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Etnomusicologia
1.1. Premessa
Verso la fine dell’estate 2020 sono riuscita a intervistare le tre donne, che hannno
scelto di raccontarmi il brano “Tutte le fontanelle”.
1.2. Penne
Penne è collocata nell’area collinare che separa il mare adriatico dal Parco
Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, offre quindi paesaggi molto vari e
ricchi dal punto di vista naturalistico. Dal fiume Tavo, che nasce sul Gran Sasso, è
stato ricavato anche un bacino artificiale, il “Lago di Penne”, che dal 1987 è area
naturale protetta. (vedi 004)
2.1. Interviste
Le interviste sono state registrate separatamente, con videocamera fissa e
registratore.
Nessuna di loro si ricordava la terza strofa, che però è presente in altre versioni e
che ho quindi riportato nel paragrafo [5.3].
2.2. Trascrizioni
Il problema della trascrizione mi era noto ancora prima di iniziare le interviste: ero
consapevole della difficoltà di tradurre con un sistema di notazione limitato un
canto che per definizione gli sfugge.
Nonostante sia facile trovare gli spartiti di alcune versioni del canto “Tutte le
fontanelle” (vedi 003_A1), ho deciso di provare a fissare nella notazione corrente
le esecuzioni di Fernanda, Laura e Marta nel modo più fedele possibile alla
registrazione.
Il secondo passo è stato individuare l’altezza delle note. Per fare ciò mi sono
servita del mio flauto, con cui riuscivo facilmente a capire quali note fossero
cantate dalle esecutrici, senza includere variazioni di intonazione inferiori al
semitono. Ho deciso di non seguire la mia “intuizione tonale”, ma di ascoltare
l’intonazione effettiva di ogni parte del brano, assecondando le modulazioni
tipiche del canto a cappella non professionale. Non ho tenuto conto delle
oscillazioni inferiori al semitono perché non sono molto ferrata nella notazione
digitale, ma confido nel fatto che la fonte primaria sia il video, e che la
trascrizione non sia che un supporto ad esso.
2.3. Diario
30/08/2020
Laura è psicologa, credo che raccontare storie e canti personali l’abbia divertita
e che essere obiettivo del mio interesse l’abbia fatta sentire bene. Non ha avuto
particolari problemi davanti alla telecamera, anzi ho notato che la cercasse e che
apprezzasse essere ascoltata. Forse per deformazione professionale, forse per
semplice e sana abitudine alla rielaborazione e all’interpretazione, durante
l’intervista ha fornito un dettagliato contorno narrativo al canto presentato.
31/08/2020
Alcuni interventi potrebbero essere ricondotti, ancora una volta, al lavoro che
svolgeva in passato: l’insegnante. I suoi racconti insegnano, rendono partecipi gli
ascoltatori nello stesso modo in cui una brava maestra sa incuriosire gli studenti.
Forse si è concentrata di più sui suoi luoghi e le loro usanze che sull’aspetto
musicale intrinsecamente connesso ad essi. Probabilmente avrei dovuto
indagare e approfondire questi temi con domande più mirate, cercando di fare
emergere gli elementi musicali connessi alle scene descritte, ma avendo
limitazioni di tempo e mezzi ho preferito ascoltare quello che Fernanda si sentiva
di raccontare, cercando di indirizzarla ma senza interromperla, evitando il rischio
di frenare la sua facilità di condivisione.
A tutte le tre protagoniste della mia piccola ricerca ho chiesto di scrivere il testo
del canto proposto, purtroppo, tuttavia, ho documentato solo Fernanda nell’atto
di farlo. Sono rimasta affascinata dal metodo calmo e paziente, minuzioso, con
cui ha riportato ogni strofa, e in seguito corretto con il supporto di Laura le
piccole porzioni di testo dimenticate con il tempo.
Una scena molto divertente è stata quandi ho chiesto a Marta, Laura e Fernanda
di cantare insieme. Oltre ad essere uno splendido quadretto (le tre si
assomigliano molto!) il momento è stato coronato dall’ingresso di uno dei gatti
con cui vivono, Che, che evidentemente ama sentirsi al centro dell’attenzione.
Provando a trarre alcune conclusioni sul lavoro di raccolta delle informazioni sul
canto e sulla sua trasmissione generazionale, di madre in figlia, e geografica, da
Penne a Bergamo, siano emersi molti spunti su cui poter riflettere e molti temi da
approfondire.
Ritengo, inoltre, che la ricerca sia stata un mezzo insolito per approfondire
legami: tra Marta e me, grandi amiche da anni, tra Laura e Fernanda e me, che,
fino ad ora erano state “Mamma di Marta” e “Nonna di Marta”, e forse anche tra
loro tre, avvicinate da un’attività e una conoscenza comune.
19/08/2021
Fernanda conferma ancora una volta il senso di ospitalità della famiglia, offrendo
a tutti noi un letto, cibo delizioso e accompagnandoci per qualche tempo nella
città, raccontandoci aneddoti e curiosità.
3. Interviste complete
(Grazie, possiamo passare alla presentazione del canto: parla pure del canto che
hai scelto)
Quindi ho scelto questa canzone perché spesso credo che nelle canzoni popolari
il tema sia l’amore, e quindi penso che sia abbastanza significativa.
(Hai detto che te l’ha insegnato tua mamma e lo usava per addormentarvi, quindi
la funzione è di una ninna nanna?)
No, la funzione non è questa, mia madre la usava così perché usava tutto quello
che aveva a portata di mano per farci star buoni, e farci dormire. Però la funzione
credo che sia uno stornello, credo che siano quelle canzoni che, appunto, io
penso fossero cantate anche mentre lavavano i panni e parlano, così, dell’amore
e quindi servono a tematizzare, un po’ come sono i romanzi. Allora, che spesso,
penso, non sapevano leggere, avevano