Sei sulla pagina 1di 295

Tra gli scritti del Nuovo Testamento le lettere poste a vario titolo

sotto il nome di Paolo sono quattordici. A partire dalla fine del Set­
tecento le analisi di tipo stilistico e storico-contenutistico sulla com­
pattezza del corpus paolino si sono moltiplicate dando origine a un
vivace filone di ricerche. Oggi si ritengono non autentiche dell'apo­
stolo ben sei lettere: la Seconda ai Tessalonicesi, quelle agli Efesini
e Colossesi, le tre pastorali (a Tito, Prima e Seconda a Timoteo ) .
Nei primi capitoli il volume fa il punto degli studi sul canone paolino
e sulla «tradizione paolina». La ricostruzione, partendo da Paolo
stesso, di persone luoghi e problemi di questa corrente cristiana - a
cui si deve la redazione di oltre un terzo del Nuovo Testamento è -

importante preludio alla comprensione del ricorso alla pseudepigra­


fia (pratica peraltro assai diffusa nell'antichità) in un contesto che
non inficia canonicità, ispirazione e apostolicità degli scritti cosid­
detti deuteropaolini. Questi vengono sottoposti nei capitoli centrali
del volume a una serrata analisi linguistico-letteraria, storica e teolo­
gica che ne chiarisce le motivazioni. Essi rispondono all'esigenza di
far ritrovare dopo la morte dell'apostolo le ragioni di una sicura
identità cristiana e di rispondere, nella continuità con il suo metodo
e il suo pensiero, alla sfida rappresentata dalle nuove situazioni sto­
riche e culturali delle comunità alle quali le lettere sono indirizzate.

RINALDO FABRIS, nato nel 1936, laureato in teologia all'università Latera­


nense di Roma e in scienze bibliche al Pontificio istituto biblico di Roma, at­
tualmente insegna esegesi del NT pres�o la Scuola superiore di teologia del
seminario di Udine-Trieste-Gorizia. E direttore di «Rivista biblica»; ha
pubblicato numerosi commentari biblici, nonché diversi studi monografici
di teologia e spiritualità biblica, caratterizzati dal pregio di unire alla serietà
della ricerca la capacità di divulgarne i contenuti.

ISBN 88-1�40261-8

9 788810 402610
collana LA BIBBIA NELLA STORIA
diretta da Giuseppe Barbaglio

La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle


Scritture sacre, ebraiche e cristiane. A questo scopo, i libri biblici, oltre che
come documenti di fede, saranno presentati come espressione di determinati
ambienti storico-culturali, punti di arrivo di un lungo cammino di esperienze
significative e di vive tradizioni, testi incessantemente riletti e re-interpretati
da ebrei e da cristiani.
Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una
storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione, le testimonianze scrit­
te. Più da vicino, ci sembra fecondo criterio interpretativo la comprensione,
criticamente vagliata, della Bibbia intesa come frutto della storia di Israele e
delle primissime comunità cristiane suscitate dalla fede in Gesù di Nazaret
e, insieme, parola sempre di nuovo ascoltata e proclamata dalle generazioni
cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici.
Il direttore della collana, i collaboratori e la casa editrice si assumono il
preciso impegno di offrire volumi capaci di abbinare alla serietà scientifica
un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico.

Questi i titoli programmati:


l. L'ambiente storico-culturale delle Scritture ebraiche (A. Bonora)
2. Da Mosè a Esdra. I libri storici dell'antico Israele (E. Cortese: 1985)
3. I profeti d'Israele: voce del Dio vivente (G. Savoca: 1985)
4. I sapienti di Israele (G. Ravasi)
5. I canti di Israele. Preghiera e vita di un popolo (G. Ravasi: 1986)
6, La letteratura intertestamentaria (M. Cimosa: 1992)
7. L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. Una documentazione
ragionata (R. Penna: 31991)
8. Le prime comunità cristiane (V. Fusco)
9. La teologia di Paolo (G. Barbaglio)
10. Evangelo e Vangeli. Quattro evangelisti, quattro Vangeli, quattro desti-
natari (G. Segalla: 1993)
11. Gesù di Nazaret (G. Barbaglio)
12. La tradizione paolina (R. Fabris: 1995)
13. Omelie e catechesi cristiane nel I secolo (a cura di G. Marconi: 1994)
14. L'apocalittica cristiana del I secolo (U. Vanni)
15. La Bibbia nell'antichità cristiana (a cura di E. Norelli)
l. Da Gesù a Origene (1993)
Il. Dagli scolari di Origene al V secolo
16. La Bibbia nel Medioevo (a cura di G. Cremascoli - C. Leonardi)
17. La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea
(a cura di R. Fabris: 1992)
18. La lettura ebraica delle Scritture (S.J. Sierra)
RINALDO FABRIS

LA TRADIZIONE
PAOLINA

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA


© 1995 Centro editoriale dehoniano
Via Nosadella, 6 - 40123 Bologna

ISBN 88-10-40261-8

Stampa: Grafiche Dehoniane , Bologna 1995


Abbreviazioni

AnB Analecta Biblica (Roma)


ANRW Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt (W. Haase ­
H. Temporini, Berlin - New York)
ANTI Arbeiten zur Neutestamentlichen Textforschung (Berlin)
ASE Annali di Storia dell'Esegesi (Bologna)
ATANT Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen Testa­
ments (Ziirich)
AzT Arbeiten zur Theologie

BBB Bonner Biblische Beitrage (Bonn)


BET Beitrage zur biblischen Exegese und Theologie (Frankfurt
a.M.)
BETL Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium
(Leuven)
BHTh Beitrage zur historischen Theologie (Tiibingen)
BibOr Bibbia e Oriente (Milano - Genova - Bornato, Brescia)
BibToday Bible Today (Collegeville, MN)
BiTr Bible Translator (London, Aberdeen)
BJRL The Bulletin of the John Rylands (University) Library
(Manchester)
BNTC Black's New Testament Commentaries (London)
BS Bibliotheca Sacra (Dallas, TX)
BTB Biblical Theology Bulletin (Jamaica, NY)
BU Biblische Untersuchungen (Regensburg)
BZ (NF) Biblische Zeitschrift, Neue Folge (Freiburg, Paderborn)

CBC Cambridge Bible Commentary (Cambridge)


CBQ Catholic Biblical Quarterly (Washington, DC)
CathThR Catholic Theological Review (Clayton, Australia)
ConcordTQ Concordia Theological Quarterly (Fort Wayne)
CNT Commentaire du Nouveau Testament (Neuchàtel)
CTNT Commentario Teologico del Nuovo Testamento (Brescia)
CTJ Calvin Theological Journal (Grand Rapids)
CurThM Currents Theology and Mission (St. Louis)

5
DSBP Dizionario di Spiritualità Biblica Patristica (Roma)

EB Etudes Bibliques (Paris)


EKK Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testa­
ment (Ziirich - Koln - Neukirchen -Vluyn)
EB Enchiridion Biblicum: Documenti della Chiesa sulla Sacra
Scrittura (Bologna)
EspVi Esprit et Vie (Cambray)
EThS Erfurter Theologische Studien (Leipzig)
EvO Evangelica] Quarterly (London, Exeter)
EvTh Evangelische Theologie (Miinchen)
ExpTim Expositor Times (Edinburgh)

FB.B Facet Books - Biblica] Series (Philadelphia, PA)

FgNt Filologia Neotestamentaria (C6rdoba)


FRLANT Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und
Neuen Testaments (Gottingen)

GeSI Geistliche Schriftlesung (Diisseldorf)


GTB Giitersloher Taschenbiicher (Giitersloh)
GraceThJ Grace Theological Journal (Winona Lake)

HarvTR Harvard Theological Review (Cambridge, MA)


HAW Handbuch der Altertumswissenschaft (Miinchen)
HervTSt Hervode Teologiese Studies (Pretoria)
HNT Handbuch zum Neuen Testament (Tiibingen)
HThK Herders Theologischer Kommentar zum Neuen Testament
(Freiburg i.Br.)
HUT Hermeneutische Untersuchungen zur Theologie (Tiibin­
gen)

ICC International Criticai Commentary of the Holy Scripture of


the Old and New Testament (Edinburgh)
Interp Interpretation. A Journal of Bible and Theology (Rich­
mond, VA)
IKZ Internationale Zeitschrift fiir Theologie ( =Concilium)

JAC Jahrbuch fiir Antike und Christentum (Miinster)


JETS Journal of the Evangelica] Theological Society (Wheaton,
IL)
JSNT Joumal for the Study of the New Testament (Sheffield,
UK)
JTS Joumal of Theological Studies (Oxford)
JTSA Journal of Theology for Southem Africa (Rondebosch)

6
Kairos Kairos (Salzburg)
KEK Kritisch-exegetischer Kommentar iiber das Neue Testa­
ment (Gottingen)

LoB Leggere oggi la Bibbia (Brescia)


LTO Lexington Theological Ouarterly (Lexington)

MThSt Marburger Theologische Studien (Marburg)

NCB New Century Bible (Grand Rapids, MI)


NDTB Nuovo Dizionario di Teologia Biblica (Cinisello Balsamo,
MI)
NEB Die neue Echter Bibel (Wiirzburg)
NIC New Intemational Commentary on the New Testament
(Grand Rapids, MI)
NIGTIC New Intemational Greek Testament Commentary (Exeter)
NTD Das Neue Testament Deutsch (Gottingen)
NTM New Testament Message (Wilmington)
NTOA Novum Testamentum et Orbis Antiquus (Freiburg i.Br.)
NTS New Testament Studies (Cambridge, UK)
NV Nuovissima Versione della Bibbia (Roma)

PC Pelican Commentaries (London)


PerspRelSt Perspectives in Religious Studies (Danville, VA)
PG Patrologia Graeca (Paris)
PL Patrologia Latina (Paris)

OD Ouaestiones Disputatae (Freiburg - Basel - Wien)

RB Revue Biblique (Paris)


RCatTeol Revista Catalana de Teologia (Barcelona, St. Pacià)
RestO Restoration Ouarterly (Abilene)
RHR Revue de l'Histoire des Religions (Paris)
RivB Rivista Biblica Italiana (Bologna)
RNT Regensburger Neues Testament (Regensburg)
RStB Ricerche Storico-Bibliche (Bologna)
RTh Revue Thomiste (Toulouse)

SANT Studien zum Alten und Neuen Testament (Miinchen)


SB Studi Biblica (Brescia)
SBL Society Biblical Literature (Missoula, MT; Chico, CA)
SBS Stuttgarter Bibelstudien (Stuttgart)
SBT Studies in Biblical Theology (London)
ScEs Science et Esprit. Revue de Théologie et Philosophie
(Montréal)

7
Semeia Semeia. An Experimental Joumal for Biblical Criticism
(Missoula, MT; Atlanta, GA).
SKK Stuttgarter Kleiner Kommentar (Stuttgart)
SNTS.MS Studiorum Novi Testamenti Societas. Monograph Series
(Cambridge)
SNTU Studien zum Neuen Testament und seiner Umwelt (Linz)
ST Studia Theologica. Scandinavian Journal of Theology (Osio)
StUNT Studien zur Umwelt des Neuen Testaments (Gottingen)

TLZ Theologische Literaturzeitung (Leipzig)


ThPh Theologie und Philosophie (Freiburg i. Br.)
ThRv Theologische Revue (Miinster)
THNT Theologischer Handkommentar zum Neuen Testament
(Berlin)
TZ Theologische Zeitschrift (Basel)
TNTC Tyndale New Testament Commentaries (London)
TThZ Trierer Theologische Zeitschrift (Trier)
TU Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Altchristli­
chen Literatur (Berlin)
TynB Tyndale Bulletin (Cambridge, UK)

UBS United Bible Societies (New York)


UnSemQuart-
Rev Union Seminary Quarterly Review (New York)

VetChr Vetera Christianorum (Bari)


VoxEv Vox Evangelica (London)

WAMNT Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen


Testament (Neukirchen)
WBC Word Biblica! Commentary (Dallas)
WD Wort und Dienst. Jahrbuch der theologischen Schule Betel
(Bielefeld)
WdF Wege der Forschung (Darmstadt)
WestTJ Westminster Theological Journal (Philadelphia)
WissWeih Wissen und Weisheit (Miinchen, Gladbach)
WUNT Wjssenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament
(Tiibingen)

ZBK Ziircher Bibel Kommentare (Ziirich)


ZKT Zeitschrift fiir katholische Theologie (Innsbruck)
ZNW Zeitschrift fiir neutestamentliche Wissenschaft und die Kun­
de des Urchristentums (und der alteren Kirche) (Giessen)
ZTK Zeitschrift fiir Theologie und Kirche (Tiibingen)
ZWTh Zeitschrift fiir wissenschaftliche Theologie (Jena)

8
Prefazione

Perché scrivere un libro sugli «scritti della tradizione paolina»? A que­


sta domanda, si potrebbe rispondere con l'invito più o meno esplicito a leg­
gere il libro per rendersi conto che si tratta di cose interessanti o importanti.
E con questo sarebbe anche esaurito lo scopo della prefazione. Ma il lettore
si attende di avere in poche parole le informazioni che gli servono per orien­
tarsi nella lettura delle pagine che seguono.
Per comodità didattica chiamo le sei lettere del NT prese in esame
«Scritti della tradizione paolina». Negli ambienti di lingua tedesca e inglese
si parla ancora di «scuola paolina» secondo il modello delle scuole del mon­
do greco e giudaico. È preferibile il termine «tradizione» che rispetta il lin­
guaggio degli scritti di Paolo e esprime anche la coscienza del rapporto che
lega l'apostolo ai suoi collaboratori o discepoli e alle sue giovani comunità
cristiane.
Comunque sotto questa etichetta comune si collocano le due lettere del­
la prigionia indirizzate agli Efesini e ai Colossesi, le tre lettere pastorali e la
seconda Lettera ai Tessalonicesi. Almeno cinque di questi scritti sono am­
bientati nella zona dell'Asia che ruota attorno alla metropoli di Efeso. Le
due lettere agli Efesini e ai Colossesi sono imparentate per contenuto e im­
pianto letterario. Le tre lettere pastorali- indirizzate due a Timoteo e una
a Tito- formano un gruppo a parte sia per lo stile, la struttura e l'imposta­
zione tematica. Resta fuori di questo ambito culturale efesino la seconda
lettera indirizzata alla chiesa di Tessalonica. Essa affronta un problema che
diventa acuto nella seconda e terza generazione cristiana: come vivere da
cristiani il tempo che precede la parusia senza lasciarsi contagiare dalla feb­
bre apocalittica o cedere alla tentazione del disarmo di un quietismo sterile
e rassegnato?
Nei confronti di questo gruppo di scritti del corpus paolina negli ultimi
dieci o quindici anni è andato crescendo l'interesse degli studiosi del NT.
A partire almeno dagli anni ottanta si sono moltiplicati gli studi monografici
e i commenti a queste sei lettere del canone cristiano. Quello che attira l'at­
tenzione per le due lettere affini, Efesini e Colossesi, è il desiderio di rico­
struire la situazione vitale che sta alla loro origine e spiega la loro rilettura
originale del patrimonio teologico e spirituale di Paolo. Qual è il punto cru­
ciale della divisione tra i due gruppi di cristiani ai quali si rivolge lo scritto di
Efesini? È la tensione tra cristiani di origine ebraica e pagana, ma in un nuo­
vo contesto ecclesiale? In che cosa consiste il cosiddetto «errore» dei Colos­
sesi? Vi si intrecciano gli influssi del sincretismo magico e misterico del­
l'Asia, le tendenze gnostiche, le pratiche ascetiche che accompagnano le
esperienze esoteriche di visioni e rivelazioni di marca apocalittica? Qualche

9
lettore sarebbe tentato di accostare questi problemi con quelli che nel con­
testo attuale sono connessi con le speculazioni e le esperienze sincretistiche
che vanno sotto il nome della New Age.
L'interesse per il gruppo delle lettere pastorali è dettato dal desiderio di
conoscere meglio il momento critico del passaggio da un cristianesimo cari­
smatico a quello istituzionale. L'organizzazione delle comunità cristiane se­
condo il principio dell'autorità tradizionale che fa capo all'apostolo si svi­
lupppa sotto la spinta di elementi interni ed esterni intrecciati tra loro. La
minaccia della dissidenza rappresentata dai «falsi maestri» costringe a fissa­
re i criteri di appartenenza sulla base della ortodossia dottrinale. Il confron­
to con l'ambiente esterno favorisce uno scambio fecondo che stimola la for­
mulazione di un progetto cristiano, dove si avverte l'eco di alcuni valori etici
della filosofia popolare ellenistica. Questo esperimento di dialogo culturale
offerto dalle lettere pastorali può essere uno stimolo a ripensare il rapporto
attuale delle chiese con il loro ambiente vitale.
Infine val la pena di richiamare l'attenzione su un problema che rappre­
senta un ostacolo per alcuni lettori cristiani abituati a identificare la loro fe­
de con un modello storico-culhuale fisso e immutabile. L'origine paolina di
queste sei lettere oggi non è più il «problema» nel senso che siano esse scrit­
te o dettate direttamente da Paolo oppure stese da qualche suo discepolo a
suo nome, questa ipotesi non incide nella valutazione teologica e nella lettu­
ra esegetica di questi scritti. Essi restano ispirati e canonici comunque si
spieghi la loro origine letteraria e storica. Una volta che si sia superata la re­
sistenza psicologica e sia anche chiarito il pregiudizio moralistico di fronte a
questo procedimento letterario, l'ipotesi dell'origine pseudepigrafica di
queste lettere paoline non solo non si oppone alla loro stima e valorizzazio­
ne, ma aiuta a leggerle e interpretarle in modo più coerente e fruttuoso. Il
procedimento della pseudepigrafia infatti si armonizza perfettamente con la
categoria della tradizione paolina. In nome e con l'autorità di Paolo si ripre­
sentano quegli aspetti del suo pensiero che meglio rispondono alle nuove e
mutate situazioni vitali delle comunità cristiane della seconda e terza gene­
razione.
Una resistenza inconscia all'ipotesi della pseudepigrafia paolina di alcu­
ne lettere che fanno parte del canone cristiano deriva dal pregiudizio ideolo­
gico residuo della mentalità controversistica, quando si stabiliva una gra­
duatoria degli scritti ispirati in nome di un esame o test teologico: gli scritti
di primo grado erano quelli che riproducevano la teologia di Paolo incentra­
ta sulla giustificazione per la fede; gli scritti di secondo grado erano quelli
che indulgevano alle tendenze istituzionali e moraleggianti del protocattoli­
cesimo. Questi schemi ideologici si rivelano sempre più antistorici e riduttivi
in quanto impediscono di leggere e valutare uno scritto cristiano per quello
che è e dice nel suo contesto storico e culturale. In altre parole gli scritti del­
la tradizione paolina vanno letti senza pregiudizi. Essi sono una testimo­
nianza della fecondità del patrimonio teologico e spirituale dell'apostolo
Paolo, ma nello stesso tempo sono un documento della capacità creativa dei
suoi discepoli che rendono vivo e efficace il suo pensiero e il suo spirito in
nuovo e diverso contesto storico e culturale.
Udine, 16 maggio 1995
Rinaldo Fabris

lO
I
La tradizione paolina

Tra gli scritti del Nuovo Testamento sono quattordici lettere che
a vario titolo sono poste sotto il nome di Paolo. Tra queste la cosid­
detta «Lettera agli Ebrei» si richiama solo indirettamente a Paolo .
Prima del saluto finale l'autore dice : «Sappiate che il nostro fratello
Timoteo è stato rimesso in libertà» . Egli perciò spera di poter vede­
re i destinatari della lettera assieme a lui (Eb 13 ,23) . Tutte le altre
tredici lettere hanno sempre come mittente esplicito «Paolo» accan­
to ad altri co-mittenti. Delle 158 volte in cui Paolo è nominato nel
NT, se si escludono i 128 passi degli Atti degli apostoli , gli altri 29 te­
sti riguardano la sua presenza nella frase protocollare di intestazione
delle lettere . Paolo si autopresenta anche nella formula di autentica­
zione finale di tre lettere ( 1 Cor 16,21 ; Col 4,18; 2Ts 3 , 17) . Le re­
stanti dieci menzioni del nome dell'apostolo sono distribuite all'in­
terno delle lettere con una netta preponderanza della prima Lettera
ai Corinzi : sei volte . Di Paolo «fratello nostro» parla una volta an­
che l'autore della seconda Lettera di Pietro (2Pt , 3 , 15 ) .
L'intero corpus dei tredici scritti , che vanno sotto i l nome di
Paolo , costituisce un terzo dell'intero Nuovo Testamento: 2003 ver­
setti su un totale di 5621 del canone neotestamentario . La raccolta e
la conservazione di una quantità relativamente notevole di testi pao­
lini sono già di per sé un indizio del ruolo autorevole attribuito al­
l'apostolo nelle prime generazioni cristiane . Basti pensare che sotto
il nome di Pietro sono conservate solo due piccole lettere per un
numero complessivo di 166 versetti ; a Giacomo e a Giuda, perso­
naggi eminenti nel NT, sono attribuite due lettere rispettivamente di
108 e 25 versetti . Solo i tre Vangeli sinottici sommati insieme pos­
sono essere comparati con l'ampiezza dell'epistolario paolino . Si
può dunque legittimamente considerare la figura di Paolo come uno
dei vettori propulsivi nel processo che ha portato alla formazione del
Nuovo Testamento .

11
l. «SCUOLA» O TRADIZIONE PAOLINA

A partire dalla metà del secolo scorso si sono sviluppati gli studi
di carattere storico-critico attorno alla figura di Paolo sulla base del
suo epistolario conservato negli antichi codici o manoscritti del NT.
Spetta alla nuova scuola di Tubinga e in particolare al suo fondatore
Ferdinand Christian Baur il merito di avere avviato lo studio siste­
matico degli scritti del NT inserendoli nel loro contesto storico . Egli
parte dal presupposto che gli scritti neotestamentari riflettono l'am­
biente sociale e culturale , i problemi e i conflitti delle prime comuni­
tà cristiane . Perciò la ricostruzione sotto il profilo storico e sociolo­
gico di questo ambiente vitale degli scritti neotestamentari è indi­
spensabile per la loro comprensione . Non è casuale che il Baur nel
suo primo lavoro su Paolo si impegni a ricostruire l'ambiente conflit­
tuale di Corinto per comprendere non solo la prima lettera ai Corin­
zi , ma anche il ruolo dell'apostolo Paolo nel contesto della chiesa
primitiva. 1
A partire da questa immagine conflittuale del primo cristianesi­
mo il Baur sottopone a una revisione critica l'intero epistolario pao­
lino e gli altri scritti del NT. Sotto questo profilo critico egli conside­
ra le lettere pastorali come un prodotto dell'epoca postapostolica .
Infatti secondo Baur in questi scritti si riflette il conflitto tra gli gno­
stici che si servono di Paolo e i giudaizzanti che lo attaccano sul ver­
sante opposto . 2 I dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a
Timoteo erano già stati sollevati da Friedrich Ernst Daniel Schleier­
macher nel 1807 , sulla base dell'analisi dello stile e tenendo presente
la situazione storica presupposta dalla lettera.3 La linea critica di
Schleiermacher viene ripresa e radicalizzata da Johann Gottfried
Eichhorn nella sua introduzione al NT, dove sostiene che tutte e tre
le lettere pastorali differiscono nel loro linguaggio religioso da quel­
lo di Paolo .4 Nella prima metà del XIX secolo i dubbi sull'autenticità

1 F. BAUR, «Die Christuspartei in der Korinthischen Gemeinde , der Gegensatz


des petrinischen und paulinischen Christentums in der altesten Kirche , der Apostel
Petrus im Rom>> , in Tiibinger Zeitschrift fiir Theologie 4(183 1 ) , 61-206.
2 F. C. BAUR, Die sogennanten Pastoralbriefe des Apostels Paulus aufs neue kri­
tisch untersucht, Stuttgart - Tiibingen 1835 .
3 F. ScHLEIERMACHER, «Uber den sogennanten ersten Brief des Paulus an den
Timotheus. Ein kritisches Sendschreiben an J . C . Gass>>, in Siimtliche Werke, 1807 ,
l, 2; cf. H. PATSCH , <<Die Angst vor dem Deuteropaulinismus . Die Rezeption des
"kritischen Sendschreibens" Friedrich Schleiermacher iiber den l. Timotheusbrief
im ersten Jahrfiinft>> , in ZThK 88(199 1 ) , 451 -477 .
4 J . G . EICHHORN , Einleitung in das Neue Testament, voli. 5 , Leipzig 1818, I,
1804-1827.

12
paolina si estendono anche alla seconda Lettera ai Tessalonicesi e
alla Lettera agli Efesini . 5
Queste prese di posizione circa l'autenticità o meno di alcuni
scritti dell'epistolario paolino obbediscono a criteri di carattere stili­
stico o storico-teologico. Ma solo nell'opera di Baur essi si inserisco­
no in una visione complessiva della storia del primo cristianesimo .
Secondo il fondatore della «Scuola di Tubinga» il movimento cristia­
no si sviluppa nella tensione conflittuale tra due partiti o fazioni che
fanno capo rispettivamente a Paolo e a Pietro . Questo contrasto si
prolunga oltre l'epoca apostolica ed esercita il suo influsso nella
composizione degli scritti del canone cristiano . In questa ricostruzio­
ne della storia della prima chiesa Baur parla di «cristianesimo paoli­
no» e di «paolinismo» .6 E nell'ambito del paolinismo sorgono quegli
scritti che , posti sotto il nome di Paolo, ne fanno rivivere la persona­
lità e il messaggio per rispondere ai nuovi problemi sollecitati dalle
mutate situazioni vitali delle comunità cristiane . È in questo conte­
sto che si parla di «scuola di Paolo» .7 Ma un confronto con il model­
lo della «Scuola» nell'ambiente greco-ellenistico e in quello giudaico
suggerisce di dare la preferenza al modello della «tradizione» per in­
terpretare il fenomeno del «paolinismo» nella storia della prima
chiesa e della formazione del canone cristiano .

a) Le «scuole» nell'antichità
Nell'ambiente greco-ellenistico è ben noto il fenomeno della
«scuola>> come insieme di persone che si raccolgono attorno a un
maestro , ne seguono e sviluppano l'insegnamento o il messaggio .
Nella storia della cultura greca si affermano e sviluppano alcune
«scuole» di indirizzo filosofico . Tra queste primeggia la scuola che
va sotto il nome di «Accademia» di Platone , il cui scopo originario è

5 W.M. L . DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritisch Ein/eitung in die kanoni­


schen Bucher des Neuen Testaments , Berlin 21830; 51848 .
6 F.C. BAUR, Pau/us, der Aposte/ Jesu Christi. Sein Leben und Wirken, seine
Briefe und seine Lehre. Ein Beitrag zu einer kritischen Geschichte der Urchristentums ,
Stutt.p art 1845. .
H. CoNZELMANN, <<Die Schule des Paulus», in C. ANDRESEN - G. KLEIN, Theo­
logia crucis-Signum crucis (Fs . E. Dinkler) , Tiibingen 1979 , 85-96 ; G. BARBAGLIO ,
Paolo di Tarso e le origini cristiane, Assisi 1985 , 267-268 ; H . M . ScHENKE, «Das Wei­
terwirken des Paulus und die Pflege seines Erbes durch die Paulus-Schule », in NTS
21( 1975), 505-5 1 8 ; In., Einleitung in die Schriften des Neuen Testaments. l. Paulus
und Schriften des Paulinismus , Berlin 1978 , 233-247.

13
quello di preparare gli uomini al servizio della pòlis . In essa si dà una
rigorosa istruzione filosofica e scientifica. Nel corso della sua storia,
che va dal IV secolo a.C. fino alla soppressione delle scuole filosofi­
che da parte di Giustiniano nel 529 d . C . , l'Accademia diventa il cen­
tro dello scetticismo e poi del neoplatonismo .
Altre scuole filosofiche prendono il nome dal luogo o ambiente di
fondazione , dal loro maestro o capo scuola , oppure dal suo indirizzo
di pensiero . Gli «Stoici» - dallo stoà poikìle di Atene - si richiama­
no a Zenone di Cizio del IV secolo a.C. e al suo discepolo Crisippo ,
che dà alla scuola stoica una forma sistematica. Lo stesso vale per i
«paripatetici» - dal «portico», perìpatos - che fanno capo ad Ari­
stotele e si sviluppa nel primo secolo a.C. grazie al ruolo di Teofra­
sto. Un legame più stretto caratterizza gli «epicurei» , che vivono in­
sieme in una specie di comunità ad Atene nella proprietà , il «giardi­
no>> , del maestro Epicuro . Lo stesso si può dire dei «pitagorici>> che
formano associazioni di indirizzo ascetico-religioso . Nel I secolo a.C.
vi confluiscono tendenze di carattere eclettico e sono chiamati «neo­
pitagorici>> . Più liberi e autonomi sono invece i «cinici>> , seguaci di
Diogene di Sinope , che non sono organizzati in una vera e propria
«scuola>> . Tuttavia nel periodo ellenistico si riscontrano associazioni
o comunità di filosofi che , sul modello della comunità socratica, pro­
ducono lettere e trattati sotto il nome degli antichi maestri per propa­
gandare la filosofia «cinica>> nella sua forma moderata. 8
I tratti distintivi delle «Scuole>> o delle associazioni di indirizzo fi­
losofico dell'ambiente greco-ellenistico dal IV secolo a.C. fino al
I d.C. si possono riassumere in questo modo : l) queste forme di
«aggregazione>> si richiamano a un maestro fondatore o capo-scuola ,
del quale i membri si considerano «discepoli>> o «seguaci>> ; 2 ) in alcu­
ni casi al maestro fondatore succedono altri capi-scuola o «scolar­
chi» , chiamati prostàtai; 3) la «Scuola» si fa veicolo di un sistema di
pensiero e qualche volta anche di uno stile di vita; 4) nell'ambito
della scuola gli scritti o opere del maestro sono conservati e com­
mentati ; sotto il suo nome si producono altre opere pseudepigrafi­
che che ne prolungano il ruolo autorevole e ne attualizzano il mes­
saggio ; 5 ) nel corso del tempo la scuola si evolve e assume orienta­
menti di pensiero nuovi e diversi rispetto a quelli originari.

8 B. FIORE, The Funcion of Personal Exemple in the Socratic and Pastoral Epist­
les (AnBib 105) , Rome 1986.

14
Anche nell'ambiente giudaico del primo secolo d . C . è presente il
fenomeno della «Scuola» con caratteristiche proprie , anche se non si
può escludere un influsso proveniente dalla cultura ellenistica . Le
radici delle scuole dei maestri ebrei vanno ricercate nella tradizione
biblica . Si parla di «scuola» nell'ambiente profetico , dove i «disce­
poli» del profeta ne conservano l'insegnamento e i credenti sono
considerati «discepoli del Signore» (Is 8,16; 54, 1 3) .9 Ma il linguaggio
e il modello di «scuola» sono presenti in modo esplicito e diretto nei
testi sapienziali . Gesù ben Sira, figlio di Eleazaro di Gerusalemme ,
fa l'elogio dello «scriba» e presenta se stesso come un maestro di sa­
pienza che ha lavorato per diffonderla tra i suoi discepoli e le gene­
razioni future : «Vedete non ho lavorato solo per me , ma per quanti
cercano la dottrina» (Sir 24 ,32 ; cf. 39 , 1 -1 1 ; 50,27) .
Lo stesso modello si riscontra nella nota apposta dall'editore
nell'epilogo del Qohelet : «Oltre a essere saggio , il Qohelet insegnò
anche la scienza al popolo , ascoltò , indagò e compose un gran nu­
mero di massime. Qohelet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse
con esattezza parole di verità» (Qo 12,9-10) . Per esprimere il rap­
porto maestro-discepolo nella tradizione sapienziale si fa ricorso al
linguaggio della relazione familiare o parentale padre-figlio . Secon­
do questo linguaggio , che si riscontra anche nel modello pedagogico
delle scuole dell'ambiente ellenistico , il maestro tiene il posto del
«padre)) o dei genitori (cf. Pr 1 ,8 ; 4, 1-3; 6,20) .
Sullo sfondo della tradizione sapienziale biblica , dove si avverte
in modo più diretto l'influsso dell'ambiente e della cultura ellenisti­
ca, si sviluppa l'esperienza della scuola degli «scribh) o maestri giu­
dei . Si può ammettere una certa continuità storica e culturale tra la
matrice biblica e le scuole giudaiche , anche se non è trasferibile sul
piano storico lo schema idealizzato proposto in apertura del trattato
di Abòth della Mishnah : «Mosè ha ricevuto la legge dal Sinai e l'ha
consegnata a Giosuè , e Giosuè agli anziani , e gli anziani ai profeti , e
i profeti l'hanno consegnata agli uomini della grande sinagoga)) (A b .
1 , 1 ) . La tradizione giudaica per i l periodo che v a dal primo secolo
a.C. al 70 d . C . ricorda dieci nomi di capi-scuola, abbinati in cinque
copie , di cui i più noti sono il mite o moderato Hillel e il severo
o rigoroso Shammai . In realtà si tratta di indirizzi giuridico-legali

9 A. LEMAIRE, Le scuole e la formazione della Bibbia nell'Israele antico (SB 57) ,


Brescia 1981 ; A. BoNORA , «Il discepolo neli'AT>> , in DSBP 4, Roma 1992 , 15-28.

15
diversi , ma che fanno leva sugli stessi criteri applicati nell'interpre­
tazione della Torah .
I «maestri» delle scuole giudaiche sono gli antichi sopherìm ,
«scribi» che hanno il loro modello autorevole in Mosè . Nel greco
della tradizione evangelica sono chiamati grammatèis e anche nomo­
didàskaloi (Le 5 , 17) o nomikòi, «maestri della legge» (Mt 22,35 ; Le
7,30; 10,25 ; 1 1 ,45-46.52; 14,3) . Il Vangelo di Matteo fa allusione al
titolo accademico rabbì, dato ai maestri che hanno completato il lo­
ro corso di formazione . Nel periodo mishnaico questi sono chiamati
anche «sapienti», l].akamìm (Mt 23 ,8 . 10; cf. 1 1 ,25 ) . Nella documen­
tazione relativa all'ambiente giudaico successivo al 70 d . C . la figura
del maestro è quella di un esperto interprete della Torah , che racco­
glie attorno a sé dei discepoli per prepararli al futuro ruolo di mae­
stri, giuristi o professionisti della legge . Il metodo di insegnamento­
apprendimento fa leva sull'ascolto, la ripetizione , il dialogo e la me­
morizzazione . Questo processo di trasmissione è favorito dal rap­
porto stabile tra maestro-discepoli , che comporta la vita comune e
una frequentazione prolungata pet alcuni anni. 10

b) Paolo «maestro» o «padre»?


Secondo la tradizione conservata dall'autore degli Atti degli
apostoli Paolo avrebbe frequentato a Gerusalemme la scuola di Ga­
maliele I (At 22 ,3) . Lo stesso autore attribuisce a Paolo un ruolo de­
cisivo e autorevole nella repressione del movimento cristiano a Ge­
rusalemme e nella regione della Siria (At 8 , 1 . 3 ; 9 , 1-2; 22,4-5 ; 26 ,10-
1 1 ) . Sulla base di queste testimonianze , Martin Hengel suppone che
Paolo abbia studiato la Torah in una «casa di studio , presumibilmen­
te sul monte del tempio , coi migliori maestri del suo tempo» . 1 1 In
questo ambiente egli avrebbe completata la sua formazione giudai­
co-greca per essere in grado di istruire a sua volta i numerosi giudei
della diaspora grecofona che venivano a Gerusalemme . Paolo stesso
nei brani autobiografici del suo epistolario parla della sua adesione
all'indirizzo farisaico , del suo zelo nell'osservare la legge e del suo
progresso nel sostenere le tradizioni dei padri (Gal 1 , 13-14; Fil 3 ,6;

10 E. SCHORER , «Gli studiosi della torà e la loro attività>> , in Storia del popolo giu­

daico al tempo di Gesù Cristo , Brescia 1987 , Il, 393-410; G. STEMBERGER, Il giudaismo
classico. Cultura e storia del tempo rabbinico. Dal 70 al 1040, Roma 1991 , 141 -146.
11 M. HENGEL , Il Paolo precristiano (SB 100) , Brescia 1992 , 145 .

16
1Cor 15 ,8-9) . L'Hengel deduce da tutto questo che Paolo avesse una
«certa autorità» ed esercitasse «Una funzione di maestro in una (o
più d'una) sinagoga di lingua greca a Gerusalemme» . 1 2
Anche se Paolo ha avuto una buona formazione per interpretare
e insegnare la Torah secondo l'indirizzo farisaico al punto da conse­
guire una certa autorità tra i suoi connazionali , non credo che possa
essere considerato un capo-scuola di tipo giudaico . Ma anche am­
messo questo ruolo di didàskalos, «maestro», la svolta intervenuta
con l'esperienza di Damasco cambia radicalmente il suo modo di
considerare i rapporti e soprattutto la fonte dell'autorità nella tra­
smissione dell'esperienza religiosa . Egli infatti considera come cose
di nessun conto , anzi spregevoli , tutti i privilegi legati alla sua condi­
zione di ebreo osservante . L'unico Signore e maestro , al quale Paolo
ormai ha legato per sempre la sua vita e impegno spirituale , è Gesù
Cristo (Fil 3,7-9) .
Una conferma di questa prospettiva paolina si ha dall'analisi del
suo lessico relativo all'area semantica maestro-discepolo . Delle 59
ricorrenze del termine didàskalos nel NT solo 7 si trovano nell'epi­
stolario paolino. In Rm 2,20 il titolo è riferito al ruolo del giudeo ,
che si considera «maestro» degli inesperti perché possiede la legge
(Rm 2,20) . In altri due casi esso designa il cristiano che ha il «Cari­
sma» di «maestro» ( 1 Cor 12 ,28.29 ; Ef 4 , 1 1 ) . Il verbo didàskein , «in­
segnare», si riscontra 15 volte nell'epistolario paolino , sulle 97 del
NT. Di queste solo in cinque casi il verbo «insegnare» è associato
con la trasmissione del vangelo e delle tradizioni cristiane (1Cor
4,17; Gal 1 , 12 ; cf. Ef 4,21 ; Col 1 ,28 ; 2,7; 2Ts 2, 15) .
Nelle lettere pastorali ricorre con più frequenza questo lessico
dell'insegnamento autorevole (1Tm 2,12; 4 , 1 1 ; 6,2; 2Tm 2,2) . Ma è
notevole il fatto che Paolo solo in questo gruppo di lettere si auto­
presenta con tre titoli associati insieme : «banditore , apostolo e mae­
stro» ( 1Tm 2,7; 2Tm 1 , 1 1) . Nel caso di 1Tm 2,7, la qualifica di Paolo
«maestro dei pagani nella fede e nella verità» , corrisponde a quella
di Rm 1 1 , 1 3 , dove Paolo si autodesigna «apostolo dei pagani». L'ac­
centuazione del ruolo di «maestro» , attribuito a Paolo nel gruppo
delle lettere pastorali , corrisponde alla preoccupazione di questi
scritti per la «sana dottrina» , didaskalìa , minacciata dalla propagan­
da dei falsi «maestri» (2Tm 4,3) .

12 HENGEL, Paolo precristiano, 159.

17
Del tutto irrilevante invece è la terminologia del «discepolatO>>
negli scritti di Paolo. Il sostantivo mathétes non ricorre mai nell'epi­
stolario paolino . Di scarsa rilevanza è anche il verbo manthànein ,
«imparare», e manthànesthai, «essere istruito» . Delle 15 ricorrenze
paoline sulle 25 neotestamentarie , solo quattro si riferiscono al pro­
cesso di iniziazione o formazione cristiana ( Fil 4,9; Rm 16,17; Col
1 ,7; Ef 4,20-21 ) . Nel gruppo delle lettere pastorali solo la seconda
Lettera a Timoteo fa ricorso a questo verbo per esprimere il rappor­
to di Paolo e Timoteo ( 2Tm 3 , 10. 14 ) .
Più frequente è invece il ricorso al lessico parentale per esprime­
re i rapporti di Paolo con i cristiani delle sue comunità. Egli normal­
mente li chiama «fratelli» o «sorelle» ( Rm 16,1 ; lCor 7 , 1 5 ; 9,5 ; Fm
2 ) . L'appellativo «fratello» è dato ai suoi collaboratori ( lCor 1 , 1 ;
2Cor 1 , 1 ; 2 , 1 3 ; 6,18 .22 ; 9,3; 12,18 ) . Timoteo in modo particolare è
presentato da Paolo come il «mio diletto figlio e fedele nel Signore»
( lCor 4,17; Fil 2,22-23 ) . Questo modo di esprimersi è corrente nelle
lettere pastorali, dove Timoteo e Tito sono interpellati dal mittente
Paolo con la frase: «mio vero figlio nella fede» ( lTm 1 ,2; 1 , 18; 2Tm
l ,2; Tt l ,4 ) . Paolo ci tiene a considerarsi «padre» delle sue comunità
e dei singoli cristiani , che egli ha generato mediante l'annuncio del
vangelo ( 1 Cor 4 , 1 5 ; Gal 4,19; Fm 10) . Pur consapevole della sua au­
torità di «apostolo» egli mette in risalto il fatto che si comporta nei
loro confronti con l'amore e la sollecitudine di una madre e di un pa­
dre verso i propri figli ( lTs 2,7. 1 1 ; 2Cor 12,14 ) .
È degno di nota il fatto che nel contesto in cui Paolo si presenta
come «padre» dei suoi cristiani , vi contrappone il ruolo del paidag6-
gòs: «potreste avere anche mille pedagoghi in Cristo , ma non certo
molti padri , perché sono io che vi ho generati in Cristo Gesù , me­
diante il vangelo» ( lCor 4,15 ) . Egli perciò esorta i cristiani di Corin­
to, «come figli carissimi» , a farsi suoi imitatori ( lCor 4,16 ) . Più
avanti nella stessa lettera egli giustifica questa esortazione, richia­
mando il motivo ultimo e fondante dell'imitazione : «Fatevi miei imi­
tatori , come io lo sono di Cristo» ( 1Cor 1 1 , 1 ) . Questo modello del­
l'imitazione si trova nella prima Lettera ai Tessalonicesi e viene ri­
preso anche nella seconda ( lTs 1 ,7 ; 2 , 14; 2Ts 3 ,7.9 ) . Ma in tutti que­
sti casi di «imitazione» Paolo fa leva sul suo ruolo di apostolo , pro­
clamatore del vangelo di Dio , e sul rapporto di fede che i credenti
hanno con il Signore Gesù Cristo .
In altri termini Paolo nei rapporti con i suoi collaboratori e con
le comunità cristiane tende a sostituire al modello «maestro-disce­
polo», quello di «fratello» e «padre-figlio». A sua volta questo rap-

18
porto trova la sua ragione ultima nel suo ruolo di «apostolo di Gesù
Cristo» , incaricato di proclamare il vangelo di Dio . Nel servizio allo
stesso vangelo matura il legame reciproco dei vari collaboratori pao­
lini . E nell'accoglienza di questo annuncio di salvezza da parte dei
credenti si radica la loro relazione con Paolo .

c) Il modello della «tradizione» in Paolo

Paolo nell'intestazione delle sue lettere si presenta con il titolo di


«apostolo» di Cristo Gesù . Delle 80 ricorrenze neotestamentarie del
vocabolo apòstolos, 34 si trovano nell'epistolario paolino . Paolo si
colloca nel gruppo degli «apostoli di Cristo» , come suo delegato e
ambasciatore (lTs 2,7; 2Cor 5 ,20) . Questo gruppo è distinto sia dai
«dodici» , riconosciuti come «apostoli» e che fanno capo a Cefa, sia
dagli «apostoli», inviati delle chiese (Fil 2,25 ; 2Cor 8,23) . Egli riven­
dica a buon diritto il titolo e ruolo autorevole di «apostolo» perché è
stato direttamente incaricato dal Signore come i dodici (lCor 9 , 1 .2;
2Cor 1 5 ,7-9 ; Gal l , l5-17; 2,7-9) . La stessa identità e ruolo traspaio­
no nelle altre autodesignazioni , in cui Paolo fa leva sul rapporto di
radicale dipendenza , fiducia e impegno formulato con il lessico e il
modello del «Servizio» : «servo , doùlos , di Cristo o di Dio» (Rm l , l ;
Gal 1 , 10; Fil 1 , 1 ) , «servitore, diàkonos, di Cristo o di Dio>> (lCor
3,5 ; 2Cor 3,6; 6,4; 1 1 ,23) . Su questo rapporto singolare con Cristo
per l'annuncio del vangelo si fonda il diritto o l'autorità, exousìa , di
Paolo a vivere secondo lo statuto dell'apostolo e a guidare le sue co­
munità cristiane ( l Cor 9 ,4-6 . 12- 1 8 ; 2Cor 10,8; 13,10) .
Sulla base di questo statuto autorevole di «apostolo» Paolo an­
nuncia il vangelo di Dio o di Cristo. Egli ha coscienza di essere stato
scelto e chiamato come i profeti biblici dalla libera e gratuita iniziati­
va di Dio . Perciò quello che Paolo proclama come «lieto annuncio» ,
euaggèlion , è i l «vangelo d i Cristo» ( 1 1 volte) , «il vangelo d i Dio» (7
volte) . Ma egli lo può chiamare anche «il mio vangelo» (5 volte) ,
perché è stato incaricato di proclamarlo come potenza di Dio per
salvezza di tutti quelli che credono senza distinzione tra ebrei e pa­
gani (Rm 1 , 16). È impressionante la frequenza e l'intensità del lessi­
co paolino relativo all'annuncio autorevole del «vangelo»: 60 volte il
termine euaggèlion , su 76 del NT; 21 volte il verbo euaggelìzesthai su
54 del NT; 18 volte il verbo keryssein , «proclamare» , su 61 del NT;
7 volte il verbo kataggèllein , «annunciare» , su 18 del NT; 53 volte su

19
109 il verbo parakalèin , «esortare»; 8 volte su 76 il verbo martyrèin ,
«testimoniare» ; due volte su quattro del NT, il verbo paramythèin ,
«incoraggiare».
Nel contesto dell'annuncio autorevole del vangelo Paolo fa ri­
corso alla terminologia e al modello della «tradizione» . Delle 15 ri­
correnze paoline del verbo paradidònai, «trasmettere», quattro ri­
guardano la trasmissione autorevole del vangelo , della dottrina o
delle norme di vita cristiana (Rm 6 , 1 7 ; lCor 1 1 ,2.23 ; 15 ,3) . Nei testi
di lCor 1 1 ,23 e 1 5 ,3 la coppia verbale paralambàneinlparadidònai,
indica l'intero processo della «tradizione» nei suoi due aspetti del
«ricevere/trasmettere» . È da rilevare il fatto che Paolo quando indi­
ca la fonte della «tradizione» non parla di un'autorità umana, ma del
«Signore» (l Cor 1 1 ,23 ; 7, 10) . In l Cor 1 1 ,23 si tratta della «tradizio­
ne» liturgica della «Cena del Signore» ; in lCor 15 ,3 dell'annuncio
evangelico , sul quale si fonda la fede salvifica della comunità di Co­
rinto . Ma Paolo designa come paràdosis , che deve essere «accolta» ,
anche l e disposizioni morali o l e norme disciplinari consegnate alla
comunità assieme all'annuncio fondante del vangelo (lCor 1 1 ,2; Gal
1 ,9; Fil 4,9; lTs 2,13 ; 4, 1 ; cf. 2Ts 3 ,6) .
Nel gruppo delle lettere pastorali si accentua il ruolo della «tra­
dizione» paolina . Il destinatario delle due lettere Timoteo è esortato
a «custodire» il «deposito» , paratheké, che gli è stato affidato dal­
l'apostolo (lTm 6 ,20 ; 2Tm 1 , 12. 14) . A sua volta egli lo deve tra­
smettere a persone fidate , che a loro volta siano in grado di ammae­
strare anche gli altri (2Tm 2,2) . In questi ultimi testi Paolo è consi­
derato come l'unica fonte e il garante della «tradizione» sicura e au­
torevole. Questa insistenza sul «deposito» paolino da conservare e
trasmettere si comprende sullo sfondo della crisi alla quale è esposta
la «sana dottrina>> a causa dei falsi maestri della legge (lTm 1 ,7) .
Con il termine didaskalìa, qualificata una volta dall'aggettivo kale ,
«buona dottrina» (lTm 4,6) e quattro volte da hygiàinousé, «sana
dottrina» (lTm 1 , 10; 2Tm 4,3; Tt 1 ,9 ; 2 , 1 ) , si presenta nei tre scritti
pastorali l'insegnamento tradizionale cristiano .
La terminologia delle tre lettere pastorali conferma , se ce ne fos­
se bisogno, che il modello della «scuola» o dell'insegnamento. è �u­
bordinato a quello della «tradizione» , predominante nell'epistolario
paolino . Pertanto non solo è legittimo , ma storicamente più corretto
e appropriato parlare di «tradizione paolina» , piuttosto che di
«scuola».

20
2. l COLLABORATORI DI PAOLO

Per avere un quadro più completo e preciso di quella che si chia­


ma la «tradizione di Paolo» è utile ricostruire , sulla base dell'episto­
lario dell'apostolo e degli Atti degli apostoli , la rete dei suoi collabo­
ratori diretti o indiretti. Sono complessivamente un'ottantina i nomi
dei personaggi menzionati nelle lettere di Paolo ( 65) e negli Atti de­
gli apostoli (13) , i quali fanno parte del gruppo dei suoi collaboratori
o si collocano nella cerchia della sua azione missionaria e pastorale .
Di alcuni si conosce solo il nome . Qualche volta Paolo nelle sue let­
tere li chiama «fratelli» , oppure con un termine più specifico che
mette in risalto il loro impegno missionario e pastorale : koinonòs ,
«compagno» ; synergòs , «collaboratore» ; syndoùlos , «conservo» nel
Signore (Col 4,7) . Paolo fa ricorso anche ad alcuni termini che sotto­
lineano la condivisione delle prove e delle sofferenze affrontate per
il vangelo : systrati6tes, «compagno di lotta» (Fil 2,25 ; Fm 2) ; sy­
naichmàlotos , «comprigioniero» (Rm 16,7; Col 4 , 10 ; Fm 23) .
Uno dei primi collaboratori di Paolo è Barnaba, un levita origi­
nario di Cipro , che condivide il suo stile di vita e la sua metodologia
missionaria, almeno fino alla controversia di Antiochia (1Cor 9,6;
Gal 2 , 1 . 9 . 1 3 ; cf. Col 4,10) . Secondo l'autore degli Atti degli apostoli
è Barnaba che a Gerusalemme presenta Paolo , appena «converti­
to» , al gruppo dei dodici apostoli e, dopo il suo ritiro nella Cilicia, lo
va a cercare per lavorare insieme nella giovane comunità cristiana di
Antiochia (At 9,27 ; 1 1 ,25) . Assieme a Giovanni Marco , noto nella
tradizione paolina come suo cugino , Barnaba e Paolo costituiscono
la prima équipe che parte in missione nelle città dell'isola di Cipro e
nell'Anatolia meridionale (At 13 ,2-3 . 5 ) . La loro separazione , secon­
do l'autore degli Atti degli apostoli , avviene a causa della defezione
di Marco , che lascia la comitiva missionaria dopo Cipro , a Perge stil­
la costa anatolica . Paolo contro il parere di Barnaba non vuole sa­
perne di prendere Marco come aiutante nella nuova missione dopo
il concilio di Gerusalemme (At 1 3 , 1 3 ; 15 ,36-39) .
Un altro collaboratore , con il quale Paolo ha dei problemi , è
Apollo , «nativo di Alessandria» , secondo la testimonianza degli Atti
degli apostoli , «uomo colto e versato nelle scritture» (At 18, 14) .
Paolo ne parla nella prima Lettera ai Corinzi nel contesto della divi­
sione in gruppi che si richiamano ai vari predicatori, catechisti o au­
torità spirituali (1Cor 1 , 12; 3 ,4.5-6.22; 4,6; cf. 16,12) . Questo perso­
naggio viene menzionato assieme a un esperto di diritto , Zena, tra i
collaboratori itineranti di Paolo anche nella lettera a Tito 3 , 1 3 .

21
Un posto particolare nella cerchia dei collaboratori paolini meri­
ta la coppia Aquila e Prisca (o Priscilla secondo il testo degli Atti de­
gli apostoli) . Paolo, a Corinto , trova lavoro e ospitalità presso que­
sta coppia cristiana . Aquila è un giudeo-cristiano originario delPon­
to, residente a Roma , che è costretto ad abbandonare la città assie­
me alla moglie in seguito all'editto di Claudio probabilmente verso il
49 d . C . (At 18,2) . Essi da Corinto accompagnano Paolo a Efeso , do­
ve si fermano e hanno occasione di incontrare Apollo (At 18,18.26) .
Paolo nella prima Lettera ai Corinzi , scritta da Efeso, invia i saluti a
nome della coppia cristiana e della comunità che essi accolgono nel­
la propria casa ( 1 Cor 16,19) . Con un elogio per il loro coraggio e im­
pegno missionario li ricorda nei saluti della Lettera ai Romani (Rm
16 ,3) . Anche la seconda Lettera a Timoteo presenta Prisca e Aquila
tra le persone che l'apostolo manda a salutare (2Tm 4 , 19) .
Nella lunga lista di saluti , che chiude l'attuale lettera ai Romani,
sono menzionati 35 nomi di persone. Paolo dopo avere raccomanda­
ta la «sorella» Febe , diaconessa del porto di Cenere , manda a saluta­
re 29 persone , singoli, famiglie o gruppi , di cui 20 uomini e 9 donne
(Rm 16,1-16) . Alla fine si presenta e invia i saluti anche l'équipe che
soggiorna a Corinto assieme a Paolo nella casa di Gaio: in tutto altre
otto persone (Rm 16,21-23) . In testa a quest'ultimo gruppo Paolo
colloca Timoteo , che è menzionato complessivamente 18 volte nel­
l'epistolario paolino e 6 volte negli Atti degli apostoli. Paolo lo pre­
senta come il suo «figlio amato e fedele nel Signore» ( 1 Cor 4,17; Fil
2,19) ; come «fratello» e «servo di Cristo Gesù» (2Cor 1 , 1 . 19 ; Fil 1 , 1 ;
1Ts 3 ,2) ; come «collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo», syner­
gòs (1Ts 3 ,2) ; come «mio collaboratore» (Rm 16,2 1 ) . Paolo gli vuole
bene e lo stima per il suo schietto e generoso impegno nel servizio
del vangelo (Fil 2, 19-22) . Quando lo invia a Corinto come suo dele­
gato si preoccupa che venga accolto con la cordialità e il rispetto do­
vuti a chi lavora per l'opera del Signore (1Cor 16,10- 1 1 ) .
Questa immagine di Timoteo , «il fratello» (cristiano) , «il figlio
genuino» o «amato» di Paolo , si prolunga nell'intestazione della
Lettera ai Colossesi e nelle due lettere pastorali , indirizzate a questo
discepolo e collaboratore paolino . La tradizione consegnata in que­
sti scritti integra le informazioni che sulla sua origine e formazione si
ricavano dagli Atti degli apostoli . Timoteo è un cristiano molto sti­
mato della comunità di Listra , fondata da Paolo nel primo viaggio in
Anatolia. Egli appartiene a una famiglia credente , anche se è figlio
di un matrimonio misto. La mamma è di origine ebraica, mentre il
padre proviene dal paganesimo (At 16, 1-3) . Dalla nonna Loide e

22
poi da sua madre Eunice egli ha ricevuto una formazione biblica e
cristiana in casa fin da giovane (2Tm 1 , 5 ; 3 , 14-15) .
Alla pari di Timoteo , ma con un altro temperamento e ruolo , è il
«fratello» Tito , conosciuto solo attraverso l'epistolario paolino, do­
ve è menzionato 13 volte . Secondo la testimonianza della Lettera ai
Galati egli, assieme a Paolo e Barnaba , fa parte del gruppo di mis­
sionari itineranti che si recano a Gerusalemme per discutere della
metodologia da seguire nel caso dei pagani convertiti (Gal 2 , 1 ) . Pao­
lo ci tiene a dire che Tito , pur essendo di origine pagana, non è stato
costretto a farsi circoncidere per entrare a pieno titolo nella comuni­
tà cristiana. Questo è una conferma della libertà e verità del vangelo
che egli propone tra i pagani (Gal 2 ,3-5 ) . Tito svolge un ruolo decisi­
vo per risolvere la crisi nei rapporti tra Paolo e la comunità corinzia
(2Cor 2 , 1 3 ; 7 ,6-14) . Egli inoltre è presentato da Paolo stesso come
suo «compagno» e «collaboratore» , che ha la stima e la fiducia delle
comunità dell'Acaia, incaricato di condurre a termine l'organizza­
zione della raccolta di fondi per le chiese povere della Giudea (2Cor
8,6. 16.23) . A Tito è indirizzata una delle tre lettere pastorali (Tt
1 , 1 ) . A questo discepolo , presentato come «mio vero figlio nella fe­
de comune>> , Paolo affida l'incarico di organizzare la chiesa nell'iso­
la di Creta (Tt 1 ,4-5) . Secondo la testimonianza della seconda Lette­
ra a Timoteo , che evoca la situazione di Paolo prima della sua con­
danna a morte , Tito è partito per la Dalmazia (2Tm 4 , 10) .
Altri collaboratori di Paolo compaiono nel suo epistolario con o
senza riscontro negli Atti degli apostoli . Tra questi va segnalato Sil­
vano, forma latinizzata del nome ebraico-aramaico Shaùl/Sila, che
Paolo menziona assieme a Timoteo tra i missionari fondatori della
comunità cristiana di Corinto (2Cor 1 , 19) . Egli compare ancora as­
sieme a Timoteo tra i co-mittenti della prima Lettera ai Tessalonice­
si (1Ts 1 , 1 ; cf. 2Ts 1 , 1 ) . Secondo la testimonianza degli Atti degli
apostoli Sila è un «profeta>> e cristiano stimato della comunità di Ge­
rusalemme . Egli è inviato assieme a Giuda Barsabba ad Antiochia
di Siria per consegnare e spiegare le decisioni del primo concilio ge­
rosolimitano circa lo statuto ecclesiale dei pagani convertiti al cri­
stianesimo (At 15 ,22.32) . Ad Antiochia Paolo , dopo il dissenso con
Barnaba , lo sceglie come compagno nella missione che lo porta in
Macedonia e Acaia.
Èpafra è conosciuto solo tramite l'epistolario paolino . Paolo lo
menziona come primo tra quelli che inviano saluti a Filemone , assie­
me a «Marco , Aristarco , Dema e Luca, miei collaboratori» e lo pre­
senta come «mio compagno di prigionia per Cristo Gesù», (Fm 23) .

23
Secondo la Lettera ai Colossesi Èpafra è l'evangelizzatore e respon­
sabile delle chiese della valle del Lico , a Colossi, Laodicea e Gera­
poli . L'autore della lettera, che scrive a nome di Paolo , lo chiama:
«nostro caro compagno nel ministero» e «fedele ministro di Cristo>> ;
«servo di Cristo Gesù» ( Col 1 ,7 ; 4, 12- 13 ) . Allo stesso ambiente ap­
partiene Tichico, che nella stessa Lettera ai Colossesi è presentato in
modo elogiativo : «il caro fratello Tichico e ministro fedele , mio
compagno nel servizio del Signore». Egli è inviato insieme a Onesi­
mo , «il fedele e caro fratello» ( Col 4,7.9) . Con accenti quasi uguali
lo menziona l'autore della Lettera agli Efesini ( Ef 6,21 ) . Il suo nome
ricorre anche nelle lettere pastorali tra i personaggi che gravitano
nell'orbita di Paolo e negli Atti degli apostoli (2Tm 4,12; Tt 3 , 12;
At 20,4 ) .

3. l CENTRI E AMBIENTI DELLA TRADIZIONE PAOLINA

Per conoscere la «tradizione di Paolo», oltre a ricostruire la rete


dei suoi discepoli , collaboratori e delegati, è opportuno tenere pre­
sente anche i centri e gli ambienti vitali, in cui si conserva la memo­
ria della sua personalità e viene mantenuto vivo il patrimonio spiri­
tuale dell'apostolo . La fonte per fare questa ricostruzione della geo­
grafia storica e spirituale di Paolo è costituita ancora dal suo episto­
lario , integrato con i dati forniti dagli Atti degli apostoli .
Sulla base dell'origine e della destinazione delle lettere di Paolo
si ha una mappa delle località in cui si concentra la «tradizione» pao­
lina : Corinto in Acaia, Efeso in Asia, Filippi e Tessalonica in Mace­
donia . Queste ultime due località rappresentano il punto di transi­
zione negli spostamenti di Paolo verso Corinto e Efeso , dove egli or­
ganizza la sua azione missionaria e invia le lettere alle diverse comu­
nità cristiane . Un quadro complessivo della comunicazione epistola­
re di Paolo , sulla base del corpus delle lettere conservate sotto il suo
nome , conferma la concentrazione della sua attività nelle due città
di Corinto ed Efeso , capoluoghi delle rispettive province dell'im­
pero romano conosciute come Acaia e Asia:

Località di partenza Ordine cronologico Destinazione-lettere


Corinto (Acaia) (l) lTs 3,1.6 Tessalonica (Ts 1 ,1)
Efeso (Asia) (2) 1Cor 16,5-7 Corinto (1Cor 1 ,2)
Efeso (carcere) (3) Fil 1 ,7.13-14 Filippi (Fil 1 , 1 )
Efeso (carcere) (4) Fm 23-25 Colossi (Fm 1-2)

24
Macedonia (Tess/Fil.) (5) 2<:or 2,12-13; 7,5-7 <:orinto (2<:or l, l)
Macedonia (6) Gal 1 ,2 Galazia (Gal 3,1)
<:orinto (7) Rm 16,21-23 Roma (Rm 1 ,6. 15)
Efeso (carcere) (8) Col 1 ,2 Colossi/Laodicea/Gerapoli
(<:ol 1 ,2; 2,1; 4,13-14. 15)
Efeso (carcere) (9) Ef 1 , 1 Efeso (Ef 6,21)
Efeso (Asia) (lO) lTm 1 ,2.3 Efeso (lTm 1 ,2)
Roma (carcere) (1 1) 2Tm 1 ,17; 4,5-18 Efeso (2Tm 1 ,15. 17)
Efeso (12) Tt 1 ,5 Creta (Tt 1 , 12)
Tessalonica (13) 2Ts 1,1 Tessalonica (2Ts, 1 ,1)
Roma (Italia) (14) Eb 13,23-24 Italia (Eb 13,24)

Un'ulteriore conferma di questo quadro storico e geografico dei


centri paolini si ricava dalla frequenza con la quale sono menzionate
alcune località sia nell'epistolario sia negli Atti degli apostoli in rela­
zione con l'attività di Paolo . La città di Corinto è citata quattro volte
nelle lettere di Paolo e due negli Atti degli apostoli. Anche Cenere ,
il porto della città corinzia sul mare Saronico , è menzionato due vol­
te, come i «corinzi» , cristiani o abitanti di Corinto (At 18,8. 18; Rm
16 , 1 ; 2Cor 6 , 1 1 ) . La provincia dell'Acaia , di cui è capitale Corinto ,
è ricordata 10 volte nel NT: 7 nelle lettere di Paolo e tre negli Atti
degli apostoli . Nessuna altra regione e città godono di un tale inte­
resse nella «geografia» paolina come l'Acaia e Corinto .
Al secondo posto viene la capitale dell'Asia, Efeso , citata com­
plessivamente 14 volte : 6 nell'epistolario paolino e 8 negli Atti degli
apostoli. La città di Tessalonica è ricordata 5 volte e quattro volte i
suoi abitanti , i tessalonicesi . Con maggiore frequenza si fa riferi­
mento alla provincia di Macedonia (22 volte) , in cui si trova anche la
città di Filippi , menzionata 4 volte ; una volta sono interpellati i filip­
pesi, Fil 4 , 1 5 . Anche Tròade , città e regione , come centro e località
di passaggio di Paolo e della sua équipe missionaria, è segnalata
complessivamente sei volte .
E interessante rilevare che Gerusalemme e la Giudea, dove Pao­
lo si reca più volte , rappresentano un punto di riferimento ideale
nella sua «geografia» , ma non sono l'ambiente della sua azione mis­
sionaria e pastorale. Paolo nelle sue lettere parla di Gerusalemme in
tutto una decina di volte : tre volte , nella forma greca Ierosòlyma ,
nella Lettera ai Galati , in relazione al suo incontro con i capi storici
della missione cristiana , e due volte nella forma Ierousal�m , come
simbolo delle due alleanze (Gal 4,25 .26) ; nella stessa forma menzio­
na la città santa quattro volte nella Lettera ai Romani e una volta

25
nella prima Lettera ai Corinzi. I quattro riferimenti paolini alla Giu­
dea sono connessi con la chiesa di Gerusalemme , dove egli si reca in
visita o che presenta alle altre chiese come prototipo storico . È inte­
ressante fare un confronto con il ruolo centrale che Gerusalemme e
la Giudea hanno invece nella «geografia» dell'autore degli Atti degli
apostoli , dove sono ricordate rispettivamente 59 e 12 volte .
Lo stesso discorso vale per la città di Antiochia e la regione della
Siria, dove Paolo , secondo la testimonianza della Lettera ai Galati ,
ha svolto la sua prima azione missionaria. Antiochia e la regione di
Siria/Cilicia sono ricordate una sola volta in Gal 1 ,21 e 2,1 1 . Anche
la città di Damasco , alla quale sono legate le prime esperienze cri­
stiane di Paolo , è segnalata due volte (Gal 1 , 17; 2Cor 1 1 ,32) . Analo­
gamente la Galazia e i galati sono menzionati nella lettera omonima
e una volta nella prima Lettera ai Corinzi (1Cor 1 6 , 1 ; Gal 1 ,2; 3 , 1 ) .
Si h a l'impressione che queste località e i rispettivi ambienti stiano
alle spalle di Paolo . I centri e gli ambienti vitali di Paolo sono altro­
ve : a Corinto in Acaia, a Efeso in Asia, città e regioni collegate tra
loro dalla Macedonia e dalle rispettive città di Filippi e Tessalonica.
Il quadro geografico delle lettere ai Colossesi e agli Efesini e del
gruppo delle pastorali ricalca sostanzialmente quello già noto dal re­
sto dell'epistolario paolino e dagli Atti degli apostoli . Nei brani au­
tobiografici delle pastorali si ripercorrono le tappe della missione
paolina in Anatolia: Antiochia di Pisidia, Iconio , Listri e la Galazia
(2Tm 3 , 1 1 ; 4 , 10) . È ricordata anche in modo singolare la città di
Tessalonica (2Tm 4,10) . Nelle cinque lettere suddette si rileva un'e­
vidente concentrazione delle località paoline nella provincia dell'A­
sia attorno a Efeso (Ef 1 , 1 ; 1Tm 1 ,3 ; 2Tm 1 , 18; 4, 12) . Le città, dove
è viva la memoria dell'apostolo , sono : Colossi , Laodicea e Gerapoli
nella valle del Lico (Col 1 ,2 ; 2 , 1 ; 4 , 13-15 . 16) . In questa area gravita­
no anche Tròade e Mileto (2Tm 4 , 1 3 . 20) . Nello stesso ambito geo­
grafico può essere collocata la menzione dell'isola di Creta e dei cre­
tesi , dove opera Tito, il discepolo e delegato di Paolo (Tt 1 ,5 . 12) .
Dall'orizzonte geografico orientale la prospettiva si sposta pro­
gressivamente verso occidente puntando verso la capitale dell'impe­
ro . Roma è citata in tutto 8 volte nel NT: 3 nell'epistolario paolino e
5 negli Atti degli apostoli . Oltre alle due menzioni nella Lettera ai
Romani , se ne parla nella seconda Lettera a Timoteo 1 , 17. L'apo­
stolo vi si trova in stato di detenzione , in attesa di giudizio (2Tm
4,16) . Tra l'oriente e Roma si collocano le regioni dell'Illiria e della
Dalmazia, e la città di Nicopoli sull'Adriatico (Rm 1 5 , 1 9 ; 2Tm 4 , 10;
Tt 3 , 12) .
D a questa panoramica risultano evidenti alcune concentrazioni
geografiche dell'azione e della memoria di Paolo. Predominano le

26
località che gravitano attorno alla regione dell'Asia e in particolare
la città di Efeso . Il ruolo centrale dell'ambiente efesino è attestato
dall'intero epistolario paolino con una progressione che va dalle pri­
me alle ultime lettere nell'ordine cronologico . Invece diminuisce e
quasi scompare la centralità dell'Acaia e di Corinto . La città di Co­
rinto , assieme a quella di Tessalonica, è ricordata una sola volta in
2Tm 4,20. Questa geografia paolina può offrire uno spunto per rico­
struire la genesi e lo sviluppo della «tradizione» di Paolo .

4. LE SITUAZIONI VITALI DELLA «TRADIZIONE PAOLINA»


Le radici di quella che si chiama la «tradizione paolina» vanno ri­
cercate nell'azione missionaria e pastorale di Paolo come sono docu­
mentate nel suo epistolario . Le lettere inviate da Paolo o a suo nome
alle diverse chiese sostituiscono e prolungano la sua presenza e azio­
ne nelle comunità locali . Esse servono a radicare e rinsaldare la soli­
darietà tra i vari gruppi ; sono uno strumento per la guida della co­
munità; richiamano la memoria autorevole dell'apostolo per risolve­
re i conflitti e confermare uno stile di vita omogeneo . In altre parole
la nascita delle comunità paoline e il loro sviluppo si riflettono nel­
l'attuale raccolta di lettere conservate e poste sotto il nome di Paolo .
Il processo di formazione della tradizione paolina corre parallela­
mente a quello delle sue comunità.
Il momento fondante di una comunità cristiana è l'annuncio del
vangelo da parte dell'apostolo . Non è senza significato che nell'inte­
stazione delle sue lettere Paolo si presenti come il «mittente», quali­
ficato dal titolo di «apostolo» . Delle 34 ricorrenze complessive del
termine apòstolos nell'epistolario paolino , nove si trovano nella fra­
se protocollare di apertura delle lettere . L'espressione più frequente
è: «Paolo apostolo di Cristo Gesù» (sette volte) . In due casi essa è
sostituita da quella corrispondente : «Paolo servo di Cristo Gesù»
(Rm 1 , 1 ; cf. Fil 1 , 1 ) . Paolo si colloca senza esitazioni nel gruppo de­
gli «apostoli di Cristo» (1Ts 2,7; 2Cor 1 1 ,13). Egli si richiama espli­
citamente al suo statuto di apostolo per rivendicare sia l'autorevo­
lezza del suo annuncio evangelico , sia il suo ruolo di fondatore e pa­
dre delle comunità cristiane (1Cor 4,15 ; 9,1-2; 2Cor 3,2-3 ; 1 1 , 1-4 ;
Gal 1 ,8-9 . 1 1-12; 4 , 19) _ 1 3

13 R. FABRIS, «L'apostolo e il discepolo nell'epistolario paolino>> , in DSBP 4,


Roma 1992, 162-165 .

27
Questi due aspetti nell'autocoscienza di Paolo sono inseparabili .
Egli è chiamato da Dio a essere apostolo ed è «inviato» a proclama­
re il vangelo del Figlio suo (Rm 1 , 1-2) . Dall'annuncio autorevole del
vangelo proclamato dall'apostolo nasce la comunità dei credenti
(1Cor 15 , 1 1 ) . La condizione per conseguire la salvezza promessa nel
vangelo è l'adesione integra e perseverante al vangelo stesso in quel­
la «forma» in cui è stato annunciato (1Cor 15, 1-2) . Si tratta di una
forma «tradizionale» , che Paolo stesso ha ricevuto e consegnato ai
suoi cristiani (1Cor 15,3; Gal 1 ,8-9) . Se il diritto di annunciare il
vangelo con l'autorità di apostolo deriva dalla libera e gratuita ini­
ziativa di Dio , il contenuto storico del vangelo annunciato dipende
dalla tradizione , della quale Paolo si fa portavoce e veicolo .
Gli interventi di Paolo nelle comunità nate dal suo primo annun­
cio del vangelo assumono modalità diverse : Paolo stesso visita le co­
munità, invia un suo collaboratore o una lettera. I delegati di Paolo
spesso portano e spiegano la lettera che sostituisce la visita persona­
le dell'apostolo . Perciò la lettera inviata a una chiesa locale deve es­
sere fatta conoscere a «tutti i fratelli» ( 1Ts 5 ,27) . Nella lettera l'apo­
stolo integra il processo formativo dei credenti battezzati , risponde
ai loro problemi di fede e di prassi etica , presenta le argomentazioni
contro le opinioni divergenti, ammonisce ed esorta per consolidare
tra i credenti uno stile di vita coerente, dà direttive e norme per la
disciplina interna, detta le istruzioni per organizzare iniziative con­
crete come la raccolta di fondi per aiutare le chiese povere della
Giudea. Nelle lettere di Paolo si riflettono le situazioni vitali delle
comunità cristiane : le tensioni interne, le devianze e le dissidenze di
alcuni , lo scambio o il conflitto con l'ambiente esterno .
In questo dialogo a distanza tra Paolo e la comunità per mezzo
delle lettere hanno un ruolo decisivo la «memoria» e l'autorità del­
l'apostolo fondatore . Questo risalta con particolare evidenza in
quelle situazioni in cui è contestata o disattesa l'autorità dell'aposto­
lo da figure concorrenti o da frange di dissidenza interna. È signifi­
cativo al riguardo lo spessore che assume il lessico del «potere» e
della «autorità» nelle due lettere ai Corinzi. 14 Ma anche nei contesti
nei quali il ruolo dell'apostolo è fuori discussione, il suo annuncio
del vangelo e il suo stile di vita rappresentano un punto di riferì-

14 W.A . MEEKS , I cristiani dei primi secoli. Il mondo sociale dell'apostolo Paolo ,
Bologna 1992 , 304.

28
mento autorevole per valutare e risolvere i problemi della comunità
cristiana.
Dall'analisi dell'epistolario paolino risulta che Paolo e i suoi col­
laboratori possono contare su un credito di autorità spirituale che
giustifica e rende efficace il loro intervento nelle comunità locali .
L'autorità di Paolo nelle sue comunità si basa su questi criteri : a) il
kèrygma originario o l'annuncio di Cristo morto e risorto , proclama­
to e attuato nello stile di vita dell'apostolo ; b) un sistema di valori e
uno stile di vita condiviso (èthos comune) ; c) la rivelazione carisma­
tica o il ruolo dello Spirito santo ; d) il canone delle Scritture ricono­
sciute come parola di Dio ; e) la tradizione autorevole di cui l'aposto­
lo è rappresentante . 1 5
Questa «autorità>> di Paolo sta all'origine del processo che sfocia
nella tradizione paolina. Anche a quelle comunità che non hanno
conosciuto personalmente Paolo , come quelle di Colossi , di Laodi­
cea e di Gerapoli , la sua figura di «ministro del vangelo e della chie­
sa» per realizzare il «mistero di Dio», può essere presentata come
punto di riferimento ideale per trovare il fondamento sicuro e solido
nel vangelo che esse hanno ricevuto , di fronte al rischio di inganno
da parte dei propagandisti della «filosofia» e della «tradizione uma­
na» (Col 1 ,21-2,8) . Infatti Paolo per l'annuncio del «mistero di Cri­
sto» è in catene , soffre e lotta perché esso possa essere conosciuto e
accolto da tutti (Col 4,3) . Analogamente nella lettera inviata ai
«Santi che sono in Efeso» il ruolo autorevole di Paolo coincide con
quello del «prigioniero di Cristo» o «del Signore». A lui è stato affi­
dato dalla grazia di Dio il compito di far conoscere il «mistero di Cri­
sto» : i pagani «sono chiamati , in Cristo Gesù , a partecipare alla stes­
sa eredità, a formare lo stesso corpo e a essere partecipi della stessa
promessa per mezzo del vangelo» (Ef 3 , 1 -7 ; 4 , 1 ) . Di questo «miste­
ro del vangelo» Paolo è ambasciatore in catene (Ef 6,20) .
Nell'ambiente delle lettere pastorali il riferimento al ruolo auto­
revole di Paolo è decisivo nello scontro con i «falsi maestri» che mi­
nacciano la verità e la sana dottrina. Paolo non solo soffre e «porta
le catene» per il vangelo , ma di esso è «Stato costituito araldo , apo­
stolo e maestro» (2Tm 1 , 1 1 ; 2,8-9 ; cf. lTm 2,7) . Egli quindi è la fon­
te e la garanzia della «verità del vangelo» che , come sacro deposito ,

15 MEEKS , I cristiani dei primi secoli, 345-35 1 .

29
viene affidato al suo «figlio» genuino e fedele e da questi custodito
con l'aiuto dello Spirito santo per trasmetterlo a sua volta a persone
fidate , capaci di ammaestrare gli altri (2Tm 1 , 12-14; 2,1-2) .
Nel quadro istituzionale delle lettere pastorali sono ben definiti
e sicuri tutti gli anelli della tradizione paolina: Paolo , il discepolo
Timoteoffito , suo rappresentante e delegato , i responsabili della
comunità, scelti e autorizzati secondo i criteri stabiliti dall'apostolo
stesso . Attraverso una vasta rete di collaboratori itineranti Paolo di­
rige l'azione missionaria universale . La presenza, nelle varie regio­
ni, dei suoi «discepoli» diretti, garantisce l'ortodossia dell'annuncio
del vangelo e la stabilità della chiesa. Nelle singole comunità locali il
collegio dei presbiteri , presieduto da un «episcopo» , assicura la tra­
smissione del vangelo e coordina la vita dei credenti . In tale contesto
le lettere, che si richiamano al nome e all'autorità di Paolo , non solo
sono espressione di questa «tradizione» , ma ne sono gli strumenti
legittimi ed efficaci .

30
II
Le lettere deuteropaoline

In via preliminare è opportuno fare alcune precisazioni su que­


sto modo di indicare le sei lettere della tradiziov.e paolina prese in
esame. Con l'espressione «lettere deuteropaoline» si designa il
gruppo delle lettere che nel canone cristiano fanno parte del corpus
degli scritti posti sotto il nome di Paolo , ma la cui origine paolina è
posta in discussione . Si tratta delle due lettere affini indirizzate ai
Colossesi e agli Efesini, della seconda Lettera ai Tessalonicesi e
delle tre lettere pastorali , indirizzate rispettivamente due a Timoteo
e una a Tito . Si potrebbe collocare in questo ambito anche la Lettera
agli Ebrei , che però non è scritta a nome di Paolo , anche se nella tra­
dizione cristiana, a partire dal IV secolo , è stata attribuita al­
l'apostolo.
Nel corso della storia del riconoscimento e della recezione dei
libri sacri da parte delle chiese cristiane è varia e mutevole la termi­
nologia per indicare il loro grado di canonicità . Eusebio di Cesarea
nel IV secolo chiama homolegoùmena endiath�ka , «canonici», e
anantirr�ta , «indiscussi» , i libri riconosciuti e accolti da tutte le
chiese per la lettura pubblica o liturgica. Essi sono contrapposti a
quelli «discussi» o «contestati» , o antilegòmena . Solo con Sisto da
Siena, nella Bibliotheca sancta del 1566, compaiono per la prima
volta i termini «protocanonici» e «deuterocanonici», per designare
rispettivamente i libri del canone ebraico (22 libri , per Giuseppe
Flavio ; 24 per l'accademia di Jamnia) e quelli aggiunti nel canone
alessandrino o della versione dei LXX. Gli scritti deuterocanonici
dell'AT - sette libri e alcune sezioni di Dn e Est - a partire dal
XVI nell'ambiente protestante sono chiamati «apocrifi». Invece i sei
libri del NT posti in appendice nella Bibbia di Lutero (Eb , Gc, 2Pt ,
2-3Gv , Ap) , sono chiamati «deuterocanonici».
Un'ulteriore complicazione proviene dal termine «pseudepigra­
fi» , riferito dai protestanti agli scritti che non appartengono al cano­
ne biblico dell' AT e NT, mentre gli stessi scritti non-canonici sono
detti «apocrifi» nell'ambiente cattolico . In realtà con il vocabolo

31
«pseudepigrafo» si indica un'opera letteraria posta sotto un «falso))
nome . Questo fenomeno della «pseudepigrafia)) si riscontra anche in
alcuni libri dell'A T, riconosciuti come canonici. Da ciò deriva l'am­
bivalenza del termine «pseudepigrafo)) , Quando poi esso viene uti­
lizzato per designare i testi dell'AT e del NT esclusi dal canone , as­
sume una connotazione decisamente negativa. In breve un termine
che designa un processo letterario serve a esprimere un giudizio di
valore sotto il profilo religioso .
Una ricerca storica sulla formazione del canone paolino, nel
quale si collocano le nostre sei lettere , renderà ragione del titolo da­
to a questo capitolo: «lettere deuteropaoline)) , Esse sono state sem­
pre riconosciute e accolte come testi canonici , cioè sacri e ispirati ,
ma vanno distinte dal gruppo delle lettere storiche e autentiche di
Paolo , perché sono state scritte a nome e con l'autorità dell'apostolo
successivamente rispetto alle prime , che perciò si possono chiamare
«protopaoline)) , Questa situazione delle lettere «deuteropaoline))
non sminuisce il loro valore storico e teologico , una volta che siano
chiariti il significato e il ruolo di quel procedimento letterario che si
chiama «pseudepigrafia)) .

l . LA FORMAZIONE DEL CANONE PAOLINO

La prima documentazione completa dell'epistolario paolino si


ha verso la seconda metà del II secolo . Si tratta di quell'elenco dei
libri sacri del NT chiamato Canone Muratori. 1 Esso fa riferimento a
22 libri del NT ( sui 27 attuali ) , che sono accolti da tutta la chiesa,
perché «apostolici)) e perciò possono essere letti pubblicamente nel-

1 Si tratta di un frammento di 85 righe in latino barbaro , forse traduzione di un


originale greco. Esso è riportato in un codice dell'ottavo secolo della biblioteca Am­
brosiana di Milano , già appartenente al monastero di Bobbio (Cod. Ambr. J. 101,
Sup. ) , pubblicato la prima volta da Ludovico Antonio Muratori nel 1740: Antiquitates
ltalicae mediiaevi III ( Mediolani 1740) , 851 -854; edizione fotostatica di E. � tter, in
Rivista di archeologia cristiana 2(1926) , 215ss ; studi: A. voN HARNACK, <<Uber den
Verfasser und den Literarischen Charakter des Muratorischen Fragments» , in ZNW
24 ( 1925 ) , 1-16, che lo attribuisce a lppolito romano ; sostengono la stessa ipotesi
Lightfoot , Th. Robinson, T. Zahn e M.-J. LAGRANGE, <<L'auteur du Canon Murato­
ri», in RB 35 ( 1926) , 83-88 ; J. BEUMER, <<Das Fragmentum Muratori und seine Rlit­
sel>> , in TPhi/ 48 ( 1973 ) , 534-550; A.C. SuNDBERG, «Canon Muratori. A Fourth Cen­
tury List>> , in Harv TR 66 ( 1973 ) , 1-4 1 ; E. FERGUSON, «Canon Muratori . Date and Pro­
venance>> , in StPatristica 18 ( 1982 ) , 677-683 ; G . M . HAHNEMAN , The Muratorian Frag­
ments and the Development of the Canon, Oxford 1992 .

32
le assemblee liturgiche. La sezione relativa alle lettere di Paolo , che
segue immediatamente quella sugli Atti degli apostoli , dice così :
«Passando poi alle lettere paoline , sono esse stesse che mostrano
chiaramente , a chi vuole capire , il luogo da cui sono state inviate e il
motivo per cui sono state scritte . Tra le lettere di una certa lunghez­
za, Paolo ha scritto prima di tutto ai Corinzi , vietando le divisioni in
partiti , poi ai Galati, proibendo la circoncisione , e ancora più diffu­
samente ai Romani , per inculcare in loro l'unità e l'ordine delle
Scritture , che hanno in Cristo il loro principio unitario . Su questi
particolari non è necessario che ci dilunghiamo oltre , anche perché
lo stesso beato Paolo , seguendo lo schema del suo predecessore
Giovanni , scrive a sette chiese , ma solo nominalmente. Egli segue
quest'ordine di composizione : la prima ai Corinzi , la seconda agli
Efesini , la terza ai Filippesi, la quarta ai Colossesi , la quinta ai Gala­
ti, la sesta ai Tessalonicesi, la settima ai Romani. In verità, al fine di
correggere , è stata scritta un'altra ai Corinzi e ai Tessalonicesi. Co­
munque al di là di questa varietà di nomi , si riconosce l'unica chiesa
sparsa su tutta la terra ; anche Giovanni infatti nell'Apocalisse , pur
scrivendo a sette chiese, intende parlare a tutti . Ci sono poi una let­
tera a Filemone , una a Tito e due a Timoteo , scritte per l'affetto e
per l'amore , e tuttavia ispirate dall'onore della chiesa cattolica e dal­
l'ordinamento della disciplina ecclesiastica. Ci sono in circolazione
anche una lettera ai Laodicesi e un'altra agli Alessandrini , scritte
falsamente a nome di Paolo per sostenere l'eresia di Marcione , e
molti altri scritti che non possono essere accolti nella chiesa cattoli­
ca: il miele infatti non deve essere mischiato con l'aceto» .2
Per l'autore del «frammento Muratori» , che riflette la posizione
della chiesa di Roma, il corpus paolino alla fine del II secolo com­
prende 13 lettere : le nove lèttere (7+2) alle chiese , le tre lettere pa­
storali e la lettera a Filemone ; manca solo la Lettera agli Ebrei. È in­
teressante notare anche l'ordine di composizione : esso inizia con la
prima Lettera ai Corinzi e finisce con la Lettera ai Romani . In que­
sto elenco dei libri «accolti nella chiesa cattolica» si avverte anche la
preoccupazione di mettere in guardia contro gli scritti paolini «pseu­
depigrafici», sorti a sostegno dell'eresia marcionita. L'accenno a
Marcione può essere un indizio per collocare il «canone muratoria­
no» nel contesto dello scontro della chiesa di Roma con il fondatore

2 Fragmentum muratorianum , in Enchiridion Biblicum. Documenti della Chiesa


sulla sacra Scrittura , Bologna 1993 , 4-5 .

33
del movimento dissidente , che si serve di un proprio canone cristia­
no , dove , accanto all'euaggélion ( Luca ) , sono elencate dieci lettere
dell'apòstolos, con l'esclusione delle tre pastorali. È probabile che il
canone di Marcione, che opera a Roma dal 139 al 144, abbia avuta la
funzione di catalizzatore per la preparazione del «canone» cattolico
della chiesa di Roma.

a) La raccolta delle lettere di Paolo


Prima del «canone muratoriano» le lettere di Paolo sono cono­
sciute e citate dai primi scrittori cristiani sulla base di copie conser­
vate nelle diverse comunità cristiane locali .
La prima menzione di un nucleo del corpus epistolare paolina si
ha, all'inizio del II secolo , nella seconda Lettera di Pietro . L'autore
rimanda all'autorità di Paolo e delle sue lettere , addotte e utilizzate
da alcuni «dissidenti» di matrice gnostica per sostenere le proprie
posizioni libertine . Nel contesto della «c:isi» , provocat:! dal ritardo
della parousìa del Signore , l'autore della lettera invita i suoi lettori a
conservare la tradizione del Signore trasmessa dagli «apostoli» (2Pt
3 , 1-2 ) . In questa prospettiva il ritardo del giorno del Signore è
un'occasione offerta dalla sua «magnanimità» per favorire la conver­
sione e la salvezza dei credenti :
«La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza,
come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo
la sapienza che gli è stata data ; così egli fa in tutte le lettere , in cui
tratta di queste cose . In esse ci sono alcune cose difficili da compren­
dere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scrit­
ture , per la loro propria rovina» (2Pt 3, 15-16 ) .
L'autore , che scrive a nome e con l'autorità di Simon Pietro ,
«servo e apostolo di Gesù Cristo» , chiama Paolo «il nostro carissimo
fratello» . Egli dunque condivide la stessa autorità apostolica di Pie­
tro . Inoltre in quello che Paolo scrive si riflette la «sapienza» , che è
dono di Dio . In altre parole Paolo e i suoi scritti fanno parte della
tradizione autorevole degli apostoli . Perciò le sue lettere non posso­
no essere stravolte per giustificare la linea dei dissidenti. Infatti le
sue lettere , come le «altre Scritture» ispirate da Dio , non devono es­
sere interpretate in modo privato e arbitrario ( 2Pt 1 ,20-21 ) .
Da questo testo della seconda Lettera di Pietro risulta che Paolo
non solo gode dell'autorità apostolica , ma che le sue lettere fanno
parte delle «scritture» riconosciute come veicolo della tradizione di
fede . Questa immagine di Paolo «apostolo» e «scrittore» autorevole

34
ha le sue radici nello stesso epistolario paolino . Alcuni accenni pre­
senti nelle due lettere superstiti indirizzate alla chiesa di Corinto e
dell' Acaia inducono a pensare che Paolo abbia inviato almeno altre
due lettere , che sarebbero andate perdute ( l Cor 5 ,9 ; 2Cor 2,3-4 ;
7 ,8. 12) . Egli si richiama a queste lettere come a documenti norma­
tivi per i cristiani di quella chiesa. Una conferma dell'autorevolezza
e del ruolo delle lettere di Paolo si ricava anche dall'invito conclu­
sivo della prima Lettera ai Tessalonicesi : «Che questa lettera si
legga a tutti fratelli» (lTs 5 ,27b) . Nella Lettera ai Colossesi si racco­
manda lo scambio delle lettere dell'apostolo : i colossesi devono pas­
sare a quelli di Laodicea la loro lettera, mentre essi devono leggere
quella inviata ai laodicesi (Col 4,16) . Nel caso della lettera ai laodi­
cesi si tratta di una delle lettere che circolano sotto il nome di Paolo
nell'ambiente dell'Asia. Dunque è probabile che le lettere di Paolo ,
già a partire dal tempo della sua attività missionaria e pastorale ,
siano state conservate e fatte conoscere nella cerchia delle comunità
paoline .
A questo ruolo autorevole di Paolo «apostolo» e ((scrittore» nel
corso del tempo si aggiunge l'immagine di «martire» per il vangelo .
Paolo stesso nella lettera alla chiesa di Filippi fa conoscere il suo mo­
do di affrontare il rischio della morte violenta. Egli è convinto di es­
sere in catene per il vangelo o per Cristo , e interpreta la morte come
ultima testimonianza resa al Signore e atto sacrificate a coronamen­
to della fede dei filippesi (Fil 1 ,7 . 13-14.20; 2,17; cf. 2Cor 4,7-12) .
Nella Lettera ai Colossesi la figura ideale di Paolo è quella dell'apo­
stolo in catene che «lotta» per il servizio del vangelo (Col l ,23-
24.29 ; 2, 1 ; 4,3-4) . E nella Lettera agli Efesini l'immagine di Paolo
«prigioniero di Cristo» è associata a quella dell'apostolo scelto da
Dio per far conoscere il suo mistero . Egli prolunga questo ministero
apostolico mediante la sua lettera (Ef 3 , 1-4) . Nell'ambiente delle
lettere pastorali questo ruolo di Paolo apostolo-scrittore , che guida
la «chiesa di Dio» mediante l'invio delle sue lettere , è saldamente ri­
conosciuto e accolto (lTm 3, 14-15) .
Per l'autore della seconda Lettera ai Tessalonicesi l'autorità di
Paolo apostolo e scrittore è ormai così consolidata e sicura che alcu­
ni si servono di lettere pseudopaoline per proporre e confermare la
propria visione circa il tempo della venuta del giorno del Signore :
«Ora vi preghiamo , fratelli . . . di non !asciarvi facilmente confondere
e turbare né da pretese ispirazioni , né da parole , né da qualche lette­
ra fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia im­
minente» (2Ts 2,2) . Per confermare la legittimità del suo richiamo al

35
nome e all'autorità di Paolo il nostro autore riporta alla fine della
lettera la formula paolina: «Questo saluto è di mia mano , di Paolo ;
ciò serve come segno di autenticazione per ogni lettera; io scrivo co­
sì» ( lTs 3 , 17) . Questa frase della seconda Lettera ai Tessalonicesi è
una combinazione delle espressioni paoline che si trovano in l Cor
16,21 e Gal 6 , 1 1 .
Sulla base degli elementi desunti dall'epistolario paolino sono
state fatte alcune ipotesi circa la formazione delle prime raccolte
delle lettere dell'apostolo .3 Due sono gli ambienti che si contendono
questo ruolo di «archivio epistolare« paolino: Corinto e Efeso . Se­
condo Edgar J. Goodspeed la raccolta e l'edizione delle lettere di
Paolo sarebbe avvenuta a Efeso , verso la fine del I secolo (95). L'at­
tuale Lettera agli Efesini sarebbe stata pensata e composta da un di­
scepolo dell'apostolo come introduzione generale all'epistolario di
Paolo .4 Invece W alter Schmithals propende per l'ambiente di Corin­
to , dove le sette lettere di Paolo , come sono elencate nel «canone
muratoriano» , sarebbero state raccolte e sottoposte a un processo
redazionale in funzione antignostica.5 Hans Martin Schenke pensa a
un lavoro redazionale relativo alle lettere presenti nelle singole co­
munità paoline. Così nei due centri di Efeso e Corinto si sarebbe co­
stituita dapprima la raccolta delle sei lettere autentiche di Paolo :
lCor, (2Cor) , Gal , Fil , lTs , Rm . Da questo primo corpus epistolare
paolino dipenderebbe il gruppo delle lettere deuteropaoline: (Fm),
Col , Ef, 2Ts, lPt, 1-2Tm , Tt . 6

3 D . TROBISCH , Die Entstehung der Paulusbriefsammlung (NT Orbis Antiquus


10) , Gottingen - Freiburg 1989, fa l'ipotesi che il nucleo del corpus epistolare paolino
si sia costituito per iniziativa dello stesso Paolo.
4 E.J. GoooSPEEO, The Meaning of Ephesians, Chicago 1933 ; In. , The Key to
Ephesians, Chicago 1 956; In. , «Ephesians and the First Edition of Pau!», in JBL 70
(195 1 ) , 285-291 ; Goodspeed ritiene che l'autore di Efesini, concepita come introdu­
zione redazionale all'epistolario paolino , sia Onèsimo, divenuto vescovo di Efeso (cf.
EUSEB IO, HE III,36.5).
s W. ScHMITHALS , «The Corpus paulinum and Gnosis», in A.H.B. l..oG A N -
A.J .M. WEonERBURN , a cura di, The New Testament and Gnosis. In honour of R. Mc.
L. WilS'On, Edinburgh 1988, 107- 124; Io. , Zur Abfassung und iiltesten Sammlung der
paulinischen Hauptbriefe. Paulus und die Gnostiker (ThF 35) , Hamburg - Bergstedt
1965 , 175-200; questa ipotesi di una raccolta di sette lettere paoline a Corinto , che ini­
zia con 1Cor e termina con la dossologia di Rm 16,25-27, è condivisa da A. VoN HAR­
NACK, Die Briefsammlung des Apostels Paulus und die anderen vorkostantinischen
christlichen Briefsammlungen , Leipzig 1926.
6 H.M. ScHENKE, «Das Weiterwirken des Paulus und die Pflege seines Erbes
durch die Paulusschule» , in Io. , Ein/eitung in die Schriften des Neuen Testaments ,
233-246; cf. NTS 21(1975), 505-518; cf. K. ALANO , «Die Entstehung des Corpus Pau­
linum», in lo. , Neutestamentliche Entwilrfe, Miinchen 1979, 302-350.

36
b) La recezwne delle lettere di Paolo nel II secolo
Secondo Adolf von Harnack la fortuna che hanno avuto gli scrit­
ti di Paolo negli ambienti gnostici e marcioniti avrebbe provocato la
diffidenza della «grande chiesa>> del secondo secolo nei confronti
dell'apostolo . 7 Questa tesi va corretta tenendo conto dell'uso che
fanno delle lettere paoline i primi scrittori cristiani . Alla fine del I
secolo la Lettera alla chiesa di Corinto di Clemente romano attesta il
prestigio di Paolo come «apostolo e martire>> . Egli lo presenta assie­
me a Pietro come figura esemplare di coraggiosa e salda perseveran­
za nelle prove :
«Per invidia e per gelosia lottarono le più grandi e giuste colon­
ne, furono perseguitate e lottarono fino alla morte . Prendiamo i
buoni apostoli . . . Di fronte all'invidia e alla discordia Paolo mostrò il
premio della costanza . Per sette volte portando le catene , esiliato ,
lapidato , fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile
fama della fede. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo ,
gi unto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle au­
torità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo , divenendo il più
grande modello di costanza» (l Cor. V, 1-7 ) .
Alcuni termini ed espressioni di questo ritratto di Paolo - «co­
lonne» , «araldo» , «premio della costanza» - rimandano a testi delle
sue lettere . L'autore richiama in modo esplicito il testo di 1Cor 1 , 10-
12 ( 3,4) contro il rischio delle divisioni nella chiesa (J Cor. 47 , 1 -4 ) .
In termini più generali Paolo è annoverato tra gli «apostoli» , predi­
catori del vangelo e garanti della tradizione autorevole nell'organiz­
zazione della chiesa (J Cor. 42, 1 -15 ) . Sotto questo profilo l'immagi­
ne di Paolo è affine a quella che emerge dalle lettere pastorali . Ma si
possono individuare nella prima lettera di Clemente ai corinzi altre
allusioni e riferimenti all'intero corpus paolino . In particolare si ri­
scontrano concordanze letterarie e tematiche con le lettere autenti­
che di Paolo , soprattutto con la prima Lettera ai Corinzi e con la

7 A. VoN HARNACK , Marcion. Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Mono­
graphie zur Geschichte der Grundlegungs der Katholischen Kirche (TU 54 ) , Leipzig
1924 ; W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerer im iiltesten Christentum , Tiibingen
1934 ; U . B . MOLLER , Zur fruhchristlichen Theologiegeschichte. Judenchristentum und
Paulinismus in Kleinasien an der Wande der ersten zum zweiten Jahrhundert n. Chr. ,
Giitersloh 1976; A. LINDEMANN , Paulus im iiltesten Christentum. Das Bi/d des Apo­
stels und die Rezeption der paulinischen Theologie in der Fruhchristlichen Literatur bis
Marcion (BHTh 58) , Tiibingen 1979; E. DASSMANN, Der Stachel im Fleisch. Paulus
im der fruhchristlichen Literatur bis Ireniius, Miinster 1979.

