sotto il nome di Paolo sono quattordici. A partire dalla fine del Set
tecento le analisi di tipo stilistico e storico-contenutistico sulla com
pattezza del corpus paolino si sono moltiplicate dando origine a un
vivace filone di ricerche. Oggi si ritengono non autentiche dell'apo
stolo ben sei lettere: la Seconda ai Tessalonicesi, quelle agli Efesini
e Colossesi, le tre pastorali (a Tito, Prima e Seconda a Timoteo ) .
Nei primi capitoli il volume fa il punto degli studi sul canone paolino
e sulla «tradizione paolina». La ricostruzione, partendo da Paolo
stesso, di persone luoghi e problemi di questa corrente cristiana - a
cui si deve la redazione di oltre un terzo del Nuovo Testamento è -
ISBN 88-1�40261-8
9 788810 402610
collana LA BIBBIA NELLA STORIA
diretta da Giuseppe Barbaglio
LA TRADIZIONE
PAOLINA
ISBN 88-10-40261-8
5
DSBP Dizionario di Spiritualità Biblica Patristica (Roma)
6
Kairos Kairos (Salzburg)
KEK Kritisch-exegetischer Kommentar iiber das Neue Testa
ment (Gottingen)
7
Semeia Semeia. An Experimental Joumal for Biblical Criticism
(Missoula, MT; Atlanta, GA).
SKK Stuttgarter Kleiner Kommentar (Stuttgart)
SNTS.MS Studiorum Novi Testamenti Societas. Monograph Series
(Cambridge)
SNTU Studien zum Neuen Testament und seiner Umwelt (Linz)
ST Studia Theologica. Scandinavian Journal of Theology (Osio)
StUNT Studien zur Umwelt des Neuen Testaments (Gottingen)
8
Prefazione
9
lettore sarebbe tentato di accostare questi problemi con quelli che nel con
testo attuale sono connessi con le speculazioni e le esperienze sincretistiche
che vanno sotto il nome della New Age.
L'interesse per il gruppo delle lettere pastorali è dettato dal desiderio di
conoscere meglio il momento critico del passaggio da un cristianesimo cari
smatico a quello istituzionale. L'organizzazione delle comunità cristiane se
condo il principio dell'autorità tradizionale che fa capo all'apostolo si svi
lupppa sotto la spinta di elementi interni ed esterni intrecciati tra loro. La
minaccia della dissidenza rappresentata dai «falsi maestri» costringe a fissa
re i criteri di appartenenza sulla base della ortodossia dottrinale. Il confron
to con l'ambiente esterno favorisce uno scambio fecondo che stimola la for
mulazione di un progetto cristiano, dove si avverte l'eco di alcuni valori etici
della filosofia popolare ellenistica. Questo esperimento di dialogo culturale
offerto dalle lettere pastorali può essere uno stimolo a ripensare il rapporto
attuale delle chiese con il loro ambiente vitale.
Infine val la pena di richiamare l'attenzione su un problema che rappre
senta un ostacolo per alcuni lettori cristiani abituati a identificare la loro fe
de con un modello storico-culhuale fisso e immutabile. L'origine paolina di
queste sei lettere oggi non è più il «problema» nel senso che siano esse scrit
te o dettate direttamente da Paolo oppure stese da qualche suo discepolo a
suo nome, questa ipotesi non incide nella valutazione teologica e nella lettu
ra esegetica di questi scritti. Essi restano ispirati e canonici comunque si
spieghi la loro origine letteraria e storica. Una volta che si sia superata la re
sistenza psicologica e sia anche chiarito il pregiudizio moralistico di fronte a
questo procedimento letterario, l'ipotesi dell'origine pseudepigrafica di
queste lettere paoline non solo non si oppone alla loro stima e valorizzazio
ne, ma aiuta a leggerle e interpretarle in modo più coerente e fruttuoso. Il
procedimento della pseudepigrafia infatti si armonizza perfettamente con la
categoria della tradizione paolina. In nome e con l'autorità di Paolo si ripre
sentano quegli aspetti del suo pensiero che meglio rispondono alle nuove e
mutate situazioni vitali delle comunità cristiane della seconda e terza gene
razione.
Una resistenza inconscia all'ipotesi della pseudepigrafia paolina di alcu
ne lettere che fanno parte del canone cristiano deriva dal pregiudizio ideolo
gico residuo della mentalità controversistica, quando si stabiliva una gra
duatoria degli scritti ispirati in nome di un esame o test teologico: gli scritti
di primo grado erano quelli che riproducevano la teologia di Paolo incentra
ta sulla giustificazione per la fede; gli scritti di secondo grado erano quelli
che indulgevano alle tendenze istituzionali e moraleggianti del protocattoli
cesimo. Questi schemi ideologici si rivelano sempre più antistorici e riduttivi
in quanto impediscono di leggere e valutare uno scritto cristiano per quello
che è e dice nel suo contesto storico e culturale. In altre parole gli scritti del
la tradizione paolina vanno letti senza pregiudizi. Essi sono una testimo
nianza della fecondità del patrimonio teologico e spirituale dell'apostolo
Paolo, ma nello stesso tempo sono un documento della capacità creativa dei
suoi discepoli che rendono vivo e efficace il suo pensiero e il suo spirito in
nuovo e diverso contesto storico e culturale.
Udine, 16 maggio 1995
Rinaldo Fabris
lO
I
La tradizione paolina
Tra gli scritti del Nuovo Testamento sono quattordici lettere che
a vario titolo sono poste sotto il nome di Paolo. Tra queste la cosid
detta «Lettera agli Ebrei» si richiama solo indirettamente a Paolo .
Prima del saluto finale l'autore dice : «Sappiate che il nostro fratello
Timoteo è stato rimesso in libertà» . Egli perciò spera di poter vede
re i destinatari della lettera assieme a lui (Eb 13 ,23) . Tutte le altre
tredici lettere hanno sempre come mittente esplicito «Paolo» accan
to ad altri co-mittenti. Delle 158 volte in cui Paolo è nominato nel
NT, se si escludono i 128 passi degli Atti degli apostoli , gli altri 29 te
sti riguardano la sua presenza nella frase protocollare di intestazione
delle lettere . Paolo si autopresenta anche nella formula di autentica
zione finale di tre lettere ( 1 Cor 16,21 ; Col 4,18; 2Ts 3 , 17) . Le re
stanti dieci menzioni del nome dell'apostolo sono distribuite all'in
terno delle lettere con una netta preponderanza della prima Lettera
ai Corinzi : sei volte . Di Paolo «fratello nostro» parla una volta an
che l'autore della seconda Lettera di Pietro (2Pt , 3 , 15 ) .
L'intero corpus dei tredici scritti , che vanno sotto i l nome di
Paolo , costituisce un terzo dell'intero Nuovo Testamento: 2003 ver
setti su un totale di 5621 del canone neotestamentario . La raccolta e
la conservazione di una quantità relativamente notevole di testi pao
lini sono già di per sé un indizio del ruolo autorevole attribuito al
l'apostolo nelle prime generazioni cristiane . Basti pensare che sotto
il nome di Pietro sono conservate solo due piccole lettere per un
numero complessivo di 166 versetti ; a Giacomo e a Giuda, perso
naggi eminenti nel NT, sono attribuite due lettere rispettivamente di
108 e 25 versetti . Solo i tre Vangeli sinottici sommati insieme pos
sono essere comparati con l'ampiezza dell'epistolario paolino . Si
può dunque legittimamente considerare la figura di Paolo come uno
dei vettori propulsivi nel processo che ha portato alla formazione del
Nuovo Testamento .
11
l. «SCUOLA» O TRADIZIONE PAOLINA
A partire dalla metà del secolo scorso si sono sviluppati gli studi
di carattere storico-critico attorno alla figura di Paolo sulla base del
suo epistolario conservato negli antichi codici o manoscritti del NT.
Spetta alla nuova scuola di Tubinga e in particolare al suo fondatore
Ferdinand Christian Baur il merito di avere avviato lo studio siste
matico degli scritti del NT inserendoli nel loro contesto storico . Egli
parte dal presupposto che gli scritti neotestamentari riflettono l'am
biente sociale e culturale , i problemi e i conflitti delle prime comuni
tà cristiane . Perciò la ricostruzione sotto il profilo storico e sociolo
gico di questo ambiente vitale degli scritti neotestamentari è indi
spensabile per la loro comprensione . Non è casuale che il Baur nel
suo primo lavoro su Paolo si impegni a ricostruire l'ambiente conflit
tuale di Corinto per comprendere non solo la prima lettera ai Corin
zi , ma anche il ruolo dell'apostolo Paolo nel contesto della chiesa
primitiva. 1
A partire da questa immagine conflittuale del primo cristianesi
mo il Baur sottopone a una revisione critica l'intero epistolario pao
lino e gli altri scritti del NT. Sotto questo profilo critico egli conside
ra le lettere pastorali come un prodotto dell'epoca postapostolica .
Infatti secondo Baur in questi scritti si riflette il conflitto tra gli gno
stici che si servono di Paolo e i giudaizzanti che lo attaccano sul ver
sante opposto . 2 I dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a
Timoteo erano già stati sollevati da Friedrich Ernst Daniel Schleier
macher nel 1807 , sulla base dell'analisi dello stile e tenendo presente
la situazione storica presupposta dalla lettera.3 La linea critica di
Schleiermacher viene ripresa e radicalizzata da Johann Gottfried
Eichhorn nella sua introduzione al NT, dove sostiene che tutte e tre
le lettere pastorali differiscono nel loro linguaggio religioso da quel
lo di Paolo .4 Nella prima metà del XIX secolo i dubbi sull'autenticità
12
paolina si estendono anche alla seconda Lettera ai Tessalonicesi e
alla Lettera agli Efesini . 5
Queste prese di posizione circa l'autenticità o meno di alcuni
scritti dell'epistolario paolino obbediscono a criteri di carattere stili
stico o storico-teologico. Ma solo nell'opera di Baur essi si inserisco
no in una visione complessiva della storia del primo cristianesimo .
Secondo il fondatore della «Scuola di Tubinga» il movimento cristia
no si sviluppa nella tensione conflittuale tra due partiti o fazioni che
fanno capo rispettivamente a Paolo e a Pietro . Questo contrasto si
prolunga oltre l'epoca apostolica ed esercita il suo influsso nella
composizione degli scritti del canone cristiano . In questa ricostruzio
ne della storia della prima chiesa Baur parla di «cristianesimo paoli
no» e di «paolinismo» .6 E nell'ambito del paolinismo sorgono quegli
scritti che , posti sotto il nome di Paolo, ne fanno rivivere la persona
lità e il messaggio per rispondere ai nuovi problemi sollecitati dalle
mutate situazioni vitali delle comunità cristiane . È in questo conte
sto che si parla di «scuola di Paolo» .7 Ma un confronto con il model
lo della «Scuola» nell'ambiente greco-ellenistico e in quello giudaico
suggerisce di dare la preferenza al modello della «tradizione» per in
terpretare il fenomeno del «paolinismo» nella storia della prima
chiesa e della formazione del canone cristiano .
a) Le «scuole» nell'antichità
Nell'ambiente greco-ellenistico è ben noto il fenomeno della
«scuola>> come insieme di persone che si raccolgono attorno a un
maestro , ne seguono e sviluppano l'insegnamento o il messaggio .
Nella storia della cultura greca si affermano e sviluppano alcune
«scuole» di indirizzo filosofico . Tra queste primeggia la scuola che
va sotto il nome di «Accademia» di Platone , il cui scopo originario è
13
quello di preparare gli uomini al servizio della pòlis . In essa si dà una
rigorosa istruzione filosofica e scientifica. Nel corso della sua storia,
che va dal IV secolo a.C. fino alla soppressione delle scuole filosofi
che da parte di Giustiniano nel 529 d . C . , l'Accademia diventa il cen
tro dello scetticismo e poi del neoplatonismo .
Altre scuole filosofiche prendono il nome dal luogo o ambiente di
fondazione , dal loro maestro o capo scuola , oppure dal suo indirizzo
di pensiero . Gli «Stoici» - dallo stoà poikìle di Atene - si richiama
no a Zenone di Cizio del IV secolo a.C. e al suo discepolo Crisippo ,
che dà alla scuola stoica una forma sistematica. Lo stesso vale per i
«paripatetici» - dal «portico», perìpatos - che fanno capo ad Ari
stotele e si sviluppa nel primo secolo a.C. grazie al ruolo di Teofra
sto. Un legame più stretto caratterizza gli «epicurei» , che vivono in
sieme in una specie di comunità ad Atene nella proprietà , il «giardi
no>> , del maestro Epicuro . Lo stesso si può dire dei «pitagorici>> che
formano associazioni di indirizzo ascetico-religioso . Nel I secolo a.C.
vi confluiscono tendenze di carattere eclettico e sono chiamati «neo
pitagorici>> . Più liberi e autonomi sono invece i «cinici>> , seguaci di
Diogene di Sinope , che non sono organizzati in una vera e propria
«scuola>> . Tuttavia nel periodo ellenistico si riscontrano associazioni
o comunità di filosofi che , sul modello della comunità socratica, pro
ducono lettere e trattati sotto il nome degli antichi maestri per propa
gandare la filosofia «cinica>> nella sua forma moderata. 8
I tratti distintivi delle «Scuole>> o delle associazioni di indirizzo fi
losofico dell'ambiente greco-ellenistico dal IV secolo a.C. fino al
I d.C. si possono riassumere in questo modo : l) queste forme di
«aggregazione>> si richiamano a un maestro fondatore o capo-scuola ,
del quale i membri si considerano «discepoli>> o «seguaci>> ; 2 ) in alcu
ni casi al maestro fondatore succedono altri capi-scuola o «scolar
chi» , chiamati prostàtai; 3) la «Scuola» si fa veicolo di un sistema di
pensiero e qualche volta anche di uno stile di vita; 4) nell'ambito
della scuola gli scritti o opere del maestro sono conservati e com
mentati ; sotto il suo nome si producono altre opere pseudepigrafi
che che ne prolungano il ruolo autorevole e ne attualizzano il mes
saggio ; 5 ) nel corso del tempo la scuola si evolve e assume orienta
menti di pensiero nuovi e diversi rispetto a quelli originari.
8 B. FIORE, The Funcion of Personal Exemple in the Socratic and Pastoral Epist
les (AnBib 105) , Rome 1986.
14
Anche nell'ambiente giudaico del primo secolo d . C . è presente il
fenomeno della «Scuola» con caratteristiche proprie , anche se non si
può escludere un influsso proveniente dalla cultura ellenistica . Le
radici delle scuole dei maestri ebrei vanno ricercate nella tradizione
biblica . Si parla di «scuola» nell'ambiente profetico , dove i «disce
poli» del profeta ne conservano l'insegnamento e i credenti sono
considerati «discepoli del Signore» (Is 8,16; 54, 1 3) .9 Ma il linguaggio
e il modello di «scuola» sono presenti in modo esplicito e diretto nei
testi sapienziali . Gesù ben Sira, figlio di Eleazaro di Gerusalemme ,
fa l'elogio dello «scriba» e presenta se stesso come un maestro di sa
pienza che ha lavorato per diffonderla tra i suoi discepoli e le gene
razioni future : «Vedete non ho lavorato solo per me , ma per quanti
cercano la dottrina» (Sir 24 ,32 ; cf. 39 , 1 -1 1 ; 50,27) .
Lo stesso modello si riscontra nella nota apposta dall'editore
nell'epilogo del Qohelet : «Oltre a essere saggio , il Qohelet insegnò
anche la scienza al popolo , ascoltò , indagò e compose un gran nu
mero di massime. Qohelet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse
con esattezza parole di verità» (Qo 12,9-10) . Per esprimere il rap
porto maestro-discepolo nella tradizione sapienziale si fa ricorso al
linguaggio della relazione familiare o parentale padre-figlio . Secon
do questo linguaggio , che si riscontra anche nel modello pedagogico
delle scuole dell'ambiente ellenistico , il maestro tiene il posto del
«padre)) o dei genitori (cf. Pr 1 ,8 ; 4, 1-3; 6,20) .
Sullo sfondo della tradizione sapienziale biblica , dove si avverte
in modo più diretto l'influsso dell'ambiente e della cultura ellenisti
ca, si sviluppa l'esperienza della scuola degli «scribh) o maestri giu
dei . Si può ammettere una certa continuità storica e culturale tra la
matrice biblica e le scuole giudaiche , anche se non è trasferibile sul
piano storico lo schema idealizzato proposto in apertura del trattato
di Abòth della Mishnah : «Mosè ha ricevuto la legge dal Sinai e l'ha
consegnata a Giosuè , e Giosuè agli anziani , e gli anziani ai profeti , e
i profeti l'hanno consegnata agli uomini della grande sinagoga)) (A b .
1 , 1 ) . La tradizione giudaica per i l periodo che v a dal primo secolo
a.C. al 70 d . C . ricorda dieci nomi di capi-scuola, abbinati in cinque
copie , di cui i più noti sono il mite o moderato Hillel e il severo
o rigoroso Shammai . In realtà si tratta di indirizzi giuridico-legali
15
diversi , ma che fanno leva sugli stessi criteri applicati nell'interpre
tazione della Torah .
I «maestri» delle scuole giudaiche sono gli antichi sopherìm ,
«scribi» che hanno il loro modello autorevole in Mosè . Nel greco
della tradizione evangelica sono chiamati grammatèis e anche nomo
didàskaloi (Le 5 , 17) o nomikòi, «maestri della legge» (Mt 22,35 ; Le
7,30; 10,25 ; 1 1 ,45-46.52; 14,3) . Il Vangelo di Matteo fa allusione al
titolo accademico rabbì, dato ai maestri che hanno completato il lo
ro corso di formazione . Nel periodo mishnaico questi sono chiamati
anche «sapienti», l].akamìm (Mt 23 ,8 . 10; cf. 1 1 ,25 ) . Nella documen
tazione relativa all'ambiente giudaico successivo al 70 d . C . la figura
del maestro è quella di un esperto interprete della Torah , che racco
glie attorno a sé dei discepoli per prepararli al futuro ruolo di mae
stri, giuristi o professionisti della legge . Il metodo di insegnamento
apprendimento fa leva sull'ascolto, la ripetizione , il dialogo e la me
morizzazione . Questo processo di trasmissione è favorito dal rap
porto stabile tra maestro-discepoli , che comporta la vita comune e
una frequentazione prolungata pet alcuni anni. 10
10 E. SCHORER , «Gli studiosi della torà e la loro attività>> , in Storia del popolo giu
daico al tempo di Gesù Cristo , Brescia 1987 , Il, 393-410; G. STEMBERGER, Il giudaismo
classico. Cultura e storia del tempo rabbinico. Dal 70 al 1040, Roma 1991 , 141 -146.
11 M. HENGEL , Il Paolo precristiano (SB 100) , Brescia 1992 , 145 .
16
1Cor 15 ,8-9) . L'Hengel deduce da tutto questo che Paolo avesse una
«certa autorità» ed esercitasse «Una funzione di maestro in una (o
più d'una) sinagoga di lingua greca a Gerusalemme» . 1 2
Anche se Paolo ha avuto una buona formazione per interpretare
e insegnare la Torah secondo l'indirizzo farisaico al punto da conse
guire una certa autorità tra i suoi connazionali , non credo che possa
essere considerato un capo-scuola di tipo giudaico . Ma anche am
messo questo ruolo di didàskalos, «maestro», la svolta intervenuta
con l'esperienza di Damasco cambia radicalmente il suo modo di
considerare i rapporti e soprattutto la fonte dell'autorità nella tra
smissione dell'esperienza religiosa . Egli infatti considera come cose
di nessun conto , anzi spregevoli , tutti i privilegi legati alla sua condi
zione di ebreo osservante . L'unico Signore e maestro , al quale Paolo
ormai ha legato per sempre la sua vita e impegno spirituale , è Gesù
Cristo (Fil 3,7-9) .
Una conferma di questa prospettiva paolina si ha dall'analisi del
suo lessico relativo all'area semantica maestro-discepolo . Delle 59
ricorrenze del termine didàskalos nel NT solo 7 si trovano nell'epi
stolario paolino. In Rm 2,20 il titolo è riferito al ruolo del giudeo ,
che si considera «maestro» degli inesperti perché possiede la legge
(Rm 2,20) . In altri due casi esso designa il cristiano che ha il «Cari
sma» di «maestro» ( 1 Cor 12 ,28.29 ; Ef 4 , 1 1 ) . Il verbo didàskein , «in
segnare», si riscontra 15 volte nell'epistolario paolino , sulle 97 del
NT. Di queste solo in cinque casi il verbo «insegnare» è associato
con la trasmissione del vangelo e delle tradizioni cristiane (1Cor
4,17; Gal 1 , 12 ; cf. Ef 4,21 ; Col 1 ,28 ; 2,7; 2Ts 2, 15) .
Nelle lettere pastorali ricorre con più frequenza questo lessico
dell'insegnamento autorevole (1Tm 2,12; 4 , 1 1 ; 6,2; 2Tm 2,2) . Ma è
notevole il fatto che Paolo solo in questo gruppo di lettere si auto
presenta con tre titoli associati insieme : «banditore , apostolo e mae
stro» ( 1Tm 2,7; 2Tm 1 , 1 1) . Nel caso di 1Tm 2,7, la qualifica di Paolo
«maestro dei pagani nella fede e nella verità» , corrisponde a quella
di Rm 1 1 , 1 3 , dove Paolo si autodesigna «apostolo dei pagani». L'ac
centuazione del ruolo di «maestro» , attribuito a Paolo nel gruppo
delle lettere pastorali , corrisponde alla preoccupazione di questi
scritti per la «sana dottrina» , didaskalìa , minacciata dalla propagan
da dei falsi «maestri» (2Tm 4,3) .
17
Del tutto irrilevante invece è la terminologia del «discepolatO>>
negli scritti di Paolo. Il sostantivo mathétes non ricorre mai nell'epi
stolario paolino . Di scarsa rilevanza è anche il verbo manthànein ,
«imparare», e manthànesthai, «essere istruito» . Delle 15 ricorrenze
paoline sulle 25 neotestamentarie , solo quattro si riferiscono al pro
cesso di iniziazione o formazione cristiana ( Fil 4,9; Rm 16,17; Col
1 ,7; Ef 4,20-21 ) . Nel gruppo delle lettere pastorali solo la seconda
Lettera a Timoteo fa ricorso a questo verbo per esprimere il rappor
to di Paolo e Timoteo ( 2Tm 3 , 10. 14 ) .
Più frequente è invece il ricorso al lessico parentale per esprime
re i rapporti di Paolo con i cristiani delle sue comunità. Egli normal
mente li chiama «fratelli» o «sorelle» ( Rm 16,1 ; lCor 7 , 1 5 ; 9,5 ; Fm
2 ) . L'appellativo «fratello» è dato ai suoi collaboratori ( lCor 1 , 1 ;
2Cor 1 , 1 ; 2 , 1 3 ; 6,18 .22 ; 9,3; 12,18 ) . Timoteo in modo particolare è
presentato da Paolo come il «mio diletto figlio e fedele nel Signore»
( lCor 4,17; Fil 2,22-23 ) . Questo modo di esprimersi è corrente nelle
lettere pastorali, dove Timoteo e Tito sono interpellati dal mittente
Paolo con la frase: «mio vero figlio nella fede» ( lTm 1 ,2; 1 , 18; 2Tm
l ,2; Tt l ,4 ) . Paolo ci tiene a considerarsi «padre» delle sue comunità
e dei singoli cristiani , che egli ha generato mediante l'annuncio del
vangelo ( 1 Cor 4 , 1 5 ; Gal 4,19; Fm 10) . Pur consapevole della sua au
torità di «apostolo» egli mette in risalto il fatto che si comporta nei
loro confronti con l'amore e la sollecitudine di una madre e di un pa
dre verso i propri figli ( lTs 2,7. 1 1 ; 2Cor 12,14 ) .
È degno di nota il fatto che nel contesto in cui Paolo si presenta
come «padre» dei suoi cristiani , vi contrappone il ruolo del paidag6-
gòs: «potreste avere anche mille pedagoghi in Cristo , ma non certo
molti padri , perché sono io che vi ho generati in Cristo Gesù , me
diante il vangelo» ( lCor 4,15 ) . Egli perciò esorta i cristiani di Corin
to, «come figli carissimi» , a farsi suoi imitatori ( lCor 4,16 ) . Più
avanti nella stessa lettera egli giustifica questa esortazione, richia
mando il motivo ultimo e fondante dell'imitazione : «Fatevi miei imi
tatori , come io lo sono di Cristo» ( 1Cor 1 1 , 1 ) . Questo modello del
l'imitazione si trova nella prima Lettera ai Tessalonicesi e viene ri
preso anche nella seconda ( lTs 1 ,7 ; 2 , 14; 2Ts 3 ,7.9 ) . Ma in tutti que
sti casi di «imitazione» Paolo fa leva sul suo ruolo di apostolo , pro
clamatore del vangelo di Dio , e sul rapporto di fede che i credenti
hanno con il Signore Gesù Cristo .
In altri termini Paolo nei rapporti con i suoi collaboratori e con
le comunità cristiane tende a sostituire al modello «maestro-disce
polo», quello di «fratello» e «padre-figlio». A sua volta questo rap-
18
porto trova la sua ragione ultima nel suo ruolo di «apostolo di Gesù
Cristo» , incaricato di proclamare il vangelo di Dio . Nel servizio allo
stesso vangelo matura il legame reciproco dei vari collaboratori pao
lini . E nell'accoglienza di questo annuncio di salvezza da parte dei
credenti si radica la loro relazione con Paolo .
19
109 il verbo parakalèin , «esortare»; 8 volte su 76 il verbo martyrèin ,
«testimoniare» ; due volte su quattro del NT, il verbo paramythèin ,
«incoraggiare».
Nel contesto dell'annuncio autorevole del vangelo Paolo fa ri
corso alla terminologia e al modello della «tradizione» . Delle 15 ri
correnze paoline del verbo paradidònai, «trasmettere», quattro ri
guardano la trasmissione autorevole del vangelo , della dottrina o
delle norme di vita cristiana (Rm 6 , 1 7 ; lCor 1 1 ,2.23 ; 15 ,3) . Nei testi
di lCor 1 1 ,23 e 1 5 ,3 la coppia verbale paralambàneinlparadidònai,
indica l'intero processo della «tradizione» nei suoi due aspetti del
«ricevere/trasmettere» . È da rilevare il fatto che Paolo quando indi
ca la fonte della «tradizione» non parla di un'autorità umana, ma del
«Signore» (l Cor 1 1 ,23 ; 7, 10) . In l Cor 1 1 ,23 si tratta della «tradizio
ne» liturgica della «Cena del Signore» ; in lCor 15 ,3 dell'annuncio
evangelico , sul quale si fonda la fede salvifica della comunità di Co
rinto . Ma Paolo designa come paràdosis , che deve essere «accolta» ,
anche l e disposizioni morali o l e norme disciplinari consegnate alla
comunità assieme all'annuncio fondante del vangelo (lCor 1 1 ,2; Gal
1 ,9; Fil 4,9; lTs 2,13 ; 4, 1 ; cf. 2Ts 3 ,6) .
Nel gruppo delle lettere pastorali si accentua il ruolo della «tra
dizione» paolina . Il destinatario delle due lettere Timoteo è esortato
a «custodire» il «deposito» , paratheké, che gli è stato affidato dal
l'apostolo (lTm 6 ,20 ; 2Tm 1 , 12. 14) . A sua volta egli lo deve tra
smettere a persone fidate , che a loro volta siano in grado di ammae
strare anche gli altri (2Tm 2,2) . In questi ultimi testi Paolo è consi
derato come l'unica fonte e il garante della «tradizione» sicura e au
torevole. Questa insistenza sul «deposito» paolino da conservare e
trasmettere si comprende sullo sfondo della crisi alla quale è esposta
la «sana dottrina>> a causa dei falsi maestri della legge (lTm 1 ,7) .
Con il termine didaskalìa, qualificata una volta dall'aggettivo kale ,
«buona dottrina» (lTm 4,6) e quattro volte da hygiàinousé, «sana
dottrina» (lTm 1 , 10; 2Tm 4,3; Tt 1 ,9 ; 2 , 1 ) , si presenta nei tre scritti
pastorali l'insegnamento tradizionale cristiano .
La terminologia delle tre lettere pastorali conferma , se ce ne fos
se bisogno, che il modello della «scuola» o dell'insegnamento. è �u
bordinato a quello della «tradizione» , predominante nell'epistolario
paolino . Pertanto non solo è legittimo , ma storicamente più corretto
e appropriato parlare di «tradizione paolina» , piuttosto che di
«scuola».
20
2. l COLLABORATORI DI PAOLO
21
Un posto particolare nella cerchia dei collaboratori paolini meri
ta la coppia Aquila e Prisca (o Priscilla secondo il testo degli Atti de
gli apostoli) . Paolo, a Corinto , trova lavoro e ospitalità presso que
sta coppia cristiana . Aquila è un giudeo-cristiano originario delPon
to, residente a Roma , che è costretto ad abbandonare la città assie
me alla moglie in seguito all'editto di Claudio probabilmente verso il
49 d . C . (At 18,2) . Essi da Corinto accompagnano Paolo a Efeso , do
ve si fermano e hanno occasione di incontrare Apollo (At 18,18.26) .
Paolo nella prima Lettera ai Corinzi , scritta da Efeso, invia i saluti a
nome della coppia cristiana e della comunità che essi accolgono nel
la propria casa ( 1 Cor 16,19) . Con un elogio per il loro coraggio e im
pegno missionario li ricorda nei saluti della Lettera ai Romani (Rm
16 ,3) . Anche la seconda Lettera a Timoteo presenta Prisca e Aquila
tra le persone che l'apostolo manda a salutare (2Tm 4 , 19) .
Nella lunga lista di saluti , che chiude l'attuale lettera ai Romani,
sono menzionati 35 nomi di persone. Paolo dopo avere raccomanda
ta la «sorella» Febe , diaconessa del porto di Cenere , manda a saluta
re 29 persone , singoli, famiglie o gruppi , di cui 20 uomini e 9 donne
(Rm 16,1-16) . Alla fine si presenta e invia i saluti anche l'équipe che
soggiorna a Corinto assieme a Paolo nella casa di Gaio: in tutto altre
otto persone (Rm 16,21-23) . In testa a quest'ultimo gruppo Paolo
colloca Timoteo , che è menzionato complessivamente 18 volte nel
l'epistolario paolino e 6 volte negli Atti degli apostoli. Paolo lo pre
senta come il suo «figlio amato e fedele nel Signore» ( 1 Cor 4,17; Fil
2,19) ; come «fratello» e «servo di Cristo Gesù» (2Cor 1 , 1 . 19 ; Fil 1 , 1 ;
1Ts 3 ,2) ; come «collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo», syner
gòs (1Ts 3 ,2) ; come «mio collaboratore» (Rm 16,2 1 ) . Paolo gli vuole
bene e lo stima per il suo schietto e generoso impegno nel servizio
del vangelo (Fil 2, 19-22) . Quando lo invia a Corinto come suo dele
gato si preoccupa che venga accolto con la cordialità e il rispetto do
vuti a chi lavora per l'opera del Signore (1Cor 16,10- 1 1 ) .
Questa immagine di Timoteo , «il fratello» (cristiano) , «il figlio
genuino» o «amato» di Paolo , si prolunga nell'intestazione della
Lettera ai Colossesi e nelle due lettere pastorali , indirizzate a questo
discepolo e collaboratore paolino . La tradizione consegnata in que
sti scritti integra le informazioni che sulla sua origine e formazione si
ricavano dagli Atti degli apostoli . Timoteo è un cristiano molto sti
mato della comunità di Listra , fondata da Paolo nel primo viaggio in
Anatolia. Egli appartiene a una famiglia credente , anche se è figlio
di un matrimonio misto. La mamma è di origine ebraica, mentre il
padre proviene dal paganesimo (At 16, 1-3) . Dalla nonna Loide e
22
poi da sua madre Eunice egli ha ricevuto una formazione biblica e
cristiana in casa fin da giovane (2Tm 1 , 5 ; 3 , 14-15) .
Alla pari di Timoteo , ma con un altro temperamento e ruolo , è il
«fratello» Tito , conosciuto solo attraverso l'epistolario paolino, do
ve è menzionato 13 volte . Secondo la testimonianza della Lettera ai
Galati egli, assieme a Paolo e Barnaba , fa parte del gruppo di mis
sionari itineranti che si recano a Gerusalemme per discutere della
metodologia da seguire nel caso dei pagani convertiti (Gal 2 , 1 ) . Pao
lo ci tiene a dire che Tito , pur essendo di origine pagana, non è stato
costretto a farsi circoncidere per entrare a pieno titolo nella comuni
tà cristiana. Questo è una conferma della libertà e verità del vangelo
che egli propone tra i pagani (Gal 2 ,3-5 ) . Tito svolge un ruolo decisi
vo per risolvere la crisi nei rapporti tra Paolo e la comunità corinzia
(2Cor 2 , 1 3 ; 7 ,6-14) . Egli inoltre è presentato da Paolo stesso come
suo «compagno» e «collaboratore» , che ha la stima e la fiducia delle
comunità dell'Acaia, incaricato di condurre a termine l'organizza
zione della raccolta di fondi per le chiese povere della Giudea (2Cor
8,6. 16.23) . A Tito è indirizzata una delle tre lettere pastorali (Tt
1 , 1 ) . A questo discepolo , presentato come «mio vero figlio nella fe
de comune>> , Paolo affida l'incarico di organizzare la chiesa nell'iso
la di Creta (Tt 1 ,4-5) . Secondo la testimonianza della seconda Lette
ra a Timoteo , che evoca la situazione di Paolo prima della sua con
danna a morte , Tito è partito per la Dalmazia (2Tm 4 , 10) .
Altri collaboratori di Paolo compaiono nel suo epistolario con o
senza riscontro negli Atti degli apostoli . Tra questi va segnalato Sil
vano, forma latinizzata del nome ebraico-aramaico Shaùl/Sila, che
Paolo menziona assieme a Timoteo tra i missionari fondatori della
comunità cristiana di Corinto (2Cor 1 , 19) . Egli compare ancora as
sieme a Timoteo tra i co-mittenti della prima Lettera ai Tessalonice
si (1Ts 1 , 1 ; cf. 2Ts 1 , 1 ) . Secondo la testimonianza degli Atti degli
apostoli Sila è un «profeta>> e cristiano stimato della comunità di Ge
rusalemme . Egli è inviato assieme a Giuda Barsabba ad Antiochia
di Siria per consegnare e spiegare le decisioni del primo concilio ge
rosolimitano circa lo statuto ecclesiale dei pagani convertiti al cri
stianesimo (At 15 ,22.32) . Ad Antiochia Paolo , dopo il dissenso con
Barnaba , lo sceglie come compagno nella missione che lo porta in
Macedonia e Acaia.
Èpafra è conosciuto solo tramite l'epistolario paolino . Paolo lo
menziona come primo tra quelli che inviano saluti a Filemone , assie
me a «Marco , Aristarco , Dema e Luca, miei collaboratori» e lo pre
senta come «mio compagno di prigionia per Cristo Gesù», (Fm 23) .
23
Secondo la Lettera ai Colossesi Èpafra è l'evangelizzatore e respon
sabile delle chiese della valle del Lico , a Colossi, Laodicea e Gera
poli . L'autore della lettera, che scrive a nome di Paolo , lo chiama:
«nostro caro compagno nel ministero» e «fedele ministro di Cristo>> ;
«servo di Cristo Gesù» ( Col 1 ,7 ; 4, 12- 13 ) . Allo stesso ambiente ap
partiene Tichico, che nella stessa Lettera ai Colossesi è presentato in
modo elogiativo : «il caro fratello Tichico e ministro fedele , mio
compagno nel servizio del Signore». Egli è inviato insieme a Onesi
mo , «il fedele e caro fratello» ( Col 4,7.9) . Con accenti quasi uguali
lo menziona l'autore della Lettera agli Efesini ( Ef 6,21 ) . Il suo nome
ricorre anche nelle lettere pastorali tra i personaggi che gravitano
nell'orbita di Paolo e negli Atti degli apostoli (2Tm 4,12; Tt 3 , 12;
At 20,4 ) .
24
Macedonia (Tess/Fil.) (5) 2<:or 2,12-13; 7,5-7 <:orinto (2<:or l, l)
Macedonia (6) Gal 1 ,2 Galazia (Gal 3,1)
<:orinto (7) Rm 16,21-23 Roma (Rm 1 ,6. 15)
Efeso (carcere) (8) Col 1 ,2 Colossi/Laodicea/Gerapoli
(<:ol 1 ,2; 2,1; 4,13-14. 15)
Efeso (carcere) (9) Ef 1 , 1 Efeso (Ef 6,21)
Efeso (Asia) (lO) lTm 1 ,2.3 Efeso (lTm 1 ,2)
Roma (carcere) (1 1) 2Tm 1 ,17; 4,5-18 Efeso (2Tm 1 ,15. 17)
Efeso (12) Tt 1 ,5 Creta (Tt 1 , 12)
Tessalonica (13) 2Ts 1,1 Tessalonica (2Ts, 1 ,1)
Roma (Italia) (14) Eb 13,23-24 Italia (Eb 13,24)
25
nella prima Lettera ai Corinzi. I quattro riferimenti paolini alla Giu
dea sono connessi con la chiesa di Gerusalemme , dove egli si reca in
visita o che presenta alle altre chiese come prototipo storico . È inte
ressante fare un confronto con il ruolo centrale che Gerusalemme e
la Giudea hanno invece nella «geografia» dell'autore degli Atti degli
apostoli , dove sono ricordate rispettivamente 59 e 12 volte .
Lo stesso discorso vale per la città di Antiochia e la regione della
Siria, dove Paolo , secondo la testimonianza della Lettera ai Galati ,
ha svolto la sua prima azione missionaria. Antiochia e la regione di
Siria/Cilicia sono ricordate una sola volta in Gal 1 ,21 e 2,1 1 . Anche
la città di Damasco , alla quale sono legate le prime esperienze cri
stiane di Paolo , è segnalata due volte (Gal 1 , 17; 2Cor 1 1 ,32) . Analo
gamente la Galazia e i galati sono menzionati nella lettera omonima
e una volta nella prima Lettera ai Corinzi (1Cor 1 6 , 1 ; Gal 1 ,2; 3 , 1 ) .
Si h a l'impressione che queste località e i rispettivi ambienti stiano
alle spalle di Paolo . I centri e gli ambienti vitali di Paolo sono altro
ve : a Corinto in Acaia, a Efeso in Asia, città e regioni collegate tra
loro dalla Macedonia e dalle rispettive città di Filippi e Tessalonica.
Il quadro geografico delle lettere ai Colossesi e agli Efesini e del
gruppo delle pastorali ricalca sostanzialmente quello già noto dal re
sto dell'epistolario paolino e dagli Atti degli apostoli . Nei brani au
tobiografici delle pastorali si ripercorrono le tappe della missione
paolina in Anatolia: Antiochia di Pisidia, Iconio , Listri e la Galazia
(2Tm 3 , 1 1 ; 4 , 10) . È ricordata anche in modo singolare la città di
Tessalonica (2Tm 4,10) . Nelle cinque lettere suddette si rileva un'e
vidente concentrazione delle località paoline nella provincia dell'A
sia attorno a Efeso (Ef 1 , 1 ; 1Tm 1 ,3 ; 2Tm 1 , 18; 4, 12) . Le città, dove
è viva la memoria dell'apostolo , sono : Colossi , Laodicea e Gerapoli
nella valle del Lico (Col 1 ,2 ; 2 , 1 ; 4 , 13-15 . 16) . In questa area gravita
no anche Tròade e Mileto (2Tm 4 , 1 3 . 20) . Nello stesso ambito geo
grafico può essere collocata la menzione dell'isola di Creta e dei cre
tesi , dove opera Tito, il discepolo e delegato di Paolo (Tt 1 ,5 . 12) .
Dall'orizzonte geografico orientale la prospettiva si sposta pro
gressivamente verso occidente puntando verso la capitale dell'impe
ro . Roma è citata in tutto 8 volte nel NT: 3 nell'epistolario paolino e
5 negli Atti degli apostoli . Oltre alle due menzioni nella Lettera ai
Romani , se ne parla nella seconda Lettera a Timoteo 1 , 17. L'apo
stolo vi si trova in stato di detenzione , in attesa di giudizio (2Tm
4,16) . Tra l'oriente e Roma si collocano le regioni dell'Illiria e della
Dalmazia, e la città di Nicopoli sull'Adriatico (Rm 1 5 , 1 9 ; 2Tm 4 , 10;
Tt 3 , 12) .
D a questa panoramica risultano evidenti alcune concentrazioni
geografiche dell'azione e della memoria di Paolo. Predominano le
26
località che gravitano attorno alla regione dell'Asia e in particolare
la città di Efeso . Il ruolo centrale dell'ambiente efesino è attestato
dall'intero epistolario paolino con una progressione che va dalle pri
me alle ultime lettere nell'ordine cronologico . Invece diminuisce e
quasi scompare la centralità dell'Acaia e di Corinto . La città di Co
rinto , assieme a quella di Tessalonica, è ricordata una sola volta in
2Tm 4,20. Questa geografia paolina può offrire uno spunto per rico
struire la genesi e lo sviluppo della «tradizione» di Paolo .
27
Questi due aspetti nell'autocoscienza di Paolo sono inseparabili .
Egli è chiamato da Dio a essere apostolo ed è «inviato» a proclama
re il vangelo del Figlio suo (Rm 1 , 1-2) . Dall'annuncio autorevole del
vangelo proclamato dall'apostolo nasce la comunità dei credenti
(1Cor 15 , 1 1 ) . La condizione per conseguire la salvezza promessa nel
vangelo è l'adesione integra e perseverante al vangelo stesso in quel
la «forma» in cui è stato annunciato (1Cor 15, 1-2) . Si tratta di una
forma «tradizionale» , che Paolo stesso ha ricevuto e consegnato ai
suoi cristiani (1Cor 15,3; Gal 1 ,8-9) . Se il diritto di annunciare il
vangelo con l'autorità di apostolo deriva dalla libera e gratuita ini
ziativa di Dio , il contenuto storico del vangelo annunciato dipende
dalla tradizione , della quale Paolo si fa portavoce e veicolo .
Gli interventi di Paolo nelle comunità nate dal suo primo annun
cio del vangelo assumono modalità diverse : Paolo stesso visita le co
munità, invia un suo collaboratore o una lettera. I delegati di Paolo
spesso portano e spiegano la lettera che sostituisce la visita persona
le dell'apostolo . Perciò la lettera inviata a una chiesa locale deve es
sere fatta conoscere a «tutti i fratelli» ( 1Ts 5 ,27) . Nella lettera l'apo
stolo integra il processo formativo dei credenti battezzati , risponde
ai loro problemi di fede e di prassi etica , presenta le argomentazioni
contro le opinioni divergenti, ammonisce ed esorta per consolidare
tra i credenti uno stile di vita coerente, dà direttive e norme per la
disciplina interna, detta le istruzioni per organizzare iniziative con
crete come la raccolta di fondi per aiutare le chiese povere della
Giudea. Nelle lettere di Paolo si riflettono le situazioni vitali delle
comunità cristiane : le tensioni interne, le devianze e le dissidenze di
alcuni , lo scambio o il conflitto con l'ambiente esterno .
In questo dialogo a distanza tra Paolo e la comunità per mezzo
delle lettere hanno un ruolo decisivo la «memoria» e l'autorità del
l'apostolo fondatore . Questo risalta con particolare evidenza in
quelle situazioni in cui è contestata o disattesa l'autorità dell'aposto
lo da figure concorrenti o da frange di dissidenza interna. È signifi
cativo al riguardo lo spessore che assume il lessico del «potere» e
della «autorità» nelle due lettere ai Corinzi. 14 Ma anche nei contesti
nei quali il ruolo dell'apostolo è fuori discussione, il suo annuncio
del vangelo e il suo stile di vita rappresentano un punto di riferì-
14 W.A . MEEKS , I cristiani dei primi secoli. Il mondo sociale dell'apostolo Paolo ,
Bologna 1992 , 304.
28
mento autorevole per valutare e risolvere i problemi della comunità
cristiana.
Dall'analisi dell'epistolario paolino risulta che Paolo e i suoi col
laboratori possono contare su un credito di autorità spirituale che
giustifica e rende efficace il loro intervento nelle comunità locali .
L'autorità di Paolo nelle sue comunità si basa su questi criteri : a) il
kèrygma originario o l'annuncio di Cristo morto e risorto , proclama
to e attuato nello stile di vita dell'apostolo ; b) un sistema di valori e
uno stile di vita condiviso (èthos comune) ; c) la rivelazione carisma
tica o il ruolo dello Spirito santo ; d) il canone delle Scritture ricono
sciute come parola di Dio ; e) la tradizione autorevole di cui l'aposto
lo è rappresentante . 1 5
Questa «autorità>> di Paolo sta all'origine del processo che sfocia
nella tradizione paolina. Anche a quelle comunità che non hanno
conosciuto personalmente Paolo , come quelle di Colossi , di Laodi
cea e di Gerapoli , la sua figura di «ministro del vangelo e della chie
sa» per realizzare il «mistero di Dio», può essere presentata come
punto di riferimento ideale per trovare il fondamento sicuro e solido
nel vangelo che esse hanno ricevuto , di fronte al rischio di inganno
da parte dei propagandisti della «filosofia» e della «tradizione uma
na» (Col 1 ,21-2,8) . Infatti Paolo per l'annuncio del «mistero di Cri
sto» è in catene , soffre e lotta perché esso possa essere conosciuto e
accolto da tutti (Col 4,3) . Analogamente nella lettera inviata ai
«Santi che sono in Efeso» il ruolo autorevole di Paolo coincide con
quello del «prigioniero di Cristo» o «del Signore». A lui è stato affi
dato dalla grazia di Dio il compito di far conoscere il «mistero di Cri
sto» : i pagani «sono chiamati , in Cristo Gesù , a partecipare alla stes
sa eredità, a formare lo stesso corpo e a essere partecipi della stessa
promessa per mezzo del vangelo» (Ef 3 , 1 -7 ; 4 , 1 ) . Di questo «miste
ro del vangelo» Paolo è ambasciatore in catene (Ef 6,20) .
Nell'ambiente delle lettere pastorali il riferimento al ruolo auto
revole di Paolo è decisivo nello scontro con i «falsi maestri» che mi
nacciano la verità e la sana dottrina. Paolo non solo soffre e «porta
le catene» per il vangelo , ma di esso è «Stato costituito araldo , apo
stolo e maestro» (2Tm 1 , 1 1 ; 2,8-9 ; cf. lTm 2,7) . Egli quindi è la fon
te e la garanzia della «verità del vangelo» che , come sacro deposito ,
29
viene affidato al suo «figlio» genuino e fedele e da questi custodito
con l'aiuto dello Spirito santo per trasmetterlo a sua volta a persone
fidate , capaci di ammaestrare gli altri (2Tm 1 , 12-14; 2,1-2) .
Nel quadro istituzionale delle lettere pastorali sono ben definiti
e sicuri tutti gli anelli della tradizione paolina: Paolo , il discepolo
Timoteoffito , suo rappresentante e delegato , i responsabili della
comunità, scelti e autorizzati secondo i criteri stabiliti dall'apostolo
stesso . Attraverso una vasta rete di collaboratori itineranti Paolo di
rige l'azione missionaria universale . La presenza, nelle varie regio
ni, dei suoi «discepoli» diretti, garantisce l'ortodossia dell'annuncio
del vangelo e la stabilità della chiesa. Nelle singole comunità locali il
collegio dei presbiteri , presieduto da un «episcopo» , assicura la tra
smissione del vangelo e coordina la vita dei credenti . In tale contesto
le lettere, che si richiamano al nome e all'autorità di Paolo , non solo
sono espressione di questa «tradizione» , ma ne sono gli strumenti
legittimi ed efficaci .
30
II
Le lettere deuteropaoline
31
«pseudepigrafo» si indica un'opera letteraria posta sotto un «falso))
nome . Questo fenomeno della «pseudepigrafia)) si riscontra anche in
alcuni libri dell'A T, riconosciuti come canonici. Da ciò deriva l'am
bivalenza del termine «pseudepigrafo)) , Quando poi esso viene uti
lizzato per designare i testi dell'AT e del NT esclusi dal canone , as
sume una connotazione decisamente negativa. In breve un termine
che designa un processo letterario serve a esprimere un giudizio di
valore sotto il profilo religioso .
Una ricerca storica sulla formazione del canone paolino, nel
quale si collocano le nostre sei lettere , renderà ragione del titolo da
to a questo capitolo: «lettere deuteropaoline)) , Esse sono state sem
pre riconosciute e accolte come testi canonici , cioè sacri e ispirati ,
ma vanno distinte dal gruppo delle lettere storiche e autentiche di
Paolo , perché sono state scritte a nome e con l'autorità dell'apostolo
successivamente rispetto alle prime , che perciò si possono chiamare
«protopaoline)) , Questa situazione delle lettere «deuteropaoline))
non sminuisce il loro valore storico e teologico , una volta che siano
chiariti il significato e il ruolo di quel procedimento letterario che si
chiama «pseudepigrafia)) .
32
le assemblee liturgiche. La sezione relativa alle lettere di Paolo , che
segue immediatamente quella sugli Atti degli apostoli , dice così :
«Passando poi alle lettere paoline , sono esse stesse che mostrano
chiaramente , a chi vuole capire , il luogo da cui sono state inviate e il
motivo per cui sono state scritte . Tra le lettere di una certa lunghez
za, Paolo ha scritto prima di tutto ai Corinzi , vietando le divisioni in
partiti , poi ai Galati, proibendo la circoncisione , e ancora più diffu
samente ai Romani , per inculcare in loro l'unità e l'ordine delle
Scritture , che hanno in Cristo il loro principio unitario . Su questi
particolari non è necessario che ci dilunghiamo oltre , anche perché
lo stesso beato Paolo , seguendo lo schema del suo predecessore
Giovanni , scrive a sette chiese , ma solo nominalmente. Egli segue
quest'ordine di composizione : la prima ai Corinzi , la seconda agli
Efesini , la terza ai Filippesi, la quarta ai Colossesi , la quinta ai Gala
ti, la sesta ai Tessalonicesi, la settima ai Romani. In verità, al fine di
correggere , è stata scritta un'altra ai Corinzi e ai Tessalonicesi. Co
munque al di là di questa varietà di nomi , si riconosce l'unica chiesa
sparsa su tutta la terra ; anche Giovanni infatti nell'Apocalisse , pur
scrivendo a sette chiese, intende parlare a tutti . Ci sono poi una let
tera a Filemone , una a Tito e due a Timoteo , scritte per l'affetto e
per l'amore , e tuttavia ispirate dall'onore della chiesa cattolica e dal
l'ordinamento della disciplina ecclesiastica. Ci sono in circolazione
anche una lettera ai Laodicesi e un'altra agli Alessandrini , scritte
falsamente a nome di Paolo per sostenere l'eresia di Marcione , e
molti altri scritti che non possono essere accolti nella chiesa cattoli
ca: il miele infatti non deve essere mischiato con l'aceto» .2
Per l'autore del «frammento Muratori» , che riflette la posizione
della chiesa di Roma, il corpus paolino alla fine del II secolo com
prende 13 lettere : le nove lèttere (7+2) alle chiese , le tre lettere pa
storali e la lettera a Filemone ; manca solo la Lettera agli Ebrei. È in
teressante notare anche l'ordine di composizione : esso inizia con la
prima Lettera ai Corinzi e finisce con la Lettera ai Romani . In que
sto elenco dei libri «accolti nella chiesa cattolica» si avverte anche la
preoccupazione di mettere in guardia contro gli scritti paolini «pseu
depigrafici», sorti a sostegno dell'eresia marcionita. L'accenno a
Marcione può essere un indizio per collocare il «canone muratoria
no» nel contesto dello scontro della chiesa di Roma con il fondatore
33
del movimento dissidente , che si serve di un proprio canone cristia
no , dove , accanto all'euaggélion ( Luca ) , sono elencate dieci lettere
dell'apòstolos, con l'esclusione delle tre pastorali. È probabile che il
canone di Marcione, che opera a Roma dal 139 al 144, abbia avuta la
funzione di catalizzatore per la preparazione del «canone» cattolico
della chiesa di Roma.
34
ha le sue radici nello stesso epistolario paolino . Alcuni accenni pre
senti nelle due lettere superstiti indirizzate alla chiesa di Corinto e
dell' Acaia inducono a pensare che Paolo abbia inviato almeno altre
due lettere , che sarebbero andate perdute ( l Cor 5 ,9 ; 2Cor 2,3-4 ;
7 ,8. 12) . Egli si richiama a queste lettere come a documenti norma
tivi per i cristiani di quella chiesa. Una conferma dell'autorevolezza
e del ruolo delle lettere di Paolo si ricava anche dall'invito conclu
sivo della prima Lettera ai Tessalonicesi : «Che questa lettera si
legga a tutti fratelli» (lTs 5 ,27b) . Nella Lettera ai Colossesi si racco
manda lo scambio delle lettere dell'apostolo : i colossesi devono pas
sare a quelli di Laodicea la loro lettera, mentre essi devono leggere
quella inviata ai laodicesi (Col 4,16) . Nel caso della lettera ai laodi
cesi si tratta di una delle lettere che circolano sotto il nome di Paolo
nell'ambiente dell'Asia. Dunque è probabile che le lettere di Paolo ,
già a partire dal tempo della sua attività missionaria e pastorale ,
siano state conservate e fatte conoscere nella cerchia delle comunità
paoline .
A questo ruolo autorevole di Paolo «apostolo» e ((scrittore» nel
corso del tempo si aggiunge l'immagine di «martire» per il vangelo .
Paolo stesso nella lettera alla chiesa di Filippi fa conoscere il suo mo
do di affrontare il rischio della morte violenta. Egli è convinto di es
sere in catene per il vangelo o per Cristo , e interpreta la morte come
ultima testimonianza resa al Signore e atto sacrificate a coronamen
to della fede dei filippesi (Fil 1 ,7 . 13-14.20; 2,17; cf. 2Cor 4,7-12) .
Nella Lettera ai Colossesi la figura ideale di Paolo è quella dell'apo
stolo in catene che «lotta» per il servizio del vangelo (Col l ,23-
24.29 ; 2, 1 ; 4,3-4) . E nella Lettera agli Efesini l'immagine di Paolo
«prigioniero di Cristo» è associata a quella dell'apostolo scelto da
Dio per far conoscere il suo mistero . Egli prolunga questo ministero
apostolico mediante la sua lettera (Ef 3 , 1-4) . Nell'ambiente delle
lettere pastorali questo ruolo di Paolo apostolo-scrittore , che guida
la «chiesa di Dio» mediante l'invio delle sue lettere , è saldamente ri
conosciuto e accolto (lTm 3, 14-15) .
Per l'autore della seconda Lettera ai Tessalonicesi l'autorità di
Paolo apostolo e scrittore è ormai così consolidata e sicura che alcu
ni si servono di lettere pseudopaoline per proporre e confermare la
propria visione circa il tempo della venuta del giorno del Signore :
«Ora vi preghiamo , fratelli . . . di non !asciarvi facilmente confondere
e turbare né da pretese ispirazioni , né da parole , né da qualche lette
ra fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia im
minente» (2Ts 2,2) . Per confermare la legittimità del suo richiamo al
35
nome e all'autorità di Paolo il nostro autore riporta alla fine della
lettera la formula paolina: «Questo saluto è di mia mano , di Paolo ;
ciò serve come segno di autenticazione per ogni lettera; io scrivo co
sì» ( lTs 3 , 17) . Questa frase della seconda Lettera ai Tessalonicesi è
una combinazione delle espressioni paoline che si trovano in l Cor
16,21 e Gal 6 , 1 1 .
Sulla base degli elementi desunti dall'epistolario paolino sono
state fatte alcune ipotesi circa la formazione delle prime raccolte
delle lettere dell'apostolo .3 Due sono gli ambienti che si contendono
questo ruolo di «archivio epistolare« paolino: Corinto e Efeso . Se
condo Edgar J. Goodspeed la raccolta e l'edizione delle lettere di
Paolo sarebbe avvenuta a Efeso , verso la fine del I secolo (95). L'at
tuale Lettera agli Efesini sarebbe stata pensata e composta da un di
scepolo dell'apostolo come introduzione generale all'epistolario di
Paolo .4 Invece W alter Schmithals propende per l'ambiente di Corin
to , dove le sette lettere di Paolo , come sono elencate nel «canone
muratoriano» , sarebbero state raccolte e sottoposte a un processo
redazionale in funzione antignostica.5 Hans Martin Schenke pensa a
un lavoro redazionale relativo alle lettere presenti nelle singole co
munità paoline. Così nei due centri di Efeso e Corinto si sarebbe co
stituita dapprima la raccolta delle sei lettere autentiche di Paolo :
lCor, (2Cor) , Gal , Fil , lTs , Rm . Da questo primo corpus epistolare
paolino dipenderebbe il gruppo delle lettere deuteropaoline: (Fm),
Col , Ef, 2Ts, lPt, 1-2Tm , Tt . 6
36
b) La recezwne delle lettere di Paolo nel II secolo
Secondo Adolf von Harnack la fortuna che hanno avuto gli scrit
ti di Paolo negli ambienti gnostici e marcioniti avrebbe provocato la
diffidenza della «grande chiesa>> del secondo secolo nei confronti
dell'apostolo . 7 Questa tesi va corretta tenendo conto dell'uso che
fanno delle lettere paoline i primi scrittori cristiani . Alla fine del I
secolo la Lettera alla chiesa di Corinto di Clemente romano attesta il
prestigio di Paolo come «apostolo e martire>> . Egli lo presenta assie
me a Pietro come figura esemplare di coraggiosa e salda perseveran
za nelle prove :
«Per invidia e per gelosia lottarono le più grandi e giuste colon
ne, furono perseguitate e lottarono fino alla morte . Prendiamo i
buoni apostoli . . . Di fronte all'invidia e alla discordia Paolo mostrò il
premio della costanza . Per sette volte portando le catene , esiliato ,
lapidato , fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile
fama della fede. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo ,
gi unto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle au
torità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo , divenendo il più
grande modello di costanza» (l Cor. V, 1-7 ) .
