrore!
Lottai per molto tempo. Il mio tormento fu che mi pareva ottenesse da me che di-cessi: - Non voglio Ges; non voglio Maria; non
voglio il Cielo. Li odio! Volto loro le spalle! Voglio il piacere, voglio godere. - Io non lo posso giurare, ma mi pare di non aver detto
nulla di questo. Solo di tanto in tanto potevo chiamare Ges e Mammina, offrendomi vittima. Nei momenti in cui mi pareva di
peccare senza altra pos-sibilit, stringevo come potevo nella mia mano il Crocifisso e la Madonnina, dicendo loro: - Amare, s!
Peccare, no! - Fu tale l'afflizione del mio cuore che per molto tempo cre-detti di morire.
Mi ricordavo poi delle promesse di Ges e mi rianimavo. Io voglio il Cielo, ma voglio una morte di amore. Non voglio morire nelle
mani di satana. Mi vedevo su un abisso orribile. Tra le tenebre dell'abisso spuntavano ganci uncinati, ben visibili. Spaventatissima
perch mi pareva di cader li dentro senza via di scampo, rimasi svenuta. Il cuore arrancava afflitto con rumorose palpitazioni: mi
pa-reva imminente la morte. Solo mentalmente dicevo: - O Ges mio, se almeno non peccassi, non mi importerebbe questa
sof-ferenza. - Rimasi in tale prostrazione e triste agonia: il peccato, il peccato, che preoccupazione!... Ma venne Ges e mi parl: Non pecchi, non pecchi, figlia mia! Confida, abbi coraggio! Esigo da te questa ripara-zione. Hai visto quell'abisso? Con la tua
sofferenza eviti a molte anime di cadervi. In quei ganci uncinati rimarrebbero prigio-niere per sempre... - Giorno di tutti i santi. Nel
prepararmi al mattino presto a ricevere Ges, li ho incaricati di amare per me Ges, Mam-mina e la Trinit santissima. Nel dubbio
di avere offeso il mio Ges, gli ho chiesto perdono dei miei peccati ed ho pre-gato Mammina di chiederlo per me. Volevo fare una
Comu-nione molto fervorosa e santa.
Venne Ges, ravviv in me i desideri di un amore sempre pi grande. Assai vergognata della mia miseria, non osavo fis-sare in Lui
il mio sguardo n parlargli... Bramavo nascon-dermi sotto tutte le montagne; e lo feci: corsi verso di esse e tutte caddero su di me.
Allora potei esclamare: - Ges, il mio amore non ha altro fine se non di amarti. Voglio amarti non allo scopo di apparire n di
piacere alle creature. Continuai a chiedere l'amore di Ges, sotto il peso schiac-ciante delle tremende montagne. Volevo vivere la vita del cielo, nel
pensiero di quanto av-veniva lass in quel giorno. Volevo festeggiare i santi e lodare il Signore con loro, ma non lo potevo. Gridavo
solamente: - Voglio amarti, Ges! - Ma il mio grido non si faceva udire: non echeggiava fuori, si perdeva soffocato sotto le rocce
Che fare, Dio mio?
Accetto con gioia tutto quanto viene dalle tue mani bene-dette. Sono tua e tutto per Te. - Di tanto in tanto si intromettevano tra
questi desideri di amore le minacce del demonio, finch a notte arriv furioso. Us tutti i mezzi e nomi brutti; trov modo di farmi
sentire nell'anima desideri di peccare. Sono cose sue perch io non voglio peccare. Preferisco mi-lioni di inferni alla pi lieve
colpa... (diario, 1-11-1944).
La mia anima avverte fragori di tempeste
... Sono varie le mie sofferenze. In alcune ore il mio spi-rito vaga per gli spazi sempre immerso in tenebre spaventose, senza
incontrare luogo alcuno in cui riposare un po'. Voglio salire, voglio salire, giungere al Cielo; ma non lo vedo, non lo incontro: ora
non esiste. Non vi sono l n Ges n Mam-mina; non sentono il grido che Li chiama, non vedono le ansie ed il martirio di questo
povero spirito. O mio Dio, tutto perduto.