37
Lettera ai Romani . Si può concludere che alla fine del primo secolo
nelle chiese di Corinto e di Roma il ruolo autorevole di Paolo apo­
stolo , attestato dalle sue lettere, è ben conosciuto e accolto .
Una seconda testimonianza di rilievo a favore della figura e del
ruolo di Paolo si trova nell'epistolario di Ignazio di Antiochia della
prima decade del II secolo . Risalta in modo vistoso ancora l'immagi­
ne tradizionale di Paolo «apostolo e martire». Scrivendo agli efesini
Ignazio dice che di essi l'apostolo si ricorda in un'intera lettera : essi
sono «gli iniziati di Paolo che si è santificato , ha reso testimonianza
ed è degno di essere chiamato beato , axiomakàristos» ( Eph. 12,1-2) .
L'autore , che è condotto al martirio, chiede di poter seguire le orme
di Paolo . Questa immagine idealizzata dell'apostolo ricorre anche
nella lettera di Ignazio ai romani, dove Paolo è associato a Pietro
nella dignità apostolica ( Rom. 4,3 ) . Ignazio conosce l'esistenza di un
corpus di lettere di Paolo . Anche se non fa citazioni esplicite dall'e­
pistolario paolino , ne utilizza termini ed espressioni , conosce alcune
tematiche e le rilegge nella sua prospettiva teocentrica . Contatti più
diretti si rilevano con la prima e seconda Lettera ai Corinzi , con la
Lettera ai Romani e agli Efesini .
Nella stessa linea dell'epistolario ignaziano si colloca la seconda
lettera di Policarpo di Smirne ai filippesi . Il «beato e glorioso Paolo»
è conosciuto come il maestro autorevole , dotato di sapienza, fonda­
tore della comunità di Filippi, alla quale egli scrisse lettere , ègrapsen
epistolàs, efficaci ancora per la crescita della fede (2Phil. 3 , 1 -2; cf.
2Phil. 1 1 ,3 ) . Paolo è associato agli apostoli , proposti come modelli
di costanza , che hanno conseguita la meta della loro corsa e condivi­
so la passione di Cristo ( Phil. 9, 1-2 ) . Policarpo fa anche una citazio­
ne esplicita di 1Cor 6 ,2 e utilizza espressioni uguali o simili a quelle
che si trovano nell'epistolario paolino . In ogni caso egli mostra di
conoscere l'esistenza di una raccolta degli scritti di Paolo, che va dal­
le due lettere ai Corinzi , a quelle indirizzate ai Galati , agli Efesini e
alle lettere pastorali .
Lo stesso discorso vale per gli altri scritti del II secolo , che riflet­
tono la tradizione relativa a Paolo negli ambienti della chiesa del­
l' Asia e dell'Egitto . Nella Epistula Apostolorum , del II secolo ,
Paolo è riconosciuto come «apostolo» dei pagani , «strumento elet­
to» da Dio per il suo disegno di salvezza. Queste espressioni , come
l'immagine di Paolo «discepolo degli apostoli>> , dipendono dalla tra­
dizione degli Atti degli apostoli . Anche la Lettera a Diogneto cita
una volta esplicitamente il testo di 1Cor 8 , 1 , come parola autorevole
dell' «apostolo» ( 12,5 ) . La lettera nel suo insieme assume l'antro­
pologia e la soteriologia paoline.

38
Anche negli scritti degli apologisti cristiani del II secolo - Ari­
stide , Giustino - si riscontrano , accanto a qualche rara citazione
esplicita di testi paolini , solo delle allusioni o risonanze lessicali e te­
matiche delle lettere di Paolo . Si devono registrare anche alcune
contestazioni dell'epistolario paolino . Esse si inseriscono nel clima
conflittuale provocato da Marcione e dallo gnosticismo . Girolamo
nel prologo del suo commento alla Lettera a Tito , dice che Taziano
per le sue tendenze encratite avrebbe ripudiato alcune lettere di
Paolo . 8 È ancora Girolamo che , nella lettera ad Algasia , alla sesta
questione , formulata così : «Chi sarebbe quel fattore iniquo elogiato
dalla bocca del Signore?» (Le 16, 1-6) , risponde riportando l'inter­
pretazione di Teofilo, vescovo di Antiochia nella seconda metà del
II secolo . Nel suo commento ai Vangeli unificati Teofilo identifica
quel fattore o amministratore con Paolo e vede nel racconto parabo­
lico , riletto in chiave allegorica, il passaggio di Paolo da persecutore
ad apostolo di Cristo secondo la tradizione degli Atti degli apostoli .9
Del resto Teofilo nella sua unica opera superstite Tre libri ad Auto/i­
co , rimanda implicitamente ad alcuni testi delle lettere di Paolo .
Ma accanto a questa presenza della «tradizione di Paolo» negli
scrittori e testi del II secolo , va segnalato anche il «silenzio» di altri
autori e documenti. Ignorano Paolo : la Didaché, la Lettera di Barna­
ba, il Pastore di Erma , Papia vescovo di Gerapoli , Egesippo . Alcune
espressioni affini ai testi di Paolo nella Didaché e nel Pastore di Er­
ma si spiegano mediante la tradizione comune , alla quale attingono
gli autori di questi scritti. Si tratta di testi e scrittori che si collocano
nell'area della Siria (Anti0chia) , dell'Asia o di Roma. Come spie­
gare questo «silenzio» su Paolo? Non lo conoscono? Lo ignorano
per ragioni polemiche? Riguardo a questo «silenzio>� sulla figura di
Paolo e dei suoi scritti si possono fare queste ipotesi: a) in ulcuni casi
si tratta di filo-giudeocristiani che rifiutano la tradizione paolina;
b) sono autori che hanno delle riserve sulle lettere di Paolo , dato
l'uso che ne fanno i gruppi di tendenze marcionite o gnostiche .
La conferma di queste ipotesi è data da alcune informazioni for­
nite da Eusebio di Cesarea. Egli riporta la posizione di alcuni giu­
deocristiani estremisti, conosciuti come «Ebioniti» in questi termini :
«Pensavano che si dovesse totalmente rifiutare le lettere di Paolo ,
che chiamavano traditore della legge , e si servivano solamente del

8 GIROLAMO, In Epistulam ad Titum , Pro/. , PL XXV, 556.


9 GIROLAMO, Epist. ad Algasiam, quaest. 1; Lettere, Roma 1963 , IV, 146-148.

39
vangelo detto "secondo gli Ebrei" , tenendo poco conto degli altri»
(HE III ,24,4) . Analogamente degli «Encratiti» o «Severiani» , di cui
sarebbe capo Taziano, Eusebio dice : «Costoro fanno uso della leg­
ge , dei profeti e dei Vangeli , pur interpretando in un modo loro par­
ticolare il senso delle sacre Scritture . Bestemmiano l'apostolo Pao­
lo , di cui respingono le lettere , e non accolgono neppure gli Atti de­
gli apostoli» (HE, IV,29,5) .
Al termine di questa rassegna delle testimonianze dei primi scrit­
tori cristiani si ha questo quadro complessivo circa la recezione di
Paolo alla fine del II secolo:

a) la figura di Paolo , apostolo e martire e il corpus delle sue let­


tere sono riconosciuti e accolti bene nell'occidente latino (Roma) e
nell'ambiente greco (Corinto , Efeso) ;
b) scarsa o sporadica è la conoscenza di Paolo in Egitto (Ale�­
sandria) e in Siria (Antiochia) ;
c) in alcuni casi si riscontra il silenzio o la censura relativamente
a Paolo e ai suoi scritti .

c) Il canone paolina nel III e W secolo

Tertulliano nella sua opera contro Marcione , della prima decade


del III secolo , dà a Paolo l'appellativo di haereticorum apostolus ,
per l'uso e l'abuso che ne fanno i dissidenti (A dv. Mare. III ,5,4) . In­
fatti Paolo , secondo la testimonianza di Ireneo, è considerato da
Marcione come l'unica fonte della verità, perché a lui è stato rivela­
to· il mistero di Dio (Adv. Haer. III , 1 3 , 1 ) . Marcione dunque fonda
sulle lettere di Paolo la sua visione antitetica di Dio e della storia: al
Dio malvagio dell'AT si contrappone il Padre benigno e misericor­
dioso del NT. Egli però esclude dal suo canone paolina le tre lettere
pastorali , perché, secondo Tertulliano , suonano come condanna
delle sue tendenze ereticali (A dv. Mare. V ,21) .
Ancora prima della polemica antimarcionita di Tertulliano , Ire­
neo di Lione sottrae Paolo all'uso strumentale che ne fanno gli ereti­
ci e lo restituisce alla tradizione della chiesa . Nella sua opera Ad­
versus Haereses egli dimostra che Paolo è in perfetta sintonia non so­
lo con i profeti dell'A T, ma anche con la testimonianza dei Vangeli e
degli altri apostoli . Così il vescovo di Lione fa superare le incertezze
nei confronti dell'epistolario paolina da parte della grande chiesa e

40
con il principio dell'«apostolicità» dà avvio a quel processo che sfo­
cia nel riconoscimento concorde della canonicità concorde delle let­
tere di Paolo . 1 0
In questo processo si inserisce Clemente di Alessandria che con­
sidera Paolo divinamente ispirato , in quanto nell'apostolo «parla lo
Spirito» . Egli è perciò un testimone infallibile e le sue lettere riflet­
tono un insegnamento in «sommo grado mistico e santo» . Nella
chiesa di Alessandria si consolida la tradizione circa la «canonicità))
delle lettere di Paolo sul modello dei quattro Vangeli che sono «ca­
nonici)) per eccellenza. Origene colloca le 13 lettere di Paolo , assie­
me ai quattro Vangeli, nella prima classe dei «libri riconosciuti)) , di­
stinti da quelli «discussi») e da quelli chiamati falsi o ereticali. 1 1 Euse­
bio di Cesarea accoglie questa distinzione origeniana degli scritti in
tre livelli e include , come Clemente Alessandrino , anche la «Lettera
agli Ebreh) tra le lettere di Paolo .
Quello che è interessante nella presentazione del canone paolino
da parte di Eusebio di Cesarea, è il tentativo di definire i criteri di
«Canonicità». Egli presenta un quadro complessivo degli scritti con­
cordemente riconosciuti e accolti dagli antichi presbiteri e scrittori .
Dopo aver parlato degli scritti di Pietro , aggiunge : «Proprio di Paolo
sono invece , in modo evidente e chiaro, le quattordici lettere . Non
sarebbe però giusto ignorare che alcuni respingono quella agli
Ebrei , dicendo che è contestata dalla chiesa di Roma, in quanto non
scritta da Paolo)) (HE, III ,3,5) . Nel riepilogo degli scritti del Nuovo
Testamento, dopo i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , cita «le
lettere di Paolo)) , assieme alla lettera di Giovanni e a quella di Pie­
tro , e conclude : «I suddetti vanno tra i libri riconosciuti autentici ,
homolegoùmena (HE III ,25 ,2-3) . Egli presenta anche la lista dei li­
bri «discussi)) , noti alla maggior parte degli autori ecclesiastici , ma
separandoli dalle «scritture che secondo la tradizione ecclesiastica
sono vere , autentiche e indiscusse)) , E conclude : «Avremo così mo­
do di distinguere questi stessi testi da quelli che sono presentati dagli
eretici con il nome degli apostoli . . . che nessuno di coloro che si suc­
cedettero nell'ortodossia considerò mai degni di menzione in alcuna
delle loro opere)> . A questo punto , oltre al criterio esterno della te-

10 P. NAUTIN , «lrenée et la canonicité des Épitres pauliniennes» , in RHR 182


(1972� , 1 1 3-130.
1 F. CoccHINI , Il Paolo di Origene. Contributo alla storia della recezione delle
epistole paoline nel III secolo (Verba Seniorum N . S . 1 1 ) , Roma 1992.

41
stimonianza concorde della tradizione della chiesa, Eusebio introdu­
ce altri due criteri di carattere interno : «Anche lo stile della frase
differisce molto da quello caratteristico degli apostoli e il pensiero e
la dottrina enunciativi sono in netto contrasto con la vera ortodos­
sia, dimostrando così chiaramente di essere falsificazioni di eretici».
Questi ultimi dunque non possono essere catalogati tra i libri «spu­
ri» , ma devono essere semplicemente «respinti in quanto completa­
mente assurdi ed empi» (HE 111 ,25 ,6-7) .
L'applicazione di questi criteri interni di «canonicità» , relativi al­
lo stile e al contenuto dottrinale , è fatta da Eusebio stesso nel caso
della Lettera agli Ebrei . Egli riporta a questo proposito la posizione
di Clemente Alessandrino : Paolo ha scritto la Lettera agli Ebrei nel­
la loro lingua e Luca l'ha tradotta per diffonderla tra i greci (HE
VI , l4,2) . Sullo stesso argomento riferisce anche l'opinione di Grige­
ne : lo stile greco dello scritto differisce da quello di Paolo, ma «i
pensieri della lettera sono mirabili e per niente inferiori a quelli de­
gli scritti apostolici indiscussi>> (HE VI ,25 , 1 1-12) . Però subito dopo
Eusebio registra la perplessità di Origene circa l'autenticità paolina
della lettera, ma nello stesso tempo riporta la sua testimonianza re­
lativa al fatto che qualche chiesa la considera paolina e gli antichi
l'hanno tramandata come uno scritto di Paolo . In questo caso Euse­
bio fa confluire i tre criteri che contribuiscono a formare il giudizio
su uno scritto testamentario : la testimonianza degli antichi scrittori e
della chiesa ; lo stile o linguaggio del testo ; il contenuto dottrinale
dello scritto in sintonia con la tradizione apostolica. Sulla base di
questi criteri le lettere di Paolo sono incluse nella lista definitiva dei
27 libri «canonici» del NT, riportata nel canone 60 del concilio di
Laodicea del 360, nella lettera pasquale 39 di Antanasio del 367 , ri­
presa nel concilio plenario dell'Africa a Ippona nel 393 e nel concilio
di Cartagine del 397 . 1 2

2. IL CANONE PAOLINO NELL'EPOCA MODERNA


Il canone delle lettere di Paolo , come parte integrante del
Nuovo Testamento , rimane indiscusso fino all'epoca moderna.B

12 Il concilio di Laodicea riporta, dopo i quattro Vangeli, gli Atti degli apostoli e
le sette lettere cattoliche , le 14 lettere di Paolo in quest'ordine : Rm, 1-2Cor, Gal , Ef,
Fil , Col , 1-2Ts , Eb, 1-2Tm , Tt , Fm (EB 13) ; lo stesso ordine è seguito nella Lettera di
Atanasio (EB 14) ; nel canone 36 del concilio di Ippona si dichiarano canoniche le 13
lettere di Paolo e la Lettera agli Ebrei viene attribuita a Paolo (EB 17) .
1 3 Nella bolla Cantate Domino del concilio di Firenze 1442 sono elencati tra i li­

bri santi e ispirati le 14 lettere di Paolo (EB 47) .

42
Nel contesto culturale dell'umanesimo e del rinascimento si propone
la lettura dei libri della Bibbia su base filologica e grammaticale . Ma
questo metodo esegetico non tocca il problema della loro ispirazione
e canonicità. Tuttavia esso fa leva sul principio ermeneutico che dà
avvio all'esegesi critica moderna: il testo sacro per essere ben com­
preso deve essere collocato nel suo contesto storico e culturale.
A partire da questa prospettiva Ugo Grozio ritiene che la «Se­
conda Lettera ai Tessalonicesi» non solo preceda l'attuale prima let­
tera alla comunità di Tessalonica , ma sia la prima delle lettere di
Paolo a noi pervenute. Per formulare questa ipotesi egli si basa sulla
chiusura della lettera, dove Paolo indica il segno di autenticazione
dello scritto : «Non si vede quindi perché avrebbe indicato tale segno
di riconoscimento se già prima avesse mandato un'altra lettera a
Tessalonica» . Dunque l'attuale seconda Lettera ai Tessalonicesi sa­
rebbe una lettera indirizzata da Paolo a un gruppo di giudeocristiani
emigrati a Tessalonica al tempo della persecuzione di Stefano . La
lettera sarebbe stata scritta nel secondo anno dell'impero di Gaio
Caligola, identificato con l' «uomo dell'iniquità e il figlio della perdi­
zione» , di cui si parla in 2Ts 2,3. Essa però venne fatta circolare solo
all'epoca di Vespasiano , quando mutò la politica imperiale verso gli
ebrei. Questo fatto renderebbe ragione della sua attuale collocazio­
ne tra le ultime lettere di Paolo . 1 4
Nel clima del «deismo» inglese viene ripreso il principio erme­
neutico della contestualizzazione storica degli scritti del Nuovo Te­
stamento. John Tolland (1670-1722) , riprendendo gli orientamenti
di J . Locke , distingue nella storia del primo cristianesimo un indiriz­
zo giudeo-cristiano , che si attiene alla Legge , e uno etnico-cristiano ,
estraneo alla Legge , che fa capo a Paolo . Questa antitesi viene svi­
luppata da Thomas Morgan (1680-1743): il gruppo dei giudeo-cri­
stiani si riferisce a Pietro , mentre Paolo è il rappresentante degli et­
nico-cristiani . Questa visione polarizzata della storia del primo cri­
stianesimo è assunta dal fondatore della ricerca storica di lingua te­
desca Johanan Salorno Semler ( 1721-1791). Egli ripropone la pro­
spettiva delle due tendenze presenti nella chiesa primitiva come cri­
terio per interpretare gli scritti del NT. Anche la costituzione del ca-

14 HuGo GRonus, Annotationum in Novum Testamentum pars tertia ac ultima ,

Parigi 1650, II, 672-673 ; W . G . KOMMEL, Il Nuovo Testamento , 41-43; l'ipotesi della
precedenza della 2Ts rispetto alla 1Ts è ripresa recentemente in una breve annotazio­
ne da P. NERI , «2Ts, ovverosia, prima ai Tessalonicesi>> , in BibOr 32( 1990) , 230.246.

43
none neotestamentario è il risultato di queste tendenze nella storia
della chiesa . Perciò è la libera ricerca su queste circostanze storiche
che consente di riconoscere l'appartenenza di un testo al canone ,
congiunta con la valutazione della sua verità e utilità permanente .
Alla questione dei criteri di canonicità dà un contributo notevole
Johann David Michaelis (1717-1791) e con la sua Introduzione agli
scritti sacri del Nuovo Testamento . Egli parte dal criterio di apostoli­
cità/ispirazione , che coincide con quello di canonicità: solo gli scritti
apostolici sono ispirati e quindi canonici . A sua volta l'origine «apo­
stolica» o l'autenticità degli scritti del NT dipende dalla ricerca stori­
ca. Così riguardo alla Lettera agli Ebrei, Michaelis afferma che se
«essa non è di Paolo , né di un altro apostolo , non vi è motivo che noi
l'accettiamo come canonica». 15
Questa impostazione «storiografica» del problema del canone
del NT ha un precursore nella lnstitutio interpretis Novi Testamenti
di Johann August Ernesti (1707- 1781). Egli però non ha dubbi sul­
l'origine apostolica e quindi sulla «canonicità» degli scritti del NT:
«che i libri del Nuovo Testamento siano stati scritti da coloro dei
quali portano il nome , è a nostro avviso - per quanto riguarda la
maggioranza (dei libri) - talmente sicuro , data l'autorità concorde
di cui godono sin dai tempi antichi , da potersi ben dire che per nes­
sun autore di qualsiasi libro antico si riscontra qualche cosa di altret­
tanto certo . Tali libri , poi , non offrono alcun pretesto perché si pos­
sa affermare che essi siano stati scritti in un'epoca diversa da quella
che si ritiene , né da altri autori o da persone non ispirate» . 1 6
Il primo a mettere in dubbio l'origine paolina di una lettera «Ca­
nonica» è Friedrich Schleiermacher (1768-1834) . Sulla base dell'ana­
lisi dello stile e soprattutto della situazione storica in cui si colloca la
prima Lettera a Timoteo , egli conclude che essa non è di Paolo.
Questa conclusione pone il problema della sua canonicità e quello
relativo alla «pseudepigrafia» all'interno degli scritti del NT. Lo
Schleiermacher risolve la prima questione dicendo che quello che
conta è il «contenuto» della lettera, non chi l'ha scritta . E riguardo
al caso di pseudepigrafia neotestamentaria afferma che questo pro­
cedimento era comune nella letteratura greca . Quindi non c'è nessu­
na meraviglia che qualcuno , convinto di essere in accordo con l'inse-

15 J . D . MICHAELIS , Einleitung in die gottlichen Schriften des Neues Bundes, Got­


tingen 1750; 21788 .
16 J . E . E RNESTI, lnstitutio interpretis Novi Testamenti, Leipzig 1761 , 1 1 -15.87.

44
gnamento degli apostoli , «considerasse una finzione lecita il far pas­
sare un proprio scritto sotto il nome di un apostolo» . 1 7
Il processo di erosione dell'autenticità dell'epistolario paolino ,
inaugurato da F. Schleiermacher, si estende progressivamente . Jo­
hann Gottfried Eichhorn nella sua Introduzione al Nuovo Testamen­
to mette in risalto l'omogeneità del gruppo delle pastorali e le sot­
trae alla paternità paolina. 1 8 Un paio di decenni dopo Wilhelm Mar­
tin Lebrecht De Wette solleva dei dubbi sull'origine paolina della
«Seconda Lettera ai Tessalonicesi» e della «Lettera agli Efesini» . 1 9
La questione dell'autenticità «apostolica» di alcune lettere del cor­
pus paolino ripropone quella della loro autorità canonica. Gli autori
summenzionati per stabilire la canonicità di questi scritti e il loro va­
lore fondante per la fede oscillano tra il criterio del contenuto e
quello della loro origine apostolica.
Nel capitolo precedente è già stata in parte presentata la posizio­
ne di Ferdinand Christian Baur (1792-1860) circa l'autenticità delle
lettere paoline e il loro ruolo nella storia conflittuale della prima
chiesa. Alla fine della sua parabola evolutiva egli considera intera­
mente autentiche solo quattro lettere di Paolo : la Lettera ai Roma­
ni , la Prima e Seconda Lettera ai Corinzi e la Lettera ai Galati . Le
altre lettere , attribuite tradizionalmente a Paolo , assieme agli Atti
degli apostoli , appartengono all'epoca di conciliazione , nella quale
si tenta di comporre il contrasto fra cristianesimo giudaico e quello
pagano .20 Eduard Reuss (1804-1891) critica e corregge parzialmente
il quadro storico del primo cristianesimo elaborato da Baur secondo
i criteri della dialettica hegeliana. Reuss ritiene che una corrente di
giudeocristianesimo moderato sia presente e parallela alle altre due
tendenze estreme . Alcuni scritti del NT, comprese le lettere minori
di Paolo , sarebbero il riflesso di questa situazione storica della prima
chiesa .2 1 Questa linea storiografica è fatta propria e sviluppata da C.

1 7 F. ScHLEIERMACHER, Einleitung ins Neue Testament. Aus Schleiermachers

handschriftlichen Nachlasse und nachgeschriebenen yorlesungen , in G . WALOE, a cu­


ra di, Siimtliche Werke, I, 8, 1845 , 87-121 . 194; lo . , Uber den sogennanten ersten Brief
des Paulus an den Timotheos. Ein kritisches Sendschreiben an J. C. Gass, Berlin 1807 ,
in Siimtliche Werke, l, 2, 1845 , 221 -224.318.
18 J.G. EICHHORN , Einleitung in das Neue Testament, 5 voli . , Leipzig 1804-1827 ;
1812, III, l , 315-316.
1 9 W.M.L. DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritischen Ein/eitung in die kano­

nischen Bucher des Neuen Testaments, Berlin 21830, 23 1 .262 ; 51848 .


20 F.C. BAUR, Paulus, der Apostel Jesu Christi. Sein Leben und Wirken, sein
Briefe und seine Lehre. Ein Beitrag zur einer kritischen Geschichte des Urchri­
stenthums, Stuttgart 1845 .
21 E. REuss , Die Geschichte der heiligen Schriften des Neuen Testaments, Halle
1843 .

45
Weizsacker (1822-1899) . Egli tuttavia considera di origine tardiva e
quindi non paoline non solo le lettere pastorali, ma anche la Secon­
da Lettera ai Tessalonicesi , la Lettera ai Colossesi e quella agli
Efesini. 22
Un correttivo alla visione del canone paolino sostenuta dai lavo­
ri di Semler e Baur, è introdotto dalla Storia del canone del Nuovo
Testamento di Theodor Zahn (1838-1933) . Le origini del canone
neotestamentario , accolto nella chiesa del II secolo , vanno ricercate
nella tradizione del I secolo ; «le lettere di Paolo dal tempo della loro
redazione , sono state sempre lette a scopo di edificazione e di inse­
gnamento nelle comunità a cui erano state indirizzate e che oltretut­
to cominciarono a scambiarsele fra loro . Marcione deve aver avuto
presenti , come raccolta completa, tredici lettere , allorché negò com­
pletamente l'autenticità di alcune di esse e di altre abbreviò ar­
bitrariamente il testo e lo modificò in altro modo» . 23

3. IL DIBATIITO ATIUALE SULLE LETIERE DEUTEROPAOLINE

Prima di affrontare lo status quaestionis delle lettere considerate


deuteropaoline , è opportuno richiamare l'attenzione su alcuni pro­
blemi di carattere teologico di fondo : i criteri di canonicità , ispira­
zione e apostolicità in rapporto con l'origine letteraria e storica degli
scritti paolini .

a) Nuovi orientamenti generali


La questione dell'autenticità delle lettere del corpus paolino nel
dibattito attuale reca i segni della sua matrice illuminista e razionali­
sta. Infatti l'enciclica biblica Providentissimus Deus di Leone XIII
(1893) denuncia i «razionalisti» come avversari della genuina fede
cattolica. Tra le altre contestazioni essi negano l'autenticità degli
scritti ispirati : «i Vangeli e gli scritti apostolici sono certamente, di­
cono , da attribuirsi ad altri autori» . 24 Nella stessa linea si collocano i

22 C. WEIZSACKER, Das Apostolischer Zeitalter der christlichen Kirche, Freiburg


1886.
23 TH . ZAHN, Geschichte des neutestamentlichen Kanons , 2 voli . , Erlangen -
Leipzig 1888-1 892.
24 EB 100.

46
«modernisti>> , la cui posizione viene riassunta nell'enciclica Pascendi
dominici gregis di Pio X (1907) , in questi termini : in forza della criti­
ca letteraria e storica , che porta a disgregare e disseminare i testi sa­
cri nel corso della storia, «ne consegue che i Libri sacri non possano
di fatto attribuirsi agli autori dei quali portano il nome» . 25 Infine
contro la tendenza di alcuni critici , che negano l'unità letteraria,
l'autenticità paolina e la canonicità delle lettere pastorali, prende
posizione nel 1913 la Pontificia Commissione Biblica. 26
Verso la metà degli anni cinquanta il segretario della stessa Pon­
tificia commissione biblica precisa che il significato e il valore delle
prese di posizione di quei primi anni del 1900 devono essere inter­
pretati nel clima apologetico e del confronto con l'ambiente del ra­
zionalismo e del modernismo Y Con il venir meno dei presupposti
ideologici , che hanno condizionato la critica biblica di quel periodo ,
le questioni sull'autenticità dell'epistolario paolina sono affrontate
anche nell'ambiente cattolico con gli strumenti della critica lettera­
ria e storica , In altre parole è il testo epistolare stesso con le sue ca­
ratteristiche lessicali , stilistiche e letterarie che fonda o meno l'ipo­
tesi circa l'origine delle singole lettere. Gli elementi storiografici e il
tenore teologico del testo delle lettere costituiscono la base dell'ar­
gomentazione per la loro attribuzione o meno a Paolo .
Nello stesso tempo questi problemi si decantano dei loro aspetti
controversistici , perché vengono in parte chiariti e precisati i criteri
di canonicità e di ispirazione . In primo luogo si afferma che la cano­
nicità e l'ispirazione di un testo biblico , in questo caso di una lettera
del NT, non dipendono dalla sua origine letteraria e storica . In altre
parole il testo di una lettera è accolto come sacro e canonico tra i li­
bri del Nuovo Testamento a prescindere dalla sua origine paolina .
Nel concilio Vaticano II si afferma che il criterio di canonicità e di
ispirazione , già riconosciuto nel concilio di Trento , è la tradizione
apostolica. Infatti è questa tradizione che «fa conoscere alla chiesa il
canone integrale dei libri sacri , e in essa fa più profondamente com­
prendere e rende ininterrottamente operante le stesse sacre lettere»
(DV 8) .

25 EB 263 .
26 EB 407-410.
27 Gli interventi di A. Miller e A . Kleinhaus, rispettivamente segretario e sotto­
segretario della Pontificia commissione biblica , sono pubblicati in Benediktinische
Monatschrift 3 1 ( 1955), 49-50; Antonianum 30(1955), 23-29 .

47
Anche la nozione di «apostolicità» merita di essere approfondita
e precisata nelle sue diverse accezioni . Riferita al NT l'apostolicità
designa in primo luogo gli scritti dell'epoca apostolica . Inoltre sotto
il profilo teologico l'«apostolicità>> non indica solo l'arco di tempo
delle prime generazioni cristiane , ma anche l'autorità e il contenuto
degli scritti che ne sono la testimonianza. L'apostolicità infatti fa
parte di quella divina disposizione per cui quanto Dio aveva rivelato
per la salvezza di tutte le genti «rimanesse sempre integro e venisse
trasmesso a tutte le generazioni» . Infatti Gesù Cristo , che porta a
compimento tutta la rivelazione di Dio , istituisce e abilita gli «apo­
stoli» perché il vangelo di salvezza sia annunciato a tutti .
Questo compito apostolico viene attuato sia per mezzo dei disce­
poli storici di Gesù , chiamati in modo esclusivo da Luca «apostoli» ,
sia «da uomini della loro cerchia, viri apostolici, i quali sotto l'ispira­
zione dello Spirito santo , misero per iscritto l'annunzio della salvez­
za» (DV 7) . In altri termini l'«apostolicità» cessa di essere una cate­
goria puramente storica o giuridica per caricarsi di una valenza teo­
logica. Perciò un testo del NT gode della garanzia dell'apostolicità
non perché è scritto da un apostolo , ma perché esprime e testimonia
la «predicazione apostolica» (DV 8) . Queste precisazioni e chiari­
menti di carattere teologico applicati all'epistolario paolino rinviano
alla ricerca critica o scientifica le questioni relative all'origine lette­
raria e storica delle singole lettere .

b) La seconda Lettera ai Tessalonicesi


I primi dubbi circa l'origine paolina della seconda Lettera ai Tes­
salonicesi sono formulati da Johann Ernst Christian Schmidt, il qua­
le fin dal 1798 rileva che gli avvertimenti sulla parousia e le specula­
zioni sull'anticristo di 2Ts 2, 1-12 sono in contrasto con quanto Paolo
scrive nella prima lettera alla comunità di Tessalonica nella sezione
1Ts 4,1>-5 , 1 1 . Lo Schmidt prosegue questa analisi critica negli scrit­
ti pubblicati agli inizi del 1800 e arriva alla conclusione che la secon­
da Lettera ai Tessalonicesi non è uno scritto paolino .28 Questa posi­
zione viene ripresa con alcune incertezze e oscillazioni da Wilhelm
Martin Lebrecht De Wette nel 1826. Ma è soprattutto F.H. Kern
che , a partire dal 1 839, sviluppa e approfondisce l'ipotesi della di-

28 J . E . C . ScHMIDT, ..__vermutungen iiber die beiden Briefe an die Thessaloni­


cher� . in Bibliothek fur Kritik und Exegese des NT, I I , 3(1801), 380-386; Io. , Histo­
risch-kritisch Einleitung ins NT, Giessen 1804; 21818, I I , 255-256.

48
pendenza della seconda Lettera ai Tessalonicesi dalla prima e indivi­
dua nell'espressione di 2Ts 3 , 1 7 la conferma del suo carattere pseu­
depigrafico . 29 Il fondatore della Scuola di Tubinga, Ferdinand Chri­
stian Baur, dimostra il carattere pseudepigrafico della seconda Tes­
salonicesi seguendo un'altra direzione. Secondo Baur l'escatologia
di questa lettera contraddice quella delle lettere paoline e la sua im­
magine dell'anticristo rimanda alle visioni tipiche dell'Apocalisse .30
Nella seconda metà del XIX secolo i negatori dell'autenticità
paolina della seconda Lettera ai Tessalonicesi riprendono e svilup­
pano questi diversi argomenti . 3 1 Un contributo ampio e decisivo a
sostegno della pseudepigrafia della nostra lettera viene dallo studio
di William Wrede del 1903 . Esso fa leva sulla dipendenza letteraria
della seconda Tessalonicesi dalla prima. L'autore della nostra lette­
ra, mediante uno scritto posto sotto il nome e l'autorità di Paolo ,
tenta di contrastare la visione escatologica di lTs, che alimenta l'at­
tesa della venuta imminente del «giorno del Signore». 32 La posizione
di Wrede si sviluppa nel corso del XX secolo , quando gli studiosi
sottolineano le diversità lessicali , stilistiche e teologiche tra le due
lettere ai Tessalonicesi .33

29 F. H . KERN, <<Ùber 2 Thess. 11,1-12. Nebst Andeutungen iiber den Ursprung

des zweiten Briefs an die Thessalonicher>> , in Tubinger Zeitschrift jUr Theo/ogie


2(1839) , 145-214.
30 F. C. BAUR, Paulus, der Apostel Jesu Christi, Stuttgart 1845 , 485-487 ; Io. , <<Die
beiden Briefe and die Thessalonicher. Ihre Echtheit und Bedeutung fiir die Lehre
von der Parusie Christi>>, in Jahrbucher 14(1855) , 141-168.
3 1 W. BAHNSEN , <<Zum Verstiindnis von II Thess. 11,3-12. Ein Beitrag zur Kritik
des zweiten Thessalonicherbriefes>> , in Jahrbucher fur protestantische Theologie
6(1880) , 681-705 ; C. WEIZSACKER, Das Apostolische Zeitalter der christlicher Kirche,
Freiburg i . Br. 1886, 258-261 ; H.J. HoLTZMANN , Lehrbuch der historisch-kritisch Ein­
leitung in das Neuen Testament, Tiibingen 31892 ; lo. , «Zum zweiten Thessalonicher­
brief>> , in ZNW 2(1901 ) , 97-108.
32 W. WREDE, Die Echtheit des 2 Thessalonicherbriefs untersucht (TU, NT 9,2) ,
Leipzig 1903 .
33 H. BRAUN , <<Zur nachpaulinischen Herkunft des zweiten Thessalonicher­
briefes>> , in ZNW 44(1952-1953) , 152-156; lo. , Gesamme/te Studien zum Neuen Testa­
ment und seiner Umwelt, Tiibingen 1962, 205-209; K.G. EcKART, «Der zweiten echte
Briefe des Apostel Paulus und die Thessalonicher» , in ZThK 58(1 961 ) , 30-44; A.
LINDEMANN , <<Zum Abfassungszweck des Zweiten Thessalonicherbriefes>>, in ZNW
68(1977) , 35-47 ; A . BAILEY, <<Who wrote II Thessalonians?>>, in NTS 25(1978- 1979) ,
131-145 ; W. TRILLING Untersuchung zum 2. Thessalonicherbrief (Erfurter Theologi­
,

sche Studien 27) , Leipzig 1972; Io . , <<Literarische Paulus-Imitation im 2.Thessaloni­


scherbriefe,., in K. KERTELGE , a cura di, Zur Paulusrezeption in Neuen Testament
( QD 89) , Freiburg - Base! - Wien 1981 , 146-156; lo. , Der zweite Briefan die Thessalo­
nicher (EKK 14) , Ziirich - Einsiedeln - KOln - Wluyn 1980; W. MARXSEN , Der zweite
Thessalonicherbrief (Ziircher NT 1 1 ,2) , Ziirich 1982.

49
Invece a favore dell'autenticità paolina della seconda Lettera ai
Tessalonicesi , tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo, si
schierano molti studiosi sia protestanti sia cattolici , di lingua tede­
sca , inglese e francese .34 Nella seconda metà di questo secolo l'au­
tenticità della nostra lettera è sostenuta con una serrata argomenta­
zione da Beda Rigaux e soprattutto da diversi studiosi e commenta­
tori di lingua inglese . 35 I commenti in lingua italiana prima del 1950
sono favorevoli all'autenticità paolina delhi seconda Lettera ai Tes­
salonicesi , mentre negli ultimi anni si afferma la tendenza a favore
della sua pseudepigrafia.36

c) La Lettera ai Colossesi
L'autenticità paolina della lettera indirizzata ai colossesi è pacifi­
camente riconosciuta fino al XIX secolo . Nel canone muratoriano
del II secolo e nelle citazioni degli antichi scrittori e padri della chie­
sa lo scritto ai colossesi è unanimemente attribuito a Paolo . I primi

34 G. LONEMANN , Die Briefe an die Thessalonicher (KEK X , 1 ) , Gottingen 1850;


H. voN SoDEN , Christliche Literaturgeschichte, Berlin 1890 ; TH . ZAHN, Geschichte des
Neutestamentlichen Kanons, Erlangen 1888 ; ID . , Einleitung ins Neuen Testament,
Leipzig 21900; A. ScHARFER, Erkliirung der zwei Briefe an die Thessalonicher und des
Briefes an die Galater, Miinster 1890; G . WoHLENBERG, Der erste und zweite Thessa­
lonicherbriefe ausgelegt, Leipzig 1903 ; E. VON DouscHOTz, Die Thessalonicher Briefe
(KEK X) , Gottingen 1909 ; ID . , Der Apostel Paulus, 1-2, Halle 1 926-1928; A. VON
HARNACK, «Das Problem des zweiten Thessalonicherbriefs», in Berliner Sitzungs­
berichten, phil. hist. Kl, 3 1 (1910), 560-578; J . MOFFAT, The First and Second Epistles
of Saint Pau/ to the Thessalonians (ICC) , Edinburgh 1912; M. GoGUEL, lntroduction
au Nouveau Testament, Paris 1925 ; ID. , «L'énigme de la seconde épitre aux Thessalo­
niciens» , in Revue de l'hist. des religions 71(1915), 248-272; J. GRAA FEN , Die Echtheit
des zweiten Thessalonicherbriefs die Thessalonicher (NTA 14,5), Miinster - Pader­
born 1930 ; M. DIBELIUS , An die Thessalonicher l-Il. And die Philipper (HNT 1 1) , Tii-
bingen 191 1 , 31937. ,
35 B . RIGAUX, Saint Pau/. Les Epitres aux Thessaloniciens (EB), Paris 1956 ;
R. JEWETT, The Thessalonian Correspondance. Pauline Rhetoric and Millenarism
Piety (Foundations and Facets) , Philadelphia 1986; F. F. BRUCE , l and 2 Thessalonians
(World Biblica! Commentary 45) , Waco 1982; l. H. MARSHALL, l and 2 Thessalonians
(NCBC) , Grand Rapids - London 1983 , C.A. WANAMAKER, The Epistles to the Thes­
sa/onians (NIGTC) , Grand Rapids 1990: la 2Ts sarebbe stata scritta prima della 1Ts.
36 A favore dell'autenticità paolina sono: G . RINALDI , Le lettere ai Tessalonicesi,
Milano 1950; P. RossANO, Le lettere ai Tessalonicesi (La Sacra Bibbia) , Torino -
Roma 1965 ; ORTENSIO DA SPINETOLI , Lettere ai Tessalonicesi (NV 38) , Roma 31981 ;
E . GHINI, Lettere di Paolo ai Tessalonicesi (Commento Pastorale) , Bologna 1980;
U. VANNI , «Il Lettera ai Tessalonicesi», in NDBT, Milano 1988, 1567- 1569; è favore­
vole all'ipotesi della pseudepigrafia: G. BARBAGLIO, «Alla comunità di Tessalonica.
Seconda lettera» , in G. BARBAGLIO - R. FABRIS , Le lettere di Paolo, 3 voli . , Roma
21990, I, 145- 179.

50
dubbi sull'autenticità paolina di questa lettera si riscontrano nel vo­
lume monografico di Ernst Theodor Mayerhoff, pubblicato postu­
mo ad Amburgo nel 1838 con il titolo : Der Brief an die Colosser mit
vornehmlicher Berucksichtigung der drei Pastoralbriefe kritisch ge­
pruft, a cura di J . L . Mayerhoff. In questo studio l'autore sostiene
che la Lettera ai Colossesi non è di Paolo per i seguenti motivi : a) lo
stile di Colossesi riflette quello della Lettera agli Efesini , di cui sem­
bra esserne un estratto ; b) il contenuto dello scritto non è paolino ; c)
il suo carattere polemico antignostico rimanda alla dottrina ereticale
di Cerinto .
Questo orientamento circa la pseudepigrafia di Colossesi è ripre­
so dal fondatore della scuola di Tubinga , F.C. Baur, e dai suoi se­
guaci . Baur sostiene che l'autore di Colossesi combatte la dottrina
gnostica e le posizioni degli ebioniti del secondo secolo .37 Di que­
st'ultimi infatti vi si possono riconoscere , secondo Baur, alcuni ele­
menti tipici : la pratica della circoncisione , l'osservanza delle festività
e dei divieti alimentari ebraici , il culto degli angeli . Anche la cristo­
logia alta di Colossesi rimanderebbe all'ambiente dello gnosticismo .
Un'ipotesi singolare sull'origine della Lettera ai Colossesi , che si
potrebbe chiamare «autenticità paolina mediata» , è quella elaborata
da Heinrich Julius Holtzmann. Egli parte dalla costatazione delle af­
finità tra la Lettera agli Efesini e la Lettera ai Colossesi e ne rico­
struisce l'origine in questo modo: a) Paolo avrebbe dapprima scritto
un testo breve indirizzato ai Colossesi ; b) esso sarebbe servito a un
autore anonimo come nucleo per la stesura più ampia della Lettera
agli Efesini ; c) quindi lo stesso autore avrebbe rielaborato e amplia­
to il primitivo testo paolino per produrre l'attuale Lettera ai Colos­
sesi .38 Un'ipotesi analoga a quella deii'Holtzmann è ripresa, anche
se in modo autonomo , in epoca più recente da Ch . Masson , il quale
tenta di ritrovare il nucleo originale paolino di Colossesi , che sareb­
be stato utilizzato dall'autore di Efesini . 39
Questa ipotesi di Holtzmann-Masson , non ha trovato molti con­
sensi , perché dà l'impressione di un procedimento troppo complica­
to . Alcuni autori per spiegare le particolarità stilistiche o dottrinali
di Colossesi fanno ricorso all'ipotesi delle integrazion l o aggiunte in-

37 F.C. BAUR, Paulus der Apostel Jesu Christi, Stuttgart 1845 ; Leipzig 21867 .
38 H.J. HoLTZMANN , Kritik der Epheser-und Kolosserbrief auf Grund einer Ana­
lyse ihres Verwandtschaftsverhiiltnisses , Leipzig 1872 .
39 C. MAssoN , L' Épitre de Saint Pau/ aux Colossiens (CNT 10) , Neuchàtel-Pa­
ris 1950.

51
trodotte nel testo primitivo , com'è il caso del testo di Col 1 , 15-20
(H. Von Soden, 1885 ; E. Kasemann , 1949) . Altri invece affermano
l'unità e integrità stilistica e letteraria del testo della lettera e ne at­
tribuiscono l'origine a Paolo oppure a un segretario che avrebbe da­
to forma al pensiero dell'apostolo . Quest'ultima ipotesi è suggerita
da Pierre Benoit .40
A partire dalla fine del XIX secolo negli ambienti della critica
storico-letteraria di lingua tedesca si va affermando l'ipotesi della
pseudepigrafia di Colossesi .4 1 Gli argomenti, sui quali fanno leva i
sostenitori dell'ipotesi pseudepigrafica di Colossesi , riguardano es­
senzialmente il lessico e lo stile dello scritto, il suo contenuto, in par­
ticolare la cristologia, e il rapporto di Colossesi con la Lettera agli
Efesini. Un contributo notevole allo studio di questi aspetti della
Lettera ai Colossesi, anche in relazione con la sua origine storica e
letteraria , è quello di W. Bujard (1973) e di M . Kiley ( 1986) .42 L'o­
rientamento di molti commentatori contemporanei , anche di area
cattolica, è a favore della pseudepigrafia di Colossesi .43 Nello stesso
tempo però diversi studiosi e commentatori , soprattutto di lingua in­
glese , sostengono l'autenticità paolina di Colossesi .44

d) La Lettera agli Efesini


Nel dibattito moderno e contemporaneo la sorte della Lettera
agli Efesini , per quanto riguarda la sua appartenenza al gruppo delle

40 P. BENOIT, «Rapports entre les épitres aux Colossiens et aux Ephésiens>> , in


Exégèse et théologie, 3 voli . , Paris 1968, III , 318-334.
41 Oltre ai rappresentanti classici della critica del XIX come A. Hilgenfeld, O.
Pfleiderer, C. Weizsacker, si possono menzionare nel secolo attuale : G . Bornkamm,
R. Bultmann, H. Conzelmann, E. Kasemann, A. Lindemann, E. Lohse , W. Marx­
sen, P. Miiller, K . H . Schelkle , W. Schenk, H.M. Schenke , E. Schweizer.
42 W. BuJARD , Stilanalytische Untersuchungen zum Kolosserbrief: ein Beitrag zur
Methodik von Sprachvergleichen (StUNT 1 1 ) , Gottingen 1973 ; M. KJLEY, Colossians
as pseudepigraph (The Biblica! Seminar 4) , Sheffield 1986: l'autore di Colossesi utiliz­
zerebbe le due lettere paoline di Fil e Fm come modello o traccia; il rapporto tra Co­
lossesi ed Efesini è studiato da E. PERCEY , Die Probleme der Kolosser-und Epheser­
briefe, in una monografia del 1946; cf. In. , «Zu den Problemen des Kolosser-und
Epheserbriefes>> , in ZNW 43( 1950-195 1 ) , 178-194.
43 G. Barbaglio, R. Fabris, J. Gnilka , R. Hoppe , P. Pokomy, M. Wolter.
44 F.F. Bruce , G . E . Cannon, C.A. Evans, R. Yates, R.P. Martin, P.T. O'Brien,
E. Percy , N.T. Wright. Non mancano sostenitori dell'autenticità paolina di Colossesi
nell'area di lingua tedesca sia nell'ambito protestante sia cattolico: M. Dibelius,
K. Staab, O. Kuss. Nell'ambito di lingua francese sono a favore dell'autenticità di
Colossesi: E. Cothenet, E. Delebeque, H. Hudegé ; tra gli italiani : E. Ghini , F. Guer­
ra, E. Peretto.

52
lettere deuteropaoline , è associata a quella di Colossesi . Infatti no­
nostante alcune incertezze della tradizione manoscritta circa la men­
zione dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l ) , la nostra
lettera da sempre è collocata nel corpus delle lettere di Paolo e citata
dagli autori e scrittori dei primi secoli come lettera paolina.45 Solo
Teodoro di Mopsuestia tra gli antichi commentatori delle lettere di
Paolo riconosce il carattere impersonale dello scritto e conclude che
«Paolo lo avrebbe composto prima della sua visita a Efeso».46
Si deve attendere l'epoca moderna per avere le prime osserva­
zioni di critica letteraria che pongono in termini nuovi il rapporto
della Lettera agli Efesini con la tradizione paolina. Erasmo di Rot­
terdam rileva che lo stile di Efesini «è totalmente dissonante rispetto
alle altre lettere di Paolo , al punto che si potrebbe attribuire a un al­
tro autore , se il pensiero di fondo di carattere paolino non depones­
se a suo favore».47 Nello stesso periodo Teodoro Beza avanza l'ipo­
tesi che nel caso di Efesini si tratti di una «lettera comunitaria» o en­
ciclica inviata alle comunità dell'Asia.
La prima ipotesi argomentata e sistematica circa l'origine pseu­
depigrafica di Efesini è quella di Edward Evanson, che nel 1792
pubblica a lpswich il suo lavoro monografico dal titolo : The Disso­
nance of the Four generally Received Evangelits and the Evidence of
their respective Authenticity examined. Sulla base delle contraddizio­
ni che egli avverte tra l'indirizzo e il contenuto della lettera conclude
che si tratta di uno scritto pseudepigrafico . Questi argomenti dell'E­
vanson sono ripresi e sviluppati dallo studio di Wilhelm Martin Le­
brecht De Wette nel 1826. Egli nega l'origine paolina di Efesini non
solo per l'incertezza del suo indirizzo, ma soprattutto sulla base del­
l'analisi dello stile e della sua relazione con la Lettera ai Colossesi .48

45 La frase «in Efeso» compare nei codici maiuscoli dei secoli IV-V, Vaticano,
Sinaitico, Alessandrino , Claromontano ; essa non si trova nel papiro 46 (Chester
Beatty) del III secolo ; Marcione cita la nostra lettera come «Lettera ai Laodicesi» ; cf.
Col 4,16 (TERTULLIANO, Adv. Mare. 5 , 1 7 ) .
46 H . B . SwETE , a cura di, TEODORO, In epistulas beati Pauli commentarii, Cam­
bridge 1880, l, 1 12-1 1 3 .
47 E RASMO , In Novum Testamentum Annotationes , Base! 1 5 1 9 , 413.
48 W.M.L. DE WETIE, Lehrbuch der historisch-kritischen Einleitung in die kano­
nischen Bilcher des Neuen Testaments, Berlin 1826; egli riprende e approfondisce non
solo i lavori di Evanson , ma anche quelli di A. L. Usteri , sullo sviluppo della dottrina
di Paolo (1824) . Invece ad altri contrastanti esiti approdano le ricerche sul rapporto
tra la Lettera agli Efesini e quella ai Colossesi negli studi summenzionati di E.Th .
Mayerhoff e H.J. Holtzmann: per il primo la Lettera di Efesini sarebbe la fonte di
Colossesi ; per il secondo Efesini è uno scritto pseudepigrafico costruito sulla base di
Colossesi.

53
F.C. Baur e i seguaci della scuola di Tubinga spostano la compo­
sizione della nostra lettera al II secolo , perché essa veicolerebbe le
tipiche concezioni gnostiche e «protocattoliche» di questo periodo .
Nonostante le prese di posizione della critica letteraria e storica ,
fino agli anni cinquanta e sessanta del nostro secolo l'autenticità
paolina di Efesini trova ancora molti sostenitori . Tra questi si segna­
lano diversi autori di commentari ad Efesini e di studi monografici
paolini .49 Ma altrettanto folta è la schiera di quelli che negano l'au­
tenticità paolina di Efesini e sostengono l'ipotesi della pseudepi­
grafia.50
Sono rappresentativi delle due diverse posizioni alcuni studi
monografici sulla Lettera agli Efesini nel nostro secolo . Originale è
l'ipotesi già menzionata di E . J . Goodspeed (1933) . Egli attribuisce
la composizione di Efesini a Onesimo , discepolo di Paolo , di cui si
parla nella Lettera a Filemone . Onesimo avrebbe curata la raccolta
delle lettere paoline premettendovi come introduzione lo scritto agli
Efesini. Uno studio analitico sugli aspetti stilistici e letterari di Efe­
sini e sul suo rapporto con Colossesi è quello di E. Percy (1946) . Egli
conclude che l'ipotesi dell'autenticità paolina della nostra lettera è
quella che solleva meno problemi . Invece un convinto sostenitore
dell'autenticità paolina di Efesini è A . Van Roon, che vi dedica uno
studio monografico (1974) .5 1 Due contributi tematici recenti , quello
di J . C . Kirby sul carattere liturgico dei primi tre capitoli di Efesini
(1968) , e quello di H. Merklein sui ministeri (1973) , si inseriscono
nell'ipotesi della sua pseudepigrafia. 52

e) Le tre lettere pastorali


Le tre lettere pastorali fino al XIX secolo sono state attribuite
senza esitazioni a Paolo . Il canone Muratori le menziona nell'elenco

49 T.K. Abbott (1897) ; C.E. Arnold (1989) ; M. Barth ( 1 947) ; J. Cambier


(1966) ; E. Gaugler (1966) ; J. Huby ( 1947) ; E. Percy (1946) ; J . A . Robinson (1922) ;
H. Schlier (1957) ; l. Schmid (1928) ; E.F. Scott (1930) ; A. Van Roon (1969 ; 1974) ;
B.F. Westcott ( 1 906) ; M. Zerwick (1962) .
50 H. Conzelmann ( 1 963 ; 1976) ; M. Dibelius - H. Greeven (1913; 1953) ; J . Ernst
(1974) ; R. Fabris ( 1 980; 21990) ; K.M. Fischer ( 1 973) ; F. Foulkes (1963) ; J. Gnilka
(197 1 ) ; P . N . Harrison (1964) ; J . C . Kirby ( 1 968) ; A. T. Lincoln (1990) ; A. Lindemann
(1975 . 1 976. 1985) ; Ch. Masson ( 1 953) ; H. Merklein ( 1973) ; C.L. Mitton ( 1 95 1 ) ; R.
Penna (1988) ; P. Pokorny (1965) ; R. Schnackenburg ( 1 982) ; E. Schweizer (1956) .
51 A. VAN RooN , The Authenticity of Ephesians, Leiden 1974.
52 J . C . KIRBY, Ephesians, Baptism and Pentecost. An Inquiry into the Structure
and Purpose of the Epistle to the Ephesians, Montreal-London 1968; H. MERKLEIN ,
Das kirchliche Amt nach dem Epheserbrief (SANT 33) , Miinchen 1973 .

54
delle tredici lettere paoline . Ireneo di Lione nella prefazione del­
I'Adversus Haereses dice espressamente che l'apostolo (Paolo) è
l'autore della prima Lettera a Timoteo , di cui cita il versetto l ,4. Af­
fermazioni analoghe sull'origine paolina delle lettere pastorali si tro­
vano in Origene , Clemente Alessandrino ed Eusebio di Cesarea.
Solo Marcione , secondo la testimonianza di Tertulliano , non le
menziona nel suo Apostolicon , elenco degli scritti apostolici . Ma
questa omissione , al dire di Tertulliano, sarebbe da ascriversi a un
pregiudizio di Marcio ne (A dv. Mare. V ,21 ) . La stessa valutazione
viene ripresa da Girolamo nella sua prefazione al commento della
Lettera a Tito , dove a proposito del rifiuto di alcune lettere paoline
da parte di Basilide e Marcione , dice che Taziano «patriarca degli
encratiti» , l'attribuisce all'apostolo Paolo .53
I primi dubbi sull'autenticità paolina della prima Lettera a Timo­
teo si riscontrano nella Einleitung in das Neue Testament di Johann
Ernst Christian Schmidt del 1804/5 . Essi sono ri eresi in modo siste­
matico nel lavoro di Friedrich Schleiermacher: Uber den sogennan­
ten ersten Brief des Paulos an den Timotheos .54 Anche per Johann
Gottfried Eichhorn le tre lettere sono opera di un discepolo di Pao­
lo , in quanto il loro linguaggio religioso è dissonante con quello del­
le restanti lettere paoline .55 Nel 1835 Ferdinand Christian Baur pub­
blica a Stuttgart la sua ricerca monografica sulle lettere pastorali ,
Die sogennanten Pastoralbriefe des Apostels Paulus aufs neue kri­
tisch untersucht. Egli attribuisce la composizione delle lettere pasto­
rali ai discepoli di Paolo a Roma, per contrastare il duplice fronte ,
quello gnostico che fa ricorso agli scritti dell'apostolo e quello dei
giudaizzanti antipaolini . Ma secondo Ceslas Spicq «l'attacco più se-

53 GIROLAMO, Comm. in Ep. ad Titum, pro/. , PL 26, 555-556; cf. CLEMENTE


ALESSANDRINO , Strom. , XI ,52,6; 0RIGENE, In Matth. II1,8 ( 1 17) ; EusEBIO , HE
IV , 14,7; secondo W. BAUER, Rechtgliiubigkeit und Ketzerei im iiltesten Christentum ,
Tubingen 1934, le lettere pastorali non sono citate da Marcione perché la collezione
delle lettere di Paolo verso il 100 non le comprendeva ancora ; la loro o �ine sarebbe
da collocarsi dopo il 150 d.C. Il fatto che il papiro di Chester Beatty (p ) del III non
riporti le lettere pastorali viene preso come una conferma dell'origine tardiva di que­
sti scritti. L'assenza delle pastorali nel suddetto papiro si potrebbe invece spiegare in
un altro modo: o i fogli relativi sono andati perduti , oppure il papiro riproduce un ti­
po testuale alessandrino che non ha le nostre lettere.
54 In questo studio, apparso in Sendschreiben an J. C. Gess , Berlin 1807 , F.
Schleiermacher mette in discussione l'autenticità paolina della prima Timoteo su basi
filologiche e storiche: il linguaggio della lettera non è paolino e le informazioni bio­
grafiche non concordano con quelli delle lettere autentiche .
55 J . G . EICHHORN, Einleitung in das Neue Testament lll/1 , Leipzig 1812.

55
rio del secolo XIX contro l'autenticità delle pastorali è quello di
Heinrich Julius Holtzmann , che nel 1880, pubblica a Leipzig l'ope­
ra: Die Pastoralbriefe, kritisch und exegetisch behandelt. 56
Sulla scia di queste prime ipotesi sulla pseudepigrafia delle pa­
storali si collocano gli studi e i commenti della fine del XIX e prima
metà del secolo XX: H. von Soden e1893) , J . Moffat (1901 ; 191 1)
M. Dibelius ( 1913) ; H . Loewe (1929) ; A . von Harnack ( 1926) ; M.
Goguel (1926) ; R . Bultmann (1930) ; E. Fascher (193 1 ) ; R . Falconer
(1937) ; E.J. Goodspeed (1937) ; B . S . Easton (1947) ; H . Von Cam­
penhausen (195 1 . 1963) ; H. Conzelmann (1956) . Nello stesso arco di
tempo numerosi commentatori e diversi studi monografici prendono
posizione a favore dell'autenticità paolina delle pastorali : P. Bordier
(1872) ; E. Bertrand (1887) ; A. Plummer (1888) ; F.J. Hort (1894) ;
J . H . Bernard (1899) ; B . Weiss (1902) ; Th . Zahn (1906) ; W . M .
Ramsay (1909) ; J . Parry (1920) ; E . Kiihn (1921) ; G . Wohlenberg
(1923) ; W. Lock (1924) ; W. Michaelis (1929 ; 1946) ; O . Roller
(1933) ; A. De Zwaan (1941/42) ; R . C . H . Lenski (1946) ; P. De Am­
broggi (1953 ) .
Nell'ultimo trentennio i commentari e gli studi sulle lettere pa­
storali privilegiano l'ipotesi della pseudepigrafia, anche se non man­
cano i sostenitori dell'autenticità paolina: S. De Lestapis (1976) ;
R.J. Karris ( 1979) ; T.C. Oden (1984) ; G . D . Fee (1989) ; E . E . Ellis
(1990) . Gli autori che affermano l'origine paolina delle pastorali lo
fanno con una certa cautela, coscienti del dibattito in corso . C. Spicq
nel suo monumentale commento alle lettere pastorali introduce la
discussione degli argomenti a favore della loro autenticità in questi
termini: «Nel caso dei nostri scritti non solo alcun argomento impo­
ne una negazione decisa ( della loro autenticità paolina ) , ma c'è più
difficoltà a negare la paternità paolina che non a conservarla» . 57
Di fronte alla difficoltà di arrivare a una soluzione precisa sùlla
base delle ragioni desunte dall'analisi lessicale , stilistica e letteraria
alcuni autori preferiscono ripiegare sulla «autenticità paolina media-

56 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales (EB ) , 2 voli . , Paris 1 947 ; 41969, I, 18. Oscil­
lante è invece la posizione di W.M.L. De Wette , che nella prima edizione della sua
Lehrbuch der historisch-kritisch. Einleitung in die kanonischen Bucher des Neuen Te­
staments, Berlin 1826, mette in dubbio l'autenticità paolina delle tre pastorali per ra­
gioni storico-critiche , ma egli le considera ugualmente «autentiche» perché non pos­
sono essere tolte dal canone ; nelle edizioni successive invece (51848) ritiene che le tre
pastorali non siano , autentiche .
57 SPICQ, Les Epitres Pastorales , 150.

56
ta» facendo ricorso all'ipotesi del segretario, identificato da alcuni
con Luca. 58 Altri infine sono fortemente impressionati dalla presen­
za nelle tre lettere , ma soprattutto nella seconda Timoteo , di varie
informazioni autobiografiche paoline. Pensano di valorizzare questi
dati «autentici» ripiegando sull'ipotesi «frammentaria»: un autore
della tradizione paolina avrebbe messo insieme brani di lettere au­
tentiche dell'apostolo. 59

4. LA TRADIZIONE PAOLINA E LA PSEUDEPIGRAFIA60


Nella precedente rassegna del dibattito contemporaneo e attuale
sulle lettere della tradizione paolina più volte si è fatto riferimento

58 J. Jeremias ( 1961 ) ; J . H . Kelly (1963) ; P. Dornier ( 1 969) ; G. Holtz (1965) ; A.


Strobel ( 1968/69) ; fanno l'ipotesi dell'origine lucana : G . S . Wilson ( 1 979) ; A. Feuillet
( 1 988) ; J. Sanchez-Bosch (1987) ; H.F. Von Campenhausen (195 1 . 1963) considera
Policarpo come possibile autore delle pastorali.
59 W. Hartke (1917) ; A . Von Harnack ( 1 926) ; O. Michel ( 1948) ; P.N. Harrison
(1955/56) ; W. Schmithals (1961 ) ; A.T. Hanson (1966; 1968) ; C.K. Barrett
( 1 963 . 1973/4) .
60 J . ALANo, «Das Problem der Anonymlit und Pseudonymit�.t in der christli­
chen Literatur der ersten beiden Jahrhunderte», in Io. , Studien zur Uberlieferung des
Neuen Testaments und seines Textes (ANTT Il) , Berlin 1967 , 26-34; Io. , «Falsche
Verfasserangabe?», in ThRv 75(1979) , 1-10; Io. , «Noch einmal: Das Problem der
Anonymitlit und Pseudonymitat in der christlichen Literatur der ersten beiden Jahr­
hunderte>>, in E. DASSMANN, a cura di , Pietas. Fs. B. Kotting (JAC 8) , Munster i. W.
1980, 121-139; H . R . BALZ, «Anonymitlit und Pseudepigraphie im Urchristentum.
Uberlegungen zum literarischen und theologischen Problem der urchristlichen und
gemeinantiken Pseudoepigraphie», in ZThK 66(1 969) , 403-436; N. BRox , Falsche
Verfasserangabe. Zur Erkliirung der fruhchristlichen Pseudepigraphie (SB 79) , Stutt­
gart 1975 ; Io. , Pseudepigraphie in der heidnischen und judisch-christlichen Antike
(WdF 484) , Darmstadt 1977; lo. , «Methodenfragen der Pseudepigraphie-For­
schung» , in ThRv 75( 1 979) , 275-278 ; Io. , «Zum Problemstand in der Erforschung der
altchristlichen Pseudepigraphie», in Kairos 15( 1973) , 10-23 ; J . S . CANDLISH, «On the
Mora) Character of Pseudonimous Books», in The Expositor, SerA, vol. IV(1 981),
91- 107.262-279; W.J. DALTON, «Pseudepigraphy in the Ne� Testament>>, in Cath ThR
5( 1983) , 29-35 ; K . M . FISCHER, «Anmerkungen zur Pseudepigraphie im Neuen Testa­
ment>>, in NTS 23( 1976) , 76-81 ; M. HENGEL, «Anonymitlit, Pseudepigraphie und "li­
terarische Falschung" in der judisch-hellenistischen Literatur» , in K. voN FRITZ, a cu­
ra di , Pseudepigrapha I (Fondation Hardt. Entretiens sur l'antiquité classique, t. 18) ,
Genève 1971 , 229-308; F. LAUB, «Falsche Verfasserangabe i n neutestamentalichen
Schriften. Aspekte der gegenwlirtigen.Diskussion um die neutestamentliche Pseude­
pigraphie», in TrThZ 89(1980) , 228-242 ; E. C. MALONEY, «Biblica) authorship and the
Pastoral letters inspired and anonymous», in BToday 24( 1 986) , 1 19-123 ; D . G . MEA­
DE, Pseudonymity and Canon. An lnvestigation into the Relationship of A uthorship
and A uthority in Jewish and Earliest Christian Tradition (WUNT 39) , Tubingen 1986;
Grand Rapids 1987 ; B . M . METZGER, «Literary Forgeries and Canonica) Pseudepi­
grapha» , in JBL 9 1 ( 1972) , 3-24; K.J. NEUMANN , The Authenticity ofthe pauline Epist­
les in the Light of Stylstatistical Analysis (SBL Diss. Ser. 120) , Atlanta 1990; R. PEN-

57
alla pseudepigrafia. Le sei lettere deuteropaoline sarebbero state
scritte da un autore diverso da Paolo che si autopresenta come il lo­
ro mittente originario. A un lettore dell'epoca moderna e contem­
poranea, dove i diritti di autore o di proprietà di un prodotto lettera­
rio sono non solo riconosciuti , ma tutelati a rigor di legge , un tale
procedimento può apparire a dir poco scorretto e abusivo della buo­
na fede dei destinatari . D'altra parte la pseudepigrafia è praticata e
diffusa nell'antichità in vari ambienti e con diversi scopi ed esiti . Co­
me valutare il ricorso alla pseudepigrafia nel gruppo delle lettere
deuteropaoline? Qual è la funzione e lo scopo perseguito dall'autore
o dagli autori che utilizzano un tale procedimento nella stesura di
queste lettere? Ma in primo luogo : che cosa si deve intendere con il
termine «pseudepigrafia»?

a) Anonimia, pseudonimia e pseudepigrafia


Il termine composito «pseudepigrafia» , trascritto dal greco pseu­
depigraphìa , significa letteralmente «falsa-scrittura» di un testo , con
riferimento specifico alla sua origine o redazione letteraria. Girola­
mo , citando un versetto del libro della Sapienza dice che comune­
mente esso viene attribuito a Salomone , «quae Salomonis inscribi­
tur» (se c'è qualcuno che vuole accoglierlo come libro ispirato) . Cas­
siodoro nella sue «Istituzioni delle sacre Scritture» a questo proposi­
to parla di «pseudographum» , perché usurpa il nome diverso dal ve­
ro autore che potrebbe essere Filone alessandrino .61 Quindi la pseu-

NA, «Anonimia e pscudepigrafia 11el Nuovo Testamento: comparatismo e ragioni di


una prassi letteraria», in RivB 33(1985) , 3 19-344; M. RlsT, «Pseudepigraphy and Ear­
ly Chrislians>> , in D . E . AUNE, a cura di, Studies in the New Testament and Early Chri­
stian Literature, in Honour of A. P. Wikgren (NTS 33), Leiden 1972 , 75-91 ; M. SMIHT,
«Pseudepigraphy in the israelite Literary Tradition» , in Pseudepigrapha I, 189-
215.216-227; W. SPEYER , ((Religiose Pseudepigraphie und Literarische Falschung im
Altertum>> , in JA C 8-9(1965- 1966) , 88-125 ; In. , Die /iterarische Fa/schung im heid­
nischen und christlichen Altertum. Ein Versuch ihrer Deutung (HAW I ,2) , Miinchen
1971 ; J . A . SINT, Pseudonymitat im Altertum. Ihre Formen und ihre Grunde, Inns­
bruck 1960; F. ToRM , ((Die Psychologie der Pseudonymitat im Hinlick auf die Pseu­
depigraphie als ethisch-psychologisches Problem», in ZNW 35(1936) , 262-279; M.
WoLTER, ((Die anonyme Schriften des Neuen Testaments. Annaherungsversuch an
ein Literarisches Phlinomen>> , in ZNW 79(1988) , 1-16; J . ZMUEWSKI, ((Apostolische
Paradosis und Pseudepigraphie>> , in BZ 23( 1979) , 161-17 1 ; Io. , «Die Pastoralbriefe
als pseudepigraphische Schriften» , in SNTU A-4(1979), 97- 1 18; cf. In. , Das Neue Te­
stament. Quelle christlicher Theologie und Glaubenspraxis zum NT und seiner Ausle­
gung, Stuttgart 1986, 185-196 . 1 97-220.
61 GIROLAMO, In Zach. 12,9 (PL 25 ,1513) ; CAssronoRo , De Instit. divinarum litte­
rarum , V (PL 70, 1 1 17) .

58
depigrafia in primo luogo indica l'attribuzione di un'opera a un au­
tore diverso da quello vero. In questo caso pseudografo o pseudepi­
grafico si oppone ad autentico, come la pseudepigrafia si contrappo­
ne ad autenticità. Infatti i vocaboli «autentico/autenticità» derivano
dal latino «authenticus>> , corrispondente al greco authentikòs , che a
sua volta rimanda ad authèntes, «colui che opera da sé>> , «autore>> .
Nell'ambito della letteratura si dice «autentica>> un'opera che appar­
tiene veramente all'autore al quale viene attribuita.
Dunque nell'uso di questa terminologia nella sua valenza antite­
tica negativa o positiva - «pseudepigrafialautenticità>> - si fa riferi­
mento a un duplice fatto riguardante l'origine di un'opera scritta.
Da una parte si indica il riconoscimento/attribuzione o meno di uno
scritto al vero o falso autore . Questa si potrebbe chiamare «pseude­
pigrafia o autenticità passiva>> o «successiva>> . Dall'altra si rimanda
al processo di produzione di un'opera da parte di un autore che
scrive a proprio nome ( autenticità ) , oppure da parte di uno scrittore
che redige l'opera per convenzione o artificio letterario sotto un
altro nome ( pseudepigrafia ) . In quest'ultimo caso si potrebbe par­
lare di «pseudepigrafia attiva>> o più correttamente di «pseudoni­
mia>> di uno scritto e di un testo «pseudonimo>> . Ancora diverso è il
caso di uno scritto o opera letteraria, il cui vero autore non è men­
zionato per nulla o che comunque rimane sconosciuto . In questo
caso si parla di scritto «anonimo>> e di «anonimia>> . Gran parte dei
libri biblici , compresi i quattro Vangeli e gli Atti degli apostoli , sono
scritti anonimi .

b) La pseudepigrafia nelle lettere neo testamentarie


Diversa invece è la situazione delle lettere neotestamentarie che
si presentano come scritti inviati alle comunità cristiane o a singoli
sotto il nome esplicito di qualche personaggio più o meno noto del
Nuovo Testamento : Paolo , Pietro , Giacomo e Giuda, il profeta
Giovanni ( Ap ) . Le lettere del corpus paolino si presentano come
scritti inviati dall'apostolo Paolo , da solo o assieme a qualcuno dei
suoi collaboratori . In questo caso è utile tenere presente la distinzio­
ne menzionata sopra circa la diversa applicazione del termine «pseu­
depigrafia>> . L'autore che scrive sotto «falso nome>> - autore fittizio
o «pseudonimo>> - sa chi è il «vero>> autore del testo . Nel caso di
una lettera le cose si complicano perché l'artificio della «pseudepi­
grafia>> riguard a anche il genere epistolare e i destinatari che posso­
no essere altrettanto «fittizi» . Invece nel processo successivo di rico-

59
noscimento e attribuzione dell'opera a un altro autore queste infor­
mazioni sul «Vero>> autore non esistono o non sono più accessibili ai
lettori o possessori del testo .
Queste precisazioni circa la «pseudepigrafia» non possono dissi­
pare d'incanto le difficoltà che un lettore attuale avverte di fronte a
questo fenomeno , soprattutto nel caso della cosiddetta «pseudepi­
grafia attiva» . Non si tratta di una falsificazione letteraria incompati­
bile con il carattere sacro o ispirato degli scritti biblici? E che cosa
pensare del caso più specifico di una lettera scritta non da un colla­
boratore di Paolo su incarico dell'apostolo , ma da un suo discepolo ,
che utilizza il nome dell'apostolo per dare autorità a uno scritto da
lui prodotto in modo autonomo , facendo anche ricorso al pensiero e
alla fraseologia dell'apostolo? A parte il poco buon gusto di scrivere
una lettera a nome di una persona morta , si pongono alcuni proble­
mi circa la correttezza di questo procedimento che dà l'impressione
di essere un «falso» letterario e teologico nello stesso tempo .
Effettivamente il ricorso alla pseudepigrafia può dare adito a
ogni sorta di abuso da parte di chi sotto il nome di un personaggio
autorevole della tradizione cristiana primitiva, vuole far passare le
sue innovazioni dottrinali o pratiche . Perciò l'autore della seconda
Lettera ai Tessalonicesi mette in guardia i lettori di fronte al rischio
che qualcuno tenti di far accogliere la prospettiva della venuta immi­
nente del giorno del Signore facendo leva su pretese ispirazioni , pa­
role o qualche lettera fatta passare come paolina (2Ts 2,2) . Questo
modo di accreditare e trasmettere nuovi orientamenti circa la parou­
sìa del Signore , viene qualificato dal nostro autore come «inganno».
D'altra parte lo stesso autore che scrive a nome di Paolo esorta i let­
tori a «mantenere le tradizioni» che essi hanno appreso «così dalla
nostra parola come dalla nostra lettera» (2Ts 2 , 15 ) . Non è casuale
che proprio a conclusione della lettera l'autore senta il bisogno di
esplicitare il ruolo di autenticazione che ha il saluto autografo :
«Questo saluto è di mia mano , di Paolo ; ciò serve come segno di au­
tenticazione per ogni lettera ; io scrivo così» (2Ts 3 , 17).
La stessa preoccupazione di raccomandare l'autorevolezza di
uno scritto , rinviando a un altro già conosciuto nella tradizione , si
avverte nella seconda Lettera di Pietro : «Questa, carissimi , è già la
seconda lettera che vi scrivo , e in tutte due cerco di ridestare con
ammonimenti la vostra intelligenza, perché teniate a mente le paro­
le già dette dai santi profeti , e il precetto del Signore e salvatore , tra­
smessovi dagli apostoli» (2Pt 3 , 1-2) . L'autore non si sente per nulla
imbarazzato , né avverte la contraddizione di autopresentarsi nell'in-

60
testazione come «Simon Pietro , servo e apostolo di Gesù Cristo» e
nello stesso tempo di rivolgersi ai destinatari perché ricordino le pa­
role trasmesse dagli «apostoli» . Una tale situazione , che può appari­
re a prima vista contraddittoria, si può capire all'interno di una pro­
spettiva , dove la pseudepigrafia è funzionale alla convalida della tra­
dizione autorevole che fa capo agli apostoli .

c) La pseudepigrafia nell'ambiente ellenistico


Una prima risposta alle difficoltà di carattere «psicologico» e
«teologico-morale» che solleva l'uso della pseudepigrafia negli scrit­
ti del NT e in particolare nelle lettere della tradizione paolina, può
venire dalla costatazione che il ricorso a questo procedimento è co­
mune e diffuso nell'antichità. Esso si riscontra anche nei testi biblici
dell' AT, soprattutto nei Salmi e negli scritti sapienziali e profetici .
Nell'ambito della letteratura apocalittica si può parlare di una «tra­
dizione pseudepigrafica» , perché gli scritti apocalittici sono general­
mente posti sotto il nome di qualche personaggio autorevole del pas­
sato : Enoch , Mosè , Baruc, Esdra, Daniele .
Ma per capire le ragioni e la funzione della pseudepigrafia nel
corpus delle lettere paoline può essere utile il confronto con un fe­
nomeno analogo che si riscontra nell'ambiente greco-ellenistico . Nel
contesto delle scuole filosofiche non è visto con sospetto , anzi viene
lodato e apprezzato il fatto che i discepoli scrivono sotto il nome del
loro maestro o caposcuola. Il filosofo platonico Giamblico del III
sec. d.C. nella sua Vita di Pitagora , a proposito dei pitagorici , scrive :
«È nobile cosa che essi attribuissero tutto a Pitagora e assai di rado
si procacciassero una gloria personale per le loro scoperte : onde so­
no assai pochi coloro dei quali si conoscono gli scritti propri».62 In­
fatti sotto il nome di Pitagora , vissuto nel VI-V secolo a.C. , è posto
un numero notevole di scritti filosofici . Anche a Ippocrate , medico
dell'isola di Coo , contemporaneo di Socrate , sono attribuiti in epoca
ellenistica diversi scritti dei suoi discepoli e di altri medici , raccolti
nel Corpus Hippocraticum . Tra questi scritti figurano anche alcune
Epistolài.
Per quanto riguarda in particolare il genere epistolografico van­
no segnalate le raccolte di lettere poste sotto il nome di personaggi

62 GJAMBLICO, Vit. Pyth. ' 158; cf. 198.

61
famosi . Quelle di carattere filosofico sono spesso prodotte per
esporre e diffondere le idee di una scuola. A questo scopo diverse
raccolte di lettere sono poste sotto il nome del fondatore di una
scuola filosofica o di altre personalità di rilievo . Al principe scita
Anacarsi del VI a.C. sono attribuite alcune lettere prodotte in età
ellenistica per diffondere le idee della scuola cinica . Parimenti sotto
il nome del tiranno di Agrigento Falaride del VI a.C. sono poste ben
148 lettere scritte da un sofista del II secolo d.C. Delle nove lettere
tramandate sotto il nome del retore ateniese Isocrate del V secolo
almeno tre (III .VI . IX) sono sospette . Sotto il nome di Aristotele so­
no pubblicate da Artemone nel II secolo a.C. sei lettere . Sono men­
zionate dagli scrittori antichi anche raccolte di lettere attribuite ai fi­
losofi Teofrasto , discepolo di Aristotele , Epicuro e Arcesilao del
IV-III secolo .
Più noto e discusso è il caso delle 13 lettere di Platone , conside­
rate autentiche, nonostante alcuni dubbi e incertezze nell'antichità
romana , fino all'epoca moderna. Sulla base dello studio della loro
composizione , dello stile , dei fatti storici menzionati e del loro pen­
siero filosofico attualmente si conclude che solo un paio - la VII e
l'VIII delle tredici lettere che formano il corpus platonico - sono
autentiche , mentre le altre sarebbero buone imitazioni di un esperto
conoscitore dello stile e del pensiero di Platone .63 Anche attorno al
nome di Socrate si forma una raccolta di oltre trenta lettere , delle
quali solo una , la XXVIII , è attribuita al filosofo ateniese Speusip­
po , successore di Platone a capo dell'Accademia. Le prime sette so­
no poste sotto il nome di Socrate , mentre le altre sono riferite alla
cerchia di amici e discepoli del filosofo . Il corpus delle lettere socra­
tiche , scritte tra il II sec. a.C. e il I secolo d . C . , sono state prodotte
nei circoli del cinismo moderato per conservarne e trasmetterne la
tradizione filosofica. La lettera sostituisce l'incontro e il dialogo filo­
sofico con il maestro .64

d) La pseudepigrafia al servizio della tradizione paolina


Questo ruolo delle lettere «filosofiche» nel contesto di una scuo­
la di pensiero potrebbe in qualche modo aiutare a capire lo scopo e
la funzione della pseudepigrafia delle lettere deuteropaoline . Ma la

63J. SoUHILÈ, Platon. Cku�·res complètes. Lettres, XIII , l , Paris 41977.


64B. FIORE, The Function of personal Example in the socratic and pastoral epist­
les, Rome 1986, 101-163 .

62
finalità e il ruolo della pseudepigrafia delle lettere deuteropaoline
vanno collocati e precisati nell'ambito della tradizione come è stata
definita più sopra. Non è casuale infatti che il gruppo delle sei lette­
re si presenti sotto il nome di Paolo. Si tratta infatti di quel perso­
naggio della prima generazione conosciuto nelle lettere autentiche e
negli Atti degli apostoli come il fondatore e organizzatore delle co­
munità cristiane fuori dell'area palestinese . Nell'intestazione di cin­
que di queste lettere Paolo è qualificato dal titolo autorevole : «apo­
stolo di Cristo Gesù» . Questo titolo manca nell'intestazione della se­
conda Lettera ai Tessalonicesi , che lo omette perché essa riproduce
quella della prima lettera, alla quale rimanda come documento della
tradizione «apostolica» (2Ts 2 , 1 5 ) . Per la stessa ragione nell'indiriz­
zo della seconda Tessalonicesi il nome di Paolo è associato a quello
di Silvano e Timoteo , mentre nelle altre , esclusa Colossesi , egli è
l'unico mittente . Anzi nelle tre lettere pastorali Paolo è l'unica auto­
rità apostolica che garantisce l'autenticità dell'annuncio , l'ortodos­
sia dottrinale e la stabilità della prassi tradizionale .
Da questo fatto si potrebbe concludere che la pseudepigrafia nel
contesto della tradizione paolina ha lo scopo di assicurare la conti­
nuità del ruolo fondante e normativo dell'apostolo Paolo anche do­
po la sua morte . Questo ruolo varia secondo i diversi contesti cultu­
rali e le cangianti situazioni dei destinatari , di cui si hanno i riflessi
nelle rispettive lettere deuteropaoline . Ma c'è un duplice intento co­
mune che sta alla base della pseudepigrafia paolina. Da una parte si
cerca di ritrovare le ragioni o radici della propria identità in un nuo­
vo e mutato contesto culturale ed ecclesiale . Dall'altra si avverte la
necessità di appellarsi a un'autorità comune per far fronte al rischio
della dissidenza o conflittualità che dall'interno minaccia la consi­
stenza della comunità cristiana. Quest'ultimo aspetto si coglie in
modo più esplicito nella seconda Lettera ai Tessalonicesi , nella Let­
tera ai Colossesi e nel gruppo delle pastorali . Esso è attenuato nella
Lettera agli Efesini , che si presenta con connotazioni epistolari più
sfumate rispetto alle altre lettere deuteropaoline.
In conclusione si può dire che nelle sei lettere deuteropaoline il
ricorso al procedimento letterario della pseudepigrafia - in questo
caso si dovrebbe parlare di «pseudepistolografia» - si colloca nel­
l'orizzonte più ampio della tradizione paolina. In realtà questi scritti
formano tre gruppi distinti: la seconda Lettera ai Tessalonicesi , le
due lettere affini ai Colossesi e agli Efesini , le tre lettere pastorali .
Tuttavia esse costituiscono un corpus epistolare unitario in forza di

63
questo uso della pseudepigrafia paolina. Dunque le sei lettere
deuteropaoline grazie alla pseudepigrafia rendono attuale ed effi­
cace il ruolo autorevole dell'apostolo Paolo per far ritrovare le
ragioni di una sicura identità cristiana e rispondere , nella continuità
con il metodo e pensiero dell'apostolo , alla sfida rappresentata dalle
diverse nuove situazioni storiche e culturali delle comunità , alle
quali esse sono indirizzate.

64
III
La seconda Lettera ai Tessalonicesi

Questo breve scritto in forma epistolare di appena tre capitoli ,


comprendenti complessivamente 823 parole greche , incluso tradi­
zionalmente nel corpus paolino, è divenuto oggetto di interesse e di­
battito nell'epoca moderna e attuale per diverse ragioni . In primo
luogo per la presenza nel secondo capitolo di una sezione apocalit­
tica , che per il suo linguaggio e stile attira l'attenzione dei lettori . Da
questo fatto , alla fine del XVIII secolo , prendono lo spunto i primi
dubbi circa l'origine paolina della nostra lettera.
Alla questione della pseudepigrafia si aggiunge nel nostro secolo
quella dei «destinatari» della lettera. La seconda Lettera ai Tessalo­
nicesi in realtà sarebbe stata indirizzata originariamente solo alla co­
munità tessalonicese e non ai suoi capi; oppure al gruppo giudeo­
cristiano distinto dalla maggioranza etnico-cristiana della comunità;
oppure alla comunità cristiana macedone di Filippi o di Berea. 1 Am­
bedue le questioni sono intrecciate con il problema del rapporto let­
terario e storico della seconda Lettera ai Tessalonicesi con la prima.
Quest'ultimo problema apre il dibattito circa la datazione e l'inver­
sione cronologica delle due lettere . 2

1 A. VoN HARNACK, «Das problem des zweiten Thessalonicherbriefs», in Sit­


zungsberichten der Kgl. Preuss. Akkademie der Wiss., phil. hist. Kl. , Berlin 1910,
560-578, sulla base di alcuni indizi nelle due lettere ai Tessalonicesi sostiene che la
comunità cristiana locale è divisa tra un gruppo giudeo-cristiano e uno etnico­
cristiano; la nostra lettera sarebbe indirizzata al gruppo giudeo-cristiano ; M. DIBE­
uus, An die Thessalonicher I. l/. An die Philipper, Tubingen 21937, 57-58, ritiene
the la 1Ts è indirizzata solo ai capi della comunità ; la 2Ts all'intera comunità; E.
ScHWEIZER, «Der zweite Thessalonicherbrief ein Philipperbrief?» , in TZ 1 ( 1945),
90-105, sulla base della lettera di Policarpo ai Filippesi ( Phil. 3,2) , dove parla al plu­
rale di <<lettere» indirizzate da Paolo a quella chiesa, fa l'ipotesi che la nostra lettera
sia stata inviata originariamente alla chiesa di Filippi ; M. GoGUEL, lntroduction au
Nouveau Testament, Paris 1926, IV, l , 355-356, per le ragioni già accennate sopra la
nostra lettera sarebbe destinata alla comunità cristiana di Berea formata in maggio­
ranza da giudei convertiti .
2 Ugo Grozio nel l640, Commentario ad Loca Novi Testamenti quae de Antichri­
sto agunt, in Opera Theologica, IV,437 ; Annotationes in Novum Testamentum,
111,936, sostiene la priorità cronologica di 2Ts rispetto alla lTs; questa ipotesi è ripre-

65
L'analisi linguistica, che abbraccia quella lessicale , stilistica e let­
teraria dello scritto, può offrire alcuni dati utili per la lettura del te­
sto e la soluzione dei problemi relativi alla sua origine letteraria e
storica . Un confronto diretto tra la prima Lettera ai Tessalonicesi e
la seconda sullo sfondo della tradizione paolina dovrebbe integrare
il quadro delle informazioni per rispondere alla questione della sua
origine letteraria. Lo studio della situazione vitale dei destinatari
presupposta dal nostro scritto epistolare può fornire la piattaforma
più sicura per fondare un'ipotesi attendibile circa la sua origine sto­
rica. Infine sulla base di una lettura attenta del testo attuale della
nostra lettera è possibile anche far emergere i tratti distintivi del suo
messaggio teologico e spirituale .

l . L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LETTERA


Sotto questo titolo rientrano lo studio lessicale e semantico del
testo della lettera , la rassegna critica delle sue caratteristiche stilisti­
che , l'analisi della forma letteraria e della struttura del testo .

a) Le caratteristiche lessicali di 2 Ts
L'analisi comparata del vocabolario della 2Ts dà questi risultati :
tra gli 823 (Morgenthaler: 824) termini greci che ricorrono nella se­
conda Lettera ai Tessalonicesi vi sono 13 ( 1 1 : Rigaux) hapaxlegòme­
na neotestamentari , cioè vocaboli greci che non hanno corrispon­
denti negli altri scritti del NT; di questi almeno tre si trovano nella
versione greca dell'AT (LXX) ; si rilevano 19 (14: Rigaux) hapax­
legòmena paolini , cioè termini che non si trovano nel resto dell'epi­
stolario paolina ; essi sono concentrati soprattutto nel secondo capi­
tolo (2Ts 2, 1- 12) .3 Per il resto il lessico greco della seconda Lettera

sa da alcuni autori attuali: J. WEISS, Das Urchristentum , Gottingen 1914-1917, 217-


228 ; J . C. WEST, «The Order of l and 2 Thessalonians» , in JTS 15( 1914), 66-74 ; W.
HADORN , «Die Abfassung der Thessalonicherbriefe in der Zeit der 3 Missionsreise
des Paulus>> , in Beitrage z. Ford. christl. Theol. 24, 3-4, Giitersloh 1919, 1 1 6-127;
H.O. BRISTOL, «Paul's Thessalonian Correspondance>> , in Exp Tim 55(1944) , 223 ;
T. W. MANSON , «St. Paul in Greece: the Letters to the Thessalonians>> , in BJRL 35
(1952-1953) , 428-447; C.A. WANAMAKER, The Epistles to the Thessalonians , Grand
Rapids 1990.
3 B. RIGAUX, Les épitres aux Thessaloniciens , 80-85 , fa uno studio comparato tra
il vocabolario della lTs e quello della 2Ts e arriva alla conclusione che 146 vocaboli
sono comuni alle due lettere: la 2Ts ha 104 vocaboli propri ; dei 250 vocaboli diversi
rispetto alla 1Ts (complessivamente 466 nelle due lettere) 35 non si trovano nelle
quattro lettere maggiori di Paolo; 17 ricorrono nelle lettere della prigionia ; 3 nelle pa­
storali ; 7 in Ef e Col (Fil) ; dei 104 vocaboli propri della 2Ts circa una decina si trova­
no solo nell'epistolario paolino.

66
ai Tessalonicesi è imparentato con quello dei LXX e con il greco del­
la koinè, lingua corrente con alcune affinità letterarie che si riscon­
trano negli scrittori greci del primo e secondo secolo d. C. ; così per
esempio il termine àtopos di 2Ts 3 ,2, ricorre nel NT solo nell'opera
di Luca tre volte e nei testi della poesia ellenistica.
Alcuni vocaboli ed espressioni greche della nostra lettera riflet­
tono la terminologia specialistica dell'esperienza cristiana. Sono no­
tevoli alcune concentrazioni semantiche nei tre brevi capitoli dello
scritto epistolare . Nella preghiera di apertura si trova la costellazio­
ne semantica costituita da tre vocaboli tipici della tradizione paoli­
na: pìstis, agàpe, hypomon� (2Ts 1 ,3-4) . Il termine pìstis , ricorre in
2Ts complessivamente 5 volte (come in Fil e Col} ; agàpe , 3 volte
(come in Gal e Fm) , una volta con il genitivo toù Theoù (2Ts 3,5b) ;
hypomon�, due volte , associata a pìstis (2Ts l ,4} e ad agàpe (2Ts
3 ,5b) ; quest'ultima connessione semantica non si riscontra nell'epi­
stolario paolino , dove hypomon� è il più delle volte associato a elpìs
(lTs 1 ,3; Rm 5 ,3.4; 15 ,4) .
L'espressione stereotipa, che per due volte introduce la preghie­
ra di ringraziamento , eucharistèin ophèilomen , «dobbiamo rendere
grazie» (2Ts 1 ,3 ; 2 , 13) , non si trova nell'epistolario paolino , dove il
verbo ophèilein ricorre 1 1 volte nel senso di «dovere» etico e consue­
tudine , ma non è mai associato alla preghiera di ringraziamento .
Anche la formula kathòs axiòn èstin è inconsueta in un contesto di
preghiera paolina (2Ts l ,3; cf. Fil l , 7) . Per il resto il lessico della
preghiera di apertura è ricalcato su quello della l Ts , escluso il verbo
hyperauxànei, «crescere rigogliosamente>> , che non ha riscontri al­
trove nel NT (2Ts 1 ,3).
Merita di essere segnalata, subito dopo la preghiera iniziale , una
seconda costellazione semantica che ruota attorno ai termini dìkaios
(due volte) , dìke, ekdìkesis (2Ts 1 ,5-9) . Essa è contornata da due ha­
paxlegòmena neotestamentari : èndeigma e dìken tinèin (2Ts 1 ,5 . 9) .
Nel nostro contesto dìkaios è associato a krìsis , «giudizio» di Dio .
Nelle lettere di Paolo ai Romani e ai Galati , dove ricorre 8 volte ,
questo termine non è connesso direttamente al «giudizio di Dio» -
anche se in Rm 2,5 ricorre l'hapaxlegòmon neotestamentario dikaio­
krisìa di Dio - ma al processo di «giustificazione» per mezzo della
fede o all'agire etico . Nello stesso contesto si ha un'altra concentra­
zione semantica che gravita attorno al verbo thlibèin e al sostantivo
thlìpsis, che ricorrono rispettivamente due volte sulle 31 (24+7)
complessive dell'epistolario paolino (2Ts 1 ,4.6-7) .

67
Nel secondo capitolo della lettera è già stata rilevata la peculia­
rità semantica della sezione «apocalittica» (2Ts 2, 1-12). Gli hapax­
legòmena paolini sono : episynagogè (2 ,lb) ; salèuesthai (2,2) ;
throèisthai (2 ,2) ; apostasìa (2 ,3) ; sèbasma (2,4) ; anairèin (2,8) . Sono
rare e inconsuete per l'epistolario paolino anche le espressioni àn­
thropos tes anomìas, hyiòs tes apolèias (2,3) , mystèrion tes anomìas
(2,7) . Assieme ai vocaboli epiphàneia e parousìa queste espressioni
nelle ricorrenze neotestamentarie gravitano nell'area apocalittica o
della «rivelazione)) . Il termine epiphàneia, oltre al nostro testo di
2Ts 2,8, si trova cinque volte nelle lettere pastorali , dove però non è
mai associato a parousìa . Quest'ultimo vocabolo ricorre 24 volte nel
NT, di cui almeno la metà nel contesto dell'attesa escatologica . Ma
quello che impressiona è la sua concentrazione nel nostro testo -
2Ts 2 , 1 .8.9 - e la connessione in 2Ts 2,8 con la figura di «Satana)) .
Nel terzo capitolo , di carattere esortativo pratico , v a segnalata la
costellazione semantica costruita attorno al verbo ergàzesthai, che
nella sezione di 2Ts 3 ,6-1 5 ricorre quattro volte . Esso riflette la ter­
minologia paolina di lTs 2,9; 4 , 19. Ma nel nostro testo è singolare la
paranomasia con il composto periergàzesthai (2Ts 3 , 14) , che non ha
paralleli nel NT (cf. periergòs in At 19,19; lTm 5 , 13) . L'area seman­
tica opposta al «lavorare)) è definita dai vocaboli della devianza e
«disordine)) àtopos (3 ,2a) ; atàktos (3 ,6. 1 1 ) ; ataktèin (3,7) . Il primo è
un hapaxlegòmenon paolino ; gli altri due non si trovano altrove nel
NT. La peculiarità lessicale di questa sezione , fortemente imparen­
tata con la prima Lettera ai Tessalonicesi, è la ricorrenza di altri due
verbi unici nel NT: kalopoiùn (3 ,13) ; semeioùsthai (3,14) . Anche
l'invito a «imitare)) l'esempio di Paolo è espresso con un verbo raro
memèisthai (3 ,7 .9) , che non ha corrispondenti nel resto dell'episto­
lario paolino , dove invece ricorre 6 volte il sostantivo mimetès (l Ts
1 ,6; 2, 14) .
Infine va segnalata la terminologia cristologica della nostra lette­
ra a confronto con quella paolina. Il titolo Kyrios compare 22 volte ,
di cui 10 volte in forma assoluta, 9 volte nella formula di tenore litur­
gico Kyrios (hemon) Iesoùs Christòs ; tre volte in quella più breve
Kyrios (hemon) Jesoùs. Questa terminologia cristologica solenne
prevale nettamente su quella più umile o semplice : non si riscontra
mai il nome Jesoùs da solo; una sola volta ricorre il titolo Christòs in
forma assoluta (2Ts 3 ,5) ; neppure compare la tipica formula paolina
Iesoùs Christòs ( Christòs Iesoùs) introdotta dalle particelle ènlèis .