Alcuni termini ed espressioni di questo ritratto di Paolo - «co
lonne» , «araldo» , «premio della costanza» - rimandano a testi delle
sue lettere . L'autore richiama in modo esplicito il testo di 1Cor 1 , 10-
12 ( 3,4) contro il rischio delle divisioni nella chiesa (J Cor. 47 , 1 -4 ) .
In termini più generali Paolo è annoverato tra gli «apostoli» , predi
catori del vangelo e garanti della tradizione autorevole nell'organiz
zazione della chiesa (J Cor. 42, 1 -15 ) . Sotto questo profilo l'immagi
ne di Paolo è affine a quella che emerge dalle lettere pastorali . Ma si
possono individuare nella prima lettera di Clemente ai corinzi altre
allusioni e riferimenti all'intero corpus paolino . In particolare si ri
scontrano concordanze letterarie e tematiche con le lettere autenti
che di Paolo , soprattutto con la prima Lettera ai Corinzi e con la
7 A. VoN HARNACK , Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Mono
graphie zur Geschichte der Grundlegungs der Katholischen Kirche (TU 54 ) , Leipzig
1924 ; W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerer im iiltesten Christentum , Tiibingen
1934 ; U . B . MOLLER , Zur fruhchristlichen Theologiegeschichte. Judenchristentum und
Paulinismus in Kleinasien an der Wande der ersten zum zweiten Jahrhundert n. Chr. ,
Giitersloh 1976; A. LINDEMANN , Paulus im iiltesten Christentum. Das Bi/d des Apo
stels und die Rezeption der paulinischen Theologie in der Fruhchristlichen Literatur bis
Marcion (BHTh 58) , Tiibingen 1979; E. DASSMANN, Der Stachel im Fleisch. Paulus
im der fruhchristlichen Literatur bis Ireniius, Miinster 1979.
37
Lettera ai Romani . Si può concludere che alla fine del primo secolo
nelle chiese di Corinto e di Roma il ruolo autorevole di Paolo apo
stolo , attestato dalle sue lettere, è ben conosciuto e accolto .
Una seconda testimonianza di rilievo a favore della figura e del
ruolo di Paolo si trova nell'epistolario di Ignazio di Antiochia della
prima decade del II secolo . Risalta in modo vistoso ancora l'immagi
ne tradizionale di Paolo «apostolo e martire». Scrivendo agli efesini
Ignazio dice che di essi l'apostolo si ricorda in un'intera lettera : essi
sono «gli iniziati di Paolo che si è santificato , ha reso testimonianza
ed è degno di essere chiamato beato , axiomakàristos» ( Eph. 12,1-2) .
L'autore , che è condotto al martirio, chiede di poter seguire le orme
di Paolo . Questa immagine idealizzata dell'apostolo ricorre anche
nella lettera di Ignazio ai romani, dove Paolo è associato a Pietro
nella dignità apostolica ( Rom. 4,3 ) . Ignazio conosce l'esistenza di un
corpus di lettere di Paolo . Anche se non fa citazioni esplicite dall'e
pistolario paolino , ne utilizza termini ed espressioni , conosce alcune
tematiche e le rilegge nella sua prospettiva teocentrica . Contatti più
diretti si rilevano con la prima e seconda Lettera ai Corinzi , con la
Lettera ai Romani e agli Efesini .
Nella stessa linea dell'epistolario ignaziano si colloca la seconda
lettera di Policarpo di Smirne ai filippesi . Il «beato e glorioso Paolo»
è conosciuto come il maestro autorevole , dotato di sapienza, fonda
tore della comunità di Filippi, alla quale egli scrisse lettere , ègrapsen
epistolàs, efficaci ancora per la crescita della fede (2Phil. 3 , 1 -2; cf.
2Phil. 1 1 ,3 ) . Paolo è associato agli apostoli , proposti come modelli
di costanza , che hanno conseguita la meta della loro corsa e condivi
so la passione di Cristo ( Phil. 9, 1-2 ) . Policarpo fa anche una citazio
ne esplicita di 1Cor 6 ,2 e utilizza espressioni uguali o simili a quelle
che si trovano nell'epistolario paolino . In ogni caso egli mostra di
conoscere l'esistenza di una raccolta degli scritti di Paolo, che va dal
le due lettere ai Corinzi , a quelle indirizzate ai Galati , agli Efesini e
alle lettere pastorali .
Lo stesso discorso vale per gli altri scritti del II secolo , che riflet
tono la tradizione relativa a Paolo negli ambienti della chiesa del
l' Asia e dell'Egitto . Nella Epistula Apostolorum , del II secolo ,
Paolo è riconosciuto come «apostolo» dei pagani , «strumento elet
to» da Dio per il suo disegno di salvezza. Queste espressioni , come
l'immagine di Paolo «discepolo degli apostoli>> , dipendono dalla tra
dizione degli Atti degli apostoli . Anche la Lettera a Diogneto cita
una volta esplicitamente il testo di 1Cor 8 , 1 , come parola autorevole
dell' «apostolo» ( 12,5 ) . La lettera nel suo insieme assume l'antro
pologia e la soteriologia paoline.
38
Anche negli scritti degli apologisti cristiani del II secolo - Ari
stide , Giustino - si riscontrano , accanto a qualche rara citazione
esplicita di testi paolini , solo delle allusioni o risonanze lessicali e te
matiche delle lettere di Paolo . Si devono registrare anche alcune
contestazioni dell'epistolario paolino . Esse si inseriscono nel clima
conflittuale provocato da Marcione e dallo gnosticismo . Girolamo
nel prologo del suo commento alla Lettera a Tito , dice che Taziano
per le sue tendenze encratite avrebbe ripudiato alcune lettere di
Paolo . 8 È ancora Girolamo che , nella lettera ad Algasia , alla sesta
questione , formulata così : «Chi sarebbe quel fattore iniquo elogiato
dalla bocca del Signore?» (Le 16, 1-6) , risponde riportando l'inter
pretazione di Teofilo, vescovo di Antiochia nella seconda metà del
II secolo . Nel suo commento ai Vangeli unificati Teofilo identifica
quel fattore o amministratore con Paolo e vede nel racconto parabo
lico , riletto in chiave allegorica, il passaggio di Paolo da persecutore
ad apostolo di Cristo secondo la tradizione degli Atti degli apostoli .9
Del resto Teofilo nella sua unica opera superstite Tre libri ad Auto/i
co , rimanda implicitamente ad alcuni testi delle lettere di Paolo .
Ma accanto a questa presenza della «tradizione di Paolo» negli
scrittori e testi del II secolo , va segnalato anche il «silenzio» di altri
autori e documenti. Ignorano Paolo : la Didaché, la Lettera di Barna
ba, il Pastore di Erma , Papia vescovo di Gerapoli , Egesippo . Alcune
espressioni affini ai testi di Paolo nella Didaché e nel Pastore di Er
ma si spiegano mediante la tradizione comune , alla quale attingono
gli autori di questi scritti. Si tratta di testi e scrittori che si collocano
nell'area della Siria (Anti0chia) , dell'Asia o di Roma. Come spie
gare questo «silenzio» su Paolo? Non lo conoscono? Lo ignorano
per ragioni polemiche? Riguardo a questo «silenzio>� sulla figura di
Paolo e dei suoi scritti si possono fare queste ipotesi: a) in ulcuni casi
si tratta di filo-giudeocristiani che rifiutano la tradizione paolina;
b) sono autori che hanno delle riserve sulle lettere di Paolo , dato
l'uso che ne fanno i gruppi di tendenze marcionite o gnostiche .
La conferma di queste ipotesi è data da alcune informazioni for
nite da Eusebio di Cesarea. Egli riporta la posizione di alcuni giu
deocristiani estremisti, conosciuti come «Ebioniti» in questi termini :
«Pensavano che si dovesse totalmente rifiutare le lettere di Paolo ,
che chiamavano traditore della legge , e si servivano solamente del
39
vangelo detto "secondo gli Ebrei" , tenendo poco conto degli altri»
(HE III ,24,4) . Analogamente degli «Encratiti» o «Severiani» , di cui
sarebbe capo Taziano, Eusebio dice : «Costoro fanno uso della leg
ge , dei profeti e dei Vangeli , pur interpretando in un modo loro par
ticolare il senso delle sacre Scritture . Bestemmiano l'apostolo Pao
lo , di cui respingono le lettere , e non accolgono neppure gli Atti de
gli apostoli» (HE, IV,29,5) .
Al termine di questa rassegna delle testimonianze dei primi scrit
tori cristiani si ha questo quadro complessivo circa la recezione di
Paolo alla fine del II secolo:
40
con il principio dell'«apostolicità» dà avvio a quel processo che sfo
cia nel riconoscimento concorde della canonicità concorde delle let
tere di Paolo . 1 0
In questo processo si inserisce Clemente di Alessandria che con
sidera Paolo divinamente ispirato , in quanto nell'apostolo «parla lo
Spirito» . Egli è perciò un testimone infallibile e le sue lettere riflet
tono un insegnamento in «sommo grado mistico e santo» . Nella
chiesa di Alessandria si consolida la tradizione circa la «canonicità))
delle lettere di Paolo sul modello dei quattro Vangeli che sono «ca
nonici)) per eccellenza. Origene colloca le 13 lettere di Paolo , assie
me ai quattro Vangeli, nella prima classe dei «libri riconosciuti)) , di
stinti da quelli «discussi») e da quelli chiamati falsi o ereticali. 1 1 Euse
bio di Cesarea accoglie questa distinzione origeniana degli scritti in
tre livelli e include , come Clemente Alessandrino , anche la «Lettera
agli Ebreh) tra le lettere di Paolo .
Quello che è interessante nella presentazione del canone paolino
da parte di Eusebio di Cesarea, è il tentativo di definire i criteri di
«Canonicità». Egli presenta un quadro complessivo degli scritti con
cordemente riconosciuti e accolti dagli antichi presbiteri e scrittori .
Dopo aver parlato degli scritti di Pietro , aggiunge : «Proprio di Paolo
sono invece , in modo evidente e chiaro, le quattordici lettere . Non
sarebbe però giusto ignorare che alcuni respingono quella agli
Ebrei , dicendo che è contestata dalla chiesa di Roma, in quanto non
scritta da Paolo)) (HE, III ,3,5) . Nel riepilogo degli scritti del Nuovo
Testamento, dopo i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , cita «le
lettere di Paolo)) , assieme alla lettera di Giovanni e a quella di Pie
tro , e conclude : «I suddetti vanno tra i libri riconosciuti autentici ,
homolegoùmena (HE III ,25 ,2-3) . Egli presenta anche la lista dei li
bri «discussi)) , noti alla maggior parte degli autori ecclesiastici , ma
separandoli dalle «scritture che secondo la tradizione ecclesiastica
sono vere , autentiche e indiscusse)) , E conclude : «Avremo così mo
do di distinguere questi stessi testi da quelli che sono presentati dagli
eretici con il nome degli apostoli . . . che nessuno di coloro che si suc
cedettero nell'ortodossia considerò mai degni di menzione in alcuna
delle loro opere)> . A questo punto , oltre al criterio esterno della te-
41
stimonianza concorde della tradizione della chiesa, Eusebio introdu
ce altri due criteri di carattere interno : «Anche lo stile della frase
differisce molto da quello caratteristico degli apostoli e il pensiero e
la dottrina enunciativi sono in netto contrasto con la vera ortodos
sia, dimostrando così chiaramente di essere falsificazioni di eretici».
Questi ultimi dunque non possono essere catalogati tra i libri «spu
ri» , ma devono essere semplicemente «respinti in quanto completa
mente assurdi ed empi» (HE 111 ,25 ,6-7) .
L'applicazione di questi criteri interni di «canonicità» , relativi al
lo stile e al contenuto dottrinale , è fatta da Eusebio stesso nel caso
della Lettera agli Ebrei . Egli riporta a questo proposito la posizione
di Clemente Alessandrino : Paolo ha scritto la Lettera agli Ebrei nel
la loro lingua e Luca l'ha tradotta per diffonderla tra i greci (HE
VI , l4,2) . Sullo stesso argomento riferisce anche l'opinione di Grige
ne : lo stile greco dello scritto differisce da quello di Paolo, ma «i
pensieri della lettera sono mirabili e per niente inferiori a quelli de
gli scritti apostolici indiscussi>> (HE VI ,25 , 1 1-12) . Però subito dopo
Eusebio registra la perplessità di Origene circa l'autenticità paolina
della lettera, ma nello stesso tempo riporta la sua testimonianza re
lativa al fatto che qualche chiesa la considera paolina e gli antichi
l'hanno tramandata come uno scritto di Paolo . In questo caso Euse
bio fa confluire i tre criteri che contribuiscono a formare il giudizio
su uno scritto testamentario : la testimonianza degli antichi scrittori e
della chiesa ; lo stile o linguaggio del testo ; il contenuto dottrinale
dello scritto in sintonia con la tradizione apostolica. Sulla base di
questi criteri le lettere di Paolo sono incluse nella lista definitiva dei
27 libri «canonici» del NT, riportata nel canone 60 del concilio di
Laodicea del 360, nella lettera pasquale 39 di Antanasio del 367 , ri
presa nel concilio plenario dell'Africa a Ippona nel 393 e nel concilio
di Cartagine del 397 . 1 2
12 Il concilio di Laodicea riporta, dopo i quattro Vangeli, gli Atti degli apostoli e
le sette lettere cattoliche , le 14 lettere di Paolo in quest'ordine : Rm, 1-2Cor, Gal , Ef,
Fil , Col , 1-2Ts , Eb, 1-2Tm , Tt , Fm (EB 13) ; lo stesso ordine è seguito nella Lettera di
Atanasio (EB 14) ; nel canone 36 del concilio di Ippona si dichiarano canoniche le 13
lettere di Paolo e la Lettera agli Ebrei viene attribuita a Paolo (EB 17) .
1 3 Nella bolla Cantate Domino del concilio di Firenze 1442 sono elencati tra i li
42
Nel contesto culturale dell'umanesimo e del rinascimento si propone
la lettura dei libri della Bibbia su base filologica e grammaticale . Ma
questo metodo esegetico non tocca il problema della loro ispirazione
e canonicità. Tuttavia esso fa leva sul principio ermeneutico che dà
avvio all'esegesi critica moderna: il testo sacro per essere ben com
preso deve essere collocato nel suo contesto storico e culturale.
A partire da questa prospettiva Ugo Grozio ritiene che la «Se
conda Lettera ai Tessalonicesi» non solo preceda l'attuale prima let
tera alla comunità di Tessalonica , ma sia la prima delle lettere di
Paolo a noi pervenute. Per formulare questa ipotesi egli si basa sulla
chiusura della lettera, dove Paolo indica il segno di autenticazione
dello scritto : «Non si vede quindi perché avrebbe indicato tale segno
di riconoscimento se già prima avesse mandato un'altra lettera a
Tessalonica» . Dunque l'attuale seconda Lettera ai Tessalonicesi sa
rebbe una lettera indirizzata da Paolo a un gruppo di giudeocristiani
emigrati a Tessalonica al tempo della persecuzione di Stefano . La
lettera sarebbe stata scritta nel secondo anno dell'impero di Gaio
Caligola, identificato con l' «uomo dell'iniquità e il figlio della perdi
zione» , di cui si parla in 2Ts 2,3. Essa però venne fatta circolare solo
all'epoca di Vespasiano , quando mutò la politica imperiale verso gli
ebrei. Questo fatto renderebbe ragione della sua attuale collocazio
ne tra le ultime lettere di Paolo . 1 4
Nel clima del «deismo» inglese viene ripreso il principio erme
neutico della contestualizzazione storica degli scritti del Nuovo Te
stamento. John Tolland (1670-1722) , riprendendo gli orientamenti
di J . Locke , distingue nella storia del primo cristianesimo un indiriz
zo giudeo-cristiano , che si attiene alla Legge , e uno etnico-cristiano ,
estraneo alla Legge , che fa capo a Paolo . Questa antitesi viene svi
luppata da Thomas Morgan (1680-1743): il gruppo dei giudeo-cri
stiani si riferisce a Pietro , mentre Paolo è il rappresentante degli et
nico-cristiani . Questa visione polarizzata della storia del primo cri
stianesimo è assunta dal fondatore della ricerca storica di lingua te
desca Johanan Salorno Semler ( 1721-1791). Egli ripropone la pro
spettiva delle due tendenze presenti nella chiesa primitiva come cri
terio per interpretare gli scritti del NT. Anche la costituzione del ca-
Parigi 1650, II, 672-673 ; W . G . KOMMEL, Il Nuovo Testamento , 41-43; l'ipotesi della
precedenza della 2Ts rispetto alla 1Ts è ripresa recentemente in una breve annotazio
ne da P. NERI , «2Ts, ovverosia, prima ai Tessalonicesi>> , in BibOr 32( 1990) , 230.246.
43
none neotestamentario è il risultato di queste tendenze nella storia
della chiesa . Perciò è la libera ricerca su queste circostanze storiche
che consente di riconoscere l'appartenenza di un testo al canone ,
congiunta con la valutazione della sua verità e utilità permanente .
Alla questione dei criteri di canonicità dà un contributo notevole
Johann David Michaelis (1717-1791) e con la sua Introduzione agli
scritti sacri del Nuovo Testamento . Egli parte dal criterio di apostoli
cità/ispirazione , che coincide con quello di canonicità: solo gli scritti
apostolici sono ispirati e quindi canonici . A sua volta l'origine «apo
stolica» o l'autenticità degli scritti del NT dipende dalla ricerca stori
ca. Così riguardo alla Lettera agli Ebrei, Michaelis afferma che se
«essa non è di Paolo , né di un altro apostolo , non vi è motivo che noi
l'accettiamo come canonica». 15
Questa impostazione «storiografica» del problema del canone
del NT ha un precursore nella lnstitutio interpretis Novi Testamenti
di Johann August Ernesti (1707- 1781). Egli però non ha dubbi sul
l'origine apostolica e quindi sulla «canonicità» degli scritti del NT:
«che i libri del Nuovo Testamento siano stati scritti da coloro dei
quali portano il nome , è a nostro avviso - per quanto riguarda la
maggioranza (dei libri) - talmente sicuro , data l'autorità concorde
di cui godono sin dai tempi antichi , da potersi ben dire che per nes
sun autore di qualsiasi libro antico si riscontra qualche cosa di altret
tanto certo . Tali libri , poi , non offrono alcun pretesto perché si pos
sa affermare che essi siano stati scritti in un'epoca diversa da quella
che si ritiene , né da altri autori o da persone non ispirate» . 1 6
Il primo a mettere in dubbio l'origine paolina di una lettera «Ca
nonica» è Friedrich Schleiermacher (1768-1834) . Sulla base dell'ana
lisi dello stile e soprattutto della situazione storica in cui si colloca la
prima Lettera a Timoteo , egli conclude che essa non è di Paolo.
Questa conclusione pone il problema della sua canonicità e quello
relativo alla «pseudepigrafia» all'interno degli scritti del NT. Lo
Schleiermacher risolve la prima questione dicendo che quello che
conta è il «contenuto» della lettera, non chi l'ha scritta . E riguardo
al caso di pseudepigrafia neotestamentaria afferma che questo pro
cedimento era comune nella letteratura greca . Quindi non c'è nessu
na meraviglia che qualcuno , convinto di essere in accordo con l'inse-
44
gnamento degli apostoli , «considerasse una finzione lecita il far pas
sare un proprio scritto sotto il nome di un apostolo» . 1 7
Il processo di erosione dell'autenticità dell'epistolario paolino ,
inaugurato da F. Schleiermacher, si estende progressivamente . Jo
hann Gottfried Eichhorn nella sua Introduzione al Nuovo Testamen
to mette in risalto l'omogeneità del gruppo delle pastorali e le sot
trae alla paternità paolina. 1 8 Un paio di decenni dopo Wilhelm Mar
tin Lebrecht De Wette solleva dei dubbi sull'origine paolina della
«Seconda Lettera ai Tessalonicesi» e della «Lettera agli Efesini» . 1 9
La questione dell'autenticità «apostolica» di alcune lettere del cor
pus paolino ripropone quella della loro autorità canonica. Gli autori
summenzionati per stabilire la canonicità di questi scritti e il loro va
lore fondante per la fede oscillano tra il criterio del contenuto e
quello della loro origine apostolica.
Nel capitolo precedente è già stata in parte presentata la posizio
ne di Ferdinand Christian Baur (1792-1860) circa l'autenticità delle
lettere paoline e il loro ruolo nella storia conflittuale della prima
chiesa. Alla fine della sua parabola evolutiva egli considera intera
mente autentiche solo quattro lettere di Paolo : la Lettera ai Roma
ni , la Prima e Seconda Lettera ai Corinzi e la Lettera ai Galati . Le
altre lettere , attribuite tradizionalmente a Paolo , assieme agli Atti
degli apostoli , appartengono all'epoca di conciliazione , nella quale
si tenta di comporre il contrasto fra cristianesimo giudaico e quello
pagano .20 Eduard Reuss (1804-1891) critica e corregge parzialmente
il quadro storico del primo cristianesimo elaborato da Baur secondo
i criteri della dialettica hegeliana. Reuss ritiene che una corrente di
giudeocristianesimo moderato sia presente e parallela alle altre due
tendenze estreme . Alcuni scritti del NT, comprese le lettere minori
di Paolo , sarebbero il riflesso di questa situazione storica della prima
chiesa .2 1 Questa linea storiografica è fatta propria e sviluppata da C.
45
Weizsacker (1822-1899) . Egli tuttavia considera di origine tardiva e
quindi non paoline non solo le lettere pastorali, ma anche la Secon
da Lettera ai Tessalonicesi , la Lettera ai Colossesi e quella agli
Efesini. 22
Un correttivo alla visione del canone paolino sostenuta dai lavo
ri di Semler e Baur, è introdotto dalla Storia del canone del Nuovo
Testamento di Theodor Zahn (1838-1933) . Le origini del canone
neotestamentario , accolto nella chiesa del II secolo , vanno ricercate
nella tradizione del I secolo ; «le lettere di Paolo dal tempo della loro
redazione , sono state sempre lette a scopo di edificazione e di inse
gnamento nelle comunità a cui erano state indirizzate e che oltretut
to cominciarono a scambiarsele fra loro . Marcione deve aver avuto
presenti , come raccolta completa, tredici lettere , allorché negò com
pletamente l'autenticità di alcune di esse e di altre abbreviò ar
bitrariamente il testo e lo modificò in altro modo» . 23
46
«modernisti>> , la cui posizione viene riassunta nell'enciclica Pascendi
dominici gregis di Pio X (1907) , in questi termini : in forza della criti
ca letteraria e storica , che porta a disgregare e disseminare i testi sa
cri nel corso della storia, «ne consegue che i Libri sacri non possano
di fatto attribuirsi agli autori dei quali portano il nome» . 25 Infine
contro la tendenza di alcuni critici , che negano l'unità letteraria,
l'autenticità paolina e la canonicità delle lettere pastorali, prende
posizione nel 1913 la Pontificia Commissione Biblica. 26
Verso la metà degli anni cinquanta il segretario della stessa Pon
tificia commissione biblica precisa che il significato e il valore delle
prese di posizione di quei primi anni del 1900 devono essere inter
pretati nel clima apologetico e del confronto con l'ambiente del ra
zionalismo e del modernismo Y Con il venir meno dei presupposti
ideologici , che hanno condizionato la critica biblica di quel periodo ,
le questioni sull'autenticità dell'epistolario paolina sono affrontate
anche nell'ambiente cattolico con gli strumenti della critica lettera
ria e storica , In altre parole è il testo epistolare stesso con le sue ca
ratteristiche lessicali , stilistiche e letterarie che fonda o meno l'ipo
tesi circa l'origine delle singole lettere. Gli elementi storiografici e il
tenore teologico del testo delle lettere costituiscono la base dell'ar
gomentazione per la loro attribuzione o meno a Paolo .
Nello stesso tempo questi problemi si decantano dei loro aspetti
controversistici , perché vengono in parte chiariti e precisati i criteri
di canonicità e di ispirazione . In primo luogo si afferma che la cano
nicità e l'ispirazione di un testo biblico , in questo caso di una lettera
del NT, non dipendono dalla sua origine letteraria e storica . In altre
parole il testo di una lettera è accolto come sacro e canonico tra i li
bri del Nuovo Testamento a prescindere dalla sua origine paolina .
Nel concilio Vaticano II si afferma che il criterio di canonicità e di
ispirazione , già riconosciuto nel concilio di Trento , è la tradizione
apostolica. Infatti è questa tradizione che «fa conoscere alla chiesa il
canone integrale dei libri sacri , e in essa fa più profondamente com
prendere e rende ininterrottamente operante le stesse sacre lettere»
(DV 8) .
25 EB 263 .
26 EB 407-410.
27 Gli interventi di A. Miller e A . Kleinhaus, rispettivamente segretario e sotto
segretario della Pontificia commissione biblica , sono pubblicati in Benediktinische
Monatschrift 3 1 ( 1955), 49-50; Antonianum 30(1955), 23-29 .
47
Anche la nozione di «apostolicità» merita di essere approfondita
e precisata nelle sue diverse accezioni . Riferita al NT l'apostolicità
designa in primo luogo gli scritti dell'epoca apostolica . Inoltre sotto
il profilo teologico l'«apostolicità>> non indica solo l'arco di tempo
delle prime generazioni cristiane , ma anche l'autorità e il contenuto
degli scritti che ne sono la testimonianza. L'apostolicità infatti fa
parte di quella divina disposizione per cui quanto Dio aveva rivelato
per la salvezza di tutte le genti «rimanesse sempre integro e venisse
trasmesso a tutte le generazioni» . Infatti Gesù Cristo , che porta a
compimento tutta la rivelazione di Dio , istituisce e abilita gli «apo
stoli» perché il vangelo di salvezza sia annunciato a tutti .
Questo compito apostolico viene attuato sia per mezzo dei disce
poli storici di Gesù , chiamati in modo esclusivo da Luca «apostoli» ,
sia «da uomini della loro cerchia, viri apostolici, i quali sotto l'ispira
zione dello Spirito santo , misero per iscritto l'annunzio della salvez
za» (DV 7) . In altri termini l'«apostolicità» cessa di essere una cate
goria puramente storica o giuridica per caricarsi di una valenza teo
logica. Perciò un testo del NT gode della garanzia dell'apostolicità
non perché è scritto da un apostolo , ma perché esprime e testimonia
la «predicazione apostolica» (DV 8) . Queste precisazioni e chiari
menti di carattere teologico applicati all'epistolario paolino rinviano
alla ricerca critica o scientifica le questioni relative all'origine lette
raria e storica delle singole lettere .
48
pendenza della seconda Lettera ai Tessalonicesi dalla prima e indivi
dua nell'espressione di 2Ts 3 , 1 7 la conferma del suo carattere pseu
depigrafico . 29 Il fondatore della Scuola di Tubinga, Ferdinand Chri
stian Baur, dimostra il carattere pseudepigrafico della seconda Tes
salonicesi seguendo un'altra direzione. Secondo Baur l'escatologia
di questa lettera contraddice quella delle lettere paoline e la sua im
magine dell'anticristo rimanda alle visioni tipiche dell'Apocalisse .30
Nella seconda metà del XIX secolo i negatori dell'autenticità
paolina della seconda Lettera ai Tessalonicesi riprendono e svilup
pano questi diversi argomenti . 3 1 Un contributo ampio e decisivo a
sostegno della pseudepigrafia della nostra lettera viene dallo studio
di William Wrede del 1903 . Esso fa leva sulla dipendenza letteraria
della seconda Tessalonicesi dalla prima. L'autore della nostra lette
ra, mediante uno scritto posto sotto il nome e l'autorità di Paolo ,
tenta di contrastare la visione escatologica di lTs, che alimenta l'at
tesa della venuta imminente del «giorno del Signore». 32 La posizione
di Wrede si sviluppa nel corso del XX secolo , quando gli studiosi
sottolineano le diversità lessicali , stilistiche e teologiche tra le due
lettere ai Tessalonicesi .33
49
Invece a favore dell'autenticità paolina della seconda Lettera ai
Tessalonicesi , tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, si
schierano molti studiosi sia protestanti sia cattolici , di lingua tede
sca , inglese e francese .34 Nella seconda metà di questo secolo l'au
tenticità della nostra lettera è sostenuta con una serrata argomenta
zione da Beda Rigaux e soprattutto da diversi studiosi e commenta
tori di lingua inglese . 35 I commenti in lingua italiana prima del 1950
sono favorevoli all'autenticità paolina delhi seconda Lettera ai Tes
salonicesi , mentre negli ultimi anni si afferma la tendenza a favore
della sua pseudepigrafia.36
c) La Lettera ai Colossesi
L'autenticità paolina della lettera indirizzata ai colossesi è pacifi
camente riconosciuta fino al XIX secolo . Nel canone muratoriano
del II secolo e nelle citazioni degli antichi scrittori e padri della chie
sa lo scritto ai colossesi è unanimemente attribuito a Paolo . I primi
50
dubbi sull'autenticità paolina di questa lettera si riscontrano nel vo
lume monografico di Ernst Theodor Mayerhoff, pubblicato postu
mo ad Amburgo nel 1838 con il titolo : Der Brief an die Colosser mit
vornehmlicher Berucksichtigung der drei Pastoralbriefe kritisch ge
pruft, a cura di J . L . Mayerhoff. In questo studio l'autore sostiene
che la Lettera ai Colossesi non è di Paolo per i seguenti motivi : a) lo
stile di Colossesi riflette quello della Lettera agli Efesini , di cui sem
bra esserne un estratto ; b) il contenuto dello scritto non è paolino ; c)
il suo carattere polemico antignostico rimanda alla dottrina ereticale
di Cerinto .
Questo orientamento circa la pseudepigrafia di Colossesi è ripre
so dal fondatore della scuola di Tubinga , F.C. Baur, e dai suoi se
guaci . Baur sostiene che l'autore di Colossesi combatte la dottrina
gnostica e le posizioni degli ebioniti del secondo secolo .37 Di que
st'ultimi infatti vi si possono riconoscere , secondo Baur, alcuni ele
menti tipici : la pratica della circoncisione , l'osservanza delle festività
e dei divieti alimentari ebraici , il culto degli angeli . Anche la cristo
logia alta di Colossesi rimanderebbe all'ambiente dello gnosticismo .
Un'ipotesi singolare sull'origine della Lettera ai Colossesi , che si
potrebbe chiamare «autenticità paolina mediata» , è quella elaborata
da Heinrich Julius Holtzmann. Egli parte dalla costatazione delle af
finità tra la Lettera agli Efesini e la Lettera ai Colossesi e ne rico
struisce l'origine in questo modo: a) Paolo avrebbe dapprima scritto
un testo breve indirizzato ai Colossesi ; b) esso sarebbe servito a un
autore anonimo come nucleo per la stesura più ampia della Lettera
agli Efesini ; c) quindi lo stesso autore avrebbe rielaborato e amplia
to il primitivo testo paolino per produrre l'attuale Lettera ai Colos
sesi .38 Un'ipotesi analoga a quella deii'Holtzmann è ripresa, anche
se in modo autonomo , in epoca più recente da Ch . Masson , il quale
tenta di ritrovare il nucleo originale paolino di Colossesi , che sareb
be stato utilizzato dall'autore di Efesini . 39
Questa ipotesi di Holtzmann-Masson , non ha trovato molti con
sensi , perché dà l'impressione di un procedimento troppo complica
to . Alcuni autori per spiegare le particolarità stilistiche o dottrinali
di Colossesi fanno ricorso all'ipotesi delle integrazion l o aggiunte in-
37 F.C. BAUR, Paulus der Apostel Jesu Christi, Stuttgart 1845 ; Leipzig 21867 .
38 H.J. HoLTZMANN , Kritik der Epheser-und Kolosserbrief auf Grund einer Ana
lyse ihres Verwandtschaftsverhiiltnisses , Leipzig 1872 .
39 C. MAssoN , L' Épitre de Saint Pau/ aux Colossiens (CNT 10) , Neuchàtel-Pa
ris 1950.
51
trodotte nel testo primitivo , com'è il caso del testo di Col 1 , 15-20
(H. Von Soden, 1885 ; E. Kasemann , 1949) . Altri invece affermano
l'unità e integrità stilistica e letteraria del testo della lettera e ne at
tribuiscono l'origine a Paolo oppure a un segretario che avrebbe da
to forma al pensiero dell'apostolo . Quest'ultima ipotesi è suggerita
da Pierre Benoit .40
A partire dalla fine del XIX secolo negli ambienti della critica
storico-letteraria di lingua tedesca si va affermando l'ipotesi della
pseudepigrafia di Colossesi .4 1 Gli argomenti, sui quali fanno leva i
sostenitori dell'ipotesi pseudepigrafica di Colossesi , riguardano es
senzialmente il lessico e lo stile dello scritto, il suo contenuto, in par
ticolare la cristologia, e il rapporto di Colossesi con la Lettera agli
Efesini. Un contributo notevole allo studio di questi aspetti della
Lettera ai Colossesi, anche in relazione con la sua origine storica e
letteraria , è quello di W. Bujard (1973) e di M . Kiley ( 1986) .42 L'o
rientamento di molti commentatori contemporanei , anche di area
cattolica, è a favore della pseudepigrafia di Colossesi .43 Nello stesso
tempo però diversi studiosi e commentatori , soprattutto di lingua in
glese , sostengono l'autenticità paolina di Colossesi .44
52
lettere deuteropaoline , è associata a quella di Colossesi . Infatti no
nostante alcune incertezze della tradizione manoscritta circa la men
zione dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l ) , la nostra
lettera da sempre è collocata nel corpus delle lettere di Paolo e citata
dagli autori e scrittori dei primi secoli come lettera paolina.45 Solo
Teodoro di Mopsuestia tra gli antichi commentatori delle lettere di
Paolo riconosce il carattere impersonale dello scritto e conclude che
«Paolo lo avrebbe composto prima della sua visita a Efeso».46
Si deve attendere l'epoca moderna per avere le prime osserva
zioni di critica letteraria che pongono in termini nuovi il rapporto
della Lettera agli Efesini con la tradizione paolina. Erasmo di Rot
terdam rileva che lo stile di Efesini «è totalmente dissonante rispetto
alle altre lettere di Paolo , al punto che si potrebbe attribuire a un al
tro autore , se il pensiero di fondo di carattere paolino non depones
se a suo favore».47 Nello stesso periodo Teodoro Beza avanza l'ipo
tesi che nel caso di Efesini si tratti di una «lettera comunitaria» o en
ciclica inviata alle comunità dell'Asia.
La prima ipotesi argomentata e sistematica circa l'origine pseu
depigrafica di Efesini è quella di Edward Evanson, che nel 1792
pubblica a lpswich il suo lavoro monografico dal titolo : The Disso
nance of the Four generally Received Evangelits and the Evidence of
their respective Authenticity examined. Sulla base delle contraddizio
ni che egli avverte tra l'indirizzo e il contenuto della lettera conclude
che si tratta di uno scritto pseudepigrafico . Questi argomenti dell'E
vanson sono ripresi e sviluppati dallo studio di Wilhelm Martin Le
brecht De Wette nel 1826. Egli nega l'origine paolina di Efesini non
solo per l'incertezza del suo indirizzo, ma soprattutto sulla base del
l'analisi dello stile e della sua relazione con la Lettera ai Colossesi .48
45 La frase «in Efeso» compare nei codici maiuscoli dei secoli IV-V, Vaticano,
Sinaitico, Alessandrino , Claromontano ; essa non si trova nel papiro 46 (Chester
Beatty) del III secolo ; Marcione cita la nostra lettera come «Lettera ai Laodicesi» ; cf.
Col 4,16 (TERTULLIANO, Adv. Mare. 5 , 1 7 ) .
46 H . B . SwETE , a cura di, TEODORO, In epistulas beati Pauli commentarii, Cam
bridge 1880, l, 1 12-1 1 3 .
47 E RASMO , In Novum Testamentum Annotationes , Base! 1 5 1 9 , 413.
48 W.M.L. DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritischen Einleitung in die kano
nischen Bilcher des Neuen Testaments, Berlin 1826; egli riprende e approfondisce non
solo i lavori di Evanson , ma anche quelli di A. L. Usteri , sullo sviluppo della dottrina
di Paolo (1824) . Invece ad altri contrastanti esiti approdano le ricerche sul rapporto
tra la Lettera agli Efesini e quella ai Colossesi negli studi summenzionati di E.Th .
Mayerhoff e H.J. Holtzmann: per il primo la Lettera di Efesini sarebbe la fonte di
Colossesi ; per il secondo Efesini è uno scritto pseudepigrafico costruito sulla base di
Colossesi.
53
F.C. Baur e i seguaci della scuola di Tubinga spostano la compo
sizione della nostra lettera al II secolo , perché essa veicolerebbe le
tipiche concezioni gnostiche e «protocattoliche» di questo periodo .
Nonostante le prese di posizione della critica letteraria e storica ,
fino agli anni cinquanta e sessanta del nostro secolo l'autenticità
paolina di Efesini trova ancora molti sostenitori . Tra questi si segna
lano diversi autori di commentari ad Efesini e di studi monografici
paolini .49 Ma altrettanto folta è la schiera di quelli che negano l'au
tenticità paolina di Efesini e sostengono l'ipotesi della pseudepi
grafia.50
Sono rappresentativi delle due diverse posizioni alcuni studi
monografici sulla Lettera agli Efesini nel nostro secolo . Originale è
l'ipotesi già menzionata di E . J . Goodspeed (1933) . Egli attribuisce
la composizione di Efesini a Onesimo , discepolo di Paolo , di cui si
parla nella Lettera a Filemone . Onesimo avrebbe curata la raccolta
delle lettere paoline premettendovi come introduzione lo scritto agli
Efesini. Uno studio analitico sugli aspetti stilistici e letterari di Efe
sini e sul suo rapporto con Colossesi è quello di E. Percy (1946) . Egli
conclude che l'ipotesi dell'autenticità paolina della nostra lettera è
quella che solleva meno problemi . Invece un convinto sostenitore
dell'autenticità paolina di Efesini è A . Van Roon, che vi dedica uno
studio monografico (1974) .5 1 Due contributi tematici recenti , quello
di J . C . Kirby sul carattere liturgico dei primi tre capitoli di Efesini
(1968) , e quello di H. Merklein sui ministeri (1973) , si inseriscono
nell'ipotesi della sua pseudepigrafia. 52
54
delle tredici lettere paoline . Ireneo di Lione nella prefazione del
I'Adversus Haereses dice espressamente che l'apostolo (Paolo) è
l'autore della prima Lettera a Timoteo , di cui cita il versetto l ,4. Af
fermazioni analoghe sull'origine paolina delle lettere pastorali si tro
vano in Origene , Clemente Alessandrino ed Eusebio di Cesarea.
Solo Marcione , secondo la testimonianza di Tertulliano , non le
menziona nel suo Apostolicon , elenco degli scritti apostolici . Ma
questa omissione , al dire di Tertulliano, sarebbe da ascriversi a un
pregiudizio di Marcio ne (A dv. Mare. V ,21 ) . La stessa valutazione
viene ripresa da Girolamo nella sua prefazione al commento della
Lettera a Tito , dove a proposito del rifiuto di alcune lettere paoline
da parte di Basilide e Marcione , dice che Taziano «patriarca degli
encratiti» , l'attribuisce all'apostolo Paolo .53
I primi dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a Timo
teo si riscontrano nella Einleitung in das Neue Testament di Johann
Ernst Christian Schmidt del 1804/5 . Essi sono ri eresi in modo siste
matico nel lavoro di Friedrich Schleiermacher: Uber den sogennan
ten ersten Brief des Paulos an den Timotheos .54 Anche per Johann
Gottfried Eichhorn le tre lettere sono opera di un discepolo di Pao
lo , in quanto il loro linguaggio religioso è dissonante con quello del
le restanti lettere paoline .55 Nel 1835 Ferdinand Christian Baur pub
blica a Stuttgart la sua ricerca monografica sulle lettere pastorali ,
Die sogennanten Pastoralbriefe des Apostels Paulus aufs neue kri
tisch untersucht. Egli attribuisce la composizione delle lettere pasto
rali ai discepoli di Paolo a Roma, per contrastare il duplice fronte ,
quello gnostico che fa ricorso agli scritti dell'apostolo e quello dei
giudaizzanti antipaolini . Ma secondo Ceslas Spicq «l'attacco più se-
55
rio del secolo XIX contro l'autenticità delle pastorali è quello di
Heinrich Julius Holtzmann , che nel 1880, pubblica a Leipzig l'ope
ra: Die Pastoralbriefe, kritisch und exegetisch behandelt. 56
Sulla scia di queste prime ipotesi sulla pseudepigrafia delle pa
storali si collocano gli studi e i commenti della fine del XIX e prima
metà del secolo XX: H. von Soden e1893) , J . Moffat (1901 ; 191 1)
M. Dibelius ( 1913) ; H . Loewe (1929) ; A . von Harnack ( 1926) ; M.
Goguel (1926) ; R . Bultmann (1930) ; E. Fascher (193 1 ) ; R . Falconer
(1937) ; E.J. Goodspeed (1937) ; B . S . Easton (1947) ; H . Von Cam
penhausen (195 1 . 1963) ; H. Conzelmann (1956) . Nello stesso arco di
tempo numerosi commentatori e diversi studi monografici prendono
posizione a favore dell'autenticità paolina delle pastorali : P. Bordier
(1872) ; E. Bertrand (1887) ; A. Plummer (1888) ; F.J. Hort (1894) ;
J . H . Bernard (1899) ; B . Weiss (1902) ; Th . Zahn (1906) ; W . M .
Ramsay (1909) ; J . Parry (1920) ; E . Kiihn (1921) ; G . Wohlenberg
(1923) ; W. Lock (1924) ; W. Michaelis (1929 ; 1946) ; O . Roller
(1933) ; A. De Zwaan (1941/42) ; R . C . H . Lenski (1946) ; P. De Am
broggi (1953 ) .
Nell'ultimo trentennio i commentari e gli studi sulle lettere pa
storali privilegiano l'ipotesi della pseudepigrafia, anche se non man
cano i sostenitori dell'autenticità paolina: S. De Lestapis (1976) ;
R.J. Karris ( 1979) ; T.C. Oden (1984) ; G . D . Fee (1989) ; E . E . Ellis
(1990) . Gli autori che affermano l'origine paolina delle pastorali lo
fanno con una certa cautela, coscienti del dibattito in corso . C. Spicq
nel suo monumentale commento alle lettere pastorali introduce la
discussione degli argomenti a favore della loro autenticità in questi
termini: «Nel caso dei nostri scritti non solo alcun argomento impo
ne una negazione decisa ( della loro autenticità paolina ) , ma c'è più
difficoltà a negare la paternità paolina che non a conservarla» . 57
Di fronte alla difficoltà di arrivare a una soluzione precisa sùlla
base delle ragioni desunte dall'analisi lessicale , stilistica e letteraria
alcuni autori preferiscono ripiegare sulla «autenticità paolina media-
56 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales (EB ) , 2 voli . , Paris 1 947 ; 41969, I, 18. Oscil
lante è invece la posizione di W.M.L. De Wette , che nella prima edizione della sua
Lehrbuch der historisch-kritisch. Einleitung in die kanonischen Bucher des Neuen Te
staments, Berlin 1826, mette in dubbio l'autenticità paolina delle tre pastorali per ra
gioni storico-critiche , ma egli le considera ugualmente «autentiche» perché non pos
sono essere tolte dal canone ; nelle edizioni successive invece (51848) ritiene che le tre
pastorali non siano , autentiche .
57 SPICQ, Les Epitres Pastorales , 150.
56
ta» facendo ricorso all'ipotesi del segretario, identificato da alcuni
con Luca. 58 Altri infine sono fortemente impressionati dalla presen
za nelle tre lettere , ma soprattutto nella seconda Timoteo , di varie
informazioni autobiografiche paoline. Pensano di valorizzare questi
dati «autentici» ripiegando sull'ipotesi «frammentaria»: un autore
della tradizione paolina avrebbe messo insieme brani di lettere au
tentiche dell'apostolo. 59
57
alla pseudepigrafia. Le sei lettere deuteropaoline sarebbero state
scritte da un autore diverso da Paolo che si autopresenta come il lo
ro mittente originario. A un lettore dell'epoca moderna e contem
poranea, dove i diritti di autore o di proprietà di un prodotto lettera
rio sono non solo riconosciuti , ma tutelati a rigor di legge , un tale
procedimento può apparire a dir poco scorretto e abusivo della buo
na fede dei destinatari . D'altra parte la pseudepigrafia è praticata e
diffusa nell'antichità in vari ambienti e con diversi scopi ed esiti . Co
me valutare il ricorso alla pseudepigrafia nel gruppo delle lettere
deuteropaoline? Qual è la funzione e lo scopo perseguito dall'autore
o dagli autori che utilizzano un tale procedimento nella stesura di
queste lettere? Ma in primo luogo : che cosa si deve intendere con il
termine «pseudepigrafia»?
58
depigrafia in primo luogo indica l'attribuzione di un'opera a un au
tore diverso da quello vero. In questo caso pseudografo o pseudepi
grafico si oppone ad autentico, come la pseudepigrafia si contrappo
ne ad autenticità. Infatti i vocaboli «autentico/autenticità» derivano
dal latino «authenticus>> , corrispondente al greco authentikòs , che a
sua volta rimanda ad authèntes, «colui che opera da sé>> , «autore>> .
Nell'ambito della letteratura si dice «autentica>> un'opera che appar
tiene veramente all'autore al quale viene attribuita.
Dunque nell'uso di questa terminologia nella sua valenza antite
tica negativa o positiva - «pseudepigrafialautenticità>> - si fa riferi
mento a un duplice fatto riguardante l'origine di un'opera scritta.
Da una parte si indica il riconoscimento/attribuzione o meno di uno
scritto al vero o falso autore . Questa si potrebbe chiamare «pseude
pigrafia o autenticità passiva>> o «successiva>> . Dall'altra si rimanda
al processo di produzione di un'opera da parte di un autore che
scrive a proprio nome ( autenticità ) , oppure da parte di uno scrittore
che redige l'opera per convenzione o artificio letterario sotto un
altro nome ( pseudepigrafia ) . In quest'ultimo caso si potrebbe par
lare di «pseudepigrafia attiva>> o più correttamente di «pseudoni
mia>> di uno scritto e di un testo «pseudonimo>> . Ancora diverso è il
caso di uno scritto o opera letteraria, il cui vero autore non è men
zionato per nulla o che comunque rimane sconosciuto . In questo
caso si parla di scritto «anonimo>> e di «anonimia>> . Gran parte dei
libri biblici , compresi i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , sono
scritti anonimi .
59
noscimento e attribuzione dell'opera a un altro autore queste infor
mazioni sul «Vero>> autore non esistono o non sono più accessibili ai
lettori o possessori del testo .
Queste precisazioni circa la «pseudepigrafia» non possono dissi
pare d'incanto le difficoltà che un lettore attuale avverte di fronte a
questo fenomeno , soprattutto nel caso della cosiddetta «pseudepi
grafia attiva» . Non si tratta di una falsificazione letteraria incompati
bile con il carattere sacro o ispirato degli scritti biblici? E che cosa
pensare del caso più specifico di una lettera scritta non da un colla
boratore di Paolo su incarico dell'apostolo , ma da un suo discepolo ,
che utilizza il nome dell'apostolo per dare autorità a uno scritto da
lui prodotto in modo autonomo , facendo anche ricorso al pensiero e
alla fraseologia dell'apostolo? A parte il poco buon gusto di scrivere
una lettera a nome di una persona morta , si pongono alcuni proble
mi circa la correttezza di questo procedimento che dà l'impressione
di essere un «falso» letterario e teologico nello stesso tempo .
Effettivamente il ricorso alla pseudepigrafia può dare adito a
ogni sorta di abuso da parte di chi sotto il nome di un personaggio
autorevole della tradizione cristiana primitiva, vuole far passare le
sue innovazioni dottrinali o pratiche . Perciò l'autore della seconda
Lettera ai Tessalonicesi mette in guardia i lettori di fronte al rischio
che qualcuno tenti di far accogliere la prospettiva della venuta immi
nente del giorno del Signore facendo leva su pretese ispirazioni , pa
role o qualche lettera fatta passare come paolina (2Ts 2,2) . Questo
modo di accreditare e trasmettere nuovi orientamenti circa la parou
sìa del Signore , viene qualificato dal nostro autore come «inganno».
D'altra parte lo stesso autore che scrive a nome di Paolo esorta i let
tori a «mantenere le tradizioni» che essi hanno appreso «così dalla
nostra parola come dalla nostra lettera» (2Ts 2 , 15 ) . Non è casuale
che proprio a conclusione della lettera l'autore senta il bisogno di
esplicitare il ruolo di autenticazione che ha il saluto autografo :
«Questo saluto è di mia mano , di Paolo ; ciò serve come segno di au
tenticazione per ogni lettera ; io scrivo così» (2Ts 3 , 17).
La stessa preoccupazione di raccomandare l'autorevolezza di
uno scritto , rinviando a un altro già conosciuto nella tradizione , si
avverte nella seconda Lettera di Pietro : «Questa, carissimi , è già la
seconda lettera che vi scrivo , e in tutte due cerco di ridestare con
ammonimenti la vostra intelligenza, perché teniate a mente le paro
le già dette dai santi profeti , e il precetto del Signore e salvatore , tra
smessovi dagli apostoli» (2Pt 3 , 1-2) . L'autore non si sente per nulla
imbarazzato , né avverte la contraddizione di autopresentarsi nell'in-
60
testazione come «Simon Pietro , servo e apostolo di Gesù Cristo» e
nello stesso tempo di rivolgersi ai destinatari perché ricordino le pa
role trasmesse dagli «apostoli» . Una tale situazione , che può appari
re a prima vista contraddittoria, si può capire all'interno di una pro
spettiva , dove la pseudepigrafia è funzionale alla convalida della tra
dizione autorevole che fa capo agli apostoli .
61
famosi . Quelle di carattere filosofico sono spesso prodotte per
esporre e diffondere le idee di una scuola. A questo scopo diverse
raccolte di lettere sono poste sotto il nome del fondatore di una
scuola filosofica o di altre personalità di rilievo . Al principe scita
Anacarsi del VI a.C. sono attribuite alcune lettere prodotte in età
ellenistica per diffondere le idee della scuola cinica . Parimenti sotto
il nome del tiranno di Agrigento Falaride del VI a.C. sono poste ben
148 lettere scritte da un sofista del II secolo d.C. Delle nove lettere
tramandate sotto il nome del retore ateniese Isocrate del V secolo
almeno tre (III .VI . IX) sono sospette . Sotto il nome di Aristotele so
no pubblicate da Artemone nel II secolo a.C. sei lettere . Sono men
zionate dagli scrittori antichi anche raccolte di lettere attribuite ai fi
losofi Teofrasto , discepolo di Aristotele , Epicuro e Arcesilao del
IV-III secolo .
Più noto e discusso è il caso delle 13 lettere di Platone , conside
rate autentiche, nonostante alcuni dubbi e incertezze nell'antichità
romana , fino all'epoca moderna. Sulla base dello studio della loro
composizione , dello stile , dei fatti storici menzionati e del loro pen
siero filosofico attualmente si conclude che solo un paio - la VII e
l'VIII delle tredici lettere che formano il corpus platonico - sono
autentiche , mentre le altre sarebbero buone imitazioni di un esperto
conoscitore dello stile e del pensiero di Platone .63 Anche attorno al
nome di Socrate si forma una raccolta di oltre trenta lettere , delle
quali solo una , la XXVIII , è attribuita al filosofo ateniese Speusip
po , successore di Platone a capo dell'Accademia. Le prime sette so
no poste sotto il nome di Socrate , mentre le altre sono riferite alla
cerchia di amici e discepoli del filosofo . Il corpus delle lettere socra
tiche , scritte tra il II sec. a.C. e il I secolo d . C . , sono state prodotte
nei circoli del cinismo moderato per conservarne e trasmetterne la
tradizione filosofica. La lettera sostituisce l'incontro e il dialogo filo
sofico con il maestro .64
62
finalità e il ruolo della pseudepigrafia delle lettere deuteropaoline
vanno collocati e precisati nell'ambito della tradizione come è stata
definita più sopra. Non è casuale infatti che il gruppo delle sei lette
re si presenti sotto il nome di Paolo. Si tratta infatti di quel perso
naggio della prima generazione conosciuto nelle lettere autentiche e
negli Atti degli apostoli come il fondatore e organizzatore delle co
munità cristiane fuori dell'area palestinese . Nell'intestazione di cin
que di queste lettere Paolo è qualificato dal titolo autorevole : «apo
stolo di Cristo Gesù» . Questo titolo manca nell'intestazione della se
conda Lettera ai Tessalonicesi , che lo omette perché essa riproduce
quella della prima lettera, alla quale rimanda come documento della
tradizione «apostolica» (2Ts 2 , 1 5 ) . Per la stessa ragione nell'indiriz
zo della seconda Tessalonicesi il nome di Paolo è associato a quello
di Silvano e Timoteo , mentre nelle altre , esclusa Colossesi , egli è
l'unico mittente . Anzi nelle tre lettere pastorali Paolo è l'unica auto
rità apostolica che garantisce l'autenticità dell'annuncio , l'ortodos
sia dottrinale e la stabilità della prassi tradizionale .
Da questo fatto si potrebbe concludere che la pseudepigrafia nel
contesto della tradizione paolina ha lo scopo di assicurare la conti
nuità del ruolo fondante e normativo dell'apostolo Paolo anche do
po la sua morte . Questo ruolo varia secondo i diversi contesti cultu
rali e le cangianti situazioni dei destinatari , di cui si hanno i riflessi
nelle rispettive lettere deuteropaoline . Ma c'è un duplice intento co
mune che sta alla base della pseudepigrafia paolina. Da una parte si
cerca di ritrovare le ragioni o radici della propria identità in un nuo
vo e mutato contesto culturale ed ecclesiale . Dall'altra si avverte la
necessità di appellarsi a un'autorità comune per far fronte al rischio
della dissidenza o conflittualità che dall'interno minaccia la consi
stenza della comunità cristiana. Quest'ultimo aspetto si coglie in
modo più esplicito nella seconda Lettera ai Tessalonicesi , nella Let
tera ai Colossesi e nel gruppo delle pastorali . Esso è attenuato nella
Lettera agli Efesini , che si presenta con connotazioni epistolari più
sfumate rispetto alle altre lettere deuteropaoline.
In conclusione si può dire che nelle sei lettere deuteropaoline il
ricorso al procedimento letterario della pseudepigrafia - in questo
caso si dovrebbe parlare di «pseudepistolografia» - si colloca nel
l'orizzonte più ampio della tradizione paolina. In realtà questi scritti
formano tre gruppi distinti: la seconda Lettera ai Tessalonicesi , le
due lettere affini ai Colossesi e agli Efesini , le tre lettere pastorali .
Tuttavia esse costituiscono un corpus epistolare unitario in forza di
63
questo uso della pseudepigrafia paolina. Dunque le sei lettere
deuteropaoline grazie alla pseudepigrafia rendono attuale ed effi
cace il ruolo autorevole dell'apostolo Paolo per far ritrovare le
ragioni di una sicura identità cristiana e rispondere , nella continuità
con il metodo e pensiero dell'apostolo , alla sfida rappresentata dalle
diverse nuove situazioni storiche e culturali delle comunità , alle
quali esse sono indirizzate.
64
III
La seconda Lettera ai Tessalonicesi
65
L'analisi linguistica, che abbraccia quella lessicale , stilistica e let
teraria dello scritto, può offrire alcuni dati utili per la lettura del te
sto e la soluzione dei problemi relativi alla sua origine letteraria e
storica . Un confronto diretto tra la prima Lettera ai Tessalonicesi e
la seconda sullo sfondo della tradizione paolina dovrebbe integrare
il quadro delle informazioni per rispondere alla questione della sua
origine letteraria. Lo studio della situazione vitale dei destinatari
presupposta dal nostro scritto epistolare può fornire la piattaforma
più sicura per fondare un'ipotesi attendibile circa la sua origine sto
rica. Infine sulla base di una lettura attenta del testo attuale della
nostra lettera è possibile anche far emergere i tratti distintivi del suo
messaggio teologico e spirituale .
a) Le caratteristiche lessicali di 2 Ts
L'analisi comparata del vocabolario della 2Ts dà questi risultati :
tra gli 823 (Morgenthaler: 824) termini greci che ricorrono nella se
conda Lettera ai Tessalonicesi vi sono 13 ( 1 1 : Rigaux) hapaxlegòme
na neotestamentari , cioè vocaboli greci che non hanno corrispon
denti negli altri scritti del NT; di questi almeno tre si trovano nella
versione greca dell'AT (LXX) ; si rilevano 19 (14: Rigaux) hapax
legòmena paolini , cioè termini che non si trovano nel resto dell'epi
stolario paolina ; essi sono concentrati soprattutto nel secondo capi
tolo (2Ts 2, 1- 12) .3 Per il resto il lessico greco della seconda Lettera
66
ai Tessalonicesi è imparentato con quello dei LXX e con il greco del
la koinè, lingua corrente con alcune affinità letterarie che si riscon
trano negli scrittori greci del primo e secondo secolo d. C. ; così per
esempio il termine àtopos di 2Ts 3 ,2, ricorre nel NT solo nell'opera
di Luca tre volte e nei testi della poesia ellenistica.
Alcuni vocaboli ed espressioni greche della nostra lettera riflet
tono la terminologia specialistica dell'esperienza cristiana. Sono no
tevoli alcune concentrazioni semantiche nei tre brevi capitoli dello
scritto epistolare . Nella preghiera di apertura si trova la costellazio
ne semantica costituita da tre vocaboli tipici della tradizione paoli
na: pìstis, agàpe, hypomon� (2Ts 1 ,3-4) . Il termine pìstis , ricorre in
2Ts complessivamente 5 volte (come in Fil e Col} ; agàpe , 3 volte
(come in Gal e Fm) , una volta con il genitivo toù Theoù (2Ts 3,5b) ;
hypomon�, due volte , associata a pìstis (2Ts l ,4} e ad agàpe (2Ts
3 ,5b) ; quest'ultima connessione semantica non si riscontra nell'epi
stolario paolino , dove hypomon� è il più delle volte associato a elpìs
(lTs 1 ,3; Rm 5 ,3.4; 15 ,4) .