- O Ges, perch tanto soffrire? Non vi il Cielo, non vi sono anime da salvare; tutto cess di esistere. O Ges, sono sempre la
tua vittima, credo nella tua esi-stenza; credo nel Cielo ove Tu stai e che mi aspetta per amar-ti e goderti. - ... Tristi ore, tristi giorni
del mio vivere... Ore terribili di grande confusione... La mia anima avverte fragori di tempeste... ... Mio Dio, che distruzione! Davanti
a me una spaventosa montagna: non posso salire lass, n posso retrocedere nem-meno di un passo. Di colpo mi sentii in
ginocchio, con gli occhi rivolti verso l'alto e invocai i nomi di Ges e di Mammina. Gridai forte dall'intimo della mia anima ma il mio
grido non sal lass: si disperdeva tra le rocce della montagna, si inzuppava nel mio sangue e nelle mie carni lacerate dalle spine,
per morire l con me. ... II demonio non mi tormenta con i suoi assalti, ma con raggiri e parole scandalose. Viene presso di me
come per ag-gredirmi, ma non mi tocca. Mi minaccia dicendomi: - Devo distruggere il tuo corpo. - E aggiunge molti atteggiamenti
turpi. - Pecchi come vuoi e quando vuoi. - Fingendosi molto soddisfatto, batte le mani, danza e sghignazza. - Guarda: d. Umberto
ed il medico non ritornano pi qui; ti hanno abbandonata; ti credevano una innocente e in-vece sei... - (e mi dice ci che vi di
peggiore). Con altre sghignazzate aggiunge: - Hanno proibito ad essi di venire qui. - Mio Ges, il padre della menzogna non mi
abbandona. nemico mio, ma anche tuo. Ho bisogno di chi mi sostenga. Dammi coraggio. Non mi lasciar peccare. Sono
poverissima, dammi la tua ricchezza; sono all'oscuro, dammi la tua luce. Sono tua, Ges, sono delle anime. - (diario, 14-11-1944).
Nuovi assalti del demonio: questa notte venne con tutto il furore... - Distrugger il tuo corpo. Puoi vivere di piacere come vivi di
amore. Peccare molto meglio. Ti trasciner al piacere. - E poi, sghignazzando: - Vedi? D. Umberto ed il medico non ritornano pi
qui: ne hanno avuto la proibizione. - E aggiungeva titoli sporchi.
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Il demonio, qualche volta, dice la verit. Gi da alcuni giorni avevo avuto il presentimento che a d. Umberto era stato proibito di
venire da me...
La lotta contro il maledetto si protrasse per molto tempo... Rimasi sfinita per tanto lottare. ... Il mattino seguente, alcune ore dopo la
Comunione, nel vedere i miei a consumare cibi che mi piacevano sentii nostal-gie quasi insopportabili di alimentarmi. Ma restai in
silenzio offrendo a Ges il sacrificio e le nostalgie per il cibo per coloro che hanno soltanto brame per il peccato e si alimentano di
cose che offendono Ges.
Un doloroso taglio
Era sera quando ebbi notizie che mi confermarono i pre-sentimenti. Mio Dio, quale profondo colpo nel mio cuore! Non me lo
dissero, ma arrivai a credere che a d. Umberto era stato proibito di venire qui. Fra me dicevo: - Sia fatta la volont del Signore! Sia
benedetta la mia croce! - Potei innalzare le mie mani e recitare il Magnificat come ringraziamento. - Accetta, o mio Ges,
anche questa offerta. - Una forza inspiegabile invase il mio cuore: volevo cantare inni di lode e di ringraziamento. Recitai le
orazioni della notte con tutto l'entusiasmo e tutta l'energia. Ci furono lacrime, molte lacrime intorno a me. Io dissi alcune parole di
conforto ma non valsero a nulla. Al mio fianco vedevo una sepoltura aperta per mia sorella e mi pareva di essere stata io a
scavarla. - Sono io, o Ges, che sto seppel-lendo Deolinda, ma involontariamente. Il mio cuore sanguinava nel profondo. - O Ges, o Mammina, sia tutto per vostro amore e per le anime. Che io rimanga sola, che
tutti mi abbandonino; ma Voi non abbandonatemi! Confido, confido. - (diario, 15-11-44).
Mi rubano le guide datemi dal Cielo
... Le scrivo qualcuna delle molte cose che ho nell'anima. Da vari giorni mi faceva tanto soffrire la seguente impressione: mi
pareva che lei avesse ricevuta la proibizione di venire qui. Che tempesta sentivo lontano! Soffersi sola per non rattri-stare mia
sorella;... Ora che tutto si saputo, le chiedo la ca-rit di dirmi il vero, perch in questo stato soffro di pi. Mi sia franco, per amore
di Ges e di Mammina, nella certezza che non cesser di avere per codesta Casa salesiana la pi grande e santa affezione. Non
pensi, mio buon padre, che tralasci di pregare e di soffrire per tutti. Oh, no! Sarei una ingrata e preferirei morire. Riconosco di
essere debitrice di molto: soltanto in cielo conoscer il bene che venuto a fare alla mia povera anima. Non ho mai avuto, con
continuit, nella mia vita spirituale sostegno e luce necessari per percorrere i miei sentieri tanto spinosi. Poveri uomini che mi
rubano le guide datemi dal Cielo!... I miei voti sono che il Signore non castighi e non chieda conto