68
Nella nostra lettera la suddetta formula cristologica è sempre am­
pliata con l'aggiunta di Kyrios. Per cogliere questa peculiarità della
nostra lettera nell'uso della terminologia cristologica basti osservare
che nella l Ts l'uso assoluto di Christòs si ha tre volte su un totale di
dieci ricorrenze delle formule cristologiche .
La netta prevalenza del titolo Kyrios in 2Ts risulta immediata­
mente dal confronto con le lettere paoline più vicine per ampiezza
alla nostra lettera: in Fil il titolo Kyrios si trova 15 volte (8 in forma
assoluta) , in Gal 6 volte (tre in forma assoluta) . Una frequenza ana­
loga di Kyrios si riscontra nella Lettera agli Efesini (26 volte) , Co­
lossesi (16 volte) e 2Timoteo (16 volte). La formula Iesoùs Christòs
nell'epistolario paolino è cosl distribuita: ricorre 29 nelle lettere au­
tentiche e solo quattro nelle deuteropaoline ; la formula Christòs lé­
soùs si trova 42 nelle protopaoline e 36 nelle deuteropaolirie com­
presa la lTs, dove ricorre due volte (lTs 2,14; 5 , 18) .

b) Le caratteristiche letterarie e stilistiche di 2 Ts4


Lo stile della seconda Lettera ai Tessalonicesi è caratterizzato da
una certa ridondanza che risulta dall'ampiezza delle frasi accostate o
subordinate e dalla iterazione dei concetti disposti in forma seriale . I
tre brevi capitoli della lettera sono costituiti complessivamente da 28
proposizioni principali . Ma il primo capitolo , formato da 12 versetti
e 235 parole consta di 3 sole proposizioni principali . Dopo quella ini­
ziale (2Ts 1 , 1-2) , che fa da intestazione della lettera - mittenti , de­
stinatari e saluto - segue per otto versetti una lunga frase composta
da 1 1 proposizioni subordinate introdotte da hòti, hoste (1 ,4) , sulle
quali si innestano altre brevi frasi relative o participiali (2Ts 1 ,3-10) .
Questa tessitura ridondante e intrecciata del testo non risulta nella
traduzione italiana della CEI che spezza il lungo periodare del testo
originale greco in quattro frasi principali distinte .
Il primo capitolo si chiude con un terzo ampio periodo , il cui
andamento ondulare è conservato anche nella traduzione italiana
(2Ts 1 , 1 1- 12) . La proposizione principale viene introdotta dall'e­
spressione èis hò kài proseuchòmetha. Questa è la terza ricorrenza
della particella èis, che nella frase precedente introduce una delle

4 D.D. ScHMIDT, «The syntactical style of 2Thessalonians ; how Pauline is it?>>, in


F. R. CoLLINS , a cura di, The Thessalonian Correspondence (BETL 98) , Leuven 1 990,
383-393 .

69
proposizioni infinitive subordinate : èis tò . . . (1 ,5b) . Le due propo­
sizioni subordinate dell'ultima frase del capitolo sono introdotte ri­
spettivamente da hìna e hòpos, che reggono tre verbi al congiuntivo :
axiòse-i, plerbse-i ( 1 , 1 lb} , endoxasthe-i ( 1 , 12) .
Il secondo capitolo , composto da 314 parole e 17 versetti , a pri­
ma vista appare più articolato , in quanto consta di 9 frasi . In realtà i
primi quattro versetti comprendono due sole proposizioni relativa­
mente ampie (2Ts 2, 1-4) . Dopo un intermezzo di stile epistolare
(2,5-6) , segue un breve annuncio (2,7) , commentato da una frase
che si sviluppa per tre versetti (2Ts 2,8-10) . Essa è completata da
un'altra proposizione principale , sulla quale si innestano due subor­
dinate (2Ts 2, 1 1-12) . La prima è una proposizione infinitiva intro­
dotta dalla formula tipica , che ricorre complessivamente quattro
volte nel secondo capitolo della nostra lettera: èis tò . . (2Ts 2,2a.6a.
.

lOc. l lb} . L'ultima parte del capitolo di stile parenetico è composta


da tre proposizioni : due più ampie , che fanno da cornice a una frase
più breve (2Ts 2, 13-14. 15. 16- 17) .
Il terzo capitolo , formato da 273 vocaboli e 18 versetti, rispetto
ai precedenti dà l'impressione di essere più composito e vario . Si
apre con una frase , formata da una proposizione principale e da due
subordinate , rette da hìna (2Ts 3 , 1-2a) . Seguono altre quattro più
brevi di stile epistolare . La parte più ampia del capitolo , prima delle
rapidissime formule di benedizione e saluto finali (3 , 16-18} , è costi­
tuita da una serie di esortazioni e inviti , in cui una proposizione prin­
cipale è seguita da una o più subordinate (2Ts 3 ,6-15) . La frase più
ampia è quella centrale , dove la proposizione principale si snoda in
altre otto subordinate spesso coordinate tra loro (2Ts 3 ,7-9) . Tra
queste l'ultima proposizione infinitiva è introdotta dall'espressione :
èis tò (3 ,9c) .
Un'analisi più minuta del materiale di costruzione delle singole
frasi e proposizioni rivela le peculiarità stilistiche del nostro scritto e
conferma l'impressione di ridondanza particolarmente rilevante in
alcune sezioni . Sono già state segnalate nell'analisi lessicale alcune
concentrazioni semantiche e giochi di assonanza verbale o parano­
masie . In questo contesto si possono richiamare quelle dell'ampio
periodo del primo capitolo: alla menzione di tes dòxes , fa riscontro il
verbo endoxasthènai (1 ,9c. 10a ; cf. 1 , 12a: endoxasthe-i) ; al participio
èn pàsin pistèusasin, fa eco il verbo epistèusthe ( 1 , 10bc; cf. 1 , 1 1c:
pìsteos) .
Un tratto distintivo dello stile della seconda Lettera ai Tessaloni­
cesi è il ricorso frequente in alcune sezioni al genitivo con funzione
aggettivale come nella lingua ebraica. In alcuni casi si tratta di evi-

70
denti prestiti o allusioni a fraseologie bibliche secondo la versione
dei Settanta, com'è il caso delle espressioni èn pyrì pflogòs , «in fuo­
co ardente» (2Ts 1 ,8a; cf. 1 ,9c) . Risentono di questo influsso biblico
le formule della «sezione apocalittica» : hò ànthropos tes anomìas; hò
hyiòs apolèias (2,3c) . A queste si possono accostare le espressioni
affini che ricorrono nella sezione successiva: mystèrion. . . tes ano­
mìas; tei epiphanèia-i tes parousìas; èn tèrasin psèudous; èn . . . apàte-i
adikìas; ten agàpen tes alethèias; energèian tes plànes (2,7-1 1 ) . Anche
nel contesto parenetico riaffiora questo uso del genitivo con funzio­
ne aggettivale : èn hagiasmo-i pnèumatos kài pìste-i alethèias (2 ,13c) .
Un altro aspetto tipico dello stile di questa lettera è la tendenza
ad accostare due o più termini in una concatenazione seriate o anti­
tetica. È il caso della messa in guardia in apertura del capitolo se­
condo : «Ora vi preghiamo . . . di non lasciarvi così facilmente confon­
dere e turbare , né da parte di pretese ispirazioni , né da parole , né da
qualche lettera fatta passare come nostra» (2Ts 2, 1-2) . Nel testo gre­
co è più forte l'effetto di iterazione con la sequenza di cinque parti­
celle negative : me . . . medè. . . mete. . . mete. . . mete; e di quattro dià. È
notevole anche l'accumulazione di tre termini che però corrispondo­
no alla fraseologia biblica: èn pase-i dynàme-i kài semèiois kài tèrasin
(2Ts 2,9b) . Anche la ripresa nel capitolo terzo delle espressioni della
prima Tessalonicesi per raccomandare l'esempio di Paolo ne accen­
tua l'aspetto iterativo : «abbiamo lavorato con fatica e sforzo , notte e
giorno» (2Ts 3 ,8b) .

c) La struttura letteraria della 2 Ts5


Le proposte relative alla struttura della seconda Lettera ai Tes­
salonicesi si diversificano sulla base dei criteri adottati . Tuttavia le
varie ipotesi convergono su almeno due punti : a) la cornice epistola­
re del nostro scritto (2Ts 1 , 1-2 ; 3 , 16-18) ; b) l'articolazione del testo
in tre sezioni , diversamente suddivise e connesse tra loro . I criteri
dell'analisi retorica applicati alla nostra lettera ne confermano l'uni­
tà e integrità .6 Sulla base di questi criteri F.W. Hughes propone la
seguente ipotesi di struttura :

5 M.J .J. MENKEN , <<The structure of 2Thessalonians>> , in F. R. CoLLINS, a cura di ,


The Thessalonian Correspondence (BETL 98) , Leuven 1990 , 373-382.
6 Rimane isolata l'ipotesi di W. ScHMITHALS, <<Die Thessalonicherbriefe als
Briefkomposition>> , in E. DINKLER , a cura di, Zeit und Geschichte, Fs. R. Bultmann ,
Tubingen 1964, 295-31 5 , che considera l'attuale seconda Lettera ai Tessalonicesi
composta da due distinte lettere originali: A. 2Ts 1 , 1 -2+3 ,6-16; B . 2Ts 2,13-14+2,1-
12+ 2,15-3 ,5+ 3, 17-18.

71
A 1 , 1-12: exordium , ringraziamento e preghiera per gli ascol­
tatori;
B 2 , 1-2 : partitio , presentazione delle due prove o argomenta­
zioni :
a) 2,3-12: probatio , la parousìa non è ancora imminente ;
b) 2 , 13-1 5 : probatio , ragioni per conservare la tradizione rice-
vuta ;
B ' 2 , 16-17: peroratio , riassume l'argomentazione precedente ;
C 3 , 1-15: exhortatio , conclusiva .
3, 16-18: postscritto epistolare. 7
Le divergenze d i R. Jewett circa l a strutturazione «retorica» del­
la 2Ts riguardano la parte centrale probatio (B) , che egli estende fi­
no a 2Ts 3 , 5 . La terza parte (3,6-15) viene considerata come ex­
hortatio e la conclusione epistolare (3, 16-18) come peroratio .8
Un ulteriore elemento utile per ricostruire la struttura di 2Ts è
quello rilevato da J .L. Sumney: vi sono delle evidenti corrisponden­
ze o riprese lessicali in una diversa prospettiva tra le diverse parti
della lettera : 2Ts 1 ,3//2 , 1 3 ; 1 ,4.8. 10. 1 1//2,14; 1 ,5-8//2 , 15-17; 1 , 10-
1 11/3 , 1 ; 1 , 1 11/3 ,3; 1 , 12//3 ,5. Sulla base di questi dati egli riscontra
anche nella nostra lettera lo schema paolina in tre parti ABA ' , cosi
articolate : A . 2Ts 1 ,3-12; B . 2Ts 2,1-12; A' . 2Ts 2 , 1 3-3 ,5. La sezio­
ne finale (3,6-15) sarebbe l'applicazione pratica del discorso prece­
dente alla situazione di crisi della comunità tessalonicese . 9 In queste
ipotesi di struttura della 2Ts rimane incerta e discutibile il punto di
sutura o passaggio dalla seconda alla terza parte (2Ts 2 , 13-3,5). 1 0
Per valutare le diverse ipotesi di struttura è opportuno tenere
presenti alcuni dati del testo . In primo luogo vanno segnalate le for­
mule ed espressioni della comunicazione epistolare . Oltre alla cor­
nice (2Ts 1 , 1-2; 3 , 16-18) , il corpo della lettera è scandito da altri ri­
chiami al lessico e stile epistolare. Nel primo capitolo , dopo l'inte-

7 F. W. HUGHES , Early christ«ln Rhetoric and 2Thessa/onians (JSNT Suppl. Ser.


30) , Sheffield 1989.
8 J. JEWETI, The Thessalonians Correspondence: Pauline Rhetoric and Millena­
rian Piety (Foundations and Facets) , Philadelphia 1986.
. 9 J . L. SuMNEY, «The Bearing of a Pauline Rhetoric Pattern on the Integrity of
2Thessalonians», in ZNW 81(1990) , 192-204.
10
RIGAUX, Les Épltres aux Thessa/oniciens , 40, include 2Ts 2 , 1 3-3 ,5 nella secon­
da sezione della seconda parte , come esortazione pratica dopo l'istruzione sulla pa­
rousìa; la stessa suddivisione si trova in W.G. Kiimmel , J . M . Cambier, E. Ghini, G .
Barbaglio .

72
stazione , dove sono indicati i mittenti , i destinatari e il saluto , con la
formula: «dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi , fratelli ,
come è ben giusto» , si introduce un'ampia preghiera di ringrazia­
mento con un'implicita funzione parenetica (2Ts 1 ,3-10) . Una se­
conda formula di «preghiera di invocazione» - «anche per questo
preghiamo sempre per voi» - prepara la conclusiva di carattere
dossologico (2Ts 1 , 1 1-12) .
È evidente il parallelismo stilistico nella introduzione delle due
«preghiere» - eucharistèin . . . pàntote perì hymon/lproseuchòmetha
pàntote peri hymon (2Ts 1 ,3a. l la) . Vi sono inoltre alcuni nessi lessi­
cali che indicano le scansioni tematiche . La prima parte della pre­
ghiera di ringraziamento si fonda sulla condizione spirituale dei «fra­
telli», richiamata da tre verbi e dai rispettivi sostantivi : hyperauxànei
hè pìstis (1 ,3b) ; pleonàzei hè agàpe (1 ,3c) ; egkauchàsthai. . . hypèr tes
hypom6nes kài pìsteos ( 1 ,4) . Il tema della hypomonè, «costanza» , è
associato a quello delle «persecuzioni e tribolazioni», thlìpsis, che fa
da ponte alla sequenza del «giusto giudizio» di Dio (2Ts l ,5- 1 1 ) . Es­
so è presentato con il linguaggio «apocalittico» di matrice biblica e lo
schema dualistico della retribuzione . Protagonista del «giudizio di
Dio» è il «Signore Gesù», che verrà in «quel giorno» per essere glo­
rificato , endoxasthènai, in tutti i suoi santi ed «essere riconosciuto in
tutti quelli che hanno creduto , perché è stata creduta, tòis pistèusa­
sin, hòti epistèuthe, la nostra testimonianza in mezzo a voi» (2Ts 1 ,8-
10) .
Il tema del «credere/fede», pistèueinlpìstis ha una risonanza nella
preghiera conclusiva del capitolo primo, in cui si chiede: che «il no­
stro Dio vi renda degnh> , axiòse-i, della sua chiamata e porti a com­
pimento . . . l'opera della vostra fede , èrgon tes pìsteos ; perché sia glo­
rificato , endoxasthe-i, il nome del Signore nostro Gesù in voi» (2Ts
l , l lc-12a) . I richiami tematici sono favoriti dalle corrispondenze
lessicali , che si intrecciano in questo primo capitolo . La prima ri­
chiesta della preghiera, che fa leva .sul verbo axioùsthai, rimanda al­
la sequenza del giusto giudizio di Dio che «proclamerà degni , èis tò
kataxioùsthai, del regno di Dio» quelli che «soffrono per esso» (2Ts
1 ,5). È notevole anche la concatenazione lessicale che si sviluppa at­
torno al tema della «gloria», dòxa, mediante il duplice ricorso del
verbo endòxasthai (2Ts 1 ,9c. l0a . l2a) .
Con questa prospettiva della «gloria» di Gesù nostro Signore e
dei credenti in lui , «secondo la grazia del nostro Dio» , si chiude il
primo capitolo . L'apertura della nuova sezione è segnalata da un
nuovo verbo della comunicazione epistolare , erotomen , e dall'appel-

73
lativo adelphòi, che viene ripreso ancora due volte nel seguito del
capitolo secondo ( 2Ts 2,1a. 13a. l4a ) . In tutte e tre i casi si tratta di
una ripresa del dialogo epistolare , in cui si alternano i pronomi
«noi» «VOi». Un piccolo intermezzo di stile epistolare è rappresenta­
to dai due versetti che dividono la «sezione apocalittica>> : «Non vi ri­
cordate che , quando ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora
sapete . . . » ( 2Ts 2,5-6a ) .
Questo dialogo viene ripreso nella preghiera di ringraziamento ,
introdotta con una formula quasi identica a quella di apertura della
lettera : «Noi però dobbiamo sempre rendere grazie , ophèilomen eu­
charistèin . . . pàntote, a Dio per voi , fratelli amati dal Signore» ( 2Ts
2,13 ) . Esso continua nella serie di imperativi che accompagnano
l'appellativo adelphòi: «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le
tradizioni . . . Per il resto, fratelli, pregate per noi . . . » (2Ts 2 , 15 ; 3 , 1 a ) .
Quest'ultimo invito sfocia in una dichiarazione di fiducia che me­
diante il verbo paraggèllein , «ordinare», fa da ponte all'ultima sezio­
ne di carattere prescrittivo : «Vi ordiniamo pertanto fratelli . . . vi or­
dinammo . . . a questi tali ordiniamo» ( 2Ts 3 ,4. 6. 10. 12 ) .
Sulla base di questi rilevamenti circa lo stile epistolare si devono
includere nella seconda parte centrale non solo gli ultimi cinque ver­
setti del capitolo secondo , ma anche i primi cinque versetti del terzo ,
dove si ha un esplicito richiamo lessicale e tematico. Infatti l'esorta­
zione a mantenere le tradizioni «apprese sia dalla nostra parola sia
dalla nostra lettera» corrisponde alla chiamata di Dio mediante il
«nostro vangelo» ( 2Ts 2 , 14. 15 ) . A questa esortazione corrisponde
l'invito alla preghiera «perché la parola del Signore si diffonda e sia
glorificata come lo è anche tra voi» (2Ts 3 , 1 ) . Similmente la dichia­
razione di fiducia, che chiude il capitolo secondo : «E lo stesso Signo­
re nostro Gesù Cristo . . . conforti i vostri cuori e li confermi , sterìxai,
in ogni opera e parola di bene», ha un'eco in quelle che chiudono la
duplice esortazione dei primi versi del capitolo terzo : «Ma il Signore
è fedele ; egli vi confermerà , sterìxei . . . Il Signore diriga i vostri cuori
nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo» ( 2Ts 3 ,3a.5 ) .
I versetti conclusivi del capitolo secondo a loro volta si innestano
con un gioco di contrappunto sugli ultimi due versetti della cosiddet­
ta «sezione apocalittica» , che occupa la parte centrale dello stesso
capitolo ( 2Ts 2, 1-12) . È facilmente rilevabile l'antitesi tematica tra il
destino di quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'a­
more alla verità, tèn agàpen tes alethèias , per essere salvati , èis tò so­
thenai» , e quelli che Dio ha scelto come primizia per la salvezza, èis
soterìan , attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e la fede nella
verità , pìstei alethèias» (2Ts 2 , 10 . 13 ) .

74
Una corrispondenza lessicale e tematica fa da cornice al quadro
apocalittico centrale . Infatti la messa in guardia iniziale che annun­
cia il tema del secondo capitolo - «riguardo alla parousìa del Signo­
re nostro Gesù Cristo e alla nostra episynagog't! con lui» - avverte i
destinatari a non lasciarsi confondere e turbare «né da pretese ispi­
razioni , né da parole , dià lògou, né da qualche lettera fatta passare
come nostra, dià episto/es hos dfhemon , quasi che il giorno del Si­
gnore sia imminente» ( 2Ts 2, 1-2 ) . Il riferimento alle false e allar­
manti informazioni trova un'eco antitetica nell'esortazione positiva
finale : «Perciò , fratelli , state saldi e mantenete le tradizioni che ave­
te apprese da noi sia dalla nostra parola , dià lògou , sia dalla nostra
lettera, dfepisto/es hemon» ( 2Ts 2,15 ) .
Un breve appello al discernimento critico apre la sezione di ca­
rattere «apocalittico»: «Nessuno vi inganni , exepatese-i, in alcun mo­
do !» ( 2Ts 2,3a ) . L'inganno, apàte, è il destino di quelli che vanno in
rovina (2Ts 2 , 10a ) . Sono quindi indicate le due condizioni previe
della parousìa : la venuta dell'apostasia e la rivelazione dell'uomo
iniquo, hò ànthropos tes anomìas, il figlio della perdizione. Quest'ul­
timo viene ulteriormente identificato mediante una coppia di parti­
cipi , esplicitati da tre espressioni concatenate di matrice biblica:
«colui che si contrappone , hò antikèimenos,
e si innalza, kài hyperairòmenos ,
sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto ,
fino a sedere nel tempio di Dio ,
additando se stesso come Dio» ( 2Ts 2,4 ) .
Questo quadro «apocalittico» è ripreso e sviluppato dopo il bre­
ve dialogo epistolare circa le informazioni già avute e conosciute dai
destinatari . Essi infatti ora sanno «ciò che impedisce , to katèchon , la
sua manifestazione che avverrà nella sua ora» (2Ts 2,5-6) . Il verbo
«rivelarsi» , apokalypsesthai, è il filo conduttore della nostra sezione
(2Ts 2,3b.6.8a ) . Nella stessa area apocalittica rientra anche il termi­
ne «mistero» , myst't!rion (2Ts 2,7 ) . L'omogeneità tematica del brano
è sottolineata dalla ripetizione e risonanza dei termini :
«Il mistero dell'iniquità, tes anomìas, è già in atto , energèitai, ma
è necessario che sia tolto di mezzo ciò che finora lo trattiene , hò ka­
tèchon . Solo allora sarà rivelato , apokalyphthèsetai, l'empio , hò
ànomos, e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca
e lo annienterà all'apparire della sua venuta, epiphanèia tes parou­
sìas ; la cui venuta , parousìa , avverrà nella potenza , kat'enèrgeian , di
satana, con ogni specie di portenti , di segni e di prodigi menzogneri
e con ogni sorta di empio inganno , èn pàse-i apàte-i adikìas . . » ( 2Ts
.

2,7-10a ) .

75
Qui si innesta la presentazione della sorte di quelli che sono vitti­
me dell'empio inganno dell'iniquo che opera con la potenza di sata­
na per la loro perdizione . Si tratta di quelli che vanno in rovina , ­
tòis apollymènois , un richiamo al «figlio della perdizione, apoleìas di
2,3c - perché non hanno accolto l'amore alla verità» . Questo è il
motivo per cui «Dio invia loro una potenza , enèrgeian , di inganno ,
perché essi credano alla menzogna e così siano condannati con tutti
quelli che non hanno creduto alla verità , hòi m� pistèusantes te-i a/e­
thèiai, ma hanno acconsentito all'iniquità , te-i adikìa-i» (2Ts 2 , 1 1-
12) . In questa presentazione del quadro dei «perduti» è intenzionale
il contrasto con quello dei «salvati» . Quest'ultimi sono quelli che
Dio ha scelto per la salvezza attraverso lo Spirito di santificazione e
la «fede nella verità» , pìstei a/ethèias (2Ts 2, 13b) .
La terza parte della lettera di carattere prescrittivo è anticipata in
alcune dichiarazioni che concludono la parenesi della sezione apoca­
littica . Tra queste vi è l'accenno agli «uomini perversi e malvagi» , dai
quali si chiede di essere liberati. Si tratta di quelli che sono estranei
alla «fede» , dono di Dio (2Ts 3 ,2) . L'autore esprime la sua ferma fi­
ducia che il Signore è in grado di custodire i credenti dal «maligno»,
apò toù poneroù, e nello stesso tempo è convinto che essi già mettono
in pratica quello che egli «ordina» , ha paraggèllomen (2Ts 3 ,4) . Con
questo verbo è chiaramente annunciata la sezione finale .
L'autore in modo autorevole - «nel nome del Signore nostro
Gesù Cristo» - dispone , paraggèllomen , che si tengano lontani da
ogni fratello indisciplinato , atàkt6s, che non si comporta secondo la
tradizione ricevuta (2Ts 3 ,6) . Segue un'ampia motivazione di questa
norma tradizionale con il richiamo all'esempio dell'autore che i de­
stinatari della lettera devono imitare , mimèisthai. Esso è condensato
in una sentenza o regola: «chi non vuoi lavorare neppure mangi»
(2Ts 3 ,7- 10) . Seguono un'ulteriore precisazione del caso di quelli
che «vivono disordinatamente , atàktos, senza far nulla e in continua
agitazione» e la relativa disposizione ed esortazione autorevole «nel
Signore Gesù Cristo» : «mangiare il proprio pane lavorando in pace»
(2Ts 3 , 1 1-12) .
L'invito positivo ai fedeli - fate il bene senza scoraggiarvi - in­
troduce la disciplina comunitaria da praticare nei confronti di chi
non obbedisce alle disposizioni dell'autore messe per iscritto (2Ts
3 , 13-15) . Con altri termini si riprende alla fine la norma già indicata
in apertura della sezione , dove si dice di tenersi lontani dal fratello
indisciplinato : segnalare chi si ribella, non unirsi a lui perché si rav­
veda; non trattarlo da «nemico» , ma ammonirlo come un «fratello» .

76
In tal modo risulta la struttura concentrica di quest'ultima sezione ,
dove le parti estreme ruotano attorno a quella centrale , dominata
dall'esempio da imitare rypon èis tò mimèsthai e condensata nella re­
gola del «lavorare», ergàzesthai (2Ts 3 , 10) .
Gli ultimi versetti del capitolo terzo chiudono la lettera con alcu­
ne varianti rispetto allo schema protocollare . La più vistosa è la di­
chiarata ed esplicita autenticazione della lettera mediante il saluto
autografo di Paolo (2Ts 3 , 17) . Essa è contornata da una invocazione
della pace da parte del «Signore della pace» e dal saluto finale : «La
grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi» (2Ts
3, 16a. l8) . Quest'ultima formula riprende quella che accompagna
l'invocazione della pace: «<l Signore sia con tutti voi» (2Ts 3 , 16b ) .

La ridondanza di queste ultime righe è amplificata dalla ripetizione


del termine greco pàs/pantòs: cinque volte .
Dopo questa analisi si può tracciare la struttura letteraria e te­
matica della seconda Lettera ai Tessalonicesi in modo sintetico così :

l , 1-2: intestazione della lettera


Prima parte: La preghiera a Dio per i destinatari , 1,3-12 :
l ) Preghiera di ringraziamento , l ,3-1 O:
a) per la condizione spirituale dei destinatari tribolati , 1 ,3-4;
b) che vivono in attesa del «giusto giudizio di Dio» , 1 ,5-10;
2) Preghiera di invocazione per essere degni della chiamata di
Dio , 1 , 1 1-21 .
Seconda parte : Avvertimenti ed esortazione nell'attesa della
parousìa del «giorno del Signore» , 2, 1-3, 5:
l) Annuncio tematico e messa in guardia contro gli allarmismi
apocalittici , 2 , 1 -3a;
2) Le condizioni previe della «rivelazione» dell'iniquità e della
«parusia» vittoriosa del Signore , 2,3b-12:
a) l'apostasia e la rivelazione dell'uomo iniquo , 2,3b-4 ;
b) richiamo alle conoscenze dei destinatari , 2,5-6a;
c) la rivelazione dell'iniquo e la parusia del Signore , 2,6b-9 ;
d) il destino di quelli che non amano la verità, 2, 10-1 1 ;
3) Preghiera di ringraziamento e invocazione per i fedeli, 2,13--3 ,5.
Terza parte: Disposizioni sul modo di comportarsi con i fratelli
disordinati , 3, 6-15 :
a) disposizione generale , 3,6;
b) esempio da imitare e regola del lavoro , 3 ,7-10;
c) disposizioni disciplinari , 3 , 1 1-15.
Invocazione , autenticazione e saluto finale , 3 , 16-18.

77
2 . L'ORIGINE LETIERARIA DELLA 2Ts

Per ricostruire la storia della produzione del testo della seconda


Lettera ai Tessalonicesi viene preso in considerazione in primo luo­
go l'ambiente culturale che si riflette nel testo stesso . In particolare
sono esaminate le affinità lessicali , stilistiche e tematiche della no­
stra lettera poste a confronto con i testi dell'Antico e Nuovo Testa­
mento . Data la collocazione di 2Ts nel corpus degli scritti paolini
uno studio speciale merita il suo rapporto con le altre lettere e in
modo più diretto con la prima Lettera ai Tessalonicesi .

a) Il rapporto di 2 Ts con gli scritti dell'A T

Nel paragrafo dell'analisi linguistica sono già stati segnalati i


contatti tra il testo della seconda Lettera ai Tessalonicesi e la ver­
sione greca della Bibbia detta dei «Settanta» . Oltre a questa affini­
tà a livello lessicale , meritano di essere rilevati alcuni prestiti di
espressioni e formule della nostra lettera dal testo greco di alcuni
libri biblici . L'autore di 2Ts non fa nessuna citazione biblica esplici­
ta - cioè introdotta da una formula come «sta scritto» o altra -
ma utilizza termini e frasi bibliche inserite come tessere nella sua
composizione. Si calcola che nei tre capitoli di 2Ts vi siano oltre
circa 28 citazioni implicite o allusioni ai testi biblici dell' AT, così
distribuite :

1 ,7 : Zc 14,5 ;
1 ,8 : Is 66,4. 1 5 ; Ger 10 ,25 ; Sal 79 ,6;
1 ,9 : Is 2, 10. 19.21 ;
1 , 10: Sal 67,36; Sal 88 ,8; Is 49 ,3;
1 , 12 : Is 24 ,14; Sal 66,5 ; MI 1 , 1 1 .
2 , 1 : 2Mac 2,7;
2 ,3 : Is 57 ,3-4 ; Sal 88 ,23 ;
2,4: Ez 28 ,2; Dn 1 1 ,36;
2,8: Is 11 ,4; Ez 21 ,24-25 ; Gb 4,9; Sal 32 ,6;
2 , 1 3 : Dt 33 ,12.
3,1: Sal 147 , 1 5 ;
3 ,2 : I s 25 ,4;
3,5: 1Cr 29 , 18;
3,8: Ger 20,18.

78
Tra i libri della Bibbia la preminenza per le allusioni spetta a
Isaia (10) ; seguono i Salmi (7) ; poi Geremia ed Ezechiele (2) ; Zac­
caria , Malachia, Giobbe , Deuteronomio , ! Cronache , 2Maccabei
( 1 ) . Queste citazioni bibliche implicite sono concentrate in alcuni
versetti del primo e del secondo capitolo . Quelle del terzo capitolo
sono molto attenuate e incerte. Nel primo capitolo con il montaggio
della fraseologia biblica viene descritta nel contesto del «giusto giu­
dizio di Dio» la «rivelazione» , apokàlypsis , del «Signore Gesù dal
cielo con gli angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta
di quelli che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del
Signore nostro Gesù» (2Ts 1 ,8//Sal 79 ,6; Is 66, 1 5 ; Ger 10,25) . È in­
teressante rilevare in questo testo come le espressioni bibliche sono
attualizzate e integrate con quelle di stile cristiano .
Anche l'esito del giudizio di condanna viene presentato da un'e­
spressione coniata dall'autore e confermata da una seconda di carat­
tere biblico : «Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lon­
tano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza (2Ts
1 ,9//Is 2,10. 19.21 ) . Anche l'inizio del versetto successivo , dove si
parla della «venuta» del Signore «per essere glorificato nei suoi san­
ti» , risente dell'influsso dei testi biblici (2Ts 1 , 10//Sal 88 ,8; Is 49,3;
2Ts 1 , 12//Is 24, 1 5 ; 66,5; Ml l , l l) . È evidente nell'uso di questi testi
biblici la loro rilettura cristologica. Il «Signore», di cui si parla nel
testo biblico dell' AT, è identificato spontaneamente con Gesù il «Si­
gnore nostro>> .
Una seconda concentrazione di allusioni bibliche si ha nella
«sezione apocalittica» del secondo capitolo . Non solo il lessico e lo
stile risentono dell'influsso dei testi biblici , ma alcune espressioni vi
sono mutuate di sana pianta senza formule di citazione. Queste si
riscontrano nel quadro della «rivelazione» dell'«uomo dell'iniqui­
tà» , «il figlio della perdizione» , «che si contrappone e s'innalza so­
pra ogni essere che viene detto Dio è oggetto di culto , fino a sedere
nel tempio di Dio , additando se stesso come Dio» (2Ts 2,3-4//Dn
1 1 ,36; Ez 28,2) . Ancora con un montaggio di espressioni bibliche
viene presentato lo scontro finale tra l'empio e il Signore Gesù:
«allora si rivelerà l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il
soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta»
(2Ts 2,8//Gb 4,9; Is 1 1 ,4) .
Anche in questo caso è evidente la combinazione del formulario
biblico tradizionale con quello coniato dall'autore . In tal modo la
presentazione della crisi apocalittica e l'annuncio del suo supera-

79
mento grazie alla «manifestazione della parusia del Signore Gesù»
sono nello stesso tempo confermati dalla tradizione biblica e attua­
lizzati in funzione della fede e parenesi cristiana . Da questo sondag­
gio circa il modo di leggere i testi della tradizione biblica veterote­
stamentaria si ricava l'impressione che l'autore ha una certa familia­
rità con la versione greca della Bibbia, dalla quale attinge non solo il
suo lessico , ma anche le espressioni e concezioni adattandole abil­
mente alla sua argomentazione .

b) Il rapporto della 2 Ts con i testi del NT

Anche in questo caso si tratta di affinità lessicale , stilistica e te­


matica della nostra lettera con i testi del Nuovo Testamento , a esclu­
sione dei contatti più espliciti e diretti con la prima Lettera ai Tessa­
lonicesi . Un sondaggio condotto sulla base dei riferimenti segnalati
dalla XXVII edizione critica di Nestle-Aland dà questi risultati : so­
no complessivamente 54 i rimandi ai testi dell'epistolario paolino
( inclusa la 1Ts) , di cui 46 al gruppo delle lettere protopaoline ; 29
agli altri testi del NT con una netta prevalenza del Vangelo di Mat.­
teo ( 9 ) , dell'Apocalisse ( 6) e delle lettere cattoliche ( 1Pt e Gc) .
I rimandi ai testi di Paolo si rilevano soprattutto nella cornice ,
nelle formule della comunicazione epistolare e in alcune espressioni
tipiche della parenesi paolina ( 2Ts 3 ,4//2Cor 7, 15-16; Gal 5 , 10; 2Ts
3,13//Gal 6,9 ) . È da segnalare la somiglianza tra le disposizioni della
nostra lettera circa la separazione dal «fratello» che si comporta di­
sordinatamente e quanto scrive Paolo nella prima Lettera ai Corinzi
sui rapporti con i fratelli incoerenti ( 2Ts 3 ,6. 141/l Cor 5,9. 1 1 ; cf.
2Cor 2,7 ) . Queste misure di disciplina comunitaria richiamano an­
che la prassi della correzione fraterna proposta dal Vangelo di Mat­
teo nel capitolo ecclesiale (2Ts 3 ,6. 14//Mt 18, 15-17 ) .
Ma le affinità più vistose con la tradizione sinottica si rilevano
nella sezione «apocalittica>> che rievoca termini ed espressioni dell'a­
pocalisse dei Vangeli sinottici ( 2Ts 2 ,2- 12//Mc 13; Mt 24-25 ; Le 17;
21 ) . Non c'è bisogno di dire che ancora più evidenti sono le somi­
glianze con alcuni testi dell'Apocalisse giovannea . La venuta del­
l'iniquo «nella potenza di satana, con ogni specie di portenti , di se­
gni e prodigi menzogneri» rimanda al testo dell'Apocalisse , dove si
descrive l'azione seduttrice della seconda bestia che sale dalla terra e
sta al servizio della bestia che viene dal mare ( Ap 1 3 , 1 1-13; cf. Mt
24 ,24 ) . Anche l'azione vittoriosa del Signore Gesù , che distrugge

80
l'empio con il soffio della sua bocca , richiama la scena del giudizio di
Ap 19,15.
Infine possono essere segnalate alcune somiglianze lessicali e te­
matiche di 2Ts con la prima Lettera di Pietro . Queste riguardano sia
il tema delle tribolazioni dei credenti sia quello del giudizio di Dio
che si manifesta come condanna di quelli che non obbediscono al
vangelo di Dio o del Signore (2Ts 1 ,8//1Pt 4 , 17) . Del resto questo
schema «dualistico» , che fa leva sul principio di retribuzione , rientra
nel modello culturale più ampio della tradizione apocalittica (cf. Ap
18,6-7) .
Sulla base di queste affinità è difficile pensare a una dipendenza
diretta della nostra lettera dai testi del NT, esclusi forse quelli della
tradizione paolina. In alcuni casi si tratta di un contatto solo indiret­
to , grazie alla comune tradizione biblica, in particolare apocalittica .
Questo vale per la presentazione della «crish> finale che precede la
parusia. Il testo di 2Ts 2,3b-4 sull'apostasia e la rivelazione dell'uo­
mo iniquo si ispira a Dn 1 1 ,36, dal quale dipendono anche l'apoca­
lisse giovannea e quella sinottica.

c) Confronto
tra la prima e seconda Lettera ai Tessalonicesi
Nell'analisi precedente circa i rapporti della 2Ts con i testi neo­
testamentari sono state omesse le sue affinità o convergenze lessicali
e stilistiche , letterarie e tematiche con la prima Lettera ai Tessaloni­
cesi . Le somiglianze tra i due testi sono tali da richiedere un esame a
parte . B . Rigaux calcola che tra le due lettere , formate rispettiva­
mente da 1475 (Morgenthaler: 1472) e 823 vocaboli , vi siano circa
146 termini comuni . 1 1 Nel confronto sinottico tra le due lettere lo
stesso autore elenca 25 casi di somiglianze lessicali e stilistiche. 12 Le
convergenze più impressionanti riguardano la cornice epistolare e le
altre espressioni che introducono o fanno da raccordo tra le varie se­
zioni . Siccome questo fatto dell'affinità tra le due lettere è l'argo­
mento più sfruttato da chi contesta l'autenticità paolina di 2Ts, è be­
ne esaminarlo più da vicino per valutarne il peso nel dibattito circa
la sua origine letteraria e storica.

1 1 RIGAUX, Les Épitres aux Thessaloniciens , 80; in realtà se si tiene conto anche
dei termini con le stesse radicali si arriva a circa 166 vocaboli comuni tra le due lettere
ai Tessalonicesi .
1 2 RIGAUX , Les Épitres aux Thessaloniciens , 133- 134.

81
Il confronto tra i due testi presenta questa situazione :

2 Ts J Ts

1 , 1-2 1,1
Paolo, Silvano e Timoteo, alla Paolo, Silvano e Timoteo alla
chiesa dei Tessalonicesi che in chiesa dei Tessalonicesi che è in
Dio Padre nostro e nel Signore Dio Padre e nel Signore Gesù
Gesù Cristo; grazia a voi e pace Cristo; grazia a voi e pace.
da Dio Padre e dal Signore
Gesù Cristo.

1 ,3-4 1 ,2-3 .6 (2 , 14)


Dobbiamo sempre ringraziare Ringraziamo sempre Dio per
Dio per voi, fratelli . . . la vostra tutti voi . . . continuamente me­
fede cresce e abbonda la vostra mori del vostro impegno nella
carità vicendevole ; cosl noi pos­ fede, della vostra operosità nel­
siamo gloriarci di voi nelle chie­ la carità e della vostra costante
se di Dio , per la vostra costanza speranza nel Signore Gesù Cri­
e la vostra fede in tutte le perse­ sto .
cuzioni e tribolazioni che sop­
portate.

1 ,5 . 1 1 2 , 12
vi proclamerà degni del regno di in maniera degna di quel Dio
Dio . . . vi renda degni della sua che vi chiama al suo regno
chiamata

1 ,7-10 3 , 1 3 ; 4,5-6. 16
nella rivelazione del Signore per rendere saldi i vostri cuori . . .
Gesù Cristo dal cielo con gli an­ nella venuta del Signore nostro
geli della sua potenza . . . a far Gesù Cristo con tutti i santi . . .
vendetta di quanti non conosco­ come i pagani che non conosco­
no Dio . . . no Dio . . il Signore è vindice di
.

quando egli verrà per essere tutte queste cose . . .


glorificato nei suoi santi . . . il Signore stesso . . . discenderà
dal cielo . . .
1,11 1 ,3
Anche per questo preghiamo memori della vostra opera di
sempre . . . perché porti a compi- fede . . .
mento . . . l'opera della fede . . .

82
2,1.2 5 , 12; 1 ,3; 5 ,2
Ora v i preghiamo, fratelli, ri­ Vi preghiamo poi fratelli . . . della
guardo alla venuta del Signore vostra costante speranza nel Si­
nostro Gesù Cristo . . . gnore nostro Gesù Cristo . . . co­
quasi che il giorno del Signore me un ladro di notte così verrà il
sia imminente . . . giorno del Signore . . .

2,5 3 ,4; 2,9


Non ricordate che quando anco­ Già quando eravamo tra voi vi
ra ero tra voi, venivo dicendo preannunziavamo . . . vi ricordate
queste cose . . . infatti , fratelli . . .

2,8-9 2,19; 2,18


Il Signore Gesù lo distruggerà Davanti al Signore nostro Gesù
all'apparire della sua venuta . . . nel momento della sua venuta . . .
la cui venuta avverrà nella po­ ma satana ce lo ha impedito . . .
tenza · di satana . . .

2 , 1 3-17 1 ,4 ; 2,12. 1 3 ; 3 ,2 . 1 3
Noi però dobbiamo rendere Proprio per questo anche noi
sempre grazie a Dio per voi fra­ ringraziamo Dio . . .
telli, amati dal Signore , perché Noi ben sappiamo fratelli amati
Dio vi ha scelti . . . per la salvezza da Dio , che siete eletti . . . Dio ci
nella santificazione dello Spi­ ha chiamati . . . alla santificazio­
rito . . . ne. . . Poiché Dio ci ha destina-
chiamandovi a questo con il no­ ti . . . al possesso della salvezza . . .
stro vangelo, per il possesso del­ Il Signore . . . per rendere saldi . . .
la gloria del Signore nostro Ge­ i vostri cuori . . .
sù Cristo. Voglia Dio stesso . . .
Perciò , fratelli , state saldi e per confermarvi e confortarvi
mantenete le tradizioni . . . nella vostra fede . . .
E lo stesso Signore nostro Gesù . . .
conforti i vostri cuori e li confer­
mi in ogni opera buona . . .

3 , 1 .3-4 4 , 1 . 10 ; 5 ,24.25
Per il resto fratelli pregate per Per il resto fratelli vi preghiamo
noi, perché la parola del Signo­ e supplichiamo . . . pregate anche
re . . . per noi . . .
Ma il Signore è fedele ; egli vi Colui che vi chiama è fedele e
confermerà e vi custodirà . . . farà tutto questo . . .

83
Abbiamo questa fiducia nel Si­ e questo voi lo fate . . ma vi esor­
.

gnore che quanto vi ordiniamo tiamo ancora . . .


già lo facciate e continuiate a
farlo . . .

3 ,6 4,1-2
Vi ordiniamo pertanto fratelli Per il resto, fratelli, vi preghia­
nel nome del Signore nostro mo e supplichiamo: per il Signo­
Gesù Cristo di tenervi lontani re Gesù : avete appreso da noi
da ogni fratello che si comporta come comportarvi . . . e già vi
in maniera indisciplinata e non comportate. . . E voi conoscete
secondo la tradizione che avete quali ordini abbiamo dato da
ricevuto da noi . parte del Signore Gesù . . .

3 ,7-9 1 ,6-7 ; 2,9


Sapete infatti come dovete imi­ E voi siete diventati nostri imi­
tarci . . . abbiamo lavorato con fa­ tatori . . . così da diventare mo­
tica e sforzo notte e giorno per dello a tutti i credenti . . .
non essere di peso ad alcuno . . . Voi ricordate infatti fratelli la
Ma per darvi noi stessi come nostra fatica e il nostro sforzo la­
modello da imitare . . . vorando notte e giorno per non
essere di peso ad alcuno . . .

3 , 10-12,15 4 , 1 1 ; 5 , 14
E infatti quando eravamo tra voi a vivere in pace . . . a lavorare con
vi abbiamo ordinato : chi non le proprie mani. còme vi abbia­
vuol lavorare neppure mangi . . . mo ordinato . . .
Sentiamo infatti che alcuni fra Vi esortiamo fratelli: correggete
voi vivono in modo indisciplina­ gli indisciplinati . . .
to senza far nulla . . . Trattate/i con molto rispetto . . .
A questi tali ordiniamo esortan­
doli nel Signore Gesù Cristo di
mangiare il proprio pane lavo­
rando in pace . . . Non trattate/o
però come nemico , ma correg­
getelo come un fratello.

3 , 16. 18 5 ,23.28
Il Signore della pace vi dia egli Il Dio della pace vi santifichi
stesso la pace . . . fino alla perfezione . . .
La grazia del Signore nostro La grazia del Signore nostro
Gesù Cristo sia con tutti voi. Gesù Cristo sia con voj .

84
Da questo quadro sinottico risulta che la massima concentrazio­
ne delle convergenze tra le due lettere si ha, oltre che nella cornice
epistolare, nel capitolo primo , alla fine del secondo e nel terzo capi­
tolo . Risultano invece minori e irrilevanti le somiglianze nella «Se­
zione apocalittica» (2Ts 2,3-12) . Anzi si deve dire che il lessico «apo­
calittico>> , presente con un certo spessore nella seconda lettera - tre
volte il verbo apokalypsesthai, e una volta il sostantivo apokàlypsis
(2Ts 1 ,7; 2,3.6.8) - è del tutto assente nella prima lettera. Sono im­
pressionanti le altre affinità lessicali e stilistiche , soprattutto le for­
mule ed espressioni dello stile epistolare e della parenesi .
Ma quello che colpisce è la disparità di collocazione contestuale
degli stessi vocaboli , espressioni o formule . In altre parole lo stesso
materiale serve per costruire un diverso tessuto argomentativo . Le
affinità tematiche più rilevanti riguardano le qualità spirituali della
comunità: «Opera di fede» , «Carità>> , «costanza» nelle tribolazioni ; il
«giudizio» di Dio e il «giorno del Signore» e la «parusia» ; le esorta­
zioni e disposizioni per la condotta di vita coerente , perseverante e
ordinata dei credenti e della comunità. Ma le stesse esortazioni , for­
mulate anche con gli stessi termini ed espressioni , assumono spesso
nei due scritti un contenuto o tono diverso . Quello che caratterizza
la 2Ts è un tono impersonale e astratto . Infatti non vi si ritrovano le
sezioni più personalizzate della prima lettera . Eccetto le due formu­
le generiche - «quando ero tra voi» 2Ts 2,5 ; 3 , 10 - ' l'intenso e ap­
passionante dialogo epistolare di l Ts non ha riscontro nella 2Ts.
Ma da un confronto critico tra le due lettere risulta una situazio­
ne paradossale di convergenza e divergenza . Essa risalta ancora di
più se tiene conto della diversa struttura letteraria e tematica dei due
scritti e della concezione di fondo . La visione del «giudizio» di Dio
con il suo carattere retributivo «dualistico» , tipico della seconda let­
tera, non ha riscontri diretti nella prima. Inoltre la «sezione» apoca­
littica di 2Ts 2 ,3-12 con l'accentuazione della crisi e l'elencazione dei
segni premonitori della parusia vittoriosa del Signore , non ha corri­
spondenti nella prima lettera, dove pure è presente il tema dell'atte­
sa della «parusia» del Signore in uno scenario apocalittico (lTs 4,13-
5,11).
Che cosa concludere d a questa situazione di affinità e disparità
tra le due lettere? Una relazione indiretta tra i due scritti grazie alla
comune tradizione biblica e paolina non rende ragione della loro
puntuale convergenza lessicale , stilistica e letteraria. Inoltre si deve
rilevare che il materiale comune assume un tono più ridondante e
impersonale nella 2Ts, accentuato dalle ricorrenti formule cristolo-

85
giche . Allora si potrebbe ammettere la priorità di 1Ts e riconoscere
che la 2Ts riprende da essa alcuni temi e soprattutto utilizza il suo
formulario epistolare, il lessico e le espressioni parenetiche. Data la
diversa impostazione di fondo delle due lettere va detto che la 2Ts ,
anche se dipende dalla prima, non ne è una fotocopia. Essa è uno
scritto a modo suo «originale» che risponde a una nuova e diversa si­
tuazione storica e spirituale dei destinatari . L'ipotesi della pseudepi­
grafia paolina potrebbe rendere ragione di questo insieme di dati .
Ma restano aperti alcuni problemi : perché è indirizzata alla chiesa
dei tessalonicesi? Per quali ragioni l'autore della tradizione paolina
ha utilizzato nel modo suindicato il testo della prima lettera alla co­
munità di Tessalonica?

3. L'ORIGINE STORICA DELLA 2Ts

Chi ha scritto la seconda Lettera ai Tessalonicesi? Chi sono i


suoi destinatari? Più precisamente : qual è la loro situazione vitale , il
loro contesto sociale, culturale e religioso? Quali sono infine le ra­
gioni, lo scopo o l'occasione che stanno all'origine del nostro scritto
in forma di lettera con questo indirizzo : «Paolo , Silvano e Timoteo
alla chiesa dei tessalonicesi»? Questi sono alcuni problemi che ri­
guardano l'origine storica di 2Ts.

a) La situazione vitale dei destinatari


La risposta agli interrogativi che sollecitano una ricerca sull'ori­
gine storica di 2Ts deve essere cercata in primo luogo sulla base dei
dati o delle informazioni forniti dalla lettera stessa. In particolare la
situazione vitale dei destinatari è quella presupposta dall'autore che
ha elaborato il testo . Gli altri elementi desunti dai documenti con­
temporanei o paralleli vanno posti a confronto e verificati con quelli
della nostra lettera.
Un primo dato riguarda la situazione di «crisi» dei destinatari
che sono i cristiani identificati con la chiesa dei tessalonicesi . Essi so­
no quelli che hanno creduto al vangelo o alla testimonianza di Paolo
(2Ts 1 , 10; 2,14 ) . Si presuppone che abbiano ricevuto e accolto le sue
tradizioni e prescrizioni pratiche trasmesse sia «con la parola sia per
lettera>> (2Ts 2 , 1 5 ; 3,4.14 ) . La «crisi>> è connessa con una situazione
esterna e interna alla comunità. Sul versante esterno i credenti subi­
scono o sopportano «persecuzioni e tribolazioni» da parte di quelli

86
che non conoscono Dio e non obbediscono al vangelo del Signore
Gesù (2Ts 1 ,4-5 .6-8) . Sono gli stessi che «non hanno accolto l'amore
alla verità o non hanno creduto alla verità». Essi sono perciò desti­
nati alla perdizione o «rovina eterna» (2Ts l , 9; 2,10- 1 1 ) . In questa
schematizzazione non è facile discernere quello che corrisponde alla
reale situazione della comunità e quello che dipende da una visione
dualistica di matrice apocalittica.
La comunità al suo interno è attraversata da una crisi che si ali­
menta ancora del clima apocalittico. Si parla di «confusione e tur­
bamento» provocati da un certo allarmismo circa la venuta del Si­
gnore e la riunione finale dei credenti con lui . Alcuni per mezzo di
presunte ispirazioni con la parola o con qualche lettera attribuita al­
l'autorità di Paolo sostengono che il «giorno del Signore», quello del
giudizio , è imminente (2Ts 2,1-2) . Oltre a questo clima di impazien­
te attesa apocalittica, favorito da una propaganda che si appella al
nome di Paolo , l'autore denuncia come pericoloso e contrario alla
tradizione paolina il fatto che alcuni vivono in «modo disordinato» ,
«in continua agitazione , senza far nulla» e pretendono di «mangia­
re» a spese degli altri senza lavorare (2Ts 3 ,6-15) .
Di fronte a questi dati si fanno diverse ipotesi circa la situazione
vitale dei destinatari della nostra lettera. Ci si chiede se il gruppo dei
«disordinati» sia costituito dagli stessi propagandisti della cosiddetta
«escatologia realizzata» o da altri che vi prendono lo spunto per giu­
stificare il proprio comportamento ozioso e parassitario?13 Si tratta
di cristiani poveri - artigiani , schiavi e liberti - che sfruttano la so­
lidarietà comunitaria assimilata al «patronato» dell'ambiente greco­
romano?14 oppure di tendenze «apocalittiche» di carattere millenari­
stico , in cui si sogna la restaurazione paradisiaca?15 Vi è l'influsso di
correnti «gnosticheggianti» che contestano le istituzioni sociali e
l'ordine della creazione? Sono alcune delle ipotesi che tentano di in­
tegrare i dati ricavati dal testo della lettera con altre informazioni
desunte dai documenti del primo cristianesimo . Non si può esclu-

13 R. JEWEIT, The Thessalonian Correspondence: Pauline Rhetoric and Millena­


rism Piety, Philadelphia 1986; l.L. SuMNEY, «The Bearing of a Pauline Rhetoric Pat­
tern and the Integrity of 2 Thessalonians>> , in ZNW 81(1990) , 192-204.
14 R. RussEL, «The ldle in 2Thess 3 ,6-12. An Eschatological or Social Pro­

blem?>> , in NTS 34( 1988) , 105- 1 1 9 .


15 M.J.J. MENKEN, «Paradise Regained o r Stili Last? Eschatology and Disorder­
ly Behaviour in 2Thessalonians>> , in NTS 38( 1992) , 171 -289.

87
dere che ragioni di carattere religioso - escatologia realizzata -
si combinino con il contesto socio-culturale , in cui vive la comunità
cristiana destinataria della 2Ts . 16

b) Occasione e scopo della lettera

La ricerca sull'occasione e scopo della nostra lettera è intrecciata


con quella precedente relativa alla situazione della comunità e al
profilo dei destinatari . Anche in questo caso sono determinanti le
informazioni della lettera. Esse hanno un duplice orientamento .
Il primo riguarda le puntualizzazioni sulla parusia o la venuta del
Signore (2Ts 2,3b-4 . 6-9) . In questo ambito rientrano anche le preci­
sazioni sul «giusto giudizio di Dio» , connesso con la «rivelazione del
Signore Gesù>> . Esso ha un duplice esito : sollievo per i credenti che
ora sono tribolati ; afflizione e rovina eterna per gli increduli che
hanno acconsentito all'iniquità (2Ts 1 ,5-9; 2,10- 1 1 ) .
I l discorso sul «giudizio>> e i l diverso destino dei credenti «scelti
per la salvezza>> e gli increduli «che vanno in rovina» , ha una funzio­
ne parenetica. La preoccupazione di incoraggiare ed esortare sot­
tende tutto lo scritto e riaffiora continuamente (2Ts 2 , 13-17; 3 ,3-5) .
Anche l'ultima sezione di carattere disciplinare circa il modo di trat­
tare il fratello o quelli che vivono in modo disordinato rientra in
questa prospettiva parenetica (2Ts 3 , 12. 13) . ·

Un ulteriore elemento che può servire per precisare l'occasione


e scopo della seconda Lettera ai Tessalonicesi è l'insistenza sul ruolo
fondante e autorevole attribuito a Paolo . Si parla del suo vangelo e
della sua testimonianza che stanno alla base della chiamata dei cre­
denti «per la salvezza e il possesso della gloria» (2Ts 1 , 10; 2, 14) . Un
valore importante è assegnato alla «parola» di Paolo , alle sue tradi­
zioni che devono essere conservate , alle sue disposizioni da esegui­
re , al suo esempio da imitare (2Ts 2 , 1 5 ; 3 , 1 .4.6-10) . In tale contesto
si fa riferimento alla sua comunicazione autorevole «per mezzo di
lettera» , dià epistoles (2Ts 2,15; 3 , 14) . L'autore si premura anche di
mettere in guardia i destinatari contro la pseudepigrafia, cioè il ri­
corso a qualche lettera attribuita a Paolo per sostenere la propria
concezione escatologica (2Ts 2,2) . Alla fine Paolo indica nel saluto
autografo il «segno di autenticazione per ogni lettera» (2Ts 3 , 17) .

16 K . DoNFRIED , «The Cults of Thessalonica and the Thessalonian Correspon­


dence>> , in NTS 3 1 ( 1985), 336-356.

88
Quest'ultimo elemento , che rivela una tendenza apertamente
apologetica , sarebbe l'indizio più sicuro del carattere pseudepigrafi­
co della nostra lettera . Essa addirittura sarebbe stata scritta con l'in­
tento di sostituire la prima Lettera ai Tessalonicesi per combatterne
la visione escatologica. In tale ottica la 2Ts si presenterebbe come
l'unica vera e autentica lettera di Paolo ai tessalonicesi . In essa la
lTs sarebbe considerata e presentata come uno scritto pseudopaoli­
no per sostenere una pericolosa concezione escatologica in cui si at­
tende la parusia come imminente . 17 Questa ipotesi della «polemica»
diretta della 2Ts contro la lTs spiegherebbe il rapporto lessicale e
letterario tra le due lettere . Ma essa non rende ragione del contenu­
to specifico della nostra lettera che è connesso con la duplice crisi
esterna e interna dei destinatari . Soprattutto non tiene conto del suo
carattere parenetico che sta sullo sfondo anche delle precisazioni
sulla parusia del Signore e il giudizio di Dio . Più rispondente alla si­
tuazione di crisi della comunità è l'ipotesi che la lettera presenti la
«teologia della sofferenza» nel contesto del giusto giudizio di Dio . 18

c) A utore, ambiente e tempo di origine di 2 Ts19

Nell'ipotesi della pseudepigrafia non c'è molto da dire circa


l'ambiente , il luogo e il tempo di composizione della nostra lettera.
Questa ipotesi può essere precisata e sviluppata con ulteriori speci­
ficazioni . L'autore della 2Ts sarebbe un discepolo di Paolo , della
cerchia dei suoi collaboratori menzionati nell'indirizzo (Timoteo o
Silvano ) , oppure un anonimo discepolo di Paolo della fine del primo
secolo , di tendenze apocalittiche moderate , vicino alle posizioni
lucane. La collocazione dell'autore nell'ambito della tradizione

11
A. LINDEMANN , «Zum Abfassungszweck des zweiten Thessalonikerbriefes» ,
in ZNW 68( 1977), 35-47 ; la tesi di Lindemann era stata proposta alla fine del secolo
scorso da A. HILGENFELD , «Die beiden Briefe an die Thessalonicher>>, in ZWTh
5(1862) , 225-264 ; e all'inizio di questo secolo da H.J. HoLTZMANN , «Zum zweiten
Thessalonicherbrief>> , in ZNW 2(1901 ) , 97-108; la funzione «polemica>> di 2Ts , contro
l'escatologia realizzata e l'interpretazione di Paolo , è proposta anche da: F. W. Hu­
GHES , Early Christian Rhetoric and 2 Thessalonians, Sheffield 1989.
18 J . M . BASSLER, <<The enigmatic Sign : 2 Thessalonians 1 ,5>> , in CBQ 46(1984) ,

496-510.
19 J .A. BAILEY , «Who wrote II Thessalonians?», in NTS 25(1978/1979) , 131-145 ;

G.S. HoLLAND, «"A letter supposedly from us" ; a contribution to the discussion
about the authorship of 2Thessalonians», in CoLLINS , a cura di , The Thessalonians
co"espondence, 394-402; F. LAUB, «Paulinische Autoritat in nachpaulinischer Zeit
(2Thes)>> , lbid. , 403-417.

89
paolina si fonda sul fatto che più volte nel nostro scritto si fa riferi­
mento all'autorità di Paolo , al suo vangelo , alle tradizioni e norme
che egli ha insegnato e prescritto , al suo esempio autorevole e in
modo esplicito alla sua comunicazione «epistolare» .
A sostegno di questa ipotesi pseudepigrafica si possono richia­
mare alcuni degli argomenti di maggior peso , in particolare lo stret­
to rapporto della nostra lettera con la prima indirizzata alla chiesa
dei tessai onicesi . La 2Ts per la cornice epistolare dipende letteraria­
mente dalla l Ts. Invece per il corpo della lettera si tratta di una di­
pendenza eclettica , in quanto l'autore della 2Ts reimpiega in un di­
verso orizzonte teologico e spirituale vocaboli , espressioni e catego­
rie della prima Lettera ai Tessalonicesi . Questo nuovo contesto teo­
logico riguarda in particolare la cristologia , la soteriologia e l'escato­
logia . Quest'ultima connotazione , nel clima apocalittico che impre­
gna i primi due capitoli della lettera, diventa preponderante .
Per definire l'ambiente di origine della seconda Lettera ai Tessa­
lonicesi nell'ipotesi pseudepigrafica resta solo il suo legame con la
prima. La scelta della comunità di Tessalonica come destinataria
della nostra lettera risponde all'esigenza di porre lo scritto sotto
l'autorità di Paolo per rispondere a una nuova situazione che pre­
senta degli agganci con quella che si riflette nella prima lettera alla
chiesa di Tessalonica : la parusia del Signore , i tempi e momenti del­
la venuta del giorno del Signore , le tendenze a sfruttare la comunità
e il disordine per motivi religiosi e sociali . Questi elementi offrono
lo spunto per affrontare la nuova situazione di crisi di una comunità
cristiana connessa con le «tribolazioni» , l'allarmismo apocalittico e
le tendenze al parassitismo . Non vi sono nel nostro scritto altri ele­
menti precisi che consentano di collegarla con la situazione sociale ,
religiosa e culturale dell'ambiente di Tessalonica. 20
Per quanto riguarda il tempo di composizione della nostra lette­
ra il limite più basso sarebbe rappresentato dalla Lettera ai Filippesi
di Policarpo , morto verso la metà del II, se si ammette che il vescovo
di Smirne citi o alluda alla nostra lettera (Phil. 111 ,2 ; Xl ,3) . Nell'ipo­
tesi della pseudepigrafia la stesura della 2Ts va collocata nella secon-

20 K.P. DoNFRIED , <<The Cults of Thessalonica and the Thessalonian Correspon­


dence», in NTS 3 1 (1985 ) , 336-356, sulla base della tesi di C . H . GIBLIN, The Threat to
Faith (AnBib 3 1 ) , Rome 1967, intravede in 2Ts dei riferimenti al culto pagano di Isis
e Serapide , combinato a Tessalonica con il culto imperiale . L'interpretazione in que­
sto senso di ànomos e dell'enigmatico kat�chon nel contesto apocalittico di 2Ts è mol­
to discutibile .

90
da o terza generazione cristiana quando si va costituendo la tradizio­
ne delle lettere di Paolo . In conclusione la seconda Lettera ai Tessa­
lonicesi sarebbe stata scritta a nome di Paolo da un suo discepolo in
un ambiente in cui è viva la tradizione paolina e si fa sentire la crisi
connessa da una parte con l'ostilità dell'ambiente e dall'altra con le
tensioni interne nel clima delle attese apocalittiche .

4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DELLA 2Ts

Le analisi precedenti sulle affinità letterarie , la situazione vitale


dei destinatari , l'occasione e lo scopo della seconda Lettera ai Tessa­
lonicesi hanno già fatto intuire quali sono i suoi interessi dominanti e
vitali . L'autore , che si richiama all'autorità della tradizione paolina,
si preoccupa di chiarire alcuni problemi connessi con l'attesa della
parusia del Signore e del giudizio di Dio per sostenere l'impegno di
fede , carità operosa e soprattutto di ferma costanza nel contesto del­
la crisi provocata dalle ostilità dell'ambiente esterno e dalla confu­
sione e disordine creati da alcuni entusiasti «apocalittici» all'interno
della comunità. Attorno a questo nucleo escatologico-parenetico ,
che dà il tono al nostro scritto , possono essere presi in considerazio­
ne anche gli altri aspetti più tradizionali come la cristologia e l'eccle­
siologia.

a) L 'escatologia della 2 Ts2 1


La rilevanza data a questo tema nella 2Ts appare da un sondag­
gio del lessico relativo . Il termine parousìa compare 3 volte (2Ts
2, 1 . 8.9; lTs 4 volte ; 14 volte nell'epistolario paolino e 24 nel NT) .
L'espressione «giorno del Signore» o «quel giorno» , di matrice bibli­
ca e apocalittica, si trova due volte (2Ts 1 , 10; 2 ,2) . In questa area
rientra anche la formula «giusto giudizio di Dio», che non ha corri­
spondenti nell'epistolario paolino (2Ts 1 ,5 ) . Vanno segnalati anche i
vocaboli che servono a descrivere il destino salvifico dei credenti :
«sollievo» (2Ts l , 7) ; «regno di Dio» (2Ts l ,5) ; sòzesthai, «salvarsi»

2 1 L. HARTMAN , «The Eschatology of 2Thessalonians as included in a communi­


cation••, in CoLLJNS , a cura di, The Thessalonian Correspondence, 470-485 ; H. KoE­
STER, «From Paul's eschatology to the apoc alyptic schemata of 2Thessalonians>> ,
Ibid. , 441-458.

91
(2Ts 2, 10) , soterìa , «salvezza» (2Ts 2, 13) ; «possesso della gloria»
(2Ts 2, 14) ; «consolazione eterna» (2Ts 2, 15) . A questo quadro esca­
tologico positivo si oppone quello negativo, in cui si colloca il desti­
no di rovina e perdizione riservato agli increduli : «afflizione» (2Ts
1 ,6) , «condanna/castigo» e «rovina eterna» (2Ts 1 ,8 . 9) «perdersi» ed
«essere condannati» (2Ts 2 , 10. 12) .
Questo discorso «escatologico» ha una funzione «parenetica»,
cioè confortare e sostenere l'impegno dei fedeli destinatari della let­
tera. Esso si colloca in uno scenario di matrice apocalittica come ri­
sulta dal massiccio ricorso alla terminologia corrispondente : apoka­
lypsesthai, «rivelarsi» (2Ts 2 ,3 . 6 . 8) ; apokàlypsis , «rivelazione)) (2Ts
1 ,7) , che non ha corrispondenti nella lTs. Si può aggiungere anche
l'utilizzazione della fraseologia biblica del «giudizio di Dio)) (2Ts
l ,8-9) . Ma quello che attira l'attenzione dei lettori è la «piccola apo­
calisse)) del capitolo secondo, dedicato a precisare tempi , modi e se­
gni del «giorno del Signore», della venuta del Signore Gesù Cristo e
della conseguente riunione dei fedeli con lui (2Ts 2 , 1 -2.3-5 . 6-10) .
Lo scenario apocalittico evocato dal nostro autore è una sintesi
di quello che si trova nella tradizione biblica , nelle apocalissi giudai­
che, nelle brevi apocalissi sinottiche e in quella più ampia e sviluppa­
ta, posta sotto il nome di Giovanni . La crisi , che precede la venuta
del giorno del Signore e la parusia vittoriosa del Signore Gesù, è
chiamata apostasìa . Questa «apostasia)) etico-religiosa è l'effetto
della seduzione che l'uomo iniquo opera con la potenza di satana
(2Ts 2, 10- 1 1 ) . Essa infatti è connessa con la rivelazione dell'uomo
iniquo , il figlio della perdizione , presentato come l' «avversario))
'
che si innalza contro il mondo divino e si insedia nel suo tempio pre­
sentandosi come Dio (2Ts 2,3b-4) . C'è qualcosa o qualcuno - tò ka­
tèchon , «ciò che trattiene)) (neutro) o hò katèchon , «colui che trat­
tiene)) (maschile) - che impedisce la piena manifestazione del «mi­
stero di iniquità))' mystèrion tés anomìas, e dell'iniquo , hò ànomos
(2Ts 2,6b-8a) . Quest'ultimo corrisponde all' «uomo dell'iniquità)),
ànthropos tés anomìas, chiamato anche «figlio della perdizione)) ,
cioè destinato alla rovina (2Ts 2,3b) .
Il quadro apocalittico raggiunge l'apice nello scontro tra la paru­
sia del Signore Gesù e quella dell'iniquo che opera «nella potenza di
satana, con ogni specie di portenti, segni e prodigi menzogneri e con
ogni sorte di empio inganno» (2Ts 2,9) . Il centro della miniapocalis­
se di 2Ts è costituito dall'annuncio del pieno e totale superamento
delle forze del fronte negativo : «Il Signore Gesù lo distruggerà con il
soffio della sua bocca e lo annienterà con la manifestazione della sua
venuta)) (2Ts 2,8bc; cf. 1 ,8-9) .

92
La storia dell'esegesi si è sbizzarrita nell'identificazione delle fi­
gure simboliche utilizzate dal nostro autore . 22 Ma il suo ricorso espli­
cito alla fraseologia biblica, al linguaggio e alle categorie della tradi­
zione apocalittica invita alla sobrietà teologica e spirituale . Lo sche­
matismo «dualistico» del quadro apocalittico di 2Ts 2,3- 1 1 serve a
esaltare il trionfo della potenza e signoria di Dio sulle forze del ma­
le . Esso, come in gran parte delle apocalissi giudaiche e cristiane , ha
la funzione di incoraggiare e sostenere l'impegno positivo e la perse­
veranza operativa dei credenti .

b) La parenesi e il progetto di vita cristiana


L'orientamento pratico esortativo della seconda Lettera ai Tes­
salonicesi si ricava da un rilevamento lessicale . Il verbo parakalèin ,
«esortare» , «confortare)) , ricorre due volte (2Ts 2,17; 3 , 12) ; una vol­
ta il sostantivo paràklesis , «consolazione)) (2Ts 2, 16) . Questo voca­
bolario è associato a quello che descrive la costante fermezza nel­
l'impegno spirituale e pratico : sterìzein , «confermare)) (2Ts 2,17;
3,3) ; stèkein , «stare saldh) (2Ts 2 , 1 5) ; kratèin , «mantenere)> (2Ts
2,15). Il contenuto di queste esortazioni è definito dalle «tradizioni»
autorevoli ricevute sia a voce sia per lettera (2Ts 2, 15) o dalle dispo­
sizioni pratiche da accogliere ed eseguire (2Ts 3 ,4. 12) . La pare n esi
assume forme diverse . Essa va dall'esortazione diretta in forma im­
perativa (2Ts 2 , 1 5 ; 3 , 14) , alla preghiera rivolta a Dio per i fedeli
perché li confermi nel loro impegno di fede e porti a compimento il
suo progetto di salvezza (2Ts 1 , 1 1-12; 2, 13-14. 16-17) .
È. interessante tentare di ricostruire il «progetto di vita» che il
nostro autore presenta nella sua parenesi ai cristiani destinatari della
lettera. L'esistenza cristiana è definita in primo luogo dall'adesione
al vangelo o parola del Signore , proclamata dal testimone autorevo­
le e confermata dalla sua lettera. La terminologia del «Credere» e
della «fede» è predominante nella nostra piccola lettera: pistèuein
(2Ts 1 , 10. 10, positivo ; 2Ts 2, 1 1 . 12, negativo) , pìstis (2Ts 1 ,3.4. 1 1 ;
2,13; 3,2) . I l contenuto della parola del Signore o del vangelo è defi­
nito in termini di «verità», che deve essere accolta con amore per la
salvezza (2Ts 2 , 10. 12. 13).

22 L'«avversario/anticristo>> (empio) è stato identificato con una figura individua­


le (Simon Mago, Caligola, Nerone redivivo , Tito) o collettiva (eretici , empi , persecu­
tori ; insurrezioni politiche ; il papato) ; l' «ostacolo>> («ciò/colui che trattiene») sarebbe
lo Spirito santo o il decreto di Dio ; l'annuncio del vangelo o la testimonianza cristia­
na; oppure l'impero romano (imperatore) o l'istituzione politica in generale .

93
Ma la chiamata alla fede risale all'iniziativa libera e gratuita di
Dio (2Ts 1 , 1 1 ; 2,13-14; 3,4) . L'adesione iniziale di fede deve tradur­
si in un impegno pratico, «opera della fede)) (2Ts 1 , 1 1) . Del resto
tutta l'esistenza cristiana è caratterizzata dalla «volontà di bene)) e
dall'impegno a «fare bene)) (2Ts 1 , 1 1 ; 2 , 17; 3 , 14) . Nel contesto della
crisi per le persecuzioni e tribolazioni la fede diventa «costanza)) ,
hypomone, che ha la sua fonte e il suo modello in Cristo (2Ts 1 ,4;
3,5) . In concreto il bene da attuare è definito dall ' agàpe, amore vi­
cendevole (2Ts 1 ,3) .
Nel contesto della crisi provocata dall'allarmismo apocalittico ,
che favorisce il parassitismo di alcuni entusiasti , il nostro autore
avverte l'urgenza di richiamare l'esempio e la tradizione autorevole
di Paolo sull'obbligo del lavoro per vivere in pace e in modo ordi­
nato (2Ts 3,7-9) . La prescrizione e la relativa esortazione sono date
facendo appello all'autorità del «Signore Gesù Cristo)) (2Ts 3 , 12) .
L'intera comunità deve impegnarsi a far osservare le disposizioni
pratiche sul lavoro per una condotta di vita ordinata, ricorrendo
anche alla separazione dal «fratello)) indisciplinato o ribelle (2Ts
3 , 14-15) .

c) Teologia, cristologia ed ecclesiologia


Il discorso su Dio , Gesù Cristo e lo Spirito nella seconda Lettera
ai Tessalonicesi è molto discreto , totalmente subordinato agli inte­
ressi vitali che ruotano attorno all'escatologia e alla parenesi . Il no­
me di «Dio)) , Theòs , ricorre complessivamente 18 volte , di cui 1 1
con l'articolo h ò Theòs; tre volte è qualificato dall'appellativo h ò pa­
ter (2Ts 1 , 1 . 2 ; 2, 16) . A Dio è rivolta la preghiera di ringraziamento e
di invocazione (2Ts 1 ,3. 1 1 ; 2 , 13); a lui appartengono l'iniziativa del­
la chiamata dei credenti alla fede e l'intervento decisivo nel giudizio
finale (2Ts 1 ,5-6 ; 2,13. 16) .
Strettamente associato al nome di Dio è il titolo divino Kyrios ,
che compare 9 volte , di cui 7 con l'articolo . Il più delle volte nella
formula Kyrios (hemon) Iesoùs Christòs (2Ts 1 ,2. 12; 2 , 1 ; 2,16;
3,6. 12. 18) ; in quella più breve Kyrios (hemon) Jesoùs (2Ts 1 ,7 . 8 .
12) ; in forma assoluta h ò Kyrios (2Ts 1 ,9 ; 2 ,2. 8 . 13 ; 3 , 1 .3.4.5. 16) . In
alcuni casi il titolo Kyrios è un calco di espressioni bibliche rilette in
chiave cristologica (2Ts 1 ,9 ; 2,2: «giorno del Signore)) ; 2Ts 3 , 1 : «pa­
rola del Signore))). Gesù , il «Signore)) , è il protagonista della parou­
sìa finale ; egli con la sua «manifestazione)) smaschera e annienta
quella dell'antagonista divino , l'uomo iniquo , che opera con l'ener-

94
gia di satana (2Ts 2,3b-4 .6-9) . La cristologia del nostro scritto non
va oltre questo ruolo escatologico . Il più delle volte si limita a ripro­
durre le formule cristologiche della tradizione associando il «Signore
nostro Gesù Cristo» all'iniziativa e al ruolo di Dio (2Ts 1 , 1b-2. 12;
2, 16) .
Altrettanto sobria è la pneumatologia della nostra lettera. Delle
tre ricorrenze di pnèuma , la prima si riferisce al fenomeno dell'ispi­
razione profetica degli apocalittici , considerata con sospetto dal no­
stro autore (2Ts 2,2) ; la seconda è posta in relazione con il ruolo di
Gesù nel contesto della sua manifestazione e parusia escatologica :
«il Signore Gesù lo distruggerà con lo spirito della sua bocca» (2Ts
2,8; cf. Is 1 1 ,4) ; la terza è inserita nel contesto dell'iniziativa sal­
vifica di Dio che ha scelto i credenti come «primizia per la salvezza
attraverso l'opera santificatrice dello Spirito» (2Ts 2 , 1 3) . Quest'ulti­
ma menzione dello Spirito ha una valenza teologica implicitamente
trinitaria perché lo Spirito è posto in relazione con Dio e il Signore
Gesù Cristo (2Ts 2, 13-14) .
Anche l'ecclesiologia della seconda Lettera ai Tessalonicesi .si ri­
duce al formulario dell'indirizzo , ricalcato su quello della prima let­
tera (2Ts 1 , 1 ) e all'espressione «le chiese di Dio)) , che è ancora una
ripresa dalla stessa tradizione (2Ts 1 ,4; 1Ts 2 , 14) . Come il formula­
rio teologico e cristologico tradizionale , così anche queste espressio­
ni fanno da cornice al discorso escatologico e parenetico in cui si
concentrano gli interessi vitali del nostro autore .
A uno sguardo complessivo si ha l'impressione che anche il qua­
dro escatologico di tinte apocalittiche in realtà sia subordinato alle
preoccupazioni di carattere pratico ed esortativo . L'autore della se­
conda Lettera ai Tessalonicesi , che si richiama in modo esplicito alla
tradizione autorevole ed epistolare di Paolo , ai cristiani turbati per
le tribolazioni e confusi per il clima di allarmismo e di disordine pro­
vocato da alcuni ispirati , propone un impegno di vita ordinata come
attuazione della chiamata di Dio «per il possesso della gloria del Si­
gnore nostro Gesù Cristo)) (2Ts 2 , 14) .

95
IV
La Lettera ai Colossesi

UNA LEITERA DI PAOLO «PRIGIONIERO» PER IL VANGELO


Lo scritto posto sotto il nome dell'apostolo Paolo e inviato ai cri­
stiani di Colossi fa parte del gruppo delle «lettere della prigionia».
Rientrano in questa categoria, oltre alla nostra lettera e quella affine
indirizzata ai cristiani di Efeso , la Lettera ai Filippesi , il biglietto a
Filemone e infine la seconda Lettera a Timoteo. In queste lettere
Paolo si presenta come «il prigioniero di Cristo» o del Signore, lega­
to o in catene per il vangelo . Il testo che fa da guida in questa tradi­
zione della «prigionia» di Paolo è la Lettera ai Filippesi , dove più
volte l'apostolo dichiara di essere in «catene» , èn desmòis , per il
vangelo (Fil l ,7. 1 3 . 14. 17) . Questa condizione di prigioniero egli la
chiama anche «lotta» , ag6n , o «tribolazione» , thlipsis , apostolica.
Una terminologia analoga si riscontra nella piccola Lettera a File­
mone , dove Paolo si autopresenta come «prigioniero per Cristo Ge­
sù» , dèsmios Christoù Iesoù, in catene per il vangelo» ; «nelle cate­
ne» ha generato alla fede lo schiavo Onesimo (Fm 1 .9 . 10. 13) . Nella
conclusione della stessa lettera Paolo manda i saluti a nome di Épa­
fra , «mio compagno di prigionia in Cristo Gesù», hò synaichmàlotos
(Fm 23) .
Nella Lettera ai Colossesi, dove Paolo assieme a Timoteo è il
mittente , egli invita i colossesi a pregare «perché Dio ci apra la porta
della predicazione e possiamo annunziare il mistero di Cristo , per il
quale mi trovo in catene , dfhò kài dèdomai» (Col 4,3c) . E nell'ulti­
ma raccomandazione , dopo il saluto finale autografo , l'apostolo di­
ce : «Ricordatevi delle mie catene» (Col 4, 18b) . Un'allusione alla
sua prigionia si coglie anche nella presentazione che lo scrivente fa
di Aristarco «mio compagno di carcere» , hò synaichmàlotos (Col
4, 10a) . Oltre a questi tre riferimenti si possono collegare con lo stato
di detenzione dell'apostolo anche i testi in cui si parla in termini ge­
nerali delle sue «sofferenze» a favore della chiesa e della «lotta» ,
ag6n/ag6nìzein , che egli deve sostenere per i cristiani di Colossi e

97
Laodicea (Col l ,24 .29 ; 2 , 1 ) . La somiglianza con la Lettera ai Filip­
pesi , dove in un contesto di prigionia Paolo parla di «lotta» che ora
egli sostiene , accredita l'ipotesi che anche in Colossesi vi sia un'allu­
sione alla condizione dell'apostolo «prigioniero» .
Una conferma di questa immagine di Paolo «prigioniero» del
Signore o per il vangelo si ha nella Lettera agli Efesini e nella
seconda Lettera a Timoteo. Nello scritto indirizzato ai «santi che
sono in Efeso» , Paolo si autopresenta come «prigioniero di Cristo ,
hò dèsmios toù Christoù» , per i pagani e «il prigioniero del Signore ,
hò dèsmios èn Kyrìo-i» (Ef 3 , 1 ; 4 , 1 ) . Alla fine l'apostolo esorta i
destinatari della lettera e pregare anche per lui , «perché quando
apro la bocca mi sia data una parola franca per far conoscere il
mistero del vangelo , del quale sono ambasciatore in catene , èn haly­
sei» (Ef 6, 19-20) .
Nella seconda Lettera a Timoteo l'immagine di Paolo «prigio­
niero» per il vangelo o per Cristo fa da cornice al discorso testamen­
tario dell'apostolo alla vigilia della sua morte . Egli invita il discepolo
a non vergognarsi della testimonianza da rendere al Signore nostro
«né di me che sono in catene per lui, tòn dèsmion autoù» (2Tm l ,8) .
Fa perciò l'elogio di Onesìforo che lo ha confortato e non si è vergo­
gnato delle sue catene, t�n hàlysin moù (2Tm 1 , 16) . Esorta ancora
Timoteo a ricordarsi che Gesù Cristo è risuscitato dai morti «Secon­
do il mio vangelo a causa del quale io soffro fino a portare le catene
come un malfattore» (2Tm 2,8-9) .
Un'ulteriore conferma dell'immagine tradizionale di Paolo «pri­
gioniero» si ricava dagli Atti degli apostoli, dove il lessico della «pri­
gionia» è riservato al caso di Paolo. Delle 16 ricorrenze del termine
dèsmios «prigioniero» nel NT, 1 1 sono complessivamente connesse
con la condizione dell'apostolo Paolo. Di queste ultime sei si trova­
no negli Atti degli apostoli (At 16,25 . 26; 23 ,28; 25 , 14.27; 28 , 17).
Analogamente delle cinque ricorrenze del vocabolo dèsmos, «cate­
na/legame» , negli Atti degli apostoli - 18 volte nel NT - quattro
sono in rapporto con lo stato di detenzione di Paolo. Anche il verbo
dèsthai, «essere legato» in quattro casi si riferisce a Paolo in stato di
arresto o prigioniero (At 21 , 1 1 . 13.33 ; 22 ,29 ; 24.27) . Lo stesso vale
per il sostantivo hàlysis «catena» , che in due casi su quattro è riferito
alla condizione di Paolo prigioniero (At 21 ,33 ; 28 ,20) . 1

1 È assente nel gruppo delle «lettere della prigionia» il termine che invece ricor­
re nell'elenco delle peripezie di Paolo nella seconda Lettera ai Corinzi : «nelle prigio­
nie», èn phylakàis (2Cor 6,5; 1 1 ,23); cf. At 16,23.24.27.37.40.

98
In breve si può dire che la Lettera ai Colossesi si inserisce nella
tradizione cristiana ormai consolidata che presenta Paolo non solo
come l'apostolo incaricato da Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore
di proclamare il vangelo ai popoli , ma come il «prigioniero» che af­
fronta il carcere per restare fedele al suo compito di apostolo , pro­
clamatore del vangelo di Gesù Cristo . In questa prospettiva rientra­
no anche le sue sofferenze e la sua lotta per portare a compimento la
sua missione di apostolo , prototipo di fedeltà coraggiosa e perseve­
rante per le singole comunità e per tutti i cristiani . L'autore della
Lettera ai Colossesi rimanda a questa immagine autorevole di Paolo
«apostolo)) e «prigioniero)) per il vangelo allo scopo di riproporre ai
destinatari la solida e sicura tradizione della fede in Gesù Cristo .

l . L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LEITERA2

Un dato importante anche se non unico e decisivo per definire


l'autenticità paolina o meno della Lettera ai Colossesi è costituito
dalle sue caratteristiche lessicali , stilistiche e letterarie . Ma anche a
prescindere dal problema relativo all'origine storica della nostra let­
tera, che rimane in ogni caso un'ipotesi , l'analisi del testo della let­
tera sotto il profilo linguistico è importante per la sua esegesi e ai fini
di un'interpretazione corretta del suo messaggio teologico e spiri­
tuale.

a) Le caratteristiche lessicali
In via preliminare si può dire che la Lettera ai Colossesi rispetto
all'epistolario paolino e agli scritti del Nuovo Testamento ha una
identità ben marcata. Essa infatti si distingue per il numero relativa­
mente alto - 34 - di hapaxlegòmena neotestamentari , cioè con­
tiene 34 vocaboli che non ricorrono altrove nel NT. Essi sono così
distribuiti: 7 nel primo capitolo ; 17 nel secondo ; 8 nel terzo ; 2 nel
quarto . Va subito segnalato che il secondo capitolo è quello che

2 «Lingua e stile della lettera ai Colossesi» , in E. LoHSE, Le lettere ai Colossesi e


a Filemone, 168- 179; «La lingua e lo stile» , in E. GHJNI , Lettera ai Colossesi, 217-224;
W. BuJARD, Stilanalytische Untersuchungen zum Kolosserbrief als Beitrag zur Metho­
dik von Sprachevergleichen (StUNT 1 1 ) , Gottingen - Ziirich 1973 ; la dipendenza let­
teraria di Colossesi da Filippesi e Filemone è sostenuta da M. KlLEY, Colossians as
Pseudepigraphy , Sheffield 1986.

99
anche sotto l'aspetto lessicale definisce la specificità della nostra let­
tera .
Se ne ha una conferma dal rilevamento dei 28 hapaxlegòmena
paolini , cioè dei termini che ricorrono solo nella nostra lettera e non
nel resto dell'epistolario paolino , escluse le lettere pastorali e la se­
conda Lettera ai Tessalonicesi . La loro distribuzione nei quattro ca­
pitoli è la seguente: 6 nel primo ; 1 1 nel secondo ; 5 nel terzo ; 6 nel
quarto . A fronte di questa caratteristica lessicale · «non-paolina)) di
Colossesi va menzionata la presenza di 1 1 termini che essa ha in co­
mune con il gruppo delle lettere autentiche di Paolo , senza riscontro
negli altri scritti del NT. Infine merita di essere evidenziata la singo­
lare affinità terminologica della nostra lettera con quella agli Efesi­
ni: 10 vocaboli di Colossesi hanno un corrispondente solo in Efesini ;
invece 14 termini di Colossesi in comune con Efesini non si trovano
nell'epistolario autentico paolino , ma solo negli altri scritti del NT.
Riassumendo : la situazione lessicale della Lettera ai Colossesi ,
posta a confronto con le altre lettere dell'epistolario paolino e con
gli scritti del NT, presenta questo quadro:

- hapaxlegòmena rispetto al NT 34
- hapaxlegòmena rispetto all'epistolario paolino 28
- lessico di Col//Ef in comune con il NT, escluso Paolo 14
- lessico di Col in comune con l'epistolario paolino 11
- lessico di Col in comune con Efesini 10

Accanto a questa presenza di un lessico peculiare nella Lettera


ai Colossesi è notevole l'assenza dei vocaboli che definiscono alcune
aree semantiche tipiche dell'epistolario paolino autentico . Tra que­
ste assenze di rilievo va segnalata quella dei termini del campo se­
mantico della «giustizia» , dikaioùsthai, «essere giustificato» (27 vol­
te in Paolo , su 39 ricorrenze nel NT ) ; dikaiosyne (57 volte in Paolo
soprattutto in Gal e Rm , su 91 nel NT ) ; dikài6ma (5 volte in Rm , su
10 nel NT) ; dikàiosis (2 volte solo in Rm ) ; si ha una sola ricorrenza
dell'espressione to dìkaion in Col 4,1a. Parimenti manca in Colasse­
si il lessico della «libertà» , eleutherìa (7 volte in Paolo , su 1 1 nel
NT) ; eleutheroùn (5 volte in Paolo su 7 del NT) ; quello del campo
semantico del «vantarsi/vanto» : kàuchesthai (35 volte in Paolo , su 37
nel NT) ; i due sostantivi kàuchema e kàuchesis (con 10 ricorrenze in
Paolo , su 1 1 nel NT) .
Ma l'assenza più singolare è quella relativa al termine nòmos ,
che ricorre 1 19 volte nell'epistolario paolino su 191 ricorrenze com-

100
plessive nel NT, compresa la Lettera agli Efesini (Ef 2 , 15). Lo stesso
discorso vale per il verbo pistèuein , «credere» , che non si trova mai
nella nostra lettera , contro le 54 ricorrenze nell'epistolario paolino
autentico sulle 241 complessive nel NT. Nella Lettera ai Colossesi
come in Efesini si trova invece il sostantivo pìstis, «fede» (Col 5 vol­
te ; Ef 8 volte) . Merita una segnalazione a parte l'uso del vocabolo
hamartìa , «peccato» , che nell'epistolario paolino ricorre quasi sem­
pre al singolare he hamartìa (64 volte in Paolo , di cui 57 volte al sin­
golare ; 7 al plurale) . Nella nostra lettera compare una sola volta al
plurale in una formula di carattere tradizionale , Col 1 , 14.
È singolare anche l'uso dell'appellativo adelphòs «fratello» , rife­
rito ai membri della comunità cristiana. La nostra lettera conosce e
adopera cinque volte questa qualifica che si trova con frequenza nel­
l'epistolario paolino : 1 1 3 volte nelle lettere paoline autentiche e una
ventina nelle altre su 343 ricorrenze complessive del NT. In oltre la
metà delle ricorrenze Paolo si rivolge con l'appellativo adelphòi
(moù) ai destinatari della lettera. Nella Lettera ai Colossesi , come
del resto in Efesini e nelle pastorali , si evita questo modo di interpel­
lare i destinatari come «fratelli» .
Infine attira l'attenzione un tratto distintivo che la Lettera ai
Colossesi ha in comune con l'epistolario paolino: la preferenza per
i verbi e vocaboli composti . Va segnalata la duplice ricorrenza dei
verbi bicomposti : apokatallàssein , «riconciliare», Col 1 ,20.22 ; e
analogamente del verbo apekdyesthai, «spogliarsi» , Col 2,15 ; 3,9;
antanapleroùn , «dare pieno compimento», Col 1 ,24; del sostantivo
antapòdosis , «ricompensa» , Col 3 ,24. A questi vanno aggiunti i
verbi e i sostantivi composti con la particella greca syn : syn-egèi­
resthai, «con-risorgere» (Col 2,12; 3 , 1 ) ; syn-zoopoioùn , «con-vivifi­
care» (Col 2, 13) ; syn-doùlos, «con-servo» (Col 4,7) ; syn-aichmà/6-
tos , «con-prigioniero)) . La preferenza per i termini composti contri­
buisce a creare una certa ridondanza che caratterizza lo stile della
nostra lettera .
Un ulteriore dato lessicale che contraddistingue la Lettera ai Co­
lossesi è l'assenza di alcune congiunzioni tipiche del dettato paolino
nelle lettere autentiche . Tra queste vanno segnalate : la forma com­
parativa o di contrapposizione (pollo-i) màllon , «(molto di) più»,
«piuttosto)) ; où mònon . . . a/là kài, «non solo . . . ma anche)); la nega­
zione rafforzata, oudè/oùte/oukètilmekèti, «non/né/non più/non an­
cora)) ; sono assenti anche le particelle che formano il tessuto connet­
tivo del discorso paolino: diòldiòtilàra oùn , «perciò , poiché , dun­
que)) ; quelle che introducono le proposizioni condizionali: èiper,

101
«Se»; èi tìs, «Se qualcuno» ; èipos , «Se in qualche modo». La presenza
o assenza di queste congiunzioni e particelle nello scritto di Colasse­
si attiene al suo profilo stilistico .

b) Stile e caratteristiche letterarie di Colossesi


Il primo contatto con il testo della Lettera ai Colossesi dà l'im­
pressione di una certa ridondanza stilistica. Questa ampollosità stili­
stica si costata soprattutto nel primo e secondo capitolo della lettera,
mentre essa si stempera negli altri due capitoli. Una tale impressio­
ne si può verificare calcolando l'ampiezza delle proposizioni e la
struttura delle frasi . Il primo capitolo , se si esclude la frase dell'inte­
stazione , è costituito da solo quattro grandi periodi : 1 ,3-8 ; 1 ,9-20 ;
1 ,21-23 ; 1 ,24-29. Invece nel secondo capitolo le proposizioni com­
plessivamente sono otto ; nel terzo 10 e nel quarto 1 3 , pur essendo
quest'ultimo formato da solo 18 versetti , contro i 23 versetti del se­
condo e i 25 del terzo .
L'articolazione del testo in grandi frasi è ottenuta mediante una
serie di proposizioni giustapposte o subordinate a cascata . A una
proposizione principale si agganciano quelle subordinate introdotte
il più delle volte da un pronome relativo, da un participio o dalla
proposizione hìna , «affinché» ( 13 volte ) . In almeno cinque casi la
proposizione subordinata è costituita da un'infinitiva con una valen­
za finale o consecutiva: «Perciò anche noi . . . non cessiamo di pregare
per voi . . . affinché ( hìna ) abbiate una conoscenza piena della sua vo­
lontà . . . (perché possiate ) comportarvi in maniera degna del Signo­
re , peripatésai axìos toù Kyrìou» ( 1 ,9-10; cf. 1 ,22. 25 ; 4,3.6 ) .
Sotto questo profilo è notevole la composizione dei primi due
capitoli rispetto agli altri due. Nel primo capitolo le proposizioni su­
bordinate relative sono complessivamente 1 1 ; nel secondo 7; nel ter­
zo 5 e nel quarto 6. Quello che attira l'attenzione del lettore di Co­
lossesi è la frequenza di un'espressione stereotipa introdotta dal pro­
nome relativo neutro singolare o plurale , hò/hà estìn , ( 1 ,24c.27c;
2, 17a.22a.23a ; 3, 14b ) , con funzione esplicativa analoga alla pro­
posizione relativa, hòslhètis estin ( 1 ,7b ; 2, 10b ; 3 ,5c; 4,9b . l lb ) . In
questo contesto merita di essere segnalato il duplice ricorso a questa
costruzione stereotipa nel brano ionico del capitolo primo ( Col
1 , 15a. 18b ) .
La microstruttura delle frasi e delle proposizioni è caratterizzata
dall'accumulo dei sostantivi sinonimi o affini, disposti in forma se­
riate oppure connessi con alcune particelle , tra le quali predominano

102
èn , «in», (87 volte contro le 64 della Lettera ai Filippesi di uguale
ampiezza) e katà , «Secondo» (13 volte contro le 1 1 di Filippesi) . È
frequente anche il ricorso al genitivo subordinato , esso pure dispo­
sto in serie o a cascata. L'effetto di ridondanza di queste costruzioni
è accentuato in alcuni casi dalle affinità fonetiche dei vocaboli con
effetto di paranomasia. Un esempio preso dalla preghiera iniziale
conferma queste particolarità stilistiche della nostra lettera: «Noi
rendiamo continuamente grazie a Dio . . . nelle nostre preghiere per
voi . . . in vista della speranza . . . (della quale) voi avete già udito l'an­
nunzio dalla parola di verità del vangelo , che è giunto fino a voi co­
me pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa, en Lògo-i tes ale­
thèias toù euaggelìou toù paròntos èis hymàs . . . karpophoroùmenon
kài auxàmenon» ( 1 ,5-6a) .
Lo stile della preghiera viene ripreso , dopo qualche versetto di
carattere epistolare , in questo modo : «Perciò anche noi. . . non ces­
siamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una conoscenza
piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale . . .
portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di
Dio, rafforzandovi con ogni energia . . . per poter essere forti e pa­
zienti in tutto , proseuchòmenoi kài aitoùmenoi . . . èn pàse-i sophìa-i
kài synèsei pneumatike-i. . . en pànti èrgo-i agatho-i karpophoroùntes
kài auxàmenoi . . . èn pase-i dynàmei dynamoùmenoi katà tò kràtos tes
dòxes . . . èis pàsan hypomenèn kài makrothymìan» (1 ,9- 1 1 ) .
Nel testo citato colpisce l a concentrazione dell'aggettivo
pàslpantòs , «tutto», che nelle sue diverse forme grammaticali ricorre
complessivamente 39 volte nella Lettera ai Colossesi. Esso con­
tribuisce assieme agli altri elementi rilevati sopra all'effetto di ampli­
ficazione ridondante non solo nei testi di preghiera, ma anche in
quelli di carattere espositivo e parenetico : «la parola di Cristo dimo­
ri tra voi abbondantemente ; ammaestratevi e ammonitevi con ogni
sapienza , èn pàse-i sophìa-i didaskòntes kài nouthetoùntes, cantando
a Dio di cuore e con gratitudine salmi , inni e cantici spirituali . E tut­
to quello che , pàn hò eàn , fate in parole e opere , tutto , pànta , si
compia nel nome del Signore Gesù Cristo , rendendo per mezzo di
lui grazie a Dio Padre» (Col 3, 16-17) . Forse è proprio in questo con­
testo orante di carattere liturgico che si deve cercare la matrice
dello stile solenne e ieratico tipico di alcune sezioni della Lettera ai
Colossesi.
A un'analisi del nostro testo sotto il profilo letterario si scopre
che l'impianto epistolare si sposa con elementi di altro genere . Rien­
trano nella cornice epistolare - mittente , destinatari e saluto -

103
i primi due versetti ( 1 , 1-2) . Anche il versetto conclusivo del capitolo
quarto si inserisce in questo schema protocollare delle lettere (4 , 1 8) .
Al genere epistolare appartengono i versetti della seconda parte del
capitolo quarto , dove si trasmettono le informazioni relative all'apo­
stolo mittente e si scambiano i saluti (4,7-17) . In questo contesto di
dialogo epistolare si presentano i collaboratori dell'apostolo e si fan­
no alcune esortazioni o inviti di carattere pratico-pastorale ( 4, 12-
13. 17) . Un altro tratto del genere epistolare della tradizione paolina
è rappresentato dalla preghiera di ringraziamento , che fa seguito al­
l'intestazione e sfocia nella preghiera di invocazione (1 ,3-1 1 ) .
A sua volta quest'ultima riprende i l tema iniziale del «ringrazia­
mento» per introdurre un brano di prosa ritmica che risente del ge­
nere ionico ( 1 , 12) . Sulla base delle sue peculiarità stilistiche la com­
posizione di Col l , 15-20 è assimilabile ai salmi biblici o ai brani poe­
tici in cui si tesse l'elogio della sapienza ( Pr 8,22-31 ; Sir 24, 1 -22 ; Sap
7,22-8, l). Essa rivela una certa affinità anche con «salmi» o «inni» ,
hodayòt, trovati nelle grotte di Qumran . Il brano ionico è connesso
con il contesto precedente di preghiera mediante due versetti poetici
di transizione ( 1 , 13-14) . Esso si prolunga nella sezione successiva ,
dove nello stile del dialogo epistolare se ne fa l'applicazione ai desti­
natari in forma di istruzione ed esortazione pratica (1 ,21-23).
Lo stile epistolare fa da cornice all'autopresentazione dell'apo­
stolo, «ministro del vangelo», che lotta per portare a compimento la
sua missione a favore dei destinatari (1 ,24-2,5). In questa sezione le
espressioni di stile cherigmatico e catechistico si alternano a quelle
di carattere parenetico . La stessa alternanza è presente anche nella
sezione successiva. Gli inviti e le esortazioni , con i verbi all'impera­
tivo sono intervallati da formule di fede cristologica e da amplia­
menti catechistici sull'esperienza battesimale ed ecclesiale segnalate
dalle forme verbali all'indicativo (2 ,6-23) .
Ben diverso è il tono del capitolo terzo, dove prevalgono i verbi
all'imperativo . Il contenuto dellà parenesi è dato da elenchi di «vizi»
da evitare e «virtù» da praticare . Il catalogo negativo segnala due se­
rie di 5/6 vizi (3 ,5.8). Quello positivo raccomanda sei qualità da per­
seguire con un comportamento corrispondente (3,12. 14) . Dello stes­
so stile di «elencazione» seriale risente anche il quadro della vita co­
munitaria proposto come ideale in Col 3, 16-17.
In questo contesto fa la sua comparsa un esempio di quello che si
è soliti chiamare «tavola dei doveri» o «codice familiare» . Si tratta di
un elenco dei doveri dei componenti della famiglia, disposti in forma
abbinata secondo i rispettivi ruoli-relazioni : mogli-mariti ; figli-geni-

104
tori ; servi-padroni (3 ,18-4 , 1 ) . La breve esortazione con il verbo al­
l'imperativo è seguita da alcune espressioni all'indicativo che la am­
plificano o ne danno la motivazione . Lo stile parenetico si riscontra
anche nei primi versi del capitolo quarto , dove le forme verbali im­
perativo-indicativo si alternano come nella sezione precedente .
A questo punto si innesta l'ultima parte che riprende più esplicita­
mente il dialogo epistolare .
In breve si ha l'impressione che nella Lettera ai Colossesi il ge­
nere epistolare si impasti con altri elementi di carattere parenetico o
esortativo, con intermezzi di stile cherigmatico e catechistico .

c) La struttura letteraria e tematica di ColossesP

L'analisi precedente relativa allo stile e al genere letterario della


nostra lettera ha messo in risalto alcuni elementi utili per cogliere la
strutturazione del testo . Diversi infatti sono i criteri sui quali si fon­
dano le ipotesi di struttura della nostra lettera. Alcuni autori privile­
giano quelli formali o letterari , altri fanno leva sul contenuto e lo
sviluppo tematico della lettera, altri ancora fondono insieme i due ti­
pi di criteri . In ogni caso tutti concordano nel riconoscere la cornice
epistolare del nostro scritto . Essa corrisponde materialmente al mo­
dello delle lettere paoline ( 1 , 1-2 ; 4,7-18) .
Per il resto si propone una divisione della lettera in due parti : a)
esposizione dottrinale , capitoli I-II ; b) sezione parenetica o esortati­
va, capitoli III-IV. Altri fanno iniziare al capitolo secondo una nuo­
va sezione , ottenendo così una divisione in tre parti. Ma anche al­
l'interno del capitolo primo e secondo della nostra lettera si possono
ravvisare delle cesure che suggeriscono un'ulteriore articolazione
del testo , Col 1 ,21-23 ; 1 ,24-29 ; 2, 1-5 ; 2,6-15; 2,16-23 . Inoltre alcuni
includono nella sezione parenetica i primi versi del capitolo terzo ,
altri invece fanno iniziare la sezione pratica o applicativa al versetto
cinque dello stesso capitolo . Anche l'ultimo capitolo della lettera
dedicato in massima parte alle informazioni e ai saluti è variamente
suddiviso : per alcuni l'intero capitolo rappresenta la conclusione
della lettera, Col 4,2-18; per altri la cornice epistolare comprende la
sezione di Col 4,7-18 o solo i versetti 4, 10-18.