L'espressione stereotipa, che per due volte introduce la preghie
ra di ringraziamento , eucharistèin ophèilomen , «dobbiamo rendere
grazie» (2Ts 1 ,3 ; 2 , 13) , non si trova nell'epistolario paolino , dove il
verbo ophèilein ricorre 1 1 volte nel senso di «dovere» etico e consue
tudine , ma non è mai associato alla preghiera di ringraziamento .
Anche la formula kathòs axiòn èstin è inconsueta in un contesto di
preghiera paolina (2Ts l ,3; cf. Fil l , 7) . Per il resto il lessico della
preghiera di apertura è ricalcato su quello della l Ts , escluso il verbo
hyperauxànei, «crescere rigogliosamente>> , che non ha riscontri al
trove nel NT (2Ts 1 ,3).
Merita di essere segnalata, subito dopo la preghiera iniziale , una
seconda costellazione semantica che ruota attorno ai termini dìkaios
(due volte) , dìke, ekdìkesis (2Ts 1 ,5-9) . Essa è contornata da due ha
paxlegòmena neotestamentari : èndeigma e dìken tinèin (2Ts 1 ,5 . 9) .
Nel nostro contesto dìkaios è associato a krìsis , «giudizio» di Dio .
Nelle lettere di Paolo ai Romani e ai Galati , dove ricorre 8 volte ,
questo termine non è connesso direttamente al «giudizio di Dio» -
anche se in Rm 2,5 ricorre l'hapaxlegòmon neotestamentario dikaio
krisìa di Dio - ma al processo di «giustificazione» per mezzo della
fede o all'agire etico . Nello stesso contesto si ha un'altra concentra
zione semantica che gravita attorno al verbo thlibèin e al sostantivo
thlìpsis, che ricorrono rispettivamente due volte sulle 31 (24+7)
complessive dell'epistolario paolino (2Ts 1 ,4.6-7) .
67
Nel secondo capitolo della lettera è già stata rilevata la peculia
rità semantica della sezione «apocalittica» (2Ts 2, 1-12). Gli hapax
legòmena paolini sono : episynagogè (2 ,lb) ; salèuesthai (2,2) ;
throèisthai (2 ,2) ; apostasìa (2 ,3) ; sèbasma (2,4) ; anairèin (2,8) . Sono
rare e inconsuete per l'epistolario paolino anche le espressioni àn
thropos tes anomìas, hyiòs tes apolèias (2,3) , mystèrion tes anomìas
(2,7) . Assieme ai vocaboli epiphàneia e parousìa queste espressioni
nelle ricorrenze neotestamentarie gravitano nell'area apocalittica o
della «rivelazione)) . Il termine epiphàneia, oltre al nostro testo di
2Ts 2,8, si trova cinque volte nelle lettere pastorali , dove però non è
mai associato a parousìa . Quest'ultimo vocabolo ricorre 24 volte nel
NT, di cui almeno la metà nel contesto dell'attesa escatologica . Ma
quello che impressiona è la sua concentrazione nel nostro testo -
2Ts 2 , 1 .8.9 - e la connessione in 2Ts 2,8 con la figura di «Satana)) .
Nel terzo capitolo , di carattere esortativo pratico , v a segnalata la
costellazione semantica costruita attorno al verbo ergàzesthai, che
nella sezione di 2Ts 3 ,6-1 5 ricorre quattro volte . Esso riflette la ter
minologia paolina di lTs 2,9; 4 , 19. Ma nel nostro testo è singolare la
paranomasia con il composto periergàzesthai (2Ts 3 , 14) , che non ha
paralleli nel NT (cf. periergòs in At 19,19; lTm 5 , 13) . L'area seman
tica opposta al «lavorare)) è definita dai vocaboli della devianza e
«disordine)) àtopos (3 ,2a) ; atàktos (3 ,6. 1 1 ) ; ataktèin (3,7) . Il primo è
un hapaxlegòmenon paolino ; gli altri due non si trovano altrove nel
NT. La peculiarità lessicale di questa sezione , fortemente imparen
tata con la prima Lettera ai Tessalonicesi, è la ricorrenza di altri due
verbi unici nel NT: kalopoiùn (3 ,13) ; semeioùsthai (3,14) . Anche
l'invito a «imitare)) l'esempio di Paolo è espresso con un verbo raro
memèisthai (3 ,7 .9) , che non ha corrispondenti nel resto dell'episto
lario paolino , dove invece ricorre 6 volte il sostantivo mimetès (l Ts
1 ,6; 2, 14) .
Infine va segnalata la terminologia cristologica della nostra lette
ra a confronto con quella paolina. Il titolo Kyrios compare 22 volte ,
di cui 10 volte in forma assoluta, 9 volte nella formula di tenore litur
gico Kyrios (hemon) Iesoùs Christòs ; tre volte in quella più breve
Kyrios (hemon) Jesoùs. Questa terminologia cristologica solenne
prevale nettamente su quella più umile o semplice : non si riscontra
mai il nome Jesoùs da solo; una sola volta ricorre il titolo Christòs in
forma assoluta (2Ts 3 ,5) ; neppure compare la tipica formula paolina
Iesoùs Christòs ( Christòs Iesoùs) introdotta dalle particelle ènlèis .
68
Nella nostra lettera la suddetta formula cristologica è sempre am
pliata con l'aggiunta di Kyrios. Per cogliere questa peculiarità della
nostra lettera nell'uso della terminologia cristologica basti osservare
che nella l Ts l'uso assoluto di Christòs si ha tre volte su un totale di
dieci ricorrenze delle formule cristologiche .
La netta prevalenza del titolo Kyrios in 2Ts risulta immediata
mente dal confronto con le lettere paoline più vicine per ampiezza
alla nostra lettera: in Fil il titolo Kyrios si trova 15 volte (8 in forma
assoluta) , in Gal 6 volte (tre in forma assoluta) . Una frequenza ana
loga di Kyrios si riscontra nella Lettera agli Efesini (26 volte) , Co
lossesi (16 volte) e 2Timoteo (16 volte). La formula Iesoùs Christòs
nell'epistolario paolino è cosl distribuita: ricorre 29 nelle lettere au
tentiche e solo quattro nelle deuteropaoline ; la formula Christòs lé
soùs si trova 42 nelle protopaoline e 36 nelle deuteropaolirie com
presa la lTs, dove ricorre due volte (lTs 2,14; 5 , 18) .
69
proposizioni infinitive subordinate : èis tò . . . (1 ,5b) . Le due propo
sizioni subordinate dell'ultima frase del capitolo sono introdotte ri
spettivamente da hìna e hòpos, che reggono tre verbi al congiuntivo :
axiòse-i, plerbse-i ( 1 , 1 lb} , endoxasthe-i ( 1 , 12) .
Il secondo capitolo , composto da 314 parole e 17 versetti , a pri
ma vista appare più articolato , in quanto consta di 9 frasi . In realtà i
primi quattro versetti comprendono due sole proposizioni relativa
mente ampie (2Ts 2, 1-4) . Dopo un intermezzo di stile epistolare
(2,5-6) , segue un breve annuncio (2,7) , commentato da una frase
che si sviluppa per tre versetti (2Ts 2,8-10) . Essa è completata da
un'altra proposizione principale , sulla quale si innestano due subor
dinate (2Ts 2, 1 1-12) . La prima è una proposizione infinitiva intro
dotta dalla formula tipica , che ricorre complessivamente quattro
volte nel secondo capitolo della nostra lettera: èis tò . . (2Ts 2,2a.6a.
.
70
denti prestiti o allusioni a fraseologie bibliche secondo la versione
dei Settanta, com'è il caso delle espressioni èn pyrì pflogòs , «in fuo
co ardente» (2Ts 1 ,8a; cf. 1 ,9c) . Risentono di questo influsso biblico
le formule della «sezione apocalittica» : hò ànthropos tes anomìas; hò
hyiòs apolèias (2,3c) . A queste si possono accostare le espressioni
affini che ricorrono nella sezione successiva: mystèrion. . . tes ano
mìas; tei epiphanèia-i tes parousìas; èn tèrasin psèudous; èn . . . apàte-i
adikìas; ten agàpen tes alethèias; energèian tes plànes (2,7-1 1 ) . Anche
nel contesto parenetico riaffiora questo uso del genitivo con funzio
ne aggettivale : èn hagiasmo-i pnèumatos kài pìste-i alethèias (2 ,13c) .
Un altro aspetto tipico dello stile di questa lettera è la tendenza
ad accostare due o più termini in una concatenazione seriate o anti
tetica. È il caso della messa in guardia in apertura del capitolo se
condo : «Ora vi preghiamo . . . di non lasciarvi così facilmente confon
dere e turbare , né da parte di pretese ispirazioni , né da parole , né da
qualche lettera fatta passare come nostra» (2Ts 2, 1-2) . Nel testo gre
co è più forte l'effetto di iterazione con la sequenza di cinque parti
celle negative : me . . . medè. . . mete. . . mete. . . mete; e di quattro dià. È
notevole anche l'accumulazione di tre termini che però corrispondo
no alla fraseologia biblica: èn pase-i dynàme-i kài semèiois kài tèrasin
(2Ts 2,9b) . Anche la ripresa nel capitolo terzo delle espressioni della
prima Tessalonicesi per raccomandare l'esempio di Paolo ne accen
tua l'aspetto iterativo : «abbiamo lavorato con fatica e sforzo , notte e
giorno» (2Ts 3 ,8b) .
71
A 1 , 1-12: exordium , ringraziamento e preghiera per gli ascol
tatori;
B 2 , 1-2 : partitio , presentazione delle due prove o argomenta
zioni :
a) 2,3-12: probatio , la parousìa non è ancora imminente ;
b) 2 , 13-1 5 : probatio , ragioni per conservare la tradizione rice-
vuta ;
B ' 2 , 16-17: peroratio , riassume l'argomentazione precedente ;
C 3 , 1-15: exhortatio , conclusiva .
3, 16-18: postscritto epistolare. 7
Le divergenze d i R. Jewett circa l a strutturazione «retorica» del
la 2Ts riguardano la parte centrale probatio (B) , che egli estende fi
no a 2Ts 3 , 5 . La terza parte (3,6-15) viene considerata come ex
hortatio e la conclusione epistolare (3, 16-18) come peroratio .8
Un ulteriore elemento utile per ricostruire la struttura di 2Ts è
quello rilevato da J .L. Sumney: vi sono delle evidenti corrisponden
ze o riprese lessicali in una diversa prospettiva tra le diverse parti
della lettera : 2Ts 1 ,3//2 , 1 3 ; 1 ,4.8. 10. 1 1//2,14; 1 ,5-8//2 , 15-17; 1 , 10-
1 11/3 , 1 ; 1 , 1 11/3 ,3; 1 , 12//3 ,5. Sulla base di questi dati egli riscontra
anche nella nostra lettera lo schema paolina in tre parti ABA ' , cosi
articolate : A . 2Ts 1 ,3-12; B . 2Ts 2,1-12; A' . 2Ts 2 , 1 3-3 ,5. La sezio
ne finale (3,6-15) sarebbe l'applicazione pratica del discorso prece
dente alla situazione di crisi della comunità tessalonicese . 9 In queste
ipotesi di struttura della 2Ts rimane incerta e discutibile il punto di
sutura o passaggio dalla seconda alla terza parte (2Ts 2 , 13-3,5). 1 0
Per valutare le diverse ipotesi di struttura è opportuno tenere
presenti alcuni dati del testo . In primo luogo vanno segnalate le for
mule ed espressioni della comunicazione epistolare . Oltre alla cor
nice (2Ts 1 , 1-2; 3 , 16-18) , il corpo della lettera è scandito da altri ri
chiami al lessico e stile epistolare. Nel primo capitolo , dopo l'inte-
72
stazione , dove sono indicati i mittenti , i destinatari e il saluto , con la
formula: «dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi , fratelli ,
come è ben giusto» , si introduce un'ampia preghiera di ringrazia
mento con un'implicita funzione parenetica (2Ts 1 ,3-10) . Una se
conda formula di «preghiera di invocazione» - «anche per questo
preghiamo sempre per voi» - prepara la conclusiva di carattere
dossologico (2Ts 1 , 1 1-12) .
È evidente il parallelismo stilistico nella introduzione delle due
«preghiere» - eucharistèin . . . pàntote perì hymon/lproseuchòmetha
pàntote peri hymon (2Ts 1 ,3a. l la) . Vi sono inoltre alcuni nessi lessi
cali che indicano le scansioni tematiche . La prima parte della pre
ghiera di ringraziamento si fonda sulla condizione spirituale dei «fra
telli», richiamata da tre verbi e dai rispettivi sostantivi : hyperauxànei
hè pìstis (1 ,3b) ; pleonàzei hè agàpe (1 ,3c) ; egkauchàsthai. . . hypèr tes
hypom6nes kài pìsteos ( 1 ,4) . Il tema della hypomonè, «costanza» , è
associato a quello delle «persecuzioni e tribolazioni», thlìpsis, che fa
da ponte alla sequenza del «giusto giudizio» di Dio (2Ts l ,5- 1 1 ) . Es
so è presentato con il linguaggio «apocalittico» di matrice biblica e lo
schema dualistico della retribuzione . Protagonista del «giudizio di
Dio» è il «Signore Gesù», che verrà in «quel giorno» per essere glo
rificato , endoxasthènai, in tutti i suoi santi ed «essere riconosciuto in
tutti quelli che hanno creduto , perché è stata creduta, tòis pistèusa
sin, hòti epistèuthe, la nostra testimonianza in mezzo a voi» (2Ts 1 ,8-
10) .
Il tema del «credere/fede», pistèueinlpìstis ha una risonanza nella
preghiera conclusiva del capitolo primo, in cui si chiede: che «il no
stro Dio vi renda degnh> , axiòse-i, della sua chiamata e porti a com
pimento . . . l'opera della vostra fede , èrgon tes pìsteos ; perché sia glo
rificato , endoxasthe-i, il nome del Signore nostro Gesù in voi» (2Ts
l , l lc-12a) . I richiami tematici sono favoriti dalle corrispondenze
lessicali , che si intrecciano in questo primo capitolo . La prima ri
chiesta della preghiera, che fa leva .sul verbo axioùsthai, rimanda al
la sequenza del giusto giudizio di Dio che «proclamerà degni , èis tò
kataxioùsthai, del regno di Dio» quelli che «soffrono per esso» (2Ts
1 ,5). È notevole anche la concatenazione lessicale che si sviluppa at
torno al tema della «gloria», dòxa, mediante il duplice ricorso del
verbo endòxasthai (2Ts 1 ,9c. l0a . l2a) .
Con questa prospettiva della «gloria» di Gesù nostro Signore e
dei credenti in lui , «secondo la grazia del nostro Dio» , si chiude il
primo capitolo . L'apertura della nuova sezione è segnalata da un
nuovo verbo della comunicazione epistolare , erotomen , e dall'appel-
73
lativo adelphòi, che viene ripreso ancora due volte nel seguito del
capitolo secondo ( 2Ts 2,1a. 13a. l4a ) . In tutte e tre i casi si tratta di
una ripresa del dialogo epistolare , in cui si alternano i pronomi
«noi» «VOi». Un piccolo intermezzo di stile epistolare è rappresenta
to dai due versetti che dividono la «sezione apocalittica>> : «Non vi ri
cordate che , quando ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora
sapete . . . » ( 2Ts 2,5-6a ) .
Questo dialogo viene ripreso nella preghiera di ringraziamento ,
introdotta con una formula quasi identica a quella di apertura della
lettera : «Noi però dobbiamo sempre rendere grazie , ophèilomen eu
charistèin . . . pàntote, a Dio per voi , fratelli amati dal Signore» ( 2Ts
2,13 ) . Esso continua nella serie di imperativi che accompagnano
l'appellativo adelphòi: «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le
tradizioni . . . Per il resto, fratelli, pregate per noi . . . » (2Ts 2 , 15 ; 3 , 1 a ) .
Quest'ultimo invito sfocia in una dichiarazione di fiducia che me
diante il verbo paraggèllein , «ordinare», fa da ponte all'ultima sezio
ne di carattere prescrittivo : «Vi ordiniamo pertanto fratelli . . . vi or
dinammo . . . a questi tali ordiniamo» ( 2Ts 3 ,4. 6. 10. 12 ) .
Sulla base di questi rilevamenti circa lo stile epistolare si devono
includere nella seconda parte centrale non solo gli ultimi cinque ver
setti del capitolo secondo , ma anche i primi cinque versetti del terzo ,
dove si ha un esplicito richiamo lessicale e tematico. Infatti l'esorta
zione a mantenere le tradizioni «apprese sia dalla nostra parola sia
dalla nostra lettera» corrisponde alla chiamata di Dio mediante il
«nostro vangelo» ( 2Ts 2 , 14. 15 ) . A questa esortazione corrisponde
l'invito alla preghiera «perché la parola del Signore si diffonda e sia
glorificata come lo è anche tra voi» (2Ts 3 , 1 ) . Similmente la dichia
razione di fiducia, che chiude il capitolo secondo : «E lo stesso Signo
re nostro Gesù Cristo . . . conforti i vostri cuori e li confermi , sterìxai,
in ogni opera e parola di bene», ha un'eco in quelle che chiudono la
duplice esortazione dei primi versi del capitolo terzo : «Ma il Signore
è fedele ; egli vi confermerà , sterìxei . . . Il Signore diriga i vostri cuori
nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo» ( 2Ts 3 ,3a.5 ) .
I versetti conclusivi del capitolo secondo a loro volta si innestano
con un gioco di contrappunto sugli ultimi due versetti della cosiddet
ta «sezione apocalittica» , che occupa la parte centrale dello stesso
capitolo ( 2Ts 2, 1-12) . È facilmente rilevabile l'antitesi tematica tra il
destino di quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'a
more alla verità, tèn agàpen tes alethèias , per essere salvati , èis tò so
thenai» , e quelli che Dio ha scelto come primizia per la salvezza, èis
soterìan , attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e la fede nella
verità , pìstei alethèias» (2Ts 2 , 10 . 13 ) .
74
Una corrispondenza lessicale e tematica fa da cornice al quadro
apocalittico centrale . Infatti la messa in guardia iniziale che annun
cia il tema del secondo capitolo - «riguardo alla parousìa del Signo
re nostro Gesù Cristo e alla nostra episynagog't! con lui» - avverte i
destinatari a non lasciarsi confondere e turbare «né da pretese ispi
razioni , né da parole , dià lògou, né da qualche lettera fatta passare
come nostra, dià episto/es hos dfhemon , quasi che il giorno del Si
gnore sia imminente» ( 2Ts 2, 1-2 ) . Il riferimento alle false e allar
manti informazioni trova un'eco antitetica nell'esortazione positiva
finale : «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le tradizioni che ave
te apprese da noi sia dalla nostra parola , dià lògou , sia dalla nostra
lettera, dfepisto/es hemon» ( 2Ts 2,15 ) .
Un breve appello al discernimento critico apre la sezione di ca
rattere «apocalittico»: «Nessuno vi inganni , exepatese-i, in alcun mo
do !» ( 2Ts 2,3a ) . L'inganno, apàte, è il destino di quelli che vanno in
rovina (2Ts 2 , 10a ) . Sono quindi indicate le due condizioni previe
della parousìa : la venuta dell'apostasia e la rivelazione dell'uomo
iniquo, hò ànthropos tes anomìas, il figlio della perdizione. Quest'ul
timo viene ulteriormente identificato mediante una coppia di parti
cipi , esplicitati da tre espressioni concatenate di matrice biblica:
«colui che si contrappone , hò antikèimenos,
e si innalza, kài hyperairòmenos ,
sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto ,
fino a sedere nel tempio di Dio ,
additando se stesso come Dio» ( 2Ts 2,4 ) .
Questo quadro «apocalittico» è ripreso e sviluppato dopo il bre
ve dialogo epistolare circa le informazioni già avute e conosciute dai
destinatari . Essi infatti ora sanno «ciò che impedisce , to katèchon , la
sua manifestazione che avverrà nella sua ora» (2Ts 2,5-6) . Il verbo
«rivelarsi» , apokalypsesthai, è il filo conduttore della nostra sezione
(2Ts 2,3b.6.8a ) . Nella stessa area apocalittica rientra anche il termi
ne «mistero» , myst't!rion (2Ts 2,7 ) . L'omogeneità tematica del brano
è sottolineata dalla ripetizione e risonanza dei termini :
«Il mistero dell'iniquità, tes anomìas, è già in atto , energèitai, ma
è necessario che sia tolto di mezzo ciò che finora lo trattiene , hò ka
tèchon . Solo allora sarà rivelato , apokalyphthèsetai, l'empio , hò
ànomos, e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca
e lo annienterà all'apparire della sua venuta, epiphanèia tes parou
sìas ; la cui venuta , parousìa , avverrà nella potenza , kat'enèrgeian , di
satana, con ogni specie di portenti , di segni e di prodigi menzogneri
e con ogni sorta di empio inganno , èn pàse-i apàte-i adikìas . . » ( 2Ts
.
2,7-10a ) .
75
Qui si innesta la presentazione della sorte di quelli che sono vitti
me dell'empio inganno dell'iniquo che opera con la potenza di sata
na per la loro perdizione . Si tratta di quelli che vanno in rovina ,
tòis apollymènois , un richiamo al «figlio della perdizione, apoleìas di
2,3c - perché non hanno accolto l'amore alla verità» . Questo è il
motivo per cui «Dio invia loro una potenza , enèrgeian , di inganno ,
perché essi credano alla menzogna e così siano condannati con tutti
quelli che non hanno creduto alla verità , hòi m� pistèusantes te-i a/e
thèiai, ma hanno acconsentito all'iniquità , te-i adikìa-i» (2Ts 2 , 1 1-
12) . In questa presentazione del quadro dei «perduti» è intenzionale
il contrasto con quello dei «salvati» . Quest'ultimi sono quelli che
Dio ha scelto per la salvezza attraverso lo Spirito di santificazione e
la «fede nella verità» , pìstei a/ethèias (2Ts 2, 13b) .
La terza parte della lettera di carattere prescrittivo è anticipata in
alcune dichiarazioni che concludono la parenesi della sezione apoca
littica . Tra queste vi è l'accenno agli «uomini perversi e malvagi» , dai
quali si chiede di essere liberati. Si tratta di quelli che sono estranei
alla «fede» , dono di Dio (2Ts 3 ,2) . L'autore esprime la sua ferma fi
ducia che il Signore è in grado di custodire i credenti dal «maligno»,
apò toù poneroù, e nello stesso tempo è convinto che essi già mettono
in pratica quello che egli «ordina» , ha paraggèllomen (2Ts 3 ,4) . Con
questo verbo è chiaramente annunciata la sezione finale .
L'autore in modo autorevole - «nel nome del Signore nostro
Gesù Cristo» - dispone , paraggèllomen , che si tengano lontani da
ogni fratello indisciplinato , atàkt6s, che non si comporta secondo la
tradizione ricevuta (2Ts 3 ,6) . Segue un'ampia motivazione di questa
norma tradizionale con il richiamo all'esempio dell'autore che i de
stinatari della lettera devono imitare , mimèisthai. Esso è condensato
in una sentenza o regola: «chi non vuoi lavorare neppure mangi»
(2Ts 3 ,7- 10) . Seguono un'ulteriore precisazione del caso di quelli
che «vivono disordinatamente , atàktos, senza far nulla e in continua
agitazione» e la relativa disposizione ed esortazione autorevole «nel
Signore Gesù Cristo» : «mangiare il proprio pane lavorando in pace»
(2Ts 3 , 1 1-12) .
L'invito positivo ai fedeli - fate il bene senza scoraggiarvi - in
troduce la disciplina comunitaria da praticare nei confronti di chi
non obbedisce alle disposizioni dell'autore messe per iscritto (2Ts
3 , 13-15) . Con altri termini si riprende alla fine la norma già indicata
in apertura della sezione , dove si dice di tenersi lontani dal fratello
indisciplinato : segnalare chi si ribella, non unirsi a lui perché si rav
veda; non trattarlo da «nemico» , ma ammonirlo come un «fratello» .
76
In tal modo risulta la struttura concentrica di quest'ultima sezione ,
dove le parti estreme ruotano attorno a quella centrale , dominata
dall'esempio da imitare rypon èis tò mimèsthai e condensata nella re
gola del «lavorare», ergàzesthai (2Ts 3 , 10) .
Gli ultimi versetti del capitolo terzo chiudono la lettera con alcu
ne varianti rispetto allo schema protocollare . La più vistosa è la di
chiarata ed esplicita autenticazione della lettera mediante il saluto
autografo di Paolo (2Ts 3 , 17) . Essa è contornata da una invocazione
della pace da parte del «Signore della pace» e dal saluto finale : «La
grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi» (2Ts
3, 16a. l8) . Quest'ultima formula riprende quella che accompagna
l'invocazione della pace: «<l Signore sia con tutti voi» (2Ts 3 , 16b ) .
77
2 . L'ORIGINE LETIERARIA DELLA 2Ts
1 ,7 : Zc 14,5 ;
1 ,8 : Is 66,4. 1 5 ; Ger 10 ,25 ; Sal 79 ,6;
1 ,9 : Is 2, 10. 19.21 ;
1 , 10: Sal 67,36; Sal 88 ,8; Is 49 ,3;
1 , 12 : Is 24 ,14; Sal 66,5 ; MI 1 , 1 1 .
2 , 1 : 2Mac 2,7;
2 ,3 : Is 57 ,3-4 ; Sal 88 ,23 ;
2,4: Ez 28 ,2; Dn 1 1 ,36;
2,8: Is 11 ,4; Ez 21 ,24-25 ; Gb 4,9; Sal 32 ,6;
2 , 1 3 : Dt 33 ,12.
3,1: Sal 147 , 1 5 ;
3 ,2 : I s 25 ,4;
3,5: 1Cr 29 , 18;
3,8: Ger 20,18.
78
Tra i libri della Bibbia la preminenza per le allusioni spetta a
Isaia (10) ; seguono i Salmi (7) ; poi Geremia ed Ezechiele (2) ; Zac
caria , Malachia, Giobbe , Deuteronomio , ! Cronache , 2Maccabei
( 1 ) . Queste citazioni bibliche implicite sono concentrate in alcuni
versetti del primo e del secondo capitolo . Quelle del terzo capitolo
sono molto attenuate e incerte. Nel primo capitolo con il montaggio
della fraseologia biblica viene descritta nel contesto del «giusto giu
dizio di Dio» la «rivelazione» , apokàlypsis , del «Signore Gesù dal
cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta
di quelli che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del
Signore nostro Gesù» (2Ts 1 ,8//Sal 79 ,6; Is 66, 1 5 ; Ger 10,25) . È in
teressante rilevare in questo testo come le espressioni bibliche sono
attualizzate e integrate con quelle di stile cristiano .
Anche l'esito del giudizio di condanna viene presentato da un'e
spressione coniata dall'autore e confermata da una seconda di carat
tere biblico : «Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lon
tano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza (2Ts
1 ,9//Is 2,10. 19.21 ) . Anche l'inizio del versetto successivo , dove si
parla della «venuta» del Signore «per essere glorificato nei suoi san
ti» , risente dell'influsso dei testi biblici (2Ts 1 , 10//Sal 88 ,8; Is 49,3;
2Ts 1 , 12//Is 24, 1 5 ; 66,5; Ml l , l l) . È evidente nell'uso di questi testi
biblici la loro rilettura cristologica. Il «Signore», di cui si parla nel
testo biblico dell' AT, è identificato spontaneamente con Gesù il «Si
gnore nostro>> .
Una seconda concentrazione di allusioni bibliche si ha nella
«sezione apocalittica» del secondo capitolo . Non solo il lessico e lo
stile risentono dell'influsso dei testi biblici , ma alcune espressioni vi
sono mutuate di sana pianta senza formule di citazione. Queste si
riscontrano nel quadro della «rivelazione» dell'«uomo dell'iniqui
tà» , «il figlio della perdizione» , «che si contrappone e s'innalza so
pra ogni essere che viene detto Dio è oggetto di culto , fino a sedere
nel tempio di Dio , additando se stesso come Dio» (2Ts 2,3-4//Dn
1 1 ,36; Ez 28,2) . Ancora con un montaggio di espressioni bibliche
viene presentato lo scontro finale tra l'empio e il Signore Gesù:
«allora si rivelerà l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il
soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta»
(2Ts 2,8//Gb 4,9; Is 1 1 ,4) .
Anche in questo caso è evidente la combinazione del formulario
biblico tradizionale con quello coniato dall'autore . In tal modo la
presentazione della crisi apocalittica e l'annuncio del suo supera-
79
mento grazie alla «manifestazione della parusia del Signore Gesù»
sono nello stesso tempo confermati dalla tradizione biblica e attua
lizzati in funzione della fede e parenesi cristiana . Da questo sondag
gio circa il modo di leggere i testi della tradizione biblica veterote
stamentaria si ricava l'impressione che l'autore ha una certa familia
rità con la versione greca della Bibbia, dalla quale attinge non solo il
suo lessico , ma anche le espressioni e concezioni adattandole abil
mente alla sua argomentazione .
80
l'empio con il soffio della sua bocca , richiama la scena del giudizio di
Ap 19,15.
Infine possono essere segnalate alcune somiglianze lessicali e te
matiche di 2Ts con la prima Lettera di Pietro . Queste riguardano sia
il tema delle tribolazioni dei credenti sia quello del giudizio di Dio
che si manifesta come condanna di quelli che non obbediscono al
vangelo di Dio o del Signore (2Ts 1 ,8//1Pt 4 , 17) . Del resto questo
schema «dualistico» , che fa leva sul principio di retribuzione , rientra
nel modello culturale più ampio della tradizione apocalittica (cf. Ap
18,6-7) .
Sulla base di queste affinità è difficile pensare a una dipendenza
diretta della nostra lettera dai testi del NT, esclusi forse quelli della
tradizione paolina. In alcuni casi si tratta di un contatto solo indiret
to , grazie alla comune tradizione biblica, in particolare apocalittica .
Questo vale per la presentazione della «crish> finale che precede la
parusia. Il testo di 2Ts 2,3b-4 sull'apostasia e la rivelazione dell'uo
mo iniquo si ispira a Dn 1 1 ,36, dal quale dipendono anche l'apoca
lisse giovannea e quella sinottica.
c) Confronto
tra la prima e seconda Lettera ai Tessalonicesi
Nell'analisi precedente circa i rapporti della 2Ts con i testi neo
testamentari sono state omesse le sue affinità o convergenze lessicali
e stilistiche , letterarie e tematiche con la prima Lettera ai Tessaloni
cesi . Le somiglianze tra i due testi sono tali da richiedere un esame a
parte . B . Rigaux calcola che tra le due lettere , formate rispettiva
mente da 1475 (Morgenthaler: 1472) e 823 vocaboli , vi siano circa
146 termini comuni . 1 1 Nel confronto sinottico tra le due lettere lo
stesso autore elenca 25 casi di somiglianze lessicali e stilistiche. 12 Le
convergenze più impressionanti riguardano la cornice epistolare e le
altre espressioni che introducono o fanno da raccordo tra le varie se
zioni . Siccome questo fatto dell'affinità tra le due lettere è l'argo
mento più sfruttato da chi contesta l'autenticità paolina di 2Ts, è be
ne esaminarlo più da vicino per valutarne il peso nel dibattito circa
la sua origine letteraria e storica.
1 1 RIGAUX, Les Épitres aux Thessaloniciens , 80; in realtà se si tiene conto anche
dei termini con le stesse radicali si arriva a circa 166 vocaboli comuni tra le due lettere
ai Tessalonicesi .
1 2 RIGAUX , Les Épitres aux Thessaloniciens , 133- 134.
81
Il confronto tra i due testi presenta questa situazione :
2 Ts J Ts
1 , 1-2 1,1
Paolo, Silvano e Timoteo, alla Paolo, Silvano e Timoteo alla
chiesa dei Tessalonicesi che in chiesa dei Tessalonicesi che è in
Dio Padre nostro e nel Signore Dio Padre e nel Signore Gesù
Gesù Cristo; grazia a voi e pace Cristo; grazia a voi e pace.
da Dio Padre e dal Signore
Gesù Cristo.
1 ,5 . 1 1 2 , 12
vi proclamerà degni del regno di in maniera degna di quel Dio
Dio . . . vi renda degni della sua che vi chiama al suo regno
chiamata
1 ,7-10 3 , 1 3 ; 4,5-6. 16
nella rivelazione del Signore per rendere saldi i vostri cuori . . .
Gesù Cristo dal cielo con gli an nella venuta del Signore nostro
geli della sua potenza . . . a far Gesù Cristo con tutti i santi . . .
vendetta di quanti non conosco come i pagani che non conosco
no Dio . . . no Dio . . il Signore è vindice di
.
82
2,1.2 5 , 12; 1 ,3; 5 ,2
Ora v i preghiamo, fratelli, ri Vi preghiamo poi fratelli . . . della
guardo alla venuta del Signore vostra costante speranza nel Si
nostro Gesù Cristo . . . gnore nostro Gesù Cristo . . . co
quasi che il giorno del Signore me un ladro di notte così verrà il
sia imminente . . . giorno del Signore . . .
2 , 1 3-17 1 ,4 ; 2,12. 1 3 ; 3 ,2 . 1 3
Noi però dobbiamo rendere Proprio per questo anche noi
sempre grazie a Dio per voi fra ringraziamo Dio . . .
telli, amati dal Signore , perché Noi ben sappiamo fratelli amati
Dio vi ha scelti . . . per la salvezza da Dio , che siete eletti . . . Dio ci
nella santificazione dello Spi ha chiamati . . . alla santificazio
rito . . . ne. . . Poiché Dio ci ha destina-
chiamandovi a questo con il no ti . . . al possesso della salvezza . . .
stro vangelo, per il possesso del Il Signore . . . per rendere saldi . . .
la gloria del Signore nostro Ge i vostri cuori . . .
sù Cristo. Voglia Dio stesso . . .
Perciò , fratelli , state saldi e per confermarvi e confortarvi
mantenete le tradizioni . . . nella vostra fede . . .
E lo stesso Signore nostro Gesù . . .
conforti i vostri cuori e li confer
mi in ogni opera buona . . .
3 , 1 .3-4 4 , 1 . 10 ; 5 ,24.25
Per il resto fratelli pregate per Per il resto fratelli vi preghiamo
noi, perché la parola del Signo e supplichiamo . . . pregate anche
re . . . per noi . . .
Ma il Signore è fedele ; egli vi Colui che vi chiama è fedele e
confermerà e vi custodirà . . . farà tutto questo . . .
83
Abbiamo questa fiducia nel Si e questo voi lo fate . . ma vi esor
.
3 ,6 4,1-2
Vi ordiniamo pertanto fratelli Per il resto, fratelli, vi preghia
nel nome del Signore nostro mo e supplichiamo: per il Signo
Gesù Cristo di tenervi lontani re Gesù : avete appreso da noi
da ogni fratello che si comporta come comportarvi . . . e già vi
in maniera indisciplinata e non comportate. . . E voi conoscete
secondo la tradizione che avete quali ordini abbiamo dato da
ricevuto da noi . parte del Signore Gesù . . .
3 , 10-12,15 4 , 1 1 ; 5 , 14
E infatti quando eravamo tra voi a vivere in pace . . . a lavorare con
vi abbiamo ordinato : chi non le proprie mani. còme vi abbia
vuol lavorare neppure mangi . . . mo ordinato . . .
Sentiamo infatti che alcuni fra Vi esortiamo fratelli: correggete
voi vivono in modo indisciplina gli indisciplinati . . .
to senza far nulla . . . Trattate/i con molto rispetto . . .
A questi tali ordiniamo esortan
doli nel Signore Gesù Cristo di
mangiare il proprio pane lavo
rando in pace . . . Non trattate/o
però come nemico , ma correg
getelo come un fratello.
3 , 16. 18 5 ,23.28
Il Signore della pace vi dia egli Il Dio della pace vi santifichi
stesso la pace . . . fino alla perfezione . . .
La grazia del Signore nostro La grazia del Signore nostro
Gesù Cristo sia con tutti voi. Gesù Cristo sia con voj .
84
Da questo quadro sinottico risulta che la massima concentrazio
ne delle convergenze tra le due lettere si ha, oltre che nella cornice
epistolare, nel capitolo primo , alla fine del secondo e nel terzo capi
tolo . Risultano invece minori e irrilevanti le somiglianze nella «Se
zione apocalittica» (2Ts 2,3-12) . Anzi si deve dire che il lessico «apo
calittico>> , presente con un certo spessore nella seconda lettera - tre
volte il verbo apokalypsesthai, e una volta il sostantivo apokàlypsis
(2Ts 1 ,7; 2,3.6.8) - è del tutto assente nella prima lettera. Sono im
pressionanti le altre affinità lessicali e stilistiche , soprattutto le for
mule ed espressioni dello stile epistolare e della parenesi .
Ma quello che colpisce è la disparità di collocazione contestuale
degli stessi vocaboli , espressioni o formule . In altre parole lo stesso
materiale serve per costruire un diverso tessuto argomentativo . Le
affinità tematiche più rilevanti riguardano le qualità spirituali della
comunità: «Opera di fede» , «Carità>> , «costanza» nelle tribolazioni ; il
«giudizio» di Dio e il «giorno del Signore» e la «parusia» ; le esorta
zioni e disposizioni per la condotta di vita coerente , perseverante e
ordinata dei credenti e della comunità. Ma le stesse esortazioni , for
mulate anche con gli stessi termini ed espressioni , assumono spesso
nei due scritti un contenuto o tono diverso . Quello che caratterizza
la 2Ts è un tono impersonale e astratto . Infatti non vi si ritrovano le
sezioni più personalizzate della prima lettera . Eccetto le due formu
le generiche - «quando ero tra voi» 2Ts 2,5 ; 3 , 10 - ' l'intenso e ap
passionante dialogo epistolare di l Ts non ha riscontro nella 2Ts.
Ma da un confronto critico tra le due lettere risulta una situazio
ne paradossale di convergenza e divergenza . Essa risalta ancora di
più se tiene conto della diversa struttura letteraria e tematica dei due
scritti e della concezione di fondo . La visione del «giudizio» di Dio
con il suo carattere retributivo «dualistico» , tipico della seconda let
tera, non ha riscontri diretti nella prima. Inoltre la «sezione» apoca
littica di 2Ts 2 ,3-12 con l'accentuazione della crisi e l'elencazione dei
segni premonitori della parusia vittoriosa del Signore , non ha corri
spondenti nella prima lettera, dove pure è presente il tema dell'atte
sa della «parusia» del Signore in uno scenario apocalittico (lTs 4,13-
5,11).
Che cosa concludere d a questa situazione di affinità e disparità
tra le due lettere? Una relazione indiretta tra i due scritti grazie alla
comune tradizione biblica e paolina non rende ragione della loro
puntuale convergenza lessicale , stilistica e letteraria. Inoltre si deve
rilevare che il materiale comune assume un tono più ridondante e
impersonale nella 2Ts, accentuato dalle ricorrenti formule cristolo-
85
giche . Allora si potrebbe ammettere la priorità di 1Ts e riconoscere
che la 2Ts riprende da essa alcuni temi e soprattutto utilizza il suo
formulario epistolare, il lessico e le espressioni parenetiche. Data la
diversa impostazione di fondo delle due lettere va detto che la 2Ts ,
anche se dipende dalla prima, non ne è una fotocopia. Essa è uno
scritto a modo suo «originale» che risponde a una nuova e diversa si
tuazione storica e spirituale dei destinatari . L'ipotesi della pseudepi
grafia paolina potrebbe rendere ragione di questo insieme di dati .
Ma restano aperti alcuni problemi : perché è indirizzata alla chiesa
dei tessalonicesi? Per quali ragioni l'autore della tradizione paolina
ha utilizzato nel modo suindicato il testo della prima lettera alla co
munità di Tessalonica?
86
che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore
Gesù (2Ts 1 ,4-5 .6-8) . Sono gli stessi che «non hanno accolto l'amore
alla verità o non hanno creduto alla verità». Essi sono perciò desti
nati alla perdizione o «rovina eterna» (2Ts l , 9; 2,10- 1 1 ) . In questa
schematizzazione non è facile discernere quello che corrisponde alla
reale situazione della comunità e quello che dipende da una visione
dualistica di matrice apocalittica.
La comunità al suo interno è attraversata da una crisi che si ali
menta ancora del clima apocalittico. Si parla di «confusione e tur
bamento» provocati da un certo allarmismo circa la venuta del Si
gnore e la riunione finale dei credenti con lui . Alcuni per mezzo di
presunte ispirazioni con la parola o con qualche lettera attribuita al
l'autorità di Paolo sostengono che il «giorno del Signore», quello del
giudizio , è imminente (2Ts 2,1-2) . Oltre a questo clima di impazien
te attesa apocalittica, favorito da una propaganda che si appella al
nome di Paolo , l'autore denuncia come pericoloso e contrario alla
tradizione paolina il fatto che alcuni vivono in «modo disordinato» ,
«in continua agitazione , senza far nulla» e pretendono di «mangia
re» a spese degli altri senza lavorare (2Ts 3 ,6-15) .
Di fronte a questi dati si fanno diverse ipotesi circa la situazione
vitale dei destinatari della nostra lettera. Ci si chiede se il gruppo dei
«disordinati» sia costituito dagli stessi propagandisti della cosiddetta
«escatologia realizzata» o da altri che vi prendono lo spunto per giu
stificare il proprio comportamento ozioso e parassitario?13 Si tratta
di cristiani poveri - artigiani , schiavi e liberti - che sfruttano la so
lidarietà comunitaria assimilata al «patronato» dell'ambiente greco
romano?14 oppure di tendenze «apocalittiche» di carattere millenari
stico , in cui si sogna la restaurazione paradisiaca?15 Vi è l'influsso di
correnti «gnosticheggianti» che contestano le istituzioni sociali e
l'ordine della creazione? Sono alcune delle ipotesi che tentano di in
tegrare i dati ricavati dal testo della lettera con altre informazioni
desunte dai documenti del primo cristianesimo . Non si può esclu-
87
dere che ragioni di carattere religioso - escatologia realizzata -
si combinino con il contesto socio-culturale , in cui vive la comunità
cristiana destinataria della 2Ts . 16
88
Quest'ultimo elemento , che rivela una tendenza apertamente
apologetica , sarebbe l'indizio più sicuro del carattere pseudepigrafi
co della nostra lettera . Essa addirittura sarebbe stata scritta con l'in
tento di sostituire la prima Lettera ai Tessalonicesi per combatterne
la visione escatologica. In tale ottica la 2Ts si presenterebbe come
l'unica vera e autentica lettera di Paolo ai tessalonicesi . In essa la
lTs sarebbe considerata e presentata come uno scritto pseudopaoli
no per sostenere una pericolosa concezione escatologica in cui si at
tende la parusia come imminente . 17 Questa ipotesi della «polemica»
diretta della 2Ts contro la lTs spiegherebbe il rapporto lessicale e
letterario tra le due lettere . Ma essa non rende ragione del contenu
to specifico della nostra lettera che è connesso con la duplice crisi
esterna e interna dei destinatari . Soprattutto non tiene conto del suo
carattere parenetico che sta sullo sfondo anche delle precisazioni
sulla parusia del Signore e il giudizio di Dio . Più rispondente alla si
tuazione di crisi della comunità è l'ipotesi che la lettera presenti la
«teologia della sofferenza» nel contesto del giusto giudizio di Dio . 18
11
A. LINDEMANN , «Zum Abfassungszweck des zweiten Thessalonikerbriefes» ,
in ZNW 68( 1977), 35-47 ; la tesi di Lindemann era stata proposta alla fine del secolo
scorso da A. HILGENFELD , «Die beiden Briefe an die Thessalonicher>>, in ZWTh
5(1862) , 225-264 ; e all'inizio di questo secolo da H.J. HoLTZMANN , «Zum zweiten
Thessalonicherbrief>> , in ZNW 2(1901 ) , 97-108; la funzione «polemica>> di 2Ts , contro
l'escatologia realizzata e l'interpretazione di Paolo , è proposta anche da: F. W. Hu
GHES , Early Christian Rhetoric and 2 Thessalonians, Sheffield 1989.
18 J . M . BASSLER, <<The enigmatic Sign : 2 Thessalonians 1 ,5>> , in CBQ 46(1984) ,
496-510.
19 J .A. BAILEY , «Who wrote II Thessalonians?», in NTS 25(1978/1979) , 131-145 ;
G.S. HoLLAND, «"A letter supposedly from us" ; a contribution to the discussion
about the authorship of 2Thessalonians», in CoLLINS , a cura di , The Thessalonians
co"espondence, 394-402; F. LAUB, «Paulinische Autoritat in nachpaulinischer Zeit
(2Thes)>> , lbid. , 403-417.
89
paolina si fonda sul fatto che più volte nel nostro scritto si fa riferi
mento all'autorità di Paolo , al suo vangelo , alle tradizioni e norme
che egli ha insegnato e prescritto , al suo esempio autorevole e in
modo esplicito alla sua comunicazione «epistolare» .
A sostegno di questa ipotesi pseudepigrafica si possono richia
mare alcuni degli argomenti di maggior peso , in particolare lo stret
to rapporto della nostra lettera con la prima indirizzata alla chiesa
dei tessai onicesi . La 2Ts per la cornice epistolare dipende letteraria
mente dalla l Ts. Invece per il corpo della lettera si tratta di una di
pendenza eclettica , in quanto l'autore della 2Ts reimpiega in un di
verso orizzonte teologico e spirituale vocaboli , espressioni e catego
rie della prima Lettera ai Tessalonicesi . Questo nuovo contesto teo
logico riguarda in particolare la cristologia , la soteriologia e l'escato
logia . Quest'ultima connotazione , nel clima apocalittico che impre
gna i primi due capitoli della lettera, diventa preponderante .
Per definire l'ambiente di origine della seconda Lettera ai Tessa
lonicesi nell'ipotesi pseudepigrafica resta solo il suo legame con la
prima. La scelta della comunità di Tessalonica come destinataria
della nostra lettera risponde all'esigenza di porre lo scritto sotto
l'autorità di Paolo per rispondere a una nuova situazione che pre
senta degli agganci con quella che si riflette nella prima lettera alla
chiesa di Tessalonica : la parusia del Signore , i tempi e momenti del
la venuta del giorno del Signore , le tendenze a sfruttare la comunità
e il disordine per motivi religiosi e sociali . Questi elementi offrono
lo spunto per affrontare la nuova situazione di crisi di una comunità
cristiana connessa con le «tribolazioni» , l'allarmismo apocalittico e
le tendenze al parassitismo . Non vi sono nel nostro scritto altri ele
menti precisi che consentano di collegarla con la situazione sociale ,
religiosa e culturale dell'ambiente di Tessalonica. 20
Per quanto riguarda il tempo di composizione della nostra lette
ra il limite più basso sarebbe rappresentato dalla Lettera ai Filippesi
di Policarpo , morto verso la metà del II, se si ammette che il vescovo
di Smirne citi o alluda alla nostra lettera (Phil. 111 ,2 ; Xl ,3) . Nell'ipo
tesi della pseudepigrafia la stesura della 2Ts va collocata nella secon-
90
da o terza generazione cristiana quando si va costituendo la tradizio
ne delle lettere di Paolo . In conclusione la seconda Lettera ai Tessa
lonicesi sarebbe stata scritta a nome di Paolo da un suo discepolo in
un ambiente in cui è viva la tradizione paolina e si fa sentire la crisi
connessa da una parte con l'ostilità dell'ambiente e dall'altra con le
tensioni interne nel clima delle attese apocalittiche .
91
(2Ts 2, 10) , soterìa , «salvezza» (2Ts 2, 13) ; «possesso della gloria»
(2Ts 2, 14) ; «consolazione eterna» (2Ts 2, 15) . A questo quadro esca
tologico positivo si oppone quello negativo, in cui si colloca il desti
no di rovina e perdizione riservato agli increduli : «afflizione» (2Ts
1 ,6) , «condanna/castigo» e «rovina eterna» (2Ts 1 ,8 . 9) «perdersi» ed
«essere condannati» (2Ts 2 , 10. 12) .
Questo discorso «escatologico» ha una funzione «parenetica»,
cioè confortare e sostenere l'impegno dei fedeli destinatari della let
tera. Esso si colloca in uno scenario di matrice apocalittica come ri
sulta dal massiccio ricorso alla terminologia corrispondente : apoka
lypsesthai, «rivelarsi» (2Ts 2 ,3 . 6 . 8) ; apokàlypsis , «rivelazione)) (2Ts
1 ,7) , che non ha corrispondenti nella lTs. Si può aggiungere anche
l'utilizzazione della fraseologia biblica del «giudizio di Dio)) (2Ts
l ,8-9) . Ma quello che attira l'attenzione dei lettori è la «piccola apo
calisse)) del capitolo secondo, dedicato a precisare tempi , modi e se
gni del «giorno del Signore», della venuta del Signore Gesù Cristo e
della conseguente riunione dei fedeli con lui (2Ts 2 , 1 -2.3-5 . 6-10) .
Lo scenario apocalittico evocato dal nostro autore è una sintesi
di quello che si trova nella tradizione biblica , nelle apocalissi giudai
che, nelle brevi apocalissi sinottiche e in quella più ampia e sviluppa
ta, posta sotto il nome di Giovanni . La crisi , che precede la venuta
del giorno del Signore e la parusia vittoriosa del Signore Gesù, è
chiamata apostasìa . Questa «apostasia)) etico-religiosa è l'effetto
della seduzione che l'uomo iniquo opera con la potenza di satana
(2Ts 2, 10- 1 1 ) . Essa infatti è connessa con la rivelazione dell'uomo
iniquo , il figlio della perdizione , presentato come l' «avversario))
'
che si innalza contro il mondo divino e si insedia nel suo tempio pre
sentandosi come Dio (2Ts 2,3b-4) . C'è qualcosa o qualcuno - tò ka
tèchon , «ciò che trattiene)) (neutro) o hò katèchon , «colui che trat
tiene)) (maschile) - che impedisce la piena manifestazione del «mi
stero di iniquità))' mystèrion tés anomìas, e dell'iniquo , hò ànomos
(2Ts 2,6b-8a) . Quest'ultimo corrisponde all' «uomo dell'iniquità)),
ànthropos tés anomìas, chiamato anche «figlio della perdizione)) ,
cioè destinato alla rovina (2Ts 2,3b) .
Il quadro apocalittico raggiunge l'apice nello scontro tra la paru
sia del Signore Gesù e quella dell'iniquo che opera «nella potenza di
satana, con ogni specie di portenti, segni e prodigi menzogneri e con
ogni sorte di empio inganno» (2Ts 2,9) . Il centro della miniapocalis
se di 2Ts è costituito dall'annuncio del pieno e totale superamento
delle forze del fronte negativo : «Il Signore Gesù lo distruggerà con il
soffio della sua bocca e lo annienterà con la manifestazione della sua
venuta)) (2Ts 2,8bc; cf. 1 ,8-9) .
92
La storia dell'esegesi si è sbizzarrita nell'identificazione delle fi
gure simboliche utilizzate dal nostro autore . 22 Ma il suo ricorso espli
cito alla fraseologia biblica, al linguaggio e alle categorie della tradi
zione apocalittica invita alla sobrietà teologica e spirituale . Lo sche
matismo «dualistico» del quadro apocalittico di 2Ts 2,3- 1 1 serve a
esaltare il trionfo della potenza e signoria di Dio sulle forze del ma
le . Esso, come in gran parte delle apocalissi giudaiche e cristiane , ha
la funzione di incoraggiare e sostenere l'impegno positivo e la perse
veranza operativa dei credenti .
93
Ma la chiamata alla fede risale all'iniziativa libera e gratuita di
Dio (2Ts 1 , 1 1 ; 2,13-14; 3,4) . L'adesione iniziale di fede deve tradur
si in un impegno pratico, «opera della fede)) (2Ts 1 , 1 1) . Del resto
tutta l'esistenza cristiana è caratterizzata dalla «volontà di bene)) e
dall'impegno a «fare bene)) (2Ts 1 , 1 1 ; 2 , 17; 3 , 14) . Nel contesto della
crisi per le persecuzioni e tribolazioni la fede diventa «costanza)) ,
hypomone, che ha la sua fonte e il suo modello in Cristo (2Ts 1 ,4;
3,5) . In concreto il bene da attuare è definito dall ' agàpe, amore vi
cendevole (2Ts 1 ,3) .
Nel contesto della crisi provocata dall'allarmismo apocalittico ,
che favorisce il parassitismo di alcuni entusiasti , il nostro autore
avverte l'urgenza di richiamare l'esempio e la tradizione autorevole
di Paolo sull'obbligo del lavoro per vivere in pace e in modo ordi
nato (2Ts 3,7-9) . La prescrizione e la relativa esortazione sono date
facendo appello all'autorità del «Signore Gesù Cristo)) (2Ts 3 , 12) .
L'intera comunità deve impegnarsi a far osservare le disposizioni
pratiche sul lavoro per una condotta di vita ordinata, ricorrendo
anche alla separazione dal «fratello)) indisciplinato o ribelle (2Ts
3 , 14-15) .
94
gia di satana (2Ts 2,3b-4 .6-9) . La cristologia del nostro scritto non
va oltre questo ruolo escatologico . Il più delle volte si limita a ripro
durre le formule cristologiche della tradizione associando il «Signore
nostro Gesù Cristo» all'iniziativa e al ruolo di Dio (2Ts 1 , 1b-2. 12;
2, 16) .
Altrettanto sobria è la pneumatologia della nostra lettera. Delle
tre ricorrenze di pnèuma , la prima si riferisce al fenomeno dell'ispi
razione profetica degli apocalittici , considerata con sospetto dal no
stro autore (2Ts 2,2) ; la seconda è posta in relazione con il ruolo di
Gesù nel contesto della sua manifestazione e parusia escatologica :
«il Signore Gesù lo distruggerà con lo spirito della sua bocca» (2Ts
2,8; cf. Is 1 1 ,4) ; la terza è inserita nel contesto dell'iniziativa sal
vifica di Dio che ha scelto i credenti come «primizia per la salvezza
attraverso l'opera santificatrice dello Spirito» (2Ts 2 , 1 3) . Quest'ulti
ma menzione dello Spirito ha una valenza teologica implicitamente
trinitaria perché lo Spirito è posto in relazione con Dio e il Signore
Gesù Cristo (2Ts 2, 13-14) .
Anche l'ecclesiologia della seconda Lettera ai Tessalonicesi .si ri
duce al formulario dell'indirizzo , ricalcato su quello della prima let
tera (2Ts 1 , 1 ) e all'espressione «le chiese di Dio)) , che è ancora una
ripresa dalla stessa tradizione (2Ts 1 ,4; 1Ts 2 , 14) . Come il formula
rio teologico e cristologico tradizionale , così anche queste espressio
ni fanno da cornice al discorso escatologico e parenetico in cui si
concentrano gli interessi vitali del nostro autore .
A uno sguardo complessivo si ha l'impressione che anche il qua
dro escatologico di tinte apocalittiche in realtà sia subordinato alle
preoccupazioni di carattere pratico ed esortativo . L'autore della se
conda Lettera ai Tessalonicesi , che si richiama in modo esplicito alla
tradizione autorevole ed epistolare di Paolo , ai cristiani turbati per
le tribolazioni e confusi per il clima di allarmismo e di disordine pro
vocato da alcuni ispirati , propone un impegno di vita ordinata come
attuazione della chiamata di Dio «per il possesso della gloria del Si
gnore nostro Gesù Cristo)) (2Ts 2 , 14) .
95
IV
La Lettera ai Colossesi
97
Laodicea (Col l ,24 .29 ; 2 , 1 ) . La somiglianza con la Lettera ai Filip
pesi , dove in un contesto di prigionia Paolo parla di «lotta» che ora
egli sostiene , accredita l'ipotesi che anche in Colossesi vi sia un'allu
sione alla condizione dell'apostolo «prigioniero» .
Una conferma di questa immagine di Paolo «prigioniero» del
Signore o per il vangelo si ha nella Lettera agli Efesini e nella
seconda Lettera a Timoteo. Nello scritto indirizzato ai «santi che
sono in Efeso» , Paolo si autopresenta come «prigioniero di Cristo ,
hò dèsmios toù Christoù» , per i pagani e «il prigioniero del Signore ,
hò dèsmios èn Kyrìo-i» (Ef 3 , 1 ; 4 , 1 ) . Alla fine l'apostolo esorta i
destinatari della lettera e pregare anche per lui , «perché quando
apro la bocca mi sia data una parola franca per far conoscere il
mistero del vangelo , del quale sono ambasciatore in catene , èn haly
sei» (Ef 6, 19-20) .
Nella seconda Lettera a Timoteo l'immagine di Paolo «prigio
niero» per il vangelo o per Cristo fa da cornice al discorso testamen
tario dell'apostolo alla vigilia della sua morte . Egli invita il discepolo
a non vergognarsi della testimonianza da rendere al Signore nostro
«né di me che sono in catene per lui, tòn dèsmion autoù» (2Tm l ,8) .
Fa perciò l'elogio di Onesìforo che lo ha confortato e non si è vergo
gnato delle sue catene, t�n hàlysin moù (2Tm 1 , 16) . Esorta ancora
Timoteo a ricordarsi che Gesù Cristo è risuscitato dai morti «Secon
do il mio vangelo a causa del quale io soffro fino a portare le catene
come un malfattore» (2Tm 2,8-9) .
Un'ulteriore conferma dell'immagine tradizionale di Paolo «pri
gioniero» si ricava dagli Atti degli apostoli, dove il lessico della «pri
gionia» è riservato al caso di Paolo. Delle 16 ricorrenze del termine
dèsmios «prigioniero» nel NT, 1 1 sono complessivamente connesse
con la condizione dell'apostolo Paolo. Di queste ultime sei si trova
no negli Atti degli apostoli (At 16,25 . 26; 23 ,28; 25 , 14.27; 28 , 17).
Analogamente delle cinque ricorrenze del vocabolo dèsmos, «cate
na/legame» , negli Atti degli apostoli - 18 volte nel NT - quattro
sono in rapporto con lo stato di detenzione di Paolo. Anche il verbo
dèsthai, «essere legato» in quattro casi si riferisce a Paolo in stato di
arresto o prigioniero (At 21 , 1 1 . 13.33 ; 22 ,29 ; 24.27) . Lo stesso vale
per il sostantivo hàlysis «catena» , che in due casi su quattro è riferito
alla condizione di Paolo prigioniero (At 21 ,33 ; 28 ,20) . 1
1 È assente nel gruppo delle «lettere della prigionia» il termine che invece ricor
re nell'elenco delle peripezie di Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi : «nelle prigio
nie», èn phylakàis (2Cor 6,5; 1 1 ,23); cf. At 16,23.24.27.37.40.
98
In breve si può dire che la Lettera ai Colossesi si inserisce nella
tradizione cristiana ormai consolidata che presenta Paolo non solo
come l'apostolo incaricato da Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore
di proclamare il vangelo ai popoli , ma come il «prigioniero» che af
fronta il carcere per restare fedele al suo compito di apostolo , pro
clamatore del vangelo di Gesù Cristo . In questa prospettiva rientra
no anche le sue sofferenze e la sua lotta per portare a compimento la
sua missione di apostolo , prototipo di fedeltà coraggiosa e perseve
rante per le singole comunità e per tutti i cristiani . L'autore della
Lettera ai Colossesi rimanda a questa immagine autorevole di Paolo
«apostolo)) e «prigioniero)) per il vangelo allo scopo di riproporre ai
destinatari la solida e sicura tradizione della fede in Gesù Cristo .
a) Le caratteristiche lessicali
In via preliminare si può dire che la Lettera ai Colossesi rispetto
all'epistolario paolino e agli scritti del Nuovo Testamento ha una
identità ben marcata. Essa infatti si distingue per il numero relativa
mente alto - 34 - di hapaxlegòmena neotestamentari , cioè con
tiene 34 vocaboli che non ricorrono altrove nel NT. Essi sono così
distribuiti: 7 nel primo capitolo ; 17 nel secondo ; 8 nel terzo ; 2 nel
quarto . Va subito segnalato che il secondo capitolo è quello che
99
anche sotto l'aspetto lessicale definisce la specificità della nostra let
tera .
Se ne ha una conferma dal rilevamento dei 28 hapaxlegòmena
paolini , cioè dei termini che ricorrono solo nella nostra lettera e non
nel resto dell'epistolario paolino , escluse le lettere pastorali e la se
conda Lettera ai Tessalonicesi . La loro distribuzione nei quattro ca
pitoli è la seguente: 6 nel primo ; 1 1 nel secondo ; 5 nel terzo ; 6 nel
quarto . A fronte di questa caratteristica lessicale · «non-paolina)) di
Colossesi va menzionata la presenza di 1 1 termini che essa ha in co
mune con il gruppo delle lettere autentiche di Paolo , senza riscontro
negli altri scritti del NT. Infine merita di essere evidenziata la singo
lare affinità terminologica della nostra lettera con quella agli Efesi
ni: 10 vocaboli di Colossesi hanno un corrispondente solo in Efesini ;
invece 14 termini di Colossesi in comune con Efesini non si trovano
nell'epistolario autentico paolino , ma solo negli altri scritti del NT.
Riassumendo : la situazione lessicale della Lettera ai Colossesi ,
posta a confronto con le altre lettere dell'epistolario paolino e con
gli scritti del NT, presenta questo quadro:
- hapaxlegòmena rispetto al NT 34
- hapaxlegòmena rispetto all'epistolario paolino 28
- lessico di Col//Ef in comune con il NT, escluso Paolo 14
- lessico di Col in comune con l'epistolario paolino 11
- lessico di Col in comune con Efesini 10
100
plessive nel NT, compresa la Lettera agli Efesini (Ef 2 , 15). Lo stesso
discorso vale per il verbo pistèuein , «credere» , che non si trova mai
nella nostra lettera , contro le 54 ricorrenze nell'epistolario paolino
autentico sulle 241 complessive nel NT. Nella Lettera ai Colossesi
come in Efesini si trova invece il sostantivo pìstis, «fede» (Col 5 vol
te ; Ef 8 volte) . Merita una segnalazione a parte l'uso del vocabolo
hamartìa , «peccato» , che nell'epistolario paolino ricorre quasi sem
pre al singolare he hamartìa (64 volte in Paolo , di cui 57 volte al sin
golare ; 7 al plurale) . Nella nostra lettera compare una sola volta al
plurale in una formula di carattere tradizionale , Col 1 , 14.
È singolare anche l'uso dell'appellativo adelphòs «fratello» , rife
rito ai membri della comunità cristiana. La nostra lettera conosce e
adopera cinque volte questa qualifica che si trova con frequenza nel
l'epistolario paolino : 1 1 3 volte nelle lettere paoline autentiche e una
ventina nelle altre su 343 ricorrenze complessive del NT. In oltre la
metà delle ricorrenze Paolo si rivolge con l'appellativo adelphòi
(moù) ai destinatari della lettera. Nella Lettera ai Colossesi , come
del resto in Efesini e nelle pastorali , si evita questo modo di interpel
lare i destinatari come «fratelli» .
Infine attira l'attenzione un tratto distintivo che la Lettera ai
Colossesi ha in comune con l'epistolario paolino: la preferenza per
i verbi e vocaboli composti . Va segnalata la duplice ricorrenza dei
verbi bicomposti : apokatallàssein , «riconciliare», Col 1 ,20.22 ; e
analogamente del verbo apekdyesthai, «spogliarsi» , Col 2,15 ; 3,9;
antanapleroùn , «dare pieno compimento», Col 1 ,24; del sostantivo
antapòdosis , «ricompensa» , Col 3 ,24. A questi vanno aggiunti i
verbi e i sostantivi composti con la particella greca syn : syn-egèi
resthai, «con-risorgere» (Col 2,12; 3 , 1 ) ; syn-zoopoioùn , «con-vivifi
care» (Col 2, 13) ; syn-doùlos, «con-servo» (Col 4,7) ; syn-aichmà/6-
tos , «con-prigioniero)) . La preferenza per i termini composti contri
buisce a creare una certa ridondanza che caratterizza lo stile della
nostra lettera .
Un ulteriore dato lessicale che contraddistingue la Lettera ai Co
lossesi è l'assenza di alcune congiunzioni tipiche del dettato paolino
nelle lettere autentiche . Tra queste vanno segnalate : la forma com
parativa o di contrapposizione (pollo-i) màllon , «(molto di) più»,
«piuttosto)) ; où mònon . . . a/là kài, «non solo . . . ma anche)); la nega
zione rafforzata, oudè/oùte/oukètilmekèti, «non/né/non più/non an
cora)) ; sono assenti anche le particelle che formano il tessuto connet
tivo del discorso paolino: diòldiòtilàra oùn , «perciò , poiché , dun
que)) ; quelle che introducono le proposizioni condizionali: èiper,
101
«Se»; èi tìs, «Se qualcuno» ; èipos , «Se in qualche modo». La presenza
o assenza di queste congiunzioni e particelle nello scritto di Colasse
si attiene al suo profilo stilistico .
102
èn , «in», (87 volte contro le 64 della Lettera ai Filippesi di uguale
ampiezza) e katà , «Secondo» (13 volte contro le 1 1 di Filippesi) . È
frequente anche il ricorso al genitivo subordinato , esso pure dispo
sto in serie o a cascata. L'effetto di ridondanza di queste costruzioni
è accentuato in alcuni casi dalle affinità fonetiche dei vocaboli con
effetto di paranomasia. Un esempio preso dalla preghiera iniziale
conferma queste particolarità stilistiche della nostra lettera: «Noi
rendiamo continuamente grazie a Dio . . . nelle nostre preghiere per
voi . . . in vista della speranza . . . (della quale) voi avete già udito l'an
nunzio dalla parola di verità del vangelo , che è giunto fino a voi co
me pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa, en Lògo-i tes ale
thèias toù euaggelìou toù paròntos èis hymàs . . . karpophoroùmenon
kài auxàmenon» ( 1 ,5-6a) .
Lo stile della preghiera viene ripreso , dopo qualche versetto di
carattere epistolare , in questo modo : «Perciò anche noi. . . non ces
siamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una conoscenza
piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale . . .
portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di
Dio, rafforzandovi con ogni energia . . . per poter essere forti e pa
zienti in tutto , proseuchòmenoi kài aitoùmenoi . . . èn pàse-i sophìa-i
kài synèsei pneumatike-i. . . en pànti èrgo-i agatho-i karpophoroùntes
kài auxàmenoi . . . èn pase-i dynàmei dynamoùmenoi katà tò kràtos tes
dòxes . . . èis pàsan hypomenèn kài makrothymìan» (1 ,9- 1 1 ) .
Nel testo citato colpisce l a concentrazione dell'aggettivo
pàslpantòs , «tutto», che nelle sue diverse forme grammaticali ricorre
complessivamente 39 volte nella Lettera ai Colossesi. Esso con
tribuisce assieme agli altri elementi rilevati sopra all'effetto di ampli
ficazione ridondante non solo nei testi di preghiera, ma anche in
quelli di carattere espositivo e parenetico : «la parola di Cristo dimo
ri tra voi abbondantemente ; ammaestratevi e ammonitevi con ogni
sapienza , èn pàse-i sophìa-i didaskòntes kài nouthetoùntes, cantando
a Dio di cuore e con gratitudine salmi , inni e cantici spirituali . E tut
to quello che , pàn hò eàn , fate in parole e opere , tutto , pànta , si
compia nel nome del Signore Gesù Cristo , rendendo per mezzo di
lui grazie a Dio Padre» (Col 3, 16-17) . Forse è proprio in questo con
testo orante di carattere liturgico che si deve cercare la matrice
dello stile solenne e ieratico tipico di alcune sezioni della Lettera ai
Colossesi.
A un'analisi del nostro testo sotto il profilo letterario si scopre
che l'impianto epistolare si sposa con elementi di altro genere . Rien
trano nella cornice epistolare - mittente , destinatari e saluto -
103
i primi due versetti ( 1 , 1-2) . Anche il versetto conclusivo del capitolo
quarto si inserisce in questo schema protocollare delle lettere (4 , 1 8) .
Al genere epistolare appartengono i versetti della seconda parte del
capitolo quarto , dove si trasmettono le informazioni relative all'apo
stolo mittente e si scambiano i saluti (4,7-17) . In questo contesto di
dialogo epistolare si presentano i collaboratori dell'apostolo e si fan
no alcune esortazioni o inviti di carattere pratico-pastorale ( 4, 12-
13. 17) . Un altro tratto del genere epistolare della tradizione paolina
è rappresentato dalla preghiera di ringraziamento , che fa seguito al
l'intestazione e sfocia nella preghiera di invocazione (1 ,3-1 1 ) .
A sua volta quest'ultima riprende i l tema iniziale del «ringrazia
mento» per introdurre un brano di prosa ritmica che risente del ge
nere ionico ( 1 , 12) . Sulla base delle sue peculiarità stilistiche la com
posizione di Col l , 15-20 è assimilabile ai salmi biblici o ai brani poe
tici in cui si tesse l'elogio della sapienza ( Pr 8,22-31 ; Sir 24, 1 -22 ; Sap
7,22-8, l). Essa rivela una certa affinità anche con «salmi» o «inni» ,
hodayòt, trovati nelle grotte di Qumran . Il brano ionico è connesso
con il contesto precedente di preghiera mediante due versetti poetici
di transizione ( 1 , 13-14) . Esso si prolunga nella sezione successiva ,
dove nello stile del dialogo epistolare se ne fa l'applicazione ai desti
natari in forma di istruzione ed esortazione pratica (1 ,21-23).
Lo stile epistolare fa da cornice all'autopresentazione dell'apo
stolo, «ministro del vangelo», che lotta per portare a compimento la
sua missione a favore dei destinatari (1 ,24-2,5). In questa sezione le
espressioni di stile cherigmatico e catechistico si alternano a quelle
di carattere parenetico . La stessa alternanza è presente anche nella
sezione successiva. Gli inviti e le esortazioni , con i verbi all'impera
tivo sono intervallati da formule di fede cristologica e da amplia
menti catechistici sull'esperienza battesimale ed ecclesiale segnalate
dalle forme verbali all'indicativo (2 ,6-23) .
Ben diverso è il tono del capitolo terzo, dove prevalgono i verbi
all'imperativo . Il contenuto dellà parenesi è dato da elenchi di «vizi»
da evitare e «virtù» da praticare . Il catalogo negativo segnala due se
rie di 5/6 vizi (3 ,5.8). Quello positivo raccomanda sei qualità da per
seguire con un comportamento corrispondente (3,12. 14) . Dello stes
so stile di «elencazione» seriale risente anche il quadro della vita co
munitaria proposto come ideale in Col 3, 16-17.
In questo contesto fa la sua comparsa un esempio di quello che si
è soliti chiamare «tavola dei doveri» o «codice familiare» . Si tratta di
un elenco dei doveri dei componenti della famiglia, disposti in forma
abbinata secondo i rispettivi ruoli-relazioni : mogli-mariti ; figli-geni-
104
tori ; servi-padroni (3 ,18-4 , 1 ) . La breve esortazione con il verbo al
l'imperativo è seguita da alcune espressioni all'indicativo che la am
plificano o ne danno la motivazione . Lo stile parenetico si riscontra
anche nei primi versi del capitolo quarto , dove le forme verbali im
perativo-indicativo si alternano come nella sezione precedente .
A questo punto si innesta l'ultima parte che riprende più esplicita
mente il dialogo epistolare .
In breve si ha l'impressione che nella Lettera ai Colossesi il ge
nere epistolare si impasti con altri elementi di carattere parenetico o
esortativo, con intermezzi di stile cherigmatico e catechistico .
105
Recentemente accanto ai criteri stilistici e letterari per ricostrui
re la composizione del testo della Lettera ai Colossesi si fa riferi
mento all'analisi retorica che tenta di individuare nel nostro testo al
cuni elementi del «discorso» deliberativo classico : l'annuncio tema
tico (partitio) , l'argomentazione ( argumentatio) o dimostrazione
(probatio) , l'appello attuativo (peroratio) o esortazione pratica (ex
hortatio) . Ecco due esempi di struttura del testo di Colossesi in cui si
fa ricorso al modello retorico:4
4 M. WaLTER, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon (GTB 519) , Gii
tersloh - Wiirzburg 1993 , 1 14- 1 15 ; J . -N. ALETII , Saint Pau! Épftre aux Calassiens
( É B , NS 20) , Paris 1993 , 39; tr. it . , Lettera ai Calassesi (Scritti delle Origini cristiane
12) , Bologna 1994.
106
riprendono e riassumono alcuni motivi . Esso si articola in tre temi ,
che nel seguito del testo sono svolti in ordine inverso : a) l'opera di
Cristo per la santità dei credenti (1 ,21-22//3 , 1-4 , 1 ) ; b) la fedeltà al
vangelo ( 1 ,23a//2,6-23) ; c) il vangelo annunciato da Paolo
( 1 ,23b/11 ,24-2 ,5) .
Per W. Wolter invece la partitio si ha nel breve sommario di Col
2,6-8, dove gli imperativi anticipano lo sviluppo in ordine rovesciato
delle due fasi dell'argomentazione nel seguito della lettera: l) «cam
minate dunque nel Signore Gesù Cristo» (2,6a//3 ,5-4,6) ; 2) «badate
che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati :
a) alla tradizione umana secondo gli elementi del mondo» (2,16-23) ;
b ) «e non secondo Cristo» (2,8//2,9-15) . La parte centrale e decisiva
del discorso , la argumentatio della retorica classica, si compone di
due momenti : presentazione della posizione dell'autore , probatio
(2 ,9-15) ; confutazione degli argomenti della controparte , refutatio
(2,16-23) . A questa sezione argomentativa fa seguito quella pratica
applicativa che nel modello retorico corrisponde alla exhortatio
(3 ,5-4 ,6) . I primi versetti del capitolo terzo invece svolgono la fun
zione della peroratio , che riassume il discorso precedente in vista di
una decisione coerente con esso (3, 1-4) .
Il ricorso al modello retorico offre una chiave utile per ricostrui
re la struttura della nostra lettera a partire dal secondo capitolo . In
vece il primo capitolo , considerato nelle due ipotesi succitate rispet
tivamente come proemium o exordium , non risulta ben integrato
con l'insieme . Inoltre non si capisce qual è la funzione di quella par
te che Wolter chiama «autopresentazione dell'autore» e che Aletti
considera invece come primo argomento della probatio : «la lotta di
Paolo per il vangelo» (1 ,24-2,5). Per cogliere la struttura del nostro
testo, che si presenta come una «lettera>> , è bene tenere presente ol
tre al modello retorico anche quello epistolare . Esso nella tradizione
paolina assume una forma peculiare che si riflette nella Lettera ai
Colossesi posta sotto il nome di Paolo e del suo discepolo Timoteo .
In via preliminare sono da chiarire la funzione e l'articolazione
dell' «esordio>> o «proemio» rispetto alla parte centrale o corpo della
lettera (1 ,3-23 ) . Questi versetti , che fanno da ponte tra l'intestazio
ne della lettera e l'autopresentazione di Paolo , contengono elementi
che si ispirano sia al dialogo epistolare sia al genere cherigmatico e
parenetico . A un'analisi più dettagliata il brano di apertura di Col
l ,3-23 si presenta con questa articolazione :
a) primo ringraziamento per la condizione spirituale dei destina
tari , che hanno ricevuto con frutto l'annuncio del vangelo , 1 ,3-8 ;
107
b) preghiera per la loro crescita nella conoscenza della volontà
di Dio , 1 ,9- 1 1 ;
c) secondo ringraziamento per l'azione di Dio Padre che ha tra
sferito i credenti dal potere delle tenebre nel regno del suo Figlio
amato , 1 , 12-14;
d) inno celebrativo del ruolo primaziale del Figlio nella creazio
ne e nella riconciliazione , l , 15-20 ;
e) la riconciliazione dei destinatari implica che essi restino saldi
nella fede e fermi nella speranza del vangelo , del quale Paolo è co
stituito ministro , l ,21-23 .
108
le ènlèis. L'effetto di amplificazione è suggerito dall'accostamento
abbinato dei sinonimi e dalla frequenza dell'aggettivo pàs, che ricor
re quattro volte in due versetti ( 1 , 10-1 1 ) . È da segnalare anche la ri
presa in questo contesto dei due participi karpophoroùntes kài auxà
menoi, «portando frutto e crescendo» , già utilizzati nel primo rin
graziamento per indicare l'azione efficace dell'evangelo (1 ,6a. 10b) .
Il secondo ringraziamento ha come oggetto l'azione del Padre a
favore dei credenti abilitati a prendere parte all'eredità dei santi nel
la luce . Esso si prolunga in una breve confessione di fede in cui si
presenta l'opera del Padre come liberazione dei credenti dal «potere
delle tenebre» e trasferimento nel «regno del Figlio» del suo amore .
Questo passaggio viene esplicitato come «redenzione e remissione
dei peccati» ( 1 , 12-14) . Il brano ruota attorno all'area semantica del
processo di «liberazione/redenzione» , richiamato dal verbo rhyest
hai, «liberare», dai sostantivi apolytr6sislàphesis, «redenzione», «re
missione» . È evidente anche il contrasto tra il «potere delle tenebre»
e i «peccati» da una parte e l'eredità dei santi nella «luce» e il «regno
del Figlio del suo amore» dall'altra.
Sulla figura e il ruolo del «Figlio» si innesta la composizione inni
ca in due strofe , introdotte dal relativo hòs estìn ( 1 , 15a. l8b) . La di
sposizione binaria del testo è confermata dalla duplice motivazione
che introduce , dopo la frase iniziale, i rispettivi sviluppi tematici : il
ruolo primaziale del Figlio in tutta la creazione (1 , 15-18a) ; il ruolo
primaziale del Figlio nel processo di riconciliazione universale
( 1 , 18b-20) . La prima strofa risulta un po' appesantita dalla ripresa
tematica negli ultimi versi introdotti dal duplice kài autòs estìn (l , 17-
18a) . Essi potrebbero essere considerati come una sintesi dei prece
denti in funzione di raccordo con la seconda strofa. 5 La struttura del
l'inno dunque può essere ricostruita in questo modo :6
109
l. Primato di Cristo nella creazione, 1 , 15-lSa:
a) annuncio tematico con due titoli : «immagine di Dio» , e «pri
mogenito di tutta la creazione» , 1 , 15;
b) motivazione e sviluppo : «tutto è stato creato per mezzo di lui
e in vista di luh> , 1 , 16;
c) sintesi e raccordo : ruolo e posizione nel creato e nel cor
po/chiesa, 1 , 17-lSa.
Il. Primato di Cristo nella riconciliazione-pacificazione, l , lSb-20:
a) annuncio tematico con due titoli : «principio e primogenito
dei morti» , 1 , 18b ;
b ) motivazione e sviluppo: «in lui si compiacque di (far) abitare
ogni pienezza , riconciliare e pacificare tutte le cose», 1 , 19-20 .
La sezione successiva si distingue per stile e genere letterario
dalla composizione innica. In essa si riprende il dialogo epistolare ,
accentuato alla fine dalla menzione del mittente «Paolo» , l ,23c. Ma
nello stesso tempo è innegabile la sua affinità lessicale e tematica
con l'inno . I destinatari della lettera sono inseriti nel processo di ri
conciliazione che li ha fatti passare dalla condizione di «Stranieri e
nemici» d'un tempo a quella attuale di «riconciliati per mezzo della
morte del suo corpo di carne» (1 ,21-22a) . L'effetto e lo scopo di
questo passaggio sono espressi da una proposizione infinitiva: «per
presentarvi santi , immacolati e irreprensibili al suo cospetto»
( 1 ,22b) . Viene quindi indicata la condizione per raggiungere questo
obiettivo . Essa è nello stesso tempo un programma di vita e un ap
pello: «purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate al
lontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato ,
il quale è stato annunciato a ogni creatura sotto il cielo e di cui io ,
Paolo , sono diventato ministro» ( 1 ,23).
In questa sezione da una parte si avverte la ripresa di alcune
espressioni del ringraziamento e della preghiera iniziali e dall'altra si
annuncia il ruolo di Paolo nella proclamazione del vangelo . La sua
esplicita autopresentazione , ego Pàulos , e la sua qualifica «diàkonos
del vangelo» , introducono la nuova sezione . Essa ruota attorno alla
figura di Paolo , diàkonos della chiesa, corpo di Cristo , conforme al
la missione ricevuta da Dio a favore dei destinatari : «compiere la
sua parola , il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora
manifestato ai suoi santi , ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa
ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani ; cioè Cristo in voi ,
speranza della gloria» ( 1 ,25-27) .
Il vocabolo mystèrion nella Lettera ai Colossesi , se si esclude la
ripresa della formula «mistero di Cristo» in Col 4,3, è concentrato in
1 10
questa sezione (1 ,26.27; 2,2) . Assieme ai verbi e sostantivi che vi so
no associati - phaneroùsthai, «manifestarsi» ; gnorìzein, «far cono
scere» ; epìgnosis, «conoscenza» - il «mistero» definisce il campo
semantico dell'intera pericope . Esso si interseca con quello del ruolo
e dell'azione di Paolo che soffre , si affatica e lotta per «ammonire e
istruire ogni uomo con sapienza per rendere ciascuno perfetto in
Cristo» (1 ,28-29) . Lo scopo ed esito del suo impegno coincidono con
la conoscenza del «mistero Dio», che è «Cristo in voi» o «Cristo, nel
quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza»
(1 ,27b ; 2,2b-3a) . La sezione è ben definita dall'inclusione segnalata
dalla dichiarazione di Paolo : «Sono lieto, chàiro , nelle sofferenze
che sopporto per voi . . . gioisco , chàiron , nel vedere la vostra condot
ta ordinata e la saldezza della vostra fede» ( l ,24a; 2,5b ) .
In questa sezione dunque Paolo stesso presenta il suo ruolo e im
pegno per il servizio del vangelo e della chiesa allo scopo di realizza
re il «mistero>> di Cristo . Negli ultimi due versetti si annuncia la se
zione seguente. L'invito conclusivo di Paolo ai destinatari: «Dico
questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenth> , prepara
l'appello successivo : «Badate che nessuno vi inganni con la sua filo
sofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli
elementi del mondo e non secondo Cristo>> (2,4.8) . La sua dichiara
zione finale di compiacimento per la loro «condotta ordinata e la sal
dezza della fede in Cristo>> prelude all'esortazione programmatica
che segue immediatamente : «Come dunque avete ricevuto il Cristo
Gesù Signore , in lui camminate , ben radicati e fondati in lui , saldi
nella fede come vi è stato insegnato , abbondando nell'azione di gra
zie>> (2,5 .6-7) . La particella oùn , «dunque>> , del versetto 2,6 segnala
l'inizio di una nuova sezione , dove le esortazioni e gli appelli si alter
nano alle motivazioni e sviluppi tematici relativi al ruolo di Cristo .
In un quadro sintetico questa è la struttura del nostro brano :
111
ricorre solo in queste due sottosezioni della nostra lettera (2,8c.
20a) . In ambedue i casi essa indica un ambito contrapposto alla rela
zione con Cristo. Il rischio della seduzione deviante nel primo caso è
chiamato «philosophìa» e vuoti raggiri ispirati alla tradizione degli
uomini , paràdosis ton anthropon (2,8a) ; nel secondo caso si dice che
i vari divieti ascetici sono «prescrizioni e insegnamenti di uomini , tà
entàlmata kài didaskalìai ton anthrop6n» (2,22b) . A sua volta la coe
renza tematica della seconda esortazione è data dal richiamo alla du
plice serie di divieti che vengono squalificati in relazione all'unico
ruolo salvifico di Cristo (2, 16-17.20-21) . Inoltre le pratiche alternati
ve alla relazione vitale con Cristo in ambedue i casi sono presentate
con una terminologia analoga : tapeinophrosyne, «umiltà» , e (ethelo)
threskèia «(affettata) religiosità» (2 ,18.23).
Ma la tonalità semantica dell'intera sezione è data dalla presen
tazione del ruolo di Cristo e della relazione vitale dei credenti uniti a
lui mediante l'immersione battesimale . In apertura della nostra sot
tosezione si riprende e precisa un'espressione della seconda strofa
dell'inno cristologico : «in lui (Cristo) abita corporalmente tutta la
pienezza della divinità, èn auto-i katoikèi pàn tò plèroma tes theòte
tos» , (2,9) . Anche l'immagine di «capo», kephalè , riferita al ruolo di
Cristo rispetto a ogni principato e potestà, rimanda al linguaggio
dell'inno (2, 10b ; 1 , 16c. 18a) . La stessa immagine del «capo» , con
nessa con il «corpo» di Cristo , ritorna nella seconda sottosezione
esortativa: dal Cristo , capo , «tutto il corpo riceve sostentamento e
coesione per mezzo di giunture e legami , realizzando così la crescita
secondo il volere di Dio» (2,17c. 19) .
Quello che attira l'attenzione in questa parte della Lettera ai Co
lossesi è la forte accentuazione del rapporto vitale dei credenti bat
tezzati con Cristo ; rapporto espresso mediante le particelle greche
ènlèislsyn , associate ai verbi composti syntaphèin , «con-seppellire»
(2, 12a) ; synegèiresthai, «con-risuscitare>> (2, 12; 3 , 1a) ; synzoopoièin ,
«con-vivificare» (2 , 13b ) . Questi verbi esprimono l'efficacia salvifica
della morte e risurrezione di Cristo a favore dei battezzati . Dio ha
perdonato tutti i loro peccati , «annullando il documento scritto del
loro debito . . . egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce»
(2 , 13-14) . Anche questa esplicita menzione della «croce» , stauròs ,
rimanda a un'espressione dell'inno cristologico relativa all'efficacia
redentrice della morte di Cristo ( 1 ,20) .
Il polo alternativo a Cristo è rappresentato dai «principati e po
tenze , archài kài exousìai» - menzionate due volte (2, 10b. 15a) - e
dal culto degli «angeli» . Con questo ambito sono connesse le osser-
1 12
vanze e i divieti considerati precetti e insegnamenti di uomini, «che
hanno la parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità, umil
tà e austerità riguardo al corpo , ma in realtà non servono che per
soddisfare la carne>> (2 ,23) . Tra le pratiche poste sotto accusa rientra
anche la «circoncisione» , che consiste nella «spoliazione del corpo di
carne» , contrapposta alla «circoncisione di Cristo», «non fatta da
mano di uomo» (2, 1 1 ) .
I n questo quadro antitetico si comprendono gli accenti polemici
che nella nostra sezione assumono non solo le esortazioni pratiche ,
ma anche gli sviluppi e le motivazioni cristologiche . A questo
duplice orientamento si ispira anche l'inizio del capitolo terzo che
fa da raccordo tra la sezione cristologica e quella successiva di
carattere decisamente parenetico (3 , 1-4) . I due verbi all'indicativo
synergèrthetelapethànete, «siete risorti con/siete morti» con Cristo ,
rimandano all'evento fondante dell'esperienza cristiana rievocata
nel centro della sezione . La coppia di imperativi , zetèite/phronèite ,
«cercate/pensate», ne traggono le conseguenze sul piano esisten
ziale e anticipano la serie di esortazioni pratiche della sezione suc
cessiva (3 ,1-3) . In questo contesto risulta nuova la coppia verbale
krypteinlphaneroùsthai, che richiama il lessico del «mistero» di Cri
sto (3 ,4) .
Una nuova sezione è introdotta dall'invito iniziale : «Mortificate
dunque le. membra che sono sulla terra» (3,5) . Il verbo nekroùn e
l'immagine delle «membra sulla terra» rimandano al lessico e al qua
dro simbolico precedente : «pensate alle cose di lassù e non a quelle
della terra ; voi infatti siete morti . . . » (3 ,2-3a) . Ma il testo si sviluppa
sul versante parenetico come lascia capire la serie di imperativi :
«Ora invece deponete , nynì dè apòthesthe . . . » ; «non mentitevi , mè
psèudesthe . . . » ; «rivestitevi dunque , endysasthe oùn . . . » (3,8a.
9a. 12a) . Questi inviti si prolungano nell'elenco dei doveri familiari ,
pure scanditi da una serie di imperativi : «Voi mogli , state sottomes
se , hypotàssesthe . . . » ; «voi mariti , amate , agapàte . . » ; «voi figli , ob
.
113
del «mistero di Cristo» , per il quale si trova in catene (4,3-4) . Que
sto accenno autobiografico sul finire della sezione parenetica, antici
pa il tema della sezione successiva, riservata alle informazioni e ai
saluti .
Infatti l'ultima sezione si apre con tre versetti dedicati alla comu
nicazione epistolare: presentazione dei collaboratori inviati e incari
cati di trasmettere le informazioni sul mittente . Il brano si apre e
chiude con il verbo gnorìzein , «far conoscere» (4 ,7-9) . Le altre sot
tosezioni sono scandite dal verbo aspàzesthai, «salutare» , all'indica
tivo o imperativo (4,10a . 12a. 14a . 15a) . Non mancano alcune brevi
esortazioni o inviti suggeriti dal ruolo o compito dei personaggi
menzionati nella lista dei saluti (4, 12. 14. 16-17) .
Al termine di questa analisi degli elementi lessicali , semantici,
stilistici e letterari che definiscono la trama minuta del nostro testo ,
si può proporre in forma riassuntiva la sua struttura:
Cornice epistolare: mittenti , destinatari , saluto 1 , 1-2
Preghiera di apertura e annuncio tematico 1 ,3-23
l. Il ruolo di Paolo nell'annuncio del «mistero» 1 ,24-2,5
Il . L'unione battesimale a Cristo morto e risorto al
ternativa alle osservanze e pratiche connesse con
il culto degli angeli 2,6--3 ,4
III . Programma di vita spirituale e doveri familiari 3,5-4,6
Cornice epistolare: informazioni e saluti 4�7-18
114
Vi si riscontrano invece almeno nove allusioni a testi dell'AT, me
diante la ripresa di espressioni uguali o affini a uno o più testi biblici .
Ecco l'elenco di queste allusioni ai testi dell'AT nella Lettera ai Co
lossesi :
115
È innegabile la parentela della Lettera ai Colossesi con le altre
lettere del corpus paolino. In primo luogo va rilevato che lo schema
e il frasario della «cornice epistolare» di Colossesi sono un calco di
quelli presenti nelle altre lettere di Paolo : Col 1 , 11/lCor 1 , 1 ; Col
1 ,2//Rm 1 ,7; Col 4, 18//1Cor 16,2 1 . 23a. Ma quello che attira l'atten
zione è la singolare parentela di Colossesi con la Lettera ai Romani .
Infatti si possono rilevare almeno 18 punti di contatto tra i due scrit
ti , di cui sei nel capitolo secondo e terzo di Colossesi . Segue la prima
Lettera ai Corinzi con la quale la nostra lettera ha nove testi affini .
Ma in termini di proporzionalità è più rilevante il confronto tra Co
lossesi e la Lettera ai Filippesi di uguale ampiezza: le allusioni al te
sto di Filippesi sono complessivamente sette , di cui tre nel capitolo
primo: Col l ,9-10//Fil l ,27 ; Col l ,29//Fil 4,13; Col 3 ,4//Fil l ,21 ; 3 ,21 .
Va segnalata infine l'impressionante corrispondenza tra il testo
di Colossesi e la piccola Lettera a Filemone soprattutto nella sezione
dei saluti finali . E. Lohse rileva che quasi tutti i nomi che compaiono
nella Lettera ai Colossesi nella sezione finale sono presenti nella
Lettera a Filemone :8
Colossesi Filemone
1,1: Paolo, «apostolo di Cristo Gesù» l
1,1: Timoteo , «il fratello» l
4,7: Tichico , «il caro fratello e ministro fedele
mio compagno nel servizio del Signore» -
4,9: Onèsimo : «il fedele e caro fratello» 10- 1 1
4, 10: Marco , «il cugino di Barnaba» 24
4,10: Aristarco , «mio compagno di carcere» 24
4, 1 1 : Gesù , «chiamato Giusto» 23 (Cristo) Gesù (?)
4,12: Èpafra ( 1 ,7) , «Servo di Cristo Gesù» 23
4. 14: Luca , «il caro medico» 24
4,14: Dema 24
4,15: Ninfa
4,17: Archippo : «considera il ministero che
hai ricevuto nel Signore . . . » 2
8 E. LoHSE , «La lista dei saluti nella lettera a Filemone e in quella ai Colossesi>> ,
in Io. , Le lettere ai Colossesi e a Filemone, 314-317.
1 16
delle corrispondenze si verifica nell'elenco delle persone che «in
viano» i loro saluti assieme a Paolo (Col 4, 10-14//Fm 23-24) . La no
vità nella lista di Colossesi è costituita dai titoli o qualifiche che ac
compagnano la menzione dei vari nomi . Questo fatto , secondo E .
Lohse , sarebbe u n indizio della composizione successiva di Colasse
si rispetto allo scritto di Paolo a Filemone .
Non è facile valutare il significato di queste affinità tra il testo di
Colossesi e quello delle altre lettere paoline , perché il confronto si
colloca a diversi livelli . In alcuni casi si tratta solo della ricorrenza
dello stesso vocabolo greco , oppure di un'espressione caratteristica .
In altri casi tra i due testi posti a confronto , oltre al lessico comune ,
vi è una corrispondenza nello sviluppo tematico . Sotto questo pro
filo sono individuati cinque testi di Colossesi che risulterebbero
dalla combinazione - «conflazione» - di più testi dell'epistolario
paolino :
1 17
Volendo fare un bilancio del confronto tra la Lettera ai Colosse
si e le altre lettere paoline si può dire che la corrispondenza lessicale
e tematica presuppone la conoscenza del corpus paolino , anche se
non è possibile provare nei singoli casi che vi sia una dipendenza let
teraria diretta . Ma non si può negare che esista una connessione an
che sotto il profilo letterario tra la Lettera ai Colossesi da una parte
e la Lettera ai Romani e Filippesi dall'altra . Lo stesso vale per il rap
porto tra la nostra lettera e quella indirizzata a Filemone . Ma per
spiegare l'affinità dei Colossesi con i testi del canone cristiano e in
particolare con l'epistolario paolino si deve tener conto del ruolo
che ha avuto la tradizione cristiana comune , dalla quale derivano al
cune formule di fede ed espressioni dei brani dossologici e delle se
zioni catechistiche e parenetiche.
Colossesi Efesini
apokatalàssesthai 1 ,20.22 2,16 «riconciliarsi»
apallotrioùsthai l ,21 2,12; 4,18 «essere estraneo»
rhizoùsthai 2,7 3 , 1 7 «essere radicato»
synegèirein 2 , 12; 3 , 1 2,6 «con-risuscitare»
synzoopoièin 2 , 13 2,5 «con-vivificare»
haph� 2,19 4,16 «giuntura»
àuxesis 2 , 19 4,16 «crescita»
hymnos 23 , 1 6 5 , 1 9 «inno»
ophthalmodoulìa 3 ,22 6,6 «servizio a vista»
anthropàreskos 3 ,22 6,6 «compiacente agli uomini».
1 18
L'aspetto che merita di essere rilevato in questa affinità lessicale
tra i due scritti paolini è la ricorrenza di vocaboli rari paralleli in con
testi simili: la «riconciliazione» universale per mezzo di Gesù Cristo ;
la «partecipazione» al destino pasquale di Cristo risorto ; la crescita
dei credenti nell'unico «corpo» di Cristo ; la proposta dei «doveri fa
miliari» in forma di codice o catalogo . A questa corrispondenza del
lessico si deve aggiungere quella di carattere tematico che contraddi
stingue le due lettere nell'insieme dell'epistolario paolina :
Colossesi Efesini
a) «mistero , mystèrion ,
di Dio/di Cristo»
1 ,26 .27 ; 2,2; 4,3 1 ,9 ; 3,3.4.9; 5 ,32 ; 6,19
b) Cristo «capo , kephalè,
della chiesa»
1 , 18; 2 , 19 1 ,22 ; 4,15; 5 ,23
c) chiesa «COrpO, soma,
di Cristo»
1 , 18.24; 2,19 1 ,23 ; 4,12.16; 5 ,23-30
d) la «pienezza» , plèroma
1 ,1 9 ; 2,9 1 , 10.23 ; 4,13
e) esaltazione celeste di
Cristo
3,1 1 ,20
f) «conoscenza» e «sapienza»
1 ,9. 10.27 ; 2,8; 3, 10. 16a 1 ,8-9. 17-18; 3 , 18-19; 4, 14-
15 .23 ; 5 , 1 7
g) invito alla preghiera
1 , 12; 2,7; 3 , 1 5 . 16; 4,2-4 5 , 19-20; 6, 18-20.
119
po>>l«ora>> - riferita alla condizione spirituale dei destinatari : Col
1 ,21-22; Coi 3 ,7-8//Ef 2, 1-3 ; Ef 2 , 1 1-13. È da rilevare anche la pre
senza nei due scritti di composizioni di carattere innico o di brani in
prosa ritmica : Col 1 , 15-20 ; Col 2, 13b- 15//Ef 1 ,3-14; Ef 2,14-18; Ef
3 , 14-21 . Ma proprio il confronto tra questa serie di testi affini o pa
ralleli pone in risalto la diversa accentuazione e sviluppo che gli stes
si temi assumono nelle due lettere. In genere nella Lettera agli Efe
sini le tematiche comuni con lo scritto di Colossesi sono accorpate e
spesso ampliate . Da qui l'ipotesi che il testo di Efesini rappresenti
uno stadio successivo rispetto a quello di Colossesi .
120
pratiche ascetiche . Anche lo stile ridondante di alcune sezioni di Co
lossesi richiama quello che si riscontra in alcune composizioni inni
che dei testi trovati a Qumran . 1 0
a) Colossi e i colossesi
La lettera è indirizzata «ai santi e fedeli fratelli in Cristo (che so
no) in Colossi» ( 1 ,2) . La città di Colossi, più volte menzionata dagli
scrittori dell'antichità greco-romana , si trova nella regione della Fri
gia sud-orientale , inserita amministrativamente nella provincia ro
mana dell'Asia minore. U Il trasferimento di circa duemila famiglie
giudaiche dalla Mesopotamia nella regione della Frigia per iniziativa
di Antioco III (223-187 a.C.) fa supporre una presenza di giudei an
che nel territorio di Colossi. 1 2 La regione della Frigia nel 60/61 d.C.
121
è stata colpita da un terremoto che ha distrutto la città di Laodicea,
in seguito ricostruita dalla tenacia dei suoi abitanti . È probabile che
anche Colossi abbia subito le conseguenze del sisma, ma questo non
esclude la possibilità di una sua ricostruzione , come pare documen
tato da alcune iscrizioni gratulatorie dedicate agli imperatori e dalle
monete dei primi decenni del II secolo d.CY
I destinatari della lettera sono cristiani , che hanno ascoltato e ri
cevuto già da qualche tempo l'annuncio del vangelo . Infatti l'autore
rende grazie a Dio per la loro fede in Gesù Cristo, la loro carità che
abbraccia tutti i «santi» . Essi vivono nell'attesa della speranza che è
stata loro annunciata mediante la parola di verità del vangelo . L'e
vangelizzatore dei colossesi è È pafra , presentato dal mittente della
lettera come <<nostro compagno del ministerO>> . «Egli - dice Paolo
- ci supplisce come un fedele ministro , diàkonos , di Cristo» . Èpa
fra non solo sostituisce Paolo , ma fa da mediatore tra l'apostolo e la
comunità dei cristiani destinatari della lettera (1 ,3-8) .
Nella lista dei saluti finali della lettera la figura e il ruolo di È pa
fra sono ripresentati con accenti elogiativi . Egli è il «servo di Cristo
Gesù» , che lotta nelle preghiere per i cristiani della comunità di Co
lossi , di cui fa parte . La sua azione evangelizzatrice e il suo ruolo di
responsabile si estendono anche ai cristiani presenti nelle altre due
città della regione : Laodicea e Gerapoli (4, 12-13) . Infatti la cerchia
dei destinatari della lettera indirizzata ai colossesi , grazie alla media
zione dei collaboratori di Paolo , si dilata fino ad abbracciare tutti
quelli che lo hanno conosciuto personalmente . Tra questi una men
zione particolare è riservata ai cristiani di Laodicea (2 , 1 ) . Essi sono
così strettamente associati a quelli di Colossi al punto che l'autore li
invita a scambiarsi reciprocamente le rispettive lettere (4, 16) .
Sulla base di alcuni indizi desunti dalla Lettera ai Colossesi si
può precisare l'identità di questi cristiani residenti nelle città della
valle del Lico . Con tutta probabilità sono cristiani che , nella stra-
13 TACITO, A nn. 14,27 , 1 ; 0ROSIO, Hist. 7,7,12 . Dell'antica città di Colossi oggi
resta una collina nella località turca di Kiiriiksu , a 25/30 km a sud-est della città di De
nizli. Distante circa 150/200 km da Efeso nella valle del Lico , affluente del Meandro,
Colossi era situata sulla strada che collegava la città sull'Egeo ad Antiochia di Siria e
Apamea. Nella stessa valle , a 15 km più a nord di Colossi , sorgeva la città di Laodi
cea . Fondata da Antioco II nel III sec. a.C. Laodicea diventa in epoca romana un vi
vace centro commerciale e bancario e sede del distretto giudiziario. Qui si trova una
delle sette chiese menzionate nell'Apocalisse , Ap 1 , 1 1 ; 3 , 1 4-22. A pochi km a est di
Laodicea sorgeva la città di Gerapoli , città natale di Epitteto , famosa per le sue acque
termali, dove risiede il vescovo Papia nei primi decenni del II sec. d.C.
122
grande maggioranza, provengono dal paganesimo . In alcuni passi si
fa riferimento in modo generico , mediante un frasario stereotipo , al
loro passaggio dal «potere delle tenebre» al regno del Figlio di Dio ,
dalla condizione di «stranieri e nemici» alla riconciliazione con Dio
per mezzo della morte del Figlio suo ( 1 , 13-14.2 1-22 ; cf. 3 ,7-10) .
Questa svolta è avvenuta grazie all'annuncio del vangelo , di cui
Paolo è costituito «ministro» . Nel ruolo di proclamatore del vangelo
universale - «annunziato a ogni creatura sotto il cielo» - egli af
fronta nella sua «Carne» le tribolazioni per la costituzione del «corpo
di Cristo , che è la chiesa» . Egli si presenta quindi come «ministro>>
della chiesa secondo la missione che gli è stata affidata da Dio a fa
vore dei destinatari : «presso di voi». Essa consiste in questo : «realiz
zare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazio
ni , ma ora manifestato ai suoi santi , ai quali Dio volle far conoscere
la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cri
sto in voi , speranza della gloria» ( 1 ,25-27) . Per portare a compimen
to questa missione di «ministro» del vangelo e della chiesa Paolo si
affatica e sostiene una dura lotta «per voi, per quelli di Laodicea e
per tutti coloro che non mi hanno visto di persona>> (1 ,29 ; 2 , 1 ) .
L'origine o provenienza «etnica» dei cristiani di Colossi e delle
città vicine è confermata dall'interpretazione che nella nostra lettera
viene data del battesimo cristiano come la «vera circoncisione di Cri
sto», contrapposta alla pratica giudaica che consiste nella «spoliazio
ne del corpo di carne» (2, 1 1 ) . Infatti i credenti battezzati sono passa
ti dalla loro condizione spirituale di «incirconcisi» , cioè morti per i
peccati , a quella di perdonati e redenti grazie alla loro partecipazio
ne sacramentale all'evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo
(2 , 13-14) . L'espressione «incirconcisione» , akrobystìa , nell'epistola
rio paolino si riferisce ai pagani contrapposti a quelli della «circonci
sione» , peritomè, che sono i giudei ( Col 3 , 1 1 ; Rm 2 ,25-27 ; 3 ,30 ;
1Cor 7 , 18- 1 9 ; Gal 2,7; 5 ,6; 6,15).
Ma vi sono alcuni dati della nostra lettera che potrebbero far
pensare perlomeno a una influenza dell'ambiente giudaico nella co
munità cristiana di Colossi . La suddetta antitesi tra «circoncisione» e
«incirconcisione» in rapporto al cambiamento dei colossesi fa sup
porre almeno un certo interesse per il mondo ebraico . Inoltre quan
do l'autore mette in guardia i colossesi nei confronti dei fautori di
quella che egli chiama la «filosofia» ispirata alla «tradizione umana,
secondo gli elementi del mondo», elenca una serie di divieti o pre
scrizioni che potrebbero richiamare l'ambiente giudaico : «Nessuno
dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevande o riguardo a
123
feste , noviluni e a sabati : tutte cose che sono ombra delle future ; ma
la realtà invece è Cristo !» (2 , 1 6-17) . La menzione dell'osservanza
dei «sabati» potrebbe alludere a una componente ebraica della «filo
sofia» che minaccia i colossesi . Ma in questo caso si tratta di chiarire
se il fronte dei propagandisti che si ispirano agli «elementi del mon
do>> , sia del tutto esterno o abbia delle connivenze all'interno della
comunità cristiana. Questo problema a sua volta è connesso con la
definizione del profilo religioso e culturale di quello che viene chia
mato l' «errore di Colossi» .
124
«Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo , come l'avete ricevu
to , ben radicati e fondati in lui , saldi nella fede come vi è stato inse
gnato» (2,6-?ab ) . A questo punto l'autore mette in guardia i destina
tari della lettera nei confronti del rischio di essere ingannati da quel
la che egli chiama, philosophìa , «filosofia» e che fa leva su argomen
ti di una tradizione umana. 14 In seguito questo avvertimento viene
ripreso e in parte esplicitato come appare da questo quadro sinot
tico:
Col 2,8 2,16-17 2,20-22
«Se pertanto siete
morti con Cristo agli
elementi del mondo ,
«Badate che nessuno «Nessun dunque vi perché !asciarvi im
vi inganni condanni più porre come se vive
ste ancora nel mon
do dei precetti quali :
con la sua filosofia e in fatto di cibi o di "Non prendere , non
con vuoti raggiri, bevanda, gustare , non tocca
ispirati re" ?
o riguardo a feste a
noviluni e sabati ;
alla tradizione uma tutte cose che sono Tutte cose destinate
na , secondo gli ele ombra delle future a scomparire con l'u
menti del mondo so : . sono infatti pre
scrizioni e insegna
menti di uomini» .
e non secondo ma la realtà
Cristo» . è Cristo» .
1 25
che vengono loro proposte o imposte dai loro propagandisti , con
trapponendole all'unione vitale con Cristo, il capo «dal quale tutto il
corpo riceve sostentamento e coesione . . . per realizzare la crescita
secondo il volere di Dio» (2,18-19) .
Dal confronto di questi testi, che allertano i colossesi nei con
fronti del rischio che li minaccia, si ottiene un quadro complessivo ,
dove l'errore è presentato e puntualizzato in un crescendo di deter
minazione:
a) è la «filosofia, h� philosophìa , vuoto raggiro secondo la tradi
zione degli uomini, katà ten paràdosin ton anthrop6n , secondo gli
elementi del mondo , katà tà stoichèia toù kòsmou» (2,8) ;
b) comporta una serie di «pregiudizi» che riguardano l'ambito
alimentare e quello del calendario (2 , 16) ;
c) richiede un atteggiamento di «umiltà e venerazione degli an
geli», èn tapeinophrosyné-i kài threskèia ton aggèll6n , legittimato
sulla base di particolari esperienze religiose visionarie, «hà heòraken
embatèu6n . . . hypò toù noòs tes sarkòs autoù» (2, 1 8) ;
d) implica una serie di precetti e divieti di carattere ascetico ,
fondati su prescrizioni e insegnamenti di uomini , katà tà entàlmata
kài didaskalìas ton anthrop6n» (2,22) ; quelli che sono morti con Cri
sto «agli elementi del mondo», apò ton stoichèi6n toù kòsmou, non
vivono più sotto le prescrizioni del mondo , èn kòsm6i (2 ,20) .
È da rilevare che in quest'ultimo avvertimento sono ripresi solo i
divieti di carattere alimentare o di astinenza generica. Sono invece
lasciate cadere le prescrizioni sul calendario delle feste menzionate
precedentemente (2, 16) .
Prima di formulare un'ipotesi interpretativa di questi datì è utile
precisare il significato di alcune espressioni nell'ambito dell'attuale
contesto della Lettera ai Colossesi. L'espressione stoichèia toù kò
smou nella prima ricorrenza serve a definire la vuota e ingannevole
«filosofia>> che si ispira alla «tradizione degli uomini» . 1 5 A sua volta
15 L'espressione greca tà stoichèia toù kòsmou ricorre due volte nella Lettera ai
Galati (4,3.9) con una valenza religiosa per indicare la condizione di «Sottomissione»
e dipendenza in cui erano i galati prima della loro conversione; e nella quale rischiano
di ricadere con le osservanze di giorni, mesi, stagioni e anni imposte dai propagandisti
giudaizzanti (Gal 4,1-10) . Nell'ambiente greco-ellenistico gli «elementi del mondo>>
hanno quattro valenze : a) cosmologica , in quanto rimandano ai principi primordiali
costitutivi del mondo ; b) antropologica, perché anche il corpo umano è composto di
elementi che si separano con la morte ; c) astrale, in relazione all'influsso degli astri
sul destino umano ; d) angelologica, in quanto gli angeli presiedono ai fenomeni co
smici e sono associati agli astri .
126
quest'ultima è in seguito identificata con una serie di norme e divie
ti , che sono appunto «prescrizioni e insegnamenti di uomini» . Quelli
che mediante la loro appartenenza vitale a Cristo sono «morti agli
elementi del mondo>> sono sottratti a tali prescrizioni mondane . In
quest'ottica l'umiltà e la «Venerazione degli angeli» , fondate su pre
tese visioni , sono forme di vano orgoglio da parte di una «mente car
nale» (2 , 18 ) .
Questa valutazione negativa viene ripresa alla fine con espres
sioni identiche o affini : «Queste cose hanno una parvenza di sapien
za, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al
corpo , ma in realtà non servono che per soddisfare la carne>) (2,23 ) .
L'espressione «austerità riguardo al corpo» richiama i divieti ali
mentari e di astinenza ; la ethelothréskìa , associata alla tapeinophro
syné, rimanda alla «venerazione degli angeli» ; parimenti il riferi
mento al «Soddisfacimento della carne» è un'eco della precedente
squalifica delle pretese visioni come prodotto di una «mente car
nale» .
Questo intreccio lessicale e tematico del testo solleva alcuni in
terrogativi : quale legame esiste tra la serie di divieti e prescrizioni e
la «venerazione degli angeli))? Queste pratiche hanno un rapporto
con gli «elementi del mondo)) e con i «principati e potestà)), di cui
Cristo è il capo e trionfatore , avendoli privati della loro forza?
(2 , 10. 14b-15 ) . Anche se non esiste una risposta soddisfacente a que
sti problemi, è possibile formulare un'ipotesi riguardo all'errore di
Colossi: si tratta di una serie di prescrizioni di carattere ascetico , la
cui osservanza è proposta come un percorso alternativo o integrati
vo dell'esperienza cristiana fondata sulla fede e adesione vitale a
Gesù Cristo . I propagandisti di questa via soteriologica , chiamata
«filosofia» , si appellano all'esperienza di visioni poste in rapporto
con la venerazione degli angeli .
Più precarie e discutibili sono le ipotesi che tentano di integrare
questa immagine dell'errore di Colossi facendo ricorso alla sua pos
sibile matrice religiosa culturale . Qui la ridda delle ipotesi spazia su
tutto lo spettro delle possibilità che vanno dal «sincretismo)) fino allo
gnosticismo , passando attraverso l'ambiente greco-ellenistico dei
culti misterici e quello giudaico esseno-qumranico o ascetico-mistico
dell'apocalittica . In realtà i due ambienti , quello giudaico e quello
greco-ellenistico , nella diaspora giudeo-ellenistica si toccano e inter
secano .
Il sincretismo della fine del primo secolo più che un ambiente o
matrice culturale precisa è un orizzonte o clima generale che favori-
127
sce lo scambio e l'interazione tra i diversi ambienti e i vari elementi
che vi circolano . Restano dunque in campo le altre ipotesi che colle
gano l'errore di Colossi con le esperienze di iniziazione e le pratiche
ascetiche presenti nell'ambiente pagano greco-ellenistico o in quello
giudaico. 16
L'ipotesi della «gnosi» come ambiente di origine della «filosofia»
di Colossesi potrebbe trovare un appoggio nel lessico della lettera.
In essa infatti ricorre una volta il termine gn6sis (2 ,3) , quattro volte
epign6sis ( 1 ,9 . 10; 2,2; 3 , 10) , associato due volte a synesis e sophìa
( 1 ,9; 2,2.3) ; quest'ultimo vocabolo si trova ancora quattro volte
(l ,28 ; 2,23 ; 3 , 16; 4,5 ) ; una volta ricorre anche il verbo epignòskein
(l ,6) . Questa terminologia della «conoscenza» e «sapienza» viene
utilizzata per presentare il progetto cristiano come progressiva ma
turazione spirituale associata a una prassi di vita coerente . Tuttavia
non si può escludere che l'autore vi faccia ricorso proprio in concor
renza con l'uso che ne fanno i propagandisti dell'errore di Colossi .
Però si deve rilevare che solo in un caso il termine «sapienza» è ado
perato nel contesto della denuncia della «pseudo-religiosità» dei
fautori delle pratiche ascetiche (2,23).
Lo stesso discorso vale per il termine p l'èroma , che ricorre due
volte nella nostra lettera ( 1 , 1 9 ; 2,9) . In ambedue i testi questo voca
bolo è associato al ruolo di Gesù Cristo . La funzione unica ed effi
cace della morte di Gesù nel processo di riconciliazione e reden
zione è radicalmente alternativo a ogni possibile ruolo mediatore
attribuito ai principati e potestà ( 1 ,19-20; 2 ,9- 15) . Questo riferi
mento alla mediazione delle «potenze celesti» potrebbe rinviare alle
speculazioni che si riscontrano nella gnosi. Ma la difficoltà ad accet
tare l'ipotesi gnostica come matrice dell'errore di Colossi deriva
dalle troppe incognite circa la genesi storica e culturale della «gnosi»
stessa. D'altra parte appellarsi a un «protognosticismo» vuol dire
riconoscere l'impossibilità di stabilire un nesso storico culturale
Meaning and Development of the Pauline Phrase «hai archai kai hai exousiai» , Cam
bridge 1981 , 47-85 , si richiama al «Sincretismo» tipico dell'Asia; R.A. ARGALL, «The
Source of a Religious Error in Colossae>> , in CTJ 22(1987), 6-20; H.W. HousE, <<Doc
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Spiegel des Kolosserbriefes» , in ZKT 61( 1964) , 391 -403.
128
documentabile tra il testo della Lettera ai Colossesi e il fenomeno
della gnosi . 17
L'ipotesi «misterica» fa leva su alcuni appigli lessicali, come il
termine mysi�rion , che ricorre tre volte nella nostra lettera (l ,26 ;
2,2; 4,3) e soprattutto sull'uso del verbo embatèuein , che potrebbe
evocare i riti di iniziazione misterica (2 ,18) . In questo contesto rien
trano anche l'espressione «elementi del mondo» e il riferimento alle
pratiche ascetiche connesse con le esperienze iniziatiche . Ma questi
dati sono troppo generici per riconoscere la matrice religiosa e cultu
rale dell'errore di Colossi nelle pratiche misteriche . 18 L'ascesi ali
mentare o le pratiche di astinenza proposte dai «filosofi» della tradi
zione umana e mondana di Colossi si collegano meglio con la disci
plina alimentare e le pratiche ascetiche dei neopitagorici e tera
peuti . 19
D'altra parte le prescrizioni alimentari con una valenza ascetica
e religiosa sono note anche nell'ambiente giudaico . La loro associa
zione con l'osservanza del calendario delle feste e dei sabati , almeno
nel testo di Col 2,16, sarebbe a favore dell'ipotesi di una connessio
ne dell'errore di Colossi con l'ambiente essenico documentato anche
dai testi di Qumràn . Un'ulteriore conferma di questa matrice esse
no-qumranica sarebbe l'interesse per il ruolo degli angeli come figu
re mediatrici nell'esperienza religiosa. Ma gli stessi elementi si ri
scontrano anche nei contesti apocalittici, dove l'ascesi è la condizio
ne previa per l'esperienza mistica dell'ascesa celeste e della rivela
zione divina spesso mediata da figure angeliche . 20
129
Dati questi possibili agganci che l'errore di Colossi rivela con i
molteplici e diversi ambienti religiosi e culturali , sia nell'area elleni
stica sia in quella giudaica, alcuni autori rinunciano alla ricerca di
una sua precisa matrice storica e preferiscono }asciarlo nell'indeter
minazione voluta dall'autore stesso della lettera . 2 1 In questo caso l'i
potesi sincretistica sarebbe suggerita dall'autore che non si preoccu
pa di segnalare il filone genetico della «filosofia» colossese , in quan
to il suo intento è di avvertire i suoi destinatari del pericolo che rap
presenta ogni possibile surrogato , sia esso greco-ellenistico e giudai
co , all'unico e insostituibile ruolo soteriologico di Gesù Cristo, nel
quale , per divina disposizione si rivela il «mistero» , in cui sono na
scosti tutti i tesori di sapienza e scienza. In lui infatti abita la pienez
za dei beni salvifici, ai quali possono accedere i credenti .