3 P. LAMARCHE, «Structure d e l'épitre a ux Colossiens», i n Bib 56(1975) , 453-463;


L. RAMOROSON , «Structure de Col 1 ,5-3 ,4», in ScEs 29(1977) , 3 13-3 19.

105
Recentemente accanto ai criteri stilistici e letterari per ricostrui­
re la composizione del testo della Lettera ai Colossesi si fa riferi­
mento all'analisi retorica che tenta di individuare nel nostro testo al­
cuni elementi del «discorso» deliberativo classico : l'annuncio tema­
tico (partitio) , l'argomentazione ( argumentatio) o dimostrazione
(probatio) , l'appello attuativo (peroratio) o esortazione pratica (ex­
hortatio) . Ecco due esempi di struttura del testo di Colossesi in cui si
fa ricorso al modello retorico:4

MICHEL WOLTER JEAN-Noh ALEm

Prescritto 1, 1-2 Saluto iniziale 1, 1 -2


Proemium 1,3-23 Exordium 1,3-23
Partitio (l ,21-23)
Autopresentazione 1,24-2,5 Probatio 1,24-4, 1
(autore)
Lotta di Paolo (l ,24--2 ,5)
Fedeltà al vangelo (2 ,6-23)
Corpo della lettera 2, 6-4, 6
Partitio (2 ,6-8)
Argumentatio (2,9-23)
Probatio (2 ,9-15)
Refutatio (2, 16-23) Subperoratio (2 ,20-23)
Peroratio (3 , 1 -4) Santità dei credenti (3 , 1-4 , 1 )
Exhortatio (3,5-4,6)
Peroratio 4,2-6
Conclusione epistolare 4, 7-18 Cornice epistolare 4, 7 1 8
-

La differenza più vistosa tra le due ipotesi di struttura riguarda la


parte centrale della lettera. E questa a sua volta dipende dalla diver­
sa individuazione della partitio , dove l'autore , secondo il modello
del discorso retorico , annuncia brevemente i temi o le parti che in­
tende provare in seguito (probatio) . Per J . -N . Aletti l'annuncio te­
matico si trova a conclusione dell'esordio nei versetti 1 ,21-23 , che ne

4 M. WaLTER, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon (GTB 519) , Gii­
tersloh - Wiirzburg 1993 , 1 14- 1 15 ; J . -N. ALETII , Saint Pau! Épftre aux Calassiens
( É B , NS 20) , Paris 1993 , 39; tr. it . , Lettera ai Calassesi (Scritti delle Origini cristiane
12) , Bologna 1994.

106
riprendono e riassumono alcuni motivi . Esso si articola in tre temi ,
che nel seguito del testo sono svolti in ordine inverso : a) l'opera di
Cristo per la santità dei credenti (1 ,21-22//3 , 1-4 , 1 ) ; b) la fedeltà al
vangelo ( 1 ,23a//2,6-23) ; c) il vangelo annunciato da Paolo
( 1 ,23b/11 ,24-2 ,5) .
Per W. Wolter invece la partitio si ha nel breve sommario di Col
2,6-8, dove gli imperativi anticipano lo sviluppo in ordine rovesciato
delle due fasi dell'argomentazione nel seguito della lettera: l) «cam­
minate dunque nel Signore Gesù Cristo» (2,6a//3 ,5-4,6) ; 2) «badate
che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati :
a) alla tradizione umana secondo gli elementi del mondo» (2,16-23) ;
b ) «e non secondo Cristo» (2,8//2,9-15) . La parte centrale e decisiva
del discorso , la argumentatio della retorica classica, si compone di
due momenti : presentazione della posizione dell'autore , probatio
(2 ,9-15) ; confutazione degli argomenti della controparte , refutatio
(2,16-23) . A questa sezione argomentativa fa seguito quella pratica
applicativa che nel modello retorico corrisponde alla exhortatio
(3 ,5-4 ,6) . I primi versetti del capitolo terzo invece svolgono la fun­
zione della peroratio , che riassume il discorso precedente in vista di
una decisione coerente con esso (3, 1-4) .
Il ricorso al modello retorico offre una chiave utile per ricostrui­
re la struttura della nostra lettera a partire dal secondo capitolo . In­
vece il primo capitolo , considerato nelle due ipotesi succitate rispet­
tivamente come proemium o exordium , non risulta ben integrato
con l'insieme . Inoltre non si capisce qual è la funzione di quella par­
te che Wolter chiama «autopresentazione dell'autore» e che Aletti
considera invece come primo argomento della probatio : «la lotta di
Paolo per il vangelo» (1 ,24-2,5). Per cogliere la struttura del nostro
testo, che si presenta come una «lettera>> , è bene tenere presente ol­
tre al modello retorico anche quello epistolare . Esso nella tradizione
paolina assume una forma peculiare che si riflette nella Lettera ai
Colossesi posta sotto il nome di Paolo e del suo discepolo Timoteo .
In via preliminare sono da chiarire la funzione e l'articolazione
dell' «esordio>> o «proemio» rispetto alla parte centrale o corpo della
lettera (1 ,3-23 ) . Questi versetti , che fanno da ponte tra l'intestazio­
ne della lettera e l'autopresentazione di Paolo , contengono elementi
che si ispirano sia al dialogo epistolare sia al genere cherigmatico e
parenetico . A un'analisi più dettagliata il brano di apertura di Col
l ,3-23 si presenta con questa articolazione :
a) primo ringraziamento per la condizione spirituale dei destina­
tari , che hanno ricevuto con frutto l'annuncio del vangelo , 1 ,3-8 ;

107
b) preghiera per la loro crescita nella conoscenza della volontà
di Dio , 1 ,9- 1 1 ;
c) secondo ringraziamento per l'azione di Dio Padre che ha tra­
sferito i credenti dal potere delle tenebre nel regno del suo Figlio
amato , 1 , 12-14;
d) inno celebrativo del ruolo primaziale del Figlio nella creazio­
ne e nella riconciliazione , l , 15-20 ;
e) la riconciliazione dei destinatari implica che essi restino saldi
nella fede e fermi nella speranza del vangelo , del quale Paolo è co­
stituito ministro , l ,21-23 .

L'unità e l'articolazione di questa sezione sono suggerite dalla ri­


correnza e ripresa di alcuni verbi e sostantivi che segnalano le sue
aree semantiche . Due verbi scandiscono il ritmo della preghiera : eu­
charistèin , «ringraziare», (l ,3a. l2a) ; prosèuchesthai, «pregare»
(1 ,3c.9b) . Nel secondo caso il verbo «pregare» è raddoppiato con il
sinonimo aitèsthai (1 ,9b) . Il motivo del primo ringraziamento è la
condizione attuale dei destinatari, che hanno ascoltato l'annuncio
evangelico e vivono la triplice dimensione dell'esistenza cristiana : la
fede in Cristo Gesù, l'amore verso tutti i santi in attesa della speran­
za «che è riposta per voi nei cieli». Si tratta di quella speranza che è
stata ascoltata mediante «l'annuncio della parola di verità del vange­
lo» (1 ,3-5) .
Qui si innesta l'area semantica che riguarda il processo di comu­
nicazione del «vangelo» e tra i cristiani. Essa è definita dal verbo
akoùein e dal suo composto pro-akoùein , che ricorrono cinque volte
solo in questa sezione di Colossesi (1 ,4a.5b.6b . 9a.23). Lo stesso vale
per il termine euaggèlion (1 ,5c.23b) . In questo campo semantico
rientrano i verbi manthànein , «imparare» (1 ,7a) , epignoskein , «CO­
noscere>> ( 1 ,6) e i sostantivi al�theia , «verità» ( 1 ,5c . 6c) , epìgnosis
(1 ,9b. 10c) . Solo quest'ultimo vocabolo ricorre ancora due volte nel­
la nostra lettera (2 ,2b ; 3 , 10b) . Al servizio del processo di annuncio o
trasmissione del vangelo stanno due personaggi , menzionati con i ri­
spettivi nomi . Èpafra e Paolo, e seguiti dalla qualifica di diàkonos
( 1 ,7b.23c; cf. 1 ,25 ; 4,7) .
La seconda area semantica si riferisce all'oggetto della preghiera
dei mittenti : «Perciò anche noi , da quando abbiamo saputo questo ,
non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena
conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spiri­
tuale» (1 ,9) . Su questa prima proposizione finale si innesta un'infini­
tiva, che si dilata in una serie di espressioni introdotte dalle particel-

108
le ènlèis. L'effetto di amplificazione è suggerito dall'accostamento
abbinato dei sinonimi e dalla frequenza dell'aggettivo pàs, che ricor­
re quattro volte in due versetti ( 1 , 10-1 1 ) . È da segnalare anche la ri­
presa in questo contesto dei due participi karpophoroùntes kài auxà­
menoi, «portando frutto e crescendo» , già utilizzati nel primo rin­
graziamento per indicare l'azione efficace dell'evangelo (1 ,6a. 10b) .
Il secondo ringraziamento ha come oggetto l'azione del Padre a
favore dei credenti abilitati a prendere parte all'eredità dei santi nel­
la luce . Esso si prolunga in una breve confessione di fede in cui si
presenta l'opera del Padre come liberazione dei credenti dal «potere
delle tenebre» e trasferimento nel «regno del Figlio» del suo amore .
Questo passaggio viene esplicitato come «redenzione e remissione
dei peccati» ( 1 , 12-14) . Il brano ruota attorno all'area semantica del
processo di «liberazione/redenzione» , richiamato dal verbo rhyest­
hai, «liberare», dai sostantivi apolytr6sislàphesis, «redenzione», «re­
missione» . È evidente anche il contrasto tra il «potere delle tenebre»
e i «peccati» da una parte e l'eredità dei santi nella «luce» e il «regno
del Figlio del suo amore» dall'altra.
Sulla figura e il ruolo del «Figlio» si innesta la composizione inni­
ca in due strofe , introdotte dal relativo hòs estìn ( 1 , 15a. l8b) . La di­
sposizione binaria del testo è confermata dalla duplice motivazione
che introduce , dopo la frase iniziale, i rispettivi sviluppi tematici : il
ruolo primaziale del Figlio in tutta la creazione (1 , 15-18a) ; il ruolo
primaziale del Figlio nel processo di riconciliazione universale
( 1 , 18b-20) . La prima strofa risulta un po' appesantita dalla ripresa
tematica negli ultimi versi introdotti dal duplice kài autòs estìn (l , 17-
18a) . Essi potrebbero essere considerati come una sintesi dei prece­
denti in funzione di raccordo con la seconda strofa. 5 La struttura del­
l'inno dunque può essere ricostruita in questo modo :6

5 F. F. BRUCE, <<Colossians Problems. Part 2: The "Christ Hymn" o f Colossians


1 , 15-20» , in BS 14/562(1984) , 99- 1 1 1 . Alcuni autori considerano Col 1 , 18a un'aggiun­
ta esplicativa rispetto al testo originario dell'inno ; almeno il genitivo t2s ekkléslas po­
trebbe essere un'esplicitazione del vocabolo «COrpO>> , soma , di cui Cristo è proclama­
to «capo».
6 J.N. ALElTI , Colossiens 1, 15-20. Genre et exégèse du texte, fonction de la thé­
matique sapientiel/e (AnB 91), Rome 1981 ; T.E. POLLARD, «Colossians 1 , 12-20>> , in
NTS 27(1981), 572-575 ; N.T. WRIGHT, «Poetry and Theology in Colossians 1 , 1 5-20>> ,
in NTS 36(1990) , 444-468; C. MARCHESELLI CASALE, «La struttura letteraria di Col
1 , (14b)1 5-20. La celebrazione cultuale della funzionalità del primato-servizio di Cri­
sto Signore>> , in Io . , a cura di, Parola e Spirito. Studi in onore di S. Cipriani, 2 voli . ,
Brescia 1982, l , 479-519.

109
l. Primato di Cristo nella creazione, 1 , 15-lSa:
a) annuncio tematico con due titoli : «immagine di Dio» , e «pri­
mogenito di tutta la creazione» , 1 , 15;
b) motivazione e sviluppo : «tutto è stato creato per mezzo di lui
e in vista di luh> , 1 , 16;
c) sintesi e raccordo : ruolo e posizione nel creato e nel cor­
po/chiesa, 1 , 17-lSa.
Il. Primato di Cristo nella riconciliazione-pacificazione, l , lSb-20:
a) annuncio tematico con due titoli : «principio e primogenito
dei morti» , 1 , 18b ;
b ) motivazione e sviluppo: «in lui si compiacque di (far) abitare
ogni pienezza , riconciliare e pacificare tutte le cose», 1 , 19-20 .
La sezione successiva si distingue per stile e genere letterario
dalla composizione innica. In essa si riprende il dialogo epistolare ,
accentuato alla fine dalla menzione del mittente «Paolo» , l ,23c. Ma
nello stesso tempo è innegabile la sua affinità lessicale e tematica
con l'inno . I destinatari della lettera sono inseriti nel processo di ri­
conciliazione che li ha fatti passare dalla condizione di «Stranieri e
nemici» d'un tempo a quella attuale di «riconciliati per mezzo della
morte del suo corpo di carne» (1 ,21-22a) . L'effetto e lo scopo di
questo passaggio sono espressi da una proposizione infinitiva: «per
presentarvi santi , immacolati e irreprensibili al suo cospetto»
( 1 ,22b) . Viene quindi indicata la condizione per raggiungere questo
obiettivo . Essa è nello stesso tempo un programma di vita e un ap­
pello: «purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate al­
lontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato ,
il quale è stato annunciato a ogni creatura sotto il cielo e di cui io ,
Paolo , sono diventato ministro» ( 1 ,23).
In questa sezione da una parte si avverte la ripresa di alcune
espressioni del ringraziamento e della preghiera iniziali e dall'altra si
annuncia il ruolo di Paolo nella proclamazione del vangelo . La sua
esplicita autopresentazione , ego Pàulos , e la sua qualifica «diàkonos
del vangelo» , introducono la nuova sezione . Essa ruota attorno alla
figura di Paolo , diàkonos della chiesa, corpo di Cristo , conforme al­
la missione ricevuta da Dio a favore dei destinatari : «compiere la
sua parola , il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora
manifestato ai suoi santi , ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa
ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani ; cioè Cristo in voi ,
speranza della gloria» ( 1 ,25-27) .
Il vocabolo mystèrion nella Lettera ai Colossesi , se si esclude la
ripresa della formula «mistero di Cristo» in Col 4,3, è concentrato in

1 10
questa sezione (1 ,26.27; 2,2) . Assieme ai verbi e sostantivi che vi so­
no associati - phaneroùsthai, «manifestarsi» ; gnorìzein, «far cono­
scere» ; epìgnosis, «conoscenza» - il «mistero» definisce il campo
semantico dell'intera pericope . Esso si interseca con quello del ruolo
e dell'azione di Paolo che soffre , si affatica e lotta per «ammonire e
istruire ogni uomo con sapienza per rendere ciascuno perfetto in
Cristo» (1 ,28-29) . Lo scopo ed esito del suo impegno coincidono con
la conoscenza del «mistero Dio», che è «Cristo in voi» o «Cristo, nel
quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza»
(1 ,27b ; 2,2b-3a) . La sezione è ben definita dall'inclusione segnalata
dalla dichiarazione di Paolo : «Sono lieto, chàiro , nelle sofferenze
che sopporto per voi . . . gioisco , chàiron , nel vedere la vostra condot­
ta ordinata e la saldezza della vostra fede» ( l ,24a; 2,5b ) .
In questa sezione dunque Paolo stesso presenta il suo ruolo e im­
pegno per il servizio del vangelo e della chiesa allo scopo di realizza­
re il «mistero>> di Cristo . Negli ultimi due versetti si annuncia la se­
zione seguente. L'invito conclusivo di Paolo ai destinatari: «Dico
questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenth> , prepara
l'appello successivo : «Badate che nessuno vi inganni con la sua filo­
sofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli
elementi del mondo e non secondo Cristo>> (2,4.8) . La sua dichiara­
zione finale di compiacimento per la loro «condotta ordinata e la sal­
dezza della fede in Cristo>> prelude all'esortazione programmatica
che segue immediatamente : «Come dunque avete ricevuto il Cristo
Gesù Signore , in lui camminate , ben radicati e fondati in lui , saldi
nella fede come vi è stato insegnato , abbondando nell'azione di gra­
zie>> (2,5 .6-7) . La particella oùn , «dunque>> , del versetto 2,6 segnala
l'inizio di una nuova sezione , dove le esortazioni e gli appelli si alter­
nano alle motivazioni e sviluppi tematici relativi al ruolo di Cristo .
In un quadro sintetico questa è la struttura del nostro brano :

A. Esortazione i n forma positiva e negativa, 2 ,6-8 ;


B. Motivazione: al ruolo di Cristo «capo>> e trionfatore sui «princi­
pati e le potenze>> i credenti partecipano mediante l'immersio­
ne battesimale, 2,9- 1 5 ;
A ' . Esortazione che fa leva sulla partecipazione dei credenti alla
morte e risurrezione di Cristo , 2, 16-3 ,4.

La simmetria tra le due esortazioni , che fanno da cornice allo


sviluppo tematico centrale, è posta in risalto da alcune corrispon­
denze lessicali . L'espressione idiomatica tà stoichèia toù kòsmou ,

111
ricorre solo in queste due sottosezioni della nostra lettera (2,8c.
20a) . In ambedue i casi essa indica un ambito contrapposto alla rela­
zione con Cristo. Il rischio della seduzione deviante nel primo caso è
chiamato «philosophìa» e vuoti raggiri ispirati alla tradizione degli
uomini , paràdosis ton anthropon (2,8a) ; nel secondo caso si dice che
i vari divieti ascetici sono «prescrizioni e insegnamenti di uomini , tà
entàlmata kài didaskalìai ton anthrop6n» (2,22b) . A sua volta la coe­
renza tematica della seconda esortazione è data dal richiamo alla du­
plice serie di divieti che vengono squalificati in relazione all'unico
ruolo salvifico di Cristo (2, 16-17.20-21) . Inoltre le pratiche alternati­
ve alla relazione vitale con Cristo in ambedue i casi sono presentate
con una terminologia analoga : tapeinophrosyne, «umiltà» , e (ethelo)
threskèia «(affettata) religiosità» (2 ,18.23).
Ma la tonalità semantica dell'intera sezione è data dalla presen­
tazione del ruolo di Cristo e della relazione vitale dei credenti uniti a
lui mediante l'immersione battesimale . In apertura della nostra sot­
tosezione si riprende e precisa un'espressione della seconda strofa
dell'inno cristologico : «in lui (Cristo) abita corporalmente tutta la
pienezza della divinità, èn auto-i katoikèi pàn tò plèroma tes theòte­
tos» , (2,9) . Anche l'immagine di «capo», kephalè , riferita al ruolo di
Cristo rispetto a ogni principato e potestà, rimanda al linguaggio
dell'inno (2, 10b ; 1 , 16c. 18a) . La stessa immagine del «capo» , con­
nessa con il «corpo» di Cristo , ritorna nella seconda sottosezione
esortativa: dal Cristo , capo , «tutto il corpo riceve sostentamento e
coesione per mezzo di giunture e legami , realizzando così la crescita
secondo il volere di Dio» (2,17c. 19) .
Quello che attira l'attenzione in questa parte della Lettera ai Co­
lossesi è la forte accentuazione del rapporto vitale dei credenti bat­
tezzati con Cristo ; rapporto espresso mediante le particelle greche
ènlèislsyn , associate ai verbi composti syntaphèin , «con-seppellire»
(2, 12a) ; synegèiresthai, «con-risuscitare>> (2, 12; 3 , 1a) ; synzoopoièin ,
«con-vivificare» (2 , 13b ) . Questi verbi esprimono l'efficacia salvifica
della morte e risurrezione di Cristo a favore dei battezzati . Dio ha
perdonato tutti i loro peccati , «annullando il documento scritto del
loro debito . . . egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce»
(2 , 13-14) . Anche questa esplicita menzione della «croce» , stauròs ,
rimanda a un'espressione dell'inno cristologico relativa all'efficacia
redentrice della morte di Cristo ( 1 ,20) .
Il polo alternativo a Cristo è rappresentato dai «principati e po­
tenze , archài kài exousìai» - menzionate due volte (2, 10b. 15a) - e
dal culto degli «angeli» . Con questo ambito sono connesse le osser-

1 12
vanze e i divieti considerati precetti e insegnamenti di uomini, «che
hanno la parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità, umil­
tà e austerità riguardo al corpo , ma in realtà non servono che per
soddisfare la carne>> (2 ,23) . Tra le pratiche poste sotto accusa rientra
anche la «circoncisione» , che consiste nella «spoliazione del corpo di
carne» , contrapposta alla «circoncisione di Cristo», «non fatta da
mano di uomo» (2, 1 1 ) .
I n questo quadro antitetico si comprendono gli accenti polemici
che nella nostra sezione assumono non solo le esortazioni pratiche ,
ma anche gli sviluppi e le motivazioni cristologiche . A questo
duplice orientamento si ispira anche l'inizio del capitolo terzo che
fa da raccordo tra la sezione cristologica e quella successiva di
carattere decisamente parenetico (3 , 1-4) . I due verbi all'indicativo
synergèrthetelapethànete, «siete risorti con/siete morti» con Cristo ,
rimandano all'evento fondante dell'esperienza cristiana rievocata
nel centro della sezione . La coppia di imperativi , zetèite/phronèite ,
«cercate/pensate», ne traggono le conseguenze sul piano esisten­
ziale e anticipano la serie di esortazioni pratiche della sezione suc­
cessiva (3 ,1-3) . In questo contesto risulta nuova la coppia verbale
krypteinlphaneroùsthai, che richiama il lessico del «mistero» di Cri­
sto (3 ,4) .
Una nuova sezione è introdotta dall'invito iniziale : «Mortificate
dunque le. membra che sono sulla terra» (3,5) . Il verbo nekroùn e
l'immagine delle «membra sulla terra» rimandano al lessico e al qua­
dro simbolico precedente : «pensate alle cose di lassù e non a quelle
della terra ; voi infatti siete morti . . . » (3 ,2-3a) . Ma il testo si sviluppa
sul versante parenetico come lascia capire la serie di imperativi :
«Ora invece deponete , nynì dè apòthesthe . . . » ; «non mentitevi , mè
psèudesthe . . . » ; «rivestitevi dunque , endysasthe oùn . . . » (3,8a.
9a. 12a) . Questi inviti si prolungano nell'elenco dei doveri familiari ,
pure scanditi da una serie di imperativi : «Voi mogli , state sottomes­
se , hypotàssesthe . . . » ; «voi mariti , amate , agapàte . . » ; «voi figli , ob­
.

bedite , hypakoùete . . . »; «voi servi, obbedite , hypakoùete . . » ; «voi


.

padri , non esasperate , mè erethìzete . . . » ; «voi padroni , date ai vostri


servi, parèchesthe . . » (3 , 18a. 19a.20a.21a.22a; 4, 1a) .
.

La sezione parenetica va oltre la «tavola dei doveri familiari» ,


ben definita nella sua unità e articolazione . Due imperativi di carat­
tere generale riprendono la serie interrotta dal codice familiare :
«Perseverate nella preghiera, proskarterèite . . . » ; «comportatevi sag­
giamente , peripatèite . . . » ( 4,2a) . L'invito alla preghiera offre lo spun­
to per riproporre in modo essenziale il ruolo di Paolo proclamatore

113
del «mistero di Cristo» , per il quale si trova in catene (4,3-4) . Que­
sto accenno autobiografico sul finire della sezione parenetica, antici­
pa il tema della sezione successiva, riservata alle informazioni e ai
saluti .
Infatti l'ultima sezione si apre con tre versetti dedicati alla comu­
nicazione epistolare: presentazione dei collaboratori inviati e incari­
cati di trasmettere le informazioni sul mittente . Il brano si apre e
chiude con il verbo gnorìzein , «far conoscere» (4 ,7-9) . Le altre sot­
tosezioni sono scandite dal verbo aspàzesthai, «salutare» , all'indica­
tivo o imperativo (4,10a . 12a. 14a . 15a) . Non mancano alcune brevi
esortazioni o inviti suggeriti dal ruolo o compito dei personaggi
menzionati nella lista dei saluti (4, 12. 14. 16-17) .
Al termine di questa analisi degli elementi lessicali , semantici,
stilistici e letterari che definiscono la trama minuta del nostro testo ,
si può proporre in forma riassuntiva la sua struttura:
Cornice epistolare: mittenti , destinatari , saluto 1 , 1-2
Preghiera di apertura e annuncio tematico 1 ,3-23
l. Il ruolo di Paolo nell'annuncio del «mistero» 1 ,24-2,5
Il . L'unione battesimale a Cristo morto e risorto al­
ternativa alle osservanze e pratiche connesse con
il culto degli angeli 2,6--3 ,4
III . Programma di vita spirituale e doveri familiari 3,5-4,6
Cornice epistolare: informazioni e saluti 4�7-18

2. L'oRIGINE LEITERARIA DI CoLossESI

Per ricostruire sotto il profilo letterario la genesi del breve scrit­


to indirizzato ai cristiani di Colossi, è opportuno esaminare la sua
collocazione all'interno del canone biblico, cioè il suo rapporto con
gli altri scritti sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento . In questa
analisi comparata un ruolo decisivo ha il confronto tra la nostra let­
tera e quella degli Efesini, data la singolare affinità letteraria tra i
due testi.

a) Colossesi e gli scritti del canone biblico1


È un fatto che merita di essere segnalato : nella Lettera ai Colos­
sesi non si trova nessuna citazione esplicita dell'Antico Testamento .

7 E.P. SANDERS , «Literary Dependence in Colossians>> , in JBL 85(1966) , 28-45 .

114
Vi si riscontrano invece almeno nove allusioni a testi dell'AT, me­
diante la ripresa di espressioni uguali o affini a uno o più testi biblici .
Ecco l'elenco di queste allusioni ai testi dell'AT nella Lettera ai Co­
lossesi :

Colossesi Antico Testamento


1 , 15 Gen 1 ,26-27
1 , 17 Pr 8,23-27
2,3 Is 45 ,3 ; Pr 2,3-4 ; Sir l ,24
2,22 Is 29 ,13
3,1 Sal 1 10 , 1
3 , 10 Gen 1 ,26-27
3 , 18 Gen 3 , 16
3 ,25 Dt 10,17; 2Cr 19,17
4,1 Lv 25 ,43.53; Qo 5,7

Da questo confronto si intuisce l'importanza che ha per il nostro


scritto il testo di Gen 1 ,26-27, dove , nel contesto della creazione , ri­
corrono l'espressione e la categoria dell'immagine , eikon , di Dio , ri­
prese nell'inno cristologico e nella parenesi battesimale ( 1 , 15 ; 3 , 10) .
Al contesto sapienziale biblico rimandano due testi di Colossesi :
uno riguarda il ruolo del «Figlio» nella creazione ( 1 , 17//Pr 8,23-27) ,
l'altro si riferisce al «mistero di Dio , che è Cristo , nel quale sono na­
scosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2 ,3//Pr 2,3-4 ;
Sir 1 ,24; cf. Is 45 ,3) . Anche il testo di Col 3 , 1 , che richiama il Sal
1 10 , 1 in relazione all'esaltazione di Cristo alla «destra di Dio» , si in­
serisce nella tradizione dei testi veterotestamentari riletti in chiave
cristologica . Gli· altri quattro rimandi o allusioni ai testi biblici del­
l' AT si trovano nella sezione parenetica.
Più frequenti e diretti sono i contatti della nostra lettera con gli
scritti del Nuovo Testamento in particolare con quelli che costitui­
scono l'epistolario paolino . In questo caso è opportuno articolare il
confronto a tre livelli : l) lettere autentiche di Paolo (protopaoline) ;
2) lettere della tradizione paolina , compresa la Lettera agli Ebrei
(deuteropaoline); 3) altri scritti del NT: Vangeli , Atti degli apostoli ,
lettere cattoliche e Apocalisse . L'analisi comparata di Colossesi con
gli scritti neotestamentari dà questi risultati circa il numero di testi in
Colossesi , dove si riconoscono dei possibili contatti o parentele :

protopaoline deuteropaoline altri scritti del NT


42 16 (esclusa Ef) 35

115
È innegabile la parentela della Lettera ai Colossesi con le altre
lettere del corpus paolino. In primo luogo va rilevato che lo schema
e il frasario della «cornice epistolare» di Colossesi sono un calco di
quelli presenti nelle altre lettere di Paolo : Col 1 , 11/lCor 1 , 1 ; Col
1 ,2//Rm 1 ,7; Col 4, 18//1Cor 16,2 1 . 23a. Ma quello che attira l'atten­
zione è la singolare parentela di Colossesi con la Lettera ai Romani .
Infatti si possono rilevare almeno 18 punti di contatto tra i due scrit­
ti , di cui sei nel capitolo secondo e terzo di Colossesi . Segue la prima
Lettera ai Corinzi con la quale la nostra lettera ha nove testi affini .
Ma in termini di proporzionalità è più rilevante il confronto tra Co­
lossesi e la Lettera ai Filippesi di uguale ampiezza: le allusioni al te­
sto di Filippesi sono complessivamente sette , di cui tre nel capitolo
primo: Col l ,9-10//Fil l ,27 ; Col l ,29//Fil 4,13; Col 3 ,4//Fil l ,21 ; 3 ,21 .
Va segnalata infine l'impressionante corrispondenza tra il testo
di Colossesi e la piccola Lettera a Filemone soprattutto nella sezione
dei saluti finali . E. Lohse rileva che quasi tutti i nomi che compaiono
nella Lettera ai Colossesi nella sezione finale sono presenti nella
Lettera a Filemone :8

Colossesi Filemone
1,1: Paolo, «apostolo di Cristo Gesù» l
1,1: Timoteo , «il fratello» l
4,7: Tichico , «il caro fratello e ministro fedele
mio compagno nel servizio del Signore» -
4,9: Onèsimo : «il fedele e caro fratello» 10- 1 1
4, 10: Marco , «il cugino di Barnaba» 24
4,10: Aristarco , «mio compagno di carcere» 24
4, 1 1 : Gesù , «chiamato Giusto» 23 (Cristo) Gesù (?)
4,12: Èpafra ( 1 ,7) , «Servo di Cristo Gesù» 23
4. 14: Luca , «il caro medico» 24
4,14: Dema 24
4,15: Ninfa
4,17: Archippo : «considera il ministero che
hai ricevuto nel Signore . . . » 2

Esclusi due nomi , Tichico e Ninfa, tutti gli altri 1 0 di Colossesi


sono presenti nella Lettera a Filemone . La massima concentrazione

8 E. LoHSE , «La lista dei saluti nella lettera a Filemone e in quella ai Colossesi>> ,
in Io. , Le lettere ai Colossesi e a Filemone, 314-317.

1 16
delle corrispondenze si verifica nell'elenco delle persone che «in­
viano» i loro saluti assieme a Paolo (Col 4, 10-14//Fm 23-24) . La no­
vità nella lista di Colossesi è costituita dai titoli o qualifiche che ac­
compagnano la menzione dei vari nomi . Questo fatto , secondo E .
Lohse , sarebbe u n indizio della composizione successiva di Colasse­
si rispetto allo scritto di Paolo a Filemone .
Non è facile valutare il significato di queste affinità tra il testo di
Colossesi e quello delle altre lettere paoline , perché il confronto si
colloca a diversi livelli . In alcuni casi si tratta solo della ricorrenza
dello stesso vocabolo greco , oppure di un'espressione caratteristica .
In altri casi tra i due testi posti a confronto , oltre al lessico comune ,
vi è una corrispondenza nello sviluppo tematico . Sotto questo pro­
filo sono individuati cinque testi di Colossesi che risulterebbero
dalla combinazione - «conflazione» - di più testi dell'epistolario
paolino :

Colossesi testi paolini


1 , 15-16 Rm 1 ,20; 1 1 ,36; 1Cor 8 ,5-6 ; 2Cor 4,4
1 ,20-22a Rm 5 , 10; 1Cor 8,5; 2Cor 5 , 18
1 ,26-27 Rm 9 ,23-24; 16,25-26; 1 Cor 2,7
2, 12-13 Rm 4,24; 6,4. 1 1 ; 8,32; Gal 1 , 1
3,5-11 Rm 6,6; 13, 12-14; 1 Cor 5 , 1 1 ; 12,13; 15 ,28 ;
Gal 3 ,27-28 ; 5 , 19; 1Ts 4,5.

Tenendo conto dei diversi elementi lessicali , stilistici e tematici


si rilevano altre corrispondenze tra il testo di Colossesi e quelli del­
l'epistolario paolino:

Colossesi testi paolini


1 ,9-1 1 Fil 1 ,9- 1 1
1 , 10 1Ts 2,12
2,5 1Cor 5 ,3-4
2,8.20 Gal 4,3.9
2,10 1Cor 15 ,24
2,16 Rm 14 , 1 . 3 . 17
3 ,2 Fil 3 , 19
3,15 Fil 4,7
3 ,24b Rm 12, 1 1b
4,2a Rm 12,12
4,18 1Cor 16,21 .

1 17
Volendo fare un bilancio del confronto tra la Lettera ai Colosse­
si e le altre lettere paoline si può dire che la corrispondenza lessicale
e tematica presuppone la conoscenza del corpus paolino , anche se
non è possibile provare nei singoli casi che vi sia una dipendenza let­
teraria diretta . Ma non si può negare che esista una connessione an­
che sotto il profilo letterario tra la Lettera ai Colossesi da una parte
e la Lettera ai Romani e Filippesi dall'altra . Lo stesso vale per il rap­
porto tra la nostra lettera e quella indirizzata a Filemone . Ma per
spiegare l'affinità dei Colossesi con i testi del canone cristiano e in
particolare con l'epistolario paolino si deve tener conto del ruolo
che ha avuto la tradizione cristiana comune , dalla quale derivano al­
cune formule di fede ed espressioni dei brani dossologici e delle se­
zioni catechistiche e parenetiche.

b) Il confronto tra Colossesi e la Lettera agli Efesini9


Una più precisa corrispondenza a diversi livelli - lessicale , stili­
stico , letterario e tematico - si riscontra tra la Lettera ai Colossesi e
quella agli Efesini. Nelle due lettere , a differenza delle altre del cor­
pus paolino , si trovano non solo gli stessi termini rari, ma anche al­
cune espressioni e frasi identiche . Nell'analisi linguistica della nostra
lettera è già stata rilevata la presenza di 10 vocaboli che ricorrono
solo nei nostri due scritti :

Colossesi Efesini
apokatalàssesthai 1 ,20.22 2,16 «riconciliarsi»
apallotrioùsthai l ,21 2,12; 4,18 «essere estraneo»
rhizoùsthai 2,7 3 , 1 7 «essere radicato»
synegèirein 2 , 12; 3 , 1 2,6 «con-risuscitare»
synzoopoièin 2 , 13 2,5 «con-vivificare»
haph� 2,19 4,16 «giuntura»
àuxesis 2 , 19 4,16 «crescita»
hymnos 23 , 1 6 5 , 1 9 «inno»
ophthalmodoulìa 3 ,22 6,6 «servizio a vista»
anthropàreskos 3 ,22 6,6 «compiacente agli uomini».

9 E. PERCY, Die Probleme der Kolosser- und Epheserbriefe, Lund 1946; J.


Courrs, «The Relationship of Ephesians and Colossians» , in NTS 3(1957- 1958) , 201-
207 ; H . MERKLEIN, Paulinische Theologie in der Rezeption des Kolosser- und Ephe­
serbriefes , in K. KERTELGE, a cura di, Paulus in den neutestamentlichen Spiitschriften ,
25-69; H. MERKLEIN , «Eph 4, 1-5 ,20 als Rezeption von Kol 3 , 1 -17>> , in P.G. MOLLER ­
W. STENGER, a cura di, Kontinuitat und Einheit. Fs. F. Mussner, Freiburg 198 1 , 194-
210.

1 18
L'aspetto che merita di essere rilevato in questa affinità lessicale
tra i due scritti paolini è la ricorrenza di vocaboli rari paralleli in con­
testi simili: la «riconciliazione» universale per mezzo di Gesù Cristo ;
la «partecipazione» al destino pasquale di Cristo risorto ; la crescita
dei credenti nell'unico «corpo» di Cristo ; la proposta dei «doveri fa­
miliari» in forma di codice o catalogo . A questa corrispondenza del
lessico si deve aggiungere quella di carattere tematico che contraddi­
stingue le due lettere nell'insieme dell'epistolario paolina :

Colossesi Efesini
a) «mistero , mystèrion ,
di Dio/di Cristo»
1 ,26 .27 ; 2,2; 4,3 1 ,9 ; 3,3.4.9; 5 ,32 ; 6,19
b) Cristo «capo , kephalè,
della chiesa»
1 , 18; 2 , 19 1 ,22 ; 4,15; 5 ,23
c) chiesa «COrpO, soma,
di Cristo»
1 , 18.24; 2,19 1 ,23 ; 4,12.16; 5 ,23-30
d) la «pienezza» , plèroma
1 ,1 9 ; 2,9 1 , 10.23 ; 4,13
e) esaltazione celeste di
Cristo
3,1 1 ,20
f) «conoscenza» e «sapienza»
1 ,9. 10.27 ; 2,8; 3, 10. 16a 1 ,8-9. 17-18; 3 , 18-19; 4, 14-
15 .23 ; 5 , 1 7
g) invito alla preghiera
1 , 12; 2,7; 3 , 1 5 . 16; 4,2-4 5 , 19-20; 6, 18-20.

A queste affinità lessicali e tematiche tra le due lettere si deve


aggiungere anche il parallelismo letterario di alcune sezioni. Partico­
larmente rilevanti sono le corrispondenze tra la sezione di Col 1 , 15-
23 e quella di Ef 2 , 1 1 -22 . Anche l'elenco dei doveri familiari ha la
stessa struttura di fondo nei due testi : Col 3, 18-4, 1//Ef 5 ,22-6 ,9. Uno
schema simile sta alla base dell'antitesi temporale - «un tem-

119
po>>l«ora>> - riferita alla condizione spirituale dei destinatari : Col
1 ,21-22; Coi 3 ,7-8//Ef 2, 1-3 ; Ef 2 , 1 1-13. È da rilevare anche la pre­
senza nei due scritti di composizioni di carattere innico o di brani in
prosa ritmica : Col 1 , 15-20 ; Col 2, 13b- 15//Ef 1 ,3-14; Ef 2,14-18; Ef
3 , 14-21 . Ma proprio il confronto tra questa serie di testi affini o pa­
ralleli pone in risalto la diversa accentuazione e sviluppo che gli stes­
si temi assumono nelle due lettere. In genere nella Lettera agli Efe­
sini le tematiche comuni con lo scritto di Colossesi sono accorpate e
spesso ampliate . Da qui l'ipotesi che il testo di Efesini rappresenti
uno stadio successivo rispetto a quello di Colossesi .

c) Colossesi e i testi extracanonici

Il lessico specialistico presente in alcune sezioni di Colossesi e


soprattutto il riferimento al culto degli angeli , associato alle prescri­
zioni e pratiche ascetiche hanno stimolato la ricerca dei paralleli let­
terari e tematici sia nell'ambiente giudaico , palestinese ed ellenisti­
co , sia in quello di cultura greca. Alcuni vocaboli ed espressioni del­
l'inno cristologico di Col 1 , 15-20 - eikon, protòtokos, kephalè tou
sòmatos, pleroma - sono poste in relazione con le formule e le rela­
tive concezioni presenti nei testi della filosofia platonica e stoica .
Nell'Inno orfico, riportato da Eusebio nella Praeparatio evangelica
111 ,9,2, si celebra Zeus, primogenito , testa e centro di tutta la realtà
cosmica , unico corpo regale , luminoso e immenso. La stessa conce­
zione del capo di tutte le cose , che formano il corpo cosmico, è rife­
rita da Filone al lògos (Quaest. in Ex. 2 , 1 17; Somn. 1 , 128; Praem.
125) . Ma già Platone dice che il mondo visibile , che abbraccia il tut­
to , è «immagine>> , eikon , del Dio intelligibile ( Timeo 92c) . Questa
concezione si riscontra nei testi successivi del Corpus Hermeticum .
Analogamente il termine pleroma richiama le concezioni cosmologi­
che della filosofia stoica. Esso avrà un ruolo determinante nelle suc­
cessive speculazioni gnostiche .
Il ruolo assegnato alle potenze celesti e il culto degli angeli , che
l'autore di Colossesi attribuisce alla propaganda dei fautori della «fi­
losofia» e della «tradizione umana, secondo gli elementi del mon­
do>> , sono posti in relazione con i testi della letteratura apocalittica
(l Enoch ; Giubilei; 4Esdra ; 2Baruch) e gli altri testi apocrifi giudaici
( Test. Lev. ; Ioseph Aseneth) . Un confronto più diretto viene stabili­
to tra la Lettera ai Colossesi e i testi di Qumràn , dove si riscontra la
tematica degli angeli , quella dell'osservanza dei calendari e delle

120
pratiche ascetiche . Anche lo stile ridondante di alcune sezioni di Co­
lossesi richiama quello che si riscontra in alcune composizioni inni­
che dei testi trovati a Qumran . 1 0

3. L'oRIGINE STORICA DI CoLOSSESI


L'analisi linguistica e letteraria del testo della Lettera ai Colosse­
si offre già alcuni elementi per rispondere agli interrogativi circa la
situazione dei destinatari , lo scopo e l'occasione dell'invio della let­
tera. Una ricerca ulteriore sul testo può ampliare e integrare i dati
utili per formulare un'ipotesi circa l'origine storica della lettera, il
suo «autore» , l'ambiente e luogo di origine e infine il tempo di com­
posizione .

a) Colossi e i colossesi
La lettera è indirizzata «ai santi e fedeli fratelli in Cristo (che so­
no) in Colossi» ( 1 ,2) . La città di Colossi, più volte menzionata dagli
scrittori dell'antichità greco-romana , si trova nella regione della Fri­
gia sud-orientale , inserita amministrativamente nella provincia ro­
mana dell'Asia minore. U Il trasferimento di circa duemila famiglie
giudaiche dalla Mesopotamia nella regione della Frigia per iniziativa
di Antioco III (223-187 a.C.) fa supporre una presenza di giudei an­
che nel territorio di Colossi. 1 2 La regione della Frigia nel 60/61 d.C.

10 E. LOHSE , <<Lingua e stile della lettera a i Colossesi>> , in Io . , L e lettere a i Colos­


sesi e a Filemone, 173, nota 1 5 ; 323 , nota 1 1 ; S. ZEDDA, «Il carattere gnostico e giu­
daico dell'errore colossese nella luce dei manoscritti del Mar Morto>> , in RivB
5(1957) , 31-56; E . M . YAMAUCHI , «Secretarian Paralleles: Qumran and Colosse>> , in
BS 121(1964) , 141-152; H. BRAUN, Qumran und das Neue Testament, Tubingen, I ,
225-233 ; E. W. SAUNDERS , «The Colossian Heresy and Qumran Theology>>, in B . L .
DANIEL - M.J. SuGGS, a cura d i , Studies in the History and Text of the New Testament,
Salt Lake City 1 967, 133-145 ; N. KEHL, «Emiedrigung und Erhohung in Qumran und
Kolossii» , in ZKT 91(1969) , 364-394.
11 SENOFONTE, Anab. 1 ,2-6 (inizio del IV secolo a.C.) ne parla come di una gros­
sa e florida città abitata da greci ; ERoDoTo, Hist. 7 ,30 , 1 dice che è una «grande città
della Frigia>> ; PuNto, Nat. Hist. V , 145 , la menziona tra le «città più famose>> della re­
gione Frigia assieme a Laodicea e Gerapoli ; questa sembra una rievocazione del pas­
sato perché Io stesso autore non la ricorda nella descrizione della valle del Lico (Nat.
Hist. 5 , 105 ) ; STRADONE, Geogr. 12,8 , 1 3 , chiama Colossi pòlisma, «una cittadina>>.
12 GIUSEPPE FLAvto, Ant. XII ,8,16, §§ 147-153; la presenza di comunità giudai­
che nella regione è confermata dall'episodio di Fiacco , amministratore della provin­
cia romana di Asia, il quale nel 61160 a.C. confisca 20 libbre d'oro provenienti dalla
raccolta della tassa annuale dei giudei di Laodicea per il tempio di Gerusalemme (CI­
CERONE, Pro Fiacco , 28,68) .

121
è stata colpita da un terremoto che ha distrutto la città di Laodicea,
in seguito ricostruita dalla tenacia dei suoi abitanti . È probabile che
anche Colossi abbia subito le conseguenze del sisma, ma questo non
esclude la possibilità di una sua ricostruzione , come pare documen­
tato da alcune iscrizioni gratulatorie dedicate agli imperatori e dalle
monete dei primi decenni del II secolo d.CY
I destinatari della lettera sono cristiani , che hanno ascoltato e ri­
cevuto già da qualche tempo l'annuncio del vangelo . Infatti l'autore
rende grazie a Dio per la loro fede in Gesù Cristo, la loro carità che
abbraccia tutti i «santi» . Essi vivono nell'attesa della speranza che è
stata loro annunciata mediante la parola di verità del vangelo . L'e­
vangelizzatore dei colossesi è È pafra , presentato dal mittente della
lettera come <<nostro compagno del ministerO>> . «Egli - dice Paolo
- ci supplisce come un fedele ministro , diàkonos , di Cristo» . Èpa­
fra non solo sostituisce Paolo , ma fa da mediatore tra l'apostolo e la
comunità dei cristiani destinatari della lettera (1 ,3-8) .
Nella lista dei saluti finali della lettera la figura e il ruolo di È pa­
fra sono ripresentati con accenti elogiativi . Egli è il «servo di Cristo
Gesù» , che lotta nelle preghiere per i cristiani della comunità di Co­
lossi , di cui fa parte . La sua azione evangelizzatrice e il suo ruolo di
responsabile si estendono anche ai cristiani presenti nelle altre due
città della regione : Laodicea e Gerapoli (4, 12-13) . Infatti la cerchia
dei destinatari della lettera indirizzata ai colossesi , grazie alla media­
zione dei collaboratori di Paolo , si dilata fino ad abbracciare tutti
quelli che lo hanno conosciuto personalmente . Tra questi una men­
zione particolare è riservata ai cristiani di Laodicea (2 , 1 ) . Essi sono
così strettamente associati a quelli di Colossi al punto che l'autore li
invita a scambiarsi reciprocamente le rispettive lettere (4, 16) .
Sulla base di alcuni indizi desunti dalla Lettera ai Colossesi si
può precisare l'identità di questi cristiani residenti nelle città della
valle del Lico . Con tutta probabilità sono cristiani che , nella stra-

13 TACITO, A nn. 14,27 , 1 ; 0ROSIO, Hist. 7,7,12 . Dell'antica città di Colossi oggi

resta una collina nella località turca di Kiiriiksu , a 25/30 km a sud-est della città di De­
nizli. Distante circa 150/200 km da Efeso nella valle del Lico , affluente del Meandro,
Colossi era situata sulla strada che collegava la città sull'Egeo ad Antiochia di Siria e
Apamea. Nella stessa valle , a 15 km più a nord di Colossi , sorgeva la città di Laodi­
cea . Fondata da Antioco II nel III sec. a.C. Laodicea diventa in epoca romana un vi­
vace centro commerciale e bancario e sede del distretto giudiziario. Qui si trova una
delle sette chiese menzionate nell'Apocalisse , Ap 1 , 1 1 ; 3 , 1 4-22. A pochi km a est di
Laodicea sorgeva la città di Gerapoli , città natale di Epitteto , famosa per le sue acque
termali, dove risiede il vescovo Papia nei primi decenni del II sec. d.C.

122
grande maggioranza, provengono dal paganesimo . In alcuni passi si
fa riferimento in modo generico , mediante un frasario stereotipo , al
loro passaggio dal «potere delle tenebre» al regno del Figlio di Dio ,
dalla condizione di «stranieri e nemici» alla riconciliazione con Dio
per mezzo della morte del Figlio suo ( 1 , 13-14.2 1-22 ; cf. 3 ,7-10) .
Questa svolta è avvenuta grazie all'annuncio del vangelo , di cui
Paolo è costituito «ministro» . Nel ruolo di proclamatore del vangelo
universale - «annunziato a ogni creatura sotto il cielo» - egli af­
fronta nella sua «Carne» le tribolazioni per la costituzione del «corpo
di Cristo , che è la chiesa» . Egli si presenta quindi come «ministro>>
della chiesa secondo la missione che gli è stata affidata da Dio a fa­
vore dei destinatari : «presso di voi». Essa consiste in questo : «realiz­
zare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazio­
ni , ma ora manifestato ai suoi santi , ai quali Dio volle far conoscere
la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cri­
sto in voi , speranza della gloria» ( 1 ,25-27) . Per portare a compimen­
to questa missione di «ministro» del vangelo e della chiesa Paolo si
affatica e sostiene una dura lotta «per voi, per quelli di Laodicea e
per tutti coloro che non mi hanno visto di persona>> (1 ,29 ; 2 , 1 ) .
L'origine o provenienza «etnica» dei cristiani di Colossi e delle
città vicine è confermata dall'interpretazione che nella nostra lettera
viene data del battesimo cristiano come la «vera circoncisione di Cri­
sto», contrapposta alla pratica giudaica che consiste nella «spoliazio­
ne del corpo di carne» (2, 1 1 ) . Infatti i credenti battezzati sono passa­
ti dalla loro condizione spirituale di «incirconcisi» , cioè morti per i
peccati , a quella di perdonati e redenti grazie alla loro partecipazio­
ne sacramentale all'evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo
(2 , 13-14) . L'espressione «incirconcisione» , akrobystìa , nell'epistola­
rio paolino si riferisce ai pagani contrapposti a quelli della «circonci­
sione» , peritomè, che sono i giudei ( Col 3 , 1 1 ; Rm 2 ,25-27 ; 3 ,30 ;
1Cor 7 , 18- 1 9 ; Gal 2,7; 5 ,6; 6,15).
Ma vi sono alcuni dati della nostra lettera che potrebbero far
pensare perlomeno a una influenza dell'ambiente giudaico nella co­
munità cristiana di Colossi . La suddetta antitesi tra «circoncisione» e
«incirconcisione» in rapporto al cambiamento dei colossesi fa sup­
porre almeno un certo interesse per il mondo ebraico . Inoltre quan­
do l'autore mette in guardia i colossesi nei confronti dei fautori di
quella che egli chiama la «filosofia» ispirata alla «tradizione umana,
secondo gli elementi del mondo», elenca una serie di divieti o pre­
scrizioni che potrebbero richiamare l'ambiente giudaico : «Nessuno
dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevande o riguardo a

123
feste , noviluni e a sabati : tutte cose che sono ombra delle future ; ma
la realtà invece è Cristo !» (2 , 1 6-17) . La menzione dell'osservanza
dei «sabati» potrebbe alludere a una componente ebraica della «filo­
sofia» che minaccia i colossesi . Ma in questo caso si tratta di chiarire
se il fronte dei propagandisti che si ispirano agli «elementi del mon­
do>> , sia del tutto esterno o abbia delle connivenze all'interno della
comunità cristiana. Questo problema a sua volta è connesso con la
definizione del profilo religioso e culturale di quello che viene chia­
mato l' «errore di Colossi» .

b) L'errore di Colossi e l'occasione e scopo della lettera


Ricostruire sulla base dei pochi dati frammentari della Lettera ai
Colossesi l'identità dei propagandisti della cosiddetta «filosofia» ,
nonché il contenuto delle loro proposte è una sfida , alla quale esege­
ti dei testi paolini e storici del primo cristianesimo non sanno sottrar­
si . Quanto più sono scarsi e enigmatici i dati del testo, tanto più si
moltiplicano e si articolano le ipotesi circa la natura e la matrice sto­
rica e culturale dell'errore di Colossi . Anche in questo caso è oppor­
tuno richiamare i dati del testo che in modo diretto e indiretto si rife­
riscono all'ipotetico errore colossese. Va precisato che si tratta di in­
formazioni che l'autore lascia trasparire nel corso della sua argo­
mentazione volta a provare la sua tesi (probatio) o a demolire quelle
dei supposti avversari (refutatio) . Egli si rivolge alla comunità per
metterla in guardia di fronte al rischio della devianza, ma non entra
in un confronto diretto con i rappresentanti dell'errore .
Più volte nella prima parte della lettera l'autore di Colossesi
esorta i cristiani a restare saldi nella fede fondata sull'annuncio del
vangelo per conseguire la salvezza promessa. Essi sono stati riconci­
liati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo per presentarsi al
suo cospetto santi , immacolati e irreprensibili «purché - continua
l'autore - restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allon­
tanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato»
(1 ,23) . La stessa esortazione viene ripresa al termine della sezione
dedicata al «mistero di Dio o di Cristo , nel quale sono nascosti tutti i
tesori della sapienza e della scienza» : «Dico questo perché nessuno
vi inganni con argomenti seducenti» (2,4) . Alla fine però l'apostolo
è sicuro di poter contare sulla condotta ordinata e sulla «saldezza
della fede in Cristo» dei destinatari della lettera (2 ,5) .
Questo appello alla vigile perseveranza viene ampliato e precisa­
to nell'invito programmatico della sezione centrale della lettera:

124
«Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo , come l'avete ricevu­
to , ben radicati e fondati in lui , saldi nella fede come vi è stato inse­
gnato» (2,6-?ab ) . A questo punto l'autore mette in guardia i destina­
tari della lettera nei confronti del rischio di essere ingannati da quel­
la che egli chiama, philosophìa , «filosofia» e che fa leva su argomen­
ti di una tradizione umana. 14 In seguito questo avvertimento viene
ripreso e in parte esplicitato come appare da questo quadro sinot­
tico:
Col 2,8 2,16-17 2,20-22
«Se pertanto siete
morti con Cristo agli
elementi del mondo ,
«Badate che nessuno «Nessun dunque vi perché !asciarvi im­
vi inganni condanni più porre come se vive­
ste ancora nel mon­
do dei precetti quali :
con la sua filosofia e in fatto di cibi o di "Non prendere , non
con vuoti raggiri, bevanda, gustare , non tocca­
ispirati re" ?
o riguardo a feste a
noviluni e sabati ;
alla tradizione uma­ tutte cose che sono Tutte cose destinate
na , secondo gli ele­ ombra delle future a scomparire con l'u­
menti del mondo so : . sono infatti pre­
scrizioni e insegna­
menti di uomini» .
e non secondo ma la realtà
Cristo» . è Cristo» .

Il secondo avvertimento viene ampliato con l'ulteriore messa in


guardia che introduce due nuovi elementi : la «venerazione degli an­
geli» e la ricerca di visioni particolari . Ancora una volta si dissuado­
no i destinatari della lettera dal seguire queste pratiche o esperienze

14 Il termine philosophìa, «filosofia>> , indica nei documenti contemporanei un


movimento anche di carattere religioso , al punto che il giudaismo e i diversi indirizzi
al suo interno sono designati come «filosofia>> (4Mac 5 , 1 1 .22; FILONE, Somn. 2, 127;
Vit. Mos. 2,216; Leg. Gai. 156.245 ; GIUSEPPE FLAVIO, Ap. 1 ,54; 2,47 ; Bell. 2,1 19) . La
ricerca di Dio e della sapienza come via per conseguire la salvezza anche nelle forme
esoteriche è <<filosofia» (FILONE, Vit. Cont. 2; 26-28.67 . 69.89; Post. C. 101-102; Op.
mund. 77) .

1 25
che vengono loro proposte o imposte dai loro propagandisti , con­
trapponendole all'unione vitale con Cristo, il capo «dal quale tutto il
corpo riceve sostentamento e coesione . . . per realizzare la crescita
secondo il volere di Dio» (2,18-19) .
Dal confronto di questi testi, che allertano i colossesi nei con­
fronti del rischio che li minaccia, si ottiene un quadro complessivo ,
dove l'errore è presentato e puntualizzato in un crescendo di deter­
minazione:
a) è la «filosofia, h� philosophìa , vuoto raggiro secondo la tradi­
zione degli uomini, katà ten paràdosin ton anthrop6n , secondo gli
elementi del mondo , katà tà stoichèia toù kòsmou» (2,8) ;
b) comporta una serie di «pregiudizi» che riguardano l'ambito
alimentare e quello del calendario (2 , 16) ;
c) richiede un atteggiamento di «umiltà e venerazione degli an­
geli», èn tapeinophrosyné-i kài threskèia ton aggèll6n , legittimato
sulla base di particolari esperienze religiose visionarie, «hà heòraken
embatèu6n . . . hypò toù noòs tes sarkòs autoù» (2, 1 8) ;
d) implica una serie di precetti e divieti di carattere ascetico ,
fondati su prescrizioni e insegnamenti di uomini , katà tà entàlmata
kài didaskalìas ton anthrop6n» (2,22) ; quelli che sono morti con Cri­
sto «agli elementi del mondo», apò ton stoichèi6n toù kòsmou, non
vivono più sotto le prescrizioni del mondo , èn kòsm6i (2 ,20) .
È da rilevare che in quest'ultimo avvertimento sono ripresi solo i
divieti di carattere alimentare o di astinenza generica. Sono invece
lasciate cadere le prescrizioni sul calendario delle feste menzionate
precedentemente (2, 16) .
Prima di formulare un'ipotesi interpretativa di questi datì è utile
precisare il significato di alcune espressioni nell'ambito dell'attuale
contesto della Lettera ai Colossesi. L'espressione stoichèia toù kò­
smou nella prima ricorrenza serve a definire la vuota e ingannevole
«filosofia>> che si ispira alla «tradizione degli uomini» . 1 5 A sua volta

15 L'espressione greca tà stoichèia toù kòsmou ricorre due volte nella Lettera ai

Galati (4,3.9) con una valenza religiosa per indicare la condizione di «Sottomissione»
e dipendenza in cui erano i galati prima della loro conversione; e nella quale rischiano
di ricadere con le osservanze di giorni, mesi, stagioni e anni imposte dai propagandisti
giudaizzanti (Gal 4,1-10) . Nell'ambiente greco-ellenistico gli «elementi del mondo>>
hanno quattro valenze : a) cosmologica , in quanto rimandano ai principi primordiali
costitutivi del mondo ; b) antropologica, perché anche il corpo umano è composto di
elementi che si separano con la morte ; c) astrale, in relazione all'influsso degli astri
sul destino umano ; d) angelologica, in quanto gli angeli presiedono ai fenomeni co­
smici e sono associati agli astri .

126
quest'ultima è in seguito identificata con una serie di norme e divie­
ti , che sono appunto «prescrizioni e insegnamenti di uomini» . Quelli
che mediante la loro appartenenza vitale a Cristo sono «morti agli
elementi del mondo>> sono sottratti a tali prescrizioni mondane . In
quest'ottica l'umiltà e la «Venerazione degli angeli» , fondate su pre­
tese visioni , sono forme di vano orgoglio da parte di una «mente car­
nale» (2 , 18 ) .
Questa valutazione negativa viene ripresa alla fine con espres­
sioni identiche o affini : «Queste cose hanno una parvenza di sapien­
za, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al
corpo , ma in realtà non servono che per soddisfare la carne>) (2,23 ) .
L'espressione «austerità riguardo al corpo» richiama i divieti ali­
mentari e di astinenza ; la ethelothréskìa , associata alla tapeinophro­
syné, rimanda alla «venerazione degli angeli» ; parimenti il riferi­
mento al «Soddisfacimento della carne» è un'eco della precedente
squalifica delle pretese visioni come prodotto di una «mente car­
nale» .
Questo intreccio lessicale e tematico del testo solleva alcuni in­
terrogativi : quale legame esiste tra la serie di divieti e prescrizioni e
la «venerazione degli angeli))? Queste pratiche hanno un rapporto
con gli «elementi del mondo)) e con i «principati e potestà)), di cui
Cristo è il capo e trionfatore , avendoli privati della loro forza?
(2 , 10. 14b-15 ) . Anche se non esiste una risposta soddisfacente a que­
sti problemi, è possibile formulare un'ipotesi riguardo all'errore di
Colossi: si tratta di una serie di prescrizioni di carattere ascetico , la
cui osservanza è proposta come un percorso alternativo o integrati­
vo dell'esperienza cristiana fondata sulla fede e adesione vitale a
Gesù Cristo . I propagandisti di questa via soteriologica , chiamata
«filosofia» , si appellano all'esperienza di visioni poste in rapporto
con la venerazione degli angeli .
Più precarie e discutibili sono le ipotesi che tentano di integrare
questa immagine dell'errore di Colossi facendo ricorso alla sua pos­
sibile matrice religiosa culturale . Qui la ridda delle ipotesi spazia su
tutto lo spettro delle possibilità che vanno dal «sincretismo)) fino allo
gnosticismo , passando attraverso l'ambiente greco-ellenistico dei
culti misterici e quello giudaico esseno-qumranico o ascetico-mistico
dell'apocalittica . In realtà i due ambienti , quello giudaico e quello
greco-ellenistico , nella diaspora giudeo-ellenistica si toccano e inter­
secano .
Il sincretismo della fine del primo secolo più che un ambiente o
matrice culturale precisa è un orizzonte o clima generale che favori-

127
sce lo scambio e l'interazione tra i diversi ambienti e i vari elementi
che vi circolano . Restano dunque in campo le altre ipotesi che colle­
gano l'errore di Colossi con le esperienze di iniziazione e le pratiche
ascetiche presenti nell'ambiente pagano greco-ellenistico o in quello
giudaico. 16
L'ipotesi della «gnosi» come ambiente di origine della «filosofia»
di Colossesi potrebbe trovare un appoggio nel lessico della lettera.
In essa infatti ricorre una volta il termine gn6sis (2 ,3) , quattro volte
epign6sis ( 1 ,9 . 10; 2,2; 3 , 10) , associato due volte a synesis e sophìa
( 1 ,9; 2,2.3) ; quest'ultimo vocabolo si trova ancora quattro volte
(l ,28 ; 2,23 ; 3 , 16; 4,5 ) ; una volta ricorre anche il verbo epignòskein
(l ,6) . Questa terminologia della «conoscenza» e «sapienza» viene
utilizzata per presentare il progetto cristiano come progressiva ma­
turazione spirituale associata a una prassi di vita coerente . Tuttavia
non si può escludere che l'autore vi faccia ricorso proprio in concor­
renza con l'uso che ne fanno i propagandisti dell'errore di Colossi .
Però si deve rilevare che solo in un caso il termine «sapienza» è ado­
perato nel contesto della denuncia della «pseudo-religiosità» dei
fautori delle pratiche ascetiche (2,23).
Lo stesso discorso vale per il termine p l'èroma , che ricorre due
volte nella nostra lettera ( 1 , 1 9 ; 2,9) . In ambedue i testi questo voca­
bolo è associato al ruolo di Gesù Cristo . La funzione unica ed effi­
cace della morte di Gesù nel processo di riconciliazione e reden­
zione è radicalmente alternativo a ogni possibile ruolo mediatore
attribuito ai principati e potestà ( 1 ,19-20; 2 ,9- 15) . Questo riferi­
mento alla mediazione delle «potenze celesti» potrebbe rinviare alle
speculazioni che si riscontrano nella gnosi. Ma la difficoltà ad accet­
tare l'ipotesi gnostica come matrice dell'errore di Colossi deriva
dalle troppe incognite circa la genesi storica e culturale della «gnosi»
stessa. D'altra parte appellarsi a un «protognosticismo» vuol dire
riconoscere l'impossibilità di stabilire un nesso storico culturale

1 6 Per spiegare l'errore di Colossi fanno ricorso al sincretismo ellenistico: H.


CONZELMANN, Der Briefan die Kolosser, Gottingen 1976; J . LAHNEMANN , Der Kolos­
serbrief, Giitersloh 1971 ; E . LoHSE , Die Brief an die Kolosser und an Philemon , Got­
tingen 1968 ; in parte anche W. CA RR Angels and Principalities. The Background,
,

Meaning and Development of the Pauline Phrase «hai archai kai hai exousiai» , Cam­
bridge 1981 , 47-85 , si richiama al «Sincretismo» tipico dell'Asia; R.A. ARGALL, «The
Source of a Religious Error in Colossae>> , in CTJ 22(1987), 6-20; H.W. HousE, <<Doc­
trinal Issue in Colossians. Part l : Heresies in the Colossian Church», in BS 149(1992) ,
45-59; H.M. ScHENKE, <<Der Widerstreit gnostischer und kirchlicher Christologie im
Spiegel des Kolosserbriefes» , in ZKT 61( 1964) , 391 -403.

128
documentabile tra il testo della Lettera ai Colossesi e il fenomeno
della gnosi . 17
L'ipotesi «misterica» fa leva su alcuni appigli lessicali, come il
termine mysi�rion , che ricorre tre volte nella nostra lettera (l ,26 ;
2,2; 4,3) e soprattutto sull'uso del verbo embatèuein , che potrebbe
evocare i riti di iniziazione misterica (2 ,18) . In questo contesto rien­
trano anche l'espressione «elementi del mondo» e il riferimento alle
pratiche ascetiche connesse con le esperienze iniziatiche . Ma questi
dati sono troppo generici per riconoscere la matrice religiosa e cultu­
rale dell'errore di Colossi nelle pratiche misteriche . 18 L'ascesi ali­
mentare o le pratiche di astinenza proposte dai «filosofi» della tradi­
zione umana e mondana di Colossi si collegano meglio con la disci­
plina alimentare e le pratiche ascetiche dei neopitagorici e tera­
peuti . 19
D'altra parte le prescrizioni alimentari con una valenza ascetica
e religiosa sono note anche nell'ambiente giudaico . La loro associa­
zione con l'osservanza del calendario delle feste e dei sabati , almeno
nel testo di Col 2,16, sarebbe a favore dell'ipotesi di una connessio­
ne dell'errore di Colossi con l'ambiente essenico documentato anche
dai testi di Qumràn . Un'ulteriore conferma di questa matrice esse­
no-qumranica sarebbe l'interesse per il ruolo degli angeli come figu­
re mediatrici nell'esperienza religiosa. Ma gli stessi elementi si ri­
scontrano anche nei contesti apocalittici, dove l'ascesi è la condizio­
ne previa per l'esperienza mistica dell'ascesa celeste e della rivela­
zione divina spesso mediata da figure angeliche . 20

17 J . B . LIGHTFOOT, Saint Paul's Epistles to the Colossians and to Philemon , Lon­


don 1875 ; Peabody 1987, pensa a un'origine giudaica essenica dello gnosticismo asso­
ciato con l'angelologia; G. BoRNKAMM , «Die Haresie des KolosserbriefeS>>, in TLZ 13
(1948) , 1 1 -20; Io . , in Das Ende des Gesetzes , Munchen 1966, 139-156; E. LIN D E­
MANN, «Die Gemeinde von "Kolossa" . Erwagungen zum Sitz im Leben eines pseudo­
paulinischen Briefes>> , in WD NF 16(198 1 ) , 1 1 1-134; P. PoKORNY, Der Brief des Pau­
lus an die Kolosser, Berlin 1987 , 95-100; E.M. YAMAUCHI , Pre-Christian Gnosticism ,
Grand Rapids 21983 ; A. Movo, «The Colossians Heresy in the Light of Some Gnostic
Documents from Nag Hammadi>> , in JTSA 48(1984) , 30-44; T.H. OLBRIGHT, <<Colos­
sians and Gnostic Theology», in RestQ 14(1971), 65-79.
18 Sostenitore dell'ipotesi «misterica» è M. DIBELIUS, «The Isis Initiation in
Apuleius and Terated Initiatory Rites» , in F. O . FRANCIS W.A. MEEKS , a cura di,
-

Conflicts at Colossae. A Problem in the lnterpretation of Early Christianity Jllustrated


by Selected Modern Studies , Cambridge 1973 , 61-121 ; orig. ted . , Die lsisweihe des
Apuleius und verwandte Initiations-Riten , Heidelberg 1917.
19 Sulla figura di Pitagora , cf. GtAMBLICO, Vita di Pitagora , 106-107; per i tera­
peuti , cf. FILONE , Vit. Cont. 73-74; R. E. DEMARIS , The Reconstruction of the Colos­
sian Philosophy , Columbia University 1990.
20 Favorevoli a ricercare la matrice dell'errore di Colossi nel filone apocalittico
giudaico con tendenze ascetico-mistiche sono : P.T. O'BRIEN , Colossians, Philemon ,

129
Dati questi possibili agganci che l'errore di Colossi rivela con i
molteplici e diversi ambienti religiosi e culturali , sia nell'area elleni­
stica sia in quella giudaica, alcuni autori rinunciano alla ricerca di
una sua precisa matrice storica e preferiscono }asciarlo nell'indeter­
minazione voluta dall'autore stesso della lettera . 2 1 In questo caso l'i­
potesi sincretistica sarebbe suggerita dall'autore che non si preoccu­
pa di segnalare il filone genetico della «filosofia» colossese , in quan­
to il suo intento è di avvertire i suoi destinatari del pericolo che rap­
presenta ogni possibile surrogato , sia esso greco-ellenistico e giudai­
co , all'unico e insostituibile ruolo soteriologico di Gesù Cristo, nel
quale , per divina disposizione si rivela il «mistero» , in cui sono na­
scosti tutti i tesori di sapienza e scienza. In lui infatti abita la pienez­
za dei beni salvifici, ai quali possono accedere i credenti .

c) A utore, ambie�te e tempo di composizione


di Colossesi
Nell'ipotesi della pseudepigrafia non resta molto da dire sulle
circostanze relative all'origine storica della Lettera ai Colossesi .
Tuttavia a partire dal fatto che accanto al mittente principale «Pao­
lo , apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio» , sia menzionato «il
fratello Timoteo» , si potrebbe con una certa plausibilità fare l'ipote­
si di una origine paolina «mediata» della nostra lettera. In altri ter­
mini Timoteo potrebbe essere il redattore della lettera inviata a no­
me di Paolo ai cristiani di Colossi e contrassegnata alla fine dall'au­
tografo dell'apostolo (4 , 18) . Altri vorrebbero identificare il redatto­
re della Lettera ai Colossesi con Èpafra, che è presentato come il so­
stituto dell'apostolo Paolo presso la comunità cristiana di Colossi e
delle città di Laodicea e Gerapoli ( 1 ,7 ; 4, 12-13).

Waco 1982; F. O . FRANCIS , «Humility and Angelic Worship i n Col 2 , 18», i n S T 1 6


(1962) , 109-134; lo. , «Visionary Discipline and Scriptural Tradition a t Colossae» , in
LTQ 2(1967) , 71-81 ; A.J. BANDSTRA, «Did the Colossian Errorists Need a Media­
tar?» , in R.N. LoNGENECKER - M.C. TENNEY , a cura di, New Dimensions in New Te­
stament Studies, Grand Rapids 1974, 329-343 ; C . A . EVANS, «The Colossian Mistics»,
in Bib 63( 1982) , 188-205 ; J . FossuM, «Colossians 1 , 15-18a in the Light of Jewish My­
sticism and Gnosticism» , in .NTS 35(1989) , 183-201 ; C. RowLAND, «Apocalyptic Vi­
sions and the Exaltations of Christ in the Letter to the Colossians» , in JSNT 19(1983),
73-83 ; T.J. SAPPINGTON, Revelation and Redemption at Colossae (JSNT Suppl . 53) ,
Sheffield 1991 ; R . YATES, «Worship o f Angels (Col 2,18)», i n Exp T 97(1985), 12-15;
lo . , «Colossians and Gnosis», in JSNT 27(1986) , 49-68 ; lo. , The Epistle to the Colos­
sians (Epworth Commentary) , London 1993.
21
ALETTI , Saint Pau/ Épltre aux Co/ossiens, 19-20.21 1-213; tr. it . , Lettera ai Co­
lossesi, 16-22 ; Excursus l , 179-181 .

130
I sostenitori della pseudepigrafia preferiscono tenere nettamen­
te separati l'autore di Colossesi e Paolo , l'apostolo di Cristo Gesù ,
presentato nella nostra lettera come «ministrO>> del vangelo univer­
sale e della chiesa, che è il corpo di Cristo . L'apostolo Paolo soffre e
lotta per realizzare la missione ricevuta da Dio e si trova in catene
per il «mistero di Cristo». In questo caso la Lettera ai Colossesi non
è opera· di un «segretario» che scrive a nome o su incarico di Paolo .
Essa invece è scritta da un vero e proprio autore , che appartiene alla
cerchia dei discepoli di Paolo e si serve del nome e autorità dell'apo­
stolo per riproporne il meSsaggio in un nuovo contesto culturale e in
una diversa situazione storica. L'ipotesi della pseudepigrafia paolina
spiegherebbe le caratteristiche lessicali e stilistiche , ma soprattutto
la peculiarità tematica e teologica della Lettera ai Colossesi rispetto
al gruppo delle lettere protopaoline .
Nel quadro dell'ipotesi pseudepigrafica è difficile identificare
con una certa attendibilità l'ambiente o luogo di origine della Lette­
ra ai Colossesi. Il suo rapporto più diretto con la Lettera a Filemo­
ne , dalla quale deriva gran parte dei nomi dei collaboratori di Paolo
menzionati nella lista dei saluti , rende plausibile l'ipotesi dell'origi­
ne efesina o comunque nell'ambiente dell'Asia, dove è presente la
tradizione paolina. Questo viene conferm!lto dallo stretto legame
che esiste tra la nostra lettera e quella che in alcuni codici si presenta
come indirizzata «ai santi che sono in Efeso» (Ef l , l). In ogni caso si
tratta di un ambiente caratterizzato dal vivo interesse per la missio­
ne evangelizzatrice ai pagani , di cui Paolo è il prototipo .
Altrettanto problematico è il tempo di origine o composizione
·

della nostra lettera. Lo scritto indirizzato ai colossesi è riconosciuto


esplicitamente come lettera di Paolo da Ireneo, vescovo di Lione al­
la fine del II secolo (Adv. Haer. I ,27 ,2) . Ma già alcune espressioni
dell'inno cristologico di Colossesi sono conosciute nel primo decen­
nio del II secolo da Ignazio di Antiochia ( Tra/l. 5 ,2 ; Rom. 5 ,3 ;
Smyrn. 6,1 ; cf. Eph. 9 , 1 ; Polyc. 5 , 1 ) . Per una datazione alta di Co­
lossesi , prima del 60/61 d.C. , alcuni autori fanno leva sul fatto che la
città sarebbe stata distrutta dal terremoto , di cui parla Tacito a pro­
posito di Laodicea. Quindi una lettera realmente indirizzata ai cri­
stiani di Colossi deve essere scritta prima di quella data . A meno che
anche i destinatari siano del tutto fittizi come l'attribuzione della let­
tera all'apostolo Paolo . 22 Ma questo r àgionam � nto poggia su due

22 WoLTER, Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon, 33-36.

131
presupposti non dimostrati : realmente Colossi, a 15 km da Laodi­
cea , subì la stessa sorte di Laodicea nel sisma del 60/61 ; a differenza
di Laodicea la città di Colossi non sarebbe stata ricostruita.
La Lettera ai Colossesi è stata pensata e redatta come uno scritto
paolina da far circolare anche tra i cristiani delle altre due città della
valle del Lico , Laodicea e Gerapoli. Si tratta di comunità cristiane
che hanno ricevuto da tempo l'annuncio del vangelo tramite i colla­
boratori di Paolo e vivono una fase di crisi di fronte all'influsso del­
l'ambiente sincretistico dell'Asia . Quindi la composizione della let­
tera può essere collocata in un arco di tempo che va dalle ultime de­
cadi del primo secolo (80/90) all'inizio del secondo secolo . È questo
anche il periodo in cui si forma la raccolta delle lettere di Paolo , che
l'autore di Colossesi mostra di conoscere e in parte utilizza.

3. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI COLOSSESI


L'orientamento della Lettera ai Colossesi è fondamentalmente
di carattere pratico e propositivo . Anche se l'autore si preoccupa di
mettere in guardia «i fedeli fratelli in Cristo» nei confronti del ri­
schio di inganno della «filosofia» , ispirata alla «tradizione degli uo­
mini secondo gli elementi del mondo» , il suo obiettivo è quello di ri­
proporre a essi il cammino «nel Signore Gesù Cristo» secondo l'inse­
gnamento ricevuto . Fin dalla preghiera di apertura l'autore enuncia
questo programma: «non cessiamo di pregare per voi e di chiedere
che abbiate una conoscenza piena della sua (di Dio ) volontà con
ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi
in maniera degna del Signore per piacergli in tutto , portando frutto
in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio» ( 1 ,9-10) .
Per fondare questa identità e stile di vita cristiani sono ripresi e
ripensati i temi della tradizione paolina: il ruolo di Gesù Cristo Si­
gnore ( cristologia ) ; la sua funzione redentrice universale ( soteriolo­
gia ) ; l'unione vitale dei credenti con Cristo e tra loro ( ecclesiologia ) ;
la prassi cristiana coerente in tutti gli ambiti (etica ) . Da questo pro­
getto cristiano deriva anche una spiritualità, dove l'intelligenza sa­
pienziale del disegno di Dio rivelato e attuato in Cristo ha un ruolo
di primo piano. Essa matura in un clima di contemplazione , che a
sua volta sfocia nella preghiera di invocazione e di ringraziamento .

a) Gesù Cristo, immagine di Dio, primogenito di tutta la


_
creazwne
La prima impressione che si ha nella lettura dello scritto indiriz­
zato a nome di Paolo ai Colossesi è quella di una forte concentrazio-

132
ne «cristologica>> . Questa impressione è confermata dal rilevamento
dei termini e dei titoli cristologici : 20 volte ricorre l'appellativo Chri­
stòs e 1 1 volte il titolo Kyrios ; tre volte si ha la formula paolina Chri­
stòs Iesoùs ( l , la .4a; 4, 12b) ; ricorrono invece una sola volta le for­
mule tradizionali : Jesoùs Christòs ( 1 ,3b) ; Kyrios Jesoùs (3 , 17b) ; Ky­
rios Christòs (3 ,24b) ; Christòs Iesoùs hò Kyrios (2,6a) ; hò Kyrios he­
mon Jesoùs Christòs ( 1 ,3a) . Una sola volta ricorre la qualifica hò
Hyiòs, «il Figlio» ( 1 , 13b) .
In questo lessico cristologico e nelle formule relative , Gesù Cri­
sto è posto in relazione con Dio . Questo è evidente nella formula ri­
ferita a Gesù Cristo : «il Figlio del suo amore» . È infatti esplicito il ri­
ferimento a «Dio Padre», chiamato così in due testi di Colossesi
(1 ,2c; 3 , 17b) ; mentre l'appellativo assoluto hò Patèr, «il Padre», ri­
corre una sola volta ( 1 , 12a) . Il sostantivo hò Theòs, senza altre spe­
cificazioni , si trova nella nostra lettera non meno di 18 volte . In real­
tà anche il titolo hò Kyrios , «il Signore», in alcuni contesti può esse­
re riferito a Dio , quando non è esplicito il suo rapporto con Gesù
Cristo ( 1 , 10) . Comunque è innegabile la prevalenza dell'interesse
cristologico della nostra lettera , anche se si tratta - come avviene
negli scritti neotestamentari - di una cristologia in prospettiva teo­
centrica.
Dunque al centro dell'argomentazione di Colossesi sta la cristo­
logia. Il testo programmatico di tale prospettiva è l'inno o encomio
cristologico di apertura , Col 1 , 1 5-20. In questa composizione sono
concentrate le qualifiche che definiscono il ruolo di Gesù Cristo ,
«Figlio» di Dio nell'ambito dell'intera creazione e nel processo di ri­
conciliazione e pacificazione universale Y In rapporto all'invisibile
Dio , Gesù Figlio , è hè eikon , «immagine». Egli infatti è «protòto­
kos , primogenito di tutta la creazione», in quanto in lui e in vista di
lui tutte le cose sono state create e tutte in lui trovano la loro consi­
stenza e coesione . Questo ruolo universale del Figlio di Dio nell'am­
bito della creazione è accentuato dall'elenco binario degli esseri :
«visibili e invisibili» ; «troni e dominazioni» ; «principati e potestà» .
Alla fine la funzione primaziale e la signoria assoluta 'del Figlio si
condensano in una nuova qualifica: «Egli è il capo, kephalè, del cor­
po della chiesa» ( 1 , 18a) .

23 J.N. ALETTI , Colossiens 1, 15-20. Genre et exégèse du texte, fonction de la thé­


matique sapientielle (AnBib 91), Rome 1981 ; C. MARCHESELLI CASALE, «La comunità
cristiana di Colossi esprime la sua fede in Gesù Cristo», in RivB 3 1 (1983), 273-291 ;
T.E. PoLLARD, «Colossians 1 , 12-20>> , in NTS 27(1981), 572-575 ; N .T. WRIGHT, <<Poe­
try and Theology in Colossians 1 , 15-20>> , in NTS 36( 1990) , 444-468.

133
Con questa specificazione del «corpo» in chiave ecclesiale si sta­
bilisce un raccordo tra il ruolo di Gesù Cristo , Figlio di Dio , nell'am­
bito del cosmo creato e quello che gli spetta nel processo di riconci­
liazione e di pace universali. Infatti la seconda strofa della composi­
zione si apre con una nuova qualifica, simmetrica a quella dell'im­
magine : «Egli è arch�, principio , protòtokos, primogenito di coloro
che risuscitano dai morti per ottenere il primato , protèuon , su tutte
le cose» ( 1 , 1 8bc) . L'esplicitazione di questa intitolazione program­
matica si ha in una seconda ampia frase , in cui il soggetto inespresso
rimanda all'agire sovrano di Dio: «Poiché in lui si compiacque di
prendere dimora tutta la pienezza , pàn tò pl�roma , e per mezzo di
lui e in vista di lui riconciliare tutte le cose , facendo pace per mezzo
del sangue della sua croce» ( 1 , 10-20ab) . L'ampliamento cosmico del
processo redentivo è dato dall'ultima espressione binaria: «sia le co­
se sulla terra , sia quelle nei cieli» , che fa eco a quella della prima
parte dell'encomio cristologico (l , 16a) .
La formula enigmatica «in lui si compiacque di prendere dimora
tutta la pienezza» viene ripresa e in parte esplicitata nel contesto
dell'argomentazione contro la pseudo-filosofia per confermare i fe­
deli nel loro impegno a camminare secondo la fede che hanno rice­
vuto , cioè secondo Cristo o in Cristo Gesù Signore ( 1 ,6.8) . In lui in­
fatti «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» e in lui i
credenti ne sono ripieni , perché egli è il «capo di ogni principato e
potestà» (2 ,9-10) . La piena e universale signoria di Gesù Cristo si
esprime e attua nel suo ruolo di redentore vittorioso per mezzo della
sua morte di croce (2 , 14-15) . Dunque la pienezza dei beni salvifici
comunicati da Dio sono presenti e accessibili in modo sicuro e defi­
nitivo nell'umanità di Gesù Cristo . Questo esclude ogni altra media­
zione proposta dai propagandisti della filosofia ispirata alla tradizio­
ne umana e secondo gli «elementi del mondo» .
La stessa centralità e unicità di Gesù Cristo nel disegno salvifico
di Dio sono espresse facendo ricorso alla terminologia «misterica»
della tradizione sapienziale e apocalittica. Infatti il «mistero nasco­
sto da secoli e generazioni» ora è manifestato ai credenti , ai quali
«Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero» ,
che consiste nella presenza di Cristo nei fedeli , sicura garanzia della
loro gloria futura ( 1 ,26-27) . Perciò l'impegno dei credenti , che han­
no ricevuto l' annuncio della parola di Dio o del vangelo , nel quale
viene proclamato il «mistero di Cristo» , è quello di arrivare «alla ric­
chezza della piena intelligenza e alla conoscenza del mistero di Dio ,
cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e del­
la scienza» (2,2-3 ; 4,3) .

134
In breve si può dire che la cristologia della Lettera ai Colossesi
ha una duplice connotazione: è universale e cosmica. Gesù Cristo , il
Figlio di Dio e il Signore , si colloca al centro e al vertice di tutta la
realtà creata. Egli esercita la sua signoria su tutti gli esseri terrestri e
celesti , visibili e invisibili . Egli rappresenta perciò l'unico spazio sto­
rico e cosmico in cui Dio si rende presente e accessibile a tutti gli es­
seri umani. Questo si realizza concretamente nell'umanità di Gesù
Cristo, nel «suo corpo di carne>> per mezzo della morte di croce , fon­
te della pacificazione universale .

b) Riconciliazione e pacificazione
per mezzo di Gesù Cristo
Al centro della cristologia di Colossesi sta la «soteriologia» come
attuazione del primato universale di Gesù Cristo . Questo viene af­
fermato nella seconda parte dell'inno cristologico e ripreso e amplia­
to nella sezione centrale della lettera. Per divina disposizione tutta
la «pienezza» prende dimora in Gesù Cristo , Figlio di Dio , in quanto
«per mezzo di lui e in vista di lui sono riconciliate tutte le cose e per
mezzo di lui con il sangue della sua croce sono pacificate le cose che
stanno sulla terra e quelle nei cieli» (1 , 19-20ab) . I primi destinatari
di questo processo di riconciliazione sono quelli che hanno ascoltato
e accolto il vangelo di Gesù Cristo. Essi infatti sono «riconciliati»
per mezzo della morte del suo corpo di carne» e perciò possono pre­
sentarsi a Dio «santi, immacolati e irreprensibili» ( 1 ,22) .
Nel centro della lettera, dove l'autore presenta il ruolo salvifico
di Gesù Cristo Signore , viene esplicitato il processo di riconciliazio­
ne nel quale sono coinvolti i battezzati . Essi partecipano in modo
completo alla «pienezza» di Cristo , capo di ogni principato e poten­
za, perché mediante l'esperienza battesimale sono inseriti nell'even­
to della sua morte e risurrezione dai morti . Infatti nella immersione
battesimale avviene la «vera circoncisione di Cristo» , che consiste
nel perdono di tutti i peccati (2,9- 13) . A sua volta l'efficacia salvifica
del passaggio battesimale , dalla condizione di morte per i peccati al­
la vita, dipende dall'evento della croce, che viene evocato mediante
un linguaggio simbolico allusivo: il documento del debito con le
clausole relative, che era contro di noi , è stato annullato inchiodan­
dolo alla croce ; i principati e le potestà sono stati presentati nel cor­
teo trionfale (2 , 14-15) .24 Il soggetto di queste azioni è sempre e solo

24 R. YATES , «Colossians 2,14: Metaphor of Forgivness» , in Bib 71( 1990) , 248-


259; Io. , «Colossians 2 . 1 5 : Christ Triumphant» , in NTS 37( 199 1 ) , 573-591 .

135
Dio che con la sua potenza ha risuscitato Gesù Cristo dai morti , ha
dato vita ai battezzati inseriti vitalmente in lui e ha perdonato tutti i
loro peccati.
Dunque l'iniziativa salvifica gratuita ed efficace risale a Dio , il
Padre, che ha abilitato i credenti a partecipare alla sorte dei santi
nella luce . Nella sezione di apertura, con una breve professione di
fede , si dice : «Egli (Dio Padre) infatti ci ha liberati dal potere delle
tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto , per opera
del quale abbiamo la redenzione , la remissione dei peccati» ( 1 , 13-
14) . Ma tutto questo avviene nel «Figlio del suo amore» o «in Cri­
sto» . Mediante il ricorso alle formule èn Christo-i, syn Christo-i, èis
Christòn e l'uso dei verbi composti con le stesse particelle greche ,
l'autore di Colossesi sottolinea la profonda e vitale partecipazione
dei cristiani all'evento salvifico di Gesù Cristo.

c) La chiesa «corpo di Cristo»


Il vocabolo ekklesìa ricorre quattro volte nella Lettera ai Colos­
sesi ( 1 , 18.24; 4,15. 16) . Nei primi due casi esso è associato al «corpo
di Cristo>> , tò soma toù Christoù , negli ultimi due si riferisce all'as­
semblea dei fedeli in una casa o città. La dimensione peculiare del­
l'ecclesiologia di Colossesi è determinata dall'espressione <<corpo di
Cristo» . Il termine greco soma · ricorre otto volte nel testo di Colos­
sesi . In sei casi esso è posto in relazione con Cristo ( 1 , 18.22.24;
2,17 . 19 ; 3 , 15) e in almeno due testi si stabilisce una chiara identifica­
zione tra il «corpo di Cristo» e la «chiesa» ( 1 , 18a.24c) . Di questa
chiesa , che è il suo corpo , Gesù Cristo è il «capo» ( 1 , 1 8a; 2, 19) .
Nell'ultimo testo si dice espressamente che tutto il corpo riceve
dal capo «sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami ,
realizzando così la crescita secondo il volere di Dio» (2 , 19) . In que­
sto caso le metafore del «capo» e del «corpo» servono a esprimere
chiaramente il rapporto vitale , dinamico e unificante del Cristo con
la chiesa. Il contesto lascia intuire che questo legame organico tra
Cristo capo e i credenti , suo corpo , si realizza mediante l'immersio­
ne battesimale . Ma il punto di partenza di questo processo di incor­
porazione è l'annuncio del vangelo , del quale Paolo è costituito ser­
vitore . Egli infatti affronta con gioia le sofferenze per i destinatari e
«porta a compimento nella sua carne quello che manca alle tribola­
zioni di Cristo a favore del suo corpo , che è la chiesa» (1 ,24) .25

25 J . REUMANN, «Colossians 1 :24 ("What i s Laking in the Afflictions o f Christ") .


History of Exegesis and Ecumenical Advance», in CurThM 17( 1990) , 454-461 .

136
La lotta e fatica apostoliche di Paolo non aggiungono nulla al­
l'efficacia salvifica della «passione» di Cristo . Egli infatti con la sua
morte ha riconciliato tutti e tutte le cose con Dio e ha ottenuto per i
battezzati il perdono di tutti i peccati . Ma con l'annuncio del vangelo
e l'impegno di Paolo per rendere ogni uomo perfetto in Cristo , si
manifesta il mistero di Dio ai pagani e cresce il corpo di Cristo fino
alla sua pienezza escatologica. In questa prospettiva di crescita ec­
clesiale ed escatologica si colloca il progetto etico e spirituale della
Lettera ai Colossesi .

d) A vete rivestito l'uomo nuovo


La novità dell'etica cristiana di Colossesi è definita dali� sua fon­
te e dalla meta: Gesù, il Figlio , immagine del Dio invisibile e primo­
genito dei risorti . Egli è il prototipo dell'uomo nuovo , «che si rinno­
va per una piena conoscenza, a immagine del suo creatore» (3 ,10) .
Infatti spariscono le vecchie discriminazioni etniche religiose , cultu­
rali e sociali , perché «Cristo è tutto in tutti» (3 , 1 1 ) . Questa immede­
simazione a Cristo è l'obiettivo dell'itinerario cristiano , che parte
dall'annuncio del vangelo e si sviluppa in una crescita continua e
fruttuosa in ogni opera buona ( 1 ,6. 10) . Infatti anche l'impegno apo­
stolico di Paolo , proposto come modello per tutti i ministri del van­
gelo, è di «rendere ciascuno perfetto in Cristo>> ( 1 ,28) . Più volte nel
corso della lettera viene richiamata questa prospettiva pratica e di­
namica dell'esperienza cristiana (2,2.7) . Alla fine l'impegno pasto­
rale di Èpafra viene elogiato dall'autore in questi termini : egli non
cessa di lottare nelle preghiere «perché siate saldi , perfetti e aderen­
ti a tutti i voleri di Dio» ( 4, 12b) .

Il progetto etico e spirituale per i credenti battezzati , a differen­


za del programma ascetico proposto dai fautori della «filosofia»
mondana, non si riduce a un insieme di pratiche e di osservanze . Es­
so è la trascrizione , sul piano dell'esistenza, dello statuto dei creden­
ti inseriti mediante il battesimo in Gesù Cristo morto e risorto. Per­
ciò la parenesi cristiana di Colossesi fa leva su questo fatto : «Se dun­
que siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù , dove si trova Cri­
sto assiso alla destra di Dio ; pensate alle cose di lassù, non a quelle
della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta
con Cristo in Dio ! Quando si manifesterà Cristo , la vostra vita, allo­
ra anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (3 , 1-4) .
Questo testo dà l'impressione che la fase escatologica sia antici­
pata nel tempo, già attuata nella condizione attuale in cui sono i ere-

137
denti in forza della loro esperienza battesimale . In realtà esso accen­
tua il realismo della partecipazione dei battezzati all'evento decisivo
della morte e risurrezione di Gesù Cristo per trarne le conseguenze
sul piano della prassi etica. I credenti , che hanno accolto l'annuncio
del vangelo , vivono nella speranza che li attende nei cieli (l ,4-
5 . 23 . 27c) . Con il loro attuale stile di vita essi manifestano la loro
condizione di morti e risorti con Cristo in attesa della sua manifesta­
zione futura.
Lo stile di vita dei credenti battezzati è tracciato con una serie di
esortazioni e inviti che si ispirano alla dialettica battesimale . Essa fa .
perno sul passaggio da un passato disordinato e vizioso , al presente
da vivere in nuovi rapporti (3 ,5-8) . L'eco della svolta battesimale si
avverte in questa antitesi: «vi siete spogliati dell'uomo vecchio con
le sue azioni e avete rivestito il nuovo» (3 ,9-lOa) . La nuova esistenza
dei credenti si traduce in rapporti qualificati dall'amore , che ha la
sua fonte e modello nel perdono battesimale : «Come il Signore vi ha
perdonato, così fate anche voi» (3,5-13) . Perciò l'agàpe costituisce il
vertice e il centro unificante non solo della prassi etica cristiana , ma
anche delle nuove relazioni di quelli che sono chiamati a formare un
solo corpo (3 , 14-15) .
Una concretizzazione di questa nuova esistenza in Cristo è l'e­
lenco dei doveri familiari . Esso si ispira ai modelli dell'ambiente gre­
co e della diaspora giudeo-ellenistica , ma si qualifica non solo per
l'esplicita motivazione cristologica, ma anche per l'accento posto
sulla reciprocità dei doveri : mogli/mariti ; figli/genitori ; schiavi/pa­
droni . 26 Nel contesto cristologico generale della lettera la motivazio­
ne aggiunta alle singole esortazioni - «come si conviene nel Signo­
re» ; «nel timore del Signore» - non è solo una formula convenzio­
nale . Essa rimanda alla radice battesimale e perciò cristologica dello
stile di vita dei cristiani .
Una conferma di questo processo di interiorizzazione del proget­
to di vita si può ricavare da quella che è una preoccupazione costan­
te nello scritto di Colossesi : la conoscenza esperienziale del progetto
di Dio rivelato e attuato in Gesù Cristo . Forse anche per contrastare
la proposta dei fautori della «filosofia» , tutta centrata sull'ascesi e
autodisciplina, l'autore presenta un cammino di maturazione che fa

26 E. BoSElTI, «Codici familiari . Storia della ricerca e prospettive», in RivB 35


(1987) , 129-179; D . L . BALCH , «Household Codes», in D . E . AuNE, a cura di, Greco­
Roman Literature and the New Testament, Atlanta 1988 , 25-50.