130
I sostenitori della pseudepigrafia preferiscono tenere nettamen
te separati l'autore di Colossesi e Paolo , l'apostolo di Cristo Gesù ,
presentato nella nostra lettera come «ministrO>> del vangelo univer
sale e della chiesa, che è il corpo di Cristo . L'apostolo Paolo soffre e
lotta per realizzare la missione ricevuta da Dio e si trova in catene
per il «mistero di Cristo». In questo caso la Lettera ai Colossesi non
è opera· di un «segretario» che scrive a nome o su incarico di Paolo .
Essa invece è scritta da un vero e proprio autore , che appartiene alla
cerchia dei discepoli di Paolo e si serve del nome e autorità dell'apo
stolo per riproporne il meSsaggio in un nuovo contesto culturale e in
una diversa situazione storica. L'ipotesi della pseudepigrafia paolina
spiegherebbe le caratteristiche lessicali e stilistiche , ma soprattutto
la peculiarità tematica e teologica della Lettera ai Colossesi rispetto
al gruppo delle lettere protopaoline .
Nel quadro dell'ipotesi pseudepigrafica è difficile identificare
con una certa attendibilità l'ambiente o luogo di origine della Lette
ra ai Colossesi. Il suo rapporto più diretto con la Lettera a Filemo
ne , dalla quale deriva gran parte dei nomi dei collaboratori di Paolo
menzionati nella lista dei saluti , rende plausibile l'ipotesi dell'origi
ne efesina o comunque nell'ambiente dell'Asia, dove è presente la
tradizione paolina. Questo viene conferm!lto dallo stretto legame
che esiste tra la nostra lettera e quella che in alcuni codici si presenta
come indirizzata «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l). In ogni caso si
tratta di un ambiente caratterizzato dal vivo interesse per la missio
ne evangelizzatrice ai pagani , di cui Paolo è il prototipo .
Altrettanto problematico è il tempo di origine o composizione
·
131
presupposti non dimostrati : realmente Colossi, a 15 km da Laodi
cea , subì la stessa sorte di Laodicea nel sisma del 60/61 ; a differenza
di Laodicea la città di Colossi non sarebbe stata ricostruita.
La Lettera ai Colossesi è stata pensata e redatta come uno scritto
paolina da far circolare anche tra i cristiani delle altre due città della
valle del Lico , Laodicea e Gerapoli. Si tratta di comunità cristiane
che hanno ricevuto da tempo l'annuncio del vangelo tramite i colla
boratori di Paolo e vivono una fase di crisi di fronte all'influsso del
l'ambiente sincretistico dell'Asia . Quindi la composizione della let
tera può essere collocata in un arco di tempo che va dalle ultime de
cadi del primo secolo (80/90) all'inizio del secondo secolo . È questo
anche il periodo in cui si forma la raccolta delle lettere di Paolo , che
l'autore di Colossesi mostra di conoscere e in parte utilizza.
132
ne «cristologica>> . Questa impressione è confermata dal rilevamento
dei termini e dei titoli cristologici : 20 volte ricorre l'appellativo Chri
stòs e 1 1 volte il titolo Kyrios ; tre volte si ha la formula paolina Chri
stòs Iesoùs ( l , la .4a; 4, 12b) ; ricorrono invece una sola volta le for
mule tradizionali : Jesoùs Christòs ( 1 ,3b) ; Kyrios Jesoùs (3 , 17b) ; Ky
rios Christòs (3 ,24b) ; Christòs Iesoùs hò Kyrios (2,6a) ; hò Kyrios he
mon Jesoùs Christòs ( 1 ,3a) . Una sola volta ricorre la qualifica hò
Hyiòs, «il Figlio» ( 1 , 13b) .
In questo lessico cristologico e nelle formule relative , Gesù Cri
sto è posto in relazione con Dio . Questo è evidente nella formula ri
ferita a Gesù Cristo : «il Figlio del suo amore» . È infatti esplicito il ri
ferimento a «Dio Padre», chiamato così in due testi di Colossesi
(1 ,2c; 3 , 17b) ; mentre l'appellativo assoluto hò Patèr, «il Padre», ri
corre una sola volta ( 1 , 12a) . Il sostantivo hò Theòs, senza altre spe
cificazioni , si trova nella nostra lettera non meno di 18 volte . In real
tà anche il titolo hò Kyrios , «il Signore», in alcuni contesti può esse
re riferito a Dio , quando non è esplicito il suo rapporto con Gesù
Cristo ( 1 , 10) . Comunque è innegabile la prevalenza dell'interesse
cristologico della nostra lettera , anche se si tratta - come avviene
negli scritti neotestamentari - di una cristologia in prospettiva teo
centrica.
Dunque al centro dell'argomentazione di Colossesi sta la cristo
logia. Il testo programmatico di tale prospettiva è l'inno o encomio
cristologico di apertura , Col 1 , 1 5-20. In questa composizione sono
concentrate le qualifiche che definiscono il ruolo di Gesù Cristo ,
«Figlio» di Dio nell'ambito dell'intera creazione e nel processo di ri
conciliazione e pacificazione universale Y In rapporto all'invisibile
Dio , Gesù Figlio , è hè eikon , «immagine». Egli infatti è «protòto
kos , primogenito di tutta la creazione», in quanto in lui e in vista di
lui tutte le cose sono state create e tutte in lui trovano la loro consi
stenza e coesione . Questo ruolo universale del Figlio di Dio nell'am
bito della creazione è accentuato dall'elenco binario degli esseri :
«visibili e invisibili» ; «troni e dominazioni» ; «principati e potestà» .
Alla fine la funzione primaziale e la signoria assoluta 'del Figlio si
condensano in una nuova qualifica: «Egli è il capo, kephalè, del cor
po della chiesa» ( 1 , 18a) .
133
Con questa specificazione del «corpo» in chiave ecclesiale si sta
bilisce un raccordo tra il ruolo di Gesù Cristo , Figlio di Dio , nell'am
bito del cosmo creato e quello che gli spetta nel processo di riconci
liazione e di pace universali. Infatti la seconda strofa della composi
zione si apre con una nuova qualifica, simmetrica a quella dell'im
magine : «Egli è arch�, principio , protòtokos, primogenito di coloro
che risuscitano dai morti per ottenere il primato , protèuon , su tutte
le cose» ( 1 , 1 8bc) . L'esplicitazione di questa intitolazione program
matica si ha in una seconda ampia frase , in cui il soggetto inespresso
rimanda all'agire sovrano di Dio: «Poiché in lui si compiacque di
prendere dimora tutta la pienezza , pàn tò pl�roma , e per mezzo di
lui e in vista di lui riconciliare tutte le cose , facendo pace per mezzo
del sangue della sua croce» ( 1 , 10-20ab) . L'ampliamento cosmico del
processo redentivo è dato dall'ultima espressione binaria: «sia le co
se sulla terra , sia quelle nei cieli» , che fa eco a quella della prima
parte dell'encomio cristologico (l , 16a) .
La formula enigmatica «in lui si compiacque di prendere dimora
tutta la pienezza» viene ripresa e in parte esplicitata nel contesto
dell'argomentazione contro la pseudo-filosofia per confermare i fe
deli nel loro impegno a camminare secondo la fede che hanno rice
vuto , cioè secondo Cristo o in Cristo Gesù Signore ( 1 ,6.8) . In lui in
fatti «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» e in lui i
credenti ne sono ripieni , perché egli è il «capo di ogni principato e
potestà» (2 ,9-10) . La piena e universale signoria di Gesù Cristo si
esprime e attua nel suo ruolo di redentore vittorioso per mezzo della
sua morte di croce (2 , 14-15) . Dunque la pienezza dei beni salvifici
comunicati da Dio sono presenti e accessibili in modo sicuro e defi
nitivo nell'umanità di Gesù Cristo . Questo esclude ogni altra media
zione proposta dai propagandisti della filosofia ispirata alla tradizio
ne umana e secondo gli «elementi del mondo» .
La stessa centralità e unicità di Gesù Cristo nel disegno salvifico
di Dio sono espresse facendo ricorso alla terminologia «misterica»
della tradizione sapienziale e apocalittica. Infatti il «mistero nasco
sto da secoli e generazioni» ora è manifestato ai credenti , ai quali
«Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero» ,
che consiste nella presenza di Cristo nei fedeli , sicura garanzia della
loro gloria futura ( 1 ,26-27) . Perciò l'impegno dei credenti , che han
no ricevuto l' annuncio della parola di Dio o del vangelo , nel quale
viene proclamato il «mistero di Cristo» , è quello di arrivare «alla ric
chezza della piena intelligenza e alla conoscenza del mistero di Dio ,
cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e del
la scienza» (2,2-3 ; 4,3) .
134
In breve si può dire che la cristologia della Lettera ai Colossesi
ha una duplice connotazione: è universale e cosmica. Gesù Cristo , il
Figlio di Dio e il Signore , si colloca al centro e al vertice di tutta la
realtà creata. Egli esercita la sua signoria su tutti gli esseri terrestri e
celesti , visibili e invisibili . Egli rappresenta perciò l'unico spazio sto
rico e cosmico in cui Dio si rende presente e accessibile a tutti gli es
seri umani. Questo si realizza concretamente nell'umanità di Gesù
Cristo, nel «suo corpo di carne>> per mezzo della morte di croce , fon
te della pacificazione universale .
b) Riconciliazione e pacificazione
per mezzo di Gesù Cristo
Al centro della cristologia di Colossesi sta la «soteriologia» come
attuazione del primato universale di Gesù Cristo . Questo viene af
fermato nella seconda parte dell'inno cristologico e ripreso e amplia
to nella sezione centrale della lettera. Per divina disposizione tutta
la «pienezza» prende dimora in Gesù Cristo , Figlio di Dio , in quanto
«per mezzo di lui e in vista di lui sono riconciliate tutte le cose e per
mezzo di lui con il sangue della sua croce sono pacificate le cose che
stanno sulla terra e quelle nei cieli» (1 , 19-20ab) . I primi destinatari
di questo processo di riconciliazione sono quelli che hanno ascoltato
e accolto il vangelo di Gesù Cristo. Essi infatti sono «riconciliati»
per mezzo della morte del suo corpo di carne» e perciò possono pre
sentarsi a Dio «santi, immacolati e irreprensibili» ( 1 ,22) .
Nel centro della lettera, dove l'autore presenta il ruolo salvifico
di Gesù Cristo Signore , viene esplicitato il processo di riconciliazio
ne nel quale sono coinvolti i battezzati . Essi partecipano in modo
completo alla «pienezza» di Cristo , capo di ogni principato e poten
za, perché mediante l'esperienza battesimale sono inseriti nell'even
to della sua morte e risurrezione dai morti . Infatti nella immersione
battesimale avviene la «vera circoncisione di Cristo» , che consiste
nel perdono di tutti i peccati (2,9- 13) . A sua volta l'efficacia salvifica
del passaggio battesimale , dalla condizione di morte per i peccati al
la vita, dipende dall'evento della croce, che viene evocato mediante
un linguaggio simbolico allusivo: il documento del debito con le
clausole relative, che era contro di noi , è stato annullato inchiodan
dolo alla croce ; i principati e le potestà sono stati presentati nel cor
teo trionfale (2 , 14-15) .24 Il soggetto di queste azioni è sempre e solo
135
Dio che con la sua potenza ha risuscitato Gesù Cristo dai morti , ha
dato vita ai battezzati inseriti vitalmente in lui e ha perdonato tutti i
loro peccati.
Dunque l'iniziativa salvifica gratuita ed efficace risale a Dio , il
Padre, che ha abilitato i credenti a partecipare alla sorte dei santi
nella luce . Nella sezione di apertura, con una breve professione di
fede , si dice : «Egli (Dio Padre) infatti ci ha liberati dal potere delle
tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto , per opera
del quale abbiamo la redenzione , la remissione dei peccati» ( 1 , 13-
14) . Ma tutto questo avviene nel «Figlio del suo amore» o «in Cri
sto» . Mediante il ricorso alle formule èn Christo-i, syn Christo-i, èis
Christòn e l'uso dei verbi composti con le stesse particelle greche ,
l'autore di Colossesi sottolinea la profonda e vitale partecipazione
dei cristiani all'evento salvifico di Gesù Cristo.
136
La lotta e fatica apostoliche di Paolo non aggiungono nulla al
l'efficacia salvifica della «passione» di Cristo . Egli infatti con la sua
morte ha riconciliato tutti e tutte le cose con Dio e ha ottenuto per i
battezzati il perdono di tutti i peccati . Ma con l'annuncio del vangelo
e l'impegno di Paolo per rendere ogni uomo perfetto in Cristo , si
manifesta il mistero di Dio ai pagani e cresce il corpo di Cristo fino
alla sua pienezza escatologica. In questa prospettiva di crescita ec
clesiale ed escatologica si colloca il progetto etico e spirituale della
Lettera ai Colossesi .
137
denti in forza della loro esperienza battesimale . In realtà esso accen
tua il realismo della partecipazione dei battezzati all'evento decisivo
della morte e risurrezione di Gesù Cristo per trarne le conseguenze
sul piano della prassi etica. I credenti , che hanno accolto l'annuncio
del vangelo , vivono nella speranza che li attende nei cieli (l ,4-
5 . 23 . 27c) . Con il loro attuale stile di vita essi manifestano la loro
condizione di morti e risorti con Cristo in attesa della sua manifesta
zione futura.
Lo stile di vita dei credenti battezzati è tracciato con una serie di
esortazioni e inviti che si ispirano alla dialettica battesimale . Essa fa .
perno sul passaggio da un passato disordinato e vizioso , al presente
da vivere in nuovi rapporti (3 ,5-8) . L'eco della svolta battesimale si
avverte in questa antitesi: «vi siete spogliati dell'uomo vecchio con
le sue azioni e avete rivestito il nuovo» (3 ,9-lOa) . La nuova esistenza
dei credenti si traduce in rapporti qualificati dall'amore , che ha la
sua fonte e modello nel perdono battesimale : «Come il Signore vi ha
perdonato, così fate anche voi» (3,5-13) . Perciò l'agàpe costituisce il
vertice e il centro unificante non solo della prassi etica cristiana , ma
anche delle nuove relazioni di quelli che sono chiamati a formare un
solo corpo (3 , 14-15) .
Una concretizzazione di questa nuova esistenza in Cristo è l'e
lenco dei doveri familiari . Esso si ispira ai modelli dell'ambiente gre
co e della diaspora giudeo-ellenistica , ma si qualifica non solo per
l'esplicita motivazione cristologica, ma anche per l'accento posto
sulla reciprocità dei doveri : mogli/mariti ; figli/genitori ; schiavi/pa
droni . 26 Nel contesto cristologico generale della lettera la motivazio
ne aggiunta alle singole esortazioni - «come si conviene nel Signo
re» ; «nel timore del Signore» - non è solo una formula convenzio
nale . Essa rimanda alla radice battesimale e perciò cristologica dello
stile di vita dei cristiani .
Una conferma di questo processo di interiorizzazione del proget
to di vita si può ricavare da quella che è una preoccupazione costan
te nello scritto di Colossesi : la conoscenza esperienziale del progetto
di Dio rivelato e attuato in Gesù Cristo . Forse anche per contrastare
la proposta dei fautori della «filosofia» , tutta centrata sull'ascesi e
autodisciplina, l'autore presenta un cammino di maturazione che fa
138
perno sulla conoscenza e intelligenza spirituale ( 1 ,9-10; 2,2-3) . In
questo progetto rientra anche l'invito alla reciproca istruzione e
esortazione «con ogni sapienza)) per rendere presente e viva la paro
la di Cristo. Il clima in cui avviene tutto questo è quello della pre
ghiera che invoca, loda e ringrazia. Le esortazioni pratiche si conclu
dono più volte con l'invito a «rendere grazie)) o a vivere «èn euchari
stìa , nel ringraziamento)) (2,7; 3 , 17 ; 4,2) . La Lettera ai Colossesi nel
suo insieme riflette questo clima spirituale e in alcune sue parti offre
un esempio dello stile dei «salmi , inni e cantici spirituali)) che ritma
'
no la vita e gli incontri della comunità cristiana.
139
v
La Lettera agli Efesini
141
valutare l'ipotesi della sua autenticità paolina o della sua origine
pseudepigrafica. Ma non è questo il primo obiettivo dell'analisi lin
guistica. Essa serve a familiarizzarsi con l'universo espressivo del te
sto . Tale analisi include , oltre allo studio delle caratteristiche lessi
cali del nostro scritto , anche la considerazione delle peculiarità stili
stiche e letterarie , nonché la valutazione delle diverse ipotesi circa la
strutturazione letteraria e tematica del testo .
a) Le caratteristiche lessicali
La terminologia della Lettera agli Efesini oscilla tra originalità e
conformismo . La originalità lessicale di Efesini si rileva dalla pre
senza di 38 hapaxlegòmena neotestamentari , con 41 ricorrenze com
plessive. Si tratta di termini che non hanno riscontri negli altri scritti
del NT. Questi vocaboli , per la massima parte sostantivi e verbi , so
no così distribuiti :
Hapaxlegòmena neotestamentari: 38
ananeoùsthai, «rinnovarsi», 4,23 kryphé-i, «di nascosto», 5 , 12
apalgèin, «essere insensibili», kybèia, «inganno» , 4,14
4,19 makrochrònios, «longevo», 6,3
aischròtes, «oscenità» , 5 ,4 mègethos, «grandezza» , 1 , 19
àsophos, «insipiente» , 5 , 15 mesòtoichon , «interposto» , 2,14
àtheos, «senza Dio», 2,12 methodèia, «macchinazione» ,6, 1 1
bèlos, «dardo», 6,16 morologìa , «discorso stolto», 5,4
ektrèphein, «nutrire» , 5 ,29; 6,4 pàle, «lotta» , 6,12
epidyein, «tramontare», 4,26 parorgismòs, «ira», 4,26
e.xischyesthai, «essere capaci», polypòikilos, «multiforme», 3 , 10
3,18 proelpìzein , «sperare prima», 1 ,12
epiphàuskein, «illuminare>>, 5 , 15 proskartèresis, «perseveranza»,
etoimasìa, «prontezza>>, 6,15 6,18
eutrapelìa, «trivialità», 5 ,4 rhytìs, «ruga», 5 ,27
eunòia, «buon animo», 6,7 symmètochos, «compartecipe» 3 ,6;
henòtes, «unità» , 4,3 . 13 5,7
katartismòs, «preparazione» , 4,12 sympolìtes, «concittadino» , 2,19
katbteros, «sottostante», 4,9 synarmologèisthai, «essere
klydonìzesthai, «essere articolato insieme» , 2,21 ; 4,16
sballottati», 4,14 synoikodomèsthai, «essere
kosmokràtor, «dominatore del costruito insieme», 2,22
mondo» , 6,12 syssomos, «concorporeo», 3,6
kleroùsthai, «essere eletto», 1 , 1 1 thyreos, «scudo», 6,16.
142
Gli hapaxlegòmena neotestamentari di Efesini sono concentrati
negli ultimi tre capitoli , che si distinguono anche per il profilo tema
tico . Vi sono infatti 3 ricorrenze di hapaxlegòmena nel primo capito
lo ; 4 nel secondo e nel terzo ; 1 1 nel quarto ; 9 nel quinto ; 10 nel se
sto . Meritano di essere segnalati alcuni termini composti mediante
la particella syn: syn-armologèisthai, syn-oikodomèisthai; sym-mèto
chos; sym-polìtes; sys-somos . Questa terminologia rivela l'insistenza
del nostro scritto sul tema della «compartecipazione». Un gruppo di
termini nuovi è associato al tema della «lotta» con il relativo equi
paggiamento (6 ,1 1-16) . È notevole anche la costellazione semantica
che gravita attorno ai vocaboli che designano la prassi etica sconve
niente (5 ,4. 15). È da rilevare che l'aggettivo composito makrochrò
nios, «longevo» in Ef 6,3 fa parte di una citazione della Bibbia se
condo la versione greca dei LXX (Es 20 ,12; Dt 5 , 16) . Anche il verbo
raro epiphàuskein , «illuminare», è inserito in un brano riportato co
me una citazione (5 , 14) .
Per valutare il peso di questo lessico specialistico di Efesini si
può fare un confronto con quello della lettera di Paolo ai galati .
Quest'ultimo scritto , formato da sei capitoli , 149 versetti e 2220 vo
caboli , può essere accostato per ampiezza alla nostra lettera che nel
l'edizioni a stampa viene suddivisa parimenti in sei capitoli, 154 ver
setti , comprendenti 2425 vocaboli . Il maggior numero di vocaboli
nel testo di Efesini è dato dalla frequenza delle particelle e preposi
zioni che ne caratterizzano la struttura minuta. Nella Lettera ai Ga
lati gli hapaxlegòmena neotestamentari assommano a 32 con 33 ri
correnze , di cui due citazioni dell'AT greco . Anche nello scritto di
Galati alcuni termini nuovi sono connessi con il tema specifico della
lettera: ioudaismòs (due volte) , ioudaìzein, ioudaikòs (Gal 1 , 13-14;
2,14) . Dunque si potrebbe ritenere che lo scritto di Efesini non rap
presenta un'eccezione , anche se mostra una certa preferenza per la
originalità lessicale .
Una conferma di questo orientamento può venire dal confronto
con gli altri scritti del corpus paolino . Sono stati rilevati circa una
cinquantina di hapaxlegòmena paolini , cioè di vocaboli che ricorro
no solo in Efesini e non nelle altre lettere di Paolo , escluso il gruppo
delle pastorali. Tra questi meritano di essere segnalati i seguenti : il
termine politèia , «cittadinanza>> (2,12; cf. At 22 ,28) , mentre in Fil
1 ,27 si ha polìteuma; pàroikos, «ospite>> (2 , 1 9 ; cf. At 1 3 , 1 7 ; 1Pt
1 , 17) ; akrogonàios , «angolare>> (2,20 ; cf. 1Pt 2,6) ; diàbolos (4 ,27 ;
143
6 , 1 1) che ricorre 37 nel NT, ma non negli scritti del corpus paolino ,
escluse le pastorali (sei volte) ; s6tèrion (6, 17) che ricorre solo nell'o
pera lucana (Le 2,30; At 28 ,28) .
Ma il rapporto lessi cale di Efesini con l'epistolario paolino è
complicato dal fatto che nel nostro scritto ricorrono oltre una trenti
na di termini che non hanno riscontro negli altri scritti del NT:
Lessico paolino di Ef altre lettere
aischròs, «vergognoso» 5 , 12 lCor 1 1 ,6; 14,35 ;
Tt 1 , 1 1
alethèuein , «dire la verità 4,15 Gal 4,16
anakephalaioùsthai, 1 , 10 Rm 1 3 ,9
«ricapitolarsi»
anexichnìastos , 3 ,8 Rm 1 1 ,33
«ininvestigabile»
* ) anthr6pàreskos, 6,6 Col 3,22
«riguardo umano»
* ) aphè, «legame» 4,16 Col 2,19
aphtharsìa, «incorruzione» 6 ,24 Rm 2,7;
lCor 15 ,42.50.53 .54;
2Tm 1 , 10
* ) apokatallàssesthai, 2,16 Col 1 ,20. 22
«essere riconciliati»
* ) apallotrioùsthai, 2,12; 4,18 Col 1 ,2 1
«estraniarsi»
arrabon , «caparra» 1 , 14 2Cor 1 ,22 ; 5 ,5
* ) àuxesis , «Crescita» 4,16 Col 2 , 1 9
enèrgeia , «forza» 1 , 19; 3,7; Fil 3 ,2 ; Col l ,29 ;
4,16 2,12; 2Tm 2,9. 1 1
exagoràzein, «riscattare» 5 , 16 Gal 3,15; 4,5 ; Col
4,5
epichoregìa, «elargizione» 4,16 Fil l ,19
eu6dìa , «soave odore» 5 ,2 2Cor 2 , 1 5 ; Fil 4,18
thalpèin , «riscaldare» 5 ,29 lTs 2,7
loùtron , «bagno» 5 ,26 Tt 3,5
mnèia, «ricordo» 1 , 16 Rm 1 ,9 ; Fil 1 ,3 ;
lTs 1 ,2 ; 3 ,6; Fm 4 ;
2Tm 1 ,3
nouthesìa , «ammonizione» 6,4 l Cor 1 0, 1 1 ; Tt 3 , 10
* ) ophthalmodoulìa , 6,6 Col 3 ,22
«servilismo))
144
parorgìzesthai, «esasperarsi» 6,4 Rm 10,19
pepòithesis, «fiducia» 3 , 12 2Cor 1 , 15 ; 3,4;
8 ,22 ; 10,2; Fil 3 ,4
perikephalàia , «elmo» 6,17 lTs 5 ,8
pleonekt�s , «cupido» 5 ,5 lCor 5 , 10. 1 1 ; 6 , 10
pòiema, «creatura» 2,10 Rm 1 ,20
presbèuein , «fungere da 6,20 2Cor 5 ,20
ambasciatore»
prosagog�, «accesso» 2 , 1 8 ; 3 , 12 Rm 5 ,2
protìthesthai, «proporsi» 1 ,9 Rm 1 , 1 3 ; 3 ,25
proetoimàzein , «predisporre» 2,10 Rm 9 ,23
* ) rhizoùsthai, «radicarsi» 3 , 17 Col 2,7
* ) synegèirein , 2 ,6 Col 2,12; 3 , 1
«con-risuscitare»
* ) syzoopoièin , 2,5 Col 2,13
«con-vivificare»
hyiothesìa , «adozione» 1 ,5 Rm 8 , 1 5 .23 ; 9,4;
Gal 4,5
* ) hymnos , «inno» 5 , 19 Col 3 , 16
hyperbàllein , «trascendere» 1 , 1 9 ; 2,7; 2Cor 3 , 10 ; 9 , 14
3,19
hyperekperissoù , 3 ,20 l Ts 3 , 10 ; 5 , 13 .
«sovrabbondantemente»
145
b) Le caratteristiche di stile
Nella Lettera agli Efesini ricorrono forme grammaticali e sintat
tiche inusitate o forzate , quali si riscontrano nel greco della versione
biblica dei «Settanta» . In Ef 1 ,22 il verbo greco didònai regge due
accusativi : «lo ha costituito capo su tutte le cose . . . »; in Ef 5 ,5 l'impe
rativo ìste , «sappiate» , seguito dal participio ginl>skontes , corrispon
de a una costruzione semitizzante presente nel greco dei LXX. 1
È notevole anche la frequenza - almeno in 15 casi - delle forme
genitivali in serie , dove un nome regge un genitivo e questo a sua
volta un altro . Questo fenomeno grammaticale può essere fatto risa
lire all'influsso del greco biblico che traduce l'ebraico , dove si sup
plisce alla mancanza dell'aggettivo con un genitivo . In particolare
alcune espressioni come «figli della ribellione>> (4 ,2c) , «figli d'ira>>
(2 ,3c) , «nella santità della verità>> ( 4,24c) , «sacrificio di buon odore»
(5 ,2c) , risentono della traduzione dall'ebraico .
Anche la forma comparativa del superlativo elachistòteros in Ef
3,8, è una forzatura delle regole grammaticali . Proprio questo esem
pio è una conferma macroscopica della ricerca espressiva del nostro
autore . All'inizio del capitolo terzo si ha un periodo non concluso:
«Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo per voi gentili . . . penso
che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me af
fidato a vostro beneficio» (3 , 1 -2) .2
Ma al di là di questi aspetti grammaticali e sintattici quello che
attira l'attenzione nella Lettera agli Efesini è l'aspetto ridondante ,
solenne e prolisso del suo periodare . Più che l'assenza di articolazio
ne dei periodi è la loro concatenazione a perdifiato che scoraggia sia
il traduttore sia il lettore . Si ha l'impressione che l'autore non voglia
mai concludere il discorso , aggiungendo sempre nuovi anelli alla sua
costruzione . Cosl alla proposizione principale si agganciano a casca
ta le subordinate diversamente connesse tra loro : finali introdotte da
hìna , «affinché»; relative ; infinitive ; e soprattutto participali . La be
nedizione iniziale , che occupa 12 versetti , è costruita come un solo
grande periodo che salda insieme circa 17 proposizioni subordinate
1 S.E. PoRTER, «lste gnoskl>ntes in Ephesians 5,5. Does chiasm Solve a Pro
blem?>> , in ZNW 8 1 ( 1 990) , 270-276, propone di superare la forzatura grammaticale
collocando il nostro versetto nella struttura chiastica dei versi di Ef 5 ,3-5 , leggendo
iste come indicativo e interpretando gnoskbntes in funzione avverbiale: «perché voi
conoscete ciò (che si è detto sopra, Ef 5,3-4), sapendo inoltre che . » . . .
146
per un totale di 200 vocaboli ( l ,3-14) . In questo brano , come in tutto
il capitolo primo e secondo , predomina la particella èn che , assieme
a èis e katà introduce le nuove proposizioni e salda tra loro i diversi
elementi della frase . 3
In tal modo il primo capitolo consta di soli tre grandi periodi
( 1 , 1-2.3-14 . 15-23) . Il secondo capitolo è un po' più articolato anche
se esso si apre con una lunga frase (2 , 1-7) . Il capitolo terzo è ancora
molto compatto , in quanto consta di tre grandi costruzioni e di una
quarta più breve (3 , 1-7.8-12. 14-19.20-21) . Il discorso si fa relativa
mente più articolato negli altri tre capitoli con l'eccezione del quarto
che al suo interno racchiude ancora una grande frase (4, 1 1- 16) . An
cora una volta nell'ultimo capitolo si ritorna allo stile solenne e ri
dondante con una ampia composizione (6, 14-20) .
La microstruttura delle proposizioni è costituita dal frequente ri
corso di alcuni fenomeni linguistici che confermano la ricerca di una
scrittura ampollosa e ridondante . Si nota la frequenza di vocaboli si
nonimi , ripetuti in serie : «secondo il beneplacito della sua volontà; e
questo a lode e gloria della sua grazia . . . secondo la ricchezza della
sua grazia. . . ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà»
( 1 ,6.7c.9a) ; «che il Padre della gloria , vi dia uno spirito di sapienza e
di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. . . qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza . . . secondo l'efficacia della
sua forza» ( 1 , 1 8 . 19) .
È impressionante l'accumulazione dei sinonimi composti con la
particella syn concentrati in alcuni contesti dei capitoli secondo e
terzo: «Ma Dio . . . ci ha fatti rivivere con Cristo . . . con lui ci ha anche
risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo, syn-ezoopòiesen,
syn-ègeiren kài syn-ekàthisen» (2,5-6) ; «siete concittadini , sym-polì-
tai . . . in lui ogni costruzione cresce ben ordinata, syn-armologoumè-
ne . . in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati, syn-
.
147
all'effetto di risonanza tra verbo e il sostantivo della stessa radice :
«Vi esorto dunque . . . a comportarvi in maniera degna della vocazio
ne con cui siete stati chiamati , tes kl-eseos hes ekl-ethete, . . . con ogni
umiltà, mansuetudine e pazienza . . . un solo corpo , un solo spirito ,
come una sola è la speranza alla quale siete chiamati , quella della
vostra vocazione , eklèthete èn mìa-i elpìdi tes klèse6s hym6n»
(4 , 1 .2.4) .
Anche in altri contesti della lettera si h a questa ricerca dell'effet
to «eco» grazie alla corrispondenza tra verbo reggente e sostantivo .
Questo si verifica nella «benedizione» e nella «preghiera>> di apertu
ra : «Benedetto , eulogetòs, sia Dio . . . che ci ha benedetti con ogni be
nedizione , eulogèsas hemàs èn pàse-i eulogìa-i» ( 1 ,3) ; «a lode e glo
ria della sua grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto , tes chàritos
autoù hes echarìt6sen hemàs» (1 ,6) ; «secondo l'efficacia della sua
forza che egli manifestò in Cristo , katà tèn enèrgeian . . . hèn enèrge
sen» (1 ,19-20a) . Ma lo stesso fenomeno si riscontra anche nei conte
sti di carattere espositivo e parenetico : «ma Dio . . . per il grande
amore con il quale ci ha amati , dià tèn pollèn agàpen autoù hèn egà
pesen hemàs» (2,4) .
L'accostamento dei sinonimi in molti casi segue un ritmo bina
rio , in modo da ottenere l'effetto del parallelismo . Un esempio di
parallelismo antitetico costruito con i sinonimi si ha a conclusione
del capitolo secondo : «Così dunque voi non siete più stranieri né
ospiti , ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (2,19) . Ma
non è infrequente il ricorso alla disposizione ternaria dei sinonimi
come in Ef 5 ,4: «lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini , trivia
lità» . Gli ultimi due sinonimi accostati , kài morologìa e eutrapelìa ,
hanno una certa omofonia con il termine contrapposto : «Si rendano
invece azioni di grazie , a/là màllon eucharistìa» .
Questo insieme di elementi che caratterizzano lo scritto agli Efe
sini giustificano la qualifica del suo «stile» come ampolloso e ridon
dante con un'evidente tendenza pleroforica. Questa impressione è
confermata dalla frequenza delle formule generalizzanti introdotte
dall'aggettivo pàs , «tutto» , che nelle varie combinazioni grammati
cali ricorre in 50 casi contro i 15 della Lettera ai Galati. Tale intensi
tà è paragonabile solo alle 39 ricorrenze dello stesso aggettivo nella
Lettera ai Colossesi . È tipico invece del nostro scritto il ricorso alle
espressioni iperboliche : «la straordinaria grandezza, tò hyperbàllon
mègethos , della sua potenza» ( 1 , 19) ; «la straordinaria ricchezza , tò
hyperbàllon ploùtos, della sua grazia» (2 ,7) ; «conoscere l'amore di
Cristo che sorpassa ogni conoscenza , t-en hyperbàllousan tes gnòseos
agàpen . . . » (3 , 19) .
148
Per trovare una collocazione omogenea con questo impianto sti
listico della Lettera agli Efesini sulla base dei modelli retorici antichi
si fa riferimento allo «stile asiano» caratterizzato appunto dalla ten
denza all'ampollosità e ridondanza. Si tratta di quello stile ellenisti
co fiorito che si sviluppa nelle zone orientali dell'impero e che ha il
suo punto di riferimento nei centri ellenistici dell'Asia.
Ma anche l'ambiente liturgico , che ama lo stile solenne e il ritmo
ripetitivo della composizione , potrebbe offrire il contesto vitale
adatto per spiegare le caratteristiche del nostro testo . D'altra parte è
facile riscontrare nello scritto di Efesini non solo alcuni elementi del
linguaggio liturgico , ma anche alcuni brani di prosa ritmica che ri
sentono del contesto cultuale (1 ,3-12.20-23 ; 2, 14-18; 4,5-6) . Tra
questi spicca il testo riportato come citazione da una fonte autore
vole : «Per questo sta scritto ( lett . «Si dice» ) :
«Svegliati , o tu che dormi ,
destati dai morti ,
e Cristo ti illuminerà» (5 ,14) .
Inoltre le osservazioni precedenti circa l'influsso del greco
biblico e la presenza di espressioni semitizzanti orientano verso
l'ambiente della letteratura biblica e giudaica sia sapienziale sia pro
fetica e apocalittica . In particolare la tendenza al parallelismo anti
tetico non solo delle frasi, ma anche dello sviluppo tematico , con
ferma questa affinità con il suddetto ambiente . I brani di prosa rit
mica summenzionati rivelano una certa affinità con lo stile poetico
dei salmi biblici . Del resto il contatto con i testi della Bibbia è con
fermato non solo dalle citazioni esplicite , ma anche dall'evidente
ripresa di formule ed espressioni dai libri profetici e dai Salmi (2, 17;
4,8; 6, 14-17) .
149
Per il resto il dialogo epistolare compare nell'introduzione della
preghiera iniziale : «Perciò anch'io avendo avuto notizia della vostra
fede nel Signore Gesù . . . non cesso di rendere grazie per voi , ricor
dandovi nelle mie preghiere» ( 1 , 15-16a) . Esso viene ripreso all'ini
zio del capitolo terzo : «Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo
per voi gentili . . . penso che abbiate sentito parlare del ministero del
la grazia di Dio , a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazio
ne mi è stato fatto conoscere il mistero di cui sopra vi ho scritto bre
vemente . Dalla lettura di ciò che ho scritto potete ben capire la mia
comprensione del mistero di Cristo» (3 , 1-4) . Gli fa eco la conclusio
ne : «Vi prego quindi di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni
per voi ; sono gloria vostra» (3 , 1 3) . Essa fa da raccordo all'introdu
zione della preghiera che conclude questo capitolo : «Per questo, di
co , io piego le ginocchia davanti al Padre . . . perché vi conceda . . . »
(3 , 14a. 15a) . Infine lo stile dialogico rispunta in apertura del capitolo
quarto : «Vi esorto dunque io , il prigioniero del Signore , a compor
tarvi in maniera degna . . . » (4 , 1 a) , con la ripresa successiva: «Vi dico
dunque e vi scongiuro nel Signore . . . » (4, 17) .
Dentro questa intelaiatura , che si ispira al genere epistolare , si
trovano ampi brani di prosa ritmica sullo stile dei Salmi , come la
«benedizione» iniziale ( 1 ,3-14)4 e l'inno a Cristo «pacificatore»
(2, 14-18)5 e quello più breve a Cristo «illuminatore>> (5 , 14) ; una pre
ghiera con dossologia conclusiva (3 , 16-19.20-21) ; brevi professioni
di fede ( 1 ,20 ; 4 ,5-6 ; 5 ,2b .25b) ; un codice dei doveri familiari (5 ,21-
6 ,9) , intercalato da una catechesi su Cristo e la chiesa (5 ,25b-32) ; al
cuni elenchi di vizi (4,3 1 ; 5 ,3-5) e virtù (4,24b.32; 5 ,9) . Una menzio
ne a parte merita la descrizione conclusiva dell'«armatura di Dio»,
ispirata ai modelli biblici ( 6, 14-17) . 6
Una conferma dell'interesse della Lettera agli Efesini per la tra
dizione liturgica e catechistica viene dall'esplicito riferimento che
150
l'autore fa a queste esperienze della comunità cristiana in almeno
due testi . Nel contesto dell'esortazione , che fa leva sull'evento bat
tesimale , l'autore dice : «Ma voi non così avete imparato a conoscere
Cristo , se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti , se
condo la verità che è in Gesù» (4,20-21). E conclude il suo invito a
ricercare la volontà di Dio con queste parole : «siate ricolmi dello
Spirito , intrattenendovi a vicenda con salmi , inni , cantici spirituali ,
cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore , renden
do continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre , nel nome del Si
gnore nostro Gesù Cristo)) (5 , 1 8c-20) .
La presenza di elementi derivati dalla tradizione sia liturgica sia
catechistica non giustificano le ipotesi che tendono a identificare il
genere letterario di Efesini con modelli diversi da quello epistolare :
- una grande preghiera (M. Barth) ;
- un testo liturgico per la feste di Pentecoste ( J . C. Kirby) ;
- un'omelia (P. Pokorny) ispirata alla liturgia battesimale (G .
Schille ; A.T. Lincoln) ;
- un discorso sulla «sapienza del mistero)) (H. Schlier) ;
- un trattato iniziatico , «cristagogico)) (K. Usami) ;
- un trattato teologico o didattico (E. Kasemann) .
In queste ipotesi la forma epistolare sarebbe un semplice rivesti
mento esterno o un espediente per la stesura del testo .
L'argomento più solido a sostegno del genere epistolare dello
scritto agli Efesini è l'esplicito riferimento al modello epistolare pao
lina. Anche se nell'insieme dello scritto il dialogo epistolare è molto
ridotto , non si può negare che esso sia presente non solo nelle frasi
introduttive summenzionate , ma anche nelle sezioni nelle quali il
mittente si rivolge ai destinatari «voi» a nome di un gruppo «noi))
( 1 , 1 1 . 13 ; 2. 1 . 1 1 . 17-18.22) . D'altra parte nel genere letterario «ome
lia)) inviata come la lettera non si fa riferimento alla lettura del testo
scritto come in Ef 3 ,3-4, ma all'ascolto della parola (cf. Eb 8 , 1 ; Gc
2,5). È dunque preferibile mantenere il nostro testo nel genere epi
stolare , dove c'è la possibilità di integrare tutti gli elementi stilistici e
letterari che la contraddistinguono , in particolare la dimensione cul
tuale o liturgica e quella dottrinale . Si potrebbe pensare a una lette
ra di carattere ufficiale inviata in nome e con l'autorità di Paolo a un
gruppo di chiese legate alla tradizione dell'apostolo .
151
che interessa i due versetti di apertura e quelli di chiusura della lette
ra , restano da individuare i criteri che presiedono all'articolazione
delle diverse sezioni .
Una prima serie di elementi strutturanti è suggerita dalle formu
le che fanno da raccordo tra le grandi frasi di cui si compone il testo .
Al termine della grande «benedizione» di apertura, la nuova sezione
è introdotta dall'espressione : «Perciò , dià toùto , anch'io, avendo
avuto notizia della vostra fede nel Signore . . . » ( 1 , 15a) . Questa for
mula fa da transizione alla preghiera di stile epistolare che sfocia in
una nuova composizione di carattere celebrativo . Infatti il dialogo
«epistolare» viene ripreso solo all'inizio del capitolo secondo che
giuoca sull'alternanza «VOi>> e «noi>> , già anticipata nel capitolo
pnmo .
152
parsa del gruppo «noi>> segnala le sezioni di carattere celebrativo o
catechistico (4,5-6.7-16; 5 , 13-14.25b-32 ; 6, 12) .
Una seconda serie di elementi utili per cogliere la struttura del
testo della nostra lettera è data dalla frequenza di alcuni termini
chiave , che creano i diversi campi semantici . Essi non solo danno la
colorazione tematica all'insieme dello scritto di Efesini , ma consen
tono di cogliere il profilo delle singole sezioni in cui esso si articola.
La prima area semantica è quella che ruota attorno ai t<;rmini «po
tenza», dynamis ( 1 , 19.21 ; 3 ,7 . 16.20) ; «ricchezza» , ploùtos ( 1 ,7. 18;
2,7; 3,8. 16) ; «efficacia» , enèrgeia , «forza» (1 , 19 ; 3,7; 4 , 16) ; energèin
«agire con forza» ( 1 , 1 1 .20; 2,2; 3 ,20) ; «forza» , ischys ( 1 , 19; 6, 10) .
Come si può costatare questa terminologia è concentrata nel capito
lo primo e terzo, con alcune ricorrenze nel secondo e sesto . A que
sto primo campo semantico può essere associato quello che fa leva
sul lessico della «gloria» , dòxa , con otto ricorrenze condensate anco
ra nel capitolo primo e terzo .
Una seconda costellazione semantica gravita attorno al myst�
rion . Questo termine compare la prima volta nella «benedizione»
iniziale e poi per tre volte nel capitolo terzo e una nel quinto (5 ,32) .
Esso è specificato come «mistero di Dio» (1 ,9) o di «Cristo» (3 ,4) . In
tre casi è accompagnato dal sostantivo oikonomìa , «disposizione»
(1 , 10; 3,2.9) e dal verbo gnorìzein , «far conoscere» ( 1 ,9 ; 3,3.5. 10) .
E associato al lessico apocalittico : apokàlypsis l apokalyptein (3 ,3.5)
e a quello sapienziale: sophìa (1 ,8; 3 , 10) ; phrònesis ( 1 ,8) . Nel conte
sto della «benedizione» iniziale in rapporto con il «mistero» sta il so
stantivo pl�roma , che ricompare anche in altri contesti ( 1 , 10.23;
3 , 19 ; 4 , 13) .
Una terza marca semantica si costituisce attorno al lessico della
«grazia» e della libera ed efficace azione di Dio , indicata dai termini
thèlema ( 1 , 1 . 5 . 9 . 1 1 ) , pròthesis ( 1 , 1 1 ; 3 , 1 1 ) e baule ( 1 , 1 1 ) . Il termine
chàris , che ricorre 12 volte , è presente in tutti i capitoli , escluso il
quinto , ma con più intensità nel primo , secondo e terzo . Nell'ambito
della «benedizione» iniziale esso è connesso al verbo charitoùn
( 1 ,6) . Alla stessa area semantica vanno accostati i termini doreà e
d6ron , «dono» (2,8; 3 ,7 ; 4,7) . L'ambito «trascendente» o celeste
dell'azione di Dio è indicato dal termine preferito dal nostro autore :
epourànios , al plurale (1 ,3 .20; 3,6; 3 , 10; 6,12) .
Infine si deve osservare che alcuni contesti sono caratterizzati
dalla massiccia concentrazione dei termini composti con la particella
syn , già segnalati nell'analisi lessicale : sy-zoopoièin , «con-vivificare ;
syn-egèirein , «COD«risuscitare» ; syn-kathìzein , «con-sedere» (2,5-6) ;
153
sym-polìtai, «con-cittadini» , syn-armologèisthai, «con-articolarsi»
(2,21 ; 4, 16) ; syn-oikodomèisthai, «con-costruirsi» (2, 19.21 .22) ; sym
bibàzesthai, «essere congiunto» (4, 1 6) ; syn-kleronòma , «con-eredh> ;
sys-soma , «con-corporei» ; sym-mètocha , «com-partecipi» (3 ,6) . Af
fine a quest'area della «com-partecipazione» è quella dell'unità e
«pacificazione», richiamata dal lessico della «pace» , eirlme
(2 , 14. 15. 17) , e dell'unità: èis/mìa/hèn (2 ,14. 15. 16. 18; 4 ,4-7. 16) ; enò
tes (4,3. 13) .
Tenendo conto di questi elementi che segnalano le articolazioni
del testo e la sua configurazione semantica si può proporre questa
struttura generale della Lettera agli Efesini :
154
d) codice dei doveri familiari con le relative motivazioni che
fanno leva sul rapporto di Cristo con la chiesa, 5 ,21-6 , 1 ;
e ) esortazione al combattimento spirituale che implica la pre
ghiera perseverante per tutti i fedeli e anche per l'apostolo
«ambasciatore» del vangelo in catene , 6, 10-20.
Cornice epistolare: si danno alcune informazioni e si inviano il saluto
e la benedizione finale , Ef 6,21-24.
Benedizione e preghiera
7 H. ScHLIER , La lettera agli Efesini, 21976, suddivide il brano poetico in due fasi ,
quello della progettazione del piano salvifico ( Ef 1 ,4-5), e quello della sua attuazione
storica ( Ef 1 ,6-10) ; egli considera gli ultimi versi ( Ef 1 , 1 1 - 14) estranei alla composi
zione innica .
155
peccati) e quello della «comunicazione» («sapienza e intelligenza»)
del disegno salvifico che assume una dimensione cosmica. 8
Nella seconda parte al posto della serie di verbi attivi principali ,
subentrano due verbi al passivo che alludono ancora all'iniziativa
benigna di Dio attuata per mezzo del Figlio : «in lui siamo stati fatti
eredi» ( l , 1 1 ) ; «in lui . . . avete ricevuto il sigillo dello Spirito santo»
( 1 , 13c) . Gesù Cristo dunque è il secondo protagonista strettamente
associato al Padre come il Figlio «amato», nel quale sono scelti e
amati i figli di adozione (1 ,4-5 ) . Nel seguito della composizione en
trano in scena i destinatari dell' azione di Dio Padre rivelata e attuata
«in Gesù Cristo>> . Nei versetti finali si presentano i destinatari che si
dividono in due gruppi contraddistinti rispettivamente dal pronome
«nOi» ( 1 , 1 1-12) e «VOi» ( 1 , 13-14) .
Tenendo conto di questi diversi elementi si può suddividere il te
sto della «benedizione» in questo modo :
156
La «illuminazione» interiore dei fedeli riguarda la comprensione
della «speranza della sua chiamata» e «la ricchezza della gloria della
sua eredità tra i santi».
Alla fine la preghiera si trasforma in una celebrazione o profes
sione di fede nella «straordinaria grandezza della potenza» di Dio a
favore dei credenti . Essa infatti si è manifestata e attuata come azio
ne forte ed efficace nella risurrezione di Cristo dai morti , nella sua
intronizzazione trascendente che sta all'origine della sua signoria co
smica e universale ( 1 ,20-23) .
Negli ultimi versi di questa composizione di carattere celebrativo
si avverte l'eco del tema annunciato nella benedizione . Questo risul
ta anche da una certa corrispondenza lessicale tra le due sezioni :9
Ef 1, 9-10 Ef 1,20c-23
«Poiché egli ci ha fatto co «e lo fece sedere alla sua destra nei
noscere il mistero della cieli , al di sopra di ogni principato e
sua volontà, secondo autorità, di ogni potenza e domina
quanto nella sua benevo zione e di ogni altro nome che si pos
lenza aveva in lui prestabi sa nominare non solo nel secolo pre
lito per realizzarlo nella sente , ma anche in quello futuro .
pienezza dei tempi , èis oi Tutto infatti ha sottomesso ai suoi
konomìan toù plerbmatos piedi e lo ha costituito su tutte le cose
ton kairon , il disegno cioè a capo della chiesa, kephalen hypèr
di ricapitolare , anakepha pànta te-i ekklesìa-i, la qual è il suo
lai6sasthai, in Cristo , èn corpo , la pienezza, tò pler6ma , di co
to-i Christo-i, tutte le cose , lui che si realizza pienamente in tutte
tà pànta , quelle del cielo e le cose , toù tà pànta èn pàsin plerou
quelle della terra» . mènou» .
Nella prima parte del capitolo secondo nella forma del dialogo
catechistico si fa un'esposizione dell'azione salvifica, gratuita ed effi-
157
cace di Dio che ha rovesciato la situazione storica dei destinatari
«voi/noi» . Essa fa leva sul dittico contrapposto :
158
b) primo annuncio del cambiamento: Ef 2 , 1 3
«Ora invece , i n Cristo Gesù , voi che u n tempo eravate lonta
ni siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo».
c) celebrazione del ruolo di Cristo , Ef 2, 14-17
«egli è la nostra pace»:
- facendo dei due uno solo ;
- abbattendo il muro divisorio , l'inimicizia nella sua carne ;
- annullando la legge fatta di prescrizioni e decreti ;
«per creare in se stesso , dei due un solo uomo nuovo» ;
- facendo la pace ;
«per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo
della croce»;
- distruggendo in se stesso l'inimicizia ;
- venendo ad annunciare l'evangelo di pace ai vicini e ai lon-
tani ;
b ' ) secondo annuncio del cambiamento, Ef 2 , 1 8
«per mezzo d i lui possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre
in un solo Spirito». ·
a ' ) conclusione: rovesciamento della
. situazione precedente , Ef
2,19-22
- voi non siete più stranieri , ma concittadini dei santi ;
- né ospiti , ma familiari di Dio .
159
del ruolo di Paolo , prototipo dei cristiani destinatari della «grazia»
di Dio . L'argomentazione della prima parte del capitolo si svolge in
forma concentrica in tre momenti:
160
La conclusione dossologica chiude non solo questa preghiera e il
capitolo terzo , ma tutta la prima parte , di cui richiama alcuni termi
ni-chiave : la «potenza» , la «gloria» di Dio che si rivela nella «Chiesa»
e in Cristo Gesù , 3 ,20-21 .
L'inizio del quarto capitolo segna uno stacco rispetto alla prima
parte della lettera . Esso però si raccorda con il capitolo precedente ,
di cui riprende l'espressione d'apertura riferita al mittente : «Vi esor
to dunque , io , il prigioniero del Signore» (4,1a; cf. 3 , 1 a ) . Il passag
gio all'esortazione che riguarda la prassi , peripatèin , avviene pro
gressivamente . Infatti la prima sezione del nostro capitolo ripropone
il tema dell'unità, enòtés, già anticipato nei capitoli precedenti . L'u
nità ora assume una dimensione ecclesiale, in quanto si manifesta e
realizza in «un solo corpo e un solo spirito» come risposta alla chia
mata di Dio all'unica speranza. Questa unità corrisponde alla pro
fessione di fede battesimale , anche se le sue radici vanno ricercate
nell'azione unificante di Dio «Padre di tutti , che è al di sopra di tutti ,
agisce in tutti ed è presente in tutti» ( 4, 1-6 ) .
La seconda sezione sviluppa il tema dell'enòtés , che deriva dal
l'attivazione convergente e armonica di tutti i doni fatti a ciascuno
da Dio per mezzo di Cristo . L'argomentazione di carattere esposi
tivo si svolge in tre momenti :
161
cui Cristo è il capo unificante e dinamico (4, 14-16) . Il termine che fa
da guida e dà unità all'insieme dell'argomentazione con intenti pare
netici è l'agàpe. Esso sta all'inizio e alla conclusione dell'ultima fra
se , in cui si presentano e raccomandano la crescita di tutto il corpo e
l'edificazione di ciascuno (4, 15. 16) .
L'ultima parte del capitolo quarto di carattere più decisamente
parenetico traccia il programma di vita pratica. La parenesi fa leva
sull'antitesi che in parte riecheggia quella del capitolo secondo . Allo
stile di vita di un tempo , caratteristico dei pagani , «estranei alla vita
di Dio>> , si oppone ora lo stile di vita proprio di chi ha «imparato Cri
sto>> (4, 17-19 .20-21). Il progetto di vita viene presentato per mezzo
di tre espressioni , che giocano ancora sull'effetto del contrasto : «de
porre l'uomo vecchio>> , «rinnovarsi nello spirito>> e «rivestire l'uomo
nuovo>> ( 4,22-24) . Questo invito a «deporre>> la vecchia esistenza ,
che si corrompe correndo dietro alle passioni ingannatrici , si concre
tizza in una serie di indicazioni pratiche che riguardano i rapporti in
terpersonali e comunitari (4,25-32) .
La parenesi continua nel capitolo quinto, dove il progetto di vita
dei «figli>> amati che devono imitare Dio , viene condensato in una
formula programmatica: «camminate nell'agàpb> (5 ,2a) . Esso ha la
sua motivazione nell'amore di Cristo che «ha dato se stesso per noi»
(5 ,2b) . La stessa motivazione si trova all'interno della catechesi sul
rapporto tra Cristo e la chiesa , che viene presentato come fonte e
modello delle relazioni sponsali (5 ,25b) . Questo consente di riunire
in un solo quadro programmatico le diverse sezioni dell'ampia pare
nesi che abbraccia tutti gli ambiti della vita personale , familiare e co
munitaria.
Nella prima parte del capitolo quinto si sfrutta ancora l'effetto
dell'antitesi già nota dal capitolo secondo . La prassi viziosa dei pa
gani «idolatri» non solo li esclude dal regno di Cristo e di Dio , ma at
tira il giudizio di Dio sui «figli ribelli» (5 ,3-6) . Da tale situazione di
«tenebre» sono emersi i credenti come «figli della luce» illuminati da
Cristo . Su questo fatto fa leva l'invito a rompere ogni legame con il
mondo dell'oscurità (5 ,7-14) . Alle opere infruttuose delle tenebre si
contrappone il «frutto della luce che consiste in ogni bontà , giustizia
e verità». L'antitesi «luce/tenebre» si prolunga in quella di «sapien
za/stoltezza>> . La sapienza consiste nella ricerca della volontà del Si
gnore e nell'esperienza dello Spirito , che si esprime nell'intensità
della comunicazione e della preghiera ecclesiale (5 , 15-20) .
L'ultima parte del capitolo quinto e i primi nove versetti del se
sto riportano il «codice dei doveri familiari» (5,21--6,9). Esso viene
162
introdotto da un invito programmatico che si appoggia sul participio
hypotassòmenoi: «siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cri
sto» (5 ,21 ) . Segue la proposta dei «doveri» per i diversi membri del
la famiglia interpellati nei rispettivi ruoli e reciproci rapporti . Ogni
invito è motivato in modo più o meno ampio con il rimando a Cristo
o al Signore . Ecco un quadro complessivo del «codice dei doveri» fa
miliari:
a) dovere delle mogli in rapporto ai mariti , 5 ,22a ;
- motivazione , 5 ,22c-24;
b ) dovere dei mariti in rapporto alle mogli , 5 ,25a;
- motivazione , 5 ,25b-32 ;
- conclusione dei doveri sponsali , 5 ,33 ;
c) dovere dei figli in rapporto ai genitori , 6 , 1 a ;
- motivazione , 6, 1b-3 ;
d ) dovere dei genitori in rapporto ai figli , 6,4ab ;
- motivazione implicita, 6,4c ;
e ) dovere degli schiavi in rapporto ai padroni , 6 ,5ab ;
- motivazione , 6,5c-8 ;
f) dovere dei padroni in rapporto agli schiavi, 6 ,9a ;
- motivazione , 6,9b.
In questo schema risalta l'ampio spazio dato alla motivazione ri
spetto alla proposta del «dovere». La motivazione del dovere dei
mariti assume la forma di una catechesi sull'amore di Cristo per la
chiesa . Essa in parte è anticipata da quella relativa al dovere delle
mogli , dove Cristo è presentato come «capo» della chiesa suo «cor
po>> . Ma nel caso dei mariti la presentazione dell'amore di Cristo per
la chiesa si sviluppa in una serie di proposizioni introdotte dalla par
ticella hìna ripetuta tre volte (5 ,26a.27ab ) . Alla fine risuona l'invito
in forma applicativa: «Così i mariti hanno il dovere di amare le mo
gli come il proprio corpo , perché chi ama la moglie ama se stesso»
( 5 ,28 ) . Quindi prosegue la riflessione sul tema del «corpo», ma so
stituendovi il termine «carne>> , sàrx , che prepara il rimando al testo
biblico di Gen 2 ,24: «per questo l'uomo lascerà suo padre e sua ma
dre e i due saranno una carne sola , èis sàrka mìan» ( 5 ,31 ) . Nel breve
commento applicativo il mysi�rion , chiamato «grande» , è riferito al
rapporto di Cristo con la chiesa ( 5 ,32 ) . Esso consente di fondere in
sieme i tre segmenti di questo brano : quello sponsale , cristologico
ed ecclesiale . Essi convergono nel tema dell'unico corpo .
La formula di stile parenetico «del resto, toù loipoù» , introduce
la sezione del «combattimento spirituale» (6 , 10-20 ) . Essa è caratte-
163
rizzata da una serie di imperativi che ne scandiscono lo sviluppo . Il
primo è programmatico : «attingete forza nel Signore e nel vigore
della sua potenza» (6,10) . Il secondo introduce il tema vero e pro
prio : «Rivestitevi dell'armatura di Dio» (6,1 1a) . Una breve motiva
zione fa leva sullo scopo e la qualità della lotta (6, 1 1 b-12) . Questa
interruzione costringe a riprendere con un nuovo imperativo e la re
lativa motivazione : «Prendete perciò l'armatura di Dio» (6 , 13). Infi
ne il quarto imperativo - «state dunque ben fermi» - offre lo spunto
per presentare in dettaglio l'equipaggiamento militare : corazza, cal
zatura, scudo , elmo . L'invito a impugnare la «spada dello Spirito ,
che è la parola di Dio», chiude la presentazione della panoplìa di
Dio , ispirata al modello biblico (6, 14-17) . La serie di participi con
valore imperativo si prolunga nell'invito alla preghiera vigilante e
perseverante per tutti i «santi» e anche per Paolo , l'ambasciatore del
vangelo in catene , perché possa annunziarlo con franchezza e auda
cia (6,18-20) .
10
A .T. LINCOLN , «The Use of OT in Ephesians», in JSNT 14(1982) , 16-57 ;
BARTH , «Traditions in Ephesians>>.
164
ni e categorie desunti dalla Bibbia, per lo più nella versione greca
dei «Settanta» . In una decina di casi è riportato un versetto intero o
una frase della Bibbia. Solo in Ef 4,8 il testo del Sal 68 , 19 (67 , 1 9:
LXX) è introdotto dalla formula : «Perciò dice , diò lègei» . Con la
stessa formula in Ef 5 , 14 è citato un frammento poetico che , nono
stante le affinità con diversi testi in Isaia, non può essere considerato
una citazione biblica (cf. Is 26, 1 9 ; 5 1 , 17 ; 52, 1 ; 60, 1 ) . Tutti gli altri
testi biblici sono inseriti nel testo della lettera senza formule di cita
zione . Perciò non è sempre facile distinguere le «citazioni» dirette ,
da quelle indirette o allusioni che spesso si riducono all'uso del fra
sario biblico .
In ogni caso una prima serie di testi biblici utilizzati dal nostro
autore riguardano l'intronizzazione celeste e la signoria di Gesù ri
sorto . Oltre al Sal 68, 19 in Ef 4,8, si fa riferimento al Sal 8,7 in Ef
1 ,22, dove si dice : « Tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costitui
to su tutte le cose a capo della chiesa». Un'allusione al Sal 109/1 10,1
si può intravedere sullo sfondo dell'espressione : «lo fece sedere alla
sua destra nei cieli» ( 1 ,20c) . La lettura di questi salmi si inserisce in
una tradizione ermeneutica cristiana che li rilegge in chiave cristolo
gica. Questo forse spiega la citazione del Sal 67/68, 19 che nella for
ma di Ef 4,8 non corrisponde né al testo originale ebraico , né alla
versione dei Settanta. Infatti la citazione del salmo è seguita da un
breve commento che lo rilegge in rapporto alla «ascesa» e «discesa»
di Cristo (4,9-10) .
Un secondo gruppo di testi biblici è connesso con il ruolo di Cri
sto pacificatore universale che «è venuto ad annunziare pace a voi
che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini» (2 , 17) . Quest'ul
tima frase combina insieme alcuni termini ed espressioni che si tro
vano in Is 52 ,7; 57 , 19 e Zc 9 , 10. La dichiarazione iniziale dell'inno :
«Egli è la nostra pace», può richiamare i testi di Is 9 ,6 e Mi 5 ,4 sul
re-messia portatore di pace . Anche l'immagine della «pietra angola
re» riferita a Cristo Gesù potrebbe alludere al testo di Is 28,16, che
assume una valenza messianica nella lettura cristiana (1Pt 2,6) .
I rimandi più frequenti ai testi del primo testamento si trovano
nella parte parenetica della lettera . Due testi, uno dai Profeti e uno
dai Salmi , sono introdotti nell'esemplificazione dello stile di vita del
l'«uomo nuovo» . Il testo di Gen 2,24, sulla coppia primordiale , con
clude la catechesi sul rapporto di Cristo con la chiesa. Altri due testi
dal Pentateuco, Toràh , giustificano il dovere di obbedienza dei figli
verso i genitori . Infine un montaggio di frasi desunte dai testi sapien
ziali e profetici , soprattutto da Isaia, viene utilizzato per presentare
l'armatura di Dio. Ecco in quadro riassuntivo l'uso della Bibbia
165
nella sezione parentica di Efesini , escluso il testo già riferito di
Ef 4,8:
Efesini Antico Testamento
4,25: «Dite ciascuno la verità Zc 8,16(LXX)
al proprio prossimo»;
4,26: «Nell'ira non peccate» ; Sal 4,5(LXX)
5,3 1 : «Per questo l'uomo lascerà suo padre e Gen 2,24
sua madre e i due formeranno una carne
sola» ;
6,2-3: «Onora tuo padre e tua madre» ; Es 20,12; Dt 5,16
«Perché sia felice e goda di una vita lun-
ga sopra la terra»;
6, 14: «Cinti i fianchi con la verità, rivestiti Is 1 1 ,5; 59, 17;
con la corazza della giustizia»; Sap 5 , 18
6,15: «ai piedi lo zelo per annunziare il van- Is 52,7; Na 2,1
gelo»;
6,17: «I'elmo della salvezza e la spada dello Is 1 1 ,4; 49,2; 59,17;
Spirito che è la parola di Dio». Os 6,5.
11
M . BouTTIER, L ' Épftre de Saint Pau/ aux Ephésiens, 36, dice che in Efesini le
«citazioni o allusioni non servono molto a una teologia della promessa e del compi-
166
sa» , associato allo «Spirito santo» (l ,13), ai «patti di Israele» (2 , 12)
o all'annuncio del vangelo di Cristo (3 ,6) , è rivelatrice della tensione
dinamica del processo salvifico o di quella che l'autore chiama la oi
konomìa predisposta da Dio per essere pienamente rivelata e attua
ta in Cristo Gesù .
mento come presso Paolo o Matteo». Questo è vero solo nel confronto con i due sud
detti autori del NT, ma ciò non esclude che Efesini utilizzi i testi dell'A T nel contesto
della «sua teologia» della promessa che è diversa da quella di Paolo e Matteo.
167
4,5 : «Un solo Signore , una sola fede» ; 10,16
4,7: «secondo la misura del dono di 3,34
Cristo» ;
4 , 10: «Colui che discese è l o stesso che 3 , 1 3 ; 6 ,62
anche ascese al di sopra di tutti i
cieli»;
5 ,8: «Se un tempo eravate tenebre , 12 ,35-36
ora siete luce nel Signore ;
Comportatevi come figli della lu ( l Gv 1 ,5-7)
ce» ;
5,11: «Non partecipate alle opere in 3,20-21
fruttuose delle tenebre , ma piut-
tosto condannatele apertamen
te» ;
5 , 13 : «Tutte queste cose che vengono 3 ,20-21
apertamente condannate sono ri-
velate dalla luce , perché tutto
quello che si manifesta è luce»;
5 ,20: «Nel nome del Signore Gesù» ; 16 ,23-24
5 ,26: «Purificandola per mezzo del 13 , 1 1 ; 15 ,3
lavacro accompagnato dalla
parola» ;
6,12: «La nostra battaglia infatti non è 14 ,30
contro creature fatte di carne e
sangue , ma contro i principati e le
potestà , contro i dominatori di
questo mondo di tenebra» .
168
Anche il ruolo di Cristo pacificatore e unificatore per mezzo del
la sua carne o della croce celebrato in Ef 2, 14-18 può essere accosta
to a quello del Cristo giovanneo che con la sua morte unisce i divisi
(Gv 10,16) , raccoglie i dispersi (Gv 1 1 ,45) e innalzato da terra attira
tutti a sé (Gv 12,32) . Nella stessa prospettiva si colloca l'antitesi «lu
ce/tenebre» che in Ef 5 ,8-14, come nel quarto Vangelo , si intreccia
con la dimensione cristologica e soteriologica , ma ha anche risvolti
etici e parenetici (Gv 3,20-21 ; 8,12; 12,35-36) .
Ma nonostante queste affinità e possibili convergenze tra i testi
del quarto Vangelo e la Lettera agli Efesini si devono rilevare le di
versità e dissonanze . La tematica caratteristica di Efesini, connessa
con il myst�rion , il «corpo di Cristo» e l'ekklesìa , non ha corrispon
denti nel quarto Vangelo . Ma è soprattutto l'impostazione di fondo
che diversifica i due scritti, in rapporto con la diversa situazione vita
le dei destinatari: più cristologica teologale quella di Giovanni , più
ecclesiologica e parenetica quella di Efesini . Perciò anche le loro
convergenze lessicali e tematiche non possono essere sopravvaluta
te . Senza pensare a un rapporto letterario diretto esse si possono
spiegare sulla base della comune tradizione e grazie a un processo di
osmosi tra le diverse correnti della primitiva teologia cristiana.
Ef Le At
1 , 13: «la parola della verità, il van- 13 ,26
gelo della vostra salvezza» ;
1 , 17: «il Padre della gloria» ; 7,2
1 , 18: «l'eredità tra i santi»; 20,32
2,5a: «da morti che eravamo . . . 15 ,24.32
ci ha fatto rivivere con Cri-
sto» ;
169
Ef Le At
2,5c.8: «salvati per grazia» ; 15 , 1 1
2,17: «a voi che eravate lontani» ; 2,39
4,24: «nella santità e giustizia» ; 1 ,7512
4,2: «con ogni umiltà» ; 20, 19
5 ,8: «figli della luce» ; 16,8
6,9: «non c'è preferenza di perso 10,34
ne presso di lui (il Signore)» ;
6 , 14: «cinti i fianchi. . . » ; 12 ,35
«per propagare i l vangelo di 2,14 10,36
pace»;
6,18: «pregate incessantemente . . . »; 18,1
«vigilando a questo scopo» ; 21 ,36
6,19: «mi sia data una parola fran 2,29 ; 4,29
ca . . . possa annunciarlo con
franchezza» .
Alcune di queste consonanze dipendono dalla comune matrice
biblica . Altre invece riflettono una convergenza tematica che tocca
la visione della storia di salvezza e la costituzione della chiesa . In
questa prospettiva per l'autore del terzo Vangelo e degli Atti degli
apostoli hanno un ruolo importante l'annuncio del vangelo ai popo
li , l'azione e presenza dello Spirito santo , la testimonianza degli apo
stoli, il ministero dei pastori ed evangelisti . Questi interessi lucani
per certi aspetti incrociano quelli della Lettera agli Efesini . A questo
elenco si può aggiungere anche il tema dell' «ascensione» e «introniz
zazione» celeste di Gesù Cristo , connesso con la comunicazione dei
doni spirituali per la vita della chiesa (Ef 1 ,21-23 ; 4,7-13//At 2 , 1 -47 ;
20,28) . 13 Ma anche in questo caso , nonostante l'innegabile affinità
lessicale e tematica , si deve sottolineare la diversa prospettiva sia
della salvezza sia della nascita e crescita della chiesa: storica e geo
grafica nell'opera di Luca , trascendente e interiore in Efesini .
1 2 La stessa espressione ricorre nel libro della Sapienza 9,3; cf. Tt 2, 12.
13 Nell'interpretazione targumica il Sal 67/68, 19 è associato alla festa ebraica di
Pentecoste, in cui si commemora il dono della legge al Sinai . Questo fatto facilitereb
be la rilettura cristologica di Ef 4,8-10 che allude allo stesso evento (F. MoNTAGNINI ,
Lettera agli Efesini, 259-261).
170
lessicale e tematico . Sono circa undici i termini di Efesini senza ri
scontro nell'epistolario paolino , e che invece si trovano nella prima
Lettera di Pietro . Altrettanto impressionante è il parallelismo del
frasario e delle relative concezioni nei due scritti :
Efesini Prima Pietro
1 ,3 : «Benedetto sia Dio , Padre del 1 ,3
Signore nostro Gesù Cristo . . . » ;
1 ,4: «p.r ima della creazione del 1 ,20
mondo»;
1 , 14: «in attesa della completa reden 1 ,4
zione di coloro che Dio si è ac
quistato . . . » ;
1 ,20b-21 : «lo fece sedere alla sua destra 3 ,22
nei cieli , al di sopra di ogni
principato e autorità, di ogni
potenza e dominazione» ;
2,18: «Per mezzo di lui possiamo pre 3 , 1 8b
sentarci . . . » ;
2,20.22: «avendo come pietra angolare 2,4-6
lo stesso Cristo Gesù . . . in lui
anche voi insieme con gli altri
venite edificati per diventare di
mora di Dio . . . » ;
3 ,5-6: «Questo mistero non è stato 1 , 10-12
manifestato agli uomini delle
precedenti generazioni come al
presente è stato rivelato ai suoi
santi apostoli e profeti per mez
zo dello Spirito» ;
4, 17-18: «Non comportatevi più come i 1 , 14-18; 4,2-3
pagani . . . a causa dell'ignoranza
che è in loro» ;
5 ,8 : «Se un tempo eravate tenebre , 2,9b
ora siete luce nel Signore» ;
5 ,22: «Le mogli siano sottomesse ai 3,1
mariti. . . » ;
5 ,25 : «Perciò bando alla menzo 2,1
gna . . . » ;
5 ,3 1 : «Scompaia . . . ogni sorta d i mali 2,1
gnità» ;
6 , 12: «La nostra battaglia . . . è contro 5 ,8-9
gli spiriti del male».
171
La singolare affinità tra Efesini e la prima Lettera di Pietro va in
scritta nell'orizzonte della primitiva catechesi e parenesi battesima
le . Su questo terreno comune si sviluppa l'esortazione dialettica che
giuoca sull'antitesi tra un «passato» di corruzione e la «presente»
condizione di vita postbattesimale . Ma nella catechesi e parenesi
della prima Lettera di Pietro mancano proprio gli elementi distintivi
del discorso di Efesini: la rivelazione e attuazione del mistero in Ge
sù Cristo , l'unificazione dei pagani nel corpo ecclesiale , di cui Cristo
è il capo . Sintomatica a questo riguardo è la diversa valenza del ter
mine pàroikoi: in Ef 2 , 19 i pagani non sono più «Stranieri e ospiti» ;
in 1Pt 2 , 1 1 invece i battezzati sono interpellati come «stranieri e pel
legrini» rispetto al loro contesto storico e sociale .
14 I numeri della prima riga si riferiscono al Greek New Testament della United
Bible Societies, 4" edizione ; la seconda riga riporta il calcolo dei passi paralleli citati
in margine al NESTLE-ALAND, Novum Testamentum graece, 27" edizione .
172
Rm J Cor 2Cor J Ts Gal Fm Fil
23 15 9 7 6 5 2
(54) (32) (18) (14) (19) (10)
1 73
Efesini Rm J Cor 2Cor Gal
4,7: doni spirituali 12,3.6 12, 1 1
4,11: ministeri 12 ,28
4 , 14: non più bambini 14,20
4,17: peccato dei pagani 1 ,21
4 ,22: uomo vecchio 6,6
4,23: rinnovarsi nella mente 12,2
5 ,2 : camminare nell'amore 14,15
5 ,2: Cristo ci ha amato
e ha dato se stesso 2,20
5,5: elenco d i vizi 6,9-10
5 ,6: ira di Dio 1 , 18
5 , 10: ciò che è
gradito a Dio 12,2
5,11: non partecipate 16,17
5 , 14: Cristo ti illuminerà 13 , 1 1
5 , 17: la volontà di Dio 12,2
5 ,23 : marito capo della moglie 1 1 ,3
5 ,27 : chiesa sposa 1 1 ,2
5 ,30: membra del corpo
di Cristo 12,5 6 , 1 5 ; 12,27
6,8: giudizio di Dio 5 , 10
6,11 : armatura di Dio 13 , 12 10,4
6,20: ambasciatore del vangelo 5 ,20
174
accentuazione . Il termine pl'èr6ma , che ricorre sei volte nelle proto
paoline , quattro volte in Efesini e due in Colossesi , solo in Ef l ,23
ha una connotazione ecclesiologica . Anche il termine soma , «cor
po» , con valenza ecclesiologica, ha i suoi precedenti nell'epistolario
autentico di Paolo . Ma rispetto alle lettere protopaoline, dove l'e
spressione «corpo di Cristo» è connessa con l'esperienza battesima
le , eucaristica e dei doni spirituali , in Efesini essa designa una realtà
ecclesiale astratta con dimensioni universali e cosmiche .
Questo viene confermato dall'uso di ekklesìa : nove volte in Efe
sini , contro le cinque di Romani e le tre di Galati . La «chiesa» nelle
lettere storiche di Paolo indica la comunità formata dai credenti di
una località . Anche l'espressione «chiesa/e di Dio» è riferita alle co
munità di Gerusalemme o della Giudea o all'insieme delle comunità
storiche. Nel nostro testo la «chiesa» , concepita come realtà unica e
universale , diventa l'ambito in cui si manifesta e realizza la signoria
universale di Gesù Cristo . Essa infatti rientra nell'economia della ri
velazione del mistero fatto ai santi «apostoli e profeti». Questo
gruppo idealizzato , diventa assieme a Cristo , «pietra angolare» , il
fondamento sul quale si edifica la comunità dei credenti (2,20; 3 ,5) .
Anche la cristologia e soteriologia di Efesini , che si radicano nel
l'epistolario storico di Paolo , assumono nuovi accenti . Il cuore della
cristologia efesina è costituito dalla risurrezione e intronizzazione
celeste di Gesù Cristo . Egli è il Signore universale che in alcuni casi
prende il posto di Dio . La costituzione dei ministeri fondativi della
chiesa che in lCor 12,28 risalgono a Dio , in Ef 4, 1 1 sono attribuiti
alla dispensazione del Cristo risorto e asceso al cielo . Egli infatti è il
«capo» della chiesa e ne garantisce l'unità e vitalità. In funzione di
questa prospettiva ecclesiologica è ripensata anche la soteriologia
come opera di pacificazione e unificazione dei due gruppi umani
ostili e separati (2, 14-16) .
Per sottolineare l'efficacia di quest'azione salvifica di Cristo si
tende a far coincidere l'evento storico fondante - morte e risurrezio
ne di Cristo - con l'esperienza ecclesiale . Il rischio è che quest'ulti
ma risucchi la prospettiva escatologica . Non è casuale che nella Let
tera agli Efesini non si parli della parousìa o venuta finale di Cristo .
Quella che era la tensione escatologica nelle prime lettere di Paolo
ora viene trascritta in una divaricazione spaziale tra «cielo» e «ter
ra» . I credenti sono già benedetti nei cieli in Cristo .
Dunque la nostra lettera si innesta sul tessuto lessicale e temati
co dell'epistolario storico paolina , ma lo ripensa in funzione del
nuovo contesto . È sintomatico a questo riguardo l'uso dei termini
paolini dikaiosyné, «giustizia» , dìkaios, che nelle lettere storiche
175
sono generalmente associati all' azione salvifica di Dio o di Cristo .
Questi vocaboli nelle quattro ricorrenze di Efesini designano un
comportamento «giusto» , virtuoso , corrispondente alla volontà di
Dio (4,24; 5,9; 6 , 1 . 14) . Anche la terminologia della «legge» assume
una connotazione «neutra» : essa contraddistingue , come la circonci
sione , l'Israele storico (2 , 1 1 . 15 ) . Parimenti le «opere» , sottratte al
regime della legge , diventano le «opere buone)) predisposte da Dio
per essere praticate dai credenti che sono «creatura)) di Dio (2,8-10) .
Col 2 Ts l Tm 2 Tm Tt Eb
81 3 1 2 5 14
(86) (7) (6) (16)
Efesini e Colossesi
16
Un raffronto comparativo dei diversi computi dei passi paralleli rilevati nelle
diverse edizioni e commentari delle due lettere ai Colossesi ed Efesini , è riportato da
MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 23 , nota 62; cf. A.T. LINCOLN , Ephesians (WBC
42), Dallas 1990, XLVIII.
176
Si può costatare che in almeno due casi vi è quasi una perfetta
corrispondenza lessicale e tematica · tra i due testi:
Ef 1 ,7 Col 1 , 14
«nel quale abbiamo la redenzio «nel quale abbiamo la redenzio
ne per mezzo del suo sangue la ne dei peccati (hamartìai)» .
remissione dei peccati (parapto
mata) .
177
L'espressione di Ef 1 ,7: «per mezzo del suo sangue» , si trova in
Col 1 ,20, a conclusione dell'inno cristologico , dove si parla della ri
conciliazione e pacificazione universale di Cristo «per mezzo del
sangue della sua croce». Ma alcune formule di quest'ultimo testo so
no riprese nella stessa «benedizione» di Efesini , nel contesto della
conoscenza del «mistero» , che consiste nella «ricapitolazione» uni
versale in Cristo:
Ef 1 , 10 Col 1 ,20
«per la realizzazione della pie «per mezzo di lui riconciliare a
nezza dei tempi , ricapitolare in sé tutte le cose, rappacificando
Cristo tutte le cose, quelle sui cie con il sangue della sua croce ,
li e quelle sulla terra in lui». cioè per mezzo di lui , sia quelle
sulla terra , sia quelle nei cieli».
178
Dio , che fa seguito alla preghiera iniziale . La stessa professione nel
testo di Colossesi fa parte della catechesi battesimale , in cui si esalta
l'efficacia dell'evento salvifico di Cristo . Lo stesso fenomeno si ri
scontra nella «parenesi» battesimale di Efesini , dove la corruzione
dei pagani viene evocata con alcune espressioni presenti in un testo
di Colossesi che parla della condizione prebattesimale dei credenti :
Ef 3 , 17 Col 2,6a.7a
«Che il Cristo abiti per la fede «Camminate dunque nel Signore
nei vostri cuori e cosi radicati e Gesù Cristo . . . radicati e fondati
fondati nella carità . . . » . in lui, saldi nella fede» .
179
Ef 4, 15b-16 Col 2,19
«Cerchiamo di crescere in ogni cosa «senza essere stretto inve
verso di lui , che è il capo , Cristo , dal ce al capo, dal quale tutto il
quale tutto il corpo, ben compaginato corpo riceve sostentamento
e connesso, per mezzo del sostenta e coesione per mezzo di
mento di ogni giuntura , secondo l'e giunture e legami , realiz
nergia propria di ogni membro , riceve zando così la crescita se
forza per realizzare la crescita per edi condo il volere di Dio» .
ficare se stesso nella carità».
180
data questa grazia di annunziare ai pa
gani la imperscrutabile ricchezza di
Cristo e di far risplendere agli occhi di
tutti qual è l'amministrazione del mi «È lui infatti che noi an
stero nascosto da secoli nella mente di nunziamo , ammonendo e
Dio . . . perché sia manifestata ora nel istruendo ogni uomo con
cielo . . . la multiforme sapienza di ogni sapienza . . . Per questo
Dio . . . Vi prego di non perdervi d'ani mi affatico e lotto con la
mo per le mie tribolazioni per voi; so forza che viene da lui e agi
no gloria per voi». sce in me con potenza» .
181
cuni casi il testo di Efesini proceda in modo autonomo oppure
riprenda con una certa libertà il materiale che si trova anche in
Colossesi.
Tuttavia dal confronto tra i due testi si deve riconoscere che di
fatto esiste una reale consonanza su alcune tematiche di fondo : il
ruolo di Cristo «capo» rispetto al corpo ecclesiale ; la sua funzione di
pacificatore ; la parenesi battesimale sull'uomo nuovo . Ma nello
stesso tempo si rilevano alcune significative novità tematiche : la
pneumatologia di Efesini , è praticamente assente in Colossesi ; le ci
tazioni dei testi dell'AT, mancano nella Lettera ai Colossesi ; e so
prattutto manca l'ecclesiologia che definisce il profilo della Lettera
agli Efesini. Infine si deve rilevare la diversa accentuazione che gli
stessi temi hanno nelle due lettere: il «corpo» ha una dimensione più
ecclesiale in Efesini rispetto a quella «cosmica)) di Colossesi ; lo stes
so vale per le categorie di pl�roma e myst�rion, che in Efesini hanno
un'accentuazione più ecclesiologica, rispetto a quelle cristologiche o
soteriologiche di Colossesi.
Sulla base di questi dati è comprensibile la ridda di ipotesi che
sono state elaborate per spiegare il rapporto tra la Lettera agli Efesi
ni e quella ai Colossesi :
a) le due lettere sono autonome, ma utiliz:z;ano il materiale di
una fonte comune (N .A. Dahl) ;
b) le due lettere sono simultanee, ma quella inviata agli Efesini
sarebbe stata ritoccata in chiave polemica per i Colossesi (M . Go
guel) ;
c) analoga a questa ipotesi è la posizione di chi sostiene la prio
rità di Efesini che sarebbe servita come modello p�r la stesura di Co
lossesi (F. C. Synge) ;
d) la Lettera ai Colossesi precede quella agli Efesini, ma que
st'ultima sarebbe stata utilizzata per la revisione di Colossesi (H. J .
Holtzmann ; Ch . Masson) ;
e) questa proposta è affine a quella di chi afferma che la Lettera
agli Efesini dipende letterariamente da quella ai Colossesi (A. Lin
demann) .
182
due lettere e soprattutto della ripresa e sviluppo in senso ecclesiale
nello scritto agli Efesini di alcune tematiche della Lettera ai Co
lossesi .
1 7 A. VANHOYE, <<L' Épitre aux Ephésiens et l' Épitre aux Hébreux>> , in Bib 59
(1978) , 198-230.
183
il verbo sòzein applicato all'evento storico della salvezza (Ef
2,5 .8//lTm 1 , 15 ) . Alcune espressioni simili tipiche sono presenti nel
la duplice serie di scritti : il vangelo della salvezza è la «parola della
verità» (Ef 1 , 13//2Tm 2, 15) ; l'aggettivo «grande» applicato a myst�
rion si trova solo in Ef 5 ,32 e 1Tm 3 , 16. È da segnalare anche l'ana
logia tematica tra Ef 2,3-5 .8 e Tt 3 ,3-7 sulla gratuità della salvezza
fatta risalire all'amore di Dio . Nello stesso testo di Tt 3 ,5 si parla del
«bagno» di rinnovamento , che richiama i testi di Ef 4,23 ; 5 ,26.
Conclusioni
1 84
a) I destinatari di Efesinfl'd
Per rispondere alla questione : a chi è indirizzata la lettera che
nel canone neotestamentario reca il titolo : «Lettera agli Efesini» , si
deve affrontare la critica testuale di Ef l ,2. Il testo lungo : «ai santi
che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù», si legge in gran parte dei
codici, padri , scrittori e versioni antichi. L'attribuzione efesina della
nostra lettera è documentata fin dal II secolo nel codice Muratori ,
da Ireneo di Lione e da Clemente Alessandrino . Invece il testo bre
ve , senza la indicazione della località «(ai santi) che sono in Efeso» è
attestato dal papiro del III secolo P46, dai due codici maiuscoli Vati
cano (B) e Sinaitico (S) , da Origene e da alcuni manoscritti menzio
nati da Basilio . Qual è il testo originario?
A favore del testo lungo si adducono queste ragioni : lo stile ri
dondante di tutta la lettera ; nonostante una certa forzatura gramma
ticale il testo greco è corretto e verosimile ; come spiegare l'aggiunta
se mancava oppure come spiegare l'omissione se era presente nel te
sto originale? Le risposte a queste ultime domande dipendono dal
rapporto di Paolo con gli efesini . L'aggiunta sarebbe stata fatta per
avere una lettera di Paolo ai cristiani di Efeso , dove, secondo la te
stimonianza degli Atti degli apostoli e dell'epistolario , egli aveva
svolto un'intensa attività missionaria e pastorale . L'omissione inve
ce si spiegherebbe con il fatto che nel seguito della lettera poco o
nulla si dice dei rapporti di Paolo con la comunità efesina. Invece a
sostegno del testo breve , oltre all'argomento del silenzio sui legami
di Paolo con i cristiani di Efeso e del carattere generico del nostro
scritto , sta l'autorità e antichità dei manoscritti . A questi si aggiunge
quella di Marcione che , secondo quanto scrive Tertulliano , avrebbe
conosciuto la nostra lettera con l'indirizzo ad Laodicenos, «ai cristia
ni di Laodicea» . 1 9
Dalla lettura del testo originale breve - «ai santi che sono anche
fedeli in Cristo Gesù» - prendono avvio le varie ipotesi che seguono
questi orientamenti : a) interpretazione del testo attuale ; b) letture
alternative ; c) altri destinatari ; d) lettera circolare senza destinatari .
18
A. LINDEMANN , «Bemerkungen zu den Adressaten und Anlass des Epheser
briefes>> , in ZNW 67( 1976) , 235-251 ; N . A . DAHL, «Gentiles , Christians and Israelites
in the Epistle to the Ephesians>> , in HarvThR 79(1986) , 31-39; E. BEST, «Recipients
and Title of the Letter to the Ephesians. Why and When the Designation "Ephe
sians" ?>> , in ANRW 11 ,25/4(1 987) , 3247-3279.
19 TERTULLIANO, Adv. Marc. , 5 , 1 1 . 17.
185
Origene interpreta il testo breve in questo modo : «ai santi che so
no» , cioè a quelli che partecipano dell'essere stesso di Dio. Altri
omettono il participio greco tòis oùsin , «che sono» e uniscono i due
aggettivi : «ai santi fedeli in Cristo Gesù». Le letture alternative con
una leggera modifica del testo vi intravedono i destinatari : tòis iòsin ,
«agli Ioni)) ; tes Asìas , «(ai santi) dell'Asia)) ( = Efeso) .
L'indirizzo sostitutivo «ai Laodicesi)) è quello di Marcione , ri
preso da A. von Harnack : «ai santi che sono in Laodicea)) . La sosti
tuzione con «in Efeso)) sarebbe dovuta a una specie di censura , dam
natio memoriae, dopo quello che scrive l'autore dell'Apocalisse sulla
chiesa di Laodicea (Ap 3 , 14. 16) . L'ipotesi di una lettera paolina in
viata ai laodicesi si fonda su Col 4J6, dove se ne fa menzione . Que
sto testo potrebbe stare all'origine dell'indirizzo conosciuto da Mar
cione , ma non spiega la sua cancellazione o la sostituzione con «in
Efeso)) . Il motivo della censura in base ad Ap 2,4-5 si potrebbe ad
durre anche per Efeso . In conclusione uno scritto indirizzato a una
comunità dell'Asia in alternativa a Efeso , Laodicea o Colossi , non
risolve l'enigma dei destinatari della nostra lettera . Il suo innegabile
rapporto con Colossesi può giustificare la ricerca in questa direzio
ne, ma senza ulteriori elementi non approda a risultati apprezzabili.
Resta l'ipotesi che si tratti di una lettera circolare o generale che
nel corso della tradizione manoscritta è stata integrata con l'aggiun
ta dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» , dato il ruolo premi
nente che aveva questa località nella strategia missionaria di Paolo e
nella tradizione della chiesa subapostolica: Ignazio di Antiochia al
l'inizio del II secolo scrive una lettera indirizzata agli efesini . È com
prensibile che nell'edizione del corpus paolino alla fine del primo se
colo o inizio del secondo siano stati definiti anche i destinatari della
lettera posta sotto il nome dell'apostolo . La sua affinità con la lette
ra indirizzata ai colossesi e la menzione di lìchico in Ef 6,21 ha favo
rito la scelta di «Efeso)) rispetto ad altre località. Del resto l'ambien
te efesino si adatta molto bene al clima generale del nostro scritto .
La ricerca sui «destinatarh> di Efesini a partire dal testo dell'indi
rizzo non arriva se non a una soluzione ipotetica . Un'altra via per
corribile è quella offerta dall'intera lettera che consente di ricostrui
re l'identità dei «lettori impliciti)> . L'autore che la scrive intende
chiarire o approfondire alcune questioni di fede e sollecitare l'impe
gno pratico dei suoi lettori . Egli li indica il più delle volte con l'ap
pellativo i «santi» , hàgioi, che ricorre anche nell'indirizzo accanto a
«fedeli in Cristo Gesù)) . Egli conosce e apprezza la loro «fede nel
Signore Gesù)> e la carità che hanno verso tutti i «santi» ( 1 , 15) . Alla
186
fine li invita a pregare per tutti i santi come per lui che si trova in car
cere (6,18) . Egli stesso prega perché siano in grado di comprendere
con tutti i santi l'amore di Cristo (3 , 18) . Paolo , il prigioniero di Cri
sto , si considera l'infimo tra «tutti i santi» ; tra questi però egli collo
ca anche il gruppo prestigioso dei «profeti e apostoli» (3,5.8). Anche
gli altri compiti ecclesiali stabiliti dal Cristo risorto sono orientati al
l'abilitazione dei «santi>> per edificare il corpo di Cristo .
L'appellativo i «Santi» è da collegarsi con lo statuto di redenzio
ne e radicale appartenenza a Dio che risale alla sua libera ed efficace
iniziativa (1 ,4) . Infatti i «santi» sono candidati all'eredità celeste e
associati alla città e famiglia di Dio ( 1 , 18; 2, 19) . Ma questa immagi
ne idealizzata dei «santi» non impedisce al nostro autore di affronta
re alcuni problemi concreti : l'origine e l'appartenenza ecclesiale dei
credenti ; l'integrità della loro fede ; il loro impegno battesimale . Egli
si rivolge ai lettori distinguendo un gruppo di primi credenti , «noi
che per primi abbiamo sperato in Cristo» e un secondo gruppo che è
entrato a far parte della comunità dei santi per mezzo dell'ascolto
della «parola della verità, il vangelo di salvezza» ( 1 , 12 . 13) . Pare che
egli si interessi soprattutto del secondo gruppo , anche se non trascu
ra di coinvolgere , soprattutto nella professione di fede e nell'impe
gno pratico , il gruppo dei primi credenti.
L'identità dei destinatari è definita da una doppia relazione: con
il loro passato di pagani peccatori e con il fronte esterno di quelli che
ancora vivono in quella condizione . La condizione originaria di pa
gani, contrapposta a quella degli ebrei , è ricordata solo per dire che
ormai essi sono accolti nell'unità dell'uomo nuovo creato in Cristo .
Come è stato eliminato il loro passato di peccatori , così è stata supe
rata anche la separazione ostile creata dalla legge ebraica . Anzi i pa
gani sono i destinatari della rivelazione del mistero di Dio che consi
ste nella loro partecipazione all'unica eredità per formare un unico
corpo in Cristo.
È su questa unità inaugurata dalla fede battesimale che si innesta
la parenesi . Essa fa leva sulla seconda linea di demarcazione : il con
fronto con la vecchia condizione di vita , quella viziosa dei pagani ,
con i quali i credenti battezzati come «figli della luce» non devono
avere nessun rapporto (4,17-18; 5 ,7-12) . Su questo sfondo va riletto
l'invito a non essere come «fanciulli sballottati dalle onde e portati
qua e là da qualsiasi vento di dottrina secondo l'inganno degli uomi
ni con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore» (4,14) . Que
sto avvertimento prelude alla sezione finale dedicata alla presenta
zione dell'armatura di Dio, perché , si precisa, la nostra lotta non è
187
contro forze umane , ma con le potenze spirituali. Di fatto l'equipag
giamento proposto è quello che si richiede per vivere nella perseve
ranza attiva della fede cristiana.
I destinatari presupposti dall'insieme della lettera sono dunque
pagani convertiti che formano la maggioranza della comunità assie
me al gruppo dei primi credenti provenienti dall'ambiente ebraico .
Il loro problema è quello di riconoscere e vivere la loro piena parte
cipazione all'unico corpo di Cristo senza nostalgie o ricadute nella
condizione di vita del loro ambiente di origine .
188
alcune espressioni dei testi di Qumràn (J QS I ,9- 10; III ,20-21 ; e in
generale il «Rotolo della guerra» , J QM) . Ma questo linguaggio è
diffuso in molti testi apocrifi giudaici , soprattutto in quelli che si col
locano nell'area apocalittica . In sintonia con questo ambiente sono il
lessico e le categorie di «mistero» , «rivelazione» e «conoscenza» che
nella nostra lettera sono riletti in chiave cristologica ed ecclesiologi
ca. Qui si innesta l'apertura ecumenica di Efesini che vede nell'acco
glienza dei pagani nell'unico corpo di Cristo la realizzazione del «mi
sterO>> .
La terminologia gn6sislepìgn6sis , plèromalpleroùsthai, alcune
formule di sapore dualistico e in particolare il riferimento alle «po
tenze» delle regioni celesti , che dominano questo mondo (2,2; 6,12) ,
potrebbero suggerire un'affinità di Efesini con quell'ambiente reli
gioso e culturale che con un'etichetta generica si chiama «gnostici
smo» . 2 1 Nella stessa direzione orienterebbero la fraseologia relativa
all'uomo <<nuovo» e «perfetto» e la concezione della salvezza come
«pienezza» e riunificazione di tutte le cose . Ma questo linguaggio e
le concezioni relative fanno parte dell'universo religioso e culturale
dell'ellenismo , dove, come testimonia Filone alessandrino , si incro
ciano gli influssi del neoplatonismo e dello stoicismo .
In questo sincretismo trovano posto anche le credenze magiche
che hanno un grande influsso negli ambienti popolari . È innegabile
l'attenzione di Efesini per il mondo delle «potenze» , per il «princi
pe» di queste potenze dell'aria , che pur vinte e sottoposte alla signo
ria universale di Cristo , rappresentano ancora il fronte del combatti
mento spirituale ( 1 , 1 9 ; 2,2; 3 , 1 0 ; 4,10; 6,1 1-12) . Questo fatto po
trebbe essere un ulteriore indizio della collocazione della nostra let
tera nell'ambiente efesino, dove sono di casa le pratiche magiche
( cf. At 19 , 1 1 -20) . 22 Ma in ogni grande metropoli dell'impero , com
presa la capitale , si incontrano le credenze e pratiche religiose popo
lari , quelle di carattere misterico assieme alle varie correnti di pen
siero . La Lettera agli Efesini riflette questa situazione di osmosi cul
turale e religiosa avvertita come un rischio o minaccia per i destina-
189
tari . Il tono duro nel denunciare la corruzione religiosa e morale dei
«pagani» e l'insistenza sulla necessità di non avere nulla in comune
con loro , possono essere una conferma dell'ambiente e della situa
zione vitale della nostra lettera (2,2-3 ; 4, 17-18; 5 ,3-13) .
190
dimensione pratica . Almeno in un caso l'autore esplicita l'intento
della sua lettera: far conoscere la sua comprensione del mistero di
Cristo e il suo ruolo nell'economia di Dio per realizzarlo. Questo
mistero un tempo nascosto e ora rivelato per libera ed efficace deci
sione di Dio consiste nella partecipazione dei pagani alla stessa ere
dità e promessa annunciata nel vangelo per formare l'unico corpo di
Cristo (3 ,2- 12) . In questo contesto Paolo , che si presenta come il
«prigioniero di Cristo» per i pagani , dice di voler pregare il Padre
perché essi, che sono destinatari della rivelazione del mistero me
diante il vangelo , arrivino alla conoscenza dell'amore di Cristo , per
essere ricolmi della pienezza di Dio (3 , 14-19) .
I due interessi vitali della lettera - unità ecclesiale e maturità cri
stiana - si ritrovano anche nella prima sezione della seconda parte di
carattere più decisamente parenetico . L'esortazione a vivere confor
me alla vocazione ricevuta si intreccia con l'invito a conservare l'uni
tà nelle sue varie articolazioni . A sua volta l'unità si realizza nella
convergenza dinamica dei diversi doni spirituali e dei vari compiti
ecclesiali tra i quali spiccano quello degli apostoli e profeti. Questi
sono stabiliti dal Cristo risorto per abilitare tutti i credenti alla dia
konìa , la quale ha come scopo la costruzione del corpo di Cristo ,
«finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Fi
glio di Dio , allo stato di uomo perfetto , nella misura che conviene
alla piena maturità di Cristo» (4 ,13). Questa maturità è il più sicuro
antidoto contro il rischio di instabilità provocata dalle mutevoli dot
trine umane . Invece quando tutti i credenti si tengono uniti al capo
che è Cristo contribuiscono alla crescita del suo corpo ecclesiale e di
ognuno nella carità ( 4, 15-16) . Dunque il discorso sull'unità nell'in
tenzione dell'autore è inseparabile sia dalla rivelazione e attuazione
del mistero di Dio o di Cristo sia dal progetto di crescita e maturità
ecclesiale e personale.
191
accenti meno altisonanti nelle ultime righe della lettera si evoca an
cora l'immagine del «martire», che , anche in catene , rende testimo
nianza con libertà e audacia al «mistero del vangelo» (6, 19-20) .24
Questa immagine idealizzata dell'apostolo e del martire , rico
struita con materiale di repertorio , non corrisponde alla figura del
Paolo storico . Egli nelle sue lettere autentiche si presenta come l'in
fimo , hò elàchistos degli apostoli , in quanto ha perseguitato la chiesa
di Dio . Ha coscienza del ruolo della grazia di Dio nella sua vita, ma
si esprime con un certo realismo e ha il senso della discrezione (1Cor
15 ,8-10) . Nello scritto di Efesini i toni sono intenzionalmente esage
rati : Paolo è «il più infimo , elachistòteros», non degli apostoli , ma
addirittura dei «santi», cioè dei cristiani. Nello stesso tempo si affer
ma che egli è per grazia di Dio l'unico annunziatore del vangelo ai
pagani . In breve Paolo, l'apostolo dei pagani e il martire , è un per
sonaggio venerato , sotto il cui nome e autorità è posta la Lettera agli
Efesini .
La conferma della pseudepigrafia paolina di Efesini viene dall'a
nalisi linguistica e soprattutto da quella dell'impianto teologico e
spirituale della lettera . Lo stile e il pensiero di Efesini sono troppo
diversi da quelli delle lettere protopaoline per poterli attribuire a
uno stesso autore . D'altra parte un'evoluzione del modo di scrivere
e di pensare di Paolo non è dimostrabile sulla base degli scritti au
tentici che si distribuiscono nell'arco di un decennio . Per salvaguar
dare in qualche modo un'origine paolina almeno indiretta di Efesini
si potrebbe pensare all'intervento di un segretario . Ma a parte i casi
più noti dell'epistolografia amministrativa o letteraria , non si cono
sce nell'epoca ellenistica il ruolo di un segretario con una tale auto
nomia di stile e di svolgimento tematico . In questo caso il «segreta
rio redattore» è da considerarsi il vero e proprio autore della lettera.
Una volta esclusa l'origine paolina diretta di Efesini resta aperto
il campo alle varie ipotesi per identificare il vero autore . I dati sui
quali accreditare la proposta di un candidato si ricavano dalla lettera
stessa. L'autore di Efesini dovrebbe rispondere ai seguenti requisiti :
a) un discepolo di Paolo o un interprete della sua tradizione ;
b ) un cristiano di origine giudaica, ma formato nell'ambiente el
lenistico , che utilizza la Bibbia nella versione greca dei Settanta ;
192
c) ha alle spalle una solida esperienza spirituale , liturgica ed ec
clesiale e una buona formazione teologica ;
d) probabilmente fa parte del gruppo degli «apostoli e profeti»
o dei «pastori e maestri» che , mediante l'annuncio del vangelo ,
l'istruzione e la guida della comunità, contribuiscono alla costru
zione e alla crescita della chiesa.25
Tra i discepoli o ammiratori di Paolo si fanno i nomi di Onèsimo
(Fm 1 1 ) , Tichico , Timoteo e Luca. Onèsimo è lo schiavo fuggito dal
suo proprietario Filèmone di Colossi e rinviato da Paolo al suo pa
drone (Fm 8-1 1 ) . 26 Nella lettera ai Colossesi Onèsimo è presentato
come un cristiano fedele , membro di quella chiesa locale e inviato a
essa assieme a Tichico (Col 4,9) . Quest'ultimo è raccomandato nella
stessa lettera come «caro fratello e ministro fedele» , compagno del
l'apostolo Paolo nel servizio del Signore (Col 4,7) . Con gli stessi ter
mini questa presentazione è ripresa nella nostra lettera (6,21-22) . In
ambedue i testi Tichico è scelto e inviato per fare da collegamento
tra Paolo e i destinatari . Secondo la testimonianza degli Atti degli
apostoli Tichico , assieme a Tròfimo , come rappresentante delle
chiese dell'Asia, fa parte del gruppo degli accompagnatori di Paolo
nell'ultimo viaggio dalla Macedonia a Gerusalemme (At 20,4) . TI
chico per il suo ruolo nella tradizione paolina e per il prestigio che
ha nella chiesa dell'Asia potrebbe essere un valido candidato come
autore della Lettera agli Efesini .
In tal modo è determinato anche il luogo o meglio l'ambiente di
origine della nostra lettera: la chiesa dell'Asia che gravita attorno a
Efeso . A favore di questa ipotesi asiana sta l'affinità letteraria e te
matica della Lettera agli Efesini con quella ai Colossesi . Più precarie
sono le altre ipotesi alternative all'ambiente efesino . Tra le altre
quella che considera Efesini come una riedizione della Lettera ai
Romani , scritta dalla capitale . In questo caso si avrebbe una spiega
zione della lunga lista di saluti che chiudono l'edizione attuale della
Lettera ai Romani , ma la cui collocazione nei codici è incerta come
la dossologia conclusiva, aggiunta al testo originario (Rm 16 ,25-27) .
Questi contatti di Efesini con la Lettera ai Romani sono troppo labi
li per accreditare l'ipotesi di una sua origine romana. D'altra parte il
193
supposto rapporto di Efesini con la Lettera ai Romani si potrebbe
spiegare anche nell'ambiente paolino di Efeso , dove si è costituita la
raccolta delle lettere dell'apostolo .
Altrettanto ipotetico è il tempo di composizione della Lettera
agli Efesini . I dati interni utilizzabili a tale scopo sono molto scarsi .
Se si considera l'atteggiamento irenico proposto in Ef 2,1 1-16 nei
confronti di Israele si potrebbe pensare a una datazione successiva
agli anni settanta e prima della fine del I secolo. Infatti pare che do
po gli anni novanta i rapporti della chiesa con il giudaismo ufficiale
si siano deteriorati anche nell'ambiente efesino. 27 C'è chi collega la
composizione della nostra lettera con l'accoglienza dei giudeo-cri
stiani , emigrati dopo la catastrofe del 70 d.C. , nelle chiese paoline
dell'Asia . Ma anche questa ipotesi ha una base documentaria molto
ristretta. 28 È invece determinante per la data di composizione di
Efesini il suo rapporto con la Lettera ai Colossesi , di cui si suppone
la priorità cronologica . Questo dato di fatto orienta per la datazione
della Lettera agli Efesini verso la metà degli anni 80.
21 È
quanto si potrebbe dedurre dal quarto Vangelo qualora si accetti l'ipotesi
della sua origine o stesura finale a Efeso (Gv 9 ,22; 16,2) .
28 MONTAGNINI , Lettera agli Efesini, 44-52. In realtà nella Lettera agli Efesini so
no i cristiani di origine pagana che non devono più considerarsi come «Stranieri e
ospiti>> rispetto alla cittadinanza di Israele e alla famiglia di Dio (Ef 2 , 1 1-13. 1 9-22) .
194
a) Teologia, cristologia e pneumatologia di Efesini
La ricostruzione della «teologia» di Efesini può prendere avvio
da un'indagine preliminare sul lessico «teologico» . Il termine Theòs,
«Dio» , ricorre 31 volte , distribuito in tutti i capitoli della lettera. Sei
volte esso è associato all'appellativo (hò) Pat�r, «(il) Padre». La
«paternità>> di Dio è posta in relazione sia con il «Signore nostro Ge
sù Cristo» , sia con i credenti che sono predestinati a essere suoi «fi
gli» adottivi per mezzo del Figlio unico (l ,3. 5-6) . Al «Padre , dal
quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome», si rivolge la
preghiera di Paolo per i destinatari della lettera (3 , 14-15) .
· La professione di fede nell'assoluta unicità di Dio , di matrice bi
blica, è coniugata con la fede nel Padre , la cui azione e presenza ab
bracciano tutto e tutti. Essa sta all'origine e a fondamento dell'unità
dei credenti battezzati che formano un sol.o corpo : «Un solo Dio e
Padre di tutti , che è al di sopra di tutti , agisce per mezzo di tutti ed è
presente in tutti» (4,6) . È dunque logico riconoscere e celebrare Dio
Padre come fonte di «ogni benedizione» spirituale che in Cristo Ge
sù raggiunge i credenti (1 ,3) . Dio Padre è il protagonista di quel pro
cesso di salvezza che va dall'elezione gratuita fino alla completa re
denzione dei fedeli. Essi infatti per sua libera ed efficace iniziativa
sono stati predestinati e redenti nel Figlio . Su di essi si riversa l'ab
bondanza della sua grazia che si manifesta come dono di sapienza e
intelligenza per conoscere il mistero della sua volontà , che consiste
nella «ricapitolazione di tutte le cose» in Cristo ( l ,4-10) .
Questa azione efficace e benefica di Dio Padre è connotata da
una costante costellazione di termini. All'origine di tutto sta la «VO
lontà» di Dio padre , thèlema ( 4 volte ; una volta boùle, 1 , 1 1 ; due vol
te p ròthesis , «decisione» , 1 , 1 1 ; 3 , 1 1 ) . Nella rivelazione storica del
disegno di Dio si manifesta la sua multiforme «sapienza» ( 3, 10) . La
dòxa , «gloria», è l'effetto intrinseco e lo scopo ultimo dall'azione di
vina al punto che si può invocare il «Dio della gloria» ( 1 , 17). L'a
spetto libero e gratuito dell'iniziativa salvifica di Dio è rimarcato
dalla chàris , «grazia» , che si dispiega anche nella comunicazione dei
doni spirituali ai singoli credenti per mezzo del Cristo risorto ( 4,7 ) .
In connessione con questa gratuità e radicalità dell'azione di Dio
Padre merita di essere rilevato l'attributo di «creatore» che risale al
la tradizione biblica. Ma nella nostra lettera è originale l'accosta
mento della categoria della creazione con la «grazia» che sta all'ori
gine del processo salvifico : «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo
Gesù , pòiema autoù . . . ktisthèntes» ( 2,10 ) . Alla stessa concezione si
195
ispira il testo di Ef 4,24 , dove si invitano i neobattezzati a «rivestire
l'uomo nuovo , creato secondo Dio nella giustizia e nella santità ve
ra» . Risente invece del linguaggio tradizionale la formula, accostata
alla menzione del disegno eterno di Dio «Creatore dell'universo»
(3 ,9c; cf. 3Mac. 2,3) .
Dio Padre è la fonte e la meta ultima del disegno salvifico . Ma
questo disegno si attua e si fa conoscere storicamente per mezzo di
Gesù Cristo . L'interesse e lo spessore cristologico della nostra lette
ra si possono quantificare in questi dati : 46 volte ricorre il titolo
Christòs , da solo (28 volte) o associato Jesoùs, nella formula «Cristo
Gesù» (10 volte) , oppure «Gèsù Cristo» (8 volte) . È notevole anche
la frequenza del titolo Kyrios (26 volte) . Esso è congiunto nella
maggioranza dei casi a Gesù (Cristo) , oppure è riferito a lui nella
formula assoluta «il Signore». Risente del linguaggio tradizionale li
turgico la formula «Gesù Cristo (nostro) Signore» ( 1 ,2. 3 . 17 ; 5 ,20 ;
6,23.24) . Invece è singolare l'uso del solo nome «Gesù» inserito nel
richiamo della catechesi battesimale : i cristiani sono stati istruiti «Se
condo la verità che è in Gesù, èn to-i Jesoù» (4,21 ) .
Più importante per l a comprensione della specificità della cristo
logia efesina è l'uso intensivo di alcune costruzioni tipiche della tra
dizione paolina: èn (to-i) Christo-i, che ricorre in tutto cinque volte ,
concentrate quasi tutte nel primo capitolo . Più frequente , 22 volte , è
la dicitura: èn Christo-i Iesoù . A queste espressioni si deve aggiunge
re la formulazione corrispondente con il pronome dimostrativo , èn
auto-i, o col relativo èn ho-i. Più sobrio , solo sette volte , è l'uso della
formula èn Kyrìo-i. A queste costruzioni si devono aggiungere quel
le formate con la particella syn , tenendo conto anche dei verbi e dei
sostantivi composti già segnalati nell'analisi linguistica. Da questo
insieme di dati si ricava l'impressione che la Lettera agli Efesini pri
vilegia una cristologia di tipo partecipativo o inclusivo .29 In altre pa
role Gesù Cristo è lo spazio o ambito in cui si manifesta e si realizza
il disegno salvifico di Dio che tende a unificare tutti e tutto a tre li
velli : cosmico , antropologico ed ecclesiale .
In Gesù Cristo , il «Figlio» amato di Dio , non solo si ha la reden
zione che consiste nella remissione dei peccati , ma il «mistero» di
Dio viene svelato e attuato . Facendo ricorso a un termine ripreso
dal linguaggio amministrativo , oikonomìa , si dice che Dio nella sua
196
benevola ed efficace decisione «ha disposto la pienezza dei tempi : ri
capitolare in Cristo tutte le cose , quelle del cielo come quelle della
terra» ( 1 , 10) . Il verbo anakephalaibsasthai, «ri-capitolare» , richiama
il sostantivo kephalè, «capo>> , che designa il ruolo attribuito al Cristo
risorto intronizzato alla destra di Dio e costituito Signore universale .
Si può dire che tutta la realtà «intestata a Cristo>> , trova in lui la sua
unità e pienezza di senso .
Alla fine del capitolo secondo con una frase troppo enigmatica
per la sua densità, l'autore tenta di fondere insieme tutte le dimen
sioni della signoria di Cristo : «Dio lo ha costituito su tutte le cose a
capo della chiesa , la quale è il suo corpo , la pienezza di colui che si
realizza interamente in tutte le cose>> (1 ,22-23) . Quello che si intui
sce in questa costruzione intricata è il movimento generale del pen
siero : per iniziativa di Dio la «pienezza>> dei beni salvifici , presente
in Cristo, tramite la chiesa, suo corpo , di cui egli è capo , riempie tut
ta la realtà ( cf. 4, 10) .30
A livello antropologico il ruolo di Cristo è presentato come paci
ficazione , riconciliazione e unificazione dei due gruppi umani divisi
e ostili: pagani ed ebrei. Per mezzo della sua morte di croce Cristo
ha eliminato il muro di ostilità che divideva i due , in quanto egli ha
preso su di sé l'inimicizia e l'ha radicalmente eliminata. Sotto il pro
filo positivo egli «ha fatto dei due un'unità>> , «ha creato in se stesso
un solo uomo nuovo>> , facendo la pace , e infine «li ha riconciliati tut
ti e due con Dio in un solo corpo» (2, 14- 16) . L'espressione un solo
«uomo nuovo» , kainòs ànthropos , sottolinea il ruolo antropologico
universale dell'evento pacificatore di Cristo . Invece la formula «un
solo corpo» , hèn soma, riflette l'aspetto ecclesiale della riconcilia
zione degli esseri umani con Dio .
La dimensione ecclesiale della cristologia di Efesini viene svilup
pata di seguito con una formula di sapore liturgico , in cui si avverte
l'eco della fede trinitaria: «Per mezzo di lui ( Cristo ) possiamo pre
sentarci, gli uni gli altri , al Padre in un solo Spirito» (2, 18) . La stessa
prospettiva viene ripresa nella conclusione di carattere decisamente
ecclesiale . La costruzione della chiesa, formata da ebrei e pagani , i
vicini e i lontani che hanno ricevuto l'evangelo della pace, ha come
pietra angolare Cristo Gesù e in lui cresce come «tempio santo nel
30 PENNA, Lettera agli Efesini, 120-124; BournER , L ' Épitre de saint Paul aux
Ephésiens, 307, dove offre un quadro prospettico di tutte le costruzioni e interpreta
zioni possibili di Ef l ,23 .
197
Signore>> (2,20-21) . Anche i pagani, diventati «concittadini dei santi
e familiari di Dio» , assieme agli altri credenti sono «edificati per di
ventare dimora di Dio nello Spirito santo» (2 ,22) .
La relazione del Cristo con la chiesa è riproposta e ampliata nel
capitolo quarto e quinto , dove la parenesi si alterna con le motiva
zioni di carattere cristologico . Il ruolo di Cristo rispetto alla chiesa
viene espresso mediante l'immagine del «capo» rispetto al «corpo» .
Come Signore risorto egli distribuisce i doni e stabilisce i ministeri .
Cosi tutti sono in grado di prestare il servizio allo scopo di «edificare
il corpo di Cristo», avendo come meta comune l'unità della fede e la
conoscenza del Figlio di Dio (4, 1 1-13) . Di questo corpo , che tende
alla maturità definita da Cristo stesso , egli è il capo che assicura non
solo l'unità , ma la partecipazione e la crescita di tutti i membri nella
carità (4, 15-16) . Nel contesto del codice familiare il ruolo di Cristo
capo rispetto alla chiesa si intreccia con quello soteriologico: egli è il
capo della chiesa in quanto è il suo «salvatore» (5 ,23.25b) .
Più discreta, rispetto alla cristologia, è a prima vista la riflessione
sullo «Spirito santo» nello scritto di Efesini .31 Delle 14 ricorrenze del
termine pnèuma solo 1 1 si riferiscono alla presenza e azione dello
«Spirito santo». Questa formulazione tradizionale si trova due sole
volte nella nostra lettera . Nel contesto della parenesi battesimale si
esortano i fedeli a non rattristare «lo Spirito santo di Dio , col quale
foste segnati per il giorno della redenzione» (4 ,30) . Il genitivo «di
Dio» indica la fonte di questo dono . La frase relativa definisce il
ruolo dello Spirito santo che «sigilla» l'identità dei fedeli come can
didati alla salvezza escatologica o definitiva.