138
perno sulla conoscenza e intelligenza spirituale ( 1 ,9-10; 2,2-3) . In
questo progetto rientra anche l'invito alla reciproca istruzione e
esortazione «con ogni sapienza)) per rendere presente e viva la paro­
la di Cristo. Il clima in cui avviene tutto questo è quello della pre­
ghiera che invoca, loda e ringrazia. Le esortazioni pratiche si conclu­
dono più volte con l'invito a «rendere grazie)) o a vivere «èn euchari­
stìa , nel ringraziamento)) (2,7; 3 , 17 ; 4,2) . La Lettera ai Colossesi nel
suo insieme riflette questo clima spirituale e in alcune sue parti offre
un esempio dello stile dei «salmi , inni e cantici spirituali)) che ritma­
'
no la vita e gli incontri della comunità cristiana.

139
v
La Lettera agli Efesini

Nell'elenco tradizionale degli scritti paolini fin dalla metà del II


secolo è menzionato uno scritto che dall'intestazione documentata
da alcuni codici e versioni antiche viene intitolato così : «Lettera di
Paolo apostolo agli Efesini» . Nell'orientamento più recente degli
studi paolini si tende a parafrasare in termini provocatori tale titola­
zione in questo modo : «Non è una lettera, non è di Paolo apostolo,
non è indirizzata agli efesini».
A sostegno di questo rovesciamento della comune convinzione
che per secoli ha considerato questo scritto una lettera inviata da
Paolo apostolo agli efesini sono presentati diversi argomenti di ca­
rattere lessicale , stilistico , letterario e tematico . L'argomentazione
per lo più si fonda sulla lettura critica del testo greco dello scritto ri­
portato nei grandi codici del IV e V secolo . Ma anche quanti sosten­
gono la tesi tradizionale fanno appello all'analisi dello stesso testo .
I primi affermano che i dati del testo si spiegano solo con una diver­
sa ipotesi circa la sua origine . Gli altri ribattono che gli argomenti
addotti non sono tali da costringere ad abbandonare o modificare la
convinzione secolare circa l'origine della lettera .
In una nuova valutazione dell'ipotesi della pseudepigrafia appli­
cata agli scritti paolini non è in gioco la contestazione o la difesa del­
l'autenticità paolina del nostro scritto, ma la sua lettura e interpreta­
zione . Le diverse ipotesi circa l'origine letteraria e storica di quella
che con un titolo convenzionale si può chiamare «Lettera agli Efesi­
ni» meritano di essere prese in considerazione solo se aiutano a com­
prendere in modo più profondo e coerente il testo della lettera in
questione .

l . L'ANALISI LINGUISTICA DI EFESINI

Questo è il primo passo da fare per intraprendere la lettura criti­


ca della Lettera agli Efesini . Esso può offrire anche alcuni dati per

141
valutare l'ipotesi della sua autenticità paolina o della sua origine
pseudepigrafica. Ma non è questo il primo obiettivo dell'analisi lin­
guistica. Essa serve a familiarizzarsi con l'universo espressivo del te­
sto . Tale analisi include , oltre allo studio delle caratteristiche lessi­
cali del nostro scritto , anche la considerazione delle peculiarità stili­
stiche e letterarie , nonché la valutazione delle diverse ipotesi circa la
strutturazione letteraria e tematica del testo .

a) Le caratteristiche lessicali
La terminologia della Lettera agli Efesini oscilla tra originalità e
conformismo . La originalità lessicale di Efesini si rileva dalla pre­
senza di 38 hapaxlegòmena neotestamentari , con 41 ricorrenze com­
plessive. Si tratta di termini che non hanno riscontri negli altri scritti
del NT. Questi vocaboli , per la massima parte sostantivi e verbi , so­
no così distribuiti :
Hapaxlegòmena neotestamentari: 38
ananeoùsthai, «rinnovarsi», 4,23 kryphé-i, «di nascosto», 5 , 12
apalgèin, «essere insensibili», kybèia, «inganno» , 4,14
4,19 makrochrònios, «longevo», 6,3
aischròtes, «oscenità» , 5 ,4 mègethos, «grandezza» , 1 , 19
àsophos, «insipiente» , 5 , 15 mesòtoichon , «interposto» , 2,14
àtheos, «senza Dio», 2,12 methodèia, «macchinazione» ,6, 1 1
bèlos, «dardo», 6,16 morologìa , «discorso stolto», 5,4
ektrèphein, «nutrire» , 5 ,29; 6,4 pàle, «lotta» , 6,12
epidyein, «tramontare», 4,26 parorgismòs, «ira», 4,26
e.xischyesthai, «essere capaci», polypòikilos, «multiforme», 3 , 10
3,18 proelpìzein , «sperare prima», 1 ,12
epiphàuskein, «illuminare>>, 5 , 15 proskartèresis, «perseveranza»,
etoimasìa, «prontezza>>, 6,15 6,18
eutrapelìa, «trivialità», 5 ,4 rhytìs, «ruga», 5 ,27
eunòia, «buon animo», 6,7 symmètochos, «compartecipe» 3 ,6;
henòtes, «unità» , 4,3 . 13 5,7
katartismòs, «preparazione» , 4,12 sympolìtes, «concittadino» , 2,19
katbteros, «sottostante», 4,9 synarmologèisthai, «essere
klydonìzesthai, «essere articolato insieme» , 2,21 ; 4,16
sballottati», 4,14 synoikodomèsthai, «essere
kosmokràtor, «dominatore del costruito insieme», 2,22
mondo» , 6,12 syssomos, «concorporeo», 3,6
kleroùsthai, «essere eletto», 1 , 1 1 thyreos, «scudo», 6,16.

142
Gli hapaxlegòmena neotestamentari di Efesini sono concentrati
negli ultimi tre capitoli , che si distinguono anche per il profilo tema­
tico . Vi sono infatti 3 ricorrenze di hapaxlegòmena nel primo capito­
lo ; 4 nel secondo e nel terzo ; 1 1 nel quarto ; 9 nel quinto ; 10 nel se­
sto . Meritano di essere segnalati alcuni termini composti mediante
la particella syn: syn-armologèisthai, syn-oikodomèisthai; sym-mèto­
chos; sym-polìtes; sys-somos . Questa terminologia rivela l'insistenza
del nostro scritto sul tema della «compartecipazione». Un gruppo di
termini nuovi è associato al tema della «lotta» con il relativo equi­
paggiamento (6 ,1 1-16) . È notevole anche la costellazione semantica
che gravita attorno ai vocaboli che designano la prassi etica sconve­
niente (5 ,4. 15). È da rilevare che l'aggettivo composito makrochrò­
nios, «longevo» in Ef 6,3 fa parte di una citazione della Bibbia se­
condo la versione greca dei LXX (Es 20 ,12; Dt 5 , 16) . Anche il verbo
raro epiphàuskein , «illuminare», è inserito in un brano riportato co­
me una citazione (5 , 14) .
Per valutare il peso di questo lessico specialistico di Efesini si
può fare un confronto con quello della lettera di Paolo ai galati .
Quest'ultimo scritto , formato da sei capitoli , 149 versetti e 2220 vo­
caboli , può essere accostato per ampiezza alla nostra lettera che nel­
l'edizioni a stampa viene suddivisa parimenti in sei capitoli, 154 ver­
setti , comprendenti 2425 vocaboli . Il maggior numero di vocaboli
nel testo di Efesini è dato dalla frequenza delle particelle e preposi­
zioni che ne caratterizzano la struttura minuta. Nella Lettera ai Ga­
lati gli hapaxlegòmena neotestamentari assommano a 32 con 33 ri­
correnze , di cui due citazioni dell'AT greco . Anche nello scritto di
Galati alcuni termini nuovi sono connessi con il tema specifico della
lettera: ioudaismòs (due volte) , ioudaìzein, ioudaikòs (Gal 1 , 13-14;
2,14) . Dunque si potrebbe ritenere che lo scritto di Efesini non rap­
presenta un'eccezione , anche se mostra una certa preferenza per la
originalità lessicale .
Una conferma di questo orientamento può venire dal confronto
con gli altri scritti del corpus paolino . Sono stati rilevati circa una
cinquantina di hapaxlegòmena paolini , cioè di vocaboli che ricorro­
no solo in Efesini e non nelle altre lettere di Paolo , escluso il gruppo
delle pastorali. Tra questi meritano di essere segnalati i seguenti : il
termine politèia , «cittadinanza>> (2,12; cf. At 22 ,28) , mentre in Fil
1 ,27 si ha polìteuma; pàroikos, «ospite>> (2 , 1 9 ; cf. At 1 3 , 1 7 ; 1Pt
1 , 17) ; akrogonàios , «angolare>> (2,20 ; cf. 1Pt 2,6) ; diàbolos (4 ,27 ;

143
6 , 1 1) che ricorre 37 nel NT, ma non negli scritti del corpus paolino ,
escluse le pastorali (sei volte) ; s6tèrion (6, 17) che ricorre solo nell'o­
pera lucana (Le 2,30; At 28 ,28) .
Ma il rapporto lessi cale di Efesini con l'epistolario paolino è
complicato dal fatto che nel nostro scritto ricorrono oltre una trenti­
na di termini che non hanno riscontro negli altri scritti del NT:
Lessico paolino di Ef altre lettere
aischròs, «vergognoso» 5 , 12 lCor 1 1 ,6; 14,35 ;
Tt 1 , 1 1
alethèuein , «dire la verità 4,15 Gal 4,16
anakephalaioùsthai, 1 , 10 Rm 1 3 ,9
«ricapitolarsi»
anexichnìastos , 3 ,8 Rm 1 1 ,33
«ininvestigabile»
* ) anthr6pàreskos, 6,6 Col 3,22
«riguardo umano»
* ) aphè, «legame» 4,16 Col 2,19
aphtharsìa, «incorruzione» 6 ,24 Rm 2,7;
lCor 15 ,42.50.53 .54;
2Tm 1 , 10
* ) apokatallàssesthai, 2,16 Col 1 ,20. 22
«essere riconciliati»
* ) apallotrioùsthai, 2,12; 4,18 Col 1 ,2 1
«estraniarsi»
arrabon , «caparra» 1 , 14 2Cor 1 ,22 ; 5 ,5
* ) àuxesis , «Crescita» 4,16 Col 2 , 1 9
enèrgeia , «forza» 1 , 19; 3,7; Fil 3 ,2 ; Col l ,29 ;
4,16 2,12; 2Tm 2,9. 1 1
exagoràzein, «riscattare» 5 , 16 Gal 3,15; 4,5 ; Col
4,5
epichoregìa, «elargizione» 4,16 Fil l ,19
eu6dìa , «soave odore» 5 ,2 2Cor 2 , 1 5 ; Fil 4,18
thalpèin , «riscaldare» 5 ,29 lTs 2,7
loùtron , «bagno» 5 ,26 Tt 3,5
mnèia, «ricordo» 1 , 16 Rm 1 ,9 ; Fil 1 ,3 ;
lTs 1 ,2 ; 3 ,6; Fm 4 ;
2Tm 1 ,3
nouthesìa , «ammonizione» 6,4 l Cor 1 0, 1 1 ; Tt 3 , 10
* ) ophthalmodoulìa , 6,6 Col 3 ,22
«servilismo))

144
parorgìzesthai, «esasperarsi» 6,4 Rm 10,19
pepòithesis, «fiducia» 3 , 12 2Cor 1 , 15 ; 3,4;
8 ,22 ; 10,2; Fil 3 ,4
perikephalàia , «elmo» 6,17 lTs 5 ,8
pleonekt�s , «cupido» 5 ,5 lCor 5 , 10. 1 1 ; 6 , 10
pòiema, «creatura» 2,10 Rm 1 ,20
presbèuein , «fungere da 6,20 2Cor 5 ,20
ambasciatore»
prosagog�, «accesso» 2 , 1 8 ; 3 , 12 Rm 5 ,2
protìthesthai, «proporsi» 1 ,9 Rm 1 , 1 3 ; 3 ,25
proetoimàzein , «predisporre» 2,10 Rm 9 ,23
* ) rhizoùsthai, «radicarsi» 3 , 17 Col 2,7
* ) synegèirein , 2 ,6 Col 2,12; 3 , 1
«con-risuscitare»
* ) syzoopoièin , 2,5 Col 2,13
«con-vivificare»
hyiothesìa , «adozione» 1 ,5 Rm 8 , 1 5 .23 ; 9,4;
Gal 4,5
* ) hymnos , «inno» 5 , 19 Col 3 , 16
hyperbàllein , «trascendere» 1 , 1 9 ; 2,7; 2Cor 3 , 10 ; 9 , 14
3,19
hyperekperissoù , 3 ,20 l Ts 3 , 10 ; 5 , 13 .
«sovrabbondantemente»

Di questi 36 vocaboli «paolini» della Lettera agli Efesini 10 -

indicati con l'asterisco * ) - si trovano solo nel nostro scritto e nella


Lettera ai Colossesi . Sullo sfondo di questa affinità con gli scritti del
corpus paolina risalta la diversità lessicale di Efesini rispetto all'uni­
verso linguistico delle lettere attribuite come autentiche a Paolo .
Anche se nel nostro scritto ricorrono il sostantivo dikaiosyne, «giu­
stizia» (4,24; 5 ,9 ; 6 , 14) , e l'aggettivo dìkaios, «giusto» (6, 1 ) , manca
del tutto il verbo tipico paolina dikaoiùsthai, «essere giustificati» . È
singolare anche il fatto che come già è stato rilevato per la Lettera ai
Colossesi gli interlocutori o destinatari non sono mai interpellati di­
rettamente con l'appellativo consueto nelle lettere paoline adelphòi,
«fratelli» , anche se questa terminologia ecclesiale è conosciuta
(6,21 .23) . Questo accentua il tono impersonale della nostra lettera.
Essa dunque sotto il profilo lessicale si inserisce nell'alveo dell'epi­
stolario paolina , ma nello stesso tempo se ne distacca per seguire un
proprio percorso che trova conferma nel modo di costruire e connet­
tere i diversi elementi delle proposizioni .

145
b) Le caratteristiche di stile
Nella Lettera agli Efesini ricorrono forme grammaticali e sintat­
tiche inusitate o forzate , quali si riscontrano nel greco della versione
biblica dei «Settanta» . In Ef 1 ,22 il verbo greco didònai regge due
accusativi : «lo ha costituito capo su tutte le cose . . . »; in Ef 5 ,5 l'impe­
rativo ìste , «sappiate» , seguito dal participio ginl>skontes , corrispon­
de a una costruzione semitizzante presente nel greco dei LXX. 1
È notevole anche la frequenza - almeno in 15 casi - delle forme
genitivali in serie , dove un nome regge un genitivo e questo a sua
volta un altro . Questo fenomeno grammaticale può essere fatto risa­
lire all'influsso del greco biblico che traduce l'ebraico , dove si sup­
plisce alla mancanza dell'aggettivo con un genitivo . In particolare
alcune espressioni come «figli della ribellione>> (4 ,2c) , «figli d'ira>>
(2 ,3c) , «nella santità della verità>> ( 4,24c) , «sacrificio di buon odore»
(5 ,2c) , risentono della traduzione dall'ebraico .
Anche la forma comparativa del superlativo elachistòteros in Ef
3,8, è una forzatura delle regole grammaticali . Proprio questo esem­
pio è una conferma macroscopica della ricerca espressiva del nostro
autore . All'inizio del capitolo terzo si ha un periodo non concluso:
«Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo per voi gentili . . . penso
che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me af­
fidato a vostro beneficio» (3 , 1 -2) .2
Ma al di là di questi aspetti grammaticali e sintattici quello che
attira l'attenzione nella Lettera agli Efesini è l'aspetto ridondante ,
solenne e prolisso del suo periodare . Più che l'assenza di articolazio­
ne dei periodi è la loro concatenazione a perdifiato che scoraggia sia
il traduttore sia il lettore . Si ha l'impressione che l'autore non voglia
mai concludere il discorso , aggiungendo sempre nuovi anelli alla sua
costruzione . Cosl alla proposizione principale si agganciano a casca­
ta le subordinate diversamente connesse tra loro : finali introdotte da
hìna , «affinché»; relative ; infinitive ; e soprattutto participali . La be­
nedizione iniziale , che occupa 12 versetti , è costruita come un solo
grande periodo che salda insieme circa 17 proposizioni subordinate

1 S.E. PoRTER, «lste gnoskl>ntes in Ephesians 5,5. Does chiasm Solve a Pro­
blem?>> , in ZNW 8 1 ( 1 990) , 270-276, propone di superare la forzatura grammaticale
collocando il nostro versetto nella struttura chiastica dei versi di Ef 5 ,3-5 , leggendo
iste come indicativo e interpretando gnoskbntes in funzione avverbiale: «perché voi
conoscete ciò (che si è detto sopra, Ef 5,3-4), sapendo inoltre che . » . . .

2 R. PENNA, Lettera agli Efesini, 25-26.

146
per un totale di 200 vocaboli ( l ,3-14) . In questo brano , come in tutto
il capitolo primo e secondo , predomina la particella èn che , assieme
a èis e katà introduce le nuove proposizioni e salda tra loro i diversi
elementi della frase . 3
In tal modo il primo capitolo consta di soli tre grandi periodi
( 1 , 1-2.3-14 . 15-23) . Il secondo capitolo è un po' più articolato anche
se esso si apre con una lunga frase (2 , 1-7) . Il capitolo terzo è ancora
molto compatto , in quanto consta di tre grandi costruzioni e di una
quarta più breve (3 , 1-7.8-12. 14-19.20-21) . Il discorso si fa relativa­
mente più articolato negli altri tre capitoli con l'eccezione del quarto
che al suo interno racchiude ancora una grande frase (4, 1 1- 16) . An­
cora una volta nell'ultimo capitolo si ritorna allo stile solenne e ri­
dondante con una ampia composizione (6, 14-20) .
La microstruttura delle proposizioni è costituita dal frequente ri­
corso di alcuni fenomeni linguistici che confermano la ricerca di una
scrittura ampollosa e ridondante . Si nota la frequenza di vocaboli si­
nonimi , ripetuti in serie : «secondo il beneplacito della sua volontà; e
questo a lode e gloria della sua grazia . . . secondo la ricchezza della
sua grazia. . . ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà»
( 1 ,6.7c.9a) ; «che il Padre della gloria , vi dia uno spirito di sapienza e
di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. . . qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza . . . secondo l'efficacia della
sua forza» ( 1 , 1 8 . 19) .
È impressionante l'accumulazione dei sinonimi composti con la
particella syn concentrati in alcuni contesti dei capitoli secondo e
terzo: «Ma Dio . . . ci ha fatti rivivere con Cristo . . . con lui ci ha anche
risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli in Cristo, syn-ezoopòiesen,
syn-ègeiren kài syn-ekàthisen» (2,5-6) ; «siete concittadini , sym-polì-
tai . . . in lui ogni costruzione cresce ben ordinata, syn-armologoumè-
ne . . in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati, syn-
.

oikodomèisthe» (2 , 19b.21-22) , «i gentili sono chiamati, in Cristo Ge­


sù , a partecipare alla stessa eredità, syn-kleronòma , a formare lo
stesso corpo e a essere partecipi , sys-s6ma kài sym-mètoc:ha , della
promessa per mezzo del vangelo» (3 ,6) .
Lo stesso procedimento di intensificazione si nota all'inizio del
capitolo quarto , dove oltre all'accumulo dei sinonimi si fa ricorso

3 Complessivamente sono circa 1 1 7 le ricorrenze della particella èn nella nostra


lettera rispetto alle 41 della Lettera ai Galati ; segue la particella èis con 38 ricorrenze ;
katà, con 24 ; dià , con 2 1 .

147
all'effetto di risonanza tra verbo e il sostantivo della stessa radice :
«Vi esorto dunque . . . a comportarvi in maniera degna della vocazio­
ne con cui siete stati chiamati , tes kl-eseos hes ekl-ethete, . . . con ogni
umiltà, mansuetudine e pazienza . . . un solo corpo , un solo spirito ,
come una sola è la speranza alla quale siete chiamati , quella della
vostra vocazione , eklèthete èn mìa-i elpìdi tes klèse6s hym6n»
(4 , 1 .2.4) .
Anche in altri contesti della lettera si h a questa ricerca dell'effet­
to «eco» grazie alla corrispondenza tra verbo reggente e sostantivo .
Questo si verifica nella «benedizione» e nella «preghiera>> di apertu­
ra : «Benedetto , eulogetòs, sia Dio . . . che ci ha benedetti con ogni be­
nedizione , eulogèsas hemàs èn pàse-i eulogìa-i» ( 1 ,3) ; «a lode e glo­
ria della sua grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto , tes chàritos
autoù hes echarìt6sen hemàs» (1 ,6) ; «secondo l'efficacia della sua
forza che egli manifestò in Cristo , katà tèn enèrgeian . . . hèn enèrge­
sen» (1 ,19-20a) . Ma lo stesso fenomeno si riscontra anche nei conte­
sti di carattere espositivo e parenetico : «ma Dio . . . per il grande
amore con il quale ci ha amati , dià tèn pollèn agàpen autoù hèn egà­
pesen hemàs» (2,4) .
L'accostamento dei sinonimi in molti casi segue un ritmo bina­
rio , in modo da ottenere l'effetto del parallelismo . Un esempio di
parallelismo antitetico costruito con i sinonimi si ha a conclusione
del capitolo secondo : «Così dunque voi non siete più stranieri né
ospiti , ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (2,19) . Ma
non è infrequente il ricorso alla disposizione ternaria dei sinonimi
come in Ef 5 ,4: «lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini , trivia­
lità» . Gli ultimi due sinonimi accostati , kài morologìa e eutrapelìa ,
hanno una certa omofonia con il termine contrapposto : «Si rendano
invece azioni di grazie , a/là màllon eucharistìa» .
Questo insieme di elementi che caratterizzano lo scritto agli Efe­
sini giustificano la qualifica del suo «stile» come ampolloso e ridon­
dante con un'evidente tendenza pleroforica. Questa impressione è
confermata dalla frequenza delle formule generalizzanti introdotte
dall'aggettivo pàs , «tutto» , che nelle varie combinazioni grammati­
cali ricorre in 50 casi contro i 15 della Lettera ai Galati. Tale intensi­
tà è paragonabile solo alle 39 ricorrenze dello stesso aggettivo nella
Lettera ai Colossesi . È tipico invece del nostro scritto il ricorso alle
espressioni iperboliche : «la straordinaria grandezza, tò hyperbàllon
mègethos , della sua potenza» ( 1 , 19) ; «la straordinaria ricchezza , tò
hyperbàllon ploùtos, della sua grazia» (2 ,7) ; «conoscere l'amore di
Cristo che sorpassa ogni conoscenza , t-en hyperbàllousan tes gnòseos
agàpen . . . » (3 , 19) .

148
Per trovare una collocazione omogenea con questo impianto sti­
listico della Lettera agli Efesini sulla base dei modelli retorici antichi
si fa riferimento allo «stile asiano» caratterizzato appunto dalla ten­
denza all'ampollosità e ridondanza. Si tratta di quello stile ellenisti­
co fiorito che si sviluppa nelle zone orientali dell'impero e che ha il
suo punto di riferimento nei centri ellenistici dell'Asia.
Ma anche l'ambiente liturgico , che ama lo stile solenne e il ritmo
ripetitivo della composizione , potrebbe offrire il contesto vitale
adatto per spiegare le caratteristiche del nostro testo . D'altra parte è
facile riscontrare nello scritto di Efesini non solo alcuni elementi del
linguaggio liturgico , ma anche alcuni brani di prosa ritmica che ri­
sentono del contesto cultuale (1 ,3-12.20-23 ; 2, 14-18; 4,5-6) . Tra
questi spicca il testo riportato come citazione da una fonte autore­
vole : «Per questo sta scritto ( lett . «Si dice» ) :
«Svegliati , o tu che dormi ,
destati dai morti ,
e Cristo ti illuminerà» (5 ,14) .
Inoltre le osservazioni precedenti circa l'influsso del greco
biblico e la presenza di espressioni semitizzanti orientano verso
l'ambiente della letteratura biblica e giudaica sia sapienziale sia pro­
fetica e apocalittica . In particolare la tendenza al parallelismo anti­
tetico non solo delle frasi, ma anche dello sviluppo tematico , con­
ferma questa affinità con il suddetto ambiente . I brani di prosa rit­
mica summenzionati rivelano una certa affinità con lo stile poetico
dei salmi biblici . Del resto il contatto con i testi della Bibbia è con­
fermato non solo dalle citazioni esplicite , ma anche dall'evidente
ripresa di formule ed espressioni dai libri profetici e dai Salmi (2, 17;
4,8; 6, 14-17) .

c) Il genere letterario di Efesini


L'analisi stilistica della Lettera agli Efesini pone il problema del­
la definizione del suo «genere letterario» . Infatti gli elementi episto­
lari espliciti si riducono alla cornice: mittente, destinatari e saluti ini­
ziali (1 , 1-2) ; saluti e benedizione finali (4,23-24) . Rientrano nel ge­
nere epistolare le brevi informazioni e istruzioni che il mittente co­
munica tramite Tichico prima del congedo (6,21-22) . Esse sono anti­
cipate dall'invito a pregare per il mittente , che si trova in catene co­
me ambasciatore del vangelo , perché egli possa annunciarlo con
franchezza (6, 19-20) .

149
Per il resto il dialogo epistolare compare nell'introduzione della
preghiera iniziale : «Perciò anch'io avendo avuto notizia della vostra
fede nel Signore Gesù . . . non cesso di rendere grazie per voi , ricor­
dandovi nelle mie preghiere» ( 1 , 15-16a) . Esso viene ripreso all'ini­
zio del capitolo terzo : «Per questo , io Paolo , prigioniero di Cristo
per voi gentili . . . penso che abbiate sentito parlare del ministero del­
la grazia di Dio , a me affidato a vostro beneficio: come per rivelazio­
ne mi è stato fatto conoscere il mistero di cui sopra vi ho scritto bre­
vemente . Dalla lettura di ciò che ho scritto potete ben capire la mia
comprensione del mistero di Cristo» (3 , 1-4) . Gli fa eco la conclusio­
ne : «Vi prego quindi di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni
per voi ; sono gloria vostra» (3 , 1 3) . Essa fa da raccordo all'introdu­
zione della preghiera che conclude questo capitolo : «Per questo, di­
co , io piego le ginocchia davanti al Padre . . . perché vi conceda . . . »
(3 , 14a. 15a) . Infine lo stile dialogico rispunta in apertura del capitolo
quarto : «Vi esorto dunque io , il prigioniero del Signore , a compor­
tarvi in maniera degna . . . » (4 , 1 a) , con la ripresa successiva: «Vi dico
dunque e vi scongiuro nel Signore . . . » (4, 17) .
Dentro questa intelaiatura , che si ispira al genere epistolare , si
trovano ampi brani di prosa ritmica sullo stile dei Salmi , come la
«benedizione» iniziale ( 1 ,3-14)4 e l'inno a Cristo «pacificatore»
(2, 14-18)5 e quello più breve a Cristo «illuminatore>> (5 , 14) ; una pre­
ghiera con dossologia conclusiva (3 , 16-19.20-21) ; brevi professioni
di fede ( 1 ,20 ; 4 ,5-6 ; 5 ,2b .25b) ; un codice dei doveri familiari (5 ,21-
6 ,9) , intercalato da una catechesi su Cristo e la chiesa (5 ,25b-32) ; al­
cuni elenchi di vizi (4,3 1 ; 5 ,3-5) e virtù (4,24b.32; 5 ,9) . Una menzio­
ne a parte merita la descrizione conclusiva dell'«armatura di Dio»,
ispirata ai modelli biblici ( 6, 14-17) . 6
Una conferma dell'interesse della Lettera agli Efesini per la tra­
dizione liturgica e catechistica viene dall'esplicito riferimento che

4 L'aspetto «ionico» responsoriale di Ef 1 ,3·14 come testo autonomo adattato al


contesto della lettera è sostenuto da P. GRELOT, «La structure d'Ephésiens 1 ,3-14», in
RB 96(1989) , 193-209; cf. C.J. RoBBINS, «The Composition of Ephesians 1 ,�-14» , in
JBL 105(1986) . 677-687 ; J.H. BARKHUIZEN , «The strophic structure of tke eucology
of Ephesians 1 ,3-14>> , in HerTSt 46( 1990) , 390-413.
G. WILHEL M I , «Der Versohner-Hymnus in Eph 2,14ff>> , in ZNW 78(1987) ,
145- 152, tenta una ricostruzione dell'inno primitivo sulla base del ritmo e paralleli­
smo delle frasi ; Ef 2 , 17·18 sarebbe un'amplificazione ispirata a Is 57,19.
6 Per il significato e il ruolo di Ef 6, 10-20, cf. R.A. WILD , <<The Warrior and the
Prisoner: Some Reflections on Ephesians 6: 10-20>> , in CBQ 46( 1984) , 284-298; M.
BARrn, «Traditions in Ephesians» , in NTS 30(1984) , 3-25 .

150
l'autore fa a queste esperienze della comunità cristiana in almeno
due testi . Nel contesto dell'esortazione , che fa leva sull'evento bat­
tesimale , l'autore dice : «Ma voi non così avete imparato a conoscere
Cristo , se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti , se­
condo la verità che è in Gesù» (4,20-21). E conclude il suo invito a
ricercare la volontà di Dio con queste parole : «siate ricolmi dello
Spirito , intrattenendovi a vicenda con salmi , inni , cantici spirituali ,
cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore , renden­
do continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre , nel nome del Si­
gnore nostro Gesù Cristo)) (5 , 1 8c-20) .
La presenza di elementi derivati dalla tradizione sia liturgica sia
catechistica non giustificano le ipotesi che tendono a identificare il
genere letterario di Efesini con modelli diversi da quello epistolare :
- una grande preghiera (M. Barth) ;
- un testo liturgico per la feste di Pentecoste ( J . C. Kirby) ;
- un'omelia (P. Pokorny) ispirata alla liturgia battesimale (G .
Schille ; A.T. Lincoln) ;
- un discorso sulla «sapienza del mistero)) (H. Schlier) ;
- un trattato iniziatico , «cristagogico)) (K. Usami) ;
- un trattato teologico o didattico (E. Kasemann) .
In queste ipotesi la forma epistolare sarebbe un semplice rivesti­
mento esterno o un espediente per la stesura del testo .
L'argomento più solido a sostegno del genere epistolare dello
scritto agli Efesini è l'esplicito riferimento al modello epistolare pao­
lina. Anche se nell'insieme dello scritto il dialogo epistolare è molto
ridotto , non si può negare che esso sia presente non solo nelle frasi
introduttive summenzionate , ma anche nelle sezioni nelle quali il
mittente si rivolge ai destinatari «voi» a nome di un gruppo «noi))
( 1 , 1 1 . 13 ; 2. 1 . 1 1 . 17-18.22) . D'altra parte nel genere letterario «ome­
lia)) inviata come la lettera non si fa riferimento alla lettura del testo
scritto come in Ef 3 ,3-4, ma all'ascolto della parola (cf. Eb 8 , 1 ; Gc
2,5). È dunque preferibile mantenere il nostro testo nel genere epi­
stolare , dove c'è la possibilità di integrare tutti gli elementi stilistici e
letterari che la contraddistinguono , in particolare la dimensione cul­
tuale o liturgica e quella dottrinale . Si potrebbe pensare a una lette­
ra di carattere ufficiale inviata in nome e con l'autorità di Paolo a un
gruppo di chiese legate alla tradizione dell'apostolo .

d) La struttura della Lettera agli Efesini


La scelta del genere letterario «epistolare>> non pregiudica la
struttura del testo della nostra lettera. A parte la cornice epistolare ,

151
che interessa i due versetti di apertura e quelli di chiusura della lette­
ra , restano da individuare i criteri che presiedono all'articolazione
delle diverse sezioni .
Una prima serie di elementi strutturanti è suggerita dalle formu­
le che fanno da raccordo tra le grandi frasi di cui si compone il testo .
Al termine della grande «benedizione» di apertura, la nuova sezione
è introdotta dall'espressione : «Perciò , dià toùto , anch'io, avendo
avuto notizia della vostra fede nel Signore . . . » ( 1 , 15a) . Questa for­
mula fa da transizione alla preghiera di stile epistolare che sfocia in
una nuova composizione di carattere celebrativo . Infatti il dialogo
«epistolare» viene ripreso solo all'inizio del capitolo secondo che
giuoca sull'alternanza «VOi>> e «noi>> , già anticipata nel capitolo
pnmo .

noi: 1 ,3-12. 15-18. 2,3-7. (8b-9) . 10. 18.


voi: 1 , 13-14. 19; 2 , 1 -2 8a. l l-13 . 17 . 19.22

Le sezioni , in cui viene sospeso questo «dialogo>> , assumono il


tono della professione di fede o della celebrazione ionica : Ef 1 ,20-
23 ; 2,8b-9. 14-17a .20-21 .
Le formule connettive sono più esplicite nel capitolo terzo. Esso
si apre con l'espressione : «Per questo , toùtou chàrin , io Paolo , il pri­
gioniero di Cristo per voi gentili . . . >> , ripresa all'inizio della preghie­
ra : «Per questo , toùtou chàrin , io piego le ginocchia davanti al Pa­
dre . . . » (3 , 1-14) . In questo contesto il dialogo si instaura tra «io»
(Paolo) e «voi» pagani, salvo un breve intermezzo in cui ricompare il
collettivo «noi» (3 , 12) . Anche in questo brano la sospensione del
dialogo lascia spazio alla riflessione di fede e alla dossologia (3 ,5-6 ;
3,20-21).
L'attacco del quarto capitolo è caratterizzato dal frasario tipico
del discorso parenetico : «Vi esorto dunque , paraka/6 oùn hymàs, io ,
il prigioniero del Signore . . . » ( 4 , 1 ) . Esso risuona ancora nella ripresa
delle formule parenetiche passando sopra alla sezione interposta di
carattere celebrativo ed espositivo: «Vi dico dunque , toùto oùn lègo ,
e vi scongiuro nel Signore . . . » (4 , 17a) . Questo tono esortativo si
estende per tutti e due i capitoli successivi, dove si susseguono le for­
me verbali all'imperativo , oppure le corrispettive costruzioni infini­
tive o participiali (4 ,25-6,20) . Anche in questa ampia sezione si al­
ternano nel dialogo i due gruppi : il «noi», che prende il posto della
prima persona «io , il prigioniero del Signore» , e il gruppo «VOi» de­
stinatari delle esortazioni . La sospensione del «dialogo» o la com-

152
parsa del gruppo «noi>> segnala le sezioni di carattere celebrativo o
catechistico (4,5-6.7-16; 5 , 13-14.25b-32 ; 6, 12) .
Una seconda serie di elementi utili per cogliere la struttura del
testo della nostra lettera è data dalla frequenza di alcuni termini­
chiave , che creano i diversi campi semantici . Essi non solo danno la
colorazione tematica all'insieme dello scritto di Efesini , ma consen­
tono di cogliere il profilo delle singole sezioni in cui esso si articola.
La prima area semantica è quella che ruota attorno ai t<;rmini «po­
tenza», dynamis ( 1 , 19.21 ; 3 ,7 . 16.20) ; «ricchezza» , ploùtos ( 1 ,7. 18;
2,7; 3,8. 16) ; «efficacia» , enèrgeia , «forza» (1 , 19 ; 3,7; 4 , 16) ; energèin
«agire con forza» ( 1 , 1 1 .20; 2,2; 3 ,20) ; «forza» , ischys ( 1 , 19; 6, 10) .
Come si può costatare questa terminologia è concentrata nel capito­
lo primo e terzo, con alcune ricorrenze nel secondo e sesto . A que­
sto primo campo semantico può essere associato quello che fa leva
sul lessico della «gloria» , dòxa , con otto ricorrenze condensate anco­
ra nel capitolo primo e terzo .
Una seconda costellazione semantica gravita attorno al myst�­
rion . Questo termine compare la prima volta nella «benedizione»
iniziale e poi per tre volte nel capitolo terzo e una nel quinto (5 ,32) .
Esso è specificato come «mistero di Dio» (1 ,9) o di «Cristo» (3 ,4) . In
tre casi è accompagnato dal sostantivo oikonomìa , «disposizione»
(1 , 10; 3,2.9) e dal verbo gnorìzein , «far conoscere» ( 1 ,9 ; 3,3.5. 10) .
E associato al lessico apocalittico : apokàlypsis l apokalyptein (3 ,3.5)
e a quello sapienziale: sophìa (1 ,8; 3 , 10) ; phrònesis ( 1 ,8) . Nel conte­
sto della «benedizione» iniziale in rapporto con il «mistero» sta il so­
stantivo pl�roma , che ricompare anche in altri contesti ( 1 , 10.23;
3 , 19 ; 4 , 13) .
Una terza marca semantica si costituisce attorno al lessico della
«grazia» e della libera ed efficace azione di Dio , indicata dai termini
thèlema ( 1 , 1 . 5 . 9 . 1 1 ) , pròthesis ( 1 , 1 1 ; 3 , 1 1 ) e baule ( 1 , 1 1 ) . Il termine
chàris , che ricorre 12 volte , è presente in tutti i capitoli , escluso il
quinto , ma con più intensità nel primo , secondo e terzo . Nell'ambito
della «benedizione» iniziale esso è connesso al verbo charitoùn
( 1 ,6) . Alla stessa area semantica vanno accostati i termini doreà e
d6ron , «dono» (2,8; 3 ,7 ; 4,7) . L'ambito «trascendente» o celeste
dell'azione di Dio è indicato dal termine preferito dal nostro autore :
epourànios , al plurale (1 ,3 .20; 3,6; 3 , 10; 6,12) .
Infine si deve osservare che alcuni contesti sono caratterizzati
dalla massiccia concentrazione dei termini composti con la particella
syn , già segnalati nell'analisi lessicale : sy-zoopoièin , «con-vivificare ;
syn-egèirein , «COD«risuscitare» ; syn-kathìzein , «con-sedere» (2,5-6) ;

153
sym-polìtai, «con-cittadini» , syn-armologèisthai, «con-articolarsi»
(2,21 ; 4, 16) ; syn-oikodomèisthai, «con-costruirsi» (2, 19.21 .22) ; sym­
bibàzesthai, «essere congiunto» (4, 1 6) ; syn-kleronòma , «con-eredh> ;
sys-soma , «con-corporei» ; sym-mètocha , «com-partecipi» (3 ,6) . Af­
fine a quest'area della «com-partecipazione» è quella dell'unità e
«pacificazione», richiamata dal lessico della «pace» , eirlme
(2 , 14. 15. 17) , e dell'unità: èis/mìa/hèn (2 ,14. 15. 16. 18; 4 ,4-7. 16) ; enò­
tes (4,3. 13) .
Tenendo conto di questi elementi che segnalano le articolazioni
del testo e la sua configurazione semantica si può proporre questa
struttura generale della Lettera agli Efesini :

Cornice epistolare o prescritto : sono indicati il mittente (Paolo) e i


destinatari e viene inviato un breve saluto , Ef 1,1-2.
Prima parte: si espone in forma celebrativa il «mistero di Dio» rive­
lato e attuato in Cristo Gesù , al cui servizio sta Paolo , Ef l ,3-
3,21 :
a) benedizione iniziale , 1 ,3-14;
b) preghiera per i destinatari ; essa sfocia nella celebrazione
dell'azione di Dio che . ha risuscitato e glorificato Cristo ,
1 , 15-23 ;
c) celebrazione dell'opera salvifica di Dio a favore dei destina­
tari pagani associati al destino glorioso di Gesù Cristo , che
con la sua morte di croce è diventato pacificatore e unificato­
re dei due gruppi contrapposti , 2, 1-22;
d) presentazione del ruolo di Paolo nella rivelazione e attuazio­
ne del «mistero di Cristo» per l'iniziativa di Dio e preghiera
dell'apostolo per i destinatari, 3 , 1-2 1 .
Seconda parte: s i traccia un programma d i vita per i destinatari della
lettera sulla base della professione di fede battesimale , Ef 4, 1-
6,20:
a) esortazione a vivere secondo la «chiamata» di Dio nell'unità
della fede e nella diversità dei doni ricevuti per la edificazio­
ne e crescita del «corpo di Cristo» nell'amore , 4 , 1-16;
b) richiamo della parenesi battesimale che consiste nel «rivesti­
re l'uomo nuovo» in una trama di rapporti leali e costruttivi ,
4, 17-32 ;
c) invito a vivere nell'amore come «figli della luce», lasciandosi
guidare dallo Spirito , 5 , 1-20;

154
d) codice dei doveri familiari con le relative motivazioni che
fanno leva sul rapporto di Cristo con la chiesa, 5 ,21-6 , 1 ;
e ) esortazione al combattimento spirituale che implica la pre­
ghiera perseverante per tutti i fedeli e anche per l'apostolo
«ambasciatore» del vangelo in catene , 6, 10-20.
Cornice epistolare: si danno alcune informazioni e si inviano il saluto
e la benedizione finale , Ef 6,21-24.

Benedizione e preghiera

La lettera , dopo l'intestazione o prescritto , si apre con un'ampia


composizione , che dalla terminologia «eulogica» d'apertura - par­
ticipio passivo eulogetòs , verbo eulogèin , e sostantivo eulogìa - può
essere chiamata «benedizione» (1 ,3-14) . Non esiste un consenso sul­
la sua estensione e struttura «poetica» .7 Un'articolazione del testo in
tre unità è suggerita dal ritornello ripetuto tre volte : «a lode della
sua gloria (e gloria della sua grazia)>> ( 1 ,6c. l2a. l4c) . Una conferma
della struttura ternaria viene dall'espressione « Èn hoi kài, in lui/nel
quale anche . . . », ripetuta tre volte all'inizio dei versetti Ef 1 ,7. 1 1 . 13 .
Anche l'azione divina espressa dai tre verbi i n forma participiale se­
gue questo ritmo triadico: «ci ha benedetti» (l ,3) ; «ci ha predestina­
ti» (1 ,5) ; «ci ha fatto conoscere» ( 1 ,9) .
Oltre a questo criterio formale e stilistico può essere utile tener
presente lo sviluppo drammatico del testo. Il protagonista principale
è Dio , il Padre del Signore nostro Gesù Cristo , al quale si rivolge la
«benedizione» e dal quale provengono le azioni benefiche o salvifi­
che che esplicitano e sviluppano il motivo della preghiera di «bene­
dizione» : «ci ha scelti» (1 ,4) ; «ci ha dato la grazia» ( 1 ,6b) ; «l'ha ri­
versata abbondantemente» ( 1 ,8) ; «ci ha fatto conoscere» (1 ,9) . L'a­
zione principale di Dio espressa dall'unico verbo all'indicativo «ci ha
scelti» esplicita il tema iniziale : «ci ha benedetti» . L'iniziativa di Dio
si dirama in due direzioni : quella della «predestinazione», corri­
spondente alla sua «grazia» e quella della «conoscenza» del mistero
che consiste nel ricapitolare in Cristo tutte le cose . Essa si attua a un
duplice livello : quello del «potere» (redenzione e remissione dei

7 H. ScHLIER , La lettera agli Efesini, 21976, suddivide il brano poetico in due fasi ,
quello della progettazione del piano salvifico ( Ef 1 ,4-5), e quello della sua attuazione
storica ( Ef 1 ,6-10) ; egli considera gli ultimi versi ( Ef 1 , 1 1 - 14) estranei alla composi­
zione innica .

155
peccati) e quello della «comunicazione» («sapienza e intelligenza»)
del disegno salvifico che assume una dimensione cosmica. 8
Nella seconda parte al posto della serie di verbi attivi principali ,
subentrano due verbi al passivo che alludono ancora all'iniziativa
benigna di Dio attuata per mezzo del Figlio : «in lui siamo stati fatti
eredi» ( l , 1 1 ) ; «in lui . . . avete ricevuto il sigillo dello Spirito santo»
( 1 , 13c) . Gesù Cristo dunque è il secondo protagonista strettamente
associato al Padre come il Figlio «amato», nel quale sono scelti e
amati i figli di adozione (1 ,4-5 ) . Nel seguito della composizione en­
trano in scena i destinatari dell' azione di Dio Padre rivelata e attuata
«in Gesù Cristo>> . Nei versetti finali si presentano i destinatari che si
dividono in due gruppi contraddistinti rispettivamente dal pronome
«nOi» ( 1 , 1 1-12) e «VOi» ( 1 , 13-14) .
Tenendo conto di questi diversi elementi si può suddividere il te­
sto della «benedizione» in questo modo :

l . Introduzione tematica (l ,3) ;


2. Sviluppo progressivo dell'azione salvifica di Dio Padre per mez­
zo di Gesù Cristo (1 ,4-14) :
a) elezione alla santità nell'amore ( 1 ,4) ;
b) predestinazione a essere figli nella grazia dell'amato (1 ,5-6) ;
c) redenzione e remissione dei peccati (1 ,7-8) ;
d) comunicazione del «mistero» salvifico (1 ,9- 10) ;
e) eredità dei predestinati ( 1 , 1 1-12) ;
f) redenzione finale garantita dal dono dello Spirito santo
( 1 , 13-14) .

La «benedizione» iniziale ha una funzione programmatica nei


confronti di tutta la lettera soprattutto con l'annuncio tematico del
«mistero» , connesso con l' «oikonomìa della pienezza dei tempi»,
che consiste nel «ricapitolare tutte le cose in Cristo» .
La preghiera d i stile epistolare prolunga la benedizione di aper­
tura riprendendo il tema della «comunicazione e conoscenza» ( 1 , 15-
19) . Essa infatti si rivolge al «Dio del Signore nostro Gesù Cristo ,
Padre della gloria» e chiede per i destinatari il dono dello «spirito di
sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui» .

8 M. BoumER, L' Épftre de Saint Pau/ aux Ephésiens , 58.

156
La «illuminazione» interiore dei fedeli riguarda la comprensione
della «speranza della sua chiamata» e «la ricchezza della gloria della
sua eredità tra i santi».
Alla fine la preghiera si trasforma in una celebrazione o profes­
sione di fede nella «straordinaria grandezza della potenza» di Dio a
favore dei credenti . Essa infatti si è manifestata e attuata come azio­
ne forte ed efficace nella risurrezione di Cristo dai morti , nella sua
intronizzazione trascendente che sta all'origine della sua signoria co­
smica e universale ( 1 ,20-23) .
Negli ultimi versi di questa composizione di carattere celebrativo
si avverte l'eco del tema annunciato nella benedizione . Questo risul­
ta anche da una certa corrispondenza lessicale tra le due sezioni :9

Ef 1, 9-10 Ef 1,20c-23
«Poiché egli ci ha fatto co­ «e lo fece sedere alla sua destra nei
noscere il mistero della cieli , al di sopra di ogni principato e
sua volontà, secondo autorità, di ogni potenza e domina­
quanto nella sua benevo­ zione e di ogni altro nome che si pos­
lenza aveva in lui prestabi­ sa nominare non solo nel secolo pre­
lito per realizzarlo nella sente , ma anche in quello futuro .
pienezza dei tempi , èis oi­ Tutto infatti ha sottomesso ai suoi
konomìan toù plerbmatos piedi e lo ha costituito su tutte le cose
ton kairon , il disegno cioè a capo della chiesa, kephalen hypèr
di ricapitolare , anakepha­ pànta te-i ekklesìa-i, la qual è il suo
lai6sasthai, in Cristo , èn corpo , la pienezza, tò pler6ma , di co­
to-i Christo-i, tutte le cose , lui che si realizza pienamente in tutte
tà pànta , quelle del cielo e le cose , toù tà pànta èn pàsin plerou­
quelle della terra» . mènou» .

L' azione salvifica di Dio in Gesù Cristo

Nella prima parte del capitolo secondo nella forma del dialogo
catechistico si fa un'esposizione dell'azione salvifica, gratuita ed effi-

9 P.S. CAMERON , «The Structure of Ephesians» , in FgNT 3(1990) , 3-17, ricostrui­


sce la struttura di Efesini sulla base delle corrispondenze tra le varie sezioni, suddivise
in otto pannelli simmetrici , inquadrati dalla cornice epistolare : 1 ,3-14/11 , 15-23 ; 2,1-
10//2 , 1 1 -22 ; 3 , 1 -7//3 ,8-13; 3,14-4,6//4,7-16; 4,25-321/5 , 1 -20; 5 ,21 -24//5 ,25-33 (6,1-
3//6,4; 6,5-8//6,9) ; 6, 10-12//6,13-17.

157
cace di Dio che ha rovesciato la situazione storica dei destinatari
«voi/noi» . Essa fa leva sul dittico contrapposto :

Un tempo (Ef 2 , 1 -3 . 5a) Ora (Ef 2,4.5b-7)


- Dio misericordioso , per
amore
- morti per le colpe/peccati ; -. ci ha vivificati con Cristo ;
- vivendo alla maniera di que- (salvati per grazia)
sto mondo ;
- «figli ribelli . . . » ; - ci ha con-risuscitati ;
- seguendo i desideri della - ci ha fatti sedere nei cieli in
carne ; Cristo Gesù .
- per natura «figli d'ira»;

Quest'azione salvifica di Dio ha come risultato la rivelazione


universale e definitiva della straordinaria ricchezza della sua chàris
che sta alla base dell'attuale statuto dei credenti «salvati» e fonda la
loro prassi (2,8-10) . Lo scopo del quadro autentico è quello di porre
in risalto l'amore misericordioso di Dio che sta all'origine del pro­
cesso salvifico rivelato e attuato in Cristo Gesù . La frase «siete sal­
vati per grazia>> , ripetuta come un ritornello , dà la tonalità alla pic­
cola sezione (2,5c. 8a) .
Nella seconda parte viene ripreso e ampliato il quadro antitetico
che fa leva sulla contrapposizione temporale - «Un tempo»/«ora»
- e su quella spaziale : «vicini»/«lontani». Questi ultimi sono identi­
ficati dal punto di vista etnico-religioso con i pagani o gli «incirconci­
si» . L'antitesi si articola in due fasi , separate da un intermezzo in cui
si celebra in forma ionica il ruolo pacificatore , riconciliatore e unifi­
cante di Cristo Gesù . Egli rovescia la· situazione e rende possibile
l'incontro dei separati tra loro e con Dio.
La disposizione simmetrica e concentrica del testo pone in risal­
to la funzione di asse portante del piccolo inno soteriologico :

a) ricordate la situazione «di un tempo», Ef 2 , 1 1-12


- voi pagani , «incirconcisi» ;
- senza Cristo ;
- esclusi dalla cittadinanza di Israele ;
- estranei ai patti della promessa;
- senza speranza ;
- . senza Dio in questo mondo .

158
b) primo annuncio del cambiamento: Ef 2 , 1 3
«Ora invece , i n Cristo Gesù , voi che u n tempo eravate lonta­
ni siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo».
c) celebrazione del ruolo di Cristo , Ef 2, 14-17
«egli è la nostra pace»:
- facendo dei due uno solo ;
- abbattendo il muro divisorio , l'inimicizia nella sua carne ;
- annullando la legge fatta di prescrizioni e decreti ;
«per creare in se stesso , dei due un solo uomo nuovo» ;
- facendo la pace ;
«per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo
della croce»;
- distruggendo in se stesso l'inimicizia ;
- venendo ad annunciare l'evangelo di pace ai vicini e ai lon-
tani ;
b ' ) secondo annuncio del cambiamento, Ef 2 , 1 8
«per mezzo d i lui possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre
in un solo Spirito». ·
a ' ) conclusione: rovesciamento della
. situazione precedente , Ef
2,19-22
- voi non siete più stranieri , ma concittadini dei santi ;
- né ospiti , ma familiari di Dio .

L'immagine della costruzione/casa/tempio, fondata sugli aposto­


li e profeti e avendo come pietra angolare Cristo Gesù completa in
chiave ecclesiale questo quadro della riunificazione dei due gruppi
diversi e divisi .

Il ruolo di Paolo nella rivelazione del «mistero di Cristo»

Il capitolo terzo riprende in modo diretto il dialogo epistolare .


Questo offre lo spunto per l'autopresentazione di Paolo: «il prigio­
niero del Signore per voi pagani» (3 , 1 ) . Quest'ultimo appellativo dei
destinatari stabilisce un accordo con la sezione che precede imme­
diatamente . Invece la seconda frase «l'economia della grazia di Dio
a me affidata» rimanda alla tematica della «benedizione» iniziale.
Ad essa l'autore fa un esplicito riferimento : «dalla lettura di ciò che
vi ho scritto potete ben capire la mia comprensione del mistero di
Cristo». Essa ora viene sviluppata ed esplicitata nella presentazione

159
del ruolo di Paolo , prototipo dei cristiani destinatari della «grazia»
di Dio . L'argomentazione della prima parte del capitolo si svolge in
forma concentrica in tre momenti:

a) annuncio del ruolo di Paolo nella rivelazione e conoscenza


del «mistero di Cristo» , 3 , 1-4;
b) rivelazione e attuazione del «mistero» che consiste nella par­
tecipazione dei pagani «alla promessa del vangelo in Cristo
Gesù», 3 ,5-6;
a') annuncio del ruolo di Paolo diàkonos del vangelo «per il do­
no della grazia di Dio», 3 , 7.

Sull'ultima frase , che pone in risalto l' «efficacia della potenza»


di Dio , si innesta un nuovo sviluppo del ruolo di Paolo nella pro­
clamazione dell'evangelo ai pagani e nella manifestazione dell'eco­
nomia del mistero nascosto da secoli in Dio (3 ,8-12) . L'elemento
nuovo è l'orizzonte cosmico e trascendente in cui avviene la rivela­
zione del mistero per mezzo della chiesa: «ora viene manifestata
nei cieli ai principati e alle potenze la multiforme sapienza di Dio
secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Si­
gnore» (3 , 10- 1 1 ) . La conclusione di questo brano di stile celebrati­
vo riprende quella dell'inno soteriologico del capitolo precedente :
«il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la
fede in lui» (3 , 12) . Nei due testi infatti ricorre lo stesso vocabolo li­
turgico prosag6ge. Esso nell'attuale contesto viene accostato ai ter­
mini che esprimono il rapporto libero e fiducioso con Dio : parr­
hesìa kài pepòithesis.
Una frase di transizione riprende il dialogo epistolare e introdu­
ce la seconda parte del capitolo interamente dedicata alla preghiera
di Paolo per i destinatari immediati della rivelazione del mistero
(3 , 13-14) . Si intuisce lo sviluppo della preghiera scandita dal triplice
hìna che introduce frasi sempre più brevi :

a) che il «Padre>> creatore universale conceda che essi siano raf­


forzati dal suo «Spirito» nell'uomo interiore , cioè che «Cri­
sto» abiti per mezzo della fede nei loro cuori e siano radicati
e fondati nell'amore , 3 , 16-17;
b) che siano resi capaci di comprendere con tutti i santi l'intera
estensione dell'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscen­
za, 3 , 18-19b ;
c) che siano ricolmi di tutta la pienezza di Dio , 3,19c.

160
La conclusione dossologica chiude non solo questa preghiera e il
capitolo terzo , ma tutta la prima parte , di cui richiama alcuni termi­
ni-chiave : la «potenza» , la «gloria» di Dio che si rivela nella «Chiesa»
e in Cristo Gesù , 3 ,20-21 .

Il progetto di vita cristiana

L'inizio del quarto capitolo segna uno stacco rispetto alla prima
parte della lettera . Esso però si raccorda con il capitolo precedente ,
di cui riprende l'espressione d'apertura riferita al mittente : «Vi esor­
to dunque , io , il prigioniero del Signore» (4,1a; cf. 3 , 1 a ) . Il passag­
gio all'esortazione che riguarda la prassi , peripatèin , avviene pro­
gressivamente . Infatti la prima sezione del nostro capitolo ripropone
il tema dell'unità, enòtés, già anticipato nei capitoli precedenti . L'u­
nità ora assume una dimensione ecclesiale, in quanto si manifesta e
realizza in «un solo corpo e un solo spirito» come risposta alla chia­
mata di Dio all'unica speranza. Questa unità corrisponde alla pro­
fessione di fede battesimale , anche se le sue radici vanno ricercate
nell'azione unificante di Dio «Padre di tutti , che è al di sopra di tutti ,
agisce in tutti ed è presente in tutti» ( 4, 1-6 ) .
La seconda sezione sviluppa il tema dell'enòtés , che deriva dal­
l'attivazione convergente e armonica di tutti i doni fatti a ciascuno
da Dio per mezzo di Cristo . L'argomentazione di carattere esposi­
tivo si svolge in tre momenti :

a) annuncio della donazione della «grazia» per mezzo di Cristo ,


4,7;
b ) motivazione biblica ( Sal 68 , 19 ) del ruolo di Cristo asceso al
di sopra di tutti i cieli per riempire ogni cosa , 4,8-10;
c) donazione costitutiva dei compiti che servono per attivare la
diakonìa di tutti i credenti per l'edificazione e la crescita ar­
monica del corpo di Cristo , 4 , 1 1-16.

Il terzo momento è il più sviluppato . Per mezzo di una serie di


frasi subordinate si pone in risalto lo scopo della donazione divina
fatta a ciascuno per mezzo di Cristo: «edificare il corpo di Cristo» e
«arrivare all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio» .
Questa meta coincide con l'ideale dell'uomo «perfetto», che corri­
sponde alla misura definita dalla «pienezza» di Cristo (4, 12-13 ) . Do­
po un intermezzo , che fa leva sul contrasto tra l'«uomo maturo» e i
«fanciulli» instabili , si riprende il tema della «crescita» del corpo , di

161
cui Cristo è il capo unificante e dinamico (4, 14-16) . Il termine che fa
da guida e dà unità all'insieme dell'argomentazione con intenti pare­
netici è l'agàpe. Esso sta all'inizio e alla conclusione dell'ultima fra­
se , in cui si presentano e raccomandano la crescita di tutto il corpo e
l'edificazione di ciascuno (4, 15. 16) .
L'ultima parte del capitolo quarto di carattere più decisamente
parenetico traccia il programma di vita pratica. La parenesi fa leva
sull'antitesi che in parte riecheggia quella del capitolo secondo . Allo
stile di vita di un tempo , caratteristico dei pagani , «estranei alla vita
di Dio>> , si oppone ora lo stile di vita proprio di chi ha «imparato Cri­
sto>> (4, 17-19 .20-21). Il progetto di vita viene presentato per mezzo
di tre espressioni , che giocano ancora sull'effetto del contrasto : «de­
porre l'uomo vecchio>> , «rinnovarsi nello spirito>> e «rivestire l'uomo
nuovo>> ( 4,22-24) . Questo invito a «deporre>> la vecchia esistenza ,
che si corrompe correndo dietro alle passioni ingannatrici , si concre­
tizza in una serie di indicazioni pratiche che riguardano i rapporti in­
terpersonali e comunitari (4,25-32) .
La parenesi continua nel capitolo quinto, dove il progetto di vita
dei «figli>> amati che devono imitare Dio , viene condensato in una
formula programmatica: «camminate nell'agàpb> (5 ,2a) . Esso ha la
sua motivazione nell'amore di Cristo che «ha dato se stesso per noi»
(5 ,2b) . La stessa motivazione si trova all'interno della catechesi sul
rapporto tra Cristo e la chiesa , che viene presentato come fonte e
modello delle relazioni sponsali (5 ,25b) . Questo consente di riunire
in un solo quadro programmatico le diverse sezioni dell'ampia pare­
nesi che abbraccia tutti gli ambiti della vita personale , familiare e co­
munitaria.
Nella prima parte del capitolo quinto si sfrutta ancora l'effetto
dell'antitesi già nota dal capitolo secondo . La prassi viziosa dei pa­
gani «idolatri» non solo li esclude dal regno di Cristo e di Dio , ma at­
tira il giudizio di Dio sui «figli ribelli» (5 ,3-6) . Da tale situazione di
«tenebre» sono emersi i credenti come «figli della luce» illuminati da
Cristo . Su questo fatto fa leva l'invito a rompere ogni legame con il
mondo dell'oscurità (5 ,7-14) . Alle opere infruttuose delle tenebre si
contrappone il «frutto della luce che consiste in ogni bontà , giustizia
e verità». L'antitesi «luce/tenebre» si prolunga in quella di «sapien­
za/stoltezza>> . La sapienza consiste nella ricerca della volontà del Si­
gnore e nell'esperienza dello Spirito , che si esprime nell'intensità
della comunicazione e della preghiera ecclesiale (5 , 15-20) .
L'ultima parte del capitolo quinto e i primi nove versetti del se­
sto riportano il «codice dei doveri familiari» (5,21--6,9). Esso viene

162
introdotto da un invito programmatico che si appoggia sul participio
hypotassòmenoi: «siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cri­
sto» (5 ,21 ) . Segue la proposta dei «doveri» per i diversi membri del­
la famiglia interpellati nei rispettivi ruoli e reciproci rapporti . Ogni
invito è motivato in modo più o meno ampio con il rimando a Cristo
o al Signore . Ecco un quadro complessivo del «codice dei doveri» fa­
miliari:
a) dovere delle mogli in rapporto ai mariti , 5 ,22a ;
- motivazione , 5 ,22c-24;
b ) dovere dei mariti in rapporto alle mogli , 5 ,25a;
- motivazione , 5 ,25b-32 ;
- conclusione dei doveri sponsali , 5 ,33 ;
c) dovere dei figli in rapporto ai genitori , 6 , 1 a ;
- motivazione , 6, 1b-3 ;
d ) dovere dei genitori in rapporto ai figli , 6,4ab ;
- motivazione implicita, 6,4c ;
e ) dovere degli schiavi in rapporto ai padroni , 6 ,5ab ;
- motivazione , 6,5c-8 ;
f) dovere dei padroni in rapporto agli schiavi, 6 ,9a ;
- motivazione , 6,9b.
In questo schema risalta l'ampio spazio dato alla motivazione ri­
spetto alla proposta del «dovere». La motivazione del dovere dei
mariti assume la forma di una catechesi sull'amore di Cristo per la
chiesa . Essa in parte è anticipata da quella relativa al dovere delle
mogli , dove Cristo è presentato come «capo» della chiesa suo «cor­
po>> . Ma nel caso dei mariti la presentazione dell'amore di Cristo per
la chiesa si sviluppa in una serie di proposizioni introdotte dalla par­
ticella hìna ripetuta tre volte (5 ,26a.27ab ) . Alla fine risuona l'invito
in forma applicativa: «Così i mariti hanno il dovere di amare le mo­
gli come il proprio corpo , perché chi ama la moglie ama se stesso»
( 5 ,28 ) . Quindi prosegue la riflessione sul tema del «corpo», ma so­
stituendovi il termine «carne>> , sàrx , che prepara il rimando al testo
biblico di Gen 2 ,24: «per questo l'uomo lascerà suo padre e sua ma­
dre e i due saranno una carne sola , èis sàrka mìan» ( 5 ,31 ) . Nel breve
commento applicativo il mysi�rion , chiamato «grande» , è riferito al
rapporto di Cristo con la chiesa ( 5 ,32 ) . Esso consente di fondere in­
sieme i tre segmenti di questo brano : quello sponsale , cristologico
ed ecclesiale . Essi convergono nel tema dell'unico corpo .
La formula di stile parenetico «del resto, toù loipoù» , introduce
la sezione del «combattimento spirituale» (6 , 10-20 ) . Essa è caratte-

163
rizzata da una serie di imperativi che ne scandiscono lo sviluppo . Il
primo è programmatico : «attingete forza nel Signore e nel vigore
della sua potenza» (6,10) . Il secondo introduce il tema vero e pro­
prio : «Rivestitevi dell'armatura di Dio» (6,1 1a) . Una breve motiva­
zione fa leva sullo scopo e la qualità della lotta (6, 1 1 b-12) . Questa
interruzione costringe a riprendere con un nuovo imperativo e la re­
lativa motivazione : «Prendete perciò l'armatura di Dio» (6 , 13). Infi­
ne il quarto imperativo - «state dunque ben fermi» - offre lo spunto
per presentare in dettaglio l'equipaggiamento militare : corazza, cal­
zatura, scudo , elmo . L'invito a impugnare la «spada dello Spirito ,
che è la parola di Dio», chiude la presentazione della panoplìa di
Dio , ispirata al modello biblico (6, 14-17) . La serie di participi con
valore imperativo si prolunga nell'invito alla preghiera vigilante e
perseverante per tutti i «santi» e anche per Paolo , l'ambasciatore del
vangelo in catene , perché possa annunziarlo con franchezza e auda­
cia (6,18-20) .

2. L'ORIGINE LETTERARIA DI EFESINI

La Lettera agli Efesini nel canone neotestamentario fa parte del


gruppo delle lettere paoline . Perciò il confronto con l'epistolario
paolino è indispensabile per ricostruire la storia letteraria di Efesini .
M a questo rapporto con l a tradizione paolina non esaurisce l'albero
genealogico della nostra lettera. Essa ha dei legami anche con gli al­
tri scritti del canone cristiano , in particolare con l'opera lucana e la
Lettera agli Ebrei . Inoltre la nostra lettera è debitrice a livello lessi­
cale , stilistico e tematico alla tradizione biblica nelle sue diverse
espressioni . La ricerca sulla storia letteraria di Efesini prenderà av­
vio dal confronto con gli scritti dell' AT per concludersi con quelli
dell'ambito paolino e in particolare con la Lettera ai Colossesi .

a) Il rapporto di Efesini con l'A T1°


Per l'autore della Lettera agli Efesini il «mistero di Cristo» non è
stato fatto conoscere agli uomini delle precedenti generazioni . Tut­
tavia per parlare di questo evento egli fa ricorso a termini , espressio-

10
A .T. LINCOLN , «The Use of OT in Ephesians», in JSNT 14(1982) , 16-57 ;
BARTH , «Traditions in Ephesians>>.

164
ni e categorie desunti dalla Bibbia, per lo più nella versione greca
dei «Settanta» . In una decina di casi è riportato un versetto intero o
una frase della Bibbia. Solo in Ef 4,8 il testo del Sal 68 , 19 (67 , 1 9:
LXX) è introdotto dalla formula : «Perciò dice , diò lègei» . Con la
stessa formula in Ef 5 , 14 è citato un frammento poetico che , nono­
stante le affinità con diversi testi in Isaia, non può essere considerato
una citazione biblica (cf. Is 26, 1 9 ; 5 1 , 17 ; 52, 1 ; 60, 1 ) . Tutti gli altri
testi biblici sono inseriti nel testo della lettera senza formule di cita­
zione . Perciò non è sempre facile distinguere le «citazioni» dirette ,
da quelle indirette o allusioni che spesso si riducono all'uso del fra­
sario biblico .
In ogni caso una prima serie di testi biblici utilizzati dal nostro
autore riguardano l'intronizzazione celeste e la signoria di Gesù ri­
sorto . Oltre al Sal 68, 19 in Ef 4,8, si fa riferimento al Sal 8,7 in Ef
1 ,22, dove si dice : « Tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costitui­
to su tutte le cose a capo della chiesa». Un'allusione al Sal 109/1 10,1
si può intravedere sullo sfondo dell'espressione : «lo fece sedere alla
sua destra nei cieli» ( 1 ,20c) . La lettura di questi salmi si inserisce in
una tradizione ermeneutica cristiana che li rilegge in chiave cristolo­
gica. Questo forse spiega la citazione del Sal 67/68, 19 che nella for­
ma di Ef 4,8 non corrisponde né al testo originale ebraico , né alla
versione dei Settanta. Infatti la citazione del salmo è seguita da un
breve commento che lo rilegge in rapporto alla «ascesa» e «discesa»
di Cristo (4,9-10) .
Un secondo gruppo di testi biblici è connesso con il ruolo di Cri­
sto pacificatore universale che «è venuto ad annunziare pace a voi
che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini» (2 , 17) . Quest'ul­
tima frase combina insieme alcuni termini ed espressioni che si tro­
vano in Is 52 ,7; 57 , 19 e Zc 9 , 10. La dichiarazione iniziale dell'inno :
«Egli è la nostra pace», può richiamare i testi di Is 9 ,6 e Mi 5 ,4 sul
re-messia portatore di pace . Anche l'immagine della «pietra angola­
re» riferita a Cristo Gesù potrebbe alludere al testo di Is 28,16, che
assume una valenza messianica nella lettura cristiana (1Pt 2,6) .
I rimandi più frequenti ai testi del primo testamento si trovano
nella parte parenetica della lettera . Due testi, uno dai Profeti e uno
dai Salmi , sono introdotti nell'esemplificazione dello stile di vita del­
l'«uomo nuovo» . Il testo di Gen 2,24, sulla coppia primordiale , con­
clude la catechesi sul rapporto di Cristo con la chiesa. Altri due testi
dal Pentateuco, Toràh , giustificano il dovere di obbedienza dei figli
verso i genitori . Infine un montaggio di frasi desunte dai testi sapien­
ziali e profetici , soprattutto da Isaia, viene utilizzato per presentare
l'armatura di Dio. Ecco in quadro riassuntivo l'uso della Bibbia

165
nella sezione parentica di Efesini , escluso il testo già riferito di
Ef 4,8:
Efesini Antico Testamento
4,25: «Dite ciascuno la verità Zc 8,16(LXX)
al proprio prossimo»;
4,26: «Nell'ira non peccate» ; Sal 4,5(LXX)
5,3 1 : «Per questo l'uomo lascerà suo padre e Gen 2,24
sua madre e i due formeranno una carne
sola» ;
6,2-3: «Onora tuo padre e tua madre» ; Es 20,12; Dt 5,16
«Perché sia felice e goda di una vita lun-
ga sopra la terra»;
6, 14: «Cinti i fianchi con la verità, rivestiti Is 1 1 ,5; 59, 17;
con la corazza della giustizia»; Sap 5 , 18
6,15: «ai piedi lo zelo per annunziare il van- Is 52,7; Na 2,1
gelo»;
6,17: «I'elmo della salvezza e la spada dello Is 1 1 ,4; 49,2; 59,17;
Spirito che è la parola di Dio». Os 6,5.

Più diffuse , ma anche più incerte , sono le reminiscenze del frasa­


rio biblico . Sono circa una dozzina i testi in cui ricorrono espressioni
che hanno il loro corrispondente nella Bibbia dei «Settanta» : «spiri­
to di sapienza» (Ef 1 , 17//Is 1 1 ,2; Sap 7,7) ; «Dio che ha creato tutto»
(Ef 3 ,9//3Mac 2 ,3) ; «sballottati dalle onde , agitati da ogni vento» (Ef
4,14//ls 57,20) ; «in sacrificio di soave odore» (Ef 5 ,2//Sal 39 ,7; Es
29,18) ; «i giorni sono cattivi» (Ef 5 , 16//Am 5 , 13) ; «non ubriacatevi
di vino» (Ef 5 , 18//Pr 23 ,31). Altri testi di Efesini rimandano a temi e
categorie bibliche non sempre connesse con citazioni precise . A
questi prestiti si devono aggiungere quelli di carattere lessicale e sti­
listico già rilevati nell'analisi linguistica della nostra lettera.
L'insieme di questo quadro sul rapporto tra il testo di Efesini e il
canone biblico dell'AT dà l'impressione che l'autore non solo vi at­
tinge abbondantemente, ma egli si innesta sulla tradizione biblica
per fondarvi alcuni dei temi portanti della sua esposizione. Anche se
normalmente i testi biblici non sono introdotti dalle formule usuali
di citazione e manca del tutto quella di «compimento» non si può di­
re che in Efesini sia assente l'idea di promessa e un'implicita teolo­
gia del compimento . 1 1 La ricorrenza del termine epaggelìa , «promes-

11
M . BouTTIER, L ' Épftre de Saint Pau/ aux Ephésiens, 36, dice che in Efesini le
«citazioni o allusioni non servono molto a una teologia della promessa e del compi-

166
sa» , associato allo «Spirito santo» (l ,13), ai «patti di Israele» (2 , 12)
o all'annuncio del vangelo di Cristo (3 ,6) , è rivelatrice della tensione
dinamica del processo salvifico o di quella che l'autore chiama la oi­
konomìa predisposta da Dio per essere pienamente rivelata e attua­
ta in Cristo Gesù .

b) Il rapporto di Efesini con il NT

L'interpretazione cristologica dei Sal 8,7 ; 67/68 , 19 e 109/110,1


nella Lettera agli Efesini si inserisce nell'alveo della tradizione neo­
testamentaria, in particolare dell'opera lucana, della Lettera agli
Ebrei e dell'epistolario paolino in genere . Ma un'analisi più accurata
delle affinità non solo lessicali e stilistiche , ma soprattutto temati­
che , fa capire che il nostro scritto si colloca a un incrocio di correnti
che vanno dai Vangeli fino alle lettere pastorali e cattoliche .

La Lettera agli Efesini e il quarto Vangelo


.
. Non si riscontrano palesi contatti tra lo scritto di Efesini e gli at­
tuali Vangeli sinottici di Matteo e Marco , se non nella condivisione
del patrimonio di fede comune che caratterizza gli scritti raccolti nel
canone cristiano . Invece si possono trovare dei riscontri della Lette­
ra agli Efesini nel quarto Vangelo sia a livello lessicale e stilistico, sia
sotto il profilo tematico . In un quadro sinottico si possono accostare
questi testi dei due scritti:

Efesini Quarto Vangelo


1 ,4: «ci ha scelti prima della creazione 13,18; 1 5 , 16; 17 ,24
del · mondo» ;
2,2: «secondo questo mondo , secondo 12,31
il principe delle potenze del­
l'aria» ;
2,8: «è dono di Dio» ; 4,10
3 , 17: «che il Cristo abiti per la fede nei 14 ,23
vostri cuori» ;

mento come presso Paolo o Matteo». Questo è vero solo nel confronto con i due sud­
detti autori del NT, ma ciò non esclude che Efesini utilizzi i testi dell'A T nel contesto
della «sua teologia» della promessa che è diversa da quella di Paolo e Matteo.

167
4,5 : «Un solo Signore , una sola fede» ; 10,16
4,7: «secondo la misura del dono di 3,34
Cristo» ;
4 , 10: «Colui che discese è l o stesso che 3 , 1 3 ; 6 ,62
anche ascese al di sopra di tutti i
cieli»;
5 ,8: «Se un tempo eravate tenebre , 12 ,35-36
ora siete luce nel Signore ;
Comportatevi come figli della lu­ ( l Gv 1 ,5-7)
ce» ;
5,11: «Non partecipate alle opere in­ 3,20-21
fruttuose delle tenebre , ma piut-
tosto condannatele apertamen­
te» ;
5 , 13 : «Tutte queste cose che vengono 3 ,20-21
apertamente condannate sono ri-
velate dalla luce , perché tutto
quello che si manifesta è luce»;
5 ,20: «Nel nome del Signore Gesù» ; 16 ,23-24
5 ,26: «Purificandola per mezzo del 13 , 1 1 ; 15 ,3
lavacro accompagnato dalla
parola» ;
6,12: «La nostra battaglia infatti non è 14 ,30
contro creature fatte di carne e
sangue , ma contro i principati e le
potestà , contro i dominatori di
questo mondo di tenebra» .

Da questo confronto si intravede una certa convergenza dei due


testi su alcuni temi attenenti la cristologia e soteriologia . In partico­
lare il prologo giovanneo (Gv 1 , 1-18) e la preghiera che chiude il
«discorso di addio>> (Gv 17,1-26) sono i testi più vicini per stile e te­
mi ad alcune sezioni di carattere celebrativo della nostra lettera (l ,3-
14.20-23). Non è casuale che solo nel prologo giovanneo ricorrano i
termini plèr6ma e chàris in rapporto al lògos, nel quale si contempla
la gloria dell'unigenito dal Padre pieno di grazia e verità, la cui pie­
nezza si riversa sui credenti come grazia traboccante (Gv 1 , 14. 16) .
Anche il tema giovanneo dell'unità dei credenti associato a quello
dell'amore è intrecciato al ruolo e alla figura del Figlio amato e glo­
rificato dal Padre , dal quale ha ricevuto potere su ogni essere umano
(Gv 17,1-5 . 1 1b.20-26) .

168
Anche il ruolo di Cristo pacificatore e unificatore per mezzo del­
la sua carne o della croce celebrato in Ef 2, 14-18 può essere accosta­
to a quello del Cristo giovanneo che con la sua morte unisce i divisi
(Gv 10,16) , raccoglie i dispersi (Gv 1 1 ,45) e innalzato da terra attira
tutti a sé (Gv 12,32) . Nella stessa prospettiva si colloca l'antitesi «lu­
ce/tenebre» che in Ef 5 ,8-14, come nel quarto Vangelo , si intreccia
con la dimensione cristologica e soteriologica , ma ha anche risvolti
etici e parenetici (Gv 3,20-21 ; 8,12; 12,35-36) .
Ma nonostante queste affinità e possibili convergenze tra i testi
del quarto Vangelo e la Lettera agli Efesini si devono rilevare le di­
versità e dissonanze . La tematica caratteristica di Efesini, connessa
con il myst�rion , il «corpo di Cristo» e l'ekklesìa , non ha corrispon­
denti nel quarto Vangelo . Ma è soprattutto l'impostazione di fondo
che diversifica i due scritti, in rapporto con la diversa situazione vita­
le dei destinatari: più cristologica teologale quella di Giovanni , più
ecclesiologica e parenetica quella di Efesini . Perciò anche le loro
convergenze lessicali e tematiche non possono essere sopravvaluta­
te . Senza pensare a un rapporto letterario diretto esse si possono
spiegare sulla base della comune tradizione e grazie a un processo di
osmosi tra le diverse correnti della primitiva teologia cristiana.

La Lettera agli Efesini e l'opera lucana

Tra le ipotesi relative all'autore di Efesini vi è anche quella di chi


considera Luca come possibile candidato. Le ragioni non mancano .
Tra la Lettera agli Efesini e i due libri - Vangelo e Atti degli apostoli
- che costituiscono l'opera lucana si rilevano delle analogie lessicali
e di stile . Almeno una decina di termini si trovano nel NT solo nel
testo di Efesini e negli scritti di Luca; 26 su 30 vocaboli di Efesini as­
senti nelle lettere autentiche di Paolo compaiono nell'opera lucana.
Alcune espressioni , anche se non sempre materialmente identiche ,
ricorrono nelle due serie di testi :

Ef Le At
1 , 13: «la parola della verità, il van- 13 ,26
gelo della vostra salvezza» ;
1 , 17: «il Padre della gloria» ; 7,2
1 , 18: «l'eredità tra i santi»; 20,32
2,5a: «da morti che eravamo . . . 15 ,24.32
ci ha fatto rivivere con Cri-
sto» ;

169
Ef Le At
2,5c.8: «salvati per grazia» ; 15 , 1 1
2,17: «a voi che eravate lontani» ; 2,39
4,24: «nella santità e giustizia» ; 1 ,7512
4,2: «con ogni umiltà» ; 20, 19
5 ,8: «figli della luce» ; 16,8
6,9: «non c'è preferenza di perso­ 10,34
ne presso di lui (il Signore)» ;
6 , 14: «cinti i fianchi. . . » ; 12 ,35
«per propagare i l vangelo di 2,14 10,36
pace»;
6,18: «pregate incessantemente . . . »; 18,1
«vigilando a questo scopo» ; 21 ,36
6,19: «mi sia data una parola fran­ 2,29 ; 4,29
ca . . . possa annunciarlo con
franchezza» .
Alcune di queste consonanze dipendono dalla comune matrice
biblica . Altre invece riflettono una convergenza tematica che tocca
la visione della storia di salvezza e la costituzione della chiesa . In
questa prospettiva per l'autore del terzo Vangelo e degli Atti degli
apostoli hanno un ruolo importante l'annuncio del vangelo ai popo­
li , l'azione e presenza dello Spirito santo , la testimonianza degli apo­
stoli, il ministero dei pastori ed evangelisti . Questi interessi lucani
per certi aspetti incrociano quelli della Lettera agli Efesini . A questo
elenco si può aggiungere anche il tema dell' «ascensione» e «introniz­
zazione» celeste di Gesù Cristo , connesso con la comunicazione dei
doni spirituali per la vita della chiesa (Ef 1 ,21-23 ; 4,7-13//At 2 , 1 -47 ;
20,28) . 13 Ma anche in questo caso , nonostante l'innegabile affinità
lessicale e tematica , si deve sottolineare la diversa prospettiva sia
della salvezza sia della nascita e crescita della chiesa: storica e geo­
grafica nell'opera di Luca , trascendente e interiore in Efesini .

Efesini e la prima Lettera di Pietro

L'affinità di Efesini con la prima lettera posta sotto il nome e


l'autorità dell'apostolo Pietro si può costatare a un duplice livello :

1 2 La stessa espressione ricorre nel libro della Sapienza 9,3; cf. Tt 2, 12.
13 Nell'interpretazione targumica il Sal 67/68, 19 è associato alla festa ebraica di
Pentecoste, in cui si commemora il dono della legge al Sinai . Questo fatto facilitereb­
be la rilettura cristologica di Ef 4,8-10 che allude allo stesso evento (F. MoNTAGNINI ,
Lettera agli Efesini, 259-261).

170
lessicale e tematico . Sono circa undici i termini di Efesini senza ri­
scontro nell'epistolario paolino , e che invece si trovano nella prima
Lettera di Pietro . Altrettanto impressionante è il parallelismo del
frasario e delle relative concezioni nei due scritti :
Efesini Prima Pietro
1 ,3 : «Benedetto sia Dio , Padre del 1 ,3
Signore nostro Gesù Cristo . . . » ;
1 ,4: «p.r ima della creazione del 1 ,20
mondo»;
1 , 14: «in attesa della completa reden­ 1 ,4
zione di coloro che Dio si è ac­
quistato . . . » ;
1 ,20b-21 : «lo fece sedere alla sua destra 3 ,22
nei cieli , al di sopra di ogni
principato e autorità, di ogni
potenza e dominazione» ;
2,18: «Per mezzo di lui possiamo pre­ 3 , 1 8b
sentarci . . . » ;
2,20.22: «avendo come pietra angolare 2,4-6
lo stesso Cristo Gesù . . . in lui
anche voi insieme con gli altri
venite edificati per diventare di­
mora di Dio . . . » ;
3 ,5-6: «Questo mistero non è stato 1 , 10-12
manifestato agli uomini delle
precedenti generazioni come al
presente è stato rivelato ai suoi
santi apostoli e profeti per mez­
zo dello Spirito» ;
4, 17-18: «Non comportatevi più come i 1 , 14-18; 4,2-3
pagani . . . a causa dell'ignoranza
che è in loro» ;
5 ,8 : «Se un tempo eravate tenebre , 2,9b
ora siete luce nel Signore» ;
5 ,22: «Le mogli siano sottomesse ai 3,1
mariti. . . » ;
5 ,25 : «Perciò bando alla menzo­ 2,1
gna . . . » ;
5 ,3 1 : «Scompaia . . . ogni sorta d i mali­ 2,1
gnità» ;
6 , 12: «La nostra battaglia . . . è contro 5 ,8-9
gli spiriti del male».
171
La singolare affinità tra Efesini e la prima Lettera di Pietro va in­
scritta nell'orizzonte della primitiva catechesi e parenesi battesima­
le . Su questo terreno comune si sviluppa l'esortazione dialettica che
giuoca sull'antitesi tra un «passato» di corruzione e la «presente»
condizione di vita postbattesimale . Ma nella catechesi e parenesi
della prima Lettera di Pietro mancano proprio gli elementi distintivi
del discorso di Efesini: la rivelazione e attuazione del mistero in Ge­
sù Cristo , l'unificazione dei pagani nel corpo ecclesiale , di cui Cristo
è il capo . Sintomatica a questo riguardo è la diversa valenza del ter­
mine pàroikoi: in Ef 2 , 19 i pagani non sono più «Stranieri e ospiti» ;
in 1Pt 2 , 1 1 invece i battezzati sono interpellati come «stranieri e pel­
legrini» rispetto al loro contesto storico e sociale .

c) Efesini e l'epistolario paolina


La Lettera agli Efesini da sempre è inserita nel corpus degli scrit­
ti posti sotto il nome di Paolo . Questa appartenenza non dipende so­
lo da un fatto estrinseco - Paolo si autopresenta nel prescritto e al­
tre due volte nel seguito della lettera - ma si radica nella sua stretta
affinità lessicale e tematica con l'insieme dell'epistolario paolino .
I 36 hapaxlegòmena paolini della nostra lettera sono una carta di
identità di Efesini che può rivendicare a pieno titolo il diritto di cit­
tadinanza nella tradizione paolina. In questa indagine prenderò in
considerazione dapprima il rapporto di Efesini con il gruppo delle
lettere protopaoline , e poi quello con le cosiddette «deuteropaoli­
ne» , compresa la Lettera agli Ebrei .

Efesini e le lettere protopaoline

Un primo confronto tra la Lettera agli Efesini e le sette lettere


paoline considerate autentiche o dette anche «protopaoline» prende
in considerazione i rispettivi passi paralleli . Spesso si tratta di corri­
spondenze lessicali o di espressioni simili , che non sempre implicano
la piena consonanza tematica . In ogni caso tenendo presenti i riman­
di fatti ai passi paralleli - al margine o in calce - nelle edizioni criti­
che del NT si hanno questi risultati: 14

14 I numeri della prima riga si riferiscono al Greek New Testament della United
Bible Societies, 4" edizione ; la seconda riga riporta il calcolo dei passi paralleli citati
in margine al NESTLE-ALAND, Novum Testamentum graece, 27" edizione .

172
Rm J Cor 2Cor J Ts Gal Fm Fil
23 15 9 7 6 5 2
(54) (32) (18) (14) (19) (10)

Nonostante la differenza di passi paralleli , derivante dalla diver­


sità dei criteri adottati , risulta evidente la netta preminenza della
Lettera ai Romani , seguita dalla prima Lettera ai Corinzi . La massi­
ma concentrazione dei passi paralleli si ha nei capitoli secondo ,
quarto e quinto di Efesini .
Meritano di essere segnalate alcune delle convergenze lessicali e
tematiche tra il testo di Efesini e le protopaoline :

Efesini Rm J Cor 2Cor Gal


l ,9: il mistero 16 ,25
1 , 10 : la pienezza dei tempi 4,4
1 , 14: Spirito Santo
«caparra» 1 ,22 ;
5,5
1 ,23 : corpo di Cristo 12,5 12,27
2,5 : morti e vivificati
in Cristo 6,13
2,8: salvati per grazia
o per fede 2,16
2,9: non dalle opere
nessuno si vanti 3 ,28 1 ,29
2,12: promesse e
alleanze dell'AT 9 ,4
2 , 1 5 : creazione
di un uomo nuovo 5,17
2 , 1 8 : accesso al Padre 5 ,2
2,21 : tempio di Dio
o del Signore 3,16 6,16
3 ,8 : grazia data a Paolo 15 ,9-10
3 , 8 : vangelo ai pagani 1 , 16
3 , 9 : mistero rivelato 16,25
3 , 10: sapienza di Dio 1 1 ,33
3 , 12: fiducia in Dio 5 ,20
4,4: un solo corpo 12,5
4,5 : un solo Signore 8,6
4,6: un solo Padre 12,6

1 73
Efesini Rm J Cor 2Cor Gal
4,7: doni spirituali 12,3.6 12, 1 1
4,11: ministeri 12 ,28
4 , 14: non più bambini 14,20
4,17: peccato dei pagani 1 ,21
4 ,22: uomo vecchio 6,6
4,23: rinnovarsi nella mente 12,2
5 ,2 : camminare nell'amore 14,15
5 ,2: Cristo ci ha amato
e ha dato se stesso 2,20
5,5: elenco d i vizi 6,9-10
5 ,6: ira di Dio 1 , 18
5 , 10: ciò che è
gradito a Dio 12,2
5,11: non partecipate 16,17
5 , 14: Cristo ti illuminerà 13 , 1 1
5 , 17: la volontà di Dio 12,2
5 ,23 : marito capo della moglie 1 1 ,3
5 ,27 : chiesa sposa 1 1 ,2
5 ,30: membra del corpo
di Cristo 12,5 6 , 1 5 ; 12,27
6,8: giudizio di Dio 5 , 10
6,11 : armatura di Dio 13 , 12 10,4
6,20: ambasciatore del vangelo 5 ,20

Da questo quadro risulta che alcune espressioni e concezioni ti­


piche di Efesini sono presenti nelle lettere protopaoline : la rivelazio­
ne del «mistero» in Cristo ; il «Corpo di Cristo» riferito alla chiesa ; la
costruzione della chiesa tempio di Dio ; il ruolo di Paolo , per grazia
di Dio, di essere evangelizzatore dei pagani ; i doni spirituali e i mini­
steri; l'antitesi uomo vecchio e nuovo ; la dialettica della parenesi
battesimale ; la ricerca della volontà di Dio concentrata nell'amore.
Va però subito precisato che il tema parallelo della «rivelazione
del mistero» nella Lettera ai Romani si trova nella dossologia finale ,
Rm 16,25 , la cui appartenenza al testo originario della lettera è in­
certa. 1 5 Gli altri temi paolini paralleli o corrispondenti a quelli della
Lettera agli Efesini assumono nel contesto di Efesini una diversa

15 B . M . METZGER , A Textual Commentary on the Greek NT, 540.

174
accentuazione . Il termine pl'èr6ma , che ricorre sei volte nelle proto­
paoline , quattro volte in Efesini e due in Colossesi , solo in Ef l ,23
ha una connotazione ecclesiologica . Anche il termine soma , «cor­
po» , con valenza ecclesiologica, ha i suoi precedenti nell'epistolario
autentico di Paolo . Ma rispetto alle lettere protopaoline, dove l'e­
spressione «corpo di Cristo» è connessa con l'esperienza battesima­
le , eucaristica e dei doni spirituali , in Efesini essa designa una realtà
ecclesiale astratta con dimensioni universali e cosmiche .
Questo viene confermato dall'uso di ekklesìa : nove volte in Efe­
sini , contro le cinque di Romani e le tre di Galati . La «chiesa» nelle
lettere storiche di Paolo indica la comunità formata dai credenti di
una località . Anche l'espressione «chiesa/e di Dio» è riferita alle co­
munità di Gerusalemme o della Giudea o all'insieme delle comunità
storiche. Nel nostro testo la «chiesa» , concepita come realtà unica e
universale , diventa l'ambito in cui si manifesta e realizza la signoria
universale di Gesù Cristo . Essa infatti rientra nell'economia della ri­
velazione del mistero fatto ai santi «apostoli e profeti». Questo
gruppo idealizzato , diventa assieme a Cristo , «pietra angolare» , il
fondamento sul quale si edifica la comunità dei credenti (2,20; 3 ,5) .
Anche la cristologia e soteriologia di Efesini , che si radicano nel­
l'epistolario storico di Paolo , assumono nuovi accenti . Il cuore della
cristologia efesina è costituito dalla risurrezione e intronizzazione
celeste di Gesù Cristo . Egli è il Signore universale che in alcuni casi
prende il posto di Dio . La costituzione dei ministeri fondativi della
chiesa che in lCor 12,28 risalgono a Dio , in Ef 4, 1 1 sono attribuiti
alla dispensazione del Cristo risorto e asceso al cielo . Egli infatti è il
«capo» della chiesa e ne garantisce l'unità e vitalità. In funzione di
questa prospettiva ecclesiologica è ripensata anche la soteriologia
come opera di pacificazione e unificazione dei due gruppi umani
ostili e separati (2, 14-16) .
Per sottolineare l'efficacia di quest'azione salvifica di Cristo si
tende a far coincidere l'evento storico fondante - morte e risurrezio­
ne di Cristo - con l'esperienza ecclesiale . Il rischio è che quest'ulti­
ma risucchi la prospettiva escatologica . Non è casuale che nella Let­
tera agli Efesini non si parli della parousìa o venuta finale di Cristo .
Quella che era la tensione escatologica nelle prime lettere di Paolo
ora viene trascritta in una divaricazione spaziale tra «cielo» e «ter­
ra» . I credenti sono già benedetti nei cieli in Cristo .
Dunque la nostra lettera si innesta sul tessuto lessicale e temati­
co dell'epistolario storico paolina , ma lo ripensa in funzione del
nuovo contesto . È sintomatico a questo riguardo l'uso dei termini
paolini dikaiosyné, «giustizia» , dìkaios, che nelle lettere storiche

175
sono generalmente associati all' azione salvifica di Dio o di Cristo .
Questi vocaboli nelle quattro ricorrenze di Efesini designano un
comportamento «giusto» , virtuoso , corrispondente alla volontà di
Dio (4,24; 5,9; 6 , 1 . 14) . Anche la terminologia della «legge» assume
una connotazione «neutra» : essa contraddistingue , come la circonci­
sione , l'Israele storico (2 , 1 1 . 15 ) . Parimenti le «opere» , sottratte al
regime della legge , diventano le «opere buone)) predisposte da Dio
per essere praticate dai credenti che sono «creatura)) di Dio (2,8-10) .

Efesini e le lettere deuteropaoline

Anche per questo raffronto prendo lo spunto dal rilevamento


dei passi paralleli segnalati nelle edizioni critiche del testo greco del
NT. Il confronto della Lettera agli Efesini con il gruppo delle deute­
ropaoline dà questi risultati:

Col 2 Ts l Tm 2 Tm Tt Eb
81 3 1 2 5 14
(86) (7) (6) (16)

Lo scarto tra le due serie di passi paralleli è minimo . Quello che


invece salta immediatamente agli occhi è la posizione straordinaria
della Lettera ai Colossesi . Si può dire che quasi per ogni versetto di
Efesini c'è il corrispondente di Colossesi. 16 Un rilievo a parte va fat­
to anche per la Lettera agli Ebrei , che si distacca sia dal gruppo delle
pastorali , sia dalla seconda Lettera ai Tessalonicesi.

Efesini e Colossesi

Le due lettere sono convergenti sotto tre aspetti: lessicale , stili­


stico-letterario e tematico . Si calcola che Efesini ha il 26,5% dei ter­
mini in comune con Colossesi. Nell'analisi linguistica si è costatato
che 10 vocaboli di Efesini sono hapaxlegòmena che si trovano solo in
Colossesi , senza corrispondenti negli altri scritti del NT. Ma un'ana­
lisi dei testi paralleli tra le due lettere rivela una situazione diversifi­
cata e complessa.

16
Un raffronto comparativo dei diversi computi dei passi paralleli rilevati nelle
diverse edizioni e commentari delle due lettere ai Colossesi ed Efesini , è riportato da
MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 23 , nota 62; cf. A.T. LINCOLN , Ephesians (WBC
42), Dallas 1990, XLVIII.

176
Si può costatare che in almeno due casi vi è quasi una perfetta
corrispondenza lessicale e tematica · tra i due testi:

Ef 5 , 19-20 Col 3, 16b-17


«intrattenendovi a vicenda con «ammaestratevi e ammonitevi
salmi, inni, cantici spirituali, con ogni sapienza , cantando a
cantando inneggiando al Signore Dio di cuore e con gratitudine
con tutto il vostro cuore, renden­ salmi, inni e cantici spirituali.
do continuamente grazie per E tutto quello che fate in parole
ogni cosa a Dio e Padre, nel no­ ed opere , tutto si compia nel no­
me del Signore nostro Gesù Cri­ me del Signore Gesù, rendendo
sto». per mezzo di lui grazie a Dio Pa­
dre» .

Ef 6,21 -22 Col 4,7-8


«Desidero che anche voi sappia­ «Di tutto quanto mi riguarda vi
te quanto mi riguarda e ciò che informerà Tìchico, il caro fratel­
faccio ; di tutto vi informerà Tì­ lo e ministro fedele, mio compa­
chico, fratello carissimo e fedele gno nel servizio del Signore, che
ministro nel Signore, che io man­ io mando a voi proprio perché
do a voi proprio perché cono­ conosciate le nostre condizioni,
sciate le nostre condizioni perché perché rechi conforto ai vostri
rechi conforto ai vostri cuori» . cuori» .

In questi due testi «sinottici» vi sono alcune differenze di conte­


nuto che risaltano in modo più evidente sullo sfondo della coinci­
denza lessicale e tematica (testo corsivo ) . Ma questi due testi non
hanno un peso rilevante nel definire la fisionomia teologica delle
due lettere.
In altri casi tra i testi paralleli vi è consonanza nella terminolo­
gia, ma non nello sviluppo tematico ; in altri ancora la terminologia è
simile e il pensiero è divergente . Nella «benedizione» iniziale di Efe­
sini la terminologia e la tematica sono affini a un testo di carattere
«ionico» che si trova in apertura della Lettera ai Colossesi :

Ef 1 ,7 Col 1 , 14
«nel quale abbiamo la redenzio­ «nel quale abbiamo la redenzio­
ne per mezzo del suo sangue la ne dei peccati (hamartìai)» .
remissione dei peccati (parapto­
mata) .

177
L'espressione di Ef 1 ,7: «per mezzo del suo sangue» , si trova in
Col 1 ,20, a conclusione dell'inno cristologico , dove si parla della ri­
conciliazione e pacificazione universale di Cristo «per mezzo del
sangue della sua croce». Ma alcune formule di quest'ultimo testo so­
no riprese nella stessa «benedizione» di Efesini , nel contesto della
conoscenza del «mistero» , che consiste nella «ricapitolazione» uni­
versale in Cristo:

Ef 1 , 10 Col 1 ,20
«per la realizzazione della pie­ «per mezzo di lui riconciliare a
nezza dei tempi , ricapitolare in sé tutte le cose, rappacificando
Cristo tutte le cose, quelle sui cie­ con il sangue della sua croce ,
li e quelle sulla terra in lui». cioè per mezzo di lui , sia quelle
sulla terra , sia quelle nei cieli».

Il tema della «pacificazione» e «riconciliazione» , riferito però ai


due gruppi divisi , ebrei e pagani , viene ripreso nella celebrazione
del ruolo di Cristo «nostra pace» :

Ef 2,16 Col 1 ,20


«per riconciliare ambedue con «per mezzo di lui riconciliare a
Dio in un solo corpo per mezzo sé tutte le cose , rappacificando
della croce distruggendo in se con il sangue della sua croce,
stesso l'inimicizia» . cioè per mezzo di lui>> .

Questo procedimento , chiamato d i «Conflazione» d i testi, s i ri­


scontra in Ef l , 15-16, nella preghiera di ringraziamento per la «fe­
de» e la «carità» dei fedeli . In essa confluiscono alcuni termini ed
espressioni che ricorrono in due momenti della preghiera iniziale di
Col 1 ,4.9. In questo caso resta la consonanza tematica e anche quel­
la contestuale . Invece in altri casi i termini e le espressioni corri­
spondenti sono associati a contesti tematici differenti :

Ef 1 , 19b-20a Col 2, 12b


«secondo la potenza della sua «per la fede nella potenza di
forza che egli manifestò in Cri­ Dio , che lo risuscitò dai morti» .
sto , quando lo risuscitò dai
morti» .

Il testo di Efesini inserisce la professione di fede in Cristo risusci­


tato dalla potenza di Dio nella breve celebrazione della «potenza» di

178
Dio , che fa seguito alla preghiera iniziale . La stessa professione nel
testo di Colossesi fa parte della catechesi battesimale , in cui si esalta
l'efficacia dell'evento salvifico di Cristo . Lo stesso fenomeno si ri­
scontra nella «parenesi» battesimale di Efesini , dove la corruzione
dei pagani viene evocata con alcune espressioni presenti in un testo
di Colossesi che parla della condizione prebattesimale dei credenti :

Ef 4,18 Col 1 ,21


«accecati nella loro mente, estra­ «E anche voi , che un tempo era­
nei alla vita di Dio a causa del­ vate estranei e nemici con la
l'ignoranza che è in loro , e per la mente intenta alle opere catti­
durezza del loro cuore» . ve» .

Invece la contestualizzazione è sostanzialmente omogenea, pur


nella diversa prospettiva delle due lettere , nel caso dei due passi pa­
ralleli che fanno leva sul contrasto «morti/vivificath> e sulla condivi­
sione del destino di Cristo :

Ef 2 ,5ab Col 2, 13a


«da morti che eravamo per i pec­ «Con lui Dio ha fatto rivivere an­
cati ci ha fatti rivivere con Cri­ che voi , che eravate morti per i
sto . . . » . vostri peccati . . . » .

Lo stesso si può dire della corrispondenza tra alcuni vocaboli che


ricorrono nella preghiera implicitamente parenetica di Ef 3 , 17 e
'
quelli della breve esortazione di Col 2,6-7 :

Ef 3 , 17 Col 2,6a.7a
«Che il Cristo abiti per la fede «Camminate dunque nel Signore
nei vostri cuori e cosi radicati e Gesù Cristo . . . radicati e fondati
fondati nella carità . . . » . in lui, saldi nella fede» .

Anche la parenesi battesimale d i E f 4,22-24, che giuoca sull'anti­


tesi «deporre l'uomo vecchio/rivestire l'uomo nuovo» , ha il corri­
spondente in Col 3 ,9b-10, ma con una variazione nell'uso intrecciato
dei termini «nuovo» e «rinnovarsi» .
Una convergenza notevole a tutti i livelli si riscontra in due testi
che toccano un tema caratteristico delle nostre lettere : la crescita ar­
monica di tutto il corpo ecclesiale grazie all'azione unificante e dina­
mica di Cristo che è il capo :

179
Ef 4, 15b-16 Col 2,19
«Cerchiamo di crescere in ogni cosa «senza essere stretto inve­
verso di lui , che è il capo , Cristo , dal ce al capo, dal quale tutto il
quale tutto il corpo, ben compaginato corpo riceve sostentamento
e connesso, per mezzo del sostenta­ e coesione per mezzo di
mento di ogni giuntura , secondo l'e­ giunture e legami , realiz­
nergia propria di ogni membro , riceve zando così la crescita se­
forza per realizzare la crescita per edi­ condo il volere di Dio» .
ficare se stesso nella carità».

Il participio symbibazòmenon , «ben compaginato» di Ef 4, 16a,


riferito al corpo in Col 2,19, si trova anche in Col 2,2: «perché i loro
cuori vengano consolati e così, compaginati , symbibasthèntes, nell'a­
more . . . giungano a penetrare il mistero di Dio , cioè Cristo» .
Infine merita d i essere preso i n considerazione i l parallelismo
complesso tra le due sezioni di Ef 3 , 1-13 e Col 1 ,24-29 , dove si pre­
senta il ruolo di Paolo nell'oikonomìa , «amministrazione» del miste­
ro di Cristo , nascosto un tempo e ora rivelato e fatto conoscere :

Ef 3 , 1-13 Col 1 ,24-29


«Per questo io Paolo , prigioniero di «Perciò sono lieto nelle
Cristo per voi gentili . . . sofferenze che sopporto
per voi e completo nella
mia carne quello che man­
ca alle tribolazioni di Cri­
sto , a favore del suo corpo
che è la chiesa .
Penso che abbiate sentito parlare del­ Di essa sono diventato mi­
l' amministrazione della grazia di Dio nistro secondo l'ammini­
a me affidata per voi, come per rivela­ strazione affidatami da Dio
zione mi è stato fatto conoscere il mi­ per voi di realizzare la sua
stero . . . Questo ( mistero ) non è stato parola , cioè il mistero na­
manifestato agli uomini delle prece­ scosto da secoli e da gene­
denti generazioni come ora è stato ri­ razioni, ma ora manifesta­
velato ai suoi santi apostoli e profeti to ai suoi santi, ai quali Dio
per mezzo dello Spirito, che i pagani volle far conoscere la glo­
cioè sono chiamati, in Cristo Gesù , a riosa ricchezza di questo
partecipare alla stessa eredità. . . per mistero in mezzo ai pagani,
mezzo del vangelo del quale sono di­ cioè Cristo in voi, speranza
ventato ministro . . . A me . . . è stata affi- della gloria» .

180
data questa grazia di annunziare ai pa­
gani la imperscrutabile ricchezza di
Cristo e di far risplendere agli occhi di
tutti qual è l'amministrazione del mi­ «È lui infatti che noi an­
stero nascosto da secoli nella mente di nunziamo , ammonendo e
Dio . . . perché sia manifestata ora nel istruendo ogni uomo con
cielo . . . la multiforme sapienza di ogni sapienza . . . Per questo
Dio . . . Vi prego di non perdervi d'ani­ mi affatico e lotto con la
mo per le mie tribolazioni per voi; so­ forza che viene da lui e agi­
no gloria per voi». sce in me con potenza» .

Da questo raffronto ci si rende conto dell'intreccio di connessio­


ni che esistono tra i due testi . Gli stessi termini ed espressioni si rin­
corrono come in una specie di canone musicale per comporre un di­
segno nello stesso tempo simile e diversificato. Anche il parallelismo
nel «codice dei doveri familiari» (Ef 5 ,21-6,9//Col 3 , 18-4,1) segue un
percorso dove si alternano le corrispondenze e le dissonanze . Ma in
questo caso si può pensare a un modello letterario comune che fa da
sfondo alla composizione dei due testi .
Volendo fare una valutazione conclusiva del rapporto tra Efe­
sini e Colossesi si deve tener conto del quadro sinottico comples­
sivo dei passi paralleli . Da esso risulta che oltre una settantina di
versetti - altri calcoli indicano solo una cinquantina - di Efesini
non ha corrispondenti precisi in Colossesi . Ecco un quadro riassun­
tivo dei dati :

a) c. 1 : a prescindere dalla intestazione epistolare , 16 passi


paralleli con Colossesi, esclusi Ef 1 ,5 . 8-9 . 1 1-12. 14;
b) c. II : 11 paralleli , esclusi Ef 2,4.7-10. 1 1 . 17-19.20.22;
c) c. III: 12, esclusi Ef 3 , 1 .4-6.8. 10-12. 14-15 .21 ;
d) c. IV: 16, esclusi Ef 4,4-7 .9-12. 14. 17.20-21 .23.26-28 .30;
e) c. V: 16, esclusi Ef 5 , 1 .7 .9-15 . 18.21 .23 .28 .32-33 ;
f) c. VI : 9 , esclusi Ef 6,2-3 . 10-16. 19.23-24.

Il quadro comparativo della serie di testi sinottici mostra che di­


versi passi di Efesini non hanno paralleli in Colossesi ; in alcurii casi
l'ordine di successione déi versetti paralleli nelle due lettere cambia
o il contesto è differente . In altre parole si ha l'impressione che in al-

181
cuni casi il testo di Efesini proceda in modo autonomo oppure
riprenda con una certa libertà il materiale che si trova anche in
Colossesi.
Tuttavia dal confronto tra i due testi si deve riconoscere che di
fatto esiste una reale consonanza su alcune tematiche di fondo : il
ruolo di Cristo «capo» rispetto al corpo ecclesiale ; la sua funzione di
pacificatore ; la parenesi battesimale sull'uomo nuovo . Ma nello
stesso tempo si rilevano alcune significative novità tematiche : la
pneumatologia di Efesini , è praticamente assente in Colossesi ; le ci­
tazioni dei testi dell'AT, mancano nella Lettera ai Colossesi ; e so­
prattutto manca l'ecclesiologia che definisce il profilo della Lettera
agli Efesini. Infine si deve rilevare la diversa accentuazione che gli
stessi temi hanno nelle due lettere: il «corpo» ha una dimensione più
ecclesiale in Efesini rispetto a quella «cosmica)) di Colossesi ; lo stes­
so vale per le categorie di pl�roma e myst�rion, che in Efesini hanno
un'accentuazione più ecclesiologica, rispetto a quelle cristologiche o
soteriologiche di Colossesi.
Sulla base di questi dati è comprensibile la ridda di ipotesi che
sono state elaborate per spiegare il rapporto tra la Lettera agli Efesi­
ni e quella ai Colossesi :
a) le due lettere sono autonome, ma utiliz:z;ano il materiale di
una fonte comune (N .A. Dahl) ;
b) le due lettere sono simultanee, ma quella inviata agli Efesini
sarebbe stata ritoccata in chiave polemica per i Colossesi (M . Go­
guel) ;
c) analoga a questa ipotesi è la posizione di chi sostiene la prio­
rità di Efesini che sarebbe servita come modello p�r la stesura di Co­
lossesi (F. C. Synge) ;
d) la Lettera ai Colossesi precede quella agli Efesini, ma que­
st'ultima sarebbe stata utilizzata per la revisione di Colossesi (H. J .
Holtzmann ; Ch . Masson) ;
e) questa proposta è affine a quella di chi afferma che la Lettera
agli Efesini dipende letterariamente da quella ai Colossesi (A. Lin­
demann) .

Quest'ultima ipotesi può essere accolta con questa riserva: l'au­


tore di Efesini utilizza con una certa libertà in funzione di un nuovo
contesto ecclesiale il testo precedente di Colossesi . Questo modo di
procedere può rendere ragione delle convergenze e divergenze tra le

182
due lettere e soprattutto della ripresa e sviluppo in senso ecclesiale
nello scritto agli Efesini di alcune tematiche della Lettera ai Co­
lossesi .

Efesini e la Lettera agli EbreP7

Questo confronto è giustificato dal fatto che vi sono almeno 14


passi di Efesini che hanno un corrispondente nella Lettera agli
Ebrei . Sul piano lessicale sono 15 le affinità riscontrate . Una decina
quelle di carattere tematico , distribuite metà e metà nelle sezioni
teologiche e parenetiche della Lettera agli Ebrei. In alcuni casi si
tratta di formule stereotipe : «dalla fondazione del mondo» (Ef
1 ,4//Eb 4,3; 9 ,26) ; di espressioni tradizionali come quella di «illumi­
nati» riferita ai battezzati (Ef 1 , 18//Eb 6,4; 10,32) ; di immagini co­
muni come quella della «spada dello Spirito», applicata alla parola
di Dio (Ef 6,17//Eb 4 , 12) . In altri invece si deve riconoscere che l'in­
contro avviene a livello di lessico specialistico come nel caso di Ef
2 , 1 5 , dove si parla della «legge dei precetti» , da confrontarsi con Eb
7 , 16: «legge di un precetto» (carnale) .
D i maggior peso è la consonanza tematica che tocca alcuni punti
cruciali sia di Efesini come della Lettera agli Ebrei: la cristologia e la
soteriologia. La glorificazione del Cristo risorto viene posta in risal­
to facendo ricorso a due salmi 8,7; 1 10 , 1 che non si trovano altrove
nel NT così associati come testimonia cristologici (Ef 1 ,20-22//Eb
1 ,2-4 ; 2,5-9) . La morte di Cristo in croce rende possibile ai credenti
il libero e fiducioso «accesso», prosagoge, a Dio (Ef 2,18; 3,12//Eb
4, 16; 10, 19) . L'azione redentrice di Cristo si prolunga nella purifica­
zione della chiesa mediante il «bagno» battesimale (Ef 5 ,26//Eb
10,22) . È singolare anche la convergenza dei due scritti attorno al te­
ma della dimensione «celeste» dello statuto o vocazione dei cristiani
(Ef 1 , 18; 2,5-6 . 19.211/Eb 3 , 1 .6. 14; 12,22) .

Efesini e le Lettere Pastorali

Meno intenso , ma non trascurabile, è l'accordo della Lettera agli


Efesini con il gruppo delle pastorali . Innanzitutto il lessico soteriolo­
gico è consonante nella Lettera agli Efesini e nel gruppo delle pasto­
rali : il titolo soter riferito a Gesù Cristo (Ef 5 ,23//Tt 1 ,4; 2Tm 1 , 10) ;

1 7 A. VANHOYE, <<L' Épitre aux Ephésiens et l' Épitre aux Hébreux>> , in Bib 59
(1978) , 198-230.

183
il verbo sòzein applicato all'evento storico della salvezza (Ef
2,5 .8//lTm 1 , 15 ) . Alcune espressioni simili tipiche sono presenti nel­
la duplice serie di scritti : il vangelo della salvezza è la «parola della
verità» (Ef 1 , 13//2Tm 2, 15) ; l'aggettivo «grande» applicato a myst�­
rion si trova solo in Ef 5 ,32 e 1Tm 3 , 16. È da segnalare anche l'ana­
logia tematica tra Ef 2,3-5 .8 e Tt 3 ,3-7 sulla gratuità della salvezza
fatta risalire all'amore di Dio . Nello stesso testo di Tt 3 ,5 si parla del
«bagno» di rinnovamento , che richiama i testi di Ef 4,23 ; 5 ,26.

Conclusioni

Questa rete di rapporti , che sotto il profilo lessicale , stilistico­


letterario e tematico lega la Lettera agli Efesini all'epistolario paoli­
no , depone a favore delle ipotesi che tentano di spiegare la sua origi­
ne letteraria all'interno degli scritti neotestamentari . Escluso forse il
rapporto con la Lettera ai Colossesi non è il caso di pensare a una di­
pendenza letteraria. Lo scritto di Efesini , che si colloca nella tradi­
zione paolina , si avvale della conoscenza di un lessico e di espressio­
ni tipiche della professione di fede e della catechesi cristiana connes­
se sia con la prassi battesimale sia con l'esperienza liturgica. Ma al­
l'interno di questo ambiente l'autore di Efesini conserva la sua auto­
nomia e capacità di ripensare e riformulare il patrimonio tradiziona­
le in rapporto al contesto culturale e alla specifica situazione vitale
dei destinatari .

3. L'ORIGINE STORICA DELLA LETIERA AGLI EFESINI

L'opzione per l'ipotesi della pseudepigrafia fa passare in secon­


do piano il problema dell'autore e del tempo di composizione della
nostra lettera . Invece rivestono un certo interesse e utilità ai fini del­
la lettura e interpretazione del testo le questioni relative ai destina­
tari , all'occasione e scopo della stesura di questo scritto posto sotto
il nome e l'autorità dell'apostolo Paolo . Altrettanto opportuna è la
ricerca volta a determinare l'ambiente religioso e culturale in cui si
colloca il dialogo epistolare di Efesini come integrazione di quanto è
stato detto sopra circa la sua origine letteraria.

1 84
a) I destinatari di Efesinfl'd
Per rispondere alla questione : a chi è indirizzata la lettera che
nel canone neotestamentario reca il titolo : «Lettera agli Efesini» , si
deve affrontare la critica testuale di Ef l ,2. Il testo lungo : «ai santi
che sono in Efeso, credenti in Cristo Gesù», si legge in gran parte dei
codici, padri , scrittori e versioni antichi. L'attribuzione efesina della
nostra lettera è documentata fin dal II secolo nel codice Muratori ,
da Ireneo di Lione e da Clemente Alessandrino . Invece il testo bre­
ve , senza la indicazione della località «(ai santi) che sono in Efeso» è
attestato dal papiro del III secolo P46, dai due codici maiuscoli Vati­
cano (B) e Sinaitico (S) , da Origene e da alcuni manoscritti menzio­
nati da Basilio . Qual è il testo originario?
A favore del testo lungo si adducono queste ragioni : lo stile ri­
dondante di tutta la lettera ; nonostante una certa forzatura gramma­
ticale il testo greco è corretto e verosimile ; come spiegare l'aggiunta
se mancava oppure come spiegare l'omissione se era presente nel te­
sto originale? Le risposte a queste ultime domande dipendono dal
rapporto di Paolo con gli efesini . L'aggiunta sarebbe stata fatta per
avere una lettera di Paolo ai cristiani di Efeso , dove, secondo la te­
stimonianza degli Atti degli apostoli e dell'epistolario , egli aveva
svolto un'intensa attività missionaria e pastorale . L'omissione inve­
ce si spiegherebbe con il fatto che nel seguito della lettera poco o
nulla si dice dei rapporti di Paolo con la comunità efesina. Invece a
sostegno del testo breve , oltre all'argomento del silenzio sui legami
di Paolo con i cristiani di Efeso e del carattere generico del nostro
scritto , sta l'autorità e antichità dei manoscritti . A questi si aggiunge
quella di Marcione che , secondo quanto scrive Tertulliano , avrebbe
conosciuto la nostra lettera con l'indirizzo ad Laodicenos, «ai cristia­
ni di Laodicea» . 1 9
Dalla lettura del testo originale breve - «ai santi che sono anche
fedeli in Cristo Gesù» - prendono avvio le varie ipotesi che seguono
questi orientamenti : a) interpretazione del testo attuale ; b) letture
alternative ; c) altri destinatari ; d) lettera circolare senza destinatari .

18
A. LINDEMANN , «Bemerkungen zu den Adressaten und Anlass des Epheser­
briefes>> , in ZNW 67( 1976) , 235-251 ; N . A . DAHL, «Gentiles , Christians and Israelites
in the Epistle to the Ephesians>> , in HarvThR 79(1986) , 31-39; E. BEST, «Recipients
and Title of the Letter to the Ephesians. Why and When the Designation "Ephe­
sians" ?>> , in ANRW 11 ,25/4(1 987) , 3247-3279.
19 TERTULLIANO, Adv. Marc. , 5 , 1 1 . 17.

185
Origene interpreta il testo breve in questo modo : «ai santi che so­
no» , cioè a quelli che partecipano dell'essere stesso di Dio. Altri
omettono il participio greco tòis oùsin , «che sono» e uniscono i due
aggettivi : «ai santi fedeli in Cristo Gesù». Le letture alternative con
una leggera modifica del testo vi intravedono i destinatari : tòis iòsin ,
«agli Ioni)) ; tes Asìas , «(ai santi) dell'Asia)) ( = Efeso) .
L'indirizzo sostitutivo «ai Laodicesi)) è quello di Marcione , ri­
preso da A. von Harnack : «ai santi che sono in Laodicea)) . La sosti­
tuzione con «in Efeso)) sarebbe dovuta a una specie di censura , dam­
natio memoriae, dopo quello che scrive l'autore dell'Apocalisse sulla
chiesa di Laodicea (Ap 3 , 14. 16) . L'ipotesi di una lettera paolina in­
viata ai laodicesi si fonda su Col 4J6, dove se ne fa menzione . Que­
sto testo potrebbe stare all'origine dell'indirizzo conosciuto da Mar­
cione , ma non spiega la sua cancellazione o la sostituzione con «in
Efeso)) . Il motivo della censura in base ad Ap 2,4-5 si potrebbe ad­
durre anche per Efeso . In conclusione uno scritto indirizzato a una
comunità dell'Asia in alternativa a Efeso , Laodicea o Colossi , non
risolve l'enigma dei destinatari della nostra lettera . Il suo innegabile
rapporto con Colossesi può giustificare la ricerca in questa direzio­
ne, ma senza ulteriori elementi non approda a risultati apprezzabili.
Resta l'ipotesi che si tratti di una lettera circolare o generale che
nel corso della tradizione manoscritta è stata integrata con l'aggiun­
ta dei destinatari «ai santi che sono in Efeso» , dato il ruolo premi­
nente che aveva questa località nella strategia missionaria di Paolo e
nella tradizione della chiesa subapostolica: Ignazio di Antiochia al­
l'inizio del II secolo scrive una lettera indirizzata agli efesini . È com­
prensibile che nell'edizione del corpus paolino alla fine del primo se­
colo o inizio del secondo siano stati definiti anche i destinatari della
lettera posta sotto il nome dell'apostolo . La sua affinità con la lette­
ra indirizzata ai colossesi e la menzione di lìchico in Ef 6,21 ha favo­
rito la scelta di «Efeso)) rispetto ad altre località. Del resto l'ambien­
te efesino si adatta molto bene al clima generale del nostro scritto .
La ricerca sui «destinatarh> di Efesini a partire dal testo dell'indi­
rizzo non arriva se non a una soluzione ipotetica . Un'altra via per­
corribile è quella offerta dall'intera lettera che consente di ricostrui­
re l'identità dei «lettori impliciti)> . L'autore che la scrive intende
chiarire o approfondire alcune questioni di fede e sollecitare l'impe­
gno pratico dei suoi lettori . Egli li indica il più delle volte con l'ap­
pellativo i «santi» , hàgioi, che ricorre anche nell'indirizzo accanto a
«fedeli in Cristo Gesù)) . Egli conosce e apprezza la loro «fede nel
Signore Gesù)> e la carità che hanno verso tutti i «santi» ( 1 , 15) . Alla

186
fine li invita a pregare per tutti i santi come per lui che si trova in car­
cere (6,18) . Egli stesso prega perché siano in grado di comprendere
con tutti i santi l'amore di Cristo (3 , 18) . Paolo , il prigioniero di Cri­
sto , si considera l'infimo tra «tutti i santi» ; tra questi però egli collo­
ca anche il gruppo prestigioso dei «profeti e apostoli» (3,5.8). Anche
gli altri compiti ecclesiali stabiliti dal Cristo risorto sono orientati al­
l'abilitazione dei «santi>> per edificare il corpo di Cristo .
L'appellativo i «Santi» è da collegarsi con lo statuto di redenzio­
ne e radicale appartenenza a Dio che risale alla sua libera ed efficace
iniziativa (1 ,4) . Infatti i «santi» sono candidati all'eredità celeste e
associati alla città e famiglia di Dio ( 1 , 18; 2, 19) . Ma questa immagi­
ne idealizzata dei «santi» non impedisce al nostro autore di affronta­
re alcuni problemi concreti : l'origine e l'appartenenza ecclesiale dei
credenti ; l'integrità della loro fede ; il loro impegno battesimale . Egli
si rivolge ai lettori distinguendo un gruppo di primi credenti , «noi
che per primi abbiamo sperato in Cristo» e un secondo gruppo che è
entrato a far parte della comunità dei santi per mezzo dell'ascolto
della «parola della verità, il vangelo di salvezza» ( 1 , 12 . 13) . Pare che
egli si interessi soprattutto del secondo gruppo , anche se non trascu­
ra di coinvolgere , soprattutto nella professione di fede e nell'impe­
gno pratico , il gruppo dei primi credenti.
L'identità dei destinatari è definita da una doppia relazione: con
il loro passato di pagani peccatori e con il fronte esterno di quelli che
ancora vivono in quella condizione . La condizione originaria di pa­
gani, contrapposta a quella degli ebrei , è ricordata solo per dire che
ormai essi sono accolti nell'unità dell'uomo nuovo creato in Cristo .
Come è stato eliminato il loro passato di peccatori , così è stata supe­
rata anche la separazione ostile creata dalla legge ebraica . Anzi i pa­
gani sono i destinatari della rivelazione del mistero di Dio che consi­
ste nella loro partecipazione all'unica eredità per formare un unico
corpo in Cristo.
È su questa unità inaugurata dalla fede battesimale che si innesta
la parenesi . Essa fa leva sulla seconda linea di demarcazione : il con­
fronto con la vecchia condizione di vita , quella viziosa dei pagani ,
con i quali i credenti battezzati come «figli della luce» non devono
avere nessun rapporto (4,17-18; 5 ,7-12) . Su questo sfondo va riletto
l'invito a non essere come «fanciulli sballottati dalle onde e portati
qua e là da qualsiasi vento di dottrina secondo l'inganno degli uomi­
ni con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore» (4,14) . Que­
sto avvertimento prelude alla sezione finale dedicata alla presenta­
zione dell'armatura di Dio, perché , si precisa, la nostra lotta non è

187
contro forze umane , ma con le potenze spirituali. Di fatto l'equipag­
giamento proposto è quello che si richiede per vivere nella perseve­
ranza attiva della fede cristiana.
I destinatari presupposti dall'insieme della lettera sono dunque
pagani convertiti che formano la maggioranza della comunità assie­
me al gruppo dei primi credenti provenienti dall'ambiente ebraico .
Il loro problema è quello di riconoscere e vivere la loro piena parte­
cipazione all'unico corpo di Cristo senza nostalgie o ricadute nella
condizione di vita del loro ambiente di origine .

b) Ambiente culturale e situazione vitale di Efesini


Nel lessico e nel tessuto della Lettera agli Efesini si possono
leggere come in trasparenza alcuni elementi che gettano luce sul­
l'ambiente culturale che fa da sfondo al dialogo epistolare . In
primo piano sta il giudaismo nelle sue varie forme e diramazioni ,
dal movimento essenico alle tendenze apocalittiche . Il rapporto
con il mondo giudaico in Efesini conserva appena l'eco del dibat­
tito storico tra Paolo e l'ala intransigente dei giudeocristiani . Il
nome di Israele , come in Rm 9,4-5 , è associato , sullo sfondo della
tradizione biblica , alla speranza messianica , alle promesse e alle
alleanze di Dio. I termini «circoncisione» e «incirconcisione)) ser­
vono ancora a designare rispettivamente i «giudei» e i «pagani)),
ma sono privi di connotazioni polemiche (2 , 1 1-12) . La tensione tra
ebrei e pagani sta ormai sullo sfondo. Infatti l'ostilità, che prende
spunto dalla particolarità etnico-religiosa ebraica, fondata sulle
osservanze della legge , è stata disinnescata e definitivamente elimi­
nata dalla morte in croce di Cristo , che ha creato dei due gruppi
uno solo , una nuova umanità (2, 14-16) .
A partire da questa riconciliazione con Israele è comprensibile
non solo l'utilizzazione dei testi biblici , come del resto avviene nelle
lettere protopaoline, ma anche di alcune categorie e formule espres­
sive della religiosità giudaica. La benedizione iniziale con il seguito
di preghiere e brani dossologici ha suggerito un accostamento allo
schema della liturgia sinagogale . Più puntuali , ma perciò anche più
discutibili , sono i rimandi ai modelli celebrativi delle festività ebrai­
che . 20 L'antitesi tra i «figli della luce)) e il mondo delle tenebre evoca

20 Secondo J . C . KIRBY, Ephesians, Baptism and Pentecost. An Inquiry into the


Structure and Purpose of the Epistle to the Ephesians , London 1968, la Lettera agli
Efesini rifletterebbe nella sua struttura la liturgia ebraica di Pentecoste per il rinnova­
mento del patto praticata a Qumran.

188
alcune espressioni dei testi di Qumràn (J QS I ,9- 10; III ,20-21 ; e in
generale il «Rotolo della guerra» , J QM) . Ma questo linguaggio è
diffuso in molti testi apocrifi giudaici , soprattutto in quelli che si col­
locano nell'area apocalittica . In sintonia con questo ambiente sono il
lessico e le categorie di «mistero» , «rivelazione» e «conoscenza» che
nella nostra lettera sono riletti in chiave cristologica ed ecclesiologi­
ca. Qui si innesta l'apertura ecumenica di Efesini che vede nell'acco­
glienza dei pagani nell'unico corpo di Cristo la realizzazione del «mi­
sterO>> .
La terminologia gn6sislepìgn6sis , plèromalpleroùsthai, alcune
formule di sapore dualistico e in particolare il riferimento alle «po­
tenze» delle regioni celesti , che dominano questo mondo (2,2; 6,12) ,
potrebbero suggerire un'affinità di Efesini con quell'ambiente reli­
gioso e culturale che con un'etichetta generica si chiama «gnostici­
smo» . 2 1 Nella stessa direzione orienterebbero la fraseologia relativa
all'uomo <<nuovo» e «perfetto» e la concezione della salvezza come
«pienezza» e riunificazione di tutte le cose . Ma questo linguaggio e
le concezioni relative fanno parte dell'universo religioso e culturale
dell'ellenismo , dove, come testimonia Filone alessandrino , si incro­
ciano gli influssi del neoplatonismo e dello stoicismo .
In questo sincretismo trovano posto anche le credenze magiche
che hanno un grande influsso negli ambienti popolari . È innegabile
l'attenzione di Efesini per il mondo delle «potenze» , per il «princi­
pe» di queste potenze dell'aria , che pur vinte e sottoposte alla signo­
ria universale di Cristo , rappresentano ancora il fronte del combatti­
mento spirituale ( 1 , 1 9 ; 2,2; 3 , 1 0 ; 4,10; 6,1 1-12) . Questo fatto po­
trebbe essere un ulteriore indizio della collocazione della nostra let­
tera nell'ambiente efesino, dove sono di casa le pratiche magiche
( cf. At 19 , 1 1 -20) . 22 Ma in ogni grande metropoli dell'impero , com­
presa la capitale , si incontrano le credenze e pratiche religiose popo­
lari , quelle di carattere misterico assieme alle varie correnti di pen­
siero . La Lettera agli Efesini riflette questa situazione di osmosi cul­
turale e religiosa avvertita come un rischio o minaccia per i destina-

2 1 P. PoKORNY, <<Epheserbrief und gnostische Mysterien>>, in ZNW 53(1962) ,


1 60- 194; Io . , Der Epheserbrief und die Gnosis. Die Bedeutung des Haupt-Glieder­
Gedankens in der enstehenden Kirche, Berlin 1965 ; H.P. WEISS , <<Gnostische Motive
und antignostische Polemik in Kolosser- und Epheserbriefe>>, in K. W. TROGER, a cura
di, Gnosis und Neues Testament, Gi.itersloh 1 973 , 3 1 1 -324.
22 C.E. ARNOLD , Ephesians: Power and Magie. The Concept of Power in Ephe­
sians in Light of its Historical Setting (SNTS MS 63) , Cambridge 1989.

189
tari . Il tono duro nel denunciare la corruzione religiosa e morale dei
«pagani» e l'insistenza sulla necessità di non avere nulla in comune
con loro , possono essere una conferma dell'ambiente e della situa­
zione vitale della nostra lettera (2,2-3 ; 4, 17-18; 5 ,3-13) .

c) Occasione e scopo della lettera


Qual è in concreto l'occasione che spiega il tenore generale della
Lettera agli Efesini e le sue accentuazioni? È possibile individuare
uno o più obiettivi che l'autore di fatto persegue nella stesura della
lettera? Molteplici e diversificate sono le ipotesi al riguardo . Dal
momento che lo scritto di Efesini si presenta come un'esposizione
dottrinale sul disegno di Dio, rivelato e attuato in Cristo e nella chie­
sa, alcuni dicono che è fuori posto cercare un nesso tra l'origine del­
la lettera e la situazione storica o vitale di una o più comunità . Se­
condo altri invece l'occasione va cercata in una crisi interna o ester­
na alla comunità ecclesiale . Chi fa riferimento a una crisi interna im­
magina una certa tensione tra carismi spirituali e istituzione aposto­
lica nel modo di pensare e organizzare la chiesa. 23 Altri suppongono
un conflitto latente nei rapporti tra cristiani di origine ebraica e
quelli provenienti dal paganesimo . Infine si pensa che la crisi interna
alla comunità sia provocata dal rapporto con l'ambiente esterno : pa­
ganesimo , cultura ellenistica in generale , ripresa della propaganda
giudaizzante .
Sullo sfondo dell'ambiente religioso-culturale e della situazione
vitale di Efesini ricostruiti nel paragrafo precedente si possono intra­
vedere anche l'occasione e lo scopo che stanno alla sua origine . La
collocazione dei pagani nel disegno di Dio e nella chiesa fa proble­
ma. L'identità dei cristiani di origine pagana è sfidata dal rapporto
con Israele e dal confronto con un ambiente religioso e culturale che
condiziona la loro perseveranza di fede ed etica . Perciò fondare e
promuovere una solida unità ecclesiale , che prefigura quella univer­
sale antropologica e cosmica, e nello stesso tempo presentare un
progetto di vita cristiana coerente e dinamico è l'obiettivo persegui­
to dall'autore della Lettera agli Efesini .
Questo si deduce dall'insieme della lettera nelle sue due grandi
articolazioni: la prima di carattere espositivo e l'altra più attenta alla

23 K.M. FJSCHER, Tendenz und Absicht des Epheserbiefes , Gottingen 1973 ; H .


MERKLEIN, Das kirchliche Amt nach dem Epheserbrief, Munchen 1973.

190
dimensione pratica . Almeno in un caso l'autore esplicita l'intento
della sua lettera: far conoscere la sua comprensione del mistero di
Cristo e il suo ruolo nell'economia di Dio per realizzarlo. Questo
mistero un tempo nascosto e ora rivelato per libera ed efficace deci­
sione di Dio consiste nella partecipazione dei pagani alla stessa ere­
dità e promessa annunciata nel vangelo per formare l'unico corpo di
Cristo (3 ,2- 12) . In questo contesto Paolo , che si presenta come il
«prigioniero di Cristo» per i pagani , dice di voler pregare il Padre
perché essi, che sono destinatari della rivelazione del mistero me­
diante il vangelo , arrivino alla conoscenza dell'amore di Cristo , per
essere ricolmi della pienezza di Dio (3 , 14-19) .
I due interessi vitali della lettera - unità ecclesiale e maturità cri­
stiana - si ritrovano anche nella prima sezione della seconda parte di
carattere più decisamente parenetico . L'esortazione a vivere confor­
me alla vocazione ricevuta si intreccia con l'invito a conservare l'uni­
tà nelle sue varie articolazioni . A sua volta l'unità si realizza nella
convergenza dinamica dei diversi doni spirituali e dei vari compiti
ecclesiali tra i quali spiccano quello degli apostoli e profeti. Questi
sono stabiliti dal Cristo risorto per abilitare tutti i credenti alla dia­
konìa , la quale ha come scopo la costruzione del corpo di Cristo ,
«finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Fi­
glio di Dio , allo stato di uomo perfetto , nella misura che conviene
alla piena maturità di Cristo» (4 ,13). Questa maturità è il più sicuro
antidoto contro il rischio di instabilità provocata dalle mutevoli dot­
trine umane . Invece quando tutti i credenti si tengono uniti al capo
che è Cristo contribuiscono alla crescita del suo corpo ecclesiale e di
ognuno nella carità ( 4, 15-16) . Dunque il discorso sull'unità nell'in­
tenzione dell'autore è inseparabile sia dalla rivelazione e attuazione
del mistero di Dio o di Cristo sia dal progetto di crescita e maturità
ecclesiale e personale.

d) A utore, luogo e tempo di composizione


I tratti agiografici di Paolo nella Lettera agli Efesini sono un in­
dizio della sua origine pseudepigrafica . Paolo, infatti si autopresenta
come il «prigioniero di Cristo e del Signore». Egli è il prototipo degli
«apostoli e profeti» , ai quali è stato rivelato il mistero di Cristo .
A lui , che è l'ultimo tra tutti i credenti , per grazia è stato dato di an­
nunziare il vangelo di Cristo ai pagani per far conoscere davanti a
tutti qual è l'economia di questo mistero . Cosl si manifesta nella
chiesa la sapienza di Dio davanti alle potenze celesti (3 , 1-10) . Con

191
accenti meno altisonanti nelle ultime righe della lettera si evoca an­
cora l'immagine del «martire», che , anche in catene , rende testimo­
nianza con libertà e audacia al «mistero del vangelo» (6, 19-20) .24
Questa immagine idealizzata dell'apostolo e del martire , rico­
struita con materiale di repertorio , non corrisponde alla figura del
Paolo storico . Egli nelle sue lettere autentiche si presenta come l'in­
fimo , hò elàchistos degli apostoli , in quanto ha perseguitato la chiesa
di Dio . Ha coscienza del ruolo della grazia di Dio nella sua vita, ma
si esprime con un certo realismo e ha il senso della discrezione (1Cor
15 ,8-10) . Nello scritto di Efesini i toni sono intenzionalmente esage­
rati : Paolo è «il più infimo , elachistòteros», non degli apostoli , ma
addirittura dei «santi», cioè dei cristiani. Nello stesso tempo si affer­
ma che egli è per grazia di Dio l'unico annunziatore del vangelo ai
pagani . In breve Paolo, l'apostolo dei pagani e il martire , è un per­
sonaggio venerato , sotto il cui nome e autorità è posta la Lettera agli
Efesini .
La conferma della pseudepigrafia paolina di Efesini viene dall'a­
nalisi linguistica e soprattutto da quella dell'impianto teologico e
spirituale della lettera . Lo stile e il pensiero di Efesini sono troppo
diversi da quelli delle lettere protopaoline per poterli attribuire a
uno stesso autore . D'altra parte un'evoluzione del modo di scrivere
e di pensare di Paolo non è dimostrabile sulla base degli scritti au­
tentici che si distribuiscono nell'arco di un decennio . Per salvaguar­
dare in qualche modo un'origine paolina almeno indiretta di Efesini
si potrebbe pensare all'intervento di un segretario . Ma a parte i casi
più noti dell'epistolografia amministrativa o letteraria , non si cono­
sce nell'epoca ellenistica il ruolo di un segretario con una tale auto­
nomia di stile e di svolgimento tematico . In questo caso il «segreta­
rio redattore» è da considerarsi il vero e proprio autore della lettera.
Una volta esclusa l'origine paolina diretta di Efesini resta aperto
il campo alle varie ipotesi per identificare il vero autore . I dati sui
quali accreditare la proposta di un candidato si ricavano dalla lettera
stessa. L'autore di Efesini dovrebbe rispondere ai seguenti requisiti :
a) un discepolo di Paolo o un interprete della sua tradizione ;
b ) un cristiano di origine giudaica, ma formato nell'ambiente el­
lenistico , che utilizza la Bibbia nella versione greca dei Settanta ;

24 F. MoNTAGNINI , «La figura di Paolo nelle lettere ai Colossesi e agli Efesini>> , in


RivB 34(1986) , 429-449.

192
c) ha alle spalle una solida esperienza spirituale , liturgica ed ec­
clesiale e una buona formazione teologica ;
d) probabilmente fa parte del gruppo degli «apostoli e profeti»
o dei «pastori e maestri» che , mediante l'annuncio del vangelo ,
l'istruzione e la guida della comunità, contribuiscono alla costru­
zione e alla crescita della chiesa.25
Tra i discepoli o ammiratori di Paolo si fanno i nomi di Onèsimo
(Fm 1 1 ) , Tichico , Timoteo e Luca. Onèsimo è lo schiavo fuggito dal
suo proprietario Filèmone di Colossi e rinviato da Paolo al suo pa­
drone (Fm 8-1 1 ) . 26 Nella lettera ai Colossesi Onèsimo è presentato
come un cristiano fedele , membro di quella chiesa locale e inviato a
essa assieme a Tichico (Col 4,9) . Quest'ultimo è raccomandato nella
stessa lettera come «caro fratello e ministro fedele» , compagno del­
l'apostolo Paolo nel servizio del Signore (Col 4,7) . Con gli stessi ter­
mini questa presentazione è ripresa nella nostra lettera (6,21-22) . In
ambedue i testi Tichico è scelto e inviato per fare da collegamento
tra Paolo e i destinatari . Secondo la testimonianza degli Atti degli
apostoli Tichico , assieme a Tròfimo , come rappresentante delle
chiese dell'Asia, fa parte del gruppo degli accompagnatori di Paolo
nell'ultimo viaggio dalla Macedonia a Gerusalemme (At 20,4) . TI­
chico per il suo ruolo nella tradizione paolina e per il prestigio che
ha nella chiesa dell'Asia potrebbe essere un valido candidato come
autore della Lettera agli Efesini .
In tal modo è determinato anche il luogo o meglio l'ambiente di
origine della nostra lettera: la chiesa dell'Asia che gravita attorno a
Efeso . A favore di questa ipotesi asiana sta l'affinità letteraria e te­
matica della Lettera agli Efesini con quella ai Colossesi . Più precarie
sono le altre ipotesi alternative all'ambiente efesino . Tra le altre
quella che considera Efesini come una riedizione della Lettera ai
Romani , scritta dalla capitale . In questo caso si avrebbe una spiega­
zione della lunga lista di saluti che chiudono l'edizione attuale della
Lettera ai Romani , ma la cui collocazione nei codici è incerta come
la dossologia conclusiva, aggiunta al testo originario (Rm 16 ,25-27) .
Questi contatti di Efesini con la Lettera ai Romani sono troppo labi­
li per accreditare l'ipotesi di una sua origine romana. D'altra parte il

25 PENNA , Lettera agli Efesini, 59-63 .


26 È nota l'ipotesi di E.J. GoooSPEED, The Meaning of Ephesians, Chicago 1933 ;
lo. , «Ephesians and the first Edition of Paul» , in JBL 70(198 1 ) , 285-291 , secondo il
quale Onèsimo, vescovo di Efeso alla fine del primo secolo, avrebbe raccolte ed edite
le lettere di Paolo a sua disposizione premettendovi la Lettera agli Efesini.

193
supposto rapporto di Efesini con la Lettera ai Romani si potrebbe
spiegare anche nell'ambiente paolino di Efeso , dove si è costituita la
raccolta delle lettere dell'apostolo .
Altrettanto ipotetico è il tempo di composizione della Lettera
agli Efesini . I dati interni utilizzabili a tale scopo sono molto scarsi .
Se si considera l'atteggiamento irenico proposto in Ef 2,1 1-16 nei
confronti di Israele si potrebbe pensare a una datazione successiva
agli anni settanta e prima della fine del I secolo. Infatti pare che do­
po gli anni novanta i rapporti della chiesa con il giudaismo ufficiale
si siano deteriorati anche nell'ambiente efesino. 27 C'è chi collega la
composizione della nostra lettera con l'accoglienza dei giudeo-cri­
stiani , emigrati dopo la catastrofe del 70 d.C. , nelle chiese paoline
dell'Asia . Ma anche questa ipotesi ha una base documentaria molto
ristretta. 28 È invece determinante per la data di composizione di
Efesini il suo rapporto con la Lettera ai Colossesi , di cui si suppone
la priorità cronologica . Questo dato di fatto orienta per la datazione
della Lettera agli Efesini verso la metà degli anni 80.

4 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI EFESINI

L'origine pseudepigrafica della Lettera agli Efesini fa apprezza­


re maggiormente il valore del suo messaggio. Non è solo l'autorità
dell'apostolo Paolo che ha assicurato la fortuna della nostra lettera ,
ma anche il buon livello della sua riflessione teologica . Per una pri­
ma lettura del testo si indicano tre percorsi che corrispondono alle
strutture portanti della teologia e ai nuclei generatori della spiritua­
lità di Efesini. Il discorso teologico di Efesini fa perno sul ruolo di
Gesù Cristo , ma senza perdere di vista la sua relazione fondante con
Dio Padre e la comunicazione dello Spirito santo . Nell'orizzonte cri­
stologico si colloca anche l'ecclesiologia che è l'apporto originale
della nostra lettera . Dal terreno cristologico germina anche l'antro­
pologia efesina con i suoi risvolti etici e le proposte di vita spirituale .

21 È
quanto si potrebbe dedurre dal quarto Vangelo qualora si accetti l'ipotesi
della sua origine o stesura finale a Efeso (Gv 9 ,22; 16,2) .
28 MONTAGNINI , Lettera agli Efesini, 44-52. In realtà nella Lettera agli Efesini so­
no i cristiani di origine pagana che non devono più considerarsi come «Stranieri e
ospiti>> rispetto alla cittadinanza di Israele e alla famiglia di Dio (Ef 2 , 1 1-13. 1 9-22) .

194
a) Teologia, cristologia e pneumatologia di Efesini
La ricostruzione della «teologia» di Efesini può prendere avvio
da un'indagine preliminare sul lessico «teologico» . Il termine Theòs,
«Dio» , ricorre 31 volte , distribuito in tutti i capitoli della lettera. Sei
volte esso è associato all'appellativo (hò) Pat�r, «(il) Padre». La
«paternità>> di Dio è posta in relazione sia con il «Signore nostro Ge­
sù Cristo» , sia con i credenti che sono predestinati a essere suoi «fi­
gli» adottivi per mezzo del Figlio unico (l ,3. 5-6) . Al «Padre , dal
quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome», si rivolge la
preghiera di Paolo per i destinatari della lettera (3 , 14-15) .
· La professione di fede nell'assoluta unicità di Dio , di matrice bi­
blica, è coniugata con la fede nel Padre , la cui azione e presenza ab­
bracciano tutto e tutti. Essa sta all'origine e a fondamento dell'unità
dei credenti battezzati che formano un sol.o corpo : «Un solo Dio e
Padre di tutti , che è al di sopra di tutti , agisce per mezzo di tutti ed è
presente in tutti» (4,6) . È dunque logico riconoscere e celebrare Dio
Padre come fonte di «ogni benedizione» spirituale che in Cristo Ge­
sù raggiunge i credenti (1 ,3) . Dio Padre è il protagonista di quel pro­
cesso di salvezza che va dall'elezione gratuita fino alla completa re­
denzione dei fedeli. Essi infatti per sua libera ed efficace iniziativa
sono stati predestinati e redenti nel Figlio . Su di essi si riversa l'ab­
bondanza della sua grazia che si manifesta come dono di sapienza e
intelligenza per conoscere il mistero della sua volontà , che consiste
nella «ricapitolazione di tutte le cose» in Cristo ( l ,4-10) .
Questa azione efficace e benefica di Dio Padre è connotata da
una costante costellazione di termini. All'origine di tutto sta la «VO­
lontà» di Dio padre , thèlema ( 4 volte ; una volta boùle, 1 , 1 1 ; due vol­
te p ròthesis , «decisione» , 1 , 1 1 ; 3 , 1 1 ) . Nella rivelazione storica del
disegno di Dio si manifesta la sua multiforme «sapienza» ( 3, 10) . La
dòxa , «gloria», è l'effetto intrinseco e lo scopo ultimo dall'azione di­
vina al punto che si può invocare il «Dio della gloria» ( 1 , 17). L'a­
spetto libero e gratuito dell'iniziativa salvifica di Dio è rimarcato
dalla chàris , «grazia» , che si dispiega anche nella comunicazione dei
doni spirituali ai singoli credenti per mezzo del Cristo risorto ( 4,7 ) .
In connessione con questa gratuità e radicalità dell'azione di Dio
Padre merita di essere rilevato l'attributo di «creatore» che risale al­
la tradizione biblica. Ma nella nostra lettera è originale l'accosta­
mento della categoria della creazione con la «grazia» che sta all'ori­
gine del processo salvifico : «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo
Gesù , pòiema autoù . . . ktisthèntes» ( 2,10 ) . Alla stessa concezione si

195
ispira il testo di Ef 4,24 , dove si invitano i neobattezzati a «rivestire
l'uomo nuovo , creato secondo Dio nella giustizia e nella santità ve­
ra» . Risente invece del linguaggio tradizionale la formula, accostata
alla menzione del disegno eterno di Dio «Creatore dell'universo»
(3 ,9c; cf. 3Mac. 2,3) .
Dio Padre è la fonte e la meta ultima del disegno salvifico . Ma
questo disegno si attua e si fa conoscere storicamente per mezzo di
Gesù Cristo . L'interesse e lo spessore cristologico della nostra lette­
ra si possono quantificare in questi dati : 46 volte ricorre il titolo
Christòs , da solo (28 volte) o associato Jesoùs, nella formula «Cristo
Gesù» (10 volte) , oppure «Gèsù Cristo» (8 volte) . È notevole anche
la frequenza del titolo Kyrios (26 volte) . Esso è congiunto nella
maggioranza dei casi a Gesù (Cristo) , oppure è riferito a lui nella
formula assoluta «il Signore». Risente del linguaggio tradizionale li­
turgico la formula «Gesù Cristo (nostro) Signore» ( 1 ,2. 3 . 17 ; 5 ,20 ;
6,23.24) . Invece è singolare l'uso del solo nome «Gesù» inserito nel
richiamo della catechesi battesimale : i cristiani sono stati istruiti «Se­
condo la verità che è in Gesù, èn to-i Jesoù» (4,21 ) .
Più importante per l a comprensione della specificità della cristo­
logia efesina è l'uso intensivo di alcune costruzioni tipiche della tra­
dizione paolina: èn (to-i) Christo-i, che ricorre in tutto cinque volte ,
concentrate quasi tutte nel primo capitolo . Più frequente , 22 volte , è
la dicitura: èn Christo-i Iesoù . A queste espressioni si deve aggiunge­
re la formulazione corrispondente con il pronome dimostrativo , èn
auto-i, o col relativo èn ho-i. Più sobrio , solo sette volte , è l'uso della
formula èn Kyrìo-i. A queste costruzioni si devono aggiungere quel­
le formate con la particella syn , tenendo conto anche dei verbi e dei
sostantivi composti già segnalati nell'analisi linguistica. Da questo
insieme di dati si ricava l'impressione che la Lettera agli Efesini pri­
vilegia una cristologia di tipo partecipativo o inclusivo .29 In altre pa­
role Gesù Cristo è lo spazio o ambito in cui si manifesta e si realizza
il disegno salvifico di Dio che tende a unificare tutti e tutto a tre li­
velli : cosmico , antropologico ed ecclesiale .
In Gesù Cristo , il «Figlio» amato di Dio , non solo si ha la reden­
zione che consiste nella remissione dei peccati , ma il «mistero» di
Dio viene svelato e attuato . Facendo ricorso a un termine ripreso
dal linguaggio amministrativo , oikonomìa , si dice che Dio nella sua

29 T. G. ALLEN , <<Exaltation and Solidarity with Christ. Ephesians 1 . 20 and 2.6••,


in JSNT 28(1986) , 103-120.

196
benevola ed efficace decisione «ha disposto la pienezza dei tempi : ri­
capitolare in Cristo tutte le cose , quelle del cielo come quelle della
terra» ( 1 , 10) . Il verbo anakephalaibsasthai, «ri-capitolare» , richiama
il sostantivo kephalè, «capo>> , che designa il ruolo attribuito al Cristo
risorto intronizzato alla destra di Dio e costituito Signore universale .
Si può dire che tutta la realtà «intestata a Cristo>> , trova in lui la sua
unità e pienezza di senso .
Alla fine del capitolo secondo con una frase troppo enigmatica
per la sua densità, l'autore tenta di fondere insieme tutte le dimen­
sioni della signoria di Cristo : «Dio lo ha costituito su tutte le cose a
capo della chiesa , la quale è il suo corpo , la pienezza di colui che si
realizza interamente in tutte le cose>> (1 ,22-23) . Quello che si intui­
sce in questa costruzione intricata è il movimento generale del pen­
siero : per iniziativa di Dio la «pienezza>> dei beni salvifici , presente
in Cristo, tramite la chiesa, suo corpo , di cui egli è capo , riempie tut­
ta la realtà ( cf. 4, 10) .30
A livello antropologico il ruolo di Cristo è presentato come paci­
ficazione , riconciliazione e unificazione dei due gruppi umani divisi
e ostili: pagani ed ebrei. Per mezzo della sua morte di croce Cristo
ha eliminato il muro di ostilità che divideva i due , in quanto egli ha
preso su di sé l'inimicizia e l'ha radicalmente eliminata. Sotto il pro­
filo positivo egli «ha fatto dei due un'unità>> , «ha creato in se stesso
un solo uomo nuovo>> , facendo la pace , e infine «li ha riconciliati tut­
ti e due con Dio in un solo corpo» (2, 14- 16) . L'espressione un solo
«uomo nuovo» , kainòs ànthropos , sottolinea il ruolo antropologico
universale dell'evento pacificatore di Cristo . Invece la formula «un
solo corpo» , hèn soma, riflette l'aspetto ecclesiale della riconcilia­
zione degli esseri umani con Dio .
La dimensione ecclesiale della cristologia di Efesini viene svilup­
pata di seguito con una formula di sapore liturgico , in cui si avverte
l'eco della fede trinitaria: «Per mezzo di lui ( Cristo ) possiamo pre­
sentarci, gli uni gli altri , al Padre in un solo Spirito» (2, 18) . La stessa
prospettiva viene ripresa nella conclusione di carattere decisamente
ecclesiale . La costruzione della chiesa, formata da ebrei e pagani , i
vicini e i lontani che hanno ricevuto l'evangelo della pace, ha come
pietra angolare Cristo Gesù e in lui cresce come «tempio santo nel

30 PENNA, Lettera agli Efesini, 120-124; BournER , L ' Épitre de saint Paul aux
Ephésiens, 307, dove offre un quadro prospettico di tutte le costruzioni e interpreta­
zioni possibili di Ef l ,23 .

197
Signore>> (2,20-21) . Anche i pagani, diventati «concittadini dei santi
e familiari di Dio» , assieme agli altri credenti sono «edificati per di­
ventare dimora di Dio nello Spirito santo» (2 ,22) .
La relazione del Cristo con la chiesa è riproposta e ampliata nel
capitolo quarto e quinto , dove la parenesi si alterna con le motiva­
zioni di carattere cristologico . Il ruolo di Cristo rispetto alla chiesa
viene espresso mediante l'immagine del «capo» rispetto al «corpo» .
Come Signore risorto egli distribuisce i doni e stabilisce i ministeri .
Cosi tutti sono in grado di prestare il servizio allo scopo di «edificare
il corpo di Cristo», avendo come meta comune l'unità della fede e la
conoscenza del Figlio di Dio (4, 1 1-13) . Di questo corpo , che tende
alla maturità definita da Cristo stesso , egli è il capo che assicura non
solo l'unità , ma la partecipazione e la crescita di tutti i membri nella
carità (4, 15-16) . Nel contesto del codice familiare il ruolo di Cristo
capo rispetto alla chiesa si intreccia con quello soteriologico: egli è il
capo della chiesa in quanto è il suo «salvatore» (5 ,23.25b) .
Più discreta, rispetto alla cristologia, è a prima vista la riflessione
sullo «Spirito santo» nello scritto di Efesini .31 Delle 14 ricorrenze del
termine pnèuma solo 1 1 si riferiscono alla presenza e azione dello
«Spirito santo». Questa formulazione tradizionale si trova due sole
volte nella nostra lettera . Nel contesto della parenesi battesimale si
esortano i fedeli a non rattristare «lo Spirito santo di Dio , col quale
foste segnati per il giorno della redenzione» (4 ,30) . Il genitivo «di
Dio» indica la fonte di questo dono . La frase relativa definisce il
ruolo dello Spirito santo che «sigilla» l'identità dei fedeli come can­
didati alla salvezza escatologica o definitiva.
L'immagine del «sigillo» , riferita nell'epistolario paolino , assie­
me a quella di «caparra» , allo Spirito santo, è utilizzata nella parte
conclusiva della «benedizione» iniziale . Il processo salvifico , che sul
piano storico prende avvio con l'ascolto del vangelo , arriva al suo
compimento solo con la redenzione completa dei credenti. Essi in­
fatti hanno ricevuto il «sigillo dello Spirito santo» promesso da Dio ,
che è «caparra» della eredità futura ( 1 , 13-14) . La connotazione
«escatologica» del dono dello Spirito è confermata dalla preghiera
iniziale , in cui si chiede a Dio Padre per i fedeli uno «Spirito di sa­
pienza e di rivelazione» per comprendere la speranza della loro chia-

3 1 J. ADAI, Der Heilige Geist als Gegenwart Gottes in den einzeln Christen, in der
Kirche und in der Welt. Studien zur Pneumatologie des Epheserbriefes (RSTh 3 1 ) ,
Frankfurt 1985 .

198
mata alla gloria , che consiste nell'eredità fra i santi (1 , 17-18) . Que­
sto ruolo escatologico dello Spirito corrisponde a quello che egli ha
nel processo di rivelazione del mistero di Cristo , manifestato «ai
suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3,5) .
Nelle altre ricorrenze il ruolo dello Spirito santo è intrecciato
con quello di Gesù Cristo nell'azione di unire i fedeli per la costru­
zione della chiesa . Infatti la formula èn Pnèumati, «nello Spirito» ,
che ricorre cinque volte i n Efesini , richiama quella analoga «in Cri­
sto». «<n un solo Spirito» per mezzo di Gesù Cristo tutti quelli che
hanno ascoltato il suo annuncio di pace possono accedere al Padre
(2 , 18) . «Nello Spirito» la costruzione ecclesiale , formata dal concor­
so dei diversi gruppi , diventa «dimora di Dio» (2,22) . Come c'è un
solo «Signore, una sola fede e un solo battesimo» , così c'è un solo
«Corpo e un solo Spirito» e unica la speranza alla quale sono chiama­
ti i credenti battezzati (4,4-5 ) .
I n quest'ultimo testo come anche nell'invito precedente a «con­
servare l'unità dello spirito» è incerto e discusso il riferimento allo
«Spirito santo». 32 Risulta invece chiara dall'insieme del contesto la
proposta dell'unità e maturità ecclesiale che si fondano sull'unico
«Spirito» . D'altra parte il nostro autore è convinto che la maturità
dei credenti ha la sua radice nell' azione dello Spirito . Per questo la
prima istanza della preghiera dell'apostolo per i fedeli riguarda il do­
no dello Spirito . Egli chiede al Padre , fonte di ogni dono , che conce­
da a essi di essere «potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uo­
mo interiore» (3 , 16) . Non è casuale che la presentazione dell'arma­
tura di Dio per la lotta contro i «dominatori di questo mondo e gli
spiriti del male» si chiuda con l'invito a prendere la «spada dello Spi­
rito» , che è la parola di Dio. Con questo appello finale si sintonizza
anche l'invito a pregare «incessantemente con ogni sorta di preghie­
ra e suppliche nello Spirito» (6, 17-18) .

32 BouTIIER, L' Épitre de saint Pau/ aux Ephésiens , 171 , contro l'autorità di Giro­
lamo, Lutero e Calvino , che traducono l'espressione di Ef 4,3: enòteta toù pnèumatos ,
«unità spirituale>>, interpreta: «unità che è stata data e viene data dallo Spirito santo>> ;
PENNA, Lettera agli Efesini, 179-183, sostiene l'interpretazione di «spiritO>> in senso
etico-ecclesiale come impegno interiore , comune e convinto a formare l'unità e la pa­
ce della chiesa; nello stesso senso interpreta anche Ef 2,18, ma aggiunge : «In ogni ca­
so, e questo va detto con forza, lo "spirito" di Ef 4,3.4 non è senza connessione con lo
Spirito di Dio» (p. 183) ; MoNTAGNINI, Lettera agli Efesini, 247 , vede nei due testi il ri­
ferimento allo Spirito di Dio. Il possibile rimando di Ef 4,4 a 1 Cor 12,13, conferme­
rebbe questa interpretazione «teologale» del nostro testo.

199
b) L 'ecclesiologia di Efesini
È innegabile l'interesse della Lettera agli Efesini per il tema ec­
clesiologico . Le nove ricorrenze del termine ekklesia sono un pale­
se indizio di questo orientamento del nostro scritto , soprattutto se
posto a confronto con la Lettera ai Galati , dove vi sono solo tre
presenze dello stesso vocabolo . Va però subito precisato che sei di
queste menzioni della «chiesa» sono concentrate nella digressione
«catechistica» inserita nel codice dei doveri familiari (5 ,23-
24.25b-32) . Rientrano nell'area semantica dell'ecclesiologia la me­
tafora del «corpo» , con nove ricorrenze , e l'immagine dell'oikodo­
m�, «costruzione», associata in almeno cinque testi ai verbi compo­
sti synoikodomèisthai, epoikodomèisthai per indicare il processo di
formazione della comunità dei credenti , considerata «tempio di
Dio» e sua «dimora» (2 ,20-22 ; cf. 4,12. 16) . Si potrebbe aggiungere
anche il simbolo sponsale che si intreccia con quello del «corpo» .
Ambedue sono utilizzati per esprimere i l rapporto d i Cristo con la
chiesa (5 ,26-27 .29 .32) .
Questo rapporto infatti è l'aspetto qualificante dell'ecclesiolo­
gia efesina. Il discorso sulla chiesa è inseparabile dalla riflessione
sul ruolo di Gesù Cristo . L'espressione più efficace di questo lega­
me vitale tra Gesù Cristo e la chiesa è data dalla duplice metafora
del «capo» e del «corpo». La prima ricorrenza del vocabolo ek­
klesìa in Efesini è connessa con questo linguaggio metaforico riferi­
to a Cristo e alla chiesa. Alla fine del capitolo primo si dice che la
straordinaria grandezza della potenza di Dio a favore dei credenti
si manifesta nella risurrezione ed esaltazione celeste di Gesù al di
sopra di tutte le potenze. Ma la signoria universale di Cristo , costi­
tuito da Dio capo su tutte le cose , si esercita èn ekklesìai, «nella
chiesa». Questa infatti è «il suo corpo» attraverso il quale la «pie­
nezza» del Cristo risorto si realizza interamente in tutte le cose
( 1 ,22-23). Da questa relazione dinamica della chiesa con Cristo de­
rivano le sue dimensioni caratteristiche: l'unità, l'universalità e la
crescita.
In primo luogo la chiesa è lo spazio dove si manifesta la forza
unificante di Cristo nei confronti dei due gruppi rappresentanti del­
l'umanità divisa. Essi sono riconciliati con Dio in un solo corpo per
mezzo della croce di Cristo e pacificati tra loro possono presentarsi
insieme a Dio Padre per mezzo di Cristo in un solo Spirito (2 , 16. 18) .
L'evento storico della pacificazione , dell'unificazione e della ricon­
ciliazione di ebrei e pagani si realizza nella chiesa, dove i pagani

200
sono accolti come «concittadini dei santi e familiari di Dio» (2, 19) . 33
L'annuncio del vangelo di pace da parte del Cristo si prolunga in
quello che raggiunge i nuovi ascoltatori della parola di verità, il van­
gelo della salvezza ( 1 , 1 3) . Perciò il gruppo degli «apostoli e profeti»
come proclamatori del vangelo e della parola di verità, diventa il
fondamento della costruzione della chiesa, che nello stesso tempo
poggia su Gesù Cristo come pietra angolare (2,20) . Questa sovrap­
posizione di immagini non crea una concorrenza né una sostituzione
tra Gesù Cristo e il gruppo fondante della chiesa , ma sottolinea la
loro continuità nella storia di salvezza.
La stessa dialettica è sottesa al processo di rivelazione e attuazio­
ne del «mistero di Cristo», che consiste in questo : «i pagani sono
chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare
lo stesso corpo e a essere partecipi della promessa» (3 ,6-7) . Questo
avviene mediante l'annuncio del vangelo in due fasi storiche che nel­
la prospettiva ecclesiale di Efesini tendono a sovrapporsi . Paolo , co­
stituito per grazia di Dio diàkonos del vangelo , proclama ai pagani
le imperscrutabili ricchezze di Cristo e così manifesta davanti a tutti
qual è l'oikonomìa del mistero di Dio un tempo nascosto e ora rive­
lato e attuato in Gesù Cristo . Ma la stessa rivelazione avviene trami­
te i «santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito» (3 ,5) . In tal mo­
do l'autore può affermare che ora per mezzo della chiesa la manife­
stazione della multiforme sapienza di Dio creatore di tutto raggiun­
ge anche i principati e le potestà negli spazi celesti . Questa sovrap­
posizione di orizzonti - azione di Dio in Cristo e ruolo della chiesa
- consente di esprimere la dimensione trascendente della realtà ec­
clesiale .
Nelle sezioni parenetiche la prospettiva diventa intraecclesiale .
L'unità dei credenti è il punto di partenza e la meta finale del pro­
cesso di crescita del corpo ecclesiale . L'esortazione a conservare
«l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace» è la trascri­
zione in chiave di parenesi intraecclesiale del processo di unificazio­
ne e pacificazione realizzata dall'evento della croce di Cristo (4,3) .
La motivazione di questo invito parte dall'esperienza dell'unità
ecclesiale , che si fonda ed esprime nella professione di fede battesi-

33 A. T. LINCOLN , «The Church and Israel in Ephesians», in CBQ 49(1987), 605-


624: l'unità di cui si interessa Efesini è quella che avviene nella chiesa tra giudeo­
cristiani ed etnico-cristiani ; C.J. RoETZEL, «Jewish-Christian-Gentile : Christian Rela­
tions. A Discussion of Ephesians 2,15a», in ZNW 74( 1983), 81-89; K. USAMI , Somatic
Comprehension of Unity: The Church in Ephesians (AnBib 101 ) , Rome 1983 .

201
male , e risale fino a Dio Padre , fonte ultima del processo di unifi­
cazione :

a) «un solo corpo , un solo spirito come una sola è la spe­


ranza . . . » ;
b) «Un solo Signore , una sola fede , un solo battesimo» ;
c) «Un solo Dio Padre di tutti . . . » (4,4-6) .

Questa tensione tra uno «solo/tutti» offre lo spunto per introdur­


re il tema della crescita grazie all'apporto di tutti i membri del corpo
ecclesiale reso possibile dai doni del Cristo risorto . Tra questi doni si
distinguono quelli costitutivi della diakonìa di tutti i fedeli per l'edi­
ficazione del corpo di Cristo . Sono enumerati cinque figure ministe­
riali , tra le quali spiccano al primo posto gli «apostoli e profeti», alla
fine la coppia «pastori e maestri», al centro stanno gli evangelisti
(4, 1 1 ) .
La fisionomia d i questi ministeri è data dalla loro finalità eccle­
siale, a sua volta precisata in questi termini : «finché arriviamo tutti
all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio , allo stato di
uomo perfetto , alla misura di maturità corrispondente alla pienezza
di Cristo»» (4, 1 3 ) . In questo caso l'unità della fede è il punto di arrivo
del processo di edificazione del corpo di Cristo . Infatti questa unità
è esplicitata in termini cristologici come conoscenza del Figlio di Dio
e piena maturità spirituale che ha nella pienezza di Cristo la sua fon­
te e il modello . La breve applicazione parenetica del tema della ma­
turità ecclesiale sfocia in quello della crescita, facendo ricorso alle
metafore del capo e del corpo: «cerchiamo di crescere in ogni cosa
verso di lui , che è il capo, Cristo , dal quale tutto il corpo . . . riceve
forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità»»
(4, 15b-16) .
La crescita del corpo ecclesiale nel dinamismo dell'agàpe , rap­
presenta il filo conduttore della parenesi che include anche il codice
dei doveri familiari . In tale contesto viene ripreso il tema del rappor­
to di Cristo con la chiesa facendo ancora ricorso al linguaggio simbo­
lico del capo e del corpo . In particolare l'invito rivolto ai mariti di
amare le proprie mogli viene motivato con il rimando al modello ar­
chetipo di Cristo «che ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei»» .
L'evento redentivo viene esplicitato e ampliato con un rimando al
bagno battesimale . Il soggetto è sempre il Cristo che come lo sposo
sceglie e si prepara la sposa «tutta gloriosa, senza macchia e senza
ruga e alcunché di simile , ma santa e immacolata»» (5 ,26-27) . Sullo

202
sfondo di questo linguaggio allusivo vi sono le immagini bibliche del­
l'alleanza (Ez 16,9) .
Ancora con termini mutuati dal rapporto sponsale si dice che
Cristo si prende cura e nutre la chiesa. Un'allusione all'eucaristia?
Quello che interessa all'autore di questa riflessione è il significato
globale del rapporto di Cristo con la chiesa. Esso si iscrive nel dise­
gno salvifico di Dio un tempo nascosto e ora svelato . Tutto questo
nel linguaggio di Efesini si chiama il «mistero». L'autore vede un
momento importante e decisivo della rivelazione e attuazione di
questo mistero proprio nel rapporto di Cristo e della chiesa: «Que­
sto mistero è grande ; lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa»
(5 ,32) . Questa intuizione deriva da una rilettura del testo di Gen
2 ,24, dove in riferimento agli sposi si parla dell'unità dei due in una
carne sola. È proprio quello che ha compiuto Cristo nella sua morte
di croce e che ora si prolunga e realizza nell'esperienza ecclesiale ,
prototipo di quella degli sposi . 34

c) Antropologia, etica e spiritualità di Efesini

Per esprimere l'effetto dell'azione pacificatrice e unificante di


Gesù Cristo la Lettera agli Efesini conia una formula originale : Cri­
sto ha creato in se stesso dei due «Un solo uomo nuovo , kainòs àn­
thropos» (2, 15b) . La stessa espressione ricorre nel contesto della pa­
renesi battesimale , dove si richiama l'impegno assunto dai neofiti .
Esso ha un risvolto negativo e uno positivo : «deporre l'uomo vec­
chio . . . rivestire l'uomo nuovo» (4 ,22.24) . A queste formulazioni
dell'antropologia efesina possono essere accostate quelle relative al­
l'«uomo interiore» (3, 16) e all'«uomo perfetto , an�r tèleios» (4, 13) .
Tenendo presente questo quadro espressivo con il relativo con­
testo si possono enucleare alcune caratteristiche dell'antropologia di
Efesini . In primo luogo la novità dell'essere umano deriva dalla sua
relazione con Gesù Cristo , che è il prototipo dell'uomo nuovo e per­
fetto . L'aspetto radicale e definitivo di questa novità è espresso me­
diante la categoria della «creazione», che rimanda all'èspressione di
Paolo «nuova creatura/creazione» (Gal 6 , 1 5 ; 2Cor 5 , 17) . L'unità e

34 S . F. MILETIC, «One Flesh»: Eph 5,22-24; 5,31 . Marriage and the New Creation
(AnBib 1 15), Rome 1988.

203
l'universalità sono gli altri due tratti distintivi del progetto di essere
umano realizzato da Gesù Cristo e anticipato dai credenti che ne
condividono il destino .
Su questa piattaforma antropologica si sviluppa il progetto etico
della Lettera agli Efesini. Esso ha nello stesso tempo una connota­
zione cristologica ed ecclesiale , che si esprime e attua nell'agàpe.
Questo termine ricorre dieci volte in Efesini e altrettante il verbo
agapàn . La massima concentrazione del lessico dell'amore si ha nel
capitolo quarto e quinto riservati alla parenesi . Ma già fin dalla be­
nedizione iniziale viene tracciato il progetto di vita etica sullo sfondo
dell'azione gratuita di Dio per la salvezza. Egli infatti ha scelto i cre­
denti in Gesù Cristo «per essere santi e immacolati al suo cospetto
en agàpe-i nell'amore» ( 1 ,4b ) . L'amore verso tutti i credenti , assie­
me alla fede nel Signore Gesù , caratterizza la vita dei cristiani
( 1 , 15 ) .
Queste due strutture dell'esistenza cristiana definiscono il profi­
lo dell'uomo interiore che può contare sulla forza dello Spirito e sul­
la presenza del Cristo che abita nei cuori per mezzo della fede . Tutto
questo è frutto dell'azione di Dio Padre invocato nella preghiera e
che ha come ultimo obiettivo la piena espansione dell'amore . L'agà­
pe infatti è la radice , il fondamento e la meta finale del processo di
maturità cristiana che nell'amore fa esperienza della «pienezza di
Dio» ( 3 , 17-19 ) .
Data questa impostazione teologale dell'esistenza cristiana è na­
turale che il progetto etico si concentri nell'amore . Questo diventa il
filo conduttore della parenesi di Efesini . L'esortazione a vivere con­
forme alla vocazione cristiana si traduce nella proposta di relazioni
connotate da tre attitudini : umiltà , mansuetudine e pazienza. Ma es­
se convergono verso l'agàpe che rende possibile l'accoglienza reci­
proca e sta alla base dell'unità ecclesiale (4,2-3 ) . Con una formula
felice l'autore di Efesini riassume l'impegno per arrivare alla maturi­
tà di Cristo: «vivere la verità nell'amore , alethèuontes èn agàpb>
(4 , 15a ) . Anche la crescita ed edificazione del corpo di Cristo grazie
alla partecipazione attiva di ogni membro può avvenire solo «èn agà­
pe-i» ( 4, 16c) .
In questo orizzonte l'invito a «vivere nell'amore» non è solo una
bella formula. Esso fa da intestazione a un progetto di vita che ha
come fonte e modello l'amore di Dio reso visibile e comunicato ai
credenti da Gesù Cristo che «ci ha amato e ha dato se stesso per noi»
( 5 ,2 ) . L'articolazione di questo progetto è data dall'elenco delle atti­
tudini che caratterizzano l'uomo nuovo «creato secondo Dio nella

204
giustizia e santità vera» (4,24) . Sul piano concreto si tratta di vivere
relazioni positive e costruttive che non solo escludono i vizi tipici del
mondo pagano delle tenebre , ma si innestano su una prassi che
esprime la nuova condizione dei «figli della luce>> (4,25-32 ; 5 ,3-9) . Il
codice dei doveri familiari non fa altro che dare attuazione a questo
progetto di nuove relazioni definite dall'amore che ha la sua fonte e
il modello nel dono che Gesù ha fatto di sé per la chiesa (5,21-33) .
Dalla stessa radice che alimenta il progetto etico di Efesini ger­
moglia e cresce in forma vigorosa uno stile di vita spirituale equili­
brato e dinamico . Lo spazio dato al ruolo dello «Spirito» fa intrave­
dere l'interesse della nostra lettera per questa dimensione della vita
cristiana . Essa si articola in due ambiti privilegiati , quello della pre­
ghiera e dell'esperienza liturgica . L'invito alla preghiera incessante ,
insistente e per tutti segue lo schema tradizionale paolino (6 , 18) . Ma
l'autore di Efesini offre anche diversi esempi di preghiera , dalla «be­
nedizione» contemplativa e invocazione adorante , alla dossologia ed
espressione innica ( 1 ,3-13 . 15-18; 3 , 14-19.20-21 ; 5 , 14) . Queste com­
posizioni , assieme alle acclamazioni e formule di fede distribuite nel
corso della lettera, danno un saggio dei «salmi, inni , cantici spiritua­
li» che esprimono l'atteggiamento orante dei singoli e della comuni­
tà sotto l'impulso dello Spirito (5 , 1 8b-20) .
Mi piace concludere questa ricostruzione del messaggio teologi­
co e spirituale di Efesini con il ritratto del cristiano che realizza l'i­
deale dell'uomo nuovo e perfetto . Esso riflette lo spirito militante
dell'autore che propone ai credenti battezzati una scelta radicale
senza nostalgie e compromessi . L'allegoria biblica dell'armatura di
Dio gli offre lo spunto per presentare l'equipaggiamento spirituale
del cristiano maturo : la cintura della verità , la corazza della giusti­
zia , i calzari dello zelo , lo scudo della fede , l'elmo della salvezza e la
spada dello Spirito . In questo profilo del cristiano maturo , che sa re­
sistere a tutte le prove, merita di essere segnalato l'aspetto dinamico
di due qualità: lo zelo per propagare il vangelo della pace e la spada
dello Spirito che è la parola di Dio . Anche se in sordina, affiora la
tensione missionaria ed evangelizzatrice di Efesini , che ha in Paolo ,
il diàkonos e ambasciatore del vangelo, il suo prototipo .35

35 R. A. WILD , <<The Warrior and the Prisoner: Some Reflections on Ephesians


6: 10-20» , in CBQ 46(1 984) , 284-298 .

205
VI
Le Lettere Pastorali

Le tre lettere del corpus paolino , che , a partire dal XVIII secolo,
sono chiamate «lettere pastorali» , costituiscono un gruppo di scritti
sostanzialmente omogeneo per stile e contenuto . Le diversificazioni
all'interno del gruppo riguardano la seconda Lettera a Timoteo , che
ha un tono più personalizzato sullo stile del «discorso di addio» o
«testamento» spirituale . Anche la Lettera a Tito rispetto alla prima
Lettera a Timoteo ha alcune accentuazioni tematiche diverse che
giustificano la sua conservazione nella raccolta delle lettere paoline .
In altri termini la Lettera a Tito non è un doppione della prima a Ti­
moteo, perché ne riprende alcuni temi , ma collocandoli in un conte­
sto diverso . Le tre lettere presuppongono una situazione dei desti­
natari simile e rispondono alle stesse preoccupazioni di fondo: sma­
scherare e combattere il fronte dei falsi maestri e proporre un insie­
me di istruzioni e norme autorevoli per l'organizzazione e la guida
della comunità cristiana. Pertanto il gruppo delle tre lettere pastora­
li verrà esaminato in modo unitario , rilevando di volta in volta gli
aspetti peculiari o distintivi dei singoli scritti .

1 . ANALISI LINGUISTICA DELLE PASTORALI

La diversità lessicale e stilistica delle tre lettere pastorali è quella


che ha determinato verso la fine del XIX secolo il loro scorporamen­
to dal resto dell'epistolario paolino . L'ipotesi dell'origine pseudepi­
grafica delle pastorali fa leva su questo dato di fatto . Il carattere les­
sicale e stilistico delle nostre tre lettere è così diverso dalle altre del
corpus paolino che esse non possono essere attribuite direttamente a
Paolo come presuppone la loro intestazione attuale . Ma anche la
teologia propria di questi scritti è legata alla presenza di alcuni ter­
mini che ritornano con una notevole frequenza . Perciò la porta di

207
ingresso per una lettura critica e feconda del corpus pastorale inizia
con l'analisi linguistica che prevede una ricerca sul lessico , lo stile e
le caratteristiche letterarie dei tre scritti , per approdare alla ricostru­
zione della loro struttura .

a) Le caratteristiche lessicali

Il dato che caratterizza sotto il profilo lessicale le tre lettere pa­


storali è il numero rilevante di hapaxlegòmena rispetto all'insieme
degli scritti neotestamentari . I termini che ricorrono una o più volte
solo in una delle nostre tre lettere , esclusi i nomi propri di persone e
luoghi, sono complessivamente 137. Mentre gli hapaxlegòmena che
ricorrono in due o in tutte tre le lettere - raramente - sono in tutto
41 . Questi hapaxlegòmena nelle tre pastorali sono così distribuiti : 1

hapaxlegòmena singolari
J Tm 2 Tm Tt
67 45 25

hapaxlegòmena comuni
J Tm 2 Tm Tt
19 10 12

Gli hapaxlegòmena sono concentrati nelle sezioni dove si ripor­


tano elenchi di qualità positive o negative riferite rispettivamente ai
«presbiteri/episcopi» o ai membri della comunità cristiana , e ai de­
vianti o ai falsi maestri :

l Tm 2Tm Tt
1 ,3-4.9-10 2,3-4. 14.22 1 ,7-8. 10
2,9 3 ,2-5 . 16-17 2,2-5 . 12
3 ,2-3 . 8-9
4,2.7-8
5 , 10
6,4-5 . 17-20

1 H.J. HOLTZMANN , Die Pastoralbriefe, 86-91 , calcola in tutto 171 vocaboli pro­
pri delle pastorali su 897 parole complessive adoperate nelle nostre tre lettere.

208
Si può facilmente rilevare la preferenza per i vocaboli greci co­
struiti con l'alfa privativa :
a-delòtes , «incertezza» , l Tm 6 , 1 7 ;
a-diàleiptos, «incessante» , 2Tm l , 3 ;
a-kàiros, «inopportuno», 2Tm 4,2;
a-katàgnostos , «irreprensibile» , Tt 2,8;
a-krat�s, «incontinente», 2Tm 3 , 3 ;
à-machos, «non violento» , lTm 3 , 3 ; Tt 3,2;
an-�meros , «inumano>> , 2Tm 3,3;
an-òsios , «empio>> , lTm 1 ,9; 2Tm 3 ,2;
an-hypòtaktos , «ribelle» , lTm 1 ,9 ; Tt 1 ,6 ; 1 , 10;
a-pàideutos , «indisciplinato» , 2Tm 2,23 ;
a-pèrantos , «interminabile» , l Tm l ,4;
a-pròsitos , «inaccessibile», lTm 6,16;
à-spondos, «sleale» , 2Tm 3 , 3 ;
a-stochèin , «deviare» , lTm 1 ,6; 6,21 ; 2Tm 2,18;
a-philàgathos , «non amante del bene» , 2Tm 3,3;
a-pseud�s. «non mentitore» , Tt 1 ,2 .
U n altro gruppo d i hapaxlegòmena è costituito d a termini com­
posti con phìlos/philèin :
philàgathos, «amante del bene», Tt 1 ,8 ;
philandros, «amante del marito» , Tt 2,4;
philargyrìa , «amante del denaro» , lTm 6,10;
philautos, «amante di sé» , 2Tm 3,2;
phil�donos , «amante del piacere» , 2Tm 3,4;
philòtheos , «amante di Dio», 2Tm 3 ,4;
philòteknos , «amante dei figli» , Tt 2,4.
Per valutare la specificità lessicale delle tre lettere pastorali oltre
agli hapaxlegòmena succitati, è utile segnalare i termini rari che han­
no il loro corrispondente nell'epistolario paolino , con l'opera luca­
na, Vangelo e Atti degli Apostoli , oppure con la Lettera agli Ebrei :
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
aischrokerd�s
lTm 3,8; Tt 1 ,7 1Pt 5 ,2
alazon
2Tm 3,2 Rm 1 ,30
anakàinosis,
Tt 3,5 Rm 12,2
anhypòtaktos,
1Tm 1 ,9; Tt 1 ,6. 10 2,8
209
Pastorali Paolo Le-A t Eb altri
anophelès,
Tt 3,9 7,18
apeithès,
2Tm 3,2; Rm 1 ,30 Le 1 , 17;
Tt 1 , 16; 3 ,3 At 26,19
apòlausis,
1Tm 6,17 11 ,25
apolèipein,
2Tm 4,13.20; 4,6.9; Gd 6
Tt 1 ,5 10,26
apotòmos
Tt 1 , 13 2Cor 13,10
arsenokòites
1Tm 1 , 10 1Cor 6,9
àstorgos,
2Tm 3,3 Rm 1 ,31
authàdes,
Tt 1 ,7 2Pt 2,10
autàrkeia,
1Tm 6,6 2Cor 9,8
aphilàrgyros
1Tm 3 ,3 13,5
bèbelos,
1Tm 1 ,9; 4,7; 6,20; 12,16
2Tm 2,16
bradynein,
1Tm 3,15 2Pt 3 ,9
bythìzein,
1Tm 6,9 Le 5,7
gnesios,
1Tm 1 ,2; Tt 1 ,4 2Cor 8,8;
Fil 4,3
gymnàzein
1Tm 4,7 5,14; 12, 11 2Pt 2,14
dròmos,
2Tm 4,7 At 13,25 ;
20,24
dynàstes,
1Tm 6,15 Le 1 ,52;
At 8,27

210
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
ekkathàirein
2Tm 2,21 1Cor 5,7
ektrèpesthai,
1Tm 1 ,6 12,13
endymamoùn,
1Tm 1 , 12; 2Tm 2,1 ; Rm 4,20; At 9,22
4,17; 5,15; 2Tm 4,4 Fil 4,13;
Ef 6,10
enoikèin,
2Tm 1 ,5 ; 1 , 14 Rm 8, 1 1 ;
2Cor 6,16;
Col 3,16
exartìzein,
2Tm 3,17 At 21 ,5
epimelèisthai,
1Tm 3,5 Le
10,34.35
epitagè,
1Tm 1 , 1 ; Tt 1 ,3 ; Rm 16,26;
2,5 1Cor 7,6;
2Cor 8,8
èris,
1Tm 6,4; Tt 3 ,9 Rm 1 ,29 ;
13,13;
1Cor 1 , 1 1 ;
3,3; 2Cor
12,20; Gal
5,2; Fil
1 , 15
euergesìa,
1Tm 6,2 At 4,9
eusebèin,
1Tm 5,4 At 17 ,23
èuchrestos,
2Tm 2,21 ; 4,11 Fm 11
z6grèin,
2Tm 2,26 Le 5,10
zoogonèin,
lTm 6,13 Le 17,33;
At 7,19

211
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
kakoùrgos,
2Tm 2,9 Le
23 ,32.33.39
kèrdos,
Tt 1 , 1 1 Fil 1 ,21 ;
3,7
kosmikòs,
Tt 2,12 9, 1
loùtron,
Tt 3,5 Ef 5,26
meletàn,
1Tm 4,15 At 4,25
mesìtes,
1Tm 2,5 Gal 3,19; 8,6; 9,15;
3,20 12,24
mòrphosis,
2Tm 3,5 Rm 2,20
nauagèin,
1Tm 1 , 19 2Cor 1 1 ,25
nosphìzesthai
Tt 2,10 At 5,2.3
nouthesìa,
Tt 3,10 1Cor
10, 1 1 ;
Ef 6,4
odyne,
1Tm 6,10 Rm 9,2
orègesthai,
1Tm 3 , 1 ; 6,10 1 1 , 16
ostràkinos,
2Tm 2,20 2Cor 4,7
paidèia,
2Tm 3,16 Ef 6,4 12,5.7.8. 1 1
paidèuein,
1Tm 1 ,20; 2Tm 2,25; 1Cor Le 23,16; 12,6.7. 10 Ap 3,19
Tt 2,12 1 1 ,32 ; At 7,22;
2Cor 6,9 22,3
paracheimàzein,
Tt 3,12 1Cor 16,6 At 27, 12;
28, 1 1

212
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri

peitharchèin,
Tt 3,1 At 5,29.32;
27 ,2
perìergos,
1Tm 5 , 13 At 19,19
peripoièisthai,
1Tm 3,13 Le 17,33 ;
At 20,28
plàssein, .
1Tm 2,13 Rm 9,20
presbytèrion,
1Tm 4,14 Le 22,66;
At 22,5
pròdelos,
1Tm 5,24; 7,14
prodòtes,
2Tm 3,4 Le 6, 16;
At 7,52
prokope,
1Tm 4,15 Fil 1 , 12;
1 ,25
propetes,
2Tm 3,4 At 19,36
pyknòs,
1Tm 5 ,23 Le 5,33 ;
At 24,26
stratèia,
1Tm 1 , 18 2Cor 10,4
symbasilèuein,
2Tm 2,12 1Cor 4,8
sorèuein,
2Tm 3,6 Rm 12,20
(LXX)
sophrosyne,
1Tm 2,9; 2,15; 5,25 At 26,25
hybrist�s,
1Tm 1, 13 Rm 1 ,30
hyperoch�,
1Tm 2,2 1Cor 2,1

213
Pastorali Paolo Lc-At Eb altri
hypotithènai,
1Tm 4,6 Rm 16,4
philanthropìa,
Tt 3,4 At 28,2
philàrgyros,
2Tm 3,2 Le 16,4
semnòs,
1Tm 3,8; 3 , 1 1 ; Tt 2,2 Fil 4,8
chréstòtés,
Tt 3,4 Rm 2,4;
3,12;
11 ,22;
2Cor 6,6;
Gal 5,22;
Ef 2,7; Col
3,12

Pastorali Paolo Lc-At Eb altri


71 35 26 14 6
Da questo quadro complessivo risulta che le tre lettere pastorali
hanno una duplice relazione con l'epistolario paolino . Da una parte
utilizzano un numero considerevole di hapaxlegòmena paolini , cioè
di termini che non hanno un corrispondente nelle altre lettere del
corpus paolino : 35 su 71 dei termini succitati. Di questi termini rari ,
5 si trovano solo nel Vangelo di Luca; 13 solo negli Atti degli apo­
stoli; 8 in Le e in At ; 14 nella Lettera agli Ebrei ; 6 negli altri scritti
del NT. Nello stesso tempo si deve rilevare la presenza di vocaboli
«paolini» nel senso che ricorrono solo nelle tre pastorali e nelle let­
tere protopaoline e deuteropaoline, esclusa la Lettera agli Ebrei: 29
nelle protopaoline e 2 nelle deuteropaoline e 4 simultaneamente
nelle due serie del corpus paolino. 2
Un secondo livello di indagine riguarda il lessico «teologico» del
corpus pastorale . Esso in alcuni casi coincide con gli hapaxlegòmena
succitati , ma comprende anche altri termini che ricorrono con una
certa frequenza rispetto al corpus paolino e hanno un ruolo portante
nella teologia delle nostre lettere :

2 La somma complessiva delle ricorrenze dei 71 termini rari è 79, perché in 8 casi
essi compaiono in due serie diverse di testi .

214
NT Past . Pro t. P/. Deut. Pl. (Ef/Col/2 Ts)
agathòs 104 lO 30 7
alètheia 109 14 22 11
didaskalìa 21 15 2 2
epìgnosis 20 4 4 6
epiphàneia 6 5 l
eusèbeia 15 10
katharòs 26 7 l
pìstis 243 33 91 18
pistòs 67 17 9 7
sotèr 24 10 l l
sophronèin 6 l 2
sophròn 4 4

Alcuni di questi vocaboli entrano a far parte di espressioni ste­


reotipe che ricorrono con una certa frequenza nelle tre lettere pasto­
rali. Il vocabolo alètheia è associato a epìgnosis , «conoscenza della
verità» ( lTm 2,4; 2 ,25 ; 3,7; Tt 1 , 1 ) ; la didaskalìa , «dottrina» , è defi­
nita dal participio hygiàinousè , «sana» ( lTm 1 , 10; 2Tm 4,3 ; Tt 1 ,9 ;
2 , 1 ) , oppure dall'aggettivo kalè, «bella/buona» ( lTm 4,6 ) . Anche
èrgonlèrga , «opera/operè» sono qualificate come «belle/buone>>
( lTm 2 , 10; 3 , 1 ; 5 , 10.25 ; 6,18; 2Tm 2,21 ; 3 , 1 7 ; Tt 1 , 16; 2,7. 14;
3 , 1 .8. 14) . Invece l'aggettivo katharòs accompagna il sostantivo kar­
dìa , «cuore» ( lTm 1 ,5 ; 2Tm 2 ,22 ) o synèidésis, «coscienza» ( lTm
3 ;9 ; 2Tm 1 ,3 ) ; quest'ultimo vocabolo è associato anche all'aggettivo
«buono» ( lTm 1 ,5 . 19 ) . Altrettanto notevole è la combinazione di
«parola» e «fedele» nella fraseologia pistòs hò lògos ( l Tm 1 , 1 5 ; 3 , 1 ;
4,9; 2Tm 2 , 1 1 ; Tt 3 ,8; cf. 1 ,9 ) .
Infine va segnalato il fenomeno vistoso dell'assenza di alcune
particelle , avverbi e aggettivi che si riscontrano con frequenza nelle
altre lettere di Paolo soprattutto nelle protopaoline :

NT Past. Pro t. Pl. Deut. P/.


àn 166 22
àra 49 25 2
diò 53 22 5
diòti 24 10
èite 65 53 lO
èkastos 81 35 7
èti 92 14 l
hòsper 36 14
hòste 84 37 2

215
NT Past. Prot. Pl. Deut. Pl.
nynì 18 13 2
oukèti 48 14 l
oùte 91 33
pàlin 139 28
syn 127 28 9
tè 201 22 l
Nel contempo va rilevata la preferenza data nelle tre lettere pa­
storali ad altre particelle che si riscontrano nell'epistolario paolino ,
ma non con la stessa intensità. Per coglierne la peculiarità i tre scritti
pastorali sono considerati come un corpus unitario , che può essere
posto a confronto con la seconda Lettera ai Corinzi simile per esten­
sione , oppure con le tre lettere deuteropaoline ( Ef, Col, 2Ts) :

Past. NT 2Cor Prot. Pl. Deut. Pl.


dè 62 2771 73 535 36
èita 2 13 3
enbpion 8 93 4 9
katà 21 471 26 129 42
màlista 5 12 3
metà 19 467 7 41 14
medè 5 57 l 12 6
m�te 2 34 3
oudè 3 139 l 31 l
perì 10 331 2 32 10
hosàutos 6 17 2

Anche quest'ultimo confronto conferma la peculiarità lessicale


delle tre lettere pastorali non solo nei confronti delle lettere proto­
paoline , ma anche in rapporto al gruppo delle altre tre lettere deute­
ropaoline. Ovviamente questo fatto è connesso sia con l'orientamen­
to tematico dei tre scritti , sia con il loro profilo stilistico e letterario .

b) Caratteristiche di stile e letterarie


Le tre lettere inviate a nome di Paolo ai suoi due discepoli Timo­
teo e Tito a ragione sono collocate in un unico corpus perché le loro
caratteristiche di stile e il loro impianto letterario sono affini , pur
nella diversa ampiezza e organizzazione del materiale nei tre scritti .
I tratti distintivi dello stile risaltano dall'analisi della microstruttura
del testo .

216
Nelle tre lettere pastorali si coglie la sovrapposizione di almeno tre
«modi» di organizzare il testo che si inserivano nella cornice generale
della «lettera» . Il primo è quello degli «insegnamenti» o esposizioni
dottrinali , che fanno da sfondo alla serie di «disposizioni» pratiche , in
forma di esortazioni e norme . Le une e le altre sono intervallate da
piccole frasi o da brani di prosa ritmica che riportano frammenti dos­
sologici , professioni di fede e inni . Nei brani di carattere espositivo ,
nelle professioni di fede e nei testi dossologici le forme verbali preferi­
te sono all'indicativo . La forma verbale che caratterizza le sezioni
«parenetiche» e «disciplinari» è quella dell'imperativo .
È facile rilevare la concentrazione di queste forme verbali «im­
perative>> in alcune sezioni degli ultimi tre capitoli della prima Let­
tera a Timoteo :
lTm 4,1 1-16: dieci imperativi ;
lTm 5 ,3-4.7.9. 1 1 . 19-20.22-23 : quattordici imperativi ;
lTm 6,1-2. 1 1-12. 17.20: undici imperativi .
Lo stesso fenomeno si riscontra anche nella seconda Lettera a Ti­
moteo , dove gli «imperativi» sono concentrati nel capitolo secondo e
quarto:
2Tm 2,1-2 . 8. 14-16.22-23 : dodici imperativi ;
2Tm 4,2. 5 . 9 . 13. 1 5 .21 : quindici imperativi.
Nella piccola Lettera a Tito le forme dei verbi all'imperativo so-
no distribuite negli ultimi due capitoli , secondo e terzo :
Tt 2 , 1 .6. 1 5 : sei imperativi ;
Tt 3 , 1 .9-10.12. 14-15: sei imperativi .
Generalmente queste sezioni «imperative» sono costituite da
frasi brevi e rapide : il verbo all'imperativo è seguito dal contenuto
della disposizione o invito . In alcuni casi si ha una cascata di verbi
imperativi in forma seriale:
<<paràggele tàuta kài dìdaske, questo proclama e insegna» (lTm
4 , 1 1 ) ; «tàuta dìdaske kài parakàlei, questo insegna e raccomanda»
(l Tm 6,2c) ; «sy dè, 6 ànthrope Theoù, tàuta phèuge; dìoke dè dikaio­
synen . . . agonìzou tòn kalòn agona . . . epilàbou tes aionìou zoes , ma
tu , uomo di Dio , fuggi queste cose , tendi alla giustizia . . . combatti la
buona battaglia, cerca di raggiungere la vita eterna» (lTm 6 , 1 1-12) ;
«k�ryxon tòn lògon, epìstethi eukàiros akàiros, èlexon, epitìmeson,
parakàleson . . . , annuncia la parola , insisti in ogni occasione opportu­
na e non opportuna, ammonisci , rimprovera , esorta . . . » (2Tm 4,2) ;
<<Sy dè nephe èn pàsin, kakopàtheson èrgon pòieson euaggelistoù, tèn
diakonìan soù plerophòreson , tu però vigila attentamente , sappi

217
sopportare le sofferenze , compi la tua opera di annunciatore del
vangelo, adempi il ministero» (2Tm 4,5) ; «tàuta làlei kaì parakàlei
kài èlegche . . . médèis soù periphronèito , questo tu insegna, racco­
manda e rimprovera . . . Nessuno ti disprezzi» (Tt 2, 15) .
Il contenuto delle istruzioni e disposizioni spesso viene espresso
mediante proposizioni infinitive . Su queste si innestano altre subor­
dinate introdotte dalle particelle hìna e hòti, con le quali si precisa lo
scopo o ragione dell'ordine impartito o della disposizione pratica .
Ma anche le proposizioni subordinate delle sezioni espositive e cate­
chistiche sono introdotte da queste particelle , soprattutto da hìna ,
che indica lo «meta» o esito perseguito dall'azione rivelatrice e salvi­
fica di Dio . È interessante registrare la diversa concentrazione di
queste particelle connettive nelle tre lettere :

lTm hìna hòti 2Tm hìna hòti Tt hìna hòti

cc. cc. cc.


I 4 5 I l 4 I 3
II l 2 II 2 l II 6
III 3 III l 2 III 4 l
IV l 3 IV l
v 4 l
VI 2 3

15 12 5 7 13 l

Da questo quadro salta immediatamente agli occhi l'articolazio­


ne del testo nel primo capitolo della l Tm con la frequenza delle due
particelle hìnalhòti e nel capitolo secondo della lettera a Tt mediante
il ricorso alla particella hlna. Ambedue i capitoli contengono brani
di carattere espositivo e catechistico.
In altri casi le proposizioni subordinate sono introdotte da un re­
lativo , che serve a precisare il contenuto sia delle dichiarazioni sia
delle esortazioni . A questo riguardo merita di essere segnalata la
frequenza del pronome relativo hòstis l h'etis l hòitines l hàitines :
lTm (3) ; 2Tm (3) ; Tt (1), che ha funzione esplicativa o precisiva.