L'immagine del «sigillo» , riferita nell'epistolario paolino , assie
me a quella di «caparra» , allo Spirito santo, è utilizzata nella parte
conclusiva della «benedizione» iniziale . Il processo salvifico , che sul
piano storico prende avvio con l'ascolto del vangelo , arriva al suo
compimento solo con la redenzione completa dei credenti. Essi in
fatti hanno ricevuto il «sigillo dello Spirito santo» promesso da Dio ,
che è «caparra» della eredità futura ( 1 , 13-14) . La connotazione
«escatologica» del dono dello Spirito è confermata dalla preghiera
iniziale , in cui si chiede a Dio Padre per i fedeli uno «Spirito di sa
pienza e di rivelazione» per comprendere la speranza della loro chia-
3 1 J. ADAI, Der Heilige Geist als Gegenwart Gottes in den einzeln Christen, in der
Kirche und in der Welt. Studien zur Pneumatologie des Epheserbriefes (RSTh 3 1 ) ,
Frankfurt 1985 .
198
mata alla gloria , che consiste nell'eredità fra i santi (1 , 17-18) . Que
sto ruolo escatologico dello Spirito corrisponde a quello che egli ha
nel processo di rivelazione del mistero di Cristo , manifestato «ai
suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3,5) .
Nelle altre ricorrenze il ruolo dello Spirito santo è intrecciato
con quello di Gesù Cristo nell'azione di unire i fedeli per la costru
zione della chiesa . Infatti la formula èn Pnèumati, «nello Spirito» ,
che ricorre cinque volte i n Efesini , richiama quella analoga «in Cri
sto». «<n un solo Spirito» per mezzo di Gesù Cristo tutti quelli che
hanno ascoltato il suo annuncio di pace possono accedere al Padre
(2 , 18) . «Nello Spirito» la costruzione ecclesiale , formata dal concor
so dei diversi gruppi , diventa «dimora di Dio» (2,22) . Come c'è un
solo «Signore, una sola fede e un solo battesimo» , così c'è un solo
«Corpo e un solo Spirito» e unica la speranza alla quale sono chiama
ti i credenti battezzati (4,4-5 ) .
I n quest'ultimo testo come anche nell'invito precedente a «con
servare l'unità dello spirito» è incerto e discusso il riferimento allo
«Spirito santo». 32 Risulta invece chiara dall'insieme del contesto la
proposta dell'unità e maturità ecclesiale che si fondano sull'unico
«Spirito» . D'altra parte il nostro autore è convinto che la maturità
dei credenti ha la sua radice nell' azione dello Spirito . Per questo la
prima istanza della preghiera dell'apostolo per i fedeli riguarda il do
no dello Spirito . Egli chiede al Padre , fonte di ogni dono , che conce
da a essi di essere «potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uo
mo interiore» (3 , 16) . Non è casuale che la presentazione dell'arma
tura di Dio per la lotta contro i «dominatori di questo mondo e gli
spiriti del male» si chiuda con l'invito a prendere la «spada dello Spi
rito» , che è la parola di Dio. Con questo appello finale si sintonizza
anche l'invito a pregare «incessantemente con ogni sorta di preghie
ra e suppliche nello Spirito» (6, 17-18) .
32 BouTIIER, L' Épitre de saint Pau/ aux Ephésiens , 171 , contro l'autorità di Giro
lamo, Lutero e Calvino , che traducono l'espressione di Ef 4,3: enòteta toù pnèumatos ,
«unità spirituale>>, interpreta: «unità che è stata data e viene data dallo Spirito santo>> ;
PENNA, Lettera agli Efesini, 179-183, sostiene l'interpretazione di «spiritO>> in senso
etico-ecclesiale come impegno interiore , comune e convinto a formare l'unità e la pa
ce della chiesa; nello stesso senso interpreta anche Ef 2,18, ma aggiunge : «In ogni ca
so, e questo va detto con forza, lo "spirito" di Ef 4,3.4 non è senza connessione con lo
Spirito di Dio» (p. 183) ; MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 247 , vede nei due testi il ri
ferimento allo Spirito di Dio. Il possibile rimando di Ef 4,4 a 1 Cor 12,13, conferme
rebbe questa interpretazione «teologale» del nostro testo.
199
b) L 'ecclesiologia di Efesini
È innegabile l'interesse della Lettera agli Efesini per il tema ec
clesiologico . Le nove ricorrenze del termine ekklesia sono un pale
se indizio di questo orientamento del nostro scritto , soprattutto se
posto a confronto con la Lettera ai Galati , dove vi sono solo tre
presenze dello stesso vocabolo . Va però subito precisato che sei di
queste menzioni della «chiesa» sono concentrate nella digressione
«catechistica» inserita nel codice dei doveri familiari (5 ,23-
24.25b-32) . Rientrano nell'area semantica dell'ecclesiologia la me
tafora del «corpo» , con nove ricorrenze , e l'immagine dell'oikodo
m�, «costruzione», associata in almeno cinque testi ai verbi compo
sti synoikodomèisthai, epoikodomèisthai per indicare il processo di
formazione della comunità dei credenti , considerata «tempio di
Dio» e sua «dimora» (2 ,20-22 ; cf. 4,12. 16) . Si potrebbe aggiungere
anche il simbolo sponsale che si intreccia con quello del «corpo» .
Ambedue sono utilizzati per esprimere i l rapporto d i Cristo con la
chiesa (5 ,26-27 .29 .32) .
Questo rapporto infatti è l'aspetto qualificante dell'ecclesiolo
gia efesina. Il discorso sulla chiesa è inseparabile dalla riflessione
sul ruolo di Gesù Cristo . L'espressione più efficace di questo lega
me vitale tra Gesù Cristo e la chiesa è data dalla duplice metafora
del «capo» e del «corpo». La prima ricorrenza del vocabolo ek
klesìa in Efesini è connessa con questo linguaggio metaforico riferi
to a Cristo e alla chiesa. Alla fine del capitolo primo si dice che la
straordinaria grandezza della potenza di Dio a favore dei credenti
si manifesta nella risurrezione ed esaltazione celeste di Gesù al di
sopra di tutte le potenze. Ma la signoria universale di Cristo , costi
tuito da Dio capo su tutte le cose , si esercita èn ekklesìai, «nella
chiesa». Questa infatti è «il suo corpo» attraverso il quale la «pie
nezza» del Cristo risorto si realizza interamente in tutte le cose
( 1 ,22-23). Da questa relazione dinamica della chiesa con Cristo de
rivano le sue dimensioni caratteristiche: l'unità, l'universalità e la
crescita.
In primo luogo la chiesa è lo spazio dove si manifesta la forza
unificante di Cristo nei confronti dei due gruppi rappresentanti del
l'umanità divisa. Essi sono riconciliati con Dio in un solo corpo per
mezzo della croce di Cristo e pacificati tra loro possono presentarsi
insieme a Dio Padre per mezzo di Cristo in un solo Spirito (2 , 16. 18) .
L'evento storico della pacificazione , dell'unificazione e della ricon
ciliazione di ebrei e pagani si realizza nella chiesa, dove i pagani
200
sono accolti come «concittadini dei santi e familiari di Dio» (2, 19) . 33
L'annuncio del vangelo di pace da parte del Cristo si prolunga in
quello che raggiunge i nuovi ascoltatori della parola di verità, il van
gelo della salvezza ( 1 , 1 3) . Perciò il gruppo degli «apostoli e profeti»
come proclamatori del vangelo e della parola di verità, diventa il
fondamento della costruzione della chiesa, che nello stesso tempo
poggia su Gesù Cristo come pietra angolare (2,20) . Questa sovrap
posizione di immagini non crea una concorrenza né una sostituzione
tra Gesù Cristo e il gruppo fondante della chiesa , ma sottolinea la
loro continuità nella storia di salvezza.
La stessa dialettica è sottesa al processo di rivelazione e attuazio
ne del «mistero di Cristo», che consiste in questo : «i pagani sono
chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare
lo stesso corpo e a essere partecipi della promessa» (3 ,6-7) . Questo
avviene mediante l'annuncio del vangelo in due fasi storiche che nel
la prospettiva ecclesiale di Efesini tendono a sovrapporsi . Paolo , co
stituito per grazia di Dio diàkonos del vangelo , proclama ai pagani
le imperscrutabili ricchezze di Cristo e così manifesta davanti a tutti
qual è l'oikonomìa del mistero di Dio un tempo nascosto e ora rive
lato e attuato in Gesù Cristo . Ma la stessa rivelazione avviene trami
te i «santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3 ,5) . In tal mo
do l'autore può affermare che ora per mezzo della chiesa la manife
stazione della multiforme sapienza di Dio creatore di tutto raggiun
ge anche i principati e le potestà negli spazi celesti . Questa sovrap
posizione di orizzonti - azione di Dio in Cristo e ruolo della chiesa
- consente di esprimere la dimensione trascendente della realtà ec
clesiale .
Nelle sezioni parenetiche la prospettiva diventa intraecclesiale .
L'unità dei credenti è il punto di partenza e la meta finale del pro
cesso di crescita del corpo ecclesiale . L'esortazione a conservare
«l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace» è la trascri
zione in chiave di parenesi intraecclesiale del processo di unificazio
ne e pacificazione realizzata dall'evento della croce di Cristo (4,3) .
La motivazione di questo invito parte dall'esperienza dell'unità
ecclesiale , che si fonda ed esprime nella professione di fede battesi-
201
male , e risale fino a Dio Padre , fonte ultima del processo di unifi
cazione :
202
sfondo di questo linguaggio allusivo vi sono le immagini bibliche del
l'alleanza (Ez 16,9) .
Ancora con termini mutuati dal rapporto sponsale si dice che
Cristo si prende cura e nutre la chiesa. Un'allusione all'eucaristia?
Quello che interessa all'autore di questa riflessione è il significato
globale del rapporto di Cristo con la chiesa. Esso si iscrive nel dise
gno salvifico di Dio un tempo nascosto e ora svelato . Tutto questo
nel linguaggio di Efesini si chiama il «mistero». L'autore vede un
momento importante e decisivo della rivelazione e attuazione di
questo mistero proprio nel rapporto di Cristo e della chiesa: «Que
sto mistero è grande ; lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa»
(5 ,32) . Questa intuizione deriva da una rilettura del testo di Gen
2 ,24, dove in riferimento agli sposi si parla dell'unità dei due in una
carne sola. È proprio quello che ha compiuto Cristo nella sua morte
di croce e che ora si prolunga e realizza nell'esperienza ecclesiale ,
prototipo di quella degli sposi . 34
34 S . F. MILETIC, «One Flesh»: Eph 5,22-24; 5,31 . Marriage and the New Creation
(AnBib 1 15), Rome 1988.
203
l'universalità sono gli altri due tratti distintivi del progetto di essere
umano realizzato da Gesù Cristo e anticipato dai credenti che ne
condividono il destino .
Su questa piattaforma antropologica si sviluppa il progetto etico
della Lettera agli Efesini. Esso ha nello stesso tempo una connota
zione cristologica ed ecclesiale , che si esprime e attua nell'agàpe.
Questo termine ricorre dieci volte in Efesini e altrettante il verbo
agapàn . La massima concentrazione del lessico dell'amore si ha nel
capitolo quarto e quinto riservati alla parenesi . Ma già fin dalla be
nedizione iniziale viene tracciato il progetto di vita etica sullo sfondo
dell'azione gratuita di Dio per la salvezza. Egli infatti ha scelto i cre
denti in Gesù Cristo «per essere santi e immacolati al suo cospetto
en agàpe-i nell'amore» ( 1 ,4b ) . L'amore verso tutti i credenti , assie
me alla fede nel Signore Gesù , caratterizza la vita dei cristiani
( 1 , 15 ) .
Queste due strutture dell'esistenza cristiana definiscono il profi
lo dell'uomo interiore che può contare sulla forza dello Spirito e sul
la presenza del Cristo che abita nei cuori per mezzo della fede . Tutto
questo è frutto dell'azione di Dio Padre invocato nella preghiera e
che ha come ultimo obiettivo la piena espansione dell'amore . L'agà
pe infatti è la radice , il fondamento e la meta finale del processo di
maturità cristiana che nell'amore fa esperienza della «pienezza di
Dio» ( 3 , 17-19 ) .
Data questa impostazione teologale dell'esistenza cristiana è na
turale che il progetto etico si concentri nell'amore . Questo diventa il
filo conduttore della parenesi di Efesini . L'esortazione a vivere con
forme alla vocazione cristiana si traduce nella proposta di relazioni
connotate da tre attitudini : umiltà , mansuetudine e pazienza. Ma es
se convergono verso l'agàpe che rende possibile l'accoglienza reci
proca e sta alla base dell'unità ecclesiale (4,2-3 ) . Con una formula
felice l'autore di Efesini riassume l'impegno per arrivare alla maturi
tà di Cristo: «vivere la verità nell'amore , alethèuontes èn agàpb>
(4 , 15a ) . Anche la crescita ed edificazione del corpo di Cristo grazie
alla partecipazione attiva di ogni membro può avvenire solo «èn agà
pe-i» ( 4, 16c) .
In questo orizzonte l'invito a «vivere nell'amore» non è solo una
bella formula. Esso fa da intestazione a un progetto di vita che ha
come fonte e modello l'amore di Dio reso visibile e comunicato ai
credenti da Gesù Cristo che «ci ha amato e ha dato se stesso per noi»
( 5 ,2 ) . L'articolazione di questo progetto è data dall'elenco delle atti
tudini che caratterizzano l'uomo nuovo «creato secondo Dio nella
204
giustizia e santità vera» (4,24) . Sul piano concreto si tratta di vivere
relazioni positive e costruttive che non solo escludono i vizi tipici del
mondo pagano delle tenebre , ma si innestano su una prassi che
esprime la nuova condizione dei «figli della luce>> (4,25-32 ; 5 ,3-9) . Il
codice dei doveri familiari non fa altro che dare attuazione a questo
progetto di nuove relazioni definite dall'amore che ha la sua fonte e
il modello nel dono che Gesù ha fatto di sé per la chiesa (5,21-33) .
Dalla stessa radice che alimenta il progetto etico di Efesini ger
moglia e cresce in forma vigorosa uno stile di vita spirituale equili
brato e dinamico . Lo spazio dato al ruolo dello «Spirito» fa intrave
dere l'interesse della nostra lettera per questa dimensione della vita
cristiana . Essa si articola in due ambiti privilegiati , quello della pre
ghiera e dell'esperienza liturgica . L'invito alla preghiera incessante ,
insistente e per tutti segue lo schema tradizionale paolino (6 , 18) . Ma
l'autore di Efesini offre anche diversi esempi di preghiera , dalla «be
nedizione» contemplativa e invocazione adorante , alla dossologia ed
espressione innica ( 1 ,3-13 . 15-18; 3 , 14-19.20-21 ; 5 , 14) . Queste com
posizioni , assieme alle acclamazioni e formule di fede distribuite nel
corso della lettera, danno un saggio dei «salmi, inni , cantici spiritua
li» che esprimono l'atteggiamento orante dei singoli e della comuni
tà sotto l'impulso dello Spirito (5 , 1 8b-20) .
Mi piace concludere questa ricostruzione del messaggio teologi
co e spirituale di Efesini con il ritratto del cristiano che realizza l'i
deale dell'uomo nuovo e perfetto . Esso riflette lo spirito militante
dell'autore che propone ai credenti battezzati una scelta radicale
senza nostalgie e compromessi . L'allegoria biblica dell'armatura di
Dio gli offre lo spunto per presentare l'equipaggiamento spirituale
del cristiano maturo : la cintura della verità , la corazza della giusti
zia , i calzari dello zelo , lo scudo della fede , l'elmo della salvezza e la
spada dello Spirito . In questo profilo del cristiano maturo , che sa re
sistere a tutte le prove, merita di essere segnalato l'aspetto dinamico
di due qualità: lo zelo per propagare il vangelo della pace e la spada
dello Spirito che è la parola di Dio . Anche se in sordina, affiora la
tensione missionaria ed evangelizzatrice di Efesini , che ha in Paolo ,
il diàkonos e ambasciatore del vangelo, il suo prototipo .35
205
VI
Le Lettere Pastorali
Le tre lettere del corpus paolino , che , a partire dal XVIII secolo,
sono chiamate «lettere pastorali» , costituiscono un gruppo di scritti
sostanzialmente omogeneo per stile e contenuto . Le diversificazioni
all'interno del gruppo riguardano la seconda Lettera a Timoteo , che
ha un tono più personalizzato sullo stile del «discorso di addio» o
«testamento» spirituale . Anche la Lettera a Tito rispetto alla prima
Lettera a Timoteo ha alcune accentuazioni tematiche diverse che
giustificano la sua conservazione nella raccolta delle lettere paoline .
In altri termini la Lettera a Tito non è un doppione della prima a Ti
moteo, perché ne riprende alcuni temi , ma collocandoli in un conte
sto diverso . Le tre lettere presuppongono una situazione dei desti
natari simile e rispondono alle stesse preoccupazioni di fondo: sma
scherare e combattere il fronte dei falsi maestri e proporre un insie
me di istruzioni e norme autorevoli per l'organizzazione e la guida
della comunità cristiana. Pertanto il gruppo delle tre lettere pastora
li verrà esaminato in modo unitario , rilevando di volta in volta gli
aspetti peculiari o distintivi dei singoli scritti .
207
ingresso per una lettura critica e feconda del corpus pastorale inizia
con l'analisi linguistica che prevede una ricerca sul lessico , lo stile e
le caratteristiche letterarie dei tre scritti , per approdare alla ricostru
zione della loro struttura .
a) Le caratteristiche lessicali
hapaxlegòmena singolari
J Tm 2 Tm Tt
67 45 25
hapaxlegòmena comuni
J Tm 2 Tm Tt
19 10 12
l Tm 2Tm Tt
1 ,3-4.9-10 2,3-4. 14.22 1 ,7-8. 10
2,9 3 ,2-5 . 16-17 2,2-5 . 12
3 ,2-3 . 8-9
4,2.7-8
5 , 10
6,4-5 . 17-20
1 H.J. HOLTZMANN , Die Pastoralbriefe, 86-91 , calcola in tutto 171 vocaboli pro
pri delle pastorali su 897 parole complessive adoperate nelle nostre tre lettere.
208
Si può facilmente rilevare la preferenza per i vocaboli greci co
struiti con l'alfa privativa :
a-delòtes , «incertezza» , l Tm 6 , 1 7 ;
a-diàleiptos, «incessante» , 2Tm l , 3 ;
a-kàiros, «inopportuno», 2Tm 4,2;
a-katàgnostos , «irreprensibile» , Tt 2,8;
a-krat�s, «incontinente», 2Tm 3 , 3 ;
à-machos, «non violento» , lTm 3 , 3 ; Tt 3,2;
an-�meros , «inumano>> , 2Tm 3,3;
an-òsios , «empio>> , lTm 1 ,9; 2Tm 3 ,2;
an-hypòtaktos , «ribelle» , lTm 1 ,9 ; Tt 1 ,6 ; 1 , 10;
a-pàideutos , «indisciplinato» , 2Tm 2,23 ;
a-pèrantos , «interminabile» , l Tm l ,4;
a-pròsitos , «inaccessibile», lTm 6,16;
à-spondos, «sleale» , 2Tm 3 , 3 ;
a-stochèin , «deviare» , lTm 1 ,6; 6,21 ; 2Tm 2,18;
a-philàgathos , «non amante del bene» , 2Tm 3,3;
a-pseud�s. «non mentitore» , Tt 1 ,2 .
U n altro gruppo d i hapaxlegòmena è costituito d a termini com
posti con phìlos/philèin :
philàgathos, «amante del bene», Tt 1 ,8 ;
philandros, «amante del marito» , Tt 2,4;
philargyrìa , «amante del denaro» , lTm 6,10;
philautos, «amante di sé» , 2Tm 3,2;
phil�donos , «amante del piacere» , 2Tm 3,4;
philòtheos , «amante di Dio», 2Tm 3 ,4;
philòteknos , «amante dei figli» , Tt 2,4.
Per valutare la specificità lessicale delle tre lettere pastorali oltre
agli hapaxlegòmena succitati, è utile segnalare i termini rari che han
no il loro corrispondente nell'epistolario paolino , con l'opera luca
na, Vangelo e Atti degli Apostoli , oppure con la Lettera agli Ebrei :
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
aischrokerd�s
lTm 3,8; Tt 1 ,7 1Pt 5 ,2
alazon
2Tm 3,2 Rm 1 ,30
anakàinosis,
Tt 3,5 Rm 12,2
anhypòtaktos,
1Tm 1 ,9; Tt 1 ,6. 10 2,8
209
Pastorali Paolo Le-A t Eb altri
anophelès,
Tt 3,9 7,18
apeithès,
2Tm 3,2; Rm 1 ,30 Le 1 , 17;
Tt 1 , 16; 3 ,3 At 26,19
apòlausis,
1Tm 6,17 11 ,25
apolèipein,
2Tm 4,13.20; 4,6.9; Gd 6
Tt 1 ,5 10,26
apotòmos
Tt 1 , 13 2Cor 13,10
arsenokòites
1Tm 1 , 10 1Cor 6,9
àstorgos,
2Tm 3,3 Rm 1 ,31
authàdes,
Tt 1 ,7 2Pt 2,10
autàrkeia,
1Tm 6,6 2Cor 9,8
aphilàrgyros
1Tm 3 ,3 13,5
bèbelos,
1Tm 1 ,9; 4,7; 6,20; 12,16
2Tm 2,16
bradynein,
1Tm 3,15 2Pt 3 ,9
bythìzein,
1Tm 6,9 Le 5,7
gnesios,
1Tm 1 ,2; Tt 1 ,4 2Cor 8,8;
Fil 4,3
gymnàzein
1Tm 4,7 5,14; 12, 11 2Pt 2,14
dròmos,
2Tm 4,7 At 13,25 ;
20,24
dynàstes,
1Tm 6,15 Le 1 ,52;
At 8,27
210
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
ekkathàirein
2Tm 2,21 1Cor 5,7
ektrèpesthai,
1Tm 1 ,6 12,13
endymamoùn,
1Tm 1 , 12; 2Tm 2,1 ; Rm 4,20; At 9,22
4,17; 5,15; 2Tm 4,4 Fil 4,13;
Ef 6,10
enoikèin,
2Tm 1 ,5 ; 1 , 14 Rm 8, 1 1 ;
2Cor 6,16;
Col 3,16
exartìzein,
2Tm 3,17 At 21 ,5
epimelèisthai,
1Tm 3,5 Le
10,34.35
epitagè,
1Tm 1 , 1 ; Tt 1 ,3 ; Rm 16,26;
2,5 1Cor 7,6;
2Cor 8,8
èris,
1Tm 6,4; Tt 3 ,9 Rm 1 ,29 ;
13,13;
1Cor 1 , 1 1 ;
3,3; 2Cor
12,20; Gal
5,2; Fil
1 , 15
euergesìa,
1Tm 6,2 At 4,9
eusebèin,
1Tm 5,4 At 17 ,23
èuchrestos,
2Tm 2,21 ; 4,11 Fm 11
z6grèin,
2Tm 2,26 Le 5,10
zoogonèin,
lTm 6,13 Le 17,33;
At 7,19
211
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
kakoùrgos,
2Tm 2,9 Le
23 ,32.33.39
kèrdos,
Tt 1 , 1 1 Fil 1 ,21 ;
3,7
kosmikòs,
Tt 2,12 9, 1
loùtron,
Tt 3,5 Ef 5,26
meletàn,
1Tm 4,15 At 4,25
mesìtes,
1Tm 2,5 Gal 3,19; 8,6; 9,15;
3,20 12,24
mòrphosis,
2Tm 3,5 Rm 2,20
nauagèin,
1Tm 1 , 19 2Cor 1 1 ,25
nosphìzesthai
Tt 2,10 At 5,2.3
nouthesìa,
Tt 3,10 1Cor
10, 1 1 ;
Ef 6,4
odyne,
1Tm 6,10 Rm 9,2
orègesthai,
1Tm 3 , 1 ; 6,10 1 1 , 16
ostràkinos,
2Tm 2,20 2Cor 4,7
paidèia,
2Tm 3,16 Ef 6,4 12,5.7.8. 1 1
paidèuein,
1Tm 1 ,20; 2Tm 2,25; 1Cor Le 23,16; 12,6.7. 10 Ap 3,19
Tt 2,12 1 1 ,32 ; At 7,22;
2Cor 6,9 22,3
paracheimàzein,
Tt 3,12 1Cor 16,6 At 27, 12;
28, 1 1
212
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
peitharchèin,
Tt 3,1 At 5,29.32;
27 ,2
perìergos,
1Tm 5 , 13 At 19,19
peripoièisthai,
1Tm 3,13 Le 17,33 ;
At 20,28
plàssein, .
1Tm 2,13 Rm 9,20
presbytèrion,
1Tm 4,14 Le 22,66;
At 22,5
pròdelos,
1Tm 5,24; 7,14
prodòtes,
2Tm 3,4 Le 6, 16;
At 7,52
prokope,
1Tm 4,15 Fil 1 , 12;
1 ,25
propetes,
2Tm 3,4 At 19,36
pyknòs,
1Tm 5 ,23 Le 5,33 ;
At 24,26
stratèia,
1Tm 1 , 18 2Cor 10,4
symbasilèuein,
2Tm 2,12 1Cor 4,8
sorèuein,
2Tm 3,6 Rm 12,20
(LXX)
sophrosyne,
1Tm 2,9; 2,15; 5,25 At 26,25
hybrist�s,
1Tm 1, 13 Rm 1 ,30
hyperoch�,
1Tm 2,2 1Cor 2,1
213
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
hypotithènai,
1Tm 4,6 Rm 16,4
philanthropìa,
Tt 3,4 At 28,2
philàrgyros,
2Tm 3,2 Le 16,4
semnòs,
1Tm 3,8; 3 , 1 1 ; Tt 2,2 Fil 4,8
chréstòtés,
Tt 3,4 Rm 2,4;
3,12;
11 ,22;
2Cor 6,6;
Gal 5,22;
Ef 2,7; Col
3,12
2 La somma complessiva delle ricorrenze dei 71 termini rari è 79, perché in 8 casi
essi compaiono in due serie diverse di testi .
214
NT Past . Pro t. P/. Deut. Pl. (Ef/Col/2 Ts)
agathòs 104 lO 30 7
alètheia 109 14 22 11
didaskalìa 21 15 2 2
epìgnosis 20 4 4 6
epiphàneia 6 5 l
eusèbeia 15 10
katharòs 26 7 l
pìstis 243 33 91 18
pistòs 67 17 9 7
sotèr 24 10 l l
sophronèin 6 l 2
sophròn 4 4
215
NT Past. Prot. Pl. Deut. Pl.
nynì 18 13 2
oukèti 48 14 l
oùte 91 33
pàlin 139 28
syn 127 28 9
tè 201 22 l
Nel contempo va rilevata la preferenza data nelle tre lettere pa
storali ad altre particelle che si riscontrano nell'epistolario paolino ,
ma non con la stessa intensità. Per coglierne la peculiarità i tre scritti
pastorali sono considerati come un corpus unitario , che può essere
posto a confronto con la seconda Lettera ai Corinzi simile per esten
sione , oppure con le tre lettere deuteropaoline ( Ef, Col, 2Ts) :
216
Nelle tre lettere pastorali si coglie la sovrapposizione di almeno tre
«modi» di organizzare il testo che si inserivano nella cornice generale
della «lettera» . Il primo è quello degli «insegnamenti» o esposizioni
dottrinali , che fanno da sfondo alla serie di «disposizioni» pratiche , in
forma di esortazioni e norme . Le une e le altre sono intervallate da
piccole frasi o da brani di prosa ritmica che riportano frammenti dos
sologici , professioni di fede e inni . Nei brani di carattere espositivo ,
nelle professioni di fede e nei testi dossologici le forme verbali preferi
te sono all'indicativo . La forma verbale che caratterizza le sezioni
«parenetiche» e «disciplinari» è quella dell'imperativo .
È facile rilevare la concentrazione di queste forme verbali «im
perative>> in alcune sezioni degli ultimi tre capitoli della prima Let
tera a Timoteo :
lTm 4,1 1-16: dieci imperativi ;
lTm 5 ,3-4.7.9. 1 1 . 19-20.22-23 : quattordici imperativi ;
lTm 6,1-2. 1 1-12. 17.20: undici imperativi .
Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella seconda Lettera a Ti
moteo , dove gli «imperativi» sono concentrati nel capitolo secondo e
quarto:
2Tm 2,1-2 . 8. 14-16.22-23 : dodici imperativi ;
2Tm 4,2. 5 . 9 . 13. 1 5 .21 : quindici imperativi.
Nella piccola Lettera a Tito le forme dei verbi all'imperativo so-
no distribuite negli ultimi due capitoli , secondo e terzo :
Tt 2 , 1 .6. 1 5 : sei imperativi ;
Tt 3 , 1 .9-10.12. 14-15: sei imperativi .
Generalmente queste sezioni «imperative» sono costituite da
frasi brevi e rapide : il verbo all'imperativo è seguito dal contenuto
della disposizione o invito . In alcuni casi si ha una cascata di verbi
imperativi in forma seriale:
<<paràggele tàuta kài dìdaske, questo proclama e insegna» (lTm
4 , 1 1 ) ; «tàuta dìdaske kài parakàlei, questo insegna e raccomanda»
(l Tm 6,2c) ; «sy dè, 6 ànthrope Theoù, tàuta phèuge; dìoke dè dikaio
synen . . . agonìzou tòn kalòn agona . . . epilàbou tes aionìou zoes , ma
tu , uomo di Dio , fuggi queste cose , tendi alla giustizia . . . combatti la
buona battaglia, cerca di raggiungere la vita eterna» (lTm 6 , 1 1-12) ;
«k�ryxon tòn lògon, epìstethi eukàiros akàiros, èlexon, epitìmeson,
parakàleson . . . , annuncia la parola , insisti in ogni occasione opportu
na e non opportuna, ammonisci , rimprovera , esorta . . . » (2Tm 4,2) ;
<<Sy dè nephe èn pàsin, kakopàtheson èrgon pòieson euaggelistoù, tèn
diakonìan soù plerophòreson , tu però vigila attentamente , sappi
217
sopportare le sofferenze , compi la tua opera di annunciatore del
vangelo, adempi il ministero» (2Tm 4,5) ; «tàuta làlei kaì parakàlei
kài èlegche . . . médèis soù periphronèito , questo tu insegna, racco
manda e rimprovera . . . Nessuno ti disprezzi» (Tt 2, 15) .
Il contenuto delle istruzioni e disposizioni spesso viene espresso
mediante proposizioni infinitive . Su queste si innestano altre subor
dinate introdotte dalle particelle hìna e hòti, con le quali si precisa lo
scopo o ragione dell'ordine impartito o della disposizione pratica .
Ma anche le proposizioni subordinate delle sezioni espositive e cate
chistiche sono introdotte da queste particelle , soprattutto da hìna ,
che indica lo «meta» o esito perseguito dall'azione rivelatrice e salvi
fica di Dio . È interessante registrare la diversa concentrazione di
queste particelle connettive nelle tre lettere :
15 12 5 7 13 l
218
Assieme all'indefinito tìnes , «alcuni» - frequente nella 1Tm - con
questi pronomi relativi ci si riferisce ai «dissidenti» o «falsi maestri»
(1Tm 1 ,4; 6,9; 2Tm 2,2; Tt 1 , 1 1 ) . Un esempio di proposizioni relati
ve che susseguono a incastro si ha in 1Tm 1 , 19 : «avendo fede e buo
na coscienza, la quale alcuni avendo ripudiato hanno fatto naufragio
nella fede , tra i quali è Imenèo e Alessandro , che ho consegnato a
satana perché imparino a non bestemmiare».
Ma sono soprattutto le brevi professioni di fede , le formule inni
che o dossologiche che vengono inserite nel testo mediante le propo
sizioni relative . Questa costruzione si riscontra nel brano della pri
ma Lettera a Timoteo , dove i tre aspetti della dichiarazione di fede
sono segnalati da brevi frasi relative : «Questa è una cosa bella e gra
dita al cospetto di Dio , nostro salvatore , hòs, il quale vuole che tutti
gli uomini si salvino . . . uno solo è il mediatore . . . Gesù Cristo , hòs , il
quale ha dato se stesso . . . Questa testimonianza egli l'ha data . . . , èis
hò, della quale io sono stato fatto banditore e apostolo . . . » (1Tm
2 ,3-7 ; cf. 2Tm 1 , 1 1 ) . Analogo è l'innesto dell'inno cristologico in
1Tm 3 , 16, della dossologia di 1Tm 6 , 15-16 e della formula di fede di
Tt 2 , 14.
In altri casi questi brani di carattere espositivo o celebrativo so
no articolati mediante una serie di brevi proposizioni participiali che
si saldano tra loro e con il soggetto della principale : «ma soffri anche
tu insieme con me per il vangelo , aiutato dalla forza di Dio, toù sò
santos hymàs kài kalèsantos, che ci ha salvati e chiamati . . . secondo
la sua grazia, dothèisan , che ci è stata data . . . , phanerothèisan , rivela
ta solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù , katar
gèsantos, che ha eliminato la morte , photìsantos , che ha fatto ri
splendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo . . . » (2Tm 1 ,9-
10) . In modo simile è costruito il testo della catechesi celebrativa di
Tt 2 , 1 1-14.
Un altro tratto distintivo dello stile delle tre lettere pastorali è la
presenza delle brevi formule introduttive sia delle istruzioni sia delle
professioni di fede . La più frequente è la dichiarazione nella sua for
ma breve : pistòs hò lògos, «sicura è la parola» , ampliata con l'ag
giunta: «e degna di essere accolta da tutti» (1Tm 1 , 1 5 ; 3 , 1 ; 4,9; 2Tm
2, 1 1 ; Tt 3 ,8) . Oltre alle professioni di fede , questa frase introduce
l'elenco delle qualità positive richieste ai candidati all'episkopè
(1Tm 3 , 1 .2-7) , a cui fanno riscontro quelle per i candidati alla diaco
nia (1Tm 3,8-9 . 1 1-12) . Questi elenchi di attitudini positive opposte a
quelle negative , assieme alla serie di doveri per le varie categorie di
persone contribuiscono a definire sia lo stile sia la composizione del
le nostre tre lettere .
219
c) Genere letterario delle Lettere Pastorali
L'aspetto più vistoso e immediato dal punto di vista letterario
nei tre scritti chiamati «lettere pastorali» è la loro cornice «epistola
re» .3 Tutte e tre si aprono con le espressioni protocollari d'intesta
zione delle lettere paoline :
220
3 , 14-15: «Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te,
ma se dovessi tardare , voglio che tu sappia come comportarti nella
casa di Dio . . . » .
Possono rientrare ugualmente nel modello epistolare alcune se
zioni di carattere «autobiografico» , dove il mittente dà informazioni
sulla sua situazione personale e trasmette le disposizioni organizzati
ve al suo discepolo . I brani «autobiografici>> caratterizzano soprat
tutto la seconda Lettera a Timoteo , dove ricorrono con una certa
frequenza e ampiezza (2Tm 1 , 15-18; 3, 10-1 1 ; 4,6-8.9-18) . Qualche
cosa di simile si trova anche nella parte conclusiva della Lettera a Ti
to (Tt 3, 12-14) . In questi brani Paolo si presenta come il proclamato
re instancabile del vangelo . È l'apostolo che coordina la rete dei col
laboratori nelle diverse regioni della sua missione e dà disposizioni
ai suoi discepoli per organizzare la chiesa a Efeso e a Creta (l Tm
1 ,3 ; Tt 1 ,5). Alla fine egli affronta il «martirio» per restare fedele al
l'annuncio del vangelo (cf. 2Tm 1 ,8 . 12; 2,9-lOa) . Solo occasionai
mente questi tratti compaiono nella prima Lettera a Timoteo, dove
Paolo si autopresenta come il «primo dei peccatori», che ha ottenuto
misericordia da Dio ed è stato costituito «banditore del vangelo e
apostolo , maestro dei pagani>> (lTm 1 , 13. 16; 2,7; cf. 2Tm 2 , 1 1 ) .
All'interno della cornice e del modello epistolare s i trova mate
riale diverso per forma, contenuto , provenienza e destinazione :
221
- elenco di qualità e compiti per il responsabile di comunità o
«pastore» , 1Tm 4,6-16; 5 , 1-2; 6,2c.6-12a. 14; 2Tm 2 ,3-7. 14-15.22-
25a; 3 , 10-12. 14-15 . 17 ; 4,2 . 5 ; Tt 1 , 13; 2,15 ; 3,8-9a. l0-1 1 ;
222
zione pubblica del periodo ellenistico fa conoscere in forma di let
tere circolari. 4 Invece gli elenchi di virtù e vizi e i cataloghi di doveri
delle nostre lettere richiamano le istruzioni e le «esortazioni» etiche
dei filosofi , riproposti come modelli letterari nelle scuole di reto
rica. 5 Il carattere più personalizzato della seconda Lettera a Timoteo
e il riferimento esplicito alla morte dell'apostolo Paolo richiamano
alcuni tratti dei «discorsi di addio>> o testamenti spirituali delle figure
autorevoli che si trovano sia nei testi canonici sia in quelli apocrifi
giudaici.6
In conclusione si può dire che il corpus delle lettere pastorali po
ste sotto il nome di Paolo e indirizzate ai suoi discepoli Timoteo e
Tito può essere considerato come una raccolta di istruzioni e dispo
sizioni date ai responsabili delle chiese per organizzare e guidare le
comunità cristiane che si richiamano alla tradizione paolina. La for
ma epistolare dei tre scritti conferma il riferimento al modello della
comunicazione tipica dell'apostolo Paolo , che è la fonte autorevole
di questa tradizione . 7
223
In un primo ambito si possono collocare le istruzioni e le norme
relative al buon ordinamento della comunità o chiesa. In questo am
bito rientrano le sezioni delle tre lettere in cui sono elencate le quali
tà e le condizioni richieste per il vescovo , i presbiteri e i diaconi , as
sieme ai compiti del responsabile di comunità e i suoi doveri verso le
varie categorie di persone : giovani e anziani , uomini e donne , fedeli
e dissidenti.
A. Ordinamento ecclesiale
224
dei fedeli , sta la figura dell'apostolo Paolo , fonte autorevole della
tradizione e maestro sicuro della verità.
D . Motivazione teologica
225
E . Cornice epistolare e notizie autobiografiche
226
giudizio contro i presbiteri colpevoli , i criteri per la scelta dei candi
dati al presbiterato ( 1Tm 5 , 17-23 .25) . Questa specie di manuale in
clude anche alcuni versetti del capitolo successivo , dove si passano
in rassegna i doveri degli schiavi cristiani e si danno alcune istruzioni
sul modo di consigliare i ricchi (1Tm 6,1-2ab. 17-19) .
Tra i brani che svolgono il ruolo di motivazione teologica, due
meritano di essere segnalati per il loro contenuto e struttura: la pro
fessione di fede in un «solo Dio» e in un «solo mediatore l'uomo Cri
sto Gesù». Quest'ultima viene ampliata con una frase che pone in ri
salto l'efficacia salvifica universale della morte di Gesù (1Tm 2 ,4-6) .
Altrettanto densa è la piccola composizione innica in cui si celebra il
grande «mistero della pietà» (1Tm 3 , 16) . Essa si articola in tre strofe
disposte tra loro in parallelismo progressivo, mentre i due stichi
giuocano sull'antitesi dei vocaboli : «Carne/spirito» , «angeli/popoli» ,
«mondo/gloria» . L a dossologia finale del capitolo sesto , che celebra
la signoria trascendente dell'unico Dio , fa eco a quella più breve del
capitolo primo ( 1Tm 1 , 17//6, 15-16) .
La seconda Lettera a Timoteo , oltre che per la prevalenza delle
sezioni «autobiografiche», si distingue per la presentazione di Paolo
come prototipo del proclamatore coraggioso del vangelo. Questo
ruolo idealizzato di Paolo , assieme all'ampio spazio dato al modello
del «pastore» , prende il posto dell'ordinamento ecclesiale tipico del
la prima Timoteo . Fin dalla preghiera di apertura si mette in eviden
za il legame affettivo tra l'apostolo e il suo discepolo (2Tm 1 ,3-4) .
Tale rapporto è confermato dal gesto di Paolo che ha trasmesso a Ti
moteo il chàrisma per mezzo dell'imposizione delle sue mani (2Tm
1 ,6) . Timoteo infatti è il discepolo che ha seguito personalmente l'a
postolo e ne ha condiviso le prove dell'impegno missionario e pasto
rale (2Tm 3 , 10- 12) . Perciò egli può contare oltre che sulle sue radici
familiari anche su questo tirocinio «apostolico» per essere un valido
esempio per tutti i credenti (2Tm 3.14-17) . È pertanto comprensibi
le che l'apostolo alla vigilia della sua morte si rivolga a Timoteo per
consegnargli il suo testamento spirituale e organizzare la rete dei va
ri collaboratori utili per l'efficace proclamazione del vangelo (2Tm
4,6-8.9-15) .
In tale prospettiva si collocano anche le motivazioni teologiche .
L'invito a condividere le sofferenze dell'apostolo per il vangelo si
fonda sull'iniziativa salvifica di Dio e sulla fedeltà di Gesù Cristo.
Esse giustificano sia la fiducia coraggiosa sia l'impegno fedele e per
severante dei credenti (2Tm 1 ,9-10; 2,8-13) . Nel clima dell'addio fi
nale e della separazione definitiva dell'apostolo «martire» la presen
tazione dei «falsi maestri» assume accenti fortemente negativi e mi-
227
nacciose tinte apocalittiche (2Tm 2, 16-18; 3 , 1-9; 4,3-4) . Ma su que
sto sfondo quello che prevale è il ritratto del vero pastore, garanzia
di sicurezza per gli altri fedeli (2Tm 2,1-7. 14-15.22; 4,2.5).
La Lettera a Tito ha una struttura più semplice e lineare rispetto
alle altre due . Le sezioni dell'ordinamento ecclesiale , sono seguite
da due ampie motivazioni teologiche , che fanno leva rispettivamen
te sulla manifestazione della chàris, «grazia» , e sulla philanthropìa ,
«amore per gli uomini» , di Dio «salvatore» per mezzo di Gesù Cri
sto (Tt 2,1 1-14; 3 ,4-7) . L'elenco delle qualità e condizioni richieste
per i presbiteri e il vescovo corrisponde sostanzialmente a quello
della prima Lettera a Timoteo (Tt 1 ,6-9) .
Anche il manuale pastorale relativo alle diverse categorie di
persone - uomini e donne , giovani e anziani, e gli schiavi - è più
articolato e puntuale rispetto a quello della prima Timoteo (Tt 2,1-
10; 3,1-2) . In ogni caso è sempre presente la prospettiva della buo
na testimonianza da dare alla «parola» o «dottrina» di Dio (Tt
2,5c. 10c) . Anche le disposizioni di carattere disciplinare sul modo
di regolarsi con il dissidente incorreggibile sono più precise (Tt 3 ,9-
1 1 ) . Originale e peculiare sotto un certo aspetto è anche la presen
tazione che si fa dei «falsi maestri» nella Lettera a Tito , associan
doli da una parte all'ambiente giudaico e dall'altra all'ambiente
culturale di Creta (Tt 1 , 10- 16; 3 ,9) . Dunque l'analisi della struttura
tematica delle tre lettere mostra sia la loro omogeneità di fondo sia
i tratti peculiari di ogni lettera che giustificano la loro trasmissione
come scritti distinti .
Dal momento che le tre lettere pastorali fanno parte degli scritti
canonici e sono associate nel NT al corpus paolino , è giusto ricercare
le loro radici religiose e culturali nell'ambìto di questi scritti. Infatti
le nostre lettere non solo citano o utilizzano in modo implicito i testi
del canone ebraico , ma giustificano questa scelta riconoscendo aper
tamente l'origine divina e ispirata di tutta la sacra Scrittura (2Tm
3 , 16) . Ma alla pari fanno ricorso alla tradizione di sentenze e inse
gnamenti attestati anche dagli attuali Vangeli sinottici e dal quarto
Vangelo . Un rapporto privilegiato esiste tra il gruppo delle pastorali
e l'insieme dell'epistolario paolino . Non solo i nomi dei collaborato
ri di Paolo, ma anche alcune concezioni e formule sono riprese dalle
228
lettere autentiche e dalle altre deuteropaoline per riproporre la figu
ra autorevole dell'apostolo e il suo messaggio in un mutato contesto
storico e culturale .
8 Questa formula di citazione ricorre quattro volte nella Lettera ai Romani (Rm
4,3 ; 9,17; 10, 1 1 , 1 1 ,2) ; una volta in Galatì 4,30 (cf. 3 ,8) ; in altri casi il soggetto del
verbo espresso o sottinteso è Dio o l'autore biblico: Mosè , Davide , Isaia, Osea (Rm
4,7; 9,25 ; 10,19.20; 1 1 ,9 ; 1 5 , 12) ; R. FABRIS, «La Scrittura in Paolo e nelle comunità
paoline>>, in E. NoRELLI , a cura di , La Bibbia nell'antichità cristiana. l. Da Gesù a
Origene, Bologna 1993 , 87- 103 .
229
tende di questi uomini empi e non toccate nulla di ciò che è loro»
(Dt 16,26) . Invece l'espressione : «chiunque invoca il nome del Si
gnore» riproduce una formula biblica che designa i credenti (Is
26, 13c) .
In altri cinque casi si può parlare di «citazioni implicite» , perché
si fa il riferimento al testo biblico senza un'esplicita formula di cita
zione . È il caso di 1Tm 5 , 19, che , nel contesto del trattamento dei
presbiteri , rimanda al principio giuridico biblico : «Non accettare ac
cuse contro un presbitero senza la deposizione di "due o tre testimo
ni"» (Dt 17,6; 19,15). Nella stessa lettera si rimanda al racconto bi
blico della creazione e del peccato di Adamo ed Eva con gli stessi
verbi greci della versione dei LXX: «prima è stato formato , plàssein ,
Adamo e poi Eva ; e non fu Adamo a essere ingannato , apatàn , ma
fu la donna che , ingannata, si rese colpevole di trasgressione» (1Tm
2,13-14; Geo 2,7; 3 , 13) . Negli altri tre casi si tratta del ricorso a
espressioni e titoli riferiti a Dio o al Signore , che evocano analoghe
formulazioni bibliche (1Tm 6 , 15b//Dt 10,17; 2Tm 4 , 14b//2Sam 3 ,38 ;
Sal 28 ,4; 62 , 1 2 ; Pr 24,12; 2Tm 4 , 17c//Sal 22,21 ; Dn 6 ,21 ; Tt
2 , 14bc//Sal 130,8; Es 19,5; Dt 4,20 ; 7,6; 14 ,2) .
Sono complessivamente circa trenta gli altri passi delle pastorali
in cui si adopera un termine o un'espressione che ha il suo corrispon
dente in uno o più testi del primo testamento . Merita di essere se
gnalata la singolare affinità lessicale delle nostre tre lettere con il se
condo libro dei Maccabei e con il Siracide . Dei termini hapax
legòmena delle tre pastorali almeno 9 sui 36 hapaxlegòmena paolini
e 5 sui 137 neotestamentari hanno un riscontro nel secondo libro dei
Maccabei .9
Per quanto riguarda il rapporto delle pastorali con il Siracide al
meno quattro hapaxlegòmena neotestamentari e un paio di hapax
legòmena paolini sono comuni . A questa corrispondenza lessicale si
devono aggiungere i titoli di dynastès e s6tèr attribuiti a Dio e le
espressioni greche : biòn diàgein , «condurre la vita» ( lTm 2,2) ; diò
kein dikaiosynen , «perseguire la giustizia)) (1Tm 6 , 1 1 ) . C . Spicq rile
va inoltre un'affinità tematica e spirituale tra le pastorali e il Siraci
de : la presentazione della donna in rapporto al marito , la valutazio
ne e uso della ricchezza, l'invito a evitare le vane discussioni con i
falsi maestri . 10 Ma si può dire che i tre scritti pastorali hanno in gene-
230
re una consonanza tematica con i libri del canone sapienziale biblico
e con i Salmi.
23 1
ti a Dio» (Le 10,9b//2Tm 2, 12b) . Il verbo greco arnefsthai , «rinnega
re» , ricorre nei due testi e non in quello parallelo di Mc 8,38; (cf. Mt
10,33b) . Infine va rilevato che alcune tematiche proprie del Vangelo
di Luca trovano una corrispondenza nei tre scritti pastorali : la re
sponsabilità dell'oikònomos preposto alla comunità (Le 12,42//Tt
1 ,7) ; la valutazione e l'uso dei beni materiali (Le 8 , 14; 12,16-21 ;
18,22-23//lTm 6,9-10. 18-19) ; la missione di Gesù Cristo venuto per
salvare i peccatori (Le 5 ,32 ; 19,10//lTm 1 , 15) . 11
Altrettanto significativa è la parentela lessicale e tematica delle
lettere pastorali con alcuni testi degli Atti degli apostoli . Oltre alle
informazioni biografiche su Paolo , il suo discepolo Timoteo e gli al
tri collaboratori , disseminate in particolare nella seconda Lettera a
Timoteo , merita di essere segnalata la simmetria di termini e della
situazione vitale delle pastorali con il discorso di addio tenuto da
Paolo a Mileto davanti ai presbiteri di Efeso (At 20,24.28//2Tm 4,7;
Tt 1 ,7) . Il riferimento al rito dell'imposizione delle mani per con
ferire un compito ecclesiale è menzionato in At 6,6 e lTm 4,14;
2Tm 1 ,6.
Altrettanto rilevante è il rapporto dei tre scritti pastorali sotto il
profilo lessicale e tematico con la Lettera agli Ebrei . Molti hapax
legòmena paolini o alcuni termini rari delle pastorali hanno il loro
corrispondente solo in questo scritto neotestamentario associato
nella tradizione al corpus paolina . L'appellativo mesìtes, dato a Ge
sù , si riscontra solo in l Tm 2,5b e in Eb 8,6; 9 , 1 5 ; 12 ,24. Il termine
aphilàrgyros, «non amante del denaro» di Eb 13,5 indica una delle
qualità richieste al candidato all'episkop� ( lTm 3 ,3) . L'autarkèia ,
«autosufficienza» , come attitudine spirituale nell'uso dei beni mate
riali, è proposta ai cristiani in Eb 13,5 e in l Tm 6,6.
Va rilevato che la parenesi delle pastorali su quest'ultimo tema
incrocia quella della Lettera di Giacomo . Il confronto delle nostre
lettere con il gruppo delle lettere cattoliche mette in risalto alcune
affinità terminologiche e tematiche. Nel duplice elenco dei vizi che
secondo lTm 3,8 e Tt 1 ,7 devono essere esclusi dal candidato alla
diaconia e all'episcopato con il termine raro , aischrokerdes , si indica
11
C. SPICQ, Les Épltres Pastora/es , l , 233-239 , sulla base di questa singolare affi
nità tra le pastorali e il Vangelo di Luca fa l'ipotesi che l'espressione di lTm 3 , 1 6:
«tutta la scrittura ispirata» , si riferisca non solo ai libri del canone ebraico, ma includa
anche gli scritti di Luca (lbid. , 239) .
232
il «guadagno vergognoso>> come nella prima Lettera di Pietro (lPt
5 ,2) . È notevole anche la sintonia lessicale delle pastorali con la se
conda Lettera di Pietro per gli hapaxlegòmena neotestamentari e i
termini rari : authàdes , «superbo>> (Tt 1 ,7//2Pt 2 , 10) ; bradynein , «tar
dare>> (lTm 3 , 15//2Pt 3 ,9) .
Anche il rapportò delle lettere pastorali con gli scritti della tradi
zione giovannea si caratterizza per alcune similarità lessicali e tema
tiche . Il termine kategorìa , «accusa>> , che ricorre in l Tm 5 , 19 e Tt
1 ,6 , ha il suo corrispondente neotestamentario solo in Gv 18,29 .
Ugualmente il vocabolo nome, «pascolo» , si riscontra in 2Tm 2 , 17 e
in Gv 10,9. Ma al di là di queste coincidenze lessicali vi sono alcune
consonanze tematiche che meritano di essere sottolineate : la pro
spettiva «epifanica» della cristologia e della salvezza, che fa leva sul
lessico e le metafore della «luce» e della «illuminazione» (lTm 6 , 14;
2Tm 1 , 10//Gv 1 ,9) ; il titolo cristologico sotèr (2Tm 1 , 10; Tt 2 , 13//Gv
4,42) ; gli attributi «invisibile» e «re dei re e Signore dei signori» rife
riti rispettivamente a Dio e a Cristo (1Tm 1 , 17//Gv 1 , 18; lTm
6 , 15//Ap 17, 14) ; la rinascita battesimale e il dono dello Spirito (Tt
3 ,5//Gv 3,5.8) _ 12
Per valutare il rapporto delle tre lettere pastorali con gli altri
scritti che formano il corpus paolino vanno tenuti presenti i dati
emersi dall'analisi linguistica: 35 termini rari delle pastorali sui com
plessivi 71 hanno un riscontro nell'epistolario paolino . 1 4 Ma al di là
di questo nesso lessicale , devono essere registrate le affinità più am
pie e articolate che si possono rilevare sotto il profilo tematico, spes
so intrecciate con la consonanza terminologica . Questo è il quadro
dei rimandi ai passi dell'epistolario paolino : 15
233
Rm J Cor 2Cor Gal Fil Fm J Ts Col Ef 2 Ts
l Tm 18 14 4 11 8 l l 7 3 4
2 Tm 14 14 3 l 8 4 4 4 l
Tt 12 5 l 2 3 2 l 6 l
totale 54 33 8 14 19 5 3 12 13 6
234
2 Tm 1 , 1 .3 Rm 1 , 1 . 8-9. 15
«Paolo apostolo di Cristo «Paolo ( servo ) di Cristo Gesù
Gesù
per volontà di Dio . . . apostolo per vocazione . . .
Ringrazio Dio, che servo Anzitutto rendo grazie al mio Dio ,
con coscienza pura, al quale rendo culto nel mio spirito
ho-i latrèuo èn katharà-i ho-i latrèuo èn to-i pnèumati moù . . » .
.
syneid�sei . . » .
.
2 Tm 1 ,8 R m 1 , 15
«Non vergognarti , «Io infatti non mi vergogno del vangelo,
epaischyntheis . . . epaischynomai tò euaggèlion ,
ma soffri anche tu insieme poiché è potenza di Dio per la salvezza,
con me per il vangelo , dynamis gàr toù Theoù . . »..
235
come esplicitazione del titolo di sotèr attribuito a Gesù Cristo (Tt
2 , 14a) .
Un fenomeno analogo di continuità e discontinuità lessicale e te
matica si verifica anche nella conclusione del brano celebrativo di
2Tm 1 ,9-10, posto a confronto con 1Cor 15,26.53. In ambedue i testi
ricorrono il verbo katargèin , «annientare», riferito all'eliminazione
della «morte» , e il termine aphtharsìa , «immortalità» come effetto
dell'azione vittoriosa di Cristo a favore dei credenti .
2 Tm 2,8 R m 1 , 1-4
«Ricordati di Gesù Cristo «Paolo . . : scelto per annunziare il van
gelo di Dio . . .
risuscitato dai morti , riguardo al Figlio suo , nato
dalla stirpe di Davide , dalla stirpe di Davide secondo la
carne ,
secondo il mio vangelo . . . » . costituito Figlio di Dio con potenza . . .
mediante la risurrezione dai morti ,
Gesù Cristo . . . » .
236
schema tradizionale del «credo» , dove si proclama Gesù Cristo
come discendente davidico e Figlio di Dio . Nel contesto della lettera
pastorale la professione di fede in Gesù Cristo risorto serve a fon
dare l'esortazione alla fiducia e perseveranza nelle prove dei cre
denti partecipi del suo destino di Messia morto e risorto (2Tm 2 , 1 1 ) .
Questa condivisione è formulata nella prospettiva dialettica di Rm
6,8, facendo ricorso ai verbi composti tipici della tradizione paolina
(cf. Ef 2,5-6) .
Anche attorno al tema ecclesiologico si verifica nelle lettere pa
storali uno spostamento di accenti . La chiesa è presentata con una
formula di matrice biblica, ma ricorrente nelle lettere di Paolo ,
«chiesa di Dio», con l'immagine della «famiglia di Dio» e l'espres
sione solenne : «colonna e sostegno della verità» (1Tm 3 , 15) . Questo
linguaggio rimanda alla metafora del «tempio di Dio» riferita nell'e
pistolario paolino sia alla comunità cristiana sia al singolo credente ,
in cui Dio abita mediante lo Spirito (1Cor 3 , 16-17; 6 , 19; cf. Col
2,22) . Ma il ruolo della chiesa nelle pastorali è definito in rapporto
alla verità del vangelo , la cui conoscenza è condizione di salvezza
(1Tm 2,4) . In questo senso si afferma che la comunità dei credenti è
il solido «fondamento» , themèlios, posto da Dio (2Tm 2,19) . È illu
minante il confronto con quello che scrive Paolo nella prima Lettera
ai Corinzi , dove afferma che il «fondamento» , sul quale si costruisce
la chiesa, è Gesù Cristo (1Cor 3 , 1 1 . 12) .
Da questi confronti tra le pastorali e le altre lettere del corpus
paolino risulta che gli stessi termini , espressioni o immagini sono ri
letti in una nuova prospettiva. Il rapporto dei tre scritti con i testi
delle altre lettere protopaoline e deuteropaoline oscilla tra continui
tà e discontinuità. Questo fatto da una parte giustifica la collocazio
ne dei tre scritti pastorali nell'alveo della tradizione di Paolo , dall'al
tra ne definisce la fisionomia specifica come gruppo distinto e omo
geneo sotto il profilo letterario e tematico . L'inserimento delle pa
storali nella «tradizione» paolina lascia aperto il problema di come
configurare il rapporto con le protopaoline se come dipendenza let
teraria o mediata dalla tradizione . 1 7 Questo dipende anche dalla ipo-
BZ 32(1 988) , 169- 188, sostiene che se anche l'autore delle pastorali conosce alcune
lettere protopaoline , non le utilizza direttamente , ma attraverso il filtro della tradi
zione ecclesiale e la griglia dei propri interessi .