218
Assieme all'indefinito tìnes , «alcuni» - frequente nella 1Tm - con
questi pronomi relativi ci si riferisce ai «dissidenti» o «falsi maestri»
(1Tm 1 ,4; 6,9; 2Tm 2,2; Tt 1 , 1 1 ) . Un esempio di proposizioni relati­
ve che susseguono a incastro si ha in 1Tm 1 , 19 : «avendo fede e buo­
na coscienza, la quale alcuni avendo ripudiato hanno fatto naufragio
nella fede , tra i quali è Imenèo e Alessandro , che ho consegnato a
satana perché imparino a non bestemmiare».
Ma sono soprattutto le brevi professioni di fede , le formule inni­
che o dossologiche che vengono inserite nel testo mediante le propo­
sizioni relative . Questa costruzione si riscontra nel brano della pri­
ma Lettera a Timoteo , dove i tre aspetti della dichiarazione di fede
sono segnalati da brevi frasi relative : «Questa è una cosa bella e gra­
dita al cospetto di Dio , nostro salvatore , hòs, il quale vuole che tutti
gli uomini si salvino . . . uno solo è il mediatore . . . Gesù Cristo , hòs , il
quale ha dato se stesso . . . Questa testimonianza egli l'ha data . . . , èis
hò, della quale io sono stato fatto banditore e apostolo . . . » (1Tm
2 ,3-7 ; cf. 2Tm 1 , 1 1 ) . Analogo è l'innesto dell'inno cristologico in
1Tm 3 , 16, della dossologia di 1Tm 6 , 15-16 e della formula di fede di
Tt 2 , 14.
In altri casi questi brani di carattere espositivo o celebrativo so­
no articolati mediante una serie di brevi proposizioni participiali che
si saldano tra loro e con il soggetto della principale : «ma soffri anche
tu insieme con me per il vangelo , aiutato dalla forza di Dio, toù sò­
santos hymàs kài kalèsantos, che ci ha salvati e chiamati . . . secondo
la sua grazia, dothèisan , che ci è stata data . . . , phanerothèisan , rivela­
ta solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù , katar­
gèsantos, che ha eliminato la morte , photìsantos , che ha fatto ri­
splendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo . . . » (2Tm 1 ,9-
10) . In modo simile è costruito il testo della catechesi celebrativa di
Tt 2 , 1 1-14.
Un altro tratto distintivo dello stile delle tre lettere pastorali è la
presenza delle brevi formule introduttive sia delle istruzioni sia delle
professioni di fede . La più frequente è la dichiarazione nella sua for­
ma breve : pistòs hò lògos, «sicura è la parola» , ampliata con l'ag­
giunta: «e degna di essere accolta da tutti» (1Tm 1 , 1 5 ; 3 , 1 ; 4,9; 2Tm
2, 1 1 ; Tt 3 ,8) . Oltre alle professioni di fede , questa frase introduce
l'elenco delle qualità positive richieste ai candidati all'episkopè
(1Tm 3 , 1 .2-7) , a cui fanno riscontro quelle per i candidati alla diaco­
nia (1Tm 3,8-9 . 1 1-12) . Questi elenchi di attitudini positive opposte a
quelle negative , assieme alla serie di doveri per le varie categorie di
persone contribuiscono a definire sia lo stile sia la composizione del­
le nostre tre lettere .

219
c) Genere letterario delle Lettere Pastorali
L'aspetto più vistoso e immediato dal punto di vista letterario
nei tre scritti chiamati «lettere pastorali» è la loro cornice «epistola­
re» .3 Tutte e tre si aprono con le espressioni protocollari d'intesta­
zione delle lettere paoline :

J Tm 1 , 1-2 2 Tm 1 , 1-2 Tt 1 , 1-4


«Paolo ,
apostolo di Cristo Gesù . . . servo di Dio
a Timoteo , mio vero figlio . . . amato figlio a Tito
grazia, misericordia e pace . . . »

Anche la conclusione si uniforma al modello epistolare con alcu­


ne varianti che contraddistinguono le tre lettere . La prima a Timo­
teo è la più asciutta: dopo un'ultima raccomandazione al discepolo si
chiude con la formula di congedo liturgico: «la grazia sia con voi»
(1Tm 6,21 ) . Altrettanto sobria è la finale della Lettera a Tito: l'ano­
nimo scambio dei saluti precede la formula stereotipa di chiusura :
«la grazia sia con tutti voi» (Tt 3, 15) . Più personalizzata è la finale
della seconda Lettera a Timoteo : il mittente nomina tre persone che
manda a salutare ; dà le ultime istruzioni e raccomandazioni ; aggiun­
ge i saluti di altre quattro persone indicate con i loro nomi e quelli di
«tutti i fratelli» e si congeda con la doppia formula : «il Signore Gesù
sia con il tuo spirito . La grazia sia con voi» (2Tm 4,19-22) .
Al modello epistolare paolino si ispirano anche le introduzioni
dei brani di ricordo e preghiera celebrativa che si riscontrano nelle
due lettere a Timoteo : chàrin ècho to-i Theo-i (1Tm 1 , 12; 2Tm
1 ,3-4) . Un riferimento esplicito al dialogo epistolare si ha in 1Tm

3 D . N . BERDOT, Exercitatio theo/ogica exegetica in epistu/am S. Pauli ad Titum ,


Halle 1703 , 3, attribuisce per la prima volta la qualifica di pastora/is alla lettera ;
P. ANTON, Exegetische Abhandlungen der Pastor:albriefe Pauli, Halle 1753 , dove rac­
coglie le conferenze tenute all'università di Halle nel 1726-1727, chiama le nostre let­
tere «pastorali» . Ma già il·canone Muratori presenta le tre lettere in questi termini :
«A Tito una e a Timoteo due scritte per l'affetto e per l'amore , e tuttavia ispirate dal­
l'onore della chiesa cattolica e dall'ordinamento della disciplina ecclesiastica, in ordi­
natione ecc/esiasticae disciplinae» (EB 4) ; questo carattere «ecclesiastico» o «pastora­
le>> delle tre lettere viene rilevato nella tradizione successiva da Tertulliano fino a
Tommaso d'Aquino e ai commentatori medievali . Nel 1 609 Cosmas Magalianus nel
suo commento alle tre lettere le chiama pontificiae, in quanto trattano del governo
della chiesa.

220
3 , 14-15: «Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te,
ma se dovessi tardare , voglio che tu sappia come comportarti nella
casa di Dio . . . » .
Possono rientrare ugualmente nel modello epistolare alcune se­
zioni di carattere «autobiografico» , dove il mittente dà informazioni
sulla sua situazione personale e trasmette le disposizioni organizzati­
ve al suo discepolo . I brani «autobiografici>> caratterizzano soprat­
tutto la seconda Lettera a Timoteo , dove ricorrono con una certa
frequenza e ampiezza (2Tm 1 , 15-18; 3, 10-1 1 ; 4,6-8.9-18) . Qualche
cosa di simile si trova anche nella parte conclusiva della Lettera a Ti­
to (Tt 3, 12-14) . In questi brani Paolo si presenta come il proclamato­
re instancabile del vangelo . È l'apostolo che coordina la rete dei col­
laboratori nelle diverse regioni della sua missione e dà disposizioni
ai suoi discepoli per organizzare la chiesa a Efeso e a Creta (l Tm
1 ,3 ; Tt 1 ,5). Alla fine egli affronta il «martirio» per restare fedele al­
l'annuncio del vangelo (cf. 2Tm 1 ,8 . 12; 2,9-lOa) . Solo occasionai­
mente questi tratti compaiono nella prima Lettera a Timoteo, dove
Paolo si autopresenta come il «primo dei peccatori», che ha ottenuto
misericordia da Dio ed è stato costituito «banditore del vangelo e
apostolo , maestro dei pagani>> (lTm 1 , 13. 16; 2,7; cf. 2Tm 2 , 1 1 ) .
All'interno della cornice e del modello epistolare s i trova mate­
riale diverso per forma, contenuto , provenienza e destinazione :

* ) Elenchi di qualità e di doveri:


- elenco di 15 categorie di «iniqui» condannati dalla «legge» ,
che si oppongono alla «sana dottrina» , lTm 1 ,9b- 10a;
- elenco di 21 qualifiche negative riferite ai falsi maestri, 2Tm
3,2-5ab ;
- elenco di 7 vizi dei «falsi maestri» , lTm 6,4bc;
- elenco di 6 «Opere buone» , che devono contraddistinguere le
vedove per essere iscritte nel catalogo di quelle assistite dalla chiesa ,
lTm 5 , 10;
- elenco di 16 qualità o condizioni richieste per il candidato al­
l'episkop�, lTm 3 ,2-7 ;
- elenco di 1 1 qualità o condizioni per i candidati alla diakonìa ,
uomini e donne , lTm 3 ,8-9 . 1 1-12;
- elenco di 13 qualità o condizioni per i presbiteri e l'epìs­
kopos, Tt 1 ,6.7-9 ;
- elenco dei doveri e delle qualità richieste alle diverse catego­
rie di persone nell'ambito familiare e sociale, lTm 6, 1-2; Tt 2,2-lOa;
Tt 3,1-3;

221
- elenco di qualità e compiti per il responsabile di comunità o
«pastore» , 1Tm 4,6-16; 5 , 1-2; 6,2c.6-12a. 14; 2Tm 2 ,3-7. 14-15.22-
25a; 3 , 10-12. 14-15 . 17 ; 4,2 . 5 ; Tt 1 , 13; 2,15 ; 3,8-9a. l0-1 1 ;

* ) Manuali per il «pastore» :


- manuale per la preghiera comunitaria e lo stile di vita di uo­
mini e donne , 1Tm 2, 1-2.8-15 ;
- manuale per il trattamento dei «presbiteri», 1Tm 5 , 17-23 .
24-15 ;
- manuale per il trattamento delle «vedove» , 1Tm 5 , 1-16;
- manuale per trattare con i ricchi, 1Tm 6, 17-19;

* ) Avvertimenti e parole profetiche:


- denuncia e messa in guardia contro le affabulazioni sui «miti»
e contro i «falsi maestri» e i loro seguaci , 1Tm 1 ,4.6-7 . 19b-20; 4,7a;
2Tm 2, 16-18.25b-26; 3 , 1 3 ; Tt 1 , 10-12. 14-16; 2 , 1 ; 3 ,9b ;
- condanna «profetica» dei falsi maestri , 1Tm 4,1-3a; 2Tm
3 , 1 -9;

* ) Professioni di fede, inni e catechesi:


- professioni di fede , 1Tm 1 , 14-15 ; 2,3-6; 6 , 13b ; 2Tm 2,8; 3 , 16 ;
4, 18ab ; Tt 2 , 14;
- inni cristologici o soteriologici, 1Tm 3 , 16 ; 2Tm 2,1 1-13;
- dossologie , 1Tm 1 , 17; 6 , 15-16; 2Tm 4, 18c;
- catechesi di carattere celebrativo, 2Tm 1 ,9-10; Tt 1 , 1b-3 ;
2,1 1-13; 3 ,4-7.

Tutto questo materiale forma il contenuto delle «istruzioni» e


«disposizioni» che l'apostolo trasmette al suo discepolo , perché a
sua volta «istruisca» e «disponga» tutto per il buon funzionamento e
l'ordine della comunità cristiana. Il carattere vincolante di questi in­
terventi è espresso non solo dalle ricorrenti forme verbali all'impe­
rativo , ma anche dalla frequenza del verbo dèi, «deve» ( 1Tm
3,2. 7 . 1 5 ; 2Tm 2,6.24; Tt 1 ,7. 1 1 ) . La modalità e lo stile dell'azione
pastorale ai diversi livelli sono indicati dalla presenza di alcuni verbi
tipici: parakalèin , «esortare» , 8 volte ; paraggèlein , «ordinare», 5
volte solo nella 1Tm ; didàskein , «insegnare>> , 5 volte e 15 volte il so­
stantivo didaskalìa ; elègchein , «rimproverare>> , 5 volte ; prosèchein ,
«prestare attenzione» , 5 volte ; phylàssein , «custodire» , 5 volte .
Questa costellazione lessicale , che dà il tono alle tre lettere
pastorali , le assimila ai decreti, editti e ordinanze che l'amministra-

222
zione pubblica del periodo ellenistico fa conoscere in forma di let­
tere circolari. 4 Invece gli elenchi di virtù e vizi e i cataloghi di doveri
delle nostre lettere richiamano le istruzioni e le «esortazioni» etiche
dei filosofi , riproposti come modelli letterari nelle scuole di reto­
rica. 5 Il carattere più personalizzato della seconda Lettera a Timoteo
e il riferimento esplicito alla morte dell'apostolo Paolo richiamano
alcuni tratti dei «discorsi di addio>> o testamenti spirituali delle figure
autorevoli che si trovano sia nei testi canonici sia in quelli apocrifi
giudaici.6
In conclusione si può dire che il corpus delle lettere pastorali po­
ste sotto il nome di Paolo e indirizzate ai suoi discepoli Timoteo e
Tito può essere considerato come una raccolta di istruzioni e dispo­
sizioni date ai responsabili delle chiese per organizzare e guidare le
comunità cristiane che si richiamano alla tradizione paolina. La for­
ma epistolare dei tre scritti conferma il riferimento al modello della
comunicazione tipica dell'apostolo Paolo , che è la fonte autorevole
di questa tradizione . 7

d) Struttura delle Lettere Pastorali

Data la sostanziale affinità delle lettere pastorali sotto il profilo


stilistico, letterario e tematico si può considerare la loro struttura in
un quadro sinottico o comparativo dei tre scritti. Da questo confron­
to risulta anche la struttura delle singole lettere .
L'articolazione dei tre testi si organizza attorno a quattro filoni
tematici.

4 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales , l, 33-37 , riporta un'ampia documentazione


sull'affinità lessicale e stilistica tra le lettere pastorali con la corrispondenza <<ammini­
strativa» profana dell'epoca ellenistica.
5 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales , 38-42 , accosta le nostre lettere ai diversi «di­
scorsi» di carattere etico e parenetico del retore ateniese del IV secolo a . C . Isòcrate o
a lui attribuiti, e alla forma del «dialogo/conferenza>> , diatrib � . dei filosofi stoici del-
l'ambiente romano (Seneca) . '
6 In particolare sotto certi aspetti la seconda Lettera a Timoteo può essere ac­
costata ad alcuni brani dei Testamenti dei XII Patriarchi, tramandati in greco e altre
versioni di un originale ebraico o aramaico, di cui alcuni frammenti sono stati trovati
a Qumran . In questi discorsi di addio pronunciati dai singoli patriarchi biblici prima
di morire sono proposti gli insegnamenti di carattere etico e le esortazioni corrispon­
denti.
7 J . D . QuiNN, «Paraenesis and the Pastoral Epistles. Lexical Observations Bea­
ring on the Nature of the Sub-genre and Sounding on its Role in Socialization and Li­
turgies» , in Semeia 50(1990) , 189-210.

223
In un primo ambito si possono collocare le istruzioni e le norme
relative al buon ordinamento della comunità o chiesa. In questo am­
bito rientrano le sezioni delle tre lettere in cui sono elencate le quali­
tà e le condizioni richieste per il vescovo , i presbiteri e i diaconi , as­
sieme ai compiti del responsabile di comunità e i suoi doveri verso le
varie categorie di persone : giovani e anziani , uomini e donne , fedeli
e dissidenti.

A. Ordinamento ecclesiale

J Timoteo 2 Timoteo Tito


2,1-2.8-15 1 ,5-9
3, 1-13. 15b 2,2-10
5 , 1 -2.3-16. 17-25 3 , 1 -2
6, 1-2. 17-19.20a

Una seconda serie di testi può essere raccolta attorno al tema


della polemica contro i «falsi maestri». Al responsabile della comu­
nità, rappresentato dal discepolo di Paolo , viene richiamato con una
certa insistenza il dovere di denunciare l'insegnamento deviante e la
prassi riprovevole dei fautori delle speculazioni sui «miti» e le ge­
nealogie . Più che aprire un dibattito con questi tali , il «pastore» de­
ve rifiutarli ed evitarli mettendo al riparo la comunità dal loro influs­
so deleterio . Lo stile profetico di stampo apocalittico di questi qua­
dri di denuncia polemica è un indizio della «crisi» che minaccia la co­
munità dei credenti.

B. Polemica contro i «falsi maestri»

J Timoteo 2 Timoteo Tito


1 ,3c-4. 2, 14. 16-18.23. 1 , 10-16
6-7 .9b-10. 19b-20a 25-26
4, 1-5.7a 3,2-9 . 13 3,9- 1 1
6,3-5 . 9-10. 20b-21 ab 4,3-4 . 1 5

Attorno a u n terzo filone tematico si coagulano i testi che pre­


sentano il modello del «pastore» . Esso è rappresentato dai due di­
scepoli di Paolo , ai quali sono indirizzate le rispettive lettere . A sua
volta il «pastore» deve presentarsi davanti alla comunità come il ga­
rante della sana dottrina e dell'impegno coerente con la fede profes­
sata. Sullo sfondo di questo ritratto ideale del «pastore» , prototipo

224
dei fedeli , sta la figura dell'apostolo Paolo , fonte autorevole della
tradizione e maestro sicuro della verità.

C . Modello del «pastore»

l Timoteo 2Timoteo Tito


1 , 18-19a 1 ,6-8. 13-14 2 , 1 . 15
4,6.7b . 8-16 2,1-7 . 15.22.24 3,8
6,6-8 . 1 1-13a. l4a 3, 10-12. 14-17
4,1-2.5

In un quarto ambito rientrano quei brani delle tre lettere in cui


si danno le motivazioni delle varie istruzioni , norme ed esortazioni
pastorali . Si tratta per lo più di brevi professioni di fede e formule
cherigmatiche, oppure di esposizioni dottrinali e catechistiche che
risentono dello stile celebrativo o liturgico . In tali testi si presenta
l'iniziativa gratuita ed efficace di Dio salvatore che si manifesta e
attua in Gesù Cristo o nel vangelo proclamato da Paolo. Pertanto
in questo ambito della «motivazione» teologica rientra anche l'au­
topresentazione della figura ideale e del ruolo esemplare di Paolo ,
l'apostolo che soffre e lotta per la proclamazione del vangelo fino
al martirio .

D . Motivazione teologica

l Timoteo 2Timoteo Tito


l ,8-9a. l l-16. 17 1 ,9-12 l , lb-3
2 ,3-7 2,8-13 . 19-21 2,1 1-14
3 , 15c-16 3 , 1 1b 3 ,3-7
6, 13b. 14b- 16 4,6-8. 16-18

Questi quattro filoni tematici si articolano e si intrecciano in


modo diversificato nelle singole lettere pastorali. È la diversa com­
binazione e accentuazione dei temi che dà la fisionomia a ognuna
delle tre lettere . Infine oltre alla comune cornice epistolare si deve
tener conto anche della diversa distribuzione nei tre scritti delle no­
tizie autobiografiche dell'apostolo. La massima concentrazione di
tali sezioni si ha nella seconda Lettera a Timoteo . Questo fatto
conferma il carattere peculiare di questo scritto nel gruppo delle
pastorali .

225
E . Cornice epistolare e notizie autobiografiche

J Timoteo 2 Timoteo Tito


Cornice epistolare
1 , 1-2 1 ,2 1 , 1a.4
Notizie autobiografiche
1 ,3ab.20b 1 ,3-5 . 15-18 1 ,5a
3 , 14a- 15a 3 , 1 lb 3 , 12-14
4,6-8. 9-16.20
Saluti finali
4 , 19.21 3 , 1 5ab
Congedo
6,21c 4,22 3 , 15c

Da questo confronto sinottico delle tre lettere pastorali risulta la


diversa caratterizzazione dei singoli scritti.
La prima Lettera a Timoteo si distingue per lo spazio relativa­
mente ampio riservato alle istruzioni e norme in forma di «manuale��
per l'ordinamento della vita di comunità . Questo inizia al capitolo
secondo con alcune disposizioni sulla preghiera e il relativo compor­
tamento degli uomini e delle donne . Il verbo di apertura: «Ti racco­
mando dunque . . . » , viene ripreso dopo l'intermezzo della motivazio­
ne teologica , con il verbo boùlomai, «voglio>� , e dall'avverbio tipico
degli elenchi : h6sàut6s , «similmente» ( 1Tm 2,1a.8a.9a) . Le istruzio­
ni relative alle donne , al di là dell'ambito liturgico , tracciano un pro­
gramma che riguarda sia la vita della donna nella comunità sia so­
prattutto il suo rapporto con il marito. In tale contesto il riferimento
alla storia di Adamo/Eva serve a motivare l'esortazione conclusiva
circa il ruolo materno della donna ( 1Tm 2,9-15 ) .
In questo ambito rientra anche il duplice elenco di qualità e con­
dizioni richieste rispettivamente per chi aspira all'episkopè, e per i
diaconi sia uomini , sia donne ( 1Tm 3 , 1-13 ) . Quasi l'intero capitolo
quinto, dopo la proposta del modello del «pastore» nel capitolo pre­
cedente, si presenta come un «manuale» per il pastore . Le brevi
istruzioni sul modo di comportarsi con le varie categorie di persone
nella famiglia , prepara l'ampia serie di istruzioni e norme sul modo
di assistere le «vedove» e dei criteri per iscriverle nell' «elenco» della
comunità ( 1Tm 5 , 1-2.3-16) . Seguono le disposizioni sul trattamento
dei presbiteri , prendendo in considerazione i diversi casi : l'onorario
distinto per quelli che presiedono e insegnano , le accuse e relativo

226
giudizio contro i presbiteri colpevoli , i criteri per la scelta dei candi­
dati al presbiterato ( 1Tm 5 , 17-23 .25) . Questa specie di manuale in­
clude anche alcuni versetti del capitolo successivo , dove si passano
in rassegna i doveri degli schiavi cristiani e si danno alcune istruzioni
sul modo di consigliare i ricchi (1Tm 6,1-2ab. 17-19) .
Tra i brani che svolgono il ruolo di motivazione teologica, due
meritano di essere segnalati per il loro contenuto e struttura: la pro­
fessione di fede in un «solo Dio» e in un «solo mediatore l'uomo Cri­
sto Gesù». Quest'ultima viene ampliata con una frase che pone in ri­
salto l'efficacia salvifica universale della morte di Gesù (1Tm 2 ,4-6) .
Altrettanto densa è la piccola composizione innica in cui si celebra il
grande «mistero della pietà» (1Tm 3 , 16) . Essa si articola in tre strofe
disposte tra loro in parallelismo progressivo, mentre i due stichi
giuocano sull'antitesi dei vocaboli : «Carne/spirito» , «angeli/popoli» ,
«mondo/gloria» . L a dossologia finale del capitolo sesto , che celebra
la signoria trascendente dell'unico Dio , fa eco a quella più breve del
capitolo primo ( 1Tm 1 , 17//6, 15-16) .
La seconda Lettera a Timoteo , oltre che per la prevalenza delle
sezioni «autobiografiche», si distingue per la presentazione di Paolo
come prototipo del proclamatore coraggioso del vangelo. Questo
ruolo idealizzato di Paolo , assieme all'ampio spazio dato al modello
del «pastore» , prende il posto dell'ordinamento ecclesiale tipico del­
la prima Timoteo . Fin dalla preghiera di apertura si mette in eviden­
za il legame affettivo tra l'apostolo e il suo discepolo (2Tm 1 ,3-4) .
Tale rapporto è confermato dal gesto di Paolo che ha trasmesso a Ti­
moteo il chàrisma per mezzo dell'imposizione delle sue mani (2Tm
1 ,6) . Timoteo infatti è il discepolo che ha seguito personalmente l'a­
postolo e ne ha condiviso le prove dell'impegno missionario e pasto­
rale (2Tm 3 , 10- 12) . Perciò egli può contare oltre che sulle sue radici
familiari anche su questo tirocinio «apostolico» per essere un valido
esempio per tutti i credenti (2Tm 3.14-17) . È pertanto comprensibi­
le che l'apostolo alla vigilia della sua morte si rivolga a Timoteo per
consegnargli il suo testamento spirituale e organizzare la rete dei va­
ri collaboratori utili per l'efficace proclamazione del vangelo (2Tm
4,6-8.9-15) .
In tale prospettiva si collocano anche le motivazioni teologiche .
L'invito a condividere le sofferenze dell'apostolo per il vangelo si
fonda sull'iniziativa salvifica di Dio e sulla fedeltà di Gesù Cristo.
Esse giustificano sia la fiducia coraggiosa sia l'impegno fedele e per­
severante dei credenti (2Tm 1 ,9-10; 2,8-13) . Nel clima dell'addio fi­
nale e della separazione definitiva dell'apostolo «martire» la presen­
tazione dei «falsi maestri» assume accenti fortemente negativi e mi-

227
nacciose tinte apocalittiche (2Tm 2, 16-18; 3 , 1-9; 4,3-4) . Ma su que­
sto sfondo quello che prevale è il ritratto del vero pastore, garanzia
di sicurezza per gli altri fedeli (2Tm 2,1-7. 14-15.22; 4,2.5).
La Lettera a Tito ha una struttura più semplice e lineare rispetto
alle altre due . Le sezioni dell'ordinamento ecclesiale , sono seguite
da due ampie motivazioni teologiche , che fanno leva rispettivamen­
te sulla manifestazione della chàris, «grazia» , e sulla philanthropìa ,
«amore per gli uomini» , di Dio «salvatore» per mezzo di Gesù Cri­
sto (Tt 2,1 1-14; 3 ,4-7) . L'elenco delle qualità e condizioni richieste
per i presbiteri e il vescovo corrisponde sostanzialmente a quello
della prima Lettera a Timoteo (Tt 1 ,6-9) .
Anche il manuale pastorale relativo alle diverse categorie di
persone - uomini e donne , giovani e anziani, e gli schiavi - è più
articolato e puntuale rispetto a quello della prima Timoteo (Tt 2,1-
10; 3,1-2) . In ogni caso è sempre presente la prospettiva della buo­
na testimonianza da dare alla «parola» o «dottrina» di Dio (Tt
2,5c. 10c) . Anche le disposizioni di carattere disciplinare sul modo
di regolarsi con il dissidente incorreggibile sono più precise (Tt 3 ,9-
1 1 ) . Originale e peculiare sotto un certo aspetto è anche la presen­
tazione che si fa dei «falsi maestri» nella Lettera a Tito , associan­
doli da una parte all'ambiente giudaico e dall'altra all'ambiente
culturale di Creta (Tt 1 , 10- 16; 3 ,9) . Dunque l'analisi della struttura
tematica delle tre lettere mostra sia la loro omogeneità di fondo sia
i tratti peculiari di ogni lettera che giustificano la loro trasmissione
come scritti distinti .

2. L'ORIGINE LETIERARIA DELLE PASTORALI

Dal momento che le tre lettere pastorali fanno parte degli scritti
canonici e sono associate nel NT al corpus paolino , è giusto ricercare
le loro radici religiose e culturali nell'ambìto di questi scritti. Infatti
le nostre lettere non solo citano o utilizzano in modo implicito i testi
del canone ebraico , ma giustificano questa scelta riconoscendo aper­
tamente l'origine divina e ispirata di tutta la sacra Scrittura (2Tm
3 , 16) . Ma alla pari fanno ricorso alla tradizione di sentenze e inse­
gnamenti attestati anche dagli attuali Vangeli sinottici e dal quarto
Vangelo . Un rapporto privilegiato esiste tra il gruppo delle pastorali
e l'insieme dell'epistolario paolino . Non solo i nomi dei collaborato­
ri di Paolo, ma anche alcune concezioni e formule sono riprese dalle

228
lettere autentiche e dalle altre deuteropaoline per riproporre la figu­
ra autorevole dell'apostolo e il suo messaggio in un mutato contesto
storico e culturale .

a) Le pastorali e gli scritti dell'Antico Testamento


Le citazioni esplicite dell'Antico Testamento nelle tre lettere pa­
storali sono due : una nella prima Lettera a Timoteo 5 , 18a e una nel­
la seconda Timoteo 2, 19b. In ambedue le citazioni bibliche si segue
la versione greca dei LXX. Il testo biblico nel primo caso è introdot­
to dalla formula di citazione : lègei gàr hè graphè , «dice infatti la
Scrittura» .8 La prescrizione di Dt 25 ,4: «non metterai la museruola
al bue che trebbia» , viene adattata per confermare il dovere di rimu­
nerare i presbiteri che si affaticano nella predicazione e nell'insegna­
mento . Lo stesso testo è citato da Paolo nella prima Lettera ai Co­
rinzi per fondare biblicamente il «diritto)) degli apostoli che lavora­
no per il vangelo a vivere del proprio lavoro (lCor 9,9) . Nello stesso
contesto Paolo riporta come una parola del Signore il principio che
«quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo)) (lCor 9, 14) .
Anche nella prima Lettera a Timoteo alla citazione del testo biblico
è affiancata immediatamente come «parola della Scrittura)) il lògion
evangelico : «il lavoratore ha diritto al suo salario)) ( 1Tm 5 , 18c) .
Nella seconda Lettera a Timoteo il testo biblico è introdotto in
modo inconsueto con una frase che equivale a una formula di cita­
zione : «Tuttavia il fondamento gettato da Dio sta saldo e porta que­
sto sigillo : "Il Signore conosce i suoi" , e ancora: "Si allontani dal­
l'iniquità chiunque invoca il nome del Signore")) (2Tm 2, 19) . Il con­
testo parla della chiesa come costruzione solida e comunità santa co­
stituita dai credenti genuini . Il testo citato è ripreso dal libro dei Nu­
meri , dove di fronte alla ribellione di Core , Datan e Abiram , Mosè
dice a tutta la comunità: «Il Signore farà conoscere chi è suo e chi è
santo e se lo farà avvicinare)) (Nm 16,5) . La seconda frase , accostata
come testo biblico alla prima, risulta dal montaggio di un invito che
può riferirsi allo stesso contesto , dove Mosè , davanti a Datan e Ahi­
ram , dice rivolto alla comunità degli israeliti : «Allontanatevi dalle

8 Questa formula di citazione ricorre quattro volte nella Lettera ai Romani (Rm

4,3 ; 9,17; 10, 1 1 , 1 1 ,2) ; una volta in Galatì 4,30 (cf. 3 ,8) ; in altri casi il soggetto del
verbo espresso o sottinteso è Dio o l'autore biblico: Mosè , Davide , Isaia, Osea (Rm
4,7; 9,25 ; 10,19.20; 1 1 ,9 ; 1 5 , 12) ; R. FABRIS, «La Scrittura in Paolo e nelle comunità
paoline>>, in E. NoRELLI , a cura di , La Bibbia nell'antichità cristiana. l. Da Gesù a
Origene, Bologna 1993 , 87- 103 .

229
tende di questi uomini empi e non toccate nulla di ciò che è loro»
(Dt 16,26) . Invece l'espressione : «chiunque invoca il nome del Si­
gnore» riproduce una formula biblica che designa i credenti (Is
26, 13c) .
In altri cinque casi si può parlare di «citazioni implicite» , perché
si fa il riferimento al testo biblico senza un'esplicita formula di cita­
zione . È il caso di 1Tm 5 , 19, che , nel contesto del trattamento dei
presbiteri , rimanda al principio giuridico biblico : «Non accettare ac­
cuse contro un presbitero senza la deposizione di "due o tre testimo­
ni"» (Dt 17,6; 19,15). Nella stessa lettera si rimanda al racconto bi­
blico della creazione e del peccato di Adamo ed Eva con gli stessi
verbi greci della versione dei LXX: «prima è stato formato , plàssein ,
Adamo e poi Eva ; e non fu Adamo a essere ingannato , apatàn , ma
fu la donna che , ingannata, si rese colpevole di trasgressione» (1Tm
2,13-14; Geo 2,7; 3 , 13) . Negli altri tre casi si tratta del ricorso a
espressioni e titoli riferiti a Dio o al Signore , che evocano analoghe
formulazioni bibliche (1Tm 6 , 15b//Dt 10,17; 2Tm 4 , 14b//2Sam 3 ,38 ;
Sal 28 ,4; 62 , 1 2 ; Pr 24,12; 2Tm 4 , 17c//Sal 22,21 ; Dn 6 ,21 ; Tt
2 , 14bc//Sal 130,8; Es 19,5; Dt 4,20 ; 7,6; 14 ,2) .
Sono complessivamente circa trenta gli altri passi delle pastorali
in cui si adopera un termine o un'espressione che ha il suo corrispon­
dente in uno o più testi del primo testamento . Merita di essere se­
gnalata la singolare affinità lessicale delle nostre tre lettere con il se­
condo libro dei Maccabei e con il Siracide . Dei termini hapax­
legòmena delle tre pastorali almeno 9 sui 36 hapaxlegòmena paolini
e 5 sui 137 neotestamentari hanno un riscontro nel secondo libro dei
Maccabei .9
Per quanto riguarda il rapporto delle pastorali con il Siracide al­
meno quattro hapaxlegòmena neotestamentari e un paio di hapax­
legòmena paolini sono comuni . A questa corrispondenza lessicale si
devono aggiungere i titoli di dynastès e s6tèr attribuiti a Dio e le
espressioni greche : biòn diàgein , «condurre la vita» ( lTm 2,2) ; diò­
kein dikaiosynen , «perseguire la giustizia)) (1Tm 6 , 1 1 ) . C . Spicq rile­
va inoltre un'affinità tematica e spirituale tra le pastorali e il Siraci­
de : la presentazione della donna in rapporto al marito , la valutazio­
ne e uso della ricchezza, l'invito a evitare le vane discussioni con i
falsi maestri . 10 Ma si può dire che i tre scritti pastorali hanno in gene-

9 C. SPICQ , Les Épftres Pastorales , l , 218-219.


10 C. SP!CQ, Les Epftres Pastorales , l , 221 -223.

230
re una consonanza tematica con i libri del canone sapienziale biblico
e con i Salmi.

b) Le pastorali e gli scritti extrapaolini


del Nuovo Testamento
In questa prima analisi si prende in considerazione il rapporto
delle tre lettere pastorali con gli altri scritti del canone cristiano ,
esclusi quelli del corpus paolino . Questo è il quadro complessivo
delle affinità lessicali e tematiche tra le lettere pastorali e gli scritti
neotestamentari:

Vangeli sinottici Gv At Lettere 'catt. Eb Ap


29 12 37 28 13 2

Nell'analisi linguistica è già stata rilevata la particolare affinità


lessicale tra il gruppo delle pastorali e gli scritti dell'opera lucana,
Vangelo e Atti degli apostoli : su 71 vocaboli rari delle pastorali la
percentuale più alta dopo gli scritti paolini , - 26 su 7 1 - si trova negli
scritti lucani. Per il rapporto delle pastorali con gli altri due Vangeli
sinottici si segnalano 34 vocaboli comuni con il Vangelo di Matteo e
32 con il Vangelo di Marco . Un'attenzione particolare merita il pa­
rallelismo tra il lògion di Mc 10,45//Mt 20,28 e la formula di fede so­
teriologica di 2Tm 2,6: «egli ( Cristo Gesù ) ha dato se stesso in riscat­
to per tutti» . Il principio giuridico di matrice biblica, relativo alla te­
stimonianza di «due o tre testimoni» , è ricordato in lTm 5 , 19 e in Mt
18,16 nel contesto della disciplina ecclesiale. È notevole anche la
simmetria lessicale e tematica tra il frammento ionico di lTm 3,16 e
alcuni versetti della finale canonica del Vangelo di Marco
16,12 . 1 5 .19, che riporta l'ascensione celeste di Gesù risorto e il suo
mandato missionario ai discepoli.
Con il Vangelo di Luca oltre la corrispondenza lessicale è note­
vole la consonanza tematica. L'appellativo nomodidàskaloi, dato ai
«falsi maestri» in l Tm l , 7, si trova solo in Le 5 , 17 e A t 5 ,34, riferito
ai maestri o scribi giudei . Anche la qualifica di philàrgyroi, attribuita
ai farisei in Le 16, 14, fa parte dell'elenco dei vizi che caratterizzano i
dissidenti e gli uomini perversi degli ultimi tempi (2Tm 3,2 ) . Il lò ­

gion evangelico «l'operaio è degno della sua mercede», citato in


lTm 5 , 18, corrisponde , sotto il profilo lessicale , più all'edizione lu­
cana che non a quella di Mt 10, 10. Lo stesso vale per la sentenza di
Gesù : «chi mi rinnegherà davanti agli uomini , sarà rinnegato davan-

23 1
ti a Dio» (Le 10,9b//2Tm 2, 12b) . Il verbo greco arnefsthai , «rinnega­
re» , ricorre nei due testi e non in quello parallelo di Mc 8,38; (cf. Mt
10,33b) . Infine va rilevato che alcune tematiche proprie del Vangelo
di Luca trovano una corrispondenza nei tre scritti pastorali : la re­
sponsabilità dell'oikònomos preposto alla comunità (Le 12,42//Tt
1 ,7) ; la valutazione e l'uso dei beni materiali (Le 8 , 14; 12,16-21 ;
18,22-23//lTm 6,9-10. 18-19) ; la missione di Gesù Cristo venuto per
salvare i peccatori (Le 5 ,32 ; 19,10//lTm 1 , 15) . 11
Altrettanto significativa è la parentela lessicale e tematica delle
lettere pastorali con alcuni testi degli Atti degli apostoli . Oltre alle
informazioni biografiche su Paolo , il suo discepolo Timoteo e gli al­
tri collaboratori , disseminate in particolare nella seconda Lettera a
Timoteo , merita di essere segnalata la simmetria di termini e della
situazione vitale delle pastorali con il discorso di addio tenuto da
Paolo a Mileto davanti ai presbiteri di Efeso (At 20,24.28//2Tm 4,7;
Tt 1 ,7) . Il riferimento al rito dell'imposizione delle mani per con­
ferire un compito ecclesiale è menzionato in At 6,6 e lTm 4,14;
2Tm 1 ,6.
Altrettanto rilevante è il rapporto dei tre scritti pastorali sotto il
profilo lessicale e tematico con la Lettera agli Ebrei . Molti hapax­
legòmena paolini o alcuni termini rari delle pastorali hanno il loro
corrispondente solo in questo scritto neotestamentario associato
nella tradizione al corpus paolina . L'appellativo mesìtes, dato a Ge­
sù , si riscontra solo in l Tm 2,5b e in Eb 8,6; 9 , 1 5 ; 12 ,24. Il termine
aphilàrgyros, «non amante del denaro» di Eb 13,5 indica una delle
qualità richieste al candidato all'episkop� ( lTm 3 ,3) . L'autarkèia ,
«autosufficienza» , come attitudine spirituale nell'uso dei beni mate­
riali, è proposta ai cristiani in Eb 13,5 e in l Tm 6,6.
Va rilevato che la parenesi delle pastorali su quest'ultimo tema
incrocia quella della Lettera di Giacomo . Il confronto delle nostre
lettere con il gruppo delle lettere cattoliche mette in risalto alcune
affinità terminologiche e tematiche. Nel duplice elenco dei vizi che
secondo lTm 3,8 e Tt 1 ,7 devono essere esclusi dal candidato alla
diaconia e all'episcopato con il termine raro , aischrokerdes , si indica

11
C. SPICQ, Les Épltres Pastora/es , l , 233-239 , sulla base di questa singolare affi­
nità tra le pastorali e il Vangelo di Luca fa l'ipotesi che l'espressione di lTm 3 , 1 6:
«tutta la scrittura ispirata» , si riferisca non solo ai libri del canone ebraico, ma includa
anche gli scritti di Luca (lbid. , 239) .

232
il «guadagno vergognoso>> come nella prima Lettera di Pietro (lPt
5 ,2) . È notevole anche la sintonia lessicale delle pastorali con la se­
conda Lettera di Pietro per gli hapaxlegòmena neotestamentari e i
termini rari : authàdes , «superbo>> (Tt 1 ,7//2Pt 2 , 10) ; bradynein , «tar­
dare>> (lTm 3 , 15//2Pt 3 ,9) .
Anche il rapportò delle lettere pastorali con gli scritti della tradi­
zione giovannea si caratterizza per alcune similarità lessicali e tema­
tiche . Il termine kategorìa , «accusa>> , che ricorre in l Tm 5 , 19 e Tt
1 ,6 , ha il suo corrispondente neotestamentario solo in Gv 18,29 .
Ugualmente il vocabolo nome, «pascolo» , si riscontra in 2Tm 2 , 17 e
in Gv 10,9. Ma al di là di queste coincidenze lessicali vi sono alcune
consonanze tematiche che meritano di essere sottolineate : la pro­
spettiva «epifanica» della cristologia e della salvezza, che fa leva sul
lessico e le metafore della «luce» e della «illuminazione» (lTm 6 , 14;
2Tm 1 , 10//Gv 1 ,9) ; il titolo cristologico sotèr (2Tm 1 , 10; Tt 2 , 13//Gv
4,42) ; gli attributi «invisibile» e «re dei re e Signore dei signori» rife­
riti rispettivamente a Dio e a Cristo (1Tm 1 , 17//Gv 1 , 18; lTm
6 , 15//Ap 17, 14) ; la rinascita battesimale e il dono dello Spirito (Tt
3 ,5//Gv 3,5.8) _ 12

c) Il rapporto delle pastorali con l'epistolario paolino1 3

Per valutare il rapporto delle tre lettere pastorali con gli altri
scritti che formano il corpus paolino vanno tenuti presenti i dati
emersi dall'analisi linguistica: 35 termini rari delle pastorali sui com­
plessivi 71 hanno un riscontro nell'epistolario paolino . 1 4 Ma al di là
di questo nesso lessicale , devono essere registrate le affinità più am­
pie e articolate che si possono rilevare sotto il profilo tematico, spes­
so intrecciate con la consonanza terminologica . Questo è il quadro
dei rimandi ai passi dell'epistolario paolino : 15

12 C. SPICQ, Les Épitres Pastorales , I, 239-242.


13 R. FABRIS , «Il paolinismo delle pastorali» , in RivB 34(1986) , 451 -470.
1 4 C. SPICQ, Les Epitres Pastorales , I , 196: «Sui 612 vocaboli che le pastorali

avrebbero in comune con quelle lettere , la cui autenticità è certa , se ne contano 38


che sono propri di Paolo e non si trovano altrove nel Nuovo TestamentO>>.
15 Il numero complessivo dei passi «paralleli>> dell'epistolario paolina in relazio­
ne a quelli delle tre lettere pastorali è calcolato sulla base dei rimandi dell'edizione
Nestle-Aiand, Novum Testamentum Graece, 27" edizione .

233
Rm J Cor 2Cor Gal Fil Fm J Ts Col Ef 2 Ts
l Tm 18 14 4 11 8 l l 7 3 4
2 Tm 14 14 3 l 8 4 4 4 l
Tt 12 5 l 2 3 2 l 6 l

totale 54 33 8 14 19 5 3 12 13 6

Da questo prospetto risulta che il rapporto delle tre pastorali con


la Lettera ai Romani è nettamente dominante rispetto a quello con
l'intero gruppo delle protopaoline . Seguono quelli con la prima Let­
tera ai Corinzi e le due lettere più brevi ai Galati e Filippesi . I riman­
di relativamente frequenti della seconda Lettera a Timoteo sia al
piccolo scritto indirizzato a Filemone sia alla Lettera ai Colossesi so­
no in relazione con i brani «autobiografici», dove sono menzionati i
collaboratori di Paolo . Degli otto nomi riportati in 2Tm 4, 10-14,
quattro sono comuni a Col 4,7-8. 10. 14 e tre comuni a Fm 24 (cf. Ef
6,21-22) . Anche la presentazione che in alcuni testi della stessa lette­
ra si fa di Paolo prigioniero per il vangelo nella prospettiva del suo
«martirio», rimanda ai passi paralleli delle lettere in cui l'apostolo
parla della sua «prigionia» o delle sofferenze apostoliche a favore
dei credenti (2Tm 2,9; 4,4-6//Fil 1 ,7 ; 1 , 12-14 ; 2,17; Ef 3,1 ; 2Tm
2,10//Col 1 ,24) .
Un'analisi più minuta del rapporto tra il gruppo delle pastorali e
le lettere protopaoline o deuteropaoline mette in risalto da una par­
te la continuità e dall'altra la discontinuità a tre livelli : lessicale , stili­
stico e tematico . Per quanto riguarda i primi due livelli sono già stati
riferiti alcuni dati nel paragrafo dell'analisi linguistica . A questi si
possono aggiungere le osservazioni fatte da quanti sostengono la
«continuità» stilistica delle nostre lettere rispetto alle altre lettere
paoline . 16 Sotto questo profilo terminologico e stilistico è evidente la
«continuità» con il modello epistolare paolina , rilevabile sia nell'in­
testazione sia nell'epilogo delle tre lettere. Ma nello stesso tempo si
può costatare la «discontinuità» , per cui gli stessi termini o espres­
sioni e lo stesso modello letterario sono organizzati in una composi­
zione che assume un'altra tonalità. È questo il caso dell'inizio della
seconda lettera a Timoteo posto a confronto con quello della Lette­
ra ai Romani:

16 C. SPtCQ , Les Épitres Pastorales , l, 196.207-208 .

234
2 Tm 1 , 1 .3 Rm 1 , 1 . 8-9. 15
«Paolo apostolo di Cristo «Paolo ( servo ) di Cristo Gesù
Gesù
per volontà di Dio . . . apostolo per vocazione . . .
Ringrazio Dio, che servo Anzitutto rendo grazie al mio Dio ,
con coscienza pura, al quale rendo culto nel mio spirito
ho-i latrèuo èn katharà-i ho-i latrèuo èn to-i pnèumati moù . . » .
.

syneid�sei . . » .
.

2 Tm 1 ,8 R m 1 , 15
«Non vergognarti , «Io infatti non mi vergogno del vangelo,
epaischyntheis . . . epaischynomai tò euaggèlion ,
ma soffri anche tu insieme poiché è potenza di Dio per la salvezza,
con me per il vangelo , dynamis gàr toù Theoù . . »..

aiutato dalla forza di Dio,


to-i euaggelìo-i katà
d'ynamin Theoù . . . » .
La sostituzione nella Lettera a Timoteo del termine «spirito»
con quello di «Coscienza pura» , in una frase che sembra ricalcata su
quella della Lettera ai Romani , è un indizio del nuovo orientamento
della lettera pastorale, dove questa espressione ha un ruolo determi­
nante . È da notare negli altri due brani posti a confronto da una par­
te la coincidenza di quattro termini e dall'altra la diversa tonalità che
essi assumono nel rispettivo contesto.
Questo spostamento dell'accento tematico mediante ritocchi les­
sicali e stilistici si coglie in altri testi delle lettere pastorali posti a
confronto con i paralleli delle lettere protopaoline. La formula di fe­
de di 1Tm 2,5-6 richiama quella di 1 Cor 8,6, ma con una diversa pro­
spettiva:

J Tm 2,5-6 J Cor 8,6


«Uno solo infatti è Dio «Per noi c'è un solo Dio , il Padre
e uno solo è il mediatore . . . e un solo Signore Gesù Cristo ,
l'uomo Cristo Gesù , in virtù del quale esistono tutte
che ha dato se stesso le cose e noi esistiamo per lui» .
in riscatto per tutti».

La formula di 2Tm «ha dato se stesso . . . per tutti» , riferita al ruo­


lo mediatore di Cristo Gesù , risente del linguaggio tradizionale , che
anche Paolo adopera per esprimere l'efficacia salvifica della morte
di Gesù Cristo : «didònai heautòn hypèr, dare se stesso per . . . » ( Gal
1 ,4; 2,20) . La stessa espressione ricorre anche nella Lettera a Tito ,

235
come esplicitazione del titolo di sotèr attribuito a Gesù Cristo (Tt
2 , 14a) .
Un fenomeno analogo di continuità e discontinuità lessicale e te­
matica si verifica anche nella conclusione del brano celebrativo di
2Tm 1 ,9-10, posto a confronto con 1Cor 15,26.53. In ambedue i testi
ricorrono il verbo katargèin , «annientare», riferito all'eliminazione
della «morte» , e il termine aphtharsìa , «immortalità» come effetto
dell'azione vittoriosa di Cristo a favore dei credenti .

2Tm 1 , 10 J Cor 15 ,26.53


«(Gesù Cristo) ha annien­ «L'ultimo nemico a essere annientato
tato
la morte e ha fatto risplen­ sarà la morte . . .
dere È necessario
la vita e l'immortalità che questo corpo mortale si vesta
per mezzo del vangelo>> . di immortalità» .

L'affinità terminologica tra i due testi mette in risalto il diverso


orizzonte in cui si collocano le rispettive affermazioni . Nella prima
Lettera ai Corinzi l'efficacia redentiva della risurrezione di Gesù è
espressa facendo ricorso allo scenario apocalittico . Nella seconda
Lettera a Timoteo l'iniziativa gratuita e salvifica di Dio si rende pre­
sente mediante l' «epifania» di Gesù Cristo e l'annuncio del vangelo .
Una situazione analoga si verifica in un altro testo della seconda
Lettera a Timoteo , dove si richiama una formula di fede cristologica
tradizionale . Il confronto con un testo parallelo della Lettera ai Ro­
mani consente di riconoscere la consonanza lessicale e tematica
combinata con una diversa prospettiva cristologica.

2 Tm 2,8 R m 1 , 1-4
«Ricordati di Gesù Cristo «Paolo . . : scelto per annunziare il van­
gelo di Dio . . .
risuscitato dai morti , riguardo al Figlio suo , nato
dalla stirpe di Davide , dalla stirpe di Davide secondo la
carne ,
secondo il mio vangelo . . . » . costituito Figlio di Dio con potenza . . .
mediante la risurrezione dai morti ,
Gesù Cristo . . . » .

È evidente nella riformulazione del testo d i 2Tm i l risalto dato


all'espressione «risuscitato dai morti» , anticipata rispetto allo

236
schema tradizionale del «credo» , dove si proclama Gesù Cristo
come discendente davidico e Figlio di Dio . Nel contesto della lettera
pastorale la professione di fede in Gesù Cristo risorto serve a fon­
dare l'esortazione alla fiducia e perseveranza nelle prove dei cre­
denti partecipi del suo destino di Messia morto e risorto (2Tm 2 , 1 1 ) .
Questa condivisione è formulata nella prospettiva dialettica di Rm
6,8, facendo ricorso ai verbi composti tipici della tradizione paolina
(cf. Ef 2,5-6) .
Anche attorno al tema ecclesiologico si verifica nelle lettere pa­
storali uno spostamento di accenti . La chiesa è presentata con una
formula di matrice biblica, ma ricorrente nelle lettere di Paolo ,
«chiesa di Dio», con l'immagine della «famiglia di Dio» e l'espres­
sione solenne : «colonna e sostegno della verità» (1Tm 3 , 15) . Questo
linguaggio rimanda alla metafora del «tempio di Dio» riferita nell'e­
pistolario paolino sia alla comunità cristiana sia al singolo credente ,
in cui Dio abita mediante lo Spirito (1Cor 3 , 16-17; 6 , 19; cf. Col
2,22) . Ma il ruolo della chiesa nelle pastorali è definito in rapporto
alla verità del vangelo , la cui conoscenza è condizione di salvezza
(1Tm 2,4) . In questo senso si afferma che la comunità dei credenti è
il solido «fondamento» , themèlios, posto da Dio (2Tm 2,19) . È illu­
minante il confronto con quello che scrive Paolo nella prima Lettera
ai Corinzi , dove afferma che il «fondamento» , sul quale si costruisce
la chiesa, è Gesù Cristo (1Cor 3 , 1 1 . 12) .
Da questi confronti tra le pastorali e le altre lettere del corpus
paolino risulta che gli stessi termini , espressioni o immagini sono ri­
letti in una nuova prospettiva. Il rapporto dei tre scritti con i testi
delle altre lettere protopaoline e deuteropaoline oscilla tra continui­
tà e discontinuità. Questo fatto da una parte giustifica la collocazio­
ne dei tre scritti pastorali nell'alveo della tradizione di Paolo , dall'al­
tra ne definisce la fisionomia specifica come gruppo distinto e omo­
geneo sotto il profilo letterario e tematico . L'inserimento delle pa­
storali nella «tradizione» paolina lascia aperto il problema di come
configurare il rapporto con le protopaoline se come dipendenza let­
teraria o mediata dalla tradizione . 1 7 Questo dipende anche dalla ipo-

17 G. LoHFINK, «Die Vermittlung des Paulinismus zu den Pastoralbriefen>> , in

BZ 32(1 988) , 169- 188, sostiene che se anche l'autore delle pastorali conosce alcune
lettere protopaoline , non le utilizza direttamente , ma attraverso il filtro della tradi­
zione ecclesiale e la griglia dei propri interessi .

237
tesi circa l'origine storica del gruppo delle pastorali collocate all'in­
terno del processo che ha portato alla raccolta delle lettere di Paolo
e alla loro «canonizzazione» .

3. L'ORIGINE STORICA DELLE PASTORALI


Il fatto che le tre lettere siano indirizzate rispettivamente a Ti­
moteo e a Tito , personaggi della cerchia di Paolo , noti dalle altre
fonti neotestamentarie , lascia impregiudicato il problema dei «desti­
natari» , che stanno sullo sfondo o sono impliciti nel dialogo epistola­
re . Lo stesso vale per la situazione vitale presupposta dalle tre lette­
re rispetto a quella che viene esplicitamente evocata nel dialogo di
Paolo con i suoi collaboratori . Come si colloca questa situazione vi­
tale della comunità in rapporto con l'ambiente sociale , culturale e
religioso in cui sono radicati e vivono i suoi membri? Chi sono i «fal­
si maestri>)? Qual è l'occasione e quale lo scopo che possono spiega­
re lo stile , il genere letterario e il contenuto delle pastorali? Infine
qual è il volto reale dell'autore che si appella alla figura di Paolo
apostolo , araldo del vangelo e maestro dei pagani? È un suo disce­
polo diretto o un funzionario della chiesa della terza generazione? Si
può dare un nome a questo autore e collocarlo in un tempo e luogo
determinati?

a) Destinatari, situazione vitale, occasione e scopo


Sulla base di alcuni dati offerti dalle tre lettere pastorali si può ri­
costruire sia l'identità dei «destinatari)) impliciti sia la «situazione))
presupposta dal tenore del testo . Esiste dunque un primo piano del
dialogo epistolare che giuoca sul rapporto fittizio tra il mittente Pao­
lo e i suoi discepoli . Oltre e attraverso questo dialogo di carattere
letterario epistolare si intravede quello effettivo implicito . Lo stesso
vale per l'occasione e lo scopo delle tre lettere . C'è uno scopo di­
chiarato nel dialogo epistolare esplicito , dentro il quale si può rico­
struire quello reale implicito.
In apertura della prima Lettera a Timoteo e di quella a Tito si di­
ce espressamente che Paolo partendo per la Macedonia ha racco­
mandato a Timoteo di rimanere a Efeso e ha lasciato Tito a Creta
per provvedere all'ordinamento e alla guida delle rispettive chiese
locali (lTm 1 ,3 ; Tt 1 ,5). La Lettera a Timoteo è scritta per supplire
all'assenza dell'apostolo perché il suo discepolo sappia come «com­
portarsi nella casa di Dio , che è la chiesa del Dio vivente)) (1Tm

238
3 , 15) . Tito alla fine viene invitato a raggiungere quanto prima l'apo­
stolo che sta per recarsi a Nicopoli nell'Epiro , dove intende passare
l'inverno (Tt 3 , 12) . Nella seconda Lettera a Timoteo la situazione è
diversa: Paolo si trova in carcere a Roma, dove ha l'impressione di
essere stato abbandonato da tutti, eccettuati alcuni amici fedeli ; è in
attesa di giudizio con la prospettiva del «martirio» imminente ; prega
il discepolo di raggiungerlo presto con altri fidati collaboratori (2Tm
1 , 15-17; 4,6-8 .9-16) .
Questa situazione letteraria fa da sfondo al dialogo epistolare .
Al suo interno è possibile individuare i destinatari reali e la situazio­
ne implicita con il relativo scopo e occasione delle tre lettere . Il di­
scepolo di Paolo , presentato come persona che gode della piena fi­
ducia dell'apostolo , ha il compito di organizzare e presiedere al
buon ordinamento della comunità e promuovere lo stile di vita cri­
stiana delle varie categorie di persone che la compongono. In altri
termini deve stabilire presbiteri nelle singole comunità secondo al­
cuni criteri dettati dall'apostolo, insegnare con autorità, esortare ,
prendere decisioni anche disciplinari e presentarsi a tutti come dele­
gato dell'apostolo Paolo. 1 8 Dunque destinatari reali delle lettere so­
no i cristiani delle comunità che si richiamano alla tradizione paoli­
na. Essi , pur innestandosi sulla tradizione biblica ebraica , provengo­
no in massima parte dal mondo greco pagano (Tt 3 ,3) . Paolo, apo­
stolo , araldo del vangelo e maestro dei pagani , è il prototipo dei pec­
catori chiamati gratuitamente dall'iniziativa salvifica di Dio (l Tm
1 , 13-16; 2,7) .
Uno dei compiti essenziali del «discepolo» e delegato di Paolo
nella comunità delle pastorali è quello di smascherare e combattere
senza compromessi l'insegnamento e l'influsso nefasto dei «falsi
maestri». Questo non è altro che il risvolto negativo del suo ruolo di
essere custode del «deposito» ricevuto , e maestro della verità o «sa­
na dottrina» . Chi sono quelli che pretendono di essere «maestri del­
la legge» , ricercati da quanti non sopportano la sana dottrina (lTm
1 ,7 ; 2Tm 4,3)? I dati allusivi e frammentari delle lettere pastorali
non consentono di tracciare un profilo chiaro di questi «avversari»
che sono presentati come un pericolo per la verità del vangelo e l'in­
tegrità della vita comunitaria .

18
M. WoLTER, Die Pastoralbriefe als Paulustradition (FRLANT 146) , Gottin­
gen 1988.

239
Si possono distinguere semplificando due livelli : uno teorico dot­
trinale e uno pratico morale . Questi due aspetti spesso si intrecciano
in modo inestricabile e i tratti distintivi dei «dissidenti» o erranti ap­
paiono contraddittori al punto da sollevare il sospetto circa la loro
«reale» consistenza come persone singole o gruppi distinti dalla mi­
naccia che essi rappresentano . Ma il fatto che in almeno due casi si
facciano dei nomi , accredita !'ipotesi che si tratti di persone reali . Si
dice che tra quelli che hanno ripudiato la fede e la buona coscienza
vi sono alcuni che hanno fatto naufragio nella fede ; «tra essi Imenèo
e Alessandro» (lTm 1 , 19) .
Uno di questi nomi ritorna nella seconda Lettera a Timoteo, ab­
binato a un certo Filèto . Questi tali , si dice , «hanno deviato dalla ve­
rità sostenendo che la risurrezione è già avvenuta e cosi sconvolgono
la fede di alcuni» (2Tm 2, 17.:18) . Questa informazione solleva il velo
sull'insegnamento dei falsi maestri . Essa può essere accostata a
quanto si dice nella prima Lettera a Timoteo in forma di «profezia»
di stile apocalittico : «negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dal­
la fede dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche» .
Quindi si precisa: «costoro vieteranno i l matrimonio , imporranno di
astenersi da alcuni cibi» che sono dono di Dio creatore per il benefi­
cio di quanti ne usano con senso religioso ( lTm 4 , 1 .3) .
A questi due dati circa l'insegnamento o «dottrina» dei falsi
maestri si può aggiungere quanto si dice in termini generali e stereo­
tipi : insegnano «dottrine diverse» (l Tm l ,3c; 6,3) ; aderiscono a «mi­
ti» e «genealogie interminabili» , che provocano solo discussioni , ca­
villi , questioni inutili, sterili verbosità (lTm 1 ,4.6, 6,4a ; 2Tm 2, 14b;
4,3-4) ; queste sono chiamate anche «miti profani e da vecchierelle»
(lTm 4,7) ; si tratta di «chiacchiere profane», di «obiezioni della
pseudoscienza» , gnosis (1Tm 6,20; 2Tm 2,16a) . Questi falsi maestri
sono assimilati ai due maghi egiziani oppositori di Mosè, identificati
nella tradizione giudaica con lannes e lambres (2Tm 3,8) .
Nella Lettera a Tito si precisa che fra quelli che danno retta a
«miti giudaici e a precetti di uomini» allontanandosi dalla verità vi
sono molti «soprattutto quelli che provengono dalla circoncisione»
(Tt 1 , 10. 14) . L'autore riporta anche il detto di un «loro profeta» cre­
tese , che di fatto coincide con quello di Epimenide di Cnosso , uno
dei sette saggi della Grecia antica (Tt 1 , 12-13) . Ma il tratto distintivo
di questi propagandisti è presentato ancora una volta come un insie­
me di «discussioni sciocche, di genealogie , di dissensi e contese at­
torno alla legge» (Tt 3,9) .
Più generica e ancora più stereotipa è la presentazione dei «dissi­
denti» sotto il profilo etico . La loro corruzione morale è una conse-

240
guenza dei loro errori . Oltre agli elenchi dei vizi che sono applicati a
questi devianti, quello che smentisce i falsi maestri è il fatto che sono
tutti «avidi di denaro)) (1Tm 1 ,9b- 10; 6,4-5 ; 2Tm 3 ,2-4 ; Tt 1 , 1 1 ) .
Inoltre essi «mettono i n scompiglio intere famiglie)) entrano nelle
'
case attirando con il loro insegnamento soprattutto le donne (Tt
1 , 1 1 ; 2Tm 3 ,6-7) . Per l'autore della Lettera a Tito sono «spiriti insu­
bordinati , chiacchieroni e ingannatori della gente)) (Tt 10) . Essi di­
chiarano di «conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevo­
li come sono , ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona)) (Tt 1 , 16) .
Questo ritratto negativo degli erranti tende a squalificarli agli occhi
di eventuali simpatizzanti . Esso ha anche una funzione deterrente
per mettere in guardia i fedeli . Infatti si dice più volte che questi tali
vanno di male in peggio e la loro rovina è inevitabile (2Tm 2 , 14. 16;
3,9 . 13 ; Tt 3 , 1 1 ) .
Mettendo insieme questi dati e tenendo presente il carattere «re­
torico)) della presentazione dei dissidenti che ha lo scopo di «persua­
dere)) più che argomentare , si può ricostruire un quadro ipotetico
così caratterizzato :

- i «falsi maestri)) propongono una «dottrina)) alternativa al


vangelo ;
- essa fa leva sulle speculazioni e discussioni attorno al destino
degli esseri umani distinti secondo le «genealogie)) o discendenze ;
- tra i contenuti specifici di questo insegnamento vi è quello re­
lativo all'escatologia attuale o anticipata: la risurrezione è già av­
venuta ;
- si propongono anche alcune osservanze di carattere ascetico
ispirate a un certo dualismo : rifiuto del matrimonio e divieti alimen­
tari;
- sia le speculazioni sulle genealogie come le osservanze fanno
riferimento alla «legge)> giudaica, interpretata e applicata in modo
distorto e unilaterale .

In questo quadro non si lascia integrare la corruzione o il lassi­


smo morale che sembra caratterizzare i falsi maestri e i loro aderen­
ti . Esso contrasta con la linea di ascetismo radicale o encratita pro­
posta dai «maestri della legge)). Quello che l'autore delle pastorali
richiama con insistenza ossessiva è la minaccia che questo movimen­
to rappresenta con la sua propaganda soprattutto per le discussioni ,
dissensi , divisioni che provoca . I maestri alternativi hanno un certo
seguito non solo tra le vecchiette , ma anche tra le giovani maritate o

241
giovani vedove che non vogliono risposarsi (1Tm 5 , 1 1-15) . Il compi­
to del delegato o rappresentante dell'apostolo Paolo è quello di sma­
scherare e neutralizzare questa pericolosa propaganda dottrinale e
le relative proposte pratiche . In breve la situazione vitale presuppo­
sta dai tre scritti pastorali è quella di una «crisi» interna alla comuni­
tà cristiana, in cui è in giuoco l'interpretazione e la pratica del van­
gelo che fa capo alla figura autorevole di Paolo .

b) L 'ambiente socio-culturale e religioso delle pastorali


Sullo sfondo della situazione ecclesiale riflessa nelle tre lettere
pastorali si intravede anche il contesto socio-culturale in cui si orga­
nizza la comunità cristiana e vivono i singoli credenti . Sotto questo
profilo una struttura , alla quale fanno continuamente riferimento i
nostri tre testi , è quella familiare. Sia nel presentare il ritratto ideale
del «vescovo» o «presbitero» sia nell'elenco dei compiti pastorali del
responsabile di comunità si propone un modello di relazioni familia­
ri di tipo patriarcale . Il marito e padre è l'autorità indiscussa della
famiglia. Uno sposo fedele a una sola donna e un padre che sa edu­
care i propri figli e quindi capace di dirigere la propria famiglia , è in
grado di avere cura della «chiesa di Dio» (1Tm 3 ,2. 5 . 12 ; cf. Tt 1 ,6) .
In questo quadro di una famiglia ordinata secondo il modello pa­
triarcale rientra anche il ruolo della donna che deve essere una buo­
na sposa sottomessa al marito e una madre dedita ai figli ( 1Tm
2, 1 1 . 15 ; Tt 2,3-4) . La donna , che è rimasta vedova, può o deve po­
ter contare sulla solidarietà e assistenza della sua famiglia (1Tm 5 ,3-
4.8) . Se si tratta di famiglie benestanti , dove vi sono schiavi , questi
devono essere sottomessi ai loro padroni , siano essi cristiani o paga­
ni ( 1Tm 6,1-2 ; Tt 2,9-10) .
Un ruolo importante in questa struttura sociale , che fa capo alla
famiglia, è quello di alcuni cristiani ricchi o benestanti . Essi hanno la
funzione dei «patroni» dell'ambiente greco-romano . I ricchi cristiani
con i loro beni e status sociale sono un punto di riferimento per l'in­
tera comunità (1Tm 6 , 17-19) . 1 9 In tale contesto le donne cristiane
benestanti sono invitate a distinguersi per le «opere buone» (lTm
2,9- 10) . Un ruolo particolare nell'ambito della comunità cristiana è
riconosciuto alla donna rimasta vedova che si dedica alle opere buo-

19 D.C. VERNER, The Household of God: The Social World of the Pastoral Epist­
/es (SBL-DS 7 1 ) , Chicago 1983.

242
ne di accoglienza e assistenza degli altri cristiani ( lTm 5 ,9-10) . Alcu­
ne signore benestanti sono in grado di prendersi cura delle donne
vedove ( lTm 5 , 16) . In ogni caso i cristiani devono distinguersi nel­
l'accoglienza e ospitalità (Tt 3 , 14) .
La comunità cristiana e i singoli credenti sono inseriti nel tessuto
economico e sociale del loro ambiente . Essi ci tengono a essere sti­
mati da «quelli di fuori» ( lTm 3,7; 6, 1 ; Tt 2,5c. 10c) . Il buon ordine
nella comunità e lo stile di vita dei singoli , coerente con la loro la fe­
de , sono una buona testimonianza resa al messaggio evangelico .
Perciò si raccomandano al responsabile della comunità, modello di
tutti i credenti , quelle attitudini di equilibrio , saggezza e dignità
umana e spirituale che sono molto apprezzate nell'ambiente cultura­
le e religioso in cui essi vivono ( 1Tm 3 ,2-3 ; 6,1 1 ; 2Tm 2,15.22.24; Tt
1 ,6-9) . La comunità cristiana inoltre si sente solidale e responsabile
della vita sociale e pubblica. Pertanto si prega non solo per tutti gli
uomini , ma in particolare per le autorità costituite perché «Si possa
condurre una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (l Tm
2 , 1 -2) . I cristiani sono anche invitati a «stare sottomessi ai magistrati
e alle autorità>> , disponibili e «pronti per ogni opera buona>> (Tt 3 , 1 ) .
S e questo modello socio-culturale si possa chiamare «borghese»
o tipico delle «classi medie» risponde al bisogno di etichettarlo se­
condo schemi moderni e attuali , più che a una reale comprensione
dei suoi elementi caratteristici . 2° Comunque esso riflette quel clima
di osmosi culturale che si verifica nelle grandi metropoli greco­
romane del primo secolo , dove si incrociano i valori etici universali
della filosofia popolare cinica e stoica con gli stimoli e le proposte
delle diverse correnti religiose . 2 1 Tra queste ultime un ruolo deter­
minante per il contesto culturale , in cui vivono le comunità cristiane
delle lettere pastorali , è il giudaismo ellenistico della diaspora. Non
è casuale che il lessico e alcune categorie tipiche delle pastorali siano
comuni con quelli dello scrittore giudeo Filone di Alessandria. 22

w A.J. MALHERBE, Social Aspects of Early Christianity , Philadelphia 1983 ; R.M.


Kmo , Wea/th and Beneficence in the Pastoral Epistles. A « Bourgeois» Form of Early
Christianity (SBL-DS 122) , Chicago 1990; M. REISER, «B\irgerliches Christentum in
den Pastoralbriefen?» , in Bib 74( 1993) , 27-44.
21
L.R. DONELSON , Pseudepigraphy and ethical Argument in the Pastoral Letters
(HUT 22) , Tubingen 1986 ; A.J. MALHERBE, Pau/ and the Popular Philosophers, Min­
neapolis 1898 ; B . FIORE, The Function of Personal Exemple in the Socratic and Pasto­
ral Egistles (AnBib 105), Rome 1986.
Le lettere pastorali hanno in comune con Filone alessandrino oltre alla fraseo­
logia , 165 termini non-paolini (P. N. HARRISON , Paulines and Pastorales , London
1 964 , 20. 1 35) .

243
Ma la polemica delle pastorali contro i «maestri della legge» , che
provocano discussioni e dissensi con le loro speculazioni sulle genea­
logie , richiama l'ambiente culturale e religioso di alcune correnti
giudaiche attestate dalla letteratura apocrifa. In particolare l'assimi­
lazione dei propagandisti della falsa dottrina ai due maghi oppositori
di Mosè , Iannes e Iambres, è un invito a cercarne la matrice in que­
sto ambiente sincretistico di frontiera, dove si intrecciano specula­
zioni mitologiche con pratiche ascetiche ( 2Tm 3 ,8) . 23 I testi apocrifi
giudaici e i manoscritti di Qumran confermano questo impasto di ra­
dicalismo ascetico e attese apocalittiche. Negli stessi testi si rico­
struisce la storia umana secondo lo schema delle «genealogie» di
matrice biblica. 24
In che misura tali tendenze siano imparentate con quel fenome­
no complesso che nel II e III secolo si chiamerà «gnosticismo)) non
è determinabile sulla base degli elementi forniti dalle pastorali . 25
A parte la qualifica di «pseudo-gnosis)) attribuita alle speculazioni e
'
discussioni dei maestri , troppo vaghe e stereotipe sono le informa­
zioni desunte dal testo delle pastorali sulla loro «dottrina)> per met­
terla in relazione con il sistema gnostico ( 1Tm 6,20 ) . Le speculazioni
sulle «genealogie» possono essere assimilate alla «conoscenza)> eso­
terica di Dio ( Tt 1 , 1 6) . A essa si contrappone la genuina epìgn6sis ,
«conoscenza della verità)> , che si ha nel vangelo interpretato dai di­
scepoli di Paolo ( 1Tm 2,4; 2Tm 2,25-26; 3 ,7; Tt 1 , 1 ) . Anche le ten­
denze dualistiche e il conseguente ascetismo congiunto con un certo
lassismo etico , possono essere considerati elementi che anticipano o

23 I due maghi egiziani , che secondo Es 7 , 1 1 si oppongono a Mosè e Aronne, so­

no suscitati da Belial ; essi sono fratelli e uno di essi si chiama J ah aneh ( CD V, 18-19} ;
nelle parafrasi aramaiche , targumim , di Es 7 , 1 1 e Nm 22 ,2, i due fratelli maghi sono
due «figli/discepoli» di Balaam, il profeta chiamato a maledire Israele ; nei midrashim
i loro nomi sono Janne e Mambre o Jambre ; PLINIO, Hist. Nat. , 30, 1 , 1 1 considera
J an n es fondatore della magia giudaica .
24 Una rilettura della storia biblica dalla creazione del mondo fino al dono della
legge fatto a Mosè secondo lo schema delle «genealogie» si ha nell'apocrifo libro dei
Giubilei (l secolo a . C . ) ; nella Regola della Comunità di Qumran la sezione che parla
dei «figli della luce» e <<figli delle tenebre», l QS III, 13-IV, 26, inizia così : «Per il sag­
gio affinché istruisca e ammaestri tutti i figli della luce sulla storia di tutti i figli del­
l'uomo su tutti i generi dei loro spiriti con i loro caratteri , secondo le loro opere , e sul­
le loro genealogie . . . >> (J QS III, 13- 14} ; cf. FILONE, Vit. Mos. , II, 45-47.
25 G. HAUFE, «Gnostische Irrlehre und ihre Abweher in den Pastoralbriefen>> , in
K. W. TRtiGER, a cura di, Gnosis im Neuen Testament, Giitersloh-Berlin 1973 , 325-
339 .

244
preludono allo gnosticismo . Ma il gruppo di questi «maestri» anta­
gonisti è ancora all'interno della comunità, alla quale appartengono
anche i loro aderenti o simpatizzanti . Questa crisi «gnosticheggian­
te» delle pastorali si colloca nell'ambito del paolinismo come ten­
denza a esasperarne alcune posizioni a contatto con il sincretismo
dell'ambiente ellenistico .

c) A utore, luogo e tempo di composizione


La scelta dell'ipotesi pseudepigrafica per spiegare l'origine stori­
ca delle tre lettere pastorali si fonda sulla convergenza di tre argo­
menti . Il primo si basa sulla peculiarità linguistica - lessico e stile ­
dei tre scritti pastorali che si discosta in modo marcato dal gruppo
delle lettere protopaoline . Per la valutazione di questo primo argo­
mento si rimanda al paragrafo dell'analisi linguistica delle pastorali .
Il secondo argomento a sostegno della pseudepigrafia prende lo
spunto dalle informazioni fornite dalle tre lettere nei quasi venti
frammenti di carattere epistolare e autobiografico chiamati persona­
lia . Il quadro storico che ne risulta contraddice o non si lascia inte­
grare in quello che si ricava dalle altre lettere paoline e dagli Atti de­
gli apostoli. Paolo nella conclusione della Lettera ai Romani consi­
dera conclusa la sua missione nelle zone orientali dell'impero , nel
territorio che va da Gerusalemme all'Illiria (Rm 15, 19-24) . L'autore
degli Atti degli apostoli presenta come definitiva e irreversibile la
separazione di Paolo dalle chiese dell'Asia (At 20,25 .38) . Stando al­
le informazioni della prima Lettera a Timoteo e a Tito Paolo svolge
la sua attività nelle zone dell'Asia , avendo come centro di riferimen­
to Efeso . Da qui egli si muove verso la Macedonia (1Tm 1 ,3) . Rag­
giunge quindi l'isola di Creta, dove lascia Tito per organizzarvi la
chiesa e progetta di recarsi a Nicopoli per passarvi l'inverno (Tt 1 ,5 ;
3 , 12) .
La seconda Lettera a Timoteo offre un altro scenario: Paolo è in
carcere a Roma, alla vigilia della morte, che si prospetta come immi­
nente (2Tm l , 17; 4,6-8) ; i suoi collaboratori sono inviati nelle diver­
se località della sua missione ; altri lo hanno abbandonato per paura ;
ha con sé solo Luca (2Tm 4,9-15) ; vive nell'attesa di una seconda
udienza decisiva, nella quale spera di essere liberato da ogni male e
salvato per il regno eterno del Signore (2Tm 4, 16-18) . In tale situa­
zione di emergenza appare per lo meno strana la sua richiesta a Ti­
moteo di raggiungerlo presto , prima dell'inverno , assieme a Marco ,
perché questi gli «sarà utile per il ministero» ; gli chiede di portargli il

245
mantello lasciato a Troade presso Carpo, e anche i libri e le perga­
mene (2Tm 4 , 1 3 .21a). Altrettanto strana è la notizia che interrompe
i saluti finali : «Tròfimo l'ho lasciato malato a Mileto» (2Tm 4,20b) .
A parte una possibile malattia cronica , che però non giustifiche­
rebbe questa informazione , l'ultima visita di Paolo a Mileto risale ad
almeno cinque anni prima, ammesso che la prigionia di Roma sia
quella di cui si parla negli Atti degli apostoli (At 28 ,30-31). D'altra
parte la seconda Lettera a Timoteo conosce una sola prigionia di
Paolo e non sa nulla di un'attività missionaria nelle zone dell'Asia
successiva a una precedente prigionia romana . In tale prospettiva
anche l'incarico dato a Timoteo di riportargli il mantello lasciato a
Troade presso Carpo cinque anni prima appare quasi inattuabile .
Dall'insieme d i queste notizie autobiografiche risulta un'immagine
di Paolo contraddittoria: da una parte si lamenta perché è abbando­
nato da tutti , dall'altra si dichiara pronto a soffrire per gli eletti ; sa
che il suo sangue sta per essere versato in libagione e mobilita i suoi
collaboratori e si preoccupa del mantello per affrontare l'inverno ; è
in attesa dell'imminente corona di giustizia e chiede di avere i libri e
le pergamene.
In breve si ha l'impressione che non solo l'attività missionaria e
pastorale di Paolo , ma anche la sua figura siano costruiti in funzione
del ruolo che gli viene attribuito nel contesto delle tre lettere pasto­
rali . Infatti Paolo tende a essere «Canonizzato» in quanto è la fonte
unica e il garante sicuro della tradizione . Egli è l'apostolo , l'araldo
del vangelo e il «maestro» ( 1Tm 1 , 1 1-16; 2,7; 2Tm 1 , 1 1-12) . Nella
seconda Lettera a Timoteo Paolo si presenta come il prigioniero per
il vangelo , che suggella la sua testimonianza con il «martirio» (2Tm
1 ,8 . 16; 2,8-10; 4,6-8. 17-18) .
Una conferma di questa ricostruzione fittizia della figura di Pao­
lo e della sua attività si ricava dal fatto che gran parte delle notizie
biografiche e dei nomi relativi di persone e località nelle tre lettere
pastorali sono quelli che si possono ricavare dal resto dell'epistolario
paolino e dalla tradizione attestata dagli Atti degli apostoli . Nuovi
sono i nomi dei dissidenti o traditori: Alessandro , Ermògene , Fìge­
lo, Imenèo , Filèto (1Tm 1 ,20; 2Tm 1 , 1 5 ; 2, 17) ; di alcuni cristiani di
Roma: Eubùlo, Pudente , Lino, Claudia (2Tm 4,21 ) ; Carpo di Tròa­
de (2Tm 4, 13) ; Àrtema e Zèna, associati a personaggi noti come col­
laboratori di Paolo , lìchico e Apollo (Tt 3 , 12. 13). Del resto grazie
all'accostamento con i nomi di personaggi conosciuti nella tradizio­
ne paolina anche i nuovi possono essere accreditati e accolti nel pro­
filo biografico di Paolo .

246
Il terzo argomento a favore della pseudepigrafia delle pastorali è
di carattere contenutistico . La teologia, la cristologia , l'etica e la
struttura organizzativa della chiesa , quali si possono desumere dalle
tre lettere , sono troppo diverse e dissonanti rispetto a quelle presen­
ti nelle protopaoline . Nel paragrafo dedicato al rapporto tra le pa­
storali e l'epistolario paolino è stato evidenziato il fenomeno di con­
tinuità e discontinuità relativo soprattutto alla cristologia e alla sote­
riologia. Nel contesto attuale si può rilevare l'assenza di termini ,
formule e soprattutto categorie tipiche del pensiero di Paolo e nel
contempo la presenza di termini e nozioni nuovi o con un'accentua­
zione diversa se confrontati con i dati delle lettere storiche di Paolo .
Le assenze più vistose riguardano alcuni termini e le relative ca­
tegorie della riflessione teologica di Paolo sull'azione libera e gratui­
ta di Dio e la condizione dei credenti . Nelle pastorali non si trovano
mai:

- il verbo kauchàsthai, che ricorre 34 nelle protopaoline , esclu­


sa la lTs ;
- il sostantivo soma , che ha un ruolo vistoso nell'antropologia
di Paolo e anche nell'ecclesiologia di alcune sue lettere , dove si tro­
va la formula soma toù Christoù o toù Kyrìou ; il termine sàrx , che si
riscontra in tutte le lettere paoline , esclusa la l Ts, viene usato una
sola volta nel frammento ionico di lTm 3,16;
- i termini dell'area semantica della «libertà» - eleutherìa, elèu­
theros, eleutheroùn - presenti nelle protopaoline , eccettuate lTs , Fil
e Fm ;
- i vocaboli del campo semantico della «croce» - stauròs, stau­
roùsthai, systauroùsthai - ricorrenti in cinque su sette delle lettere
paoline , cioè in tutte escluse lTs e Fm.

Altri termini ed espressioni caratteristici della teologia paolina si


riscontrano nelle tre lettere pastorali , ma con un significato o ruolo
diversi . I termini dell'area semantica della «giustizia» , ricorrenti in
modo massiccio nelle protopaoline , esclusa la l Ts, dove si trova una
sola volta l'avverbio dikàios , come in Tt 2,12, assumono una valenza
prevalentemente etica. Il sostantivo dikaiosyne due volte è oggetto
dell'invito a «perseguire, diòkein , la giustizia» ( l Tm 6 , 1 1 ; 2Tm 2,22 ;
cf. 3 , 16) . Solo nell'espressione stereotipa «corona di giustizia» essa è
associata al «giusto>> giudizio di Dio (2Tm 4,8) . Anche nel frammen­
to catechistico di Tt 3,4-7 il sostantivo «giustizia» e il verbo di­
kaioùsthai, «essere giustificato>> si accostano alla terminologia teolo-

247
gica di Paolo ( Tt 3 , 5 . 7) . In questo caso la dialettica tra la «giustizia»
delle opere e la «giustificazione» per iniziativa di Dio rievoca quella
delle lettere di Paolo ai Galati e ai Romani, ma senza la sua puntua­
lizzazione relativa alle «opere della legge». Anche la sovrapposizio­
ne dei verbi «salvare» e «giustificare>> non è paolina.
Lo stesso discorso vale per il campo semantico della «fede» . Il
sostantivo pìstis ha una presenza massiccia nella prima Lettera a Ti­
moteo, dove ricorre 19 volte , a fronte delle 8 volte nella seconda Ti­
moteo e 6 in quella a Tito. Ma la «fede», associata alla «buona» o
«pura coscienza» , tende a diventare una «virtù» come la «giustizia,
la pietà e la costanza» ( 1Tm 1 ,5 . 19; 3 ,9; 6,1 1 ; 2Tm 2,22 ; 3 , 10; Tt
2,2 ) . Infatti l'espressione èn pìstei designa il più delle volte la condi­
zione del «credente» ( 1Tm 1 ,2.4; 2 , 1 5 ; 3 , 13 ; 4,12 ) . Essa indica quel
sistema teorico-pratico , dal quale si allontanano i dissidenti o falsi
maestri , che rifiutano la «buona» o «Sana dottrina» , la didaskalìa .
Non è casuale che in tale contesto il verbo pistèuein tenda a ridursi in
modo notevole rispetto all'epistolario autentico di Paolo : in tutto sei
ricorrenze , di cui due in relazione con il vangelo «affidato» a Paolo
( 1Tm 1 , 1 1 ; Tt 1 ,3 ) .
La novità maggiore sotto il profilo contenutistico si ha nell'ambi­
to della cristologia , della pneumatologia e dell'ecclesiologia . La cri­
stologia «epifanica» rappresenta una novità assoluta delle pastorali
rispetto alle protopaoline . Il termine epiphàneia - cinque volte nelle
pastorali - riferito a Gesù Cristo prende il posto della parousìa , «ve­
nuta» , come appare dall'accostamento dei due termini nella deute­
ropaolina 2Ts 2,8. Nuova è anche la frequente attribuzione del titolo
sotèr sia a Dio sia a Gesù Cristo , assieme a quello di mesìtes, «me­
diatore» ( 1Tm 2,5 ; 2Tm 1 , 10; Tt 1 ,4; 2 , 1 3 ; 3,6 ) . Nuovo è anche l'ap­
pellativo makàrios riferito a Dio ( 1Tm 1 , 1 1 ; 6,15 ) . Invece tende a ri­
dursi il ruolo dello «Spirito santo», menzionato con questa formula
un paio di volte (2Tm 1 , 14; Tt 3,5 ) . Nelle altre cinque ricorrenze lo
«spirito» è il carisma o lo spirito profetico .
La «chiesa» come istituzione tende a prendere il posto che nelle
lettere protopaoline è di Gesù Cristo . In tale contesto assumono un
ruolo preponderante le strutture della chiesa con i relativi diversi
«ministeri». Si insiste sulla fedeltà alla sana o bella «dottrina» e sulla
custodia e trasmissione del «deposito» , parathèke. Merita di essere
segnalato il fatto che questo vocabolo del linguaggio amministrativo
prende il posto della «tradizione», paràdosis delle lettere paoline
( 1 Cor 1 1 ,2) . Di pari passo la parenesi etica fa leva sulla «buona» o
«bella coscienza» , che deve tradursi nelle «opere buone» . Una nuo-

248
va costellazione di virtù o qualità etiche caratterizza la vita dei cre­
denti : eusèbeia, sophrosyne, sòphron, semnòtes, sèmnon, paidèia .
In conclusione l'impianto complessivo delle tre lettere pastorali
sotto il profilo del contenuto diverge in modo così vistoso da quello
delle lettere protopaoline che è difficile sostenere la loro paternità
paolina. Se è ammissibile che un autore come Paolo possa nel corso
del tempo variare il suo lessico e stile in rapporto a nuove e diverse
situazioni , non è immaginabile una tale evoluzione nel modo di pen­
sare . Da qui prendono lo spunto le diverse ipotesi per ricostruire l'i­
dentità dell'autore che sta all'interno della tradizione paolina, ma la
uti lizza con una libertà e autonomia notevoli .
Alcuni autori , impressionati dalla presenza intensa delle infor­
mazioni biografiche così dettagliate , soprattutto nella seconda Ti­
moteo, vorrebbero farle risalire a un «biglietto» autentico di Paolo ,
di cui si sarebbe servito l'autore delle pastorali.26 Altri , tenendo pre­
sente il carattere personalizzato della seconda Lettera a Timoteo, in
forma di «testamento» spirituale o discorso . di addio , ipotizzano
un'origine diversa , più direttamente paolina, per questo scritto .27 In­
fine un'ipotesi che ha avuto un certo seguito è quella del «segreta­
rio»: un discepolo e collaboratore di Paolo redige le tre lettere pa­
storali su incarico e secondo le indicazioni dell'apostolo. 28
Questa ipotesi spiegherebbe in parte la continuità e discontinui­
tà stilistica e teologica delle tre lettere rispetto al gruppo delle proto­
paoline . Ma essa non farebbe altro che rendere più intrigante la que­
stione del ruolo delle informazioni biografiche che non si lasciano
armonizzare con la figura di Paolo e con il quadro storico della sua
attività. In tal caso il segretario sarebbe un discepolo paolino che ri-

26
La cosiddetta ipotesi «frammentaria>> è sostenuta da P.N. HARRISON, The Pro­
blem of the Pastoral Epistles , Oxford 192 1 ; Io . , <<The Authorship of the Pastoral
Epistles» , in Exp T 67( 1955/56) , 77-81 . Proposta già a suo tempo da F. HITZIG , Zur
Kritik Paulinischer Briefe, Leipzig 1870, è ripresa con varianti da A . von Harnack
( 1 897) , da W. Hartke (1917) , e più recentemente da W. ScHMITHALS , Pastoralbriefe,
in RGG V, 144-148; da H . BINDER, «Die historische Situation der Pastoralbriefe>> , in
Geschichtswirklichheit und Glaubensbewahrung. Fs. F. Mii.ller, Stuttgart 1967 , 70-83 ;
vi aderiscono anche C.K. BARRETT, The Pastoral Epistles , Oxford 1963 ; A.T. HAN­
saN , The Pastoral Letters , Cambridge 1966 ; Io . , Studies in the Pastoral Epistles , Lon­
don 1968.
27 M. PRIOR, Pau/ the Letter-Writer and the Second Letter to Timothy (JSNT
Suppl . 23) , Sheffield 1989 ; J. MuRPHY-O'CoNNOR , «2Timothy contrasted with lTi­
mothy and TituS>> , in RB 93(1991), 403-413: sostiene che la 2Tm non è omogenea con
le altre due ; non è paolina, ma non deriva dallo stesso autore delle altre due pastorali .
28 L'ipotesi del «segretario» è proposta da O. Roller (1933) , J . Jeremias (1961 ) ,
J . N . D . Kelly (1963) , C . F . D . Moule (1964) , G. Holtz (1965) , C. Spicq (1969) .

249
costruisce un'immagine idealizzata di Paolo , il quale parla e pensa in
modo diverso da quello che ha scritto o dettato le lettere autentiche .
Dunque l'ipotesi del segretario portata alle estreme conseguenze
non fa altro che confermare la plausibilità dell'origine pseudepigra­
fica delle pastorali . Una volta accettata questa ipotesi restano aperte
tutte le possibilità per dare un volto a questo discepolo o ammirato­
re di Paolo . Tra i candidati un nome che ritorna con una certa insi­
stenza è quello di Luca, data l'affinità linguistica e in parte tematica
dell'opera di Luca con le nostre lettere . 29 I dati offerti dalle lettere
sono molto precari per poter dare un'identità precisa e attendibile al
loro autore paolino .30
La stessa incertezza riguarda la determinazione del luogo e del
tempo di composizione delle tre lettere pastorali. Le informazioni ,
sia pure fittizie , relative all'attività missionaria di Paolo , dei discepo­
li - Timoteo e Tito - degli altri collaboratori orientano verso la zona
di Efeso, la metropoli della provincia dell'Asia (1Tm 1 ,3 ; 2Tm 1 , 18;
4,12) . A questo centro della missione paolina fanno riferimento le
località di Tròade, Mileto e la stessa isola di Creta , dove si trova Ti­
to . Il fatto che il fronte degli avversari con caratteristiche simili sia
presente nelle tre lettere giustifica la ricerca di un unico ambiente di
origine anche per la seconda Lettera a Timoteo che presuppone la
situazione di Paolo in carcere a Roma . Infatti anche in questo scritto
l'interesse è rivolto ai cristiani dell'Asia e di Efeso (2Tm 1 , 15. 18) .
Del resto è nell'ambiente efesino che si conserva e sviluppa la
tradizione paolina, come attestano le due lettere della prigionia ai
Colossesi e agli Efesini. E nello stesso ambiente si riscontrano i sin­
tomi di una crisi di matrice «gnosticheggiante» , come lasciano intui­
re le «lettere alle sette» chiese incluse nell'Apocalisse (Ap 2,24) . È
dunque attendibile l'ipotesi che colloca l'origine di tutte e tre le let­
tere nell'ambiente efesino, dove si costituisce anche il primo nucleo
dell'epistolario paolino. L'autore delle pastorali , che si richiama
esplicitamente al nome e autorità di Paolo , intende non solo raffor­
zarne l'autorità in un momento di crisi delle chiese paoline , ma ren-

29 L'ipotesi dell'origine lucana delle pastorali è stata proposta la prima volta da


H . A . Schott ( 1 830) , ripresa da C.F.D. Moule (1962 ; 1964) , G . S . Wilson (1976 ;
1979) ; A. STROBEL, «Schreiben des Lukas? Zum sprachlichen Problem der Pastoral­
briefe», in NTS 15(1968/69) , 191-210; J. SANCHEz-Boscu , «L'autor de les Cartes Pa­
storales» , in RCatTeol 12(1987) , 55-95 .
30 H.F. voN CAMPENHAUSEN , «Polykarp von Smyrna und die Pastoralbriefe>> , in
SAH (195 1 ) , 5-5 1 ; lo . , A us der Friihzeit des Christentums , Tiibingen 1963 , 197-252.

250
dere attuale ed efficace il messaggio dell'apostolo in nuovo e mutato
contesto religioso e culturale .
In quest'ottica il ricorso alla pseudepigrafia paolina ha una fun­
zione «pastorale)) , Si spiega così anche la produzione di tre testi in
forma di lettera in parte simili per contenuto . Essi documentano la
testimonianza autorevole , concorde e universale di Paolo. Egli in­
fatti comunica le istruzioni e dà le disposizioni pastorali a due dei
suoi discepoli più fidati e stimati: Timoteo e Tito . Il raggio della sua
missione , che fa perno a Efeso, si estende fino a Creta e all'Illiria
( Nicopoli ) . Il duplicato della Lettera a Timoteo si spiega con il desi­
derio di ricostruire il «testamento)) di Paolo , la sua eredità spirituale
consegnata al discepolo prima della sua morte . Pertanto l'ordine lo­
gico delle tre lettere è il seguente : l Tm, Tt, 2Tm .
Per la determinazione della data di produzione delle pastorali si
può tener conto di due limiti estremi: il termine ante quem , è costi­
tuito dalla Lettera di Policarpo di Smirne ai Filippesi, scritta verso la
prima metà del II secolo , dove mostra di conoscere le pastorali ; il
termine post quem è desumibile dalle notizie biografiche o persona­
lia, dalla «crisi» e dalla struttura dei ministeri ecclesiali presenti nel­
le tre lettere pastorali. 31 Questo insieme di dati fa pensare alle ulti­
me decadi del primo secolo , tra l'SO e il lOO dell'era cristiana. Que­
sto è anche il periodo della terza generazione cristiana, in cui si fa ri­
corso alla pseudepigrafia apostolica .

4 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE


DELLE PASTORALI32

Nell'epoca moderna si è affermata la tendenza a discreditare la


teologia e spiritualità delle lettere pastorali, perché non sarebbero
né originali né dinamiche e feconde . Quella delle pastorali , si dice ,
non è una teologia di prima mano , ma il prodotto di un montaggio o

31 Le notizie autobiografiche di Paolo riportate nelle pastorali , più che da una


fonte scritta come sono le altre lettere o gli Atti degli apostoli , pare che derivino dalla
tradizione paolina dell'ambiente dell'Asia ; la struttura dei ministeri ecclesiali delle
pastorali riflette una situazione precedente a quella attestata dalle lettere di Ignazio
di Antiochia all'inizio del II secolo.
32 PH.H. TowNER, The Goal of our lnstruction. The Structure of Theology and
Ethics in the Pastoral Epistles (JSNTS MS 34) , Sheffield 1989 ; F. YouNG , The Theolo­
gy of the Pastoral Letters (New Testament Theology) , Cambridge 1994 .

25 1
il coacervo di materiale eterogeneo male assimilato . La figura e il
pensiero di Paolo in questi scritti , che si collocano nella tradizione
dell'apostolo, sarebbero stati addomesticati e canonizzati in funzio­
ne di una linea conservatrice o di restaurazione. Inoltre , dato il ruo­
lo attribuito all'autorità della «tradizione» e in genere alle istituzioni
della chiesa , alcuni storici del primo cristianesimo , a proposito delle
nostre pastorali , parlano di «protocattolicesimo>> . Anche il progetto
cristiano delle pastorali , in cui si raccomandano le virtù e le qualità
umane apprezzate nell'ambiente ellenistico , viene definito «cristia­
nesimo borghese» . È giustificata questa linea interpretativa che ten­
de a svalutare la teologia delle pastorali ponendola a confronto con
quella delle lettere protopaoline elevata a unico metro di valutazio­
ne? Una lettura dei testi senza pregiudizi , valutandoli per quello che
dicono o esprimono , offre l'opportunità di cogliere un messaggio
teologico e spirituale del primo cristianesimo che ha una sua dignità
ed è in grado di interessare anche i cristiani del nostro tempo .

a) Teologia, cristologia e pneumatologia delle pastorali


La sintesi più alta della teologia delle lettere pastorali è il brano
di stile celebrativo riportato nella Lettera a Tito , dove si traccia il
percorso dell'iniziativa libera e gratuita di Dio salvatore che effonde
il dono dello Spirito santo sui credenti per mezzo di Gesù Cristo (Tt
3,4-7) . Questo è il tratto distintivo dell'immagine di Dio nelle pasto­
rali sottolineato mediante alcuni titoli e qualifiche ricorrenti . Delle
complessive 48 ricorrenze di Theòs , «Dio» , solo in tre egli è chiama­
to «padre» e precisamente nelle formule stereotipe dell'intestazione
epistolare (1Tm 1 ,2; 2Tm 1 ,2; Tt 1 ,4) . Se ne rimarca invece la «tra­
scendenza»: Dio è «il re dei secoli , incorruttibile , invisibile e unico»
(1Tm 1 ,7; 2,5) ; egli è il «beato e unico sovrano , re dei re e signore
dei signori , il solo che possiede l'immortalità, che abita in una luce
inaccessibile ; che nessuno fra gli uomini ha visto né può vedere»
(1Tm 6, 15-16) . Perciò a Dio è dato , oltre all'appellativo ellenistico
«beato» , anche quello di «grande» , megàlos (1Tm 1 , 1 1 ; Tt 2 , 13).
La trascendenza di Dio sta alla base della sua azione efficace e
universale a favore del mondo e degli esseri umani . Dio infatti è il
«vivente» e colui «che dà la vita a tutte le cose» ( 1Tm 6,13; 3 , 1 5 ;
4 , 10) . È i l creatore d i tutto . Perciò ogni cosa è buona e «pura» quan­
do si accoglie come dono di Dio (1Tm 4,3-5 ; Tt 1 , 15). Ma è soprat­
tutto nella sua azione salvifica che si manifesta l'amore benigno e
gratuito di Dio , la sua «bontà e amore per gli uomini» , makrothy-

252
mìa, chàris, chrestòtes kài philanthropìa , ( 1Tm 1 , 16; Tt 2,1 1 ; 3,4) .
Questa iniziativa dell'amore di Dio , che si manifesta e realizza nella
storia umana per mezzo di Gesù Cristo , si condensa nell'attributo
divino tipico delle pastorali: «salvatore>> , sotèr ( 1Tm 1 , 1 ; 2,3; Tt 1 ,3 ;
2. 10; 3,4; sotèrios , Tt 2, 1 1 ) .
I l riferimento a Dio rappresenta l'orizzonte delle istruzioni e del­
le esortazioni delle pastorali che sono fatte «davanti a Dio>>, enòpion
toù Theoù (1Tm 5 ,4.21 ; 6,13; 2Tm 2 ,24 ; 4 , 1 1 ) . Il richiamo alla ini­
ziativa salvifica e alla relazione vitale con Dio è presente nelle
espressioni che caratterizzano il lessico teologico delle pastorali :
«parola di Dio>> (1Tm 4,5 ; 2Tm 2,9; Tt 2,5) ; «carisma di Dio>> (2Tm
1 ,6) ; «chiesa/casa di Dio>> (1Tm 3 , 5 . 15) ; «uomo di Dio>> (1Tm 6, 1 1 ;
2Tm 3 , 17) ; «economia/economo di Dio» (1Tm 1 ,4; Tt 1 ,7) .
Infine va messa in rilievo la dimensione escatologica dell'azione
di Dio nel senso che essa abbraccia anche l'ultima fase e il compi­
mento del processo salvifico , in quanto egli è il «giudice giusto» .
Egli d à l a «corona d i giustizia» a i fedeli che s i affidano a lui (2Tm
4,8. 18) . In questo caso l'appellativo biblico «Signore», Kyrios , lascia
aperta la possibilità di includervi un riferimento a Gesù Cristo, il Si­
gnore risorto , protagonista del giudizio ultimo (lTm 4 , 1 ) . In ogni
caso l'azione salvifica di Dio è inseparabile dal ruolo di Gesù Cristo ,
che partecipa dello stesso titolo di «salvatore» . Questo appare chia­
ramente nella professione di fede di 1Tm 2 ,4-5 , dove si combinano
insieme la fede monoteistica della tradizione biblica e quella cristo­
logica della prima chiesa: «Uno solo , infatti , è Dio e uno solo il me­
diatore tra Dio e gli uomini , l'uomo Cristo Gesù , che ha dato se stes­
so in riscatto per tutti».
La dimensione soteriologica qualifica la cristologia delle pasto­
rali . Quattro volte il titolo sotèr è riferito a Gesù Cristo (1Tm 1 , 10;
Tt 1 ,4; 2,13; 3 ,6) . Come si vede questa scelta cristologica è privile­
giata nella Lettera a Tito , mentre è del tutto assente nella seconda
Timoteo.33 Nella prima Lettera a Timoteo , oltre all'unica ricorrenza
di «salvatore», si ha la qualifica eccezionale di mesìtes , «mediatore» ,
riferita all'uomo Gesù , in quanto «ha dato se stesso in riscatto , antì­
lytron , per tutti» (1Tm 2,5b-6) . Si potrebbe pensare che nella Lette­
ra a Tito l'appellativo sotèr sostituisca quello di Kyrios nell'espres-

33 Il verbo sbzein ricorre complessivamente 7 volte nel gruppo delle pastorali ; 10


volte il titolo sot�r; due volte il sostantivo soterìa ; a essi vanno aggiunti i verbi rhyest­
hai, «liberare>> , in 2Tm 3 , 1 1 ; 4 , 1 7 . 1 8 ; e lytroùsthai in Tt 2,14.

253
sione ricorrente : «Gesù Cristo nostro salvatore» . Infatti nelle altre
due lettere ricorre la formula tradizionale paolina: «il Signore nostro
Gesù Cristo» (1Tm 1 ,2. 12; 6,3 . 14; 2Tm 1 ,2) . Risente ancora del for­
mulario cristologico paolino la preferenza per la combinazione «Cri­
sto Gesù» - 22 volte nelle tre lettere - rispetto a «Gesù Cristo» , che
ricorre solo cinque volte . Anche la formula «in Cristo Gesù>> , che si
riscontra in tutto nove volte , con una netta prevalenza della seconda
Timoteo , si colloca nella corrente cristologica paolina.
Ma il tratto più caratteristico della cristologia delle lettere pasto­
rali è la cornice «epifanica>> . 34 Il vocabolo epiphàneia , «manifestazio­
ne» , vi ricorre complessivamente cinque volte e due volte il verbo
epihàinesthai, «manifestarsi» (Tt 2 , 1 1 ; 3 ,4) . Il ruolo salvifico di Gesù
Cristo è trascritto anche con questa categoria che nell'ambiente elle­
nistico è associata al culto imperiale ( 1Tm 6,14; 2Tm 1 , 10; 4,1 .8; Tt
2, 13) . Si distinguono due «manifestazioni» di Gesù Cristo salvatore :
una prima nel passato , che coincide con l'evento storico della reden­
zione di Gesù Cristo e una seconda escatologica attesa per il futuro .
Ma c'è un aspetto presenziale e permanente della prima «manifesta­
zione» di Gesù Cristo in quanto essa si realizza ora mediante la pro­
clamazione del vangelo .
Per giustificare l'invito rivolto al discepolo di Paolo a partecipare
alle sofferenze dell'apostolo per il «vangelo» , con un linguaggio che
risente della dialettica apocalittica del «mistero» , si dice : «Egli (Dio)
infatti ci ha salvati e chiamati con una vocazione santa , non già in
base alle nostre opere , ma secondo il suo proposito e la sua grazia ;
grazia che ci è stata data in Cristo Gesù , m a è stata rivelata solo ora
con la manifestazione , epiphàneia , del .s alvatore nostro Cristo Gesù ,
che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità
per mezzo del vangelo, del quale io sono stato costituito araldo ,
apostolo e maestro» (2Tm 1 ,9-1 1 ) .
La prospettiva escatologica della cristologia epifanica prevale
negli altri testi . Nella parte conclusiva della prima Lettera a Timo­
teo, l'apostolo esorta il discepolo a conservare senza macchia e irre­
prensibile il «comandamento fino alla manifestazione del Signore
nostro Gesù Cristo» (1Tm 6, 14) . Ma questo invito alla fedeltà viene

34 D.L. 0BERLINNER, «Die "Epiphaneia" des Heilswillens Gottes in Christus Je­


sus», in ZNW 7 1 ( 1980) , 192-213; I.H. MARSHALL, <<The Christology of the Pastoral
Epistles» , in StUNT 13(1988) , 157-177.

254
fatto al «cospetto di Dio che dà la vita a tutte le cose e di Gesù Cristo
che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato» (l Tm
6,13). Il rimando all'evento soteriologico originario salda l'attesa
escatologica dei credenti alla storia presente . Essi infatti sono quelli
che «attendono con amore la manifestazione» del Signore, il «giusto
giudice», che consegnerà a essi come all'apostolo martire la «Corona
di giustizia» (2Tm 4,8) . Si tratta della «manifestazione» di Gesù Cri­
sto che «verrà a giudicare i vivi e i morti» e instaurare il suo regno
definitivo (2Tm 4 , 1 ) .
I cristiani dunque vivono tra l e due «epifanie» , quella storica del
passato e quella escatologica del futuro . Nella prima si è manifestata
per mezzo di Gesù Cristo la «grazia di Dio», che li impegna a vivere
con coerenza e fedeltà in questo mondo . La seconda porta a compi­
mento la loro attesa della «beata speranza e della manifestazione
della gloria» del grande Dio e salvatore Gesù Cristo (Tt 2,1 1-13) . 35
Nella formulazione di quest'ultimo testo della Lettera a Tito è evi­
dente l'inestricabile connessione tra il ruolo di Gesù Cristo e quello
di Dio, che ha l'iniziativa dell'intero processo dalla prima all'ultima
«epifania» salvifica.
·

In questo quadro soteriologico rientra anche la sobria pneuma­


tologia delle lettere pastorali. La manifestazione storica della bontà
di Dio salvatore e del suo amore per gli uomini raggiunge quanti so­
no gratuitamente salvati «mediante un lavacro di rigenerazione e di
rinnovamento nello Spirito santo», effuso abbondantemente sui cre­
denti per mezzo di Gesù Cristo (Tt 3,5-6) . Questa è una delle due
menzioni dello «Spirito santo» nelle nostre lettere . L'apostolo invita
il discepolo Timoteo a custodire «il buon deposito con l'aiuto dello
Spirito santo che è in noi» (2Tm 1 , 14) . In tale contesto si intuisce
che il riferimento al dono dello «spirito» , mediante l'imposizione
delle mani da parte dell'apostolo , deve essere posto in relazione con
lo Spirito santo (2Tm l , 7) . Esso infatti è chiamato «dono di Dio» ,
chàrisma toù Theoù o semplicemente il «dono» (2Tm 1 ,6; lTm
4,14) . Si tratta di quello «spirito» che parla attraverso i profeti e dà
un'efficacia salvifica alla sacra Scrittura, in quanto è «divinamente
ispirata , theòpneustos» (lTm 4, 1 ; 2Tm 3, 16) .

35 La tensione escatologica della soteriologia delle pastorali si esprime con il lin­


guaggio tradizionale: il Signore è il <<giusto giudice», che rende a ciascuno secondo le
sue opere (2Tm 4,8. 14b; cf. 2Tm 1 , 18) ; la meta finale , a cui sono chiamati i credenti ,
è indicata dall'espressione di matrice biblica: «Vita eterna» (1Tm 1 , 16; 6,12; Tt 1 ,2 ;
3 ,7).

255
b) L'ecc/es io logia delle Lettere Pastorali36

L'ambito in cui si fa esperienza della «epifania» salvifica di Dio


per mezzo di Gesù Cristo e dove si riceve il dono dello Spirito è
quello della «chiesa» . Nonostante l'interesse per la vita e l'ordina­
mento della «comunità» cristiana, il lessico ecclesiologico nelle tre
lettere pastorali è molto sobrio . Esso è concentrato nella prima Let­
tera a Timoteo , dove si parla due volte di «chiesa di Dio» e una volta
di ekklesìa nel senso di comunità locale (1Tm 3 ,5 . 1 5 ; 5 , 16) . L'aspet­
to più interessante è che nei primi due casi la «chiesa di Dio» è assi­
milata alla «casa» o famiglia, al punto che si può parlare di «casa/fa­
miglia di Dio» (1Tm 3 , 15).
Il modello «familiare» della chiesa appare in tutta evidenza nei
due elenchi di qualità umane o condizioni spirituali richieste ai re­
sponsabili nella guida della chiesa. Che si tratti dei candidati alla
funzione di epìskopos/presbyteros o a quella di diàkonos si richiede
sempre che abbiano dato buona prova di sé nell'educazione dei figli
e nella conduzione della propria famiglia (1Tm 3 ,4; Tt 1 ,6) . Al ve­
scovo si richiedono le attitudini proprie dell'oikònomos toù Theoù ,
«amministratore di Dio» (Tt 1 ,7) . La comunità dei credenti infatti è
assimilata a una «grande casa» , dove si trovano vasi di diversa quali­
tà e uso (2Tm 2,20) . Allo stesso modello «familiare» possono essere
accostate anche le immagini della «Costruzione» riferite all'esperien­
za ecclesiale. La comunità dei credenti è stabile perché è «saldo il
fondamento» gettato da Dio (2Tm 2 , 19) . Perciò la «chiesa del Dio
vivente è colonna e sostegno della verità» (1Tm 3 , 1 5) .
Quest'ultimo aspetto, che d à l a garanzia sicura della verità, con­
traddistingue l'ecclesiologia delle pastorali . Esso ha due risvolti . Da
una parte la chiesa è una comunità di educazione o formazione, in
cui ha un ruolo importante l'insegnamento . Dall'altra essa deve far
fronte alla minaccia dei falsi maestri che insegnano in modo «etero­
dosso» . Non è casuale che Paolo nelle nostre lettere si presenti non
solo con la qualifica tradizionale di «apostolo» , ma con quella tipica
del didàskalos, «maestro», proprio in quanto è la fonte e il garante
della verità del vangelo (lTm 2,7; 2Tm 1 , 1 1 ) . Uno dei compiti fon-

36 H. VON LIPS , Glaube, Gemeinde, Amt. Zum Verstiindnis der Ordination in den
Pa.storalbriefen (FRLANT 122) , Gottingen 1979 .

256
damentali del discepolo , che a sua volta è il prototipo per i responsa­
bili della comunità, è quello di «insegnare» , didàskein (1Tm 4 , 1 1 ;
6,2) .
In assenza dell'apostolo il suo discepolo , figura ideale dei re­
sponsabili della chiesa, deve dedicarsi alla «lettura , all'esortazione e
all'insegnamento , didaskalìa>> ( 1Tm 4,13) . Nel confronto con i falsi
maestri egli deve difendere la «sana» o «bella dottrina» , didaskalìa
(1Tm 4,6. 1 3 . 1 6 ; Tt 2 , 1 .7) . Come un sacro «deposito» , parath�ke, ri­
cevuto dall'apostolo , essa deve essere trasmessa integralmente e con
fedeltà (1Tm 6,20; 2Tm 1 , 12. 14) . A tale scopo le cose che il discepo­
lo ha udito dall'apostolo alla presenza di molti testimoni le deve tra­
smettere a «persone fidate , le quali siano in grado di ammaestrare a
loro volta anche gli altri» (2Tm 2,2) . Perciò tra le qualità richieste al
candidato all'episkop� è la sua capacità di insegnare , didàktikos
( 1Tm 3 ,2} . Infatti il vescovo deve essere «attaccato alla dottrina si­
cura , secondo l'insegnamento trasmesso, perché sia in grado di esor­
tare con la sua sana dottrina e di confutare coloro che contraddico­
no» (Tt 1 ,9}. Del resto nel tracciare il profilo del «servo del Signo­
re» , rappresentato da Timoteo , si dice che deve essere «atto a inse­
gnare», didàktikos , per riprendere con dolcezza gli oppositori nella
speranza della loro conversione (2Tm 2,24-25) .
Nel contesto di questa comunità «didattica» si comprende il ruo­
lo privilegiato assegnato alla «parola di Dio» , identificata sia con il
vangelo sia con l'interpretazione della «sacra Scrittura» . Il discepolo
di Paolo , Timoteo , proposto come modello per i pastori , conosce le
«scritture» fin dalla sua infanzia grazie all'educazione familiare .
E tutta la Scrittura, in quanto è ispirata da Dio, è «utile per inse­
gnare , convincere , correggere e formare alla giustizia, perché l'uo­
mo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona»
(2Tm 3 , 16-17).
Sullo sfondo del modello familiare e dell'esigenza didattico­
dottrinale della chiesa si comprende il taglio che vi assume l'ordina­
mento nelle tre lettere pastorali. La necessità di far fronte a una si­
tuazione di «crisi» nell'ambito delle chiese di origine paolina fa
emergere il ruolo autorevole dell'apostolo Paolo . Come nella strut­
tura patriarcale della famiglia è indiscussa l'autorità del maschio , pa­
dre e sposo, così nella chiesa la gerarchia si struttura a partire da Dio
Padre , che si manifesta per mezzo di Gesù Cristo . Paolo è l'apostolo
unico , delegato di Gesù Cristo , che a sua volta incarica i discepoli ,
Timoteo e Tito , di rappresentarlo . Questi ultimi stabiliscono a suo
nome i responsabili nella chiesa: vescovo , presbiteri , diaconi . Il rito

257
di imposizione delle mani , ripreso dalla tradizione biblica e giudai­
ca, trasmette il «dono» spirituale corrispondente al compito e ruolo
autorevole dei vari ministeri nella chiesa (1Tm 4,14; 2Tm 1 ,6) .
L' epìskopos è il sovraintendente o «amministratore di Dio>> che
deve garantire il buon ordine e l'ortodossia nella chiesa locale. La
sua autorità tramite il discepolo risale all'apostolo che per mezzo
della lettera traccia il modello ideale del suo compito e stile di pasto­
re . Le qualità elencate per il candidato all'episkop� sono quelle che
nell'ambiente greco-ellenistico si richiedono a quanti svolgono una
funzione pubblica (1Tm 3 ,2-7 ; Tt 1 ,7-9) _37 Egli come capo della co­
munità cristiana non solo dà il tono allo stile di vita dei suoi membri ,
ma la rappresenta all'esterno . Dato che nelle tre lettere si parla di
epìskopos al singolare , si deve ritenere che egli sia il rappresentante
o presidente del collegio dei presbyteroi. Infatti almeno in un testo si
fa riferimento al presbytèrion e si menziona anche il ruolo di presi­
denza dei presbiteri (lTm 4,14; 5 , 17) . Il modello per questa struttu­
ra dell'ordinamento ecclesiale è quella del «consiglio degli anziani>>
dell'ambiente giudaico .
Il terzo modello dell'ordinamento ecclesiale nelle pastorali è
rappresentato dai diàkonoi. Essi non sono solo «servitori>> nell'am­
bito familiare , ma hanno un ruolo autorevole nella comunità eccle­
siale perché ai candidati alla diakonìa si richiedono qualità analoghe
a quelle del vescovo e dei presbiteri (1Tm 3 ,8-13) . Inoltre la qualifi­
ca di «diacono di Gesù Cristo>> è data a Timoteo , proposto come
modello dei pastori nella chiesa (lTm 4,6) . E la sua attività tipica,
come del resto quella dell'apostolo , è presentata come diakonìa
( 1Tm 1 , 12; 2Tm 4,5 . 1 1 ) . Dal momento che si parla di «diaconi» e di
«diaconia» solo nella prima e seconda Lettera a Timoteo si pensa
che questa forma di ministero sia propria di alcuni centri ecclesiali
più importanti con strutture più articolate .
Un discorso a parte merita il ruolo ministeriale delle donne nelle
lettere pastorali . Nel contesto dell'ordinamento ecclesiale , dove si
parla dei «diaconi» , si menzionano anche le donne come candidate
alla «diaconia» ( lTm 3 , 1 1 ) . Questo fatto sembra contrastare con
quanto si prescrive nella stessa lettera nel contesto dell'ordinamento
liturgico : «la donna impari in silenzio , con tutta sottomissione . Non

37 ONASANDRO, Strategikòs (De imperatoris officio) , l; R. ScHWARZ, Biirgerli­


ches Christentum im Neuen Testament? Eine Studie zu Ethik, Amt und Recht in den
Pastoralbriefen (OSB 54) , Klosterneuburg 1983 .

258
concedo a nessuna donna di insegnare, né dettare legge all'uomo ;
piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo» (1Tm 2,1 1-12) . Se
ne dà il motivo rileggendo la storia di Genesi sul peccato di Adamo e
Eva, dove si sottolinea la particolare responsabilità della donna e si
conclude dicendo che la donna «potrà essere salvata partorendo figli
a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santifica­
zione , con modestia» (1Tm 2, 13-15) .
Questa tensione tra i due modelli femminili si può comprendere
tenendo presente il contesto culturale e la situazione critica della
chiesa riflessa nei tre scritti pastorali. Nel tracciare l'ordinamento
della chiesa si tende a proiettarvi il modello della struttura familiare ,
dove le donne come gli schiavi e i bambini sono subordinate al ruolo
del responsabile maschile . Un ulteriore motivo per sottolineare que­
sto ruolo subalterno e «ordinato» della donna sposa e madre è la
propaganda dei «falsi maestri» che condannano il matrimonio e met­
tono «in scompiglio intere famiglie» (1Tm 4,3; Tt 1 , 1 1 ) . Le donne
corrono il rischio di diventare «discepole» di questi maestri che pe­
netrano nelle case con la loro propaganda disgregatrice (2Tm 3 ,6) .38
In tale contesto si comprende la disposizione del «regolamento»
per le vedove : «le più giovani si risposino e abbiano figli e governino
la loro casa» , per non incrementare il gruppo delle donne che «gira­
no qua e là per le case e sono non soltanto oziose , ma pettegole e

38 Negli ultimi anni vari contributi sotto diversi punti di vista hanno tentato di
chiarire il ruolo della donna nelle lettere pastorali in rapporto anche al «ministero»:
A. PADGETI, «Wealth Women at Ephesus. 1Timothy 2,8-15 in Social Context» , in In­
terp 41( 1987) , 19-3 1 ; K.A. VAN DER JAGT, «Women are Saved through Bearing Chil­
dren ( lTimothy 2 , 1 1-15)», in Bib T 39( 1988) , 201-208 ; lo. , «Women are Saved
through Bearing Children: A Sociological Approach to the Interpretation of 1Ti­
mothy 2 . 15», in PH .C. SnNE, a cura di , Jssues in Bible Translation ( UBS Mon. 93) ,
London-New York-Stuttgart 1988 , 287-295 ; C.C. KROEGER, «Women i n the Church :
A Classistic's View of lTim 2 , 1 1 - 1 5>> , in Journal of Biblica[ Equality 1 ( 1989) , 3-3 1 ;
R.C. KROEGER-C .C. KROEGER, I Suffer not a woman: Rethinking / Timoty 2:11-15 in
light of Ancient Evidence, Grand Rapids 1 992 ; P.W. BARNETI, «Wives and Women's
Ministry ( 1Timothy 2 , 1 1 - 1 5)>> , in EvQ 6 1 ( 1989) , 225-228 ; T. J . HARRIS, «Why Pau!
mention Eve's Deception? A Critique of P. W. Barnett's lnterpretation of 1Timothy
2», in EvQ 62( 1990) , 335-352; B. BARRON , «Putting Women in their Piace . lTimothy
2 and Evangelica! Views for Women in Church Leadership>> , in JETS 33( 1990) , 45 1 -
459; S. H . Garrz , Pau[, Women Teachers, and the Mother Goddess at Ephesians. A
Study of J Timothy 2,3-15 in Light of the Religious and Cultura[ Milieu of the First
Century, Lanham-New York-London 1991 ; A.L. BowMAN , «Women in Ministry : An
Exegetical Study of 1Timothy 2,1 1-15>> , in B S 149( 1992) , 193-2 1 3 ; A.C. PERRIMAN ,
«What Eve Did. What Women Shouldn't Do: The Meaning of authentè6 in lTimothy
2, 12>> , in TyndBu/1 44( 1993), 1 29-142; S . E . PORTER, «What Does it Mean to be "Sa­
ved by Childrenbirth" (lTm 2,15)?>> , in JSNT 49( 1993) , 87- 102 .

259
curiose , parlando di ciò che non conviene» (1Tm 5 , 13- 14) . Solo nel­
l'ambito familiare la donna può svolgere anche un ruolo di insegna­
mento secondo il modello tipico della società greco-romana. Questo
vale per le donne anziane che devono «insegnare il bene per formare
le più giovani all'amore del marito e dei figli» , a essere «prudenti ,
caste , dedite alla famiglia, buone , sottomesse ai propri mariti perché
la parola di Dio non debba diventare oggetto di biasimo» (Tt
2,3b-5) . Quest'ultima motivazione di carattere «apologetico» si tro­
va più volte a chiusura dei cataloghi dei doveri (Tt 2,8. 10; 1Tm 3,7b ;
5 , 14b ; 6 , 1b) . In sottofondo si avverte la preoccupazione di eliminare
in radice ogni motivo di prevenzione e sospetto da parte dell'am­
biente esterno nei confronti della chiesa e di offrire invece di essa
un'immagine positiva.

c) Il progetto cristiano nelle pastorali39


L'attenzione delle lettere pastorali per l'ambiente esterno e la
conseguente assunzione di alcuni valori etico-religiosi molto apprez­
zati nella società e cultura greco-romana hanno indotto alcuni autori
a etichettare il loro progetto cristiano come «cristianesimo borghe­
se» . L'integrazione del cristianesimo nella società pagana sarebbe
avvenuta a spese della sua radicalità evangelica e della tensione
escatologica. Anche la motivazione teologica dell'impegno etico sa­
rebbe più formale ed esterna che non intrinseca e profonda . In altre
parole il progetto cristiano sarebbe giustapposto al quadro teologico
e cristologico più che non fatto derivare come conseguenza diretta
dalla riflessione sull'esperienza di fede . Questa impressione genera­
le può essere in parte vera se il termine di paragone è il progetto cri­
stiano che si ricava dalle lettere protopaoline . Ma così non si coglie
l'apporto specifico dei tre scritti pastorali , che, pur ispirandosi alla
tradizione paolina, la rileggono e attualizzano in nuovo contesto so­
ciale e culturale .
L'autore delle pastorali ha coscienza del fatto che i suoi destina­
tari cristiani devono fare i conti con una condizione di marginalità se
non proprio di ostilità e rifiuto da parte dell'ambiente . Più volte ,

39 G . I<RETSCHMAR, «Der paulinische Glaube in den Pastoralen», in F. HAHN-H.


KLEIN , a cura di , Glaube im Neuen Testament. Fs. H. Binder (BTSt 7) , Neukirchen
1983 , 1 15-140; J . J . WAINWRIGHT, «Eusèbeia. Syncretism or conservative Contex­
tualization?», in EvQ 65( 1 993) , 2 1 1 -224.

260
soprattutto nella seconda Lettera a Timoteo, egli richiama l'impe­
gno ad affrontare la lotta per il vangelo senza lasciarsi scoraggiare
dal prezzo di sofferenze che questo comporta (2Tm 1 ,8. 12) . È esem­
plare la figura di Paolo che soffre per il vangelo fino a portare le ca­
tene come un malfattore (2Tm 2,8-9) . Tutto questo egli lo affronta
«per gli eletti , perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cri­
sto Gesù insieme alla gloria eterna» (2Tim 2, 10) . La motivazione
cristologica viene esplicitata con un brano che ricorda la tradizione
paolina sulla partecipazione dei credenti al destino di Gesù Cristo :
«Certa è questa parola: Se moriamo con lui , vivremo anche con lui ;
se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo ; se lo rinneghia­
mo , anch'egli ci rinnegherà ; se noi manchiamo di fede , egli però ri­
mane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2Tm 2 , 1 1-13).
Tramite il discepolo Timoteo l'esempio di Paolo viene proposto
a tutti i cristiani. Egli, che ha seguito da vicino l'apostolo , ha appre­
so come affrontare le persecuzioni e le sofferenze (2Tm 3, 10-1 1 ) .
Queste non riguardano solo i pastori , m a tutti quelli che aderiscono
al vangelo . Una frase conclusiva riassume questa prospettiva mili­
tante : «Del resto , tutti quelli che vogliono vivere piamente in Gesù
Cristo saranno perseguitati» (2Tm 3 , 12) . La radicalità dell'impegno
cristiano , che non tollera mezze misure e compromessi , è illustrata
mediante il confronto con ciò che comportano alcune attività profa­
ne, come quella del soldato , dell'atleta e dell'agricoltore (2Tm
2,4-6) . Nella prospettiva cristiana si tratta del «soldato di Cristo» ,
che è «servo del Signore» e «uomo d i Dio» (1Tm 6 , 1 1 ; 2Tm 2,3.24 ;
3, 17) .
Concretamente l'impegno di quelli che «vivono piamente in Cri­
sto Gesù» è definito da una serie di attitudini e qualità spirituali tra
cui primeggiano quelle caratteristiche dell'etica greco-romana: la
«pietà» , la «dignità» , la «prudenza>� .
In questa ottica la fede , la speranza e l'amore , che nelle lettere
protopaoline danno il profilo dell'essere cristiano , tendono ad assu­
mere una valenza prevalentemente etica.
La «fede » ha due risvolti: uno dottrinale e uno etico . Infatti la
pìstis da una parte è associata alla conoscenza della «verità» e alla fe­
deltà nella «sana dottrina» (1Tm 2,7; 4,6; Tt 1 , 1 ) ; dall'altra è con­
nessa con il «cuore puro» e la «Coscienza pura» o «buona» ( 1Tm
1 ,5 . 19) .
La «speranza» non ha un grande rilievo nel progetto cristiano
delle lettere pastorali. Delle quattro ricorrenze del termine elpìs, se
si escludono quelle che fanno parte del formulario dell'intestazione

261
di 1Tm 1 , 1 e Tt 1 ,2, restano i due casi di Tt 2 , 1 3 e 3,7: «nell'attesa
della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro
grande Dio . . . » ; «perché giustificati dalla sua grazia diventassimo
eredi , secondo la speranza, della vita eterna». In ambedue i casi si
tende a identificare la «speranza» con la realtà sperata. È sintoma­
tico il fatto che , a eccezione della prima Lettera a Timoteo , il verbo
«sperare» non compaia mai nelle altre due lettere pastorali. Delle
quattro ricorrenze del verbo elpìzein nella prima Lettera a Timoteo ,
solo un paio hanno una valenza «teologale» in quanto la speranza è
posta in relazione con Dio : «Noi ci affatichiamo e combattiamo per­
ché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente» ( 1Tm 4 , 10;
cf. 5 ,5 ) .
Anche l' «amore» ha un ruolo ridotto e un significato stereotipo
nel gruppo delle pastorali : dieci volte ricorre il vocabolo agàpe e una
sola il verbo agapàn ( 2Tm 4,8 ) . Esclusi due casi in cui si parla dell'a­
more «che è in Cristo Gesù>> ( 1Tm 1 ,4; 2Tm 1 , 13 ) , negli altri testi
delle pastorali l'agàpe fa parte della serie di virtù o qualità racco­
mandate o richieste al «pastore>> come prototipo dei cristiani : «Sii di
esempio ai fedeli nelle parole , nel comportamento , nell'agàpe, nella
fede, nella purezza» ( 1Tm 4,12 ) ; «tendi alla giustizia , alla pietà , alla
fede , all'agàpe, alla pazienza , alla mitezza» ( 1Tm 6 , 1 1b ; cf. 2Tm
2,22; 3 , 10) . Alla donna cristiana sposa e madre si dice che «potrà
salvarsi partorendo figli , a condizione di perseverare nella fede , nel­
l'amore e nella santificazione , con modestia» ( 1Tm 2 , 1 5 ) . Ai cristia­
ni si raccomanda che «siano sobri , dignitosi , assennati , saldi nella fe­
de , nell'amore e nella pazienza» ( Tt 2,2 ) .
Da questi elenchi delle «Virtù» e soprattutto dal catalogo delle
qualità richieste per i candidati al ministero nella chiesa emerge il
profilo del cristiano proposto nelle lettere pastorali . Esso è caratte­
rizzato da un'etica delle relazioni giuste , buone ed equilibrate a tutti
i livelli , dall'ambito privato a quello sociale , passando attraverso
quello familiare che rappresenta il metro di valutazione . Si richiede
che il candidato al ruolo di guida e rappresentante della comunità sia
«irreprensibile , non sposato che una sola volta, sobrio , prudente, di­
gnitoso , ospitale , capace di insegnare , non dedito al vino , non vio­
lento , ma benevolo , non litigioso , non attaccato al denaro . Sappia
dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni di­
gnità» ( 1Tm 3 ,2-4 ; cf. 1Tm 3,8. 1 1 ; Tt 1 ,6-8 ) . Questo ritratto ideale
del pastore , che deve essere di esempio alle varie categorie di perso­
ne nella comunità, corrisponde , come si è detto sopra , sia pure nei
tratti essenziali , al modello etico proposto dai retori e filosofi del­
l'ambiente ellenistico.

262
Oltre a questa sintonia con l'etica «laica>> il progetto cristiano
delle pastorali è caratterizzato da una preoccupazione spiccata per la
prassi. Tutti i cristiani e le singole categorie di persone nell'ambito
familiare e comunitario devono distinguersi per l'impegno nelle
«opere buone» : le donne , le vedove , i presbiteri ( lTm 2,10; 5 ,
10.25 ) . Il «pastore» deve presentarsi come esempio , typos , di «opere
buone» (Tt 2 ,7) . La comunità dei credenti , riscattati da ogni iniquità
grazie all'evento redentivo di Gesù Cristo , è un popolo puro , che gli
appartiene , «zelante nelle opere buone» (Tt 2, 14) . Anche se si ha
coscienza che l'azione salvifica di Dio non dipende dalle «opere di
giustizia» compiute dai credenti , tuttavia si insiste nel dire che essi
devono essere pronti per «ogni opera buona» ed «essere i primi nelle
opere buone» (Tt 3 , 1 .8; cf. Tt 3 , 14) . Tale insistenza si comprende
sullo sfondo della polemica contro i falsi maestri che si abbandonano
alle affabulazioni mitologiche, pretendono di «conoscere Dio» , ma
si autosconfessano con i fatti perché si dimostrano «incapaci di qual­
siasi opera buona» (Tt 1 , 16) .
La sintesi più rappresentativa del progetto cristiano delle pasto­
rali è la catechesi celebrativa della Lettera a Tito , dove si afferma
che la «manifestazione della chàris di Dio , apportatrice di salvezza
per tutti gli uomini», ha una funzione «pedagogica» nei confronti
dei credenti , in quanto li impegna a «rinnegare l'empietà e i desi­
deri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo
mondo , nell'attesa della beata speranza e della manifestazione del­
la gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo ; il quale ha
dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un
popolo puro , zelante nelle opere buone» (Tt 2,1 1- 14) . Il progetto
cristiano si costruisce lungo tre direttrici . Affonda le sue radici nel­
l'azione salvifica di Dio culminante nell'autodonazione di Gesù
Cristo . È proiettato verso il suo futuro compimento escatologico .
Si realizza in questo mondo, ma con uno stile di vita corrisponden­
te alla manifestazione dell'amore gratuito e liberante di Dio .

263
BIBLIOGRAFIA

l . CANONE PAOLINO

CHILDS B . S . , The New Testament as Canon. An Introduction , Lon­


don 1984.
METZGER B . M . ,The Canon of New Testament. Its Origin, Develop­
ment, and Significance, Oxford 1987 .
THEOBALD C. , a cura di , Le canon des Écriture. Études historiques,
exégètiques et systématiques , Paris 1990.
WALL R. W . , «The Problem of the multiple letter canon of the NT» ,
in Horizons in Biblica/ Theology 8(1986) , 2,1-3 1 .

2 . ORIGINE E RACCOLTA DELLE LETIERE D I PAOLO

K. A LAND , «Das Entstehung des Corpus Paulinum» , in Neutesta­


mentliche Entwurfe, Miinchen 1979 , 302-350.
RICHARDS E . R . , The Secretary in the Letters of Paul (WUNT 2/42) ,
Tiibingen 199 1 .
STOWERS S . K . , Letter Writing in Greco-Roman Antiquity (Library of
Early Christianity 5), Philadelphia 1986.
TAATZ 1 . , Fruhjudische Briefe. Die paulinischen Briefen in Rahmen
der offiziellen religiosen Briefen des Fruhjudentums (NTOA 16) ,
Freiburg Gottingen 1991 .

TROBISCH D . , Die Entstehung der Paulusbriefsammlung. Studien zu


den Anfiingen christlicher Publizistik (NTOA 10) , Freiburg -
Gottingen 1989 .

3. PsEUDEPIGRAFIA
ALAND K. , «Das Problem der Anonymitat un d Pseudonymat in der
christlichen Literatur der ersten beiden Jahrhunderte» , in Stu­
dien zur Uberlieferung des Neues Testaments und seines Textes
(ANTT II) , Berlin 1967 , 26-34.

265
- «Falsche Verfasserangabe? Pseudonymitiit im fruhchristlichen
Schriftum», in ThRv 75(1979) , 1-10.
- «Noch einmal : Das Problem der Anonymitat und Pseudonymitat
in der christlichen Literatur der ersten beiden Jahrhunderte», in
E. DASSMANN , a cura di , Pietas. Fs. B. Kotting (JAC.E 8) , Miin­
ster i . W. 1980, 121-139.
BALZ H . R . , «Anonymitat und Pseudepigraphie im Urchristentum.
Ù berlegungen zum literarischen und theologischen Problem der
urchristlichen und gemeinantiken Pseudepigraphie», in ZTK 66
(1969) , 403-436.
BRox N. , «Zum Problemstand in der Erforschung der altchristlichen
Pseudepigraphie» , in Kairos 15(1973) , 10-23 .
- Falsche Verfasserangabe. Zur Erkliirung der fruhchristlichen
Pseudepigraphie (SBS 79) , Stuttgart 1975 .
- Pseudepigraphie in der heidnischen und judisch-christlichen Anti­
ke (WdF 484) , Darmstadt 1977 ; 1988.
- «Methodenfragen der Pseudepigraphie-Forschung» , in ThRv 75
(1979) , 275-278.
CANDLISH J . S . , «On the Moral Character of Pseudonimous Books» ,
in Exp Tim , Fourth Series , 4(1981 ) , 91-107.262-279 .
DALTON W.J . , «Pseudepigraphy in the New Testament» , in Catholic
Theological Review 5(1983) , 29-35 .
FISCHER K.M. , «Anmerkungen zur Pseudepigraphie im Neuen Te­
stament», in NTS 23(1976) , 76-81 .
HENGEL M. , «Anonymitat , Pseudepigraphie und "Literarische Fal­
schung" in der jiidisch-hellenistischen Literatur», in Pseudepi­
grapha I (Entretiens sur l'antiquité classique 18) , Vandoevres -
Genève 1972 , 229-308.
LAUB F. , «Falsche Verfasserangaben in neutestamentlichen Schrif­
ten . Aspekte der gegenwartigen Diskussion um die neutesta­
mentliche Pseudepigraphie» , in TThZ 89(1980) , 228-242 .
MALONEY E . C . , «Biblical authorship and the Pastoral Letters ; inspi­
red and anonymous>> , in Bib Today 24( 1986) , 1 19-123.
MEADE D . G . , Pseudonymity and Canon. An lnvestigation in to the
Relationship of A uthorship and Authority in Jewish and Earliest
Christian Tradition (WUNT 39) , Tiibingen - Grand Rapids 1986 ;
1987.
MEALAND D . L. , «Positional Stylometry Reassessed : Testing a Seven
Epistle Theory of Pauline Authorship» , in NTS 35(1989) , 266-
286.
METZGER B . M . , «Literary Forgeries and Canonical Pseudepigra­
pha» , in JBL 91( 1972) , 3-24.

266
NEUMANN K.J . , The Authenticity of the Pauline Epistles in the Light
of Stylostatistical Analysis ( SBL. Diss . Ser. 120) , Atlanta 1990.
PENNA R . , «Anonimia e pseudepigrafia nel Nuovo Testamento :
comparatismo e ragioni di una prassi letteraria» , in RivB 33
(1985) , 319-344.
- «Introduzione al fenomeno storico del paolinismo» , in RivB 94
(1986) , 419-427 .
RIST. M . , «Pseudepigraphy and Early Christians» , in D . E . AUNE, a
cura di , Studies in the New Testament and Early Christian Litera­
ture. Essays in Honour of A . P. Wikgren ( NTS 33) , Leiden 1972 ,
75-91 .
SINT J .A. , Pseudonymitiit im Altertum. lhre Formen und ihre Gran­
de, Innsbruck 1960.
SMITH M . , «Pseudepigraphy in the Israelite Literary Tradition» , in
Pseudepigrapha I ( Entretiens sur l'antiquité classique , 18) , Van­
doevres - Genève 1972 , 189-215.216-227 .
SPEYER W. , «Religiose Pseudepigraphie und Literarische Falschung
im Altertum» , in JA C 8-9(1965-1966) , Miinster 1967 , 88-125 .
- Die Literarische Fiilschung im heidnischen und christlichen Alter­
.
tum. Ein Versuch ihrer Deutung (HAW 112) , Miinchen 1971 .
ToRM F. , «Die Psychologie der Pseudonymitat im Hinblick auf die
Pseudepigraphie als ethisch-psychologisches Problem» , in ZNW
36(1936) , 262-279 .
WoLTER M . , «Die anonyme Schriften des Neuen Testaments . Anna­
herungsversuch an e in Literarisches Phanomen» , in ZNW 79
(1988) , 1-16.
ZMIJESWSKI J . , «Apostolische Paradosis und Pseudepigraphie» , in
BZ 23(1979) , 161-171 .
- «Die Pastoralbriefe als pseudepigraphische Schriften . Beschrei­
bung, Erklarung, Bewertung» , in SNTU A-4( 1979) , 97- 1 1 8 .
- Das Neue Testament. Quelle christlicher Theologie und Glauben­
spraxis zum NT und seiner Auslegung, Stuttgart 1986, 185-
196. 197-220.

4 . TRADIZIONE PAOLINA E PAOLINISMO


BABCOCK W . S . , a cura di , Pau/ and the Legacies of Pau/, Dallas
1990.
KERTELGE K . ,a cura di , Paulus in den neutestamentlichen Spiitschrif­
ten. Zur Paulusrezeption im Neuen Testament ( OD 89) , Freiburg
- Basel - Wien 198 1 .

267
MARA M . G . , Paolo di Tarso e il suo epistolario, L'Aquila 1983 .
- «Il significato storico-esegetico dei commentari al corpus paolino
dal IV al V secolo» , in ASE 1 (1984) , 59-74.
PAGELS E.H. , The Gnostic Pau/. Gnostic Exegesis of the Pauline Let­
ters, Philadelphia 1975 .
LODEMANN C . , Paulus im iiltesten Christentum. Das Bi/d Paulus des
Apostels und die Rezeption der paulinischen Theologie in der
fruhchristlichen Literatur bis Marcion , Tiibingen 1 979.
- Paulus der Heidenapostel, II , Antipaulinismus im fruher Chri­
stentum (FRLANT 130) , Gottingen 1983 .
CoccHINI F. , Il Paolo di Origene. Contributo alla storia della recezio­
ne delle epistole paoline nel III secolo (V erba Seniorum N.S.-1 1 ) ,
Roma 1992.
WILES M.F. , The Divine Apostle. The Interpretation of St. Paul's
Epistles in the Early Church , Cambridge 1967 .
SIMONETII M. , «Paolo nell'Asia cristiana del II secolo» , in VetChr 27
(1990) , 123-144.
NoRELLI E. , «La funzione di Paolo nel pensiero di Marcione» , in
RivB 34(1986) , 578-586.
DASSMANN E . , Der Stachel im Fleisch. Paulus in der fruhchristlichen
Literatur bis Marcion , Miinster 1979.
R. PENNA , a cura di , Paolinismo. Letture di Paolo nel I e II secolo.
Atti del I Convegno di Studi Neotestamentari, Bocca di Magra
(La Spezia, 5-6 sett. 1 985) , in RivB 34(1986) , 417-637.
- Antipaolinismo: reazioni a Paolo tra il I e il II secolo. Atti del Il
Convegno nazionale di studi neotestamentari (Bressanone, 10-12
settembre 1987) , in Ricerche Storico-Bibliche 1(1989) 1 .

5 . LE LETTERE DEUTEROPAOLINE

Introduzione e studi

CoLLINS R.F. , Letters that Pau/ Did not Write. The Epistle to the He­
brews and Pseudepigrapha (Good News Studies 28) , Wilmington
1988 .
CIPRIANI S . , «"Sapienza" e "Legge" in Colossesi e Efesini», in RivB
35(1987) , 283-298.

268
DAUTZENBERG G . , «Theologie und Seelsorge aus paulinischer Tradi­
tion . Einfiihrung in 2Thess, Kol, Eph», in J. ScHREINER - G .
DAUTZENBERG , a cura di, Gesta/t und Auspruch des Neuen Testa­
ments, Wiirzburg 2 1979 , 96- 1 1 9 .
- «Teologia e pastorale nella tradizione paolina» , i n Introduzione
al Nuovo Testamento , Roma 1982 , 166-201 .
GIELEN M. , Tradition und Theologie neutestamentlicher Haustafe­
lethic: Ein Beitrag zur Frage einer christlichen A useinanderset­
zung mit gesellschaftlichen Normen (BBB 75) , Frankfurt a . M .
1990.
LoNA H.E. , Die Eschatologie im Kolosser- und Epheserbrief (FB
48) , Wiirzburg 1984 .
MAcDoNALD M. Y . , The Pauline Churches: A Socio-historical Study
of lnstitutionalization in the Pauline and Deuteropauline Writings
(SNTS MS . 60) , Cambridge - New York 1988.
MALHERBE A . , Mora/ Exhortation. A Greco-Roman Sourcebook
(Library of Early Christianity 4) , Philadelphia 1 986.
MASINI M. , Filippesi, Colossesi, Efesini. Le lettere della prigionia
(LoB 2.9) , B rescia 1987 .
MEEKS W.A. , The Mora[ World of First Christians (Library of Early
Christianity 6) , Philadelphia 1986 .
MERKLEIN H . , «Paulinische Theologie in der Rezeption des Kolos­
ser- und Epheserbriefes» , in Studien zu Jesus und Paulus
(WUNT 43) , Tiibingen 1987 , 409-453.
ScHELKLE K . H . , Paulus. Leben-Briefe- Theologie (Wissensschaftli­
che Buchgesellschaft ; Ertrage der Forschung) , Darmstadt 1980;
2 1988 ; tr. it . , Paolo. Vita, lettere, teologia (Biblioteca di Cultura
Religiosa 56) , Brescia 1990.
ScHENKE H . M . , «Das Weiterwirken des Paulus und die Pflege seines
Erbes in der Paulusschule», in NTS 21( 1975) , 505-5 18.

Commenti
Aaaorr T.K. , The Epistles to the Ephesians and to the Colossians
(ICC) , Edinburgh 1897 ; 61953 .
CoNZELMANN H . - BEYER H. W. - ALTHAUS P. - FRIEDRICH G . - 0EP­
KE A . , Die kleineren Briefe des Apostels Paulus (NTD 8) , Got­
tingen 1 0 1965 ; tr. it. , Le lettere minori di Paolo (Nuovo Testa­
mento 8) , Brescia 1980 .
DIBELIUS M. - GREEVEN M. , An die Kolosser, Epheser, an Philemon
(HbNT 12) , Tiibingen 31953 .

269
ERNST J . , Die Briefe an die Philipper, an Philemon, an die Kolosser,
an die Epheser (RNT) , Regensburg 1974 ; tr. it . , Le lettere ai Fi­
lippesi, a Filemone, ai Colossesi, agli Efesini (Il Nuovo Testa­
mento Commentato) , Brescia 1986.
FABRIS R. , «Lettera ai Colossesi , Lettera agli Efesini, lettere pasto­
rali», in G . BARBAGLIO - R. FABRIS , Le lettere di Paolo , 3 voli . ,
Roma 21990, III , 49-508.
HoPPE R . , Epheserbrief. Kolosserbrief (SKK NT 10) , Stuttgart 1987 .
HouLDEN J .L. , Paul's Letters from Prison, Philadelphia 1978 .
LoHMEYER E . - ScHMAUCH W. , Die Briefe an die Philipper, an die
Kolosser und an Philemon (KEK. NT) , Gottingen 81930 .
MARTIN R.P. , Ephesians, Colossians and Philemon , Atlanta 199 1 .
PATZIA A . G . , Colossians, Philemon, Ephesians, New York 1984 .
PERETTO E . , Le lettere dalla prigionia: Filippesi, Colossesi, Efesini,
Filemone (NV 41) , Roma 31984.
PFAMMATTER J . , Epheserbrief, Kolosserbrief (NEB 10,12) , Wiirzburg
1987.
SAMPLEY J.P. - BuRGESS J. KRODEL G. - FuLLER R . H . , Ephesians,
-

Colossians, 2 Thessalonians, the Pastoral Epistles (Proclamation


Commentaries) , Philadelphia 1978.
·

STAAB K. - FREUNDORFER J . , Die Thessalonicherbriefe. Die Gefan­


genschaftsbriefe. Die Pastoralbriefe (RNT 7) , Regensburg 31959;
tr. i t . , Le lettere ai Tessalonicesi e della Cattività e pastorali (Il
Nuovo Testamento Commentato) , Brescia 1961 .
STOCKHAUSEN C . L . , Letters in the Pauline Tradition. Ephesians, Co­
lossians, I Timothy, II Timothy and Titus (Message of Biblical
Spirituality 13) , Wilmington 1 989 .
THOMPSON G . H . P . , The Letters of Pau/ to the Ephesians, to the Co­
lossians and to Philemon (CBC) , Cambridge 1967.

270
La seconda Lettera ai Tessalonicesi

INTRODUZIONE E STUDI
Aus R. D . , Confort in Judgement: The Use of Day of the Lord and
Theophany in Second Thessalonians l, New Haven 197 1 .
- «The Liturgica! Background o f the Necessity and Propriety of
Giving Thanks according to 2Thess 1 ,3», in JBL 92(1973) , 422-
·

438.
- «Pian and God's Power Isaiah 66 and the Destraining Factors of
2Thess 2,6-7» , in JBL 96( 1977) , 537-553 .
BAILEY J .A. , «Who wrote II Thessalonians?», in NTS 25(1978179) ,
131-145 .
BASSLER J . M . , «The enigmatic sign: 2Thessalonians 1 ,5», in CBQ 46
(1984) , 496-5 10.
B ETZ O . , «Der Kathechon» , in NTS 9(1962/63) , 276-29 1 .
B RAU N H. , «Zur nachpaulinischen Herkunft des zweiten Thessalo­
nicherbriefes» , in ZNW 44(1952/53) , 152-156 = Gesammelte Stu­
dien zum Neuen Testament und seiner Umwelt, Tiibingen 21967 ,
205-209 .
CoLLINS R . R . , a cura di, The Thessalonian Correspondence (BETL
87) , Leuven 1990.
CuLLMANN 0 . , «Le caractère eschatologique du devoir missionaire
et de la conscience apostolique de saint Paul . É tude sur le katè­
chon (chon) de 2Ts 2,6-7», in Des sources de l'évangile à la for­
mation de la théologie chrétienne, Neuchàtel 1969, 5 1-75 .
DIXON P.S. , «The Evil Restraint in 2Thess 2,6», in JETS 33(1990) ,
445-449 .
DoNFRIED K. , «The Cults of Thessalonica and the Thessalonian Cor­
respondence» , in NTS 31(1985 ) , 336-356.
GIBLIN CH .H. , The Threat to Faith. An Exegetical and Theological
Re-examination of 2 Thessalonians 2 (AnBib 3 1 ) , Rome 1967 .
HoLLAND G . S . , «"Let no one deceive you in any way" . 2Thessalo­
nians as a Reformulation of the Apocalyptic Tradition» , in K.H.

271
RICHARDS , a cura di, Society of Biblica! Literatur Seminars, Chi­
co 1985 , 327-341 .
- The Tradition that you Received from us: 2 Thessalonians in the
Pauline Tradition ( HUT 24 ) , Tiibingen 1988 .
HuGHES F. W. , Early Christian Rhetoric and 2 Thessalonians (JSNT
Suppl . Ser. 30) , Sheffield 1989 .
KRODEL G . , «The "Religious Power of Lawlessness" (Kathèchon) as
Precursor of the Lawless One (Anomos)» , in Cu ThMiss 17
( 1990) , 440-446.
JEWETI R. , The Thessalonians Correspondance. Pauline Rhetoric
and Millenarian Piety , Phìladelphia 1986.
LAUB F. , Eschatologische Verkundigung und Lebensgestaltung nach
Paulus. Eine Untersuchung zum Wirken des Apostels beim Auf­
bau der Gemeinde in Thessalonike ( BU 10 ) , Regensburg 1973 .
LINDEMANN A . , «Zum Abfassungszweck des zweiten Thessaloni­
cherbriefes» , in ZNW 68 ( 1977 ) , 35-47.
LUBAHN E. , «Hermeutischer Ansatz ftir die Eschatologie , mit bei­
spielhafter Anwendung auf 2.Thessalonicher 2», in G. MAIER , a
cura di, Zukunftserwartung in biblischer Sicht. Beitriige zur
Eschatologie, Tiibingen 1984, 1 14- 123 .
MENKEN M . J . l . , «Paradise Regained o r Still Last? Eschatology and
Disorderly Behaviour in 2Thessalonians», in NTS 38 ( 1992 ) , 27 1-
289.
MICHAELIS W . , «Der zweite Thessalonicherbrief kein Philipper­
brief» , in TZ 1 ( 1945 ) , 282-285 .
MO LLER P. , Anfiinge der Paulusschule dargestellt am zweite Thessa­
lonicherbrief und am Kolosserbrief ( ATANT 24 ) , Ziirich 1987 .
NERI P . , «2Ts , ovverosia , prima lettera ai Tessalonicesi» , in BeO 32
( 1990 ) , 230.246.
RussEL R. , «The ldle in 2Thess 3 . 6-12. An Eschatological or Social
Problem?», in NTS 34 ( 1988 ) , 105- 1 19.
ScHMIDT D . , «The authenticity of 2Thessalonians : linguistic argu­
ments» , in K . H . RicHARDS , a cura di, Society of Biblica/ Litera­
ture Seminars, Chico 1983 , 289-296.
ScHWEIZER E . , «Der zweite Thessalonicherbrief ein Philipper­
brief?» , in TZ 1 ( 1945 ) , 90-105 .
SIRARD L. , «La Parousie de l'Antichrist 2Thess 2 ,3-9» , in Studiorum
Paulinorum Congressus Internationalis Catholicus , 2 voli . , Ro­
ma 1963 , Il , 89-100.
SPICQ C. , «Les Thessaloniciens "inquiets" étaient-ils des pares­
seux?», in ST 9 ( 1956 ) , 1-13 .

272
SuMNEY J .L. , «The Bearing of a Pauline Rhetoric Pattern o n the In­
tegrity of 2Thessalonians», in ZNW 81(1990) , 192-204.
TRILLINO W. , Untersuchungen zum 2. Thessalonicherbrief (EThS
27) , Leipzig 1972.
- «Literarische Paulusimitation im 2.Thessalonicherbrief» , in K.
KERTELGE, a cura di , Paulus in den neutestamentliche Spiitschrif­
ten (QD 89) , Freiburg - Basel - Wien 1981 , 146-156.
- «Die bei d e n Briefe des Apostels Paulus an die Thessalonicher.
Eine Forschungs-i.ibersicht» , in ANRW 11 ,25 ,4( 1987) , 3365-
3403 .
VoN HARNACK A . , «Das Problem des zweiten Thessalonicher­
briefs» , in Sitzb. berlin. Akad. der Wissenschaft (1910) , 560-578.
WEINRICH W.C. , «2Thess 2,4. Antichrist in the early Church» , in
Concord TQ 49(1985), 135-147 .
WREDE W. , Die Echtheit des zweiten Thessalonicherbriefes (TU . NF
9 ,2) , Leipzig 1 903 .

COMMENTI

BASSIN F. , Les Épftres de Pau[ aux Thessaloniciens (Commentaire


Évangelique de la Bible 13) , Vaux-sur-Seine 199 1 .
BEST E . , A Commentary on the First and Second Epistles to the Thes­
salonians (BNTC) , New York - London 1 972; 21977 .
BRUCE F. F. , l and 2 Thessalonians (WBC 45) , Waco 1982 .
DIBELIUS M. , An die Thessalonicher. !. II. An die Philipper (HNT
1 1 ) , Ti.ibingen 191 1 ; 31937 .
EGENOLF H . A . , Der zweite Brief an die Thessalonicher (GeSl) , Di.is­
seldorf 1965 ; tr. it. , Seconda lettera ai Tessalonicesi (Commenti
Spirituali del Nuovo Testamento) , Roma 1966; 21968 .
FRAME J . E . , A critica[ and exegetical Commentary on the Epistle of
St. Pau[ to the Thessalonians (ICC) , Edinburgh 1912; 51960.
FRIEDRICH G . , «Die Briefe an die Thessalonicher» , in J . BECK - H .
CoNZELMANN , Die kleineren Briefe des Apostels Paulus (NTD
8) , Gottingen 1976, 203-276.
GHINI E. , Lettere di Paolo ai Tessalonicesi. Commento Pastorale ,
(Lettura pastorale della Bibbia 9) , Bologna 1980, 275-364.
KNOCH O . , l und 2 Thessalonicherbrief (SKK NT 12) , Stuttgart
1987 .
LAUB F. , l und 2 Thessalonicherbrief (NEB NT 13) , Wiirzburg 1985 .

273
LEAL J . , Cartas a los Tesalonicienses (La Sagrada Escritura) , Madrid
1962 .
MARSHALL I . H . , l and 2 Thessalonians (NCB Comm) , Grand Ra­
pids - London 1983 .
MARXSEN W. , Der zweite Thessalonicherbrief (ZBK NT 1 1 ,2) , Zii­
rich 1982 .
MAssoN C. , Les deux épitres de ·saint Paul aux Thessaloniciens
(CNT Xla) , Neuchàtel - Paris 1957 .
MoRRIS L. , The First and Second Epistles to the Thessalonians (NIC
NT) , Grand Rapids 1991 .
NEIL W. , The Epistle of Paul to the Thessalonians (Moffat NT Com­
mentary) , London 1950.
0EPKE A . , «Die Briefe an die Thessalonicher» , in Die Kleineren
Briefe des Apostels Paulus (NTD 8 ) , Gottingen 1933 ; 71955 ;
101976, 155-185 ; tr. it. , Le lettere minori di Paolo, Brescia 1980 ,
338-352.
OcHARD J. B . , l and 2 Thessalonians (LC . NT) , London 1969 .
0RTENSION DA SPINETOLI , Lettere ai Tessalonicesi (NV 38 ) , Roma
1976; 31978, 81-90.
REESE J . , l and 2 Thessalonians (NT Message 16 ) , Wilmington 1980.
RIGAUX B . , Saint Pau/. Les Épitres aux Thessaloniciens (EB), Paris
1956 .
RINALDI G . , Le lettere ai Tessalonicesi, Milano 1950.
RosSANO P. , Le lettere ai Tessalonicesi (La Sacra Bibbia) , Torino ­
Roma 1965 .
STAAB K. - FREUNDORFER J . , Die Thessalonicherbriefe. Die Gefang­
schaftsbriefe. Die Pastoralbriefe (RNT) , Regensburg 1959 ; tr.
i t. , Le lettere ai Tessalonicesi e della cattività. Le lettere pastorali,
Brescia 1961 .
TRILLING W. , Der zweite Brief an die Thessalonicher (EKK NT 14 ) ,
Ziirich - Einsiedeln - Koln - Neukirchen - Vluyn 1980.
VoN DosscHOTz E . , Die Thessalonicherbriefe (KEK) , Gottingen
1909 ; rist . F. Hahn 1974.
WANAMAKER C.A. , The Epistles to the Thessalonians (NIGTC) ,
Grand Rapids 1990.
WEISS N.E. , l and 2 Thessalonians (CRC) , Adelaide 1988.

274
La Lettera ai Colossesi

INTRODUZIONE E STUDI

ALErn J . -N . , Colossians 1, 15-20. Genre et exégèse du texte, fonction


de la thématique sapientielle (AnBib 9 1 ) , Rome 1981 .
ARGALL R. A . , «The Source of Religious Error in Colossae>> , in CTJ
22(1987) , 6-20.
BALCHIN J . F. , «Colossians 1 , 15-20: A Early Christian Hymn? The
Arguments from Style» , in VoxEv 15(1985 ) , 65-94.
BAUGH S . M . , «The Poetic Form of Col 1 , 15-20» , in WestTJ 47
(1985) , 227-244 .
BRUCE F.F. , «Colossians Problems» , in BS 141( 1984) , 3-15 .99- 1 1 1 .
195-208.291-302 .
BUJARD W. , Stilanalytische Untersuchungen zum Kolosserbrief als
Beitrag zur Methodik von Sprachvergleichen (StTUNT 1 1 ) , Got­
tingen Ziirich 1973 .

CANNON G. E . , The Use of Traditional Materials in Colossians , Ma­


con 1983 .
CASALE MARCHESELLI C. , «La comunità di Colossi esprime la sua fe­
de in Gesù Cristo» , in RivB 3 1 ( 1983) , 273-29 1 .
DELEBECQUE E . , «Sur un problème de temps chez saint Paul (Col
3 , 1 -4)» , in Bib 70( 1989) , 389-395 .
EvANS C.A. , «The Colossians Mistics» , in Bib 63( 1982) , 188-205 .
FossuM J . , «Colossians 1 , 15-18a in the Light of Jewish Mysticism
and Gnosticism» , in NTS 35( 1989) , 183-201 .
GuERRA F. , «Col 2, 14-15: Cristo , la croce e le potenze celesti», in
RivB 35(1987) , 27-50.
HARTMAN L. , «Universal Reconciliation (Col 1 ,20)», in StUNT 10
(1985) , 109-121 .
HELYER L . R . , «Colossians 1 : 15-20. Pre-Pauline or Pauline?», in
JETS 26( 1983), 167-179.

275
KIERNIKOWSKI Z. , «Identità e dinamismo della vita cristiana secondo
Col 1 ,3- 1 1 » , in RivB 33(1985 ) , 63-79.
KILEY M. , Colossians as Pseudepigraphy (The Biblical Seminar 4) ,
Sheffield 1986.
LEVISON J . R . , «2 Apoc. Bar. 48 ,42-52,7 and the Apocalyptic Di­
.

mension of Colossians 3 , 1-6», in JBL 108( 1989) , 93- 108.


Mu LLINS T.Y. , «The Thanksgivings of Philemon and Colossians» , in
NTS 30(1984) , 288-293 .
NIELSEN C.M. , «The Status of Paul and His Letters in Colossians» ,
in PerspRelSt 12(1985) , 103-122 .
O'BRIEN P.T. , Understanding the Basic Themes of Colossians, Phile­
mon (Quick-Reference Bible Topic) , Dallas - London 1991 .
REUMANN J . , «Colossians 1 .24 ("What is Lacking in the Afflictions
of Christ") . History of Exegesis and Ecumenical Advance», in
CuThMiss 17(1990) , 454-461 .
RowLAND C . , «Apocalyptic Visions and the Exaltation of Christ on
the Letter to the Colossians» , in JSNT 19(1983) , 73-83 .
SALAS A . , a cura di , Cristo eje del Cosmos. El himno cristologico.
Col 1, 15-20, Madrid 1984.
SAPPINGTON T.J. , Revelation and Redemption at Colossae (JSNT
Suppl. Ser. 53) , Sheffield 199 1 .
ScHENK W. , «Christus , das Geheimnis der Welt , als dogmatisches
und ethisches Grundprinzip des Kolosserbriefes» , in Ev Th 43
.
(1983) , 138-155 .
- «Der Kolosserbrief in neueren Forschung (1945-1985)», in
ANRW 11,25/4 ( 1987) , 3327-3364.
SHOGREN G . S . , «Presently Entering the Kingdom of Christ. The
Background and Purpose of Col 1 : 12-14» , in JETS 31( 1988) ,
173-180.
WRIGHT N .T. , «Poetry and Theology in Colossians 1 . 15-20» , in NTS
36(1990) , 444-468.
YATES R . , «Note on Colossians 1 ,24» , in EvQ 42( 1970) , 88-92 .
- «Christ an d the Powers of Evii in Colossians» , in Studia Biblica
1 978 (JSNTS 3) , Sheffield 1980, 461-468.
- «The "Worship of Angels" (Col 2 : 18)», in Exp Tim 97(1985 ) ,
12-15 .
- «Colossians and Gnosis» , in JSNT 27(1986) , 49-68.
- «Colossians 2 , 14: Metaphor of Forgiveness» , in Bib 71(1990) ,
249-259.

276
- «Colossians 2 . 1 5 . Christ Triumphant» , in NTS 37( 1991), 573-
591 .
- «The Christian Way of Life . The Paraenetic Material in Colos­
sians 3 : 1-4:6» , in EvQ 63( 1991 ) , 241-252.
- «Re-Appraisal of Colossians» , in ITQ 58(1992) , 95-1 17.

CoMMENTI

ALErn J . -N. , Saint Pau/. Épftre aux Colossiens (EB NS 20) , Paris
1993 ; tr. i t . , Lettera ai Colossesi (Scritti delle Origini Cristiane
12) , Bologna 1994.
BRUCE F. F. , The Epistles to the Colossians, to Philemon, and to the
Ephesians (NIC. NT) , Grand Rapids 1984.
GHINI E . , Lettera ai Colossesi. Commento pastorale (Lettura Pasto­
rale della Bibbia 2 1 ) , Bologna 1990.
GNILKA J. , Der Kolosserbrief (HThK 10/1) , Freiburg - Basel - Wien
1980.
HARRIS M.J. , Colossians and Philemon (Exegetical Guide to the
Greek NT) , Grand Rapids 1 99 1 .
HoPPE R. , Epheserbrief. Kolosserbrief (SKK NT 10) , Stuttgart 1987 .
HuoEGÈ N . , Commentaire de l' Épftre aux Colossiens , Genève 1988.
LINDEMANN A . , Der Kolosserbrief (ZBK NT 10) , Zi.irich 1983 .
LoHSE E . , Die Briefe an die Kolosser und an Philemon (KEK 9/2) ,
Gottingen 1968 ; 21977 ; tr. it. , Le lettere ai Colossesi e a Filemone
(CTNT XI/l) , Brescia 1979 .
MARTIN R.P. , Colossians and Philemon (NCBC) , London 1973 ;
Grand Rapids 1981 .
MASSON C. , L 'épftre de saint Pau/ aux Colossiens (CNT 10) , Neu­
chàtel - Paris 1950.
MAcDONALD H . D . , Commentary on Colossians and Philemon , Wa­
co 1980.
MussNER F. , Der Brief an die Kolosser (GeSl 12/1) , Di.isseldorf
1965 ; tr. it. , Lettera ai Colossesi (Commenti Spirituali al Nuovo
Testamento) , Roma 1966 .
O'BRIEN P.T. , Colossians, Philemon (WBC 44) , Waco , Texas 1982.
PATZIA A . G . , Ephesians, Colossians, Philemon (NIBC 10) , Peabo­
dy 1990.
PERETTO E. , «Lettera ai Colossesi» , in Le lettere di Paolo , Roma
21976, 703-786.

277
PFAMMATIER J . , Epheserbrief, Kolosserbrief (NEB NT 10/12) , Wiirz­
burg 1987 .
PoKORNY P . , Der Brief des Paulus an die Kolosser (ThHK 10/1) ,
Berlin 1987.
ScHWEIZER E . , Der Brief an die Kolosser (EKK NT Xl , 1 ) , Ziirich ­
Koln - Neukirchen - Vluyn 1976 ; 31989.
VAUGHAN N . C . , Colossians and Philemon (B S C) , Grand Rapids
1980.
WRIGHT N. T. , The Epistle of Pau/ to the Colossians and to Philemon
(TNTC) , Leicester - Grand Rapids 1986.
WaLTER M . , Der Brief an die Kolosser. Der Brief an Philemon
(OTK 12; GTB 519) , Giitersloh - Wiirzburg 1993 .
Y ATES R. , The Epistle to the Colossians (Epworth Commentaries) ,
London 1993 .

278
La Lettera agli Efesini

INTRODUZIONE E STUDI

ADAI J . ,Der Heilige Geist als Gegenwart Gottes in den einzelnen


Christen, in der Kirche und in der Welt. Studien zur Terminologie
des Epheserbriefes (RSTh 3 1 ) , Frankfurt a . M . 1985 .
ALLEN TH . G . , «God the Namer: A note on Ephesians 1 ,21b» , in
NTS 32(1986) , 470-475 .
- «Exaltation and Solidarity with Christ . Ephesians 1 .20 and 2.6»,
in JSNT 28( 1986) , 103- 120.
ARNOLD C.E. , Ephesians: Power and Magie. The Concept of Power
in Ephesians in Light of its Historical Setting (SNTS . MS 63) ,
Cambridge - New York 1989 .
BARKHUIZEN J . H . , «The strophic structure of the eucology of Ephe­
sians 1 : 3- 14» , in Herv TSt 46( 1990) , 390-413.
BARTH M . , «Traditions in Ephesians» , in NTS 30(1984) , 3-25 .
BASEVI C. , «La missione di Cristo e dei cristiani nella lettera agli
Efesini . Una lettura di Ef 4,1-25» , in RivB 38( 1990) , 27-55.
BEsT E. , «Dead in Trapasses and Sins (Eph . 2. 1 ) » , in JSNT 13
(1981) , 9-25 .
- «Recipients and Title of the Letter to the Ephesians. Why and
Who the Designation "Ephesians"?>> , in ANR W 11 ,25/4( 1987) ,
3247-3279 .
B LACK D.A. , «The Peculiarities of Ephesians and the Ephesians
Address» , in GraceThJ 2(1981 ) , 59-72 .
CAMERON P. S . , «The Structure of Ephesians» , in FgNt 3(1990) , 3-17.
DAHL N.A. , «Gentile , Christians and Israelites in the Epistle to the
Ephesians» , in Harv TR 79( 1986) , 31-39.
ENGBERGER-PEDERSEN T. , «Ephesians 5 , 12-13: elégchein and Con­
version in the New Testament» , in ZNW 80( 1989) , 89-1 10.
GRELOT P. , «La structure d' Éphesiens 1 ,3-14» , in RB 96(1989) , 193-
209 .

279
HARRIS W.H. , «The "Heavenlies" Reconsidered. Ouranos and
epourimios in Ephesians» , in BS 148( 1991), 72-89 .
HANDRIX H. , «On the Form and Ethos of Ephesians» , in UnSem­
QuartRev 42(1988) , 3-15.
KIRBY J.C. , Ephesians, Baptism and Pentecost. An Inquiry into
Structures and Purpose of the Epistle to the Ephesians , London
1968 .
IoviNO P. , «La "conoscenza del mistero". Una inclusione decisiva
nella Lettera agli Efesini» , in RivB 34(1986) , 327-367.
LEMCIO E.E. , «Ephesus and the New Testament Canon» , in BJRL
69( 1986) , 210-234.
LINCOLN A. , «The Use of the Old Testament in Ephesians» , in
JSNT 14(1982) , 16-57 .
- «The Church and Israel in Ephesians» , in CBQ 49(1987) , 605-
624.
MERKEL H . , «Der Epheserbrief in der neueren exegetischen Dis­
kussion» , in ARNW 11,25/4(1987) , 3156-3246.
MILETIC S.F. , « One Flesh». Eph: 5. 22-24; 5.31 . Marriage and the
New Creation (AnBib 115), Rome 1988.
PoRTER S . E . , «Iste gnoskontes in Ephesians 5 ,5 . Does Chiasm salve
a Problem?», in ZNW 81( 1990) , 270-276.
RoBBINS C.J. , «The Composition of Eph 1 ,3-14» , in JBL 105(1986) ,
677-687 .
RoDGERS P . R . , «The Allusion to Genesis 2:23 at Ephesians 5 : 30» , in
JTS 41(1990) , 92-94 .
ROETZEL C.J . , «Jewish-Christian-Gentile Christian Relations. A Di­
scussion of Ephesians 2, 15a» , in ZNW 74(1983) , 81-89.
SHEARER W.C. , «To whom was so-called Epistle to the Ephesians
actually addressed?», in Exp Tim 4( 1982) , 129 .
THOMAS J . , «Il a tué la haine. É phésiens 2, 14-18», i n Christus 3 1
(1984) , 83-96 .
USAMI K. , Somatic Comprehension of Unity: The Church in Ephesus
(AnBib 101 ) , Rome 1983 .
WALL R. W. , «Wilfely Submission in the Context of Ephesians» , in
Christian Scholar's Review 17(1987) , 272-285 .
WHITE L.M. , «Social Authority in the House Church Setting and
Ephesians 4,1-16», in RQ 29(1983) , 209-228.
WILD R. A . , «The Warrior and the Prisoner. Some Reflections on
Ephesians 6: 10-20» , in CBQ 46(1984) , 284-298 .

280
- «"Be Imitators of God" : Discipleship in the Letter to the Ephe­
sians» , in S. SEGOVIa, a cura di , Discipleship in the New Testa­
meni, Philadelphia 1985 , 127-143 .
WILHELMI G. , «Der Versohner-Hymnus in Eph 2,14ff» , in ZNW 78
(1987) , 145-152.

COMMENTI

BournER M . , L' Épitre de saint Pau/ aux Éphésiens ( CNT II Ser 9b) ,
Genève 199 1 .
BARTH M . , Ephesians ( Anchor Bible 34-34A) , 2 voli . , Garden City ­
New York 1974.
FoULKES F. , The Letter of Pau/ to the Ephesians (TNTC 10) , Grand
Rapids 1963 ; Leicester 21989; Grand Rapids 1989 .
MITTON C.L. , Ephesians ( NCBC) , London 1976 ; Grand Rapids
1981 .
LINCOLN A.T. , Ephesians ( WBC 42) , Dallas 1990.
LINDEMANN A . , Der Epheserbrief ( ZBK NT 8) , Ziirich 1985 .
MoNTAGNINI F. , Lettera agli Efesini ( Biblioteca Biblica 15) , Brescia
1994.
MussNER F. , Der Brief an die Epheser ( OTK NT 10) , Giitersloh -
Wiirzburg 1982.
PENNA R. , La lettera agli Efesini ( Scritti delle Origini Cristiane 10) ,
Bologna 1988.
ScHLIER H . , Der Brief an die Epheser, Diisseldorf 1957 ; 71971 ; tr. it . ,
La lettera agli Efesini ( BSB 2) , Brescia 1965 ; ristampa nella col-
lana (CTNT X/2) , Brescia 1973 , 21976. .
ScHNACKENBURG R . , Der Brief an die Epheser ( EKK X) , Ziirich -
Einsiedeln - KOin - Neukirchen - Vluyn 1982 .
SwAIN 1 . , Ephesians ( NTM 13), Wilmington 1980.
ZERWICK M . , Der Brief an die Epheser ( GeSl 10) , Diisseldorf 1962 ;
tr. it . , Lettera agli Efesini ( Commenti Spirituali del Nuovo Te­
stamento 10) , Roma 1965 .

281
Le Lettere Pastorali

INTRODUZIONE E STUDI
DE LESTAPIS S . , L'énigme des Pastorales de Saint Pau[, Paris 1976 .
CoTHENET E . , Les épftres pastorales (Cahiers Évangile 72) , Paris
1990.
DoNELSON L . R . , Pseudepigraphy and ethical Argument in the Pasto­
ral Letters (HUT 22) , Tiibingen 1 986.
- «The Structure of Ethical Argument in the Pastoral» , in B TB 18
(1988) , 108- 1 1 3 .
DoRNIER P. - CARREZ M . , «Les É pitres pastorales» , i n Lettres de
Pau/ . . . (Petite Bibliotéque des Science biblique VIII) , Paris
1983 , 223-246; tr. it . , Lettere di Paolo . . . , Roma 1985 .
ELLIS E . E . , «Traditions in the Pastoral Epistles: Early Jewish and
Christian Exegesis» , in C.A. EvANS - W . F. STINESPRING, a cura
di , Studies in Memory of William Hug Brownlee , Atlanta 1987 ,
237-253 .
- «The Pastorals and Paul» , in Exp Tim 104( 1992) , 45-47 .
FABRIS R. , Le lettere pastorali (LoB 2 . 1 1 ) , Brescia 1986.
FEUILLET A . , «La doctrine des Épitres pastorales et leurs affinités
avec l'oeuvre lucanienne» , in R Th 78(1978) , 181-225 .
- «Le dialogue avec le mond non-chrétien dans les épitres pastora­
les et l'épitre aux Hél,Jreux . Primière partie: les épitres pastora­
les» , in Esp Vie 98( 1988) , 125-128.
FIORE B . , The Function of personal Ex empie in the Socratic and Pa­
storal Epistles (AnBib 105 ) , Roma 1986.
HANSON A. T. , «The use of the Old Testament in the Pastoral Epist­
les>> , in IBS 3(1981), 203-279 .
HAUFE G. , «Gnostische Irrlehre un d ihre Abwehr in de n Pastoral­
briefen» , in K . W . TROGER, a cura di , Gnosis im Neuen Testa­
ment, Giitersloh - Berlin 1973 , 325-339 .
HASLER V. , «Epiphanie un d Christologie in den Pastoralbriefen» , in
TZ 33(1977) , 193-209 .

283
Kmo R . M . , Wealth and Beneficence in the Pastoral Epistles. A
"Bourgeois" Form of Early Christianity? {SBL DS 122) , Atlanta
1990 .
KNIGHT G. , The Faithful Sayings in the Pastoral Letters, Grand Ra­
pids 1979 .
KRETSCHMAR G . , «Der paulinische Glaube in de n Pastoralbriefen» ,
in F. HAHN - H . KLEIN , a cura di , Glaube im Neuen Testament.
Fs. H. Binder ( BTSt 7) , Neukirchen - Vluyn 1982, 1 15-140.
LOHFINK G. , «Die Vermittlung des Paulinismus zu den Pastoralbrie­
fen>> , in BZ 32{1988) , 169- 188.
LoHSE E. , «Das apostolischesvermachtnis. Zum paulinischen Cha­
rakter der Pastoralbriefe», in W. ScHRAGE, a cura di , Studien
zum Text und Ethik des Neuentestaments. Fs. H. Greeven, Berlin
1986, 266-281 .
MARSHALL I . H . , «Faith and Works in the Pastoral Epistles», in
SNTU 9(1984) , 203-218.
- «The Christology of the Pastoral Epistles» , in StUNT 13{1988) ,
157-177.
McELENEY N . J . , «The Vice List of the Pastoral Epistles», in CBQ
36(1974) , 203-219.
MERK 0 . , «Glaube und Tat in den Pastoralbriefen» , in ZNW 66
(1975) , 91-102.
0BERLINNER D. L. , «Di e "Epiphaneia" des Heilswillens Gottes in
Christus Jesus. Zu Grundstruktur der Christologie der Pastoral­
briefe», in ZNW 71{1980) , 192-213.
QUINN J. D . , «Die Ordination in den Pastoralbriefen» , in IKZ 10
{1981), 410-420 .
- «Paraenesis and the Pastoral Epistles. Lexical Observations Bea­
ring on the Nature of the Sub-genre and Soundings on its Role in
Socialization and Liturgies» , in Semeia 50{1990) , 189-210.
PRATSCHER W. , «Die Stabilisierung der Kirche als Anliegen der Pa­
storalbriefe», in SNTU 18(1993) , 133-150.
REISER M . , «Btirgerliches Christentum in den Pastoralbriefen?», in
Bib 74( 1993) , 27-44 .
REICKE B . , «Chronologie der Pastoralbriefe», in TLZ 101( 1976) ,
81-94 .
SANCHEz-BoscH J . , «L'autor de les Cartes Pastorals» , in Revist­
CatTeol 12(1987) , 55-95 .
SAND A . , «Anfange einer Koordinierung Verschiedener Gemeinde­
strukturen nach den Pastoralbriefen» , in J. HAINZ, a cura di ,
Kirche im Werden , Mtinster 1976, 215-237 .

284
ScHLARB E. , Die gesunde Lehre. Hiiresie und Wahrheit im Spiegel
der Pastoralbriefe ( MThSt 28) , Marburg 1990.
ScHENK W. , «Di e Briefe an Timotheus I und II un d an Titus ( Pasto­
ralbriefe) in der neueren Forschung (1945-1985)» , in ANR W
25/11 ,4(1987) , 3404-3438.
STENGER W. , «Timotheus und Titus als Literarische Gestalten. Beo­
bachtungen zur Form und Funktion der Pastoralbriefe» , in Kai­
ros 16(1974) , 252-267 .
TowNER P.H. , «The Present Age in the Eschatology of the Pastoral
Epistles» , in NTS 32(1986) , 427-448 .
- The Goal of our Instruction. The Structure of Theology and
Ethics in the Pastoral Epistles (JSNT Suppl . Ser. 34) , Sheffield
1989 .
TRUMMER P. , «"Mantel und Schriften" ( 2Tim 4, 13) . Zur Interpreta­
tion einer personlichen Notiz in den Pastoralbriefen» , in BZ 1 8
(1974) , 193-207 .
- Die Paulustradition der Pastoralbriefe ( BET 8) , Frankfurt a.M.
1978 .
VERNER D . C . , The Household of God: The Social World of the Pa­
storal Epistles ( SBL - DS 71), Chico 1983 .
VoN LIPS H. , Glaube, Gemeinde, Amt. Zum Verstiindnis der Ordi­
nation in den Pastoralbriefen ( FRLANT 122) , Gottingen 1979.
WAINWRIGHT J .J . , «Eusebeia . Syncretism or conservative Contex­
tualization?» , in EQ 65(1993) , 2 1 1 -224.
WANKE J . , «Der Verkiindigte Paulus der Pastoralbriefe» , in W.
ERNST, a cura di , Dienst der Vermittlung ( ETSt 37) , Leipzig
1977 , 165-189.
WILSON G . S . , Luke and Pastoral Epistles, London 1979 .
WoLTER M. , Die Pastoralbriefe als Paulustradition ( FRLANT 146) ,
Gottingen 1988 .
YouNG F. , «The Pastoral Epistles and Ethics of Reading» , in JSNT
45(1992) , 105- 120.
- «On episcopos and presbyteros» , in JTS 45(1994) , 124- 148 .
- The Theology of the Pastoral Letters, Cambridge 1994 .

CoMMENTI

BARREIT C.K. , The Pastoral Epistles ( NCB .NT) , Oxford 1963 .


B LAIKLOCK E . M . , The Pastoral Epistles, Grand Rapids 1972 ; 41976.

285
BRox N . , Die Pastoralbriefe (RNT 7,2) , Regensburg 41969 ; 51989 ;
tr. it. , Le lettere pastorali (NTC) , Brescia 1 969.
CIPRIANI S . , Lettere pastorali (NV 42 ) , Roma 21977 ; 31983 .
DE AMBROGGI P. , Le Epistole pastorali di S. Paolo a Timoteo e a Tito
(La Sacra Bibbia) , Torino 21964 .
DIBELIUS M. - CoNZELMANN H . , Die Pastoralbriefe (HNT 13 ) , Tii­
bingen 41966 .
DoRNIER P. , Les Épitres pastorales (SB), Gabalda, Paris 1969.
FABRIS R. , «Le lettere pastorali» , in G . BARBAGLIO - R . FABRIS , Le
lettere di Paolo , 3 voli. , Roma 21990, III, 309-508.
FEE G . D . , l and 2 Timothy, Titus (NIBC) , Peabody 1984 ; 1989 .
GuTHRIE D. , The Pastoral Epistles, Leicester 1957 ; 21990 ; Grand
Rapids 1990.
HANSON A.T. , The Pastoral Letters (NCB), Cambridge - London ­
New York 1966; Grand Rapids 1982.
HASLER V. , Die Briefe an Timotheus und Titus (ZBK NT 12 ) , Zii­
rich 1976 ; 1978 .
HoLTz G . , Die Pastoralbrie[e (THNT XIII) , Berlin 1965 ; 21972 ;
31980.
HouLDEN J.L. , The Pastoral Epistles (PC) , Harmondsworth 1976 ;
London - Philadelphia 1989 .
HuLTREN A. J . , I-II Timothy, Titus , Minneapolis 1984.
JEREMIAS J . - STROBEL A . , Die Briefe and Timotheus und Titus (NTD
9 ) , Gottingen 11 1975 ; tr. it. , Le lettere a Timoteo e a Tito (NTC
9 ) , Brescia 1973 .
KARRIS R.J . , The Pastoral Epistles (NTM 17 ) , Wilmington 1979.
KELLY J . N .D . , The Pastoral Epistles (BNTC) , London 1963 ; Lon­
don 1986 ; Grand Rapids 1981 .
KNIGHT III . - GEORGE W. , The Pastoral Epistles (NIGTC) , Grand
Rapids 1992.
KNOCH O . , l und 2 Timotheusbrief. Titusbrief (NEB 14 ) , Wiirzburg
1988 .
LEA TH . D . - GRIFFIN H.P. , l,2 Timothy, Titus (NAC 34 ) , Nashville
1992 .
MERKEL H . , Die Pastoralbriefe (NTD 9 , 1 ) , Gottingen 199 1 .
0DEN T.C. , First and Second Timothy and Titus, Louisville 1989 .
ScHIERSE F.J. , Die Pastoralbriefe (WB KK 10 ) , Diisseldorf 1968 .
SPARKS L A . , The Pastoralepistles, San Diego 1985 .
SPICQ C. , Les Épitres Pastorales (EB ) , 2 voli. , Paris 41969.
WILSON G .B . , The Pastoral Epistles, Edinburgh 1982 .

286
La prima Lettera a Timoteo

INTRODUZIONE E STUDI

BARNETI P.W. , «Wives and Women's Ministry (lTimothy 2 : 1 1-15)>> ,


i n EvQ 61(1989) , 225-238 .
BARRON B . , «Putting Women in their Piace . lTimothy 2 and Evan­
gelical Views of Woman in Church Leadership» , in JETS 33
(1990) , 45 1-459 .
BowMAN A.L. , «Women in Ministry : An Exegetical Study of lTi­
mothy 2: 1 1-15», in BS 149(1992) , 193-213.
BRENK F. E . , «Old Wineskins Recycled . Autàrcheia in l Timothy
6:5-10» , in FgNt 3(1990) , 39-5 1 .
Busu P . G . , « A Note on the Structure of lTimothy» , in NTS 36
(1990) , 152-156.
GRITZ S . H . , Pau/, Woman Teachers, and the Mother Goddess at
Ephesus. A Study of 1 Timothy 2:9-15 in Light of the Religious
and Cultura[ Milieu of the First Century , Lanham - New York ­
London 1991 .
HARRIS T.J . , «Why did Paul mention Eve's Deception? A Critique
of P.W. Barnett's Interpretation of lTimothy 2» , in EvQ 62
(1990) , 335-352 .
KROEGER C . C . , «Women in the Church . A Classistic's View of lTim
2 : 1 1-15», in Journal of Biblica/ Equality 1 ( 1989) , 3-31.
METZGER W. , Der Christushymnus. l . Timotheus 3, 16. Fragmente ei­
ner Homologie der paulinischen Gemeinde (AZTh 62) , Stuttgart
1979 .
PADGETI A. , «Wealthy Women at Ephesus . lTimothy 2:8-15 in So­
cial Context» , in Interp 41( 1987) , 19-3 1 .
PATSCH H . , «Die Angst vor dem Deuteropaulinismus . Die Rezep­
tion des "kritischen Sendschreiben" Friedrich Schleiermacher
tiber den l .Timotheusbrief in ersten Jahrftinft» , in ZTK 88
(199 1 ) , 45 1-477 .

287
PERRIMAN A.C. , «What Eve Did. What Women Shouldn't Do : The
Meaning of authentèo in 1Timothy 2 : 12» , in TynB 44(1993) , 129-
142.
PORTER S.E. , «What Doe's it Mean to be "Saved by Childbirth"
(1Tim 2: 15)?» , in JSNT 49(1993), 87- 102.
ScHOLLGEN G . , «Die diple time von 1Tim 5 , 17» , in ZNW 80(1989) ,
232-239.
STENGER W. , Der Christushymnus in I Tim 3, 16. Eine Strukturanaly­
tische Untersuchung (RStTh 6) , Regensburg 1977 .
TowNER P . H . , «Gnosis an d Realized Eschatology in Ephesus ( of the
Pastoral Epistles) and the Corinthian Enthusiasm» , in JSNT 3 1
(1987) , 95�124.
VAN DER JAGT K.A. , «Women are saved through bearing children.
A sociological Approach to the Interpretation of l Timothy
2. 15», in BiTr 39(1988) , 201-208 .
WINTER B .W. , «Providentia for the Widows of lTimothy 5 : 1-16» , in
TynB 39( 1988) , 83-99 .
WoLTER M. , «Paulus, der bekehrte Gottesfeinde. Zum Verstandnis
von l .Tim . 1 : 13» , in NT 3 1 (1989) , 48-66.

COMMENTI

0BERLINNER L. , Die Pastoralbriefe. Erster Timotheusbrief


(HThKNT Xl/31 ) , Freiburg-Basel-Wien 1994.
REuss J . , Der erste Brief an Timotheus (GeS1 15) , Diisseldorf 1963 ;
tr. it. , La prima lettera a Timoteo (Commenti Spirituali del Nuo­
vo Testamento) , Roma 1 965 .
ROLOFF J . , Der erste Brief an Timotheus (EKK 15) , Ziirich - Neukir­
chen - Einsiedeln Koln - Vluyn 1988.

288
La seconda Lettera a Timoteo

INTRODUZIONE E STUDI

DE VIRGILIO G . , «Ispirazione ed efficacia della Scrittura in 2Tim


3 , 14-17. In occasione del XXV anno della promulgazione della
Costituzione Dogmatica Dei Verbum», in RivB 38(1990) , 485-
494.
McGONIGAL T.P. , «"Every Scripture is Inspired" . An Exegesis of
2Timothy 3 : 16-17» , in SB T 8(1978) , 53-64.
MuRPHY-0' CoNNOR J . , «2 Timothy contrasted with l Timothy and
Titus» , in RB 93(1991 ) , 403-418.
PINERO A. , «Sobre sentido de theòpneustos: 2Tim 3 , 16» , in FgNt
1 (1988) , 143-152.
PRIOR M . , Paul the letter- Writer and the Second Letter to Timothy
(JSNT Suppl . Ser. 23) , Sheffield 1989.
RECK R. , «2 Tim 3 , 1 6 in der altkirchlichen Literatur. Eine wirkung­
sgeschichtliche Untersuchung zum locus classicus der lnspira­
tionslehre», in WissWeish 53(1990) , 81-105 .

CoMMENTI

REuss J . , Der zweite Brief an Timotheus (GeSI 16) , Dtisseldorf


1965 ; tr. it . , La seconda lettera a Timoteo (Commenti Spirituali
del Nuovo Testamento) , Roma 1966.

289
La Lettera a Tito

INTRODUZIONE E STUDI

GETZ G.A. , A Profilfor Christian Life. A Study of Titus , Grand Ra­


pids 1978 .
IPs H. , «Die Haustafel als "Topos" im Rahmen der urchristlichen
Paranese . Beobachtungen anhand des l . Petrusbriefes und des
Titusbriefes» , in NTS 40( 1994) , 261-280.

COMMENTI

QUINN J . D . , The Letter to Titus (Anchor Bible 35) , New York -


London 1990.
REuss J . , Der Brief an Titus (GeS 1 17) , Diisseldorf 1966 ; tr. it. , La
lettera a Tito (Commenti Spirituali del Nuovo Testamento) , Ro­
ma 1967 .

290
Indice

ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 5

PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9

l. LA TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11
l. « S CUOLA » O TRADIZIONE PAOLINA . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12
a ) Le «scuole» nell'antichità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 13
b) Paolo «maestro» o «padre»? . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 16
c ) Il modello della «tradizione» in Paolo . . . . . . . . . » 19
2. l COLLABORATORI DI PAOLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21
3. l CENTRI E AMBIENTI DELLA TRADIZIONE PAOLINA . . . . » 24
4. L E SITUAZIONI VITALI DELLA «TRADIZIONE PAOLINA » » 27

Il . LE LETIERE DEUTEROPAOLINE • • • l l • • • • • • » 31
l . LA FORMAZIONE DEL CANONE PAOLINO . . . . . . . . . . . . . » 32
a) La raccolta delle lettere di Paolo . . . . . . . . . . . . . » 34
b) La recezione delle lettere di Paolo nel II secolo )) 37
c) Il canone paolino nel III e IV secolo . . . . . . . . . )) 40
2. I L CANONE PAOLINO NELL'EPOCA MODERNA . . . . . . . . . . )) 42
3. I L DIBATTITO ATTUALE
SULLE LETTERE DEUTEROPAOLINE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 46
a) Nuovi orientamenti generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 46
b) La seconda Lettera ai Tessalonicesi . . . . . . . . . . . )) 48
c) La Lettera ai Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 50
d) La Lettera agli Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 52
e) Le tre lettere pastorali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 54
4. LA TRADIZIONE PAOLINA E LA PSEUDEPIGRAFIA . . . . . . )) 57
a) Anonimia, pseudonimia e pseudepigrafia . . . . . . . )) 58
b) La pseudepigrafia nelle lettere neotestamentarie )) 59

291
c) La pseudepigrafia nell'ambiente ellenistico . . . . . » 61
d) La pseudepigrafia al servizio della tradizione pao-
lina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 62

III . LA SECONDA LETIERA AI TESSALONICESI » 65


l. L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LETIERA . . . . . . . . . . . . .
)) 66
a) Le caratteristiche lessicali di 2Ts . . . . . . . . . . . . . . )) 66
b) Le caratteristiche letterarie e stilistiche di 2Ts . . >> 69
c) La struttura letteraria della 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . )) 71
2. L'ORIGINE LETIERARIA DELLA 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 78
a) Il rapporto di 2Ts con gli scritti dell'AT . . . . . . . )) 78
b) Il rapporto della 2Ts con i testi del NT . . . . . . . )) 80
c) Confronto tra la prima e seconda Lettera ai Tessa-
lonicesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 81
3 . L'ORIGINE STORICA DELLA 2TS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 86
a) La situazione vitale dei destinatari . . . . . . . . . . . . )) 86
b) Occasione e scopo della lettera . . . . . . . . . . . . . . . )) 88
c) Autore , ambiente e tempo di origine di 2Ts . . . )) 89
4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DELLA 2Ts . . . )) 91
a) L'escatologia della 2Ts . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 91
b) La pare n esi e il progetto di vita cristiana . . . . . . )) 93
c) Teologia, cristologia ed ecclesiologia . . . . . . . . . . )) 94

IV. LA LETIERA AI COLOSSESI . . . . . . . . . . . . . . . » 97


UNA LETIERA DI PAOLO «PRIGIONIERO » PER IL VANGELO . )) 97
l . L'ANALISI LINGUISTICA DELLA LETIERA . . . . . . . . . . . . . )) 99
a) Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 99
b) Stile e caratteristiche letterarie di Colossesi . . . . » 102
c) La struttura letteraria e tematica di Colossesi . . » 105
2. L'oRIGINE LETIERARIA DI CoLossEsi . . . . . . . . . . . . . . . )) 1 14
a) Colossesi e gli scritti del canone biblico . . . . . . . )) 1 14
b) Il confronto tra Colossesi e la Lettera agli Efesini )) 1 18
c) Colossesi e i testi extracanonici . . . . . . . . . . . . . . . » 120
3 . L'oRIGINE STORICA DI CowssESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121
a) Colossi e i colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 121
b) L'errore di Colossi e l'occasione e scopo della let-
tera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 124
c) Autore , ambiente e tempo di composizione di Co-
lossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 130

292
3 . IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI COLOSSESI . )) 132
a) Gesù Cristo , immagine di Dio , primogenito di tut-
ta la creazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 132
b) Riconciliazione e pacificazione per mezzo di Gesù
Cristo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 135
c) La chiesa «Corpo di Cristo» . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 136
d) Avete rivestito l'uomo nuovo . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 137

V. LA LEITERA AGLI EFESINI . . . . . . . . . . . . . . . . » 141


l. L'ANALISI LINGUISTICA DI EFESINI . . . . . . . . . . . . • . . . . )) 141
a) Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 142
b) Le caratteristiche di stile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 146
c) Il genere letterario di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 149
d) La struttura della Lettera agli Efesini . . . . . . . . . » 151
Benedizione e preghiera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 155
L'azione salvifica di Dio in Gesù Cristo . . . . . )) 157
Il ruolo di Paolo nella rivelazione del «mistero
di Cristo» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 159
Il progetto di vita cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . . » 161
2. L'ORIGINE LETTERARIA DI EFESINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 164
a) Il rapporto di Efesini con l'AT . . . . . . . . . . . . . . . » 164
b) Il rapporto di Efesini con il NT . . . . . . . . . . . . . . )) 167
La Lettera agli Efesini e il quarto Vangelo . . )) 167
La Lettera agli Efesini e l'opera lucana . . . . . » 169
Efesini e la prima Lettera di Pietro . . . . . . . . . » 170
c) Efesini e l'epistolario paolino . . . . . . . . . . . . . . . . . » 172
Efesini e le lettere protopaoline . . . . . . . . . . . . . » 172
Efesini e le lettere deuteropaoline . . . . . . . . . . . )) 176
Efesini e Colossesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 176
Efesini e la Lettera agli Ebrei . . . . . . . . . . . . . . )) 183
Efesini e le Lettere Pastorali . . . . . . . . . . . . . . . )) 183
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 184
3 . L'ORIGINE STORICA DELLA LETTERA AGLI EFESINI . . . . )) 184
a) I destinatari di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 185
b) Ambiente culturale e situazione vitale di Efesini )) 188
c) Occasione e scopo della lettera . . . . . . . . . . . . . . . )) 190
d) Autore , luogo e tempo di composizione . . . . . . . )) 191
4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE DI EFESINI . . . » 194
a) Teologia, cristologia e pneumatologia di Efesini )) 195
b) L'ecclesiologia di Efesini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 200
c) Antropologia, etica e spiritualità di Efesini . . . . )) 203
293
VI . LE LETTERE PASTORALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 207
l. ANALISI LINGUISTICA DELLE PASTORALI . . . . . . . . . . . . . » 207
a) Le caratteristiche lessicali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 208
b) Caratteristiche di stile e letterarie . . . . . . . . . . . . . » 216
c) Genere letterario delle Lettere Pastorali . . . . . . . » 220
d) Struttura delle Lettere Pastorali . . . . . . . . . . . . . . . » 223
A. Ordinamento ecclesiale . . . . . . . . . . . . . . . . . » 224
B . Polemica contro i «falsi maestri» . . . . . . . . » 224
C. Modello del «pastore» . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 225
D. Motivazione teologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 225
E. Cornice epistolare e notizie autobiografiche » 226
2. L 'ORIGINE LETTERARIA DELLE PASTORALI . . . . . . . . • . • • » 228
a) Le pastorali e gli scritti dell'Antico Testamento » 229
b) Le pastorali e gli scritti extrapaolini del Nuovo Te-
stamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 231
c) Il rapporto delle pastorali con l'epistolario paolina » 233
3. L'ORIGINE STORICA DELLE PASTORALI . . . . . . . . . . . . • . • » 238
a) Destinatari , situazione vitale , occasione e scopo » 238
b) L'ambiente socio-culturale e religioso delle pasto-
rali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 242
c) Autore , luogo e tempo di composizione . . . . . . . » 245
4. IL MESSAGGIO TEOLOGICO E SPIRITUALE
DELLE PASTORALI . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 251
a) Teologia, cristologia e pneumatologia delle pasto- .
rali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 252
b) L'ecclesiologia delle Lettere Pastorali . . . . . . . . . . » 256
c) Il progetto cristiano nelle pastorali . . . . . . . . . . . . » 260

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 265

INDICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 291

294

Potrebbero piacerti anche