237
tesi circa l'origine storica del gruppo delle pastorali collocate all'in
terno del processo che ha portato alla raccolta delle lettere di Paolo
e alla loro «canonizzazione» .
238
3 , 15) . Tito alla fine viene invitato a raggiungere quanto prima l'apo
stolo che sta per recarsi a Nicopoli nell'Epiro , dove intende passare
l'inverno (Tt 3 , 12) . Nella seconda Lettera a Timoteo la situazione è
diversa: Paolo si trova in carcere a Roma, dove ha l'impressione di
essere stato abbandonato da tutti, eccettuati alcuni amici fedeli ; è in
attesa di giudizio con la prospettiva del «martirio» imminente ; prega
il discepolo di raggiungerlo presto con altri fidati collaboratori (2Tm
1 , 15-17; 4,6-8 .9-16) .
Questa situazione letteraria fa da sfondo al dialogo epistolare .
Al suo interno è possibile individuare i destinatari reali e la situazio
ne implicita con il relativo scopo e occasione delle tre lettere . Il di
scepolo di Paolo , presentato come persona che gode della piena fi
ducia dell'apostolo , ha il compito di organizzare e presiedere al
buon ordinamento della comunità e promuovere lo stile di vita cri
stiana delle varie categorie di persone che la compongono. In altri
termini deve stabilire presbiteri nelle singole comunità secondo al
cuni criteri dettati dall'apostolo, insegnare con autorità, esortare ,
prendere decisioni anche disciplinari e presentarsi a tutti come dele
gato dell'apostolo Paolo. 1 8 Dunque destinatari reali delle lettere so
no i cristiani delle comunità che si richiamano alla tradizione paoli
na. Essi , pur innestandosi sulla tradizione biblica ebraica , provengo
no in massima parte dal mondo greco pagano (Tt 3 ,3) . Paolo, apo
stolo , araldo del vangelo e maestro dei pagani , è il prototipo dei pec
catori chiamati gratuitamente dall'iniziativa salvifica di Dio (l Tm
1 , 13-16; 2,7) .
Uno dei compiti essenziali del «discepolo» e delegato di Paolo
nella comunità delle pastorali è quello di smascherare e combattere
senza compromessi l'insegnamento e l'influsso nefasto dei «falsi
maestri». Questo non è altro che il risvolto negativo del suo ruolo di
essere custode del «deposito» ricevuto , e maestro della verità o «sa
na dottrina» . Chi sono quelli che pretendono di essere «maestri del
la legge» , ricercati da quanti non sopportano la sana dottrina (lTm
1 ,7 ; 2Tm 4,3)? I dati allusivi e frammentari delle lettere pastorali
non consentono di tracciare un profilo chiaro di questi «avversari»
che sono presentati come un pericolo per la verità del vangelo e l'in
tegrità della vita comunitaria .
18
M. WoLTER, Die Pastoralbriefe als Paulustradition (FRLANT 146) , Gottin
gen 1988.
239
Si possono distinguere semplificando due livelli : uno teorico dot
trinale e uno pratico morale . Questi due aspetti spesso si intrecciano
in modo inestricabile e i tratti distintivi dei «dissidenti» o erranti ap
paiono contraddittori al punto da sollevare il sospetto circa la loro
«reale» consistenza come persone singole o gruppi distinti dalla mi
naccia che essi rappresentano . Ma il fatto che in almeno due casi si
facciano dei nomi , accredita !'ipotesi che si tratti di persone reali . Si
dice che tra quelli che hanno ripudiato la fede e la buona coscienza
vi sono alcuni che hanno fatto naufragio nella fede ; «tra essi Imenèo
e Alessandro» (lTm 1 , 19) .
Uno di questi nomi ritorna nella seconda Lettera a Timoteo, ab
binato a un certo Filèto . Questi tali , si dice , «hanno deviato dalla ve
rità sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e cosi sconvolgono
la fede di alcuni» (2Tm 2, 17.:18) . Questa informazione solleva il velo
sull'insegnamento dei falsi maestri . Essa può essere accostata a
quanto si dice nella prima Lettera a Timoteo in forma di «profezia»
di stile apocalittico : «negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dal
la fede dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche» .
Quindi si precisa: «costoro vieteranno i l matrimonio , imporranno di
astenersi da alcuni cibi» che sono dono di Dio creatore per il benefi
cio di quanti ne usano con senso religioso ( lTm 4 , 1 .3) .
A questi due dati circa l'insegnamento o «dottrina» dei falsi
maestri si può aggiungere quanto si dice in termini generali e stereo
tipi : insegnano «dottrine diverse» (l Tm l ,3c; 6,3) ; aderiscono a «mi
ti» e «genealogie interminabili» , che provocano solo discussioni , ca
villi , questioni inutili, sterili verbosità (lTm 1 ,4.6, 6,4a ; 2Tm 2, 14b;
4,3-4) ; queste sono chiamate anche «miti profani e da vecchierelle»
(lTm 4,7) ; si tratta di «chiacchiere profane», di «obiezioni della
pseudoscienza» , gnosis (1Tm 6,20; 2Tm 2,16a) . Questi falsi maestri
sono assimilati ai due maghi egiziani oppositori di Mosè, identificati
nella tradizione giudaica con lannes e lambres (2Tm 3,8) .
Nella Lettera a Tito si precisa che fra quelli che danno retta a
«miti giudaici e a precetti di uomini» allontanandosi dalla verità vi
sono molti «soprattutto quelli che provengono dalla circoncisione»
(Tt 1 , 10. 14) . L'autore riporta anche il detto di un «loro profeta» cre
tese , che di fatto coincide con quello di Epimenide di Cnosso , uno
dei sette saggi della Grecia antica (Tt 1 , 12-13) . Ma il tratto distintivo
di questi propagandisti è presentato ancora una volta come un insie
me di «discussioni sciocche, di genealogie , di dissensi e contese at
torno alla legge» (Tt 3,9) .
Più generica e ancora più stereotipa è la presentazione dei «dissi
denti» sotto il profilo etico . La loro corruzione morale è una conse-
240
guenza dei loro errori . Oltre agli elenchi dei vizi che sono applicati a
questi devianti, quello che smentisce i falsi maestri è il fatto che sono
tutti «avidi di denaro)) (1Tm 1 ,9b- 10; 6,4-5 ; 2Tm 3 ,2-4 ; Tt 1 , 1 1 ) .
Inoltre essi «mettono i n scompiglio intere famiglie)) entrano nelle
'
case attirando con il loro insegnamento soprattutto le donne (Tt
1 , 1 1 ; 2Tm 3 ,6-7) . Per l'autore della Lettera a Tito sono «spiriti insu
bordinati , chiacchieroni e ingannatori della gente)) (Tt 10) . Essi di
chiarano di «conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevo
li come sono , ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona)) (Tt 1 , 16) .
Questo ritratto negativo degli erranti tende a squalificarli agli occhi
di eventuali simpatizzanti . Esso ha anche una funzione deterrente
per mettere in guardia i fedeli . Infatti si dice più volte che questi tali
vanno di male in peggio e la loro rovina è inevitabile (2Tm 2 , 14. 16;
3,9 . 13 ; Tt 3 , 1 1 ) .
Mettendo insieme questi dati e tenendo presente il carattere «re
torico)) della presentazione dei dissidenti che ha lo scopo di «persua
dere)) più che argomentare , si può ricostruire un quadro ipotetico
così caratterizzato :
241
giovani vedove che non vogliono risposarsi (1Tm 5 , 1 1-15) . Il compi
to del delegato o rappresentante dell'apostolo Paolo è quello di sma
scherare e neutralizzare questa pericolosa propaganda dottrinale e
le relative proposte pratiche . In breve la situazione vitale presuppo
sta dai tre scritti pastorali è quella di una «crisi» interna alla comuni
tà cristiana, in cui è in giuoco l'interpretazione e la pratica del van
gelo che fa capo alla figura autorevole di Paolo .
19 D.C. VERNER, The Household of God: The Social World of the Pastoral Epist
/es (SBL-DS 7 1 ) , Chicago 1983.
242
ne di accoglienza e assistenza degli altri cristiani ( lTm 5 ,9-10) . Alcu
ne signore benestanti sono in grado di prendersi cura delle donne
vedove ( lTm 5 , 16) . In ogni caso i cristiani devono distinguersi nel
l'accoglienza e ospitalità (Tt 3 , 14) .
La comunità cristiana e i singoli credenti sono inseriti nel tessuto
economico e sociale del loro ambiente . Essi ci tengono a essere sti
mati da «quelli di fuori» ( lTm 3,7; 6, 1 ; Tt 2,5c. 10c) . Il buon ordine
nella comunità e lo stile di vita dei singoli , coerente con la loro la fe
de , sono una buona testimonianza resa al messaggio evangelico .
Perciò si raccomandano al responsabile della comunità, modello di
tutti i credenti , quelle attitudini di equilibrio , saggezza e dignità
umana e spirituale che sono molto apprezzate nell'ambiente cultura
le e religioso in cui essi vivono ( 1Tm 3 ,2-3 ; 6,1 1 ; 2Tm 2,15.22.24; Tt
1 ,6-9) . La comunità cristiana inoltre si sente solidale e responsabile
della vita sociale e pubblica. Pertanto si prega non solo per tutti gli
uomini , ma in particolare per le autorità costituite perché «Si possa
condurre una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (l Tm
2 , 1 -2) . I cristiani sono anche invitati a «stare sottomessi ai magistrati
e alle autorità>> , disponibili e «pronti per ogni opera buona>> (Tt 3 , 1 ) .
S e questo modello socio-culturale si possa chiamare «borghese»
o tipico delle «classi medie» risponde al bisogno di etichettarlo se
condo schemi moderni e attuali , più che a una reale comprensione
dei suoi elementi caratteristici . 2° Comunque esso riflette quel clima
di osmosi culturale che si verifica nelle grandi metropoli greco
romane del primo secolo , dove si incrociano i valori etici universali
della filosofia popolare cinica e stoica con gli stimoli e le proposte
delle diverse correnti religiose . 2 1 Tra queste ultime un ruolo deter
minante per il contesto culturale , in cui vivono le comunità cristiane
delle lettere pastorali , è il giudaismo ellenistico della diaspora. Non
è casuale che il lessico e alcune categorie tipiche delle pastorali siano
comuni con quelli dello scrittore giudeo Filone di Alessandria. 22
243
Ma la polemica delle pastorali contro i «maestri della legge» , che
provocano discussioni e dissensi con le loro speculazioni sulle genea
logie , richiama l'ambiente culturale e religioso di alcune correnti
giudaiche attestate dalla letteratura apocrifa. In particolare l'assimi
lazione dei propagandisti della falsa dottrina ai due maghi oppositori
di Mosè , Iannes e Iambres, è un invito a cercarne la matrice in que
sto ambiente sincretistico di frontiera, dove si intrecciano specula
zioni mitologiche con pratiche ascetiche ( 2Tm 3 ,8) . 23 I testi apocrifi
giudaici e i manoscritti di Qumran confermano questo impasto di ra
dicalismo ascetico e attese apocalittiche. Negli stessi testi si rico
struisce la storia umana secondo lo schema delle «genealogie» di
matrice biblica. 24
In che misura tali tendenze siano imparentate con quel fenome
no complesso che nel II e III secolo si chiamerà «gnosticismo)) non
è determinabile sulla base degli elementi forniti dalle pastorali . 25
A parte la qualifica di «pseudo-gnosis)) attribuita alle speculazioni e
'
discussioni dei maestri , troppo vaghe e stereotipe sono le informa
zioni desunte dal testo delle pastorali sulla loro «dottrina)> per met
terla in relazione con il sistema gnostico ( 1Tm 6,20 ) . Le speculazioni
sulle «genealogie» possono essere assimilate alla «conoscenza)> eso
terica di Dio ( Tt 1 , 1 6) . A essa si contrappone la genuina epìgn6sis ,
«conoscenza della verità)> , che si ha nel vangelo interpretato dai di
scepoli di Paolo ( 1Tm 2,4; 2Tm 2,25-26; 3 ,7; Tt 1 , 1 ) . Anche le ten
denze dualistiche e il conseguente ascetismo congiunto con un certo
lassismo etico , possono essere considerati elementi che anticipano o
no suscitati da Belial ; essi sono fratelli e uno di essi si chiama J ah aneh ( CD V, 18-19} ;
nelle parafrasi aramaiche , targumim , di Es 7 , 1 1 e Nm 22 ,2, i due fratelli maghi sono
due «figli/discepoli» di Balaam, il profeta chiamato a maledire Israele ; nei midrashim
i loro nomi sono Janne e Mambre o Jambre ; PLINIO, Hist. Nat. , 30, 1 , 1 1 considera
J an n es fondatore della magia giudaica .
24 Una rilettura della storia biblica dalla creazione del mondo fino al dono della
legge fatto a Mosè secondo lo schema delle «genealogie» si ha nell'apocrifo libro dei
Giubilei (l secolo a . C . ) ; nella Regola della Comunità di Qumran la sezione che parla
dei «figli della luce» e <<figli delle tenebre», l QS III, 13-IV, 26, inizia così : «Per il sag
gio affinché istruisca e ammaestri tutti i figli della luce sulla storia di tutti i figli del
l'uomo su tutti i generi dei loro spiriti con i loro caratteri , secondo le loro opere , e sul
le loro genealogie . . . >> (J QS III, 13- 14} ; cf. FILONE, Vit. Mos. , II, 45-47.
25 G. HAUFE, «Gnostische Irrlehre und ihre Abweher in den Pastoralbriefen>> , in
K. W. TRtiGER, a cura di, Gnosis im Neuen Testament, Giitersloh-Berlin 1973 , 325-
339 .
244
preludono allo gnosticismo . Ma il gruppo di questi «maestri» anta
gonisti è ancora all'interno della comunità, alla quale appartengono
anche i loro aderenti o simpatizzanti . Questa crisi «gnosticheggian
te» delle pastorali si colloca nell'ambito del paolinismo come ten
denza a esasperarne alcune posizioni a contatto con il sincretismo
dell'ambiente ellenistico .
245
mantello lasciato a Troade presso Carpo, e anche i libri e le perga
mene (2Tm 4 , 1 3 .21a). Altrettanto strana è la notizia che interrompe
i saluti finali : «Tròfimo l'ho lasciato malato a Mileto» (2Tm 4,20b) .
A parte una possibile malattia cronica , che però non giustifiche
rebbe questa informazione , l'ultima visita di Paolo a Mileto risale ad
almeno cinque anni prima, ammesso che la prigionia di Roma sia
quella di cui si parla negli Atti degli apostoli (At 28 ,30-31). D'altra
parte la seconda Lettera a Timoteo conosce una sola prigionia di
Paolo e non sa nulla di un'attività missionaria nelle zone dell'Asia
successiva a una precedente prigionia romana . In tale prospettiva
anche l'incarico dato a Timoteo di riportargli il mantello lasciato a
Troade presso Carpo cinque anni prima appare quasi inattuabile .
Dall'insieme d i queste notizie autobiografiche risulta un'immagine
di Paolo contraddittoria: da una parte si lamenta perché è abbando
nato da tutti , dall'altra si dichiara pronto a soffrire per gli eletti ; sa
che il suo sangue sta per essere versato in libagione e mobilita i suoi
collaboratori e si preoccupa del mantello per affrontare l'inverno ; è
in attesa dell'imminente corona di giustizia e chiede di avere i libri e
le pergamene.
In breve si ha l'impressione che non solo l'attività missionaria e
pastorale di Paolo , ma anche la sua figura siano costruiti in funzione
del ruolo che gli viene attribuito nel contesto delle tre lettere pasto
rali . Infatti Paolo tende a essere «Canonizzato» in quanto è la fonte
unica e il garante sicuro della tradizione . Egli è l'apostolo , l'araldo
del vangelo e il «maestro» ( 1Tm 1 , 1 1-16; 2,7; 2Tm 1 , 1 1-12) . Nella
seconda Lettera a Timoteo Paolo si presenta come il prigioniero per
il vangelo , che suggella la sua testimonianza con il «martirio» (2Tm
1 ,8 . 16; 2,8-10; 4,6-8. 17-18) .
Una conferma di questa ricostruzione fittizia della figura di Pao
lo e della sua attività si ricava dal fatto che gran parte delle notizie
biografiche e dei nomi relativi di persone e località nelle tre lettere
pastorali sono quelli che si possono ricavare dal resto dell'epistolario
paolino e dalla tradizione attestata dagli Atti degli apostoli . Nuovi
sono i nomi dei dissidenti o traditori: Alessandro , Ermògene , Fìge
lo, Imenèo , Filèto (1Tm 1 ,20; 2Tm 1 , 1 5 ; 2, 17) ; di alcuni cristiani di
Roma: Eubùlo, Pudente , Lino, Claudia (2Tm 4,21 ) ; Carpo di Tròa
de (2Tm 4, 13) ; Àrtema e Zèna, associati a personaggi noti come col
laboratori di Paolo , lìchico e Apollo (Tt 3 , 12. 13). Del resto grazie
all'accostamento con i nomi di personaggi conosciuti nella tradizio
ne paolina anche i nuovi possono essere accreditati e accolti nel pro
filo biografico di Paolo .
246
Il terzo argomento a favore della pseudepigrafia delle pastorali è
di carattere contenutistico . La teologia, la cristologia , l'etica e la
struttura organizzativa della chiesa , quali si possono desumere dalle
tre lettere , sono troppo diverse e dissonanti rispetto a quelle presen
ti nelle protopaoline . Nel paragrafo dedicato al rapporto tra le pa
storali e l'epistolario paolino è stato evidenziato il fenomeno di con
tinuità e discontinuità relativo soprattutto alla cristologia e alla sote
riologia. Nel contesto attuale si può rilevare l'assenza di termini ,
formule e soprattutto categorie tipiche del pensiero di Paolo e nel
contempo la presenza di termini e nozioni nuovi o con un'accentua
zione diversa se confrontati con i dati delle lettere storiche di Paolo .
Le assenze più vistose riguardano alcuni termini e le relative ca
tegorie della riflessione teologica di Paolo sull'azione libera e gratui
ta di Dio e la condizione dei credenti . Nelle pastorali non si trovano
mai:
247
gica di Paolo ( Tt 3 , 5 . 7) . In questo caso la dialettica tra la «giustizia»
delle opere e la «giustificazione» per iniziativa di Dio rievoca quella
delle lettere di Paolo ai Galati e ai Romani, ma senza la sua puntua
lizzazione relativa alle «opere della legge». Anche la sovrapposizio
ne dei verbi «salvare» e «giustificare>> non è paolina.
Lo stesso discorso vale per il campo semantico della «fede» . Il
sostantivo pìstis ha una presenza massiccia nella prima Lettera a Ti
moteo, dove ricorre 19 volte , a fronte delle 8 volte nella seconda Ti
moteo e 6 in quella a Tito. Ma la «fede», associata alla «buona» o
«pura coscienza» , tende a diventare una «virtù» come la «giustizia,
la pietà e la costanza» ( 1Tm 1 ,5 . 19; 3 ,9; 6,1 1 ; 2Tm 2,22 ; 3 , 10; Tt
2,2 ) . Infatti l'espressione èn pìstei designa il più delle volte la condi
zione del «credente» ( 1Tm 1 ,2.4; 2 , 1 5 ; 3 , 13 ; 4,12 ) . Essa indica quel
sistema teorico-pratico , dal quale si allontanano i dissidenti o falsi
maestri , che rifiutano la «buona» o «Sana dottrina» , la didaskalìa .
Non è casuale che in tale contesto il verbo pistèuein tenda a ridursi in
modo notevole rispetto all'epistolario autentico di Paolo : in tutto sei
ricorrenze , di cui due in relazione con il vangelo «affidato» a Paolo
( 1Tm 1 , 1 1 ; Tt 1 ,3 ) .
La novità maggiore sotto il profilo contenutistico si ha nell'ambi
to della cristologia , della pneumatologia e dell'ecclesiologia . La cri
stologia «epifanica» rappresenta una novità assoluta delle pastorali
rispetto alle protopaoline . Il termine epiphàneia - cinque volte nelle
pastorali - riferito a Gesù Cristo prende il posto della parousìa , «ve
nuta» , come appare dall'accostamento dei due termini nella deute
ropaolina 2Ts 2,8. Nuova è anche la frequente attribuzione del titolo
sotèr sia a Dio sia a Gesù Cristo , assieme a quello di mesìtes, «me
diatore» ( 1Tm 2,5 ; 2Tm 1 , 10; Tt 1 ,4; 2 , 1 3 ; 3,6 ) . Nuovo è anche l'ap
pellativo makàrios riferito a Dio ( 1Tm 1 , 1 1 ; 6,15 ) . Invece tende a ri
dursi il ruolo dello «Spirito santo», menzionato con questa formula
un paio di volte (2Tm 1 , 14; Tt 3,5 ) . Nelle altre cinque ricorrenze lo
«spirito» è il carisma o lo spirito profetico .
La «chiesa» come istituzione tende a prendere il posto che nelle
lettere protopaoline è di Gesù Cristo . In tale contesto assumono un
ruolo preponderante le strutture della chiesa con i relativi diversi
«ministeri». Si insiste sulla fedeltà alla sana o bella «dottrina» e sulla
custodia e trasmissione del «deposito» , parathèke. Merita di essere
segnalato il fatto che questo vocabolo del linguaggio amministrativo
prende il posto della «tradizione», paràdosis delle lettere paoline
( 1 Cor 1 1 ,2) . Di pari passo la parenesi etica fa leva sulla «buona» o
«bella coscienza» , che deve tradursi nelle «opere buone» . Una nuo-
248
va costellazione di virtù o qualità etiche caratterizza la vita dei cre
denti : eusèbeia, sophrosyne, sòphron, semnòtes, sèmnon, paidèia .
In conclusione l'impianto complessivo delle tre lettere pastorali
sotto il profilo del contenuto diverge in modo così vistoso da quello
delle lettere protopaoline che è difficile sostenere la loro paternità
paolina. Se è ammissibile che un autore come Paolo possa nel corso
del tempo variare il suo lessico e stile in rapporto a nuove e diverse
situazioni , non è immaginabile una tale evoluzione nel modo di pen
sare . Da qui prendono lo spunto le diverse ipotesi per ricostruire l'i
dentità dell'autore che sta all'interno della tradizione paolina, ma la
uti lizza con una libertà e autonomia notevoli .
Alcuni autori , impressionati dalla presenza intensa delle infor
mazioni biografiche così dettagliate , soprattutto nella seconda Ti
moteo, vorrebbero farle risalire a un «biglietto» autentico di Paolo ,
di cui si sarebbe servito l'autore delle pastorali.26 Altri , tenendo pre
sente il carattere personalizzato della seconda Lettera a Timoteo, in
forma di «testamento» spirituale o discorso . di addio , ipotizzano
un'origine diversa , più direttamente paolina, per questo scritto .27 In
fine un'ipotesi che ha avuto un certo seguito è quella del «segreta
rio»: un discepolo e collaboratore di Paolo redige le tre lettere pa
storali su incarico e secondo le indicazioni dell'apostolo. 28
Questa ipotesi spiegherebbe in parte la continuità e discontinui
tà stilistica e teologica delle tre lettere rispetto al gruppo delle proto
paoline . Ma essa non farebbe altro che rendere più intrigante la que
stione del ruolo delle informazioni biografiche che non si lasciano
armonizzare con la figura di Paolo e con il quadro storico della sua
attività. In tal caso il segretario sarebbe un discepolo paolino che ri-
26
La cosiddetta ipotesi «frammentaria>> è sostenuta da P.N. HARRISON, The Pro
blem of the Pastoral Epistles , Oxford 192 1 ; Io . , <<The Authorship of the Pastoral
Epistles» , in Exp T 67( 1955/56) , 77-81 . Proposta già a suo tempo da F. HITZIG , Zur
Kritik Paulinischer Briefe, Leipzig 1870, è ripresa con varianti da A . von Harnack
( 1 897) , da W. Hartke (1917) , e più recentemente da W. ScHMITHALS , Pastoralbriefe,
in RGG V, 144-148; da H . BINDER, «Die historische Situation der Pastoralbriefe>> , in
Geschichtswirklichheit und Glaubensbewahrung. Fs. F. Mii.ller, Stuttgart 1967 , 70-83 ;
vi aderiscono anche C.K. BARRETT, The Pastoral Epistles , Oxford 1963 ; A.T. HAN
saN , The Pastoral Letters , Cambridge 1966 ; Io . , Studies in the Pastoral Epistles , Lon
don 1968.
27 M. PRIOR, Pau/ the Letter-Writer and the Second Letter to Timothy (JSNT
Suppl . 23) , Sheffield 1989 ; J. MuRPHY-O'CoNNOR , «2Timothy contrasted with lTi
mothy and TituS>> , in RB 93(1991), 403-413: sostiene che la 2Tm non è omogenea con
le altre due ; non è paolina, ma non deriva dallo stesso autore delle altre due pastorali .
28 L'ipotesi del «segretario» è proposta da O. Roller (1933) , J . Jeremias (1961 ) ,
J . N . D . Kelly (1963) , C . F . D . Moule (1964) , G. Holtz (1965) , C. Spicq (1969) .
249
costruisce un'immagine idealizzata di Paolo , il quale parla e pensa in
modo diverso da quello che ha scritto o dettato le lettere autentiche .
Dunque l'ipotesi del segretario portata alle estreme conseguenze
non fa altro che confermare la plausibilità dell'origine pseudepigra
fica delle pastorali . Una volta accettata questa ipotesi restano aperte
tutte le possibilità per dare un volto a questo discepolo o ammirato
re di Paolo . Tra i candidati un nome che ritorna con una certa insi
stenza è quello di Luca, data l'affinità linguistica e in parte tematica
dell'opera di Luca con le nostre lettere . 29 I dati offerti dalle lettere
sono molto precari per poter dare un'identità precisa e attendibile al
loro autore paolino .30
La stessa incertezza riguarda la determinazione del luogo e del
tempo di composizione delle tre lettere pastorali. Le informazioni ,
sia pure fittizie , relative all'attività missionaria di Paolo , dei discepo
li - Timoteo e Tito - degli altri collaboratori orientano verso la zona
di Efeso, la metropoli della provincia dell'Asia (1Tm 1 ,3 ; 2Tm 1 , 18;
4,12) . A questo centro della missione paolina fanno riferimento le
località di Tròade, Mileto e la stessa isola di Creta , dove si trova Ti
to . Il fatto che il fronte degli avversari con caratteristiche simili sia
presente nelle tre lettere giustifica la ricerca di un unico ambiente di
origine anche per la seconda Lettera a Timoteo che presuppone la
situazione di Paolo in carcere a Roma . Infatti anche in questo scritto
l'interesse è rivolto ai cristiani dell'Asia e di Efeso (2Tm 1 , 15. 18) .
Del resto è nell'ambiente efesino che si conserva e sviluppa la
tradizione paolina, come attestano le due lettere della prigionia ai
Colossesi e agli Efesini. E nello stesso ambiente si riscontrano i sin
tomi di una crisi di matrice «gnosticheggiante» , come lasciano intui
re le «lettere alle sette» chiese incluse nell'Apocalisse (Ap 2,24) . È
dunque attendibile l'ipotesi che colloca l'origine di tutte e tre le let
tere nell'ambiente efesino, dove si costituisce anche il primo nucleo
dell'epistolario paolino. L'autore delle pastorali , che si richiama
esplicitamente al nome e autorità di Paolo , intende non solo raffor
zarne l'autorità in un momento di crisi delle chiese paoline , ma ren-
250
dere attuale ed efficace il messaggio dell'apostolo in nuovo e mutato
contesto religioso e culturale .
In quest'ottica il ricorso alla pseudepigrafia paolina ha una fun
zione «pastorale)) , Si spiega così anche la produzione di tre testi in
forma di lettera in parte simili per contenuto . Essi documentano la
testimonianza autorevole , concorde e universale di Paolo. Egli in
fatti comunica le istruzioni e dà le disposizioni pastorali a due dei
suoi discepoli più fidati e stimati: Timoteo e Tito . Il raggio della sua
missione , che fa perno a Efeso, si estende fino a Creta e all'Illiria
( Nicopoli ) . Il duplicato della Lettera a Timoteo si spiega con il desi
derio di ricostruire il «testamento)) di Paolo , la sua eredità spirituale
consegnata al discepolo prima della sua morte . Pertanto l'ordine lo
gico delle tre lettere è il seguente : l Tm, Tt, 2Tm .
Per la determinazione della data di produzione delle pastorali si
può tener conto di due limiti estremi: il termine ante quem , è costi
tuito dalla Lettera di Policarpo di Smirne ai Filippesi, scritta verso la
prima metà del II secolo , dove mostra di conoscere le pastorali ; il
termine post quem è desumibile dalle notizie biografiche o persona
lia, dalla «crisi» e dalla struttura dei ministeri ecclesiali presenti nel
le tre lettere pastorali. 31 Questo insieme di dati fa pensare alle ulti
me decadi del primo secolo , tra l'SO e il lOO dell'era cristiana. Que
sto è anche il periodo della terza generazione cristiana, in cui si fa ri
corso alla pseudepigrafia apostolica .
25 1
il coacervo di materiale eterogeneo male assimilato . La figura e il
pensiero di Paolo in questi scritti , che si collocano nella tradizione
dell'apostolo, sarebbero stati addomesticati e canonizzati in funzio
ne di una linea conservatrice o di restaurazione. Inoltre , dato il ruo
lo attribuito all'autorità della «tradizione» e in genere alle istituzioni
della chiesa , alcuni storici del primo cristianesimo , a proposito delle
nostre pastorali , parlano di «protocattolicesimo>> . Anche il progetto
cristiano delle pastorali , in cui si raccomandano le virtù e le qualità
umane apprezzate nell'ambiente ellenistico , viene definito «cristia
nesimo borghese» . È giustificata questa linea interpretativa che ten
de a svalutare la teologia delle pastorali ponendola a confronto con
quella delle lettere protopaoline elevata a unico metro di valutazio
ne? Una lettura dei testi senza pregiudizi , valutandoli per quello che
dicono o esprimono , offre l'opportunità di cogliere un messaggio
teologico e spirituale del primo cristianesimo che ha una sua dignità
ed è in grado di interessare anche i cristiani del nostro tempo .
252
mìa, chàris, chrestòtes kài philanthropìa , ( 1Tm 1 , 16; Tt 2,1 1 ; 3,4) .
Questa iniziativa dell'amore di Dio , che si manifesta e realizza nella
storia umana per mezzo di Gesù Cristo , si condensa nell'attributo
divino tipico delle pastorali: «salvatore>> , sotèr ( 1Tm 1 , 1 ; 2,3; Tt 1 ,3 ;
2. 10; 3,4; sotèrios , Tt 2, 1 1 ) .
I l riferimento a Dio rappresenta l'orizzonte delle istruzioni e del
le esortazioni delle pastorali che sono fatte «davanti a Dio>>, enòpion
toù Theoù (1Tm 5 ,4.21 ; 6,13; 2Tm 2 ,24 ; 4 , 1 1 ) . Il richiamo alla ini
ziativa salvifica e alla relazione vitale con Dio è presente nelle
espressioni che caratterizzano il lessico teologico delle pastorali :
«parola di Dio>> (1Tm 4,5 ; 2Tm 2,9; Tt 2,5) ; «carisma di Dio>> (2Tm
1 ,6) ; «chiesa/casa di Dio>> (1Tm 3 , 5 . 15) ; «uomo di Dio>> (1Tm 6, 1 1 ;
2Tm 3 , 17) ; «economia/economo di Dio» (1Tm 1 ,4; Tt 1 ,7) .
Infine va messa in rilievo la dimensione escatologica dell'azione
di Dio nel senso che essa abbraccia anche l'ultima fase e il compi
mento del processo salvifico , in quanto egli è il «giudice giusto» .
Egli d à l a «corona d i giustizia» a i fedeli che s i affidano a lui (2Tm
4,8. 18) . In questo caso l'appellativo biblico «Signore», Kyrios , lascia
aperta la possibilità di includervi un riferimento a Gesù Cristo, il Si
gnore risorto , protagonista del giudizio ultimo (lTm 4 , 1 ) . In ogni
caso l'azione salvifica di Dio è inseparabile dal ruolo di Gesù Cristo ,
che partecipa dello stesso titolo di «salvatore» . Questo appare chia
ramente nella professione di fede di 1Tm 2 ,4-5 , dove si combinano
insieme la fede monoteistica della tradizione biblica e quella cristo
logica della prima chiesa: «Uno solo , infatti , è Dio e uno solo il me
diatore tra Dio e gli uomini , l'uomo Cristo Gesù , che ha dato se stes
so in riscatto per tutti».
La dimensione soteriologica qualifica la cristologia delle pasto
rali . Quattro volte il titolo sotèr è riferito a Gesù Cristo (1Tm 1 , 10;
Tt 1 ,4; 2,13; 3 ,6) . Come si vede questa scelta cristologica è privile
giata nella Lettera a Tito , mentre è del tutto assente nella seconda
Timoteo.33 Nella prima Lettera a Timoteo , oltre all'unica ricorrenza
di «salvatore», si ha la qualifica eccezionale di mesìtes , «mediatore» ,
riferita all'uomo Gesù , in quanto «ha dato se stesso in riscatto , antì
lytron , per tutti» (1Tm 2,5b-6) . Si potrebbe pensare che nella Lette
ra a Tito l'appellativo sotèr sostituisca quello di Kyrios nell'espres-
253
sione ricorrente : «Gesù Cristo nostro salvatore» . Infatti nelle altre
due lettere ricorre la formula tradizionale paolina: «il Signore nostro
Gesù Cristo» (1Tm 1 ,2. 12; 6,3 . 14; 2Tm 1 ,2) . Risente ancora del for
mulario cristologico paolino la preferenza per la combinazione «Cri
sto Gesù» - 22 volte nelle tre lettere - rispetto a «Gesù Cristo» , che
ricorre solo cinque volte . Anche la formula «in Cristo Gesù>> , che si
riscontra in tutto nove volte , con una netta prevalenza della seconda
Timoteo , si colloca nella corrente cristologica paolina.
Ma il tratto più caratteristico della cristologia delle lettere pasto
rali è la cornice «epifanica>> . 34 Il vocabolo epiphàneia , «manifestazio
ne» , vi ricorre complessivamente cinque volte e due volte il verbo
epihàinesthai, «manifestarsi» (Tt 2 , 1 1 ; 3 ,4) . Il ruolo salvifico di Gesù
Cristo è trascritto anche con questa categoria che nell'ambiente elle
nistico è associata al culto imperiale ( 1Tm 6,14; 2Tm 1 , 10; 4,1 .8; Tt
2, 13) . Si distinguono due «manifestazioni» di Gesù Cristo salvatore :
una prima nel passato , che coincide con l'evento storico della reden
zione di Gesù Cristo e una seconda escatologica attesa per il futuro .
Ma c'è un aspetto presenziale e permanente della prima «manifesta
zione» di Gesù Cristo in quanto essa si realizza ora mediante la pro
clamazione del vangelo .
Per giustificare l'invito rivolto al discepolo di Paolo a partecipare
alle sofferenze dell'apostolo per il «vangelo» , con un linguaggio che
risente della dialettica apocalittica del «mistero» , si dice : «Egli (Dio)
infatti ci ha salvati e chiamati con una vocazione santa , non già in
base alle nostre opere , ma secondo il suo proposito e la sua grazia ;
grazia che ci è stata data in Cristo Gesù , m a è stata rivelata solo ora
con la manifestazione , epiphàneia , del .s alvatore nostro Cristo Gesù ,
che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità
per mezzo del vangelo, del quale io sono stato costituito araldo ,
apostolo e maestro» (2Tm 1 ,9-1 1 ) .
La prospettiva escatologica della cristologia epifanica prevale
negli altri testi . Nella parte conclusiva della prima Lettera a Timo
teo, l'apostolo esorta il discepolo a conservare senza macchia e irre
prensibile il «comandamento fino alla manifestazione del Signore
nostro Gesù Cristo» (1Tm 6, 14) . Ma questo invito alla fedeltà viene
254
fatto al «cospetto di Dio che dà la vita a tutte le cose e di Gesù Cristo
che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (l Tm
6,13). Il rimando all'evento soteriologico originario salda l'attesa
escatologica dei credenti alla storia presente . Essi infatti sono quelli
che «attendono con amore la manifestazione» del Signore, il «giusto
giudice», che consegnerà a essi come all'apostolo martire la «Corona
di giustizia» (2Tm 4,8) . Si tratta della «manifestazione» di Gesù Cri
sto che «verrà a giudicare i vivi e i morti» e instaurare il suo regno
definitivo (2Tm 4 , 1 ) .
I cristiani dunque vivono tra l e due «epifanie» , quella storica del
passato e quella escatologica del futuro . Nella prima si è manifestata
per mezzo di Gesù Cristo la «grazia di Dio», che li impegna a vivere
con coerenza e fedeltà in questo mondo . La seconda porta a compi
mento la loro attesa della «beata speranza e della manifestazione
della gloria» del grande Dio e salvatore Gesù Cristo (Tt 2,1 1-13) . 35
Nella formulazione di quest'ultimo testo della Lettera a Tito è evi
dente l'inestricabile connessione tra il ruolo di Gesù Cristo e quello
di Dio, che ha l'iniziativa dell'intero processo dalla prima all'ultima
«epifania» salvifica.
·
255
b) L'ecc/es io logia delle Lettere Pastorali36
36 H. VON LIPS , Glaube, Gemeinde, Amt. Zum Verstiindnis der Ordination in den
Pa.storalbriefen (FRLANT 122) , Gottingen 1979 .
256
damentali del discepolo , che a sua volta è il prototipo per i responsa
bili della comunità, è quello di «insegnare» , didàskein (1Tm 4 , 1 1 ;
6,2) .
In assenza dell'apostolo il suo discepolo , figura ideale dei re
sponsabili della chiesa, deve dedicarsi alla «lettura , all'esortazione e
all'insegnamento , didaskalìa>> ( 1Tm 4,13) . Nel confronto con i falsi
maestri egli deve difendere la «sana» o «bella dottrina» , didaskalìa
(1Tm 4,6. 1 3 . 1 6 ; Tt 2 , 1 .7) . Come un sacro «deposito» , parath�ke, ri
cevuto dall'apostolo , essa deve essere trasmessa integralmente e con
fedeltà (1Tm 6,20; 2Tm 1 , 12. 14) . A tale scopo le cose che il discepo
lo ha udito dall'apostolo alla presenza di molti testimoni le deve tra
smettere a «persone fidate , le quali siano in grado di ammaestrare a
loro volta anche gli altri» (2Tm 2,2) . Perciò tra le qualità richieste al
candidato all'episkop� è la sua capacità di insegnare , didàktikos
( 1Tm 3 ,2} . Infatti il vescovo deve essere «attaccato alla dottrina si
cura , secondo l'insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esor
tare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddico
no» (Tt 1 ,9}. Del resto nel tracciare il profilo del «servo del Signo
re» , rappresentato da Timoteo , si dice che deve essere «atto a inse
gnare», didàktikos , per riprendere con dolcezza gli oppositori nella
speranza della loro conversione (2Tm 2,24-25) .
Nel contesto di questa comunità «didattica» si comprende il ruo
lo privilegiato assegnato alla «parola di Dio» , identificata sia con il
vangelo sia con l'interpretazione della «sacra Scrittura» . Il discepolo
di Paolo , Timoteo , proposto come modello per i pastori , conosce le
«scritture» fin dalla sua infanzia grazie all'educazione familiare .
E tutta la Scrittura, in quanto è ispirata da Dio, è «utile per inse
gnare , convincere , correggere e formare alla giustizia, perché l'uo
mo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona»
(2Tm 3 , 16-17).
Sullo sfondo del modello familiare e dell'esigenza didattico
dottrinale della chiesa si comprende il taglio che vi assume l'ordina
mento nelle tre lettere pastorali. La necessità di far fronte a una si
tuazione di «crisi» nell'ambito delle chiese di origine paolina fa
emergere il ruolo autorevole dell'apostolo Paolo . Come nella strut
tura patriarcale della famiglia è indiscussa l'autorità del maschio , pa
dre e sposo, così nella chiesa la gerarchia si struttura a partire da Dio
Padre , che si manifesta per mezzo di Gesù Cristo . Paolo è l'apostolo
unico , delegato di Gesù Cristo , che a sua volta incarica i discepoli ,
Timoteo e Tito , di rappresentarlo . Questi ultimi stabiliscono a suo
nome i responsabili nella chiesa: vescovo , presbiteri , diaconi . Il rito
257
di imposizione delle mani , ripreso dalla tradizione biblica e giudai
ca, trasmette il «dono» spirituale corrispondente al compito e ruolo
autorevole dei vari ministeri nella chiesa (1Tm 4,14; 2Tm 1 ,6) .
L' epìskopos è il sovraintendente o «amministratore di Dio>> che
deve garantire il buon ordine e l'ortodossia nella chiesa locale. La
sua autorità tramite il discepolo risale all'apostolo che per mezzo
della lettera traccia il modello ideale del suo compito e stile di pasto
re . Le qualità elencate per il candidato all'episkop� sono quelle che
nell'ambiente greco-ellenistico si richiedono a quanti svolgono una
funzione pubblica (1Tm 3 ,2-7 ; Tt 1 ,7-9) _37 Egli come capo della co
munità cristiana non solo dà il tono allo stile di vita dei suoi membri ,
ma la rappresenta all'esterno . Dato che nelle tre lettere si parla di
epìskopos al singolare , si deve ritenere che egli sia il rappresentante
o presidente del collegio dei presbyteroi. Infatti almeno in un testo si
fa riferimento al presbytèrion e si menziona anche il ruolo di presi
denza dei presbiteri (lTm 4,14; 5 , 17) . Il modello per questa struttu
ra dell'ordinamento ecclesiale è quella del «consiglio degli anziani>>
dell'ambiente giudaico .
Il terzo modello dell'ordinamento ecclesiale nelle pastorali è
rappresentato dai diàkonoi. Essi non sono solo «servitori>> nell'am
bito familiare , ma hanno un ruolo autorevole nella comunità eccle
siale perché ai candidati alla diakonìa si richiedono qualità analoghe
a quelle del vescovo e dei presbiteri (1Tm 3 ,8-13) . Inoltre la qualifi
ca di «diacono di Gesù Cristo>> è data a Timoteo , proposto come
modello dei pastori nella chiesa (lTm 4,6) . E la sua attività tipica,
come del resto quella dell'apostolo , è presentata come diakonìa
( 1Tm 1 , 12; 2Tm 4,5 . 1 1 ) . Dal momento che si parla di «diaconi» e di
«diaconia» solo nella prima e seconda Lettera a Timoteo si pensa
che questa forma di ministero sia propria di alcuni centri ecclesiali
più importanti con strutture più articolate .
Un discorso a parte merita il ruolo ministeriale delle donne nelle
lettere pastorali . Nel contesto dell'ordinamento ecclesiale , dove si
parla dei «diaconi» , si menzionano anche le donne come candidate
alla «diaconia» ( lTm 3 , 1 1 ) . Questo fatto sembra contrastare con
quanto si prescrive nella stessa lettera nel contesto dell'ordinamento
liturgico : «la donna impari in silenzio , con tutta sottomissione . Non
258
concedo a nessuna donna di insegnare, né dettare legge all'uomo ;
piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo» (1Tm 2,1 1-12) . Se
ne dà il motivo rileggendo la storia di Genesi sul peccato di Adamo e
Eva, dove si sottolinea la particolare responsabilità della donna e si
conclude dicendo che la donna «potrà essere salvata partorendo figli
a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santifica
zione , con modestia» (1Tm 2, 13-15) .
Questa tensione tra i due modelli femminili si può comprendere
tenendo presente il contesto culturale e la situazione critica della
chiesa riflessa nei tre scritti pastorali. Nel tracciare l'ordinamento
della chiesa si tende a proiettarvi il modello della struttura familiare ,
dove le donne come gli schiavi e i bambini sono subordinate al ruolo
del responsabile maschile . Un ulteriore motivo per sottolineare que
sto ruolo subalterno e «ordinato» della donna sposa e madre è la
propaganda dei «falsi maestri» che condannano il matrimonio e met
tono «in scompiglio intere famiglie» (1Tm 4,3; Tt 1 , 1 1 ) . Le donne
corrono il rischio di diventare «discepole» di questi maestri che pe
netrano nelle case con la loro propaganda disgregatrice (2Tm 3 ,6) .38
In tale contesto si comprende la disposizione del «regolamento»
per le vedove : «le più giovani si risposino e abbiano figli e governino
la loro casa» , per non incrementare il gruppo delle donne che «gira
no qua e là per le case e sono non soltanto oziose , ma pettegole e
38 Negli ultimi anni vari contributi sotto diversi punti di vista hanno tentato di
chiarire il ruolo della donna nelle lettere pastorali in rapporto anche al «ministero»:
A. PADGETI, «Wealth Women at Ephesus. 1Timothy 2,8-15 in Social Context» , in In
terp 41( 1987) , 19-3 1 ; K.A. VAN DER JAGT, «Women are Saved through Bearing Chil
dren ( lTimothy 2 , 1 1-15)», in Bib T 39( 1988) , 201-208 ; lo. , «Women are Saved
through Bearing Children: A Sociological Approach to the Interpretation of 1Ti
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London-New York-Stuttgart 1988 , 287-295 ; C.C. KROEGER, «Women i n the Church :
A Classistic's View of lTim 2 , 1 1 - 1 5>> , in Journal of Biblica[ Equality 1 ( 1989) , 3-3 1 ;
R.C. KROEGER-C .C. KROEGER, I Suffer not a woman: Rethinking / Timoty 2:11-15 in
light of Ancient Evidence, Grand Rapids 1 992 ; P.W. BARNETI, «Wives and Women's
Ministry ( 1Timothy 2 , 1 1 - 1 5)>> , in EvQ 6 1 ( 1989) , 225-228 ; T. J . HARRIS, «Why Pau!
mention Eve's Deception? A Critique of P. W. Barnett's lnterpretation of 1Timothy
2», in EvQ 62( 1990) , 335-352; B. BARRON , «Putting Women in their Piace . lTimothy
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Study of J Timothy 2,3-15 in Light of the Religious and Cultura[ Milieu of the First
Century, Lanham-New York-London 1991 ; A.L. BowMAN , «Women in Ministry : An
Exegetical Study of 1Timothy 2,1 1-15>> , in B S 149( 1992) , 193-2 1 3 ; A.C. PERRIMAN ,
«What Eve Did. What Women Shouldn't Do: The Meaning of authentè6 in lTimothy
2, 12>> , in TyndBu/1 44( 1993), 1 29-142; S . E . PORTER, «What Does it Mean to be "Sa
ved by Childrenbirth" (lTm 2,15)?>> , in JSNT 49( 1993) , 87- 102 .
259
curiose , parlando di ciò che non conviene» (1Tm 5 , 13- 14) . Solo nel
l'ambito familiare la donna può svolgere anche un ruolo di insegna
mento secondo il modello tipico della società greco-romana. Questo
vale per le donne anziane che devono «insegnare il bene per formare
le più giovani all'amore del marito e dei figli» , a essere «prudenti ,
caste , dedite alla famiglia, buone , sottomesse ai propri mariti perché
la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo» (Tt
2,3b-5) . Quest'ultima motivazione di carattere «apologetico» si tro
va più volte a chiusura dei cataloghi dei doveri (Tt 2,8. 10; 1Tm 3,7b ;
5 , 14b ; 6 , 1b) . In sottofondo si avverte la preoccupazione di eliminare
in radice ogni motivo di prevenzione e sospetto da parte dell'am
biente esterno nei confronti della chiesa e di offrire invece di essa
un'immagine positiva.
260
soprattutto nella seconda Lettera a Timoteo, egli richiama l'impe
gno ad affrontare la lotta per il vangelo senza lasciarsi scoraggiare
dal prezzo di sofferenze che questo comporta (2Tm 1 ,8. 12) . È esem
plare la figura di Paolo che soffre per il vangelo fino a portare le ca
tene come un malfattore (2Tm 2,8-9) . Tutto questo egli lo affronta
«per gli eletti , perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cri
sto Gesù insieme alla gloria eterna» (2Tim 2, 10) . La motivazione
cristologica viene esplicitata con un brano che ricorda la tradizione
paolina sulla partecipazione dei credenti al destino di Gesù Cristo :
«Certa è questa parola: Se moriamo con lui , vivremo anche con lui ;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo ; se lo rinneghia
mo , anch'egli ci rinnegherà ; se noi manchiamo di fede , egli però ri
mane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2Tm 2 , 1 1-13).
Tramite il discepolo Timoteo l'esempio di Paolo viene proposto
a tutti i cristiani. Egli, che ha seguito da vicino l'apostolo , ha appre
so come affrontare le persecuzioni e le sofferenze (2Tm 3, 10-1 1 ) .
Queste non riguardano solo i pastori , m a tutti quelli che aderiscono
al vangelo . Una frase conclusiva riassume questa prospettiva mili
tante : «Del resto , tutti quelli che vogliono vivere piamente in Gesù
Cristo saranno perseguitati» (2Tm 3 , 12) . La radicalità dell'impegno
cristiano , che non tollera mezze misure e compromessi , è illustrata
mediante il confronto con ciò che comportano alcune attività profa
ne, come quella del soldato , dell'atleta e dell'agricoltore (2Tm
2,4-6) . Nella prospettiva cristiana si tratta del «soldato di Cristo» ,
che è «servo del Signore» e «uomo d i Dio» (1Tm 6 , 1 1 ; 2Tm 2,3.24 ;
3, 17) .
Concretamente l'impegno di quelli che «vivono piamente in Cri
sto Gesù» è definito da una serie di attitudini e qualità spirituali tra
cui primeggiano quelle caratteristiche dell'etica greco-romana: la
«pietà» , la «dignità» , la «prudenza>� .
In questa ottica la fede , la speranza e l'amore , che nelle lettere
protopaoline danno il profilo dell'essere cristiano , tendono ad assu
mere una valenza prevalentemente etica.
La «fede » ha due risvolti: uno dottrinale e uno etico . Infatti la
pìstis da una parte è associata alla conoscenza della «verità» e alla fe
deltà nella «sana dottrina» (1Tm 2,7; 4,6; Tt 1 , 1 ) ; dall'altra è con
nessa con il «cuore puro» e la «Coscienza pura» o «buona» ( 1Tm
1 ,5 . 19) .
La «speranza» non ha un grande rilievo nel progetto cristiano
delle lettere pastorali. Delle quattro ricorrenze del termine elpìs, se
si escludono quelle che fanno parte del formulario dell'intestazione
261
di 1Tm 1 , 1 e Tt 1 ,2, restano i due casi di Tt 2 , 1 3 e 3,7: «nell'attesa
della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro
grande Dio . . . » ; «perché giustificati dalla sua grazia diventassimo
eredi , secondo la speranza, della vita eterna». In ambedue i casi si
tende a identificare la «speranza» con la realtà sperata. È sintoma
tico il fatto che , a eccezione della prima Lettera a Timoteo , il verbo
«sperare» non compaia mai nelle altre due lettere pastorali. Delle
quattro ricorrenze del verbo elpìzein nella prima Lettera a Timoteo ,
solo un paio hanno una valenza «teologale» in quanto la speranza è
posta in relazione con Dio : «Noi ci affatichiamo e combattiamo per
ché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente» ( 1Tm 4 , 10;
cf. 5 ,5 ) .
Anche l' «amore» ha un ruolo ridotto e un significato stereotipo
nel gruppo delle pastorali : dieci volte ricorre il vocabolo agàpe e una
sola il verbo agapàn ( 2Tm 4,8 ) . Esclusi due casi in cui si parla dell'a
more «che è in Cristo Gesù>> ( 1Tm 1 ,4; 2Tm 1 , 13 ) , negli altri testi
delle pastorali l'agàpe fa parte della serie di virtù o qualità racco
mandate o richieste al «pastore>> come prototipo dei cristiani : «Sii di
esempio ai fedeli nelle parole , nel comportamento , nell'agàpe, nella
fede, nella purezza» ( 1Tm 4,12 ) ; «tendi alla giustizia , alla pietà , alla
fede , all'agàpe, alla pazienza , alla mitezza» ( 1Tm 6 , 1 1b ; cf. 2Tm
2,22; 3 , 10) . Alla donna cristiana sposa e madre si dice che «potrà
salvarsi partorendo figli , a condizione di perseverare nella fede , nel
l'amore e nella santificazione , con modestia» ( 1Tm 2 , 1 5 ) . Ai cristia
ni si raccomanda che «siano sobri , dignitosi , assennati , saldi nella fe
de , nell'amore e nella pazienza» ( Tt 2,2 ) .
Da questi elenchi delle «Virtù» e soprattutto dal catalogo delle
qualità richieste per i candidati al ministero nella chiesa emerge il
profilo del cristiano proposto nelle lettere pastorali . Esso è caratte
rizzato da un'etica delle relazioni giuste , buone ed equilibrate a tutti
i livelli , dall'ambito privato a quello sociale , passando attraverso
quello familiare che rappresenta il metro di valutazione . Si richiede
che il candidato al ruolo di guida e rappresentante della comunità sia
«irreprensibile , non sposato che una sola volta, sobrio , prudente, di
gnitoso , ospitale , capace di insegnare , non dedito al vino , non vio
lento , ma benevolo , non litigioso , non attaccato al denaro . Sappia
dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni di
gnità» ( 1Tm 3 ,2-4 ; cf. 1Tm 3,8. 1 1 ; Tt 1 ,6-8 ) . Questo ritratto ideale
del pastore , che deve essere di esempio alle varie categorie di perso
ne nella comunità, corrisponde , come si è detto sopra , sia pure nei
tratti essenziali , al modello etico proposto dai retori e filosofi del
l'ambiente ellenistico.
262
Oltre a questa sintonia con l'etica «laica>> il progetto cristiano
delle pastorali è caratterizzato da una preoccupazione spiccata per la
prassi. Tutti i cristiani e le singole categorie di persone nell'ambito
familiare e comunitario devono distinguersi per l'impegno nelle
«opere buone» : le donne , le vedove , i presbiteri ( lTm 2,10; 5 ,
10.25 ) . Il «pastore» deve presentarsi come esempio , typos , di «opere
buone» (Tt 2 ,7) . La comunità dei credenti , riscattati da ogni iniquità
grazie all'evento redentivo di Gesù Cristo , è un popolo puro , che gli
appartiene , «zelante nelle opere buone» (Tt 2, 14) . Anche se si ha
coscienza che l'azione salvifica di Dio non dipende dalle «opere di
giustizia» compiute dai credenti , tuttavia si insiste nel dire che essi
devono essere pronti per «ogni opera buona» ed «essere i primi nelle
opere buone» (Tt 3 , 1 .8; cf. Tt 3 , 14) . Tale insistenza si comprende
sullo sfondo della polemica contro i falsi maestri che si abbandonano
alle affabulazioni mitologiche, pretendono di «conoscere Dio» , ma
si autosconfessano con i fatti perché si dimostrano «incapaci di qual
siasi opera buona» (Tt 1 , 16) .
La sintesi più rappresentativa del progetto cristiano delle pasto
rali è la catechesi celebrativa della Lettera a Tito , dove si afferma
che la «manifestazione della chàris di Dio , apportatrice di salvezza
per tutti gli uomini», ha una funzione «pedagogica» nei confronti
dei credenti , in quanto li impegna a «rinnegare l'empietà e i desi
deri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo
mondo , nell'attesa della beata speranza e della manifestazione del
la gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo ; il quale ha
dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un
popolo puro , zelante nelle opere buone» (Tt 2,1 1- 14) . Il progetto
cristiano si costruisce lungo tre direttrici . Affonda le sue radici nel
l'azione salvifica di Dio culminante nell'autodonazione di Gesù
Cristo . È proiettato verso il suo futuro compimento escatologico .
Si realizza in questo mondo, ma con uno stile di vita corrisponden
te alla manifestazione dell'amore gratuito e liberante di Dio .
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COMMENTI
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La seconda Lettera a Timoteo
INTRODUZIONE E STUDI
CoMMENTI
289
La Lettera a Tito
INTRODUZIONE E STUDI
COMMENTI
290
Indice
ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5
PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9
l. LA TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11
l. « S CUOLA » O TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12
a ) Le «scuole» nell'antichità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13
b) Paolo «maestro» o «padre»? . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
c ) Il modello della «tradizione» in Paolo . . . . . . . . . » 19
2. l COLLABORATORI DI PAOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21
3. l CENTRI E AMBIENTI DELLA TRADIZIONE PAOLINA . . . . » 24
4. L E SITUAZIONI VITALI DELLA «TRADIZIONE PAOLINA » » 27
Il . LE LETIERE DEUTEROPAOLINE • • • l l • • • • • • » 31
l . LA FORMAZIONE DEL CANONE PAOLINO . . . . . . . . . . . . . » 32
a) La raccolta delle lettere di Paolo . . . . . . . . . . . . . » 34
b) La recezione delle lettere di Paolo nel II secolo )) 37
c) Il canone paolino nel III e IV secolo . . . . . . . . . )) 40
2. I L CANONE PAOLINO NELL'EPOCA MODERNA . . . . . . . . . . )) 42
3. I L DIBATTITO ATTUALE
SULLE LETTERE DEUTEROPAOLINE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 46
a) Nuovi orientamenti generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 46
b) La seconda Lettera ai Tessalonicesi . . . . . . . . . . . )) 48
c) La Lettera ai Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 50
d) La Lettera agli Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 52
e) Le tre lettere pastorali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 54
4. LA TRADIZIONE PAOLINA E LA PSEUDEPIGRAFIA . . . . . . )) 57
a) Anonimia, pseudonimia e pseudepigrafia . . . . . . . )) 58
b) La pseudepigrafia nelle lettere neotestamentarie )) 59
291
c) La pseudepigrafia nell'ambiente ellenistico . . . . . » 61
d) La pseudepigrafia al servizio della tradizione pao-
lina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 62
292
3 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI COLOSSESI . )) 132
a) Gesù Cristo , immagine di Dio , primogenito di tut-
ta la creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 132
b) Riconciliazione e pacificazione per mezzo di Gesù
Cristo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 135
c) La chiesa «Corpo di Cristo» . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 136
d) Avete rivestito l'uomo nuovo . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 137
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 265
INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 291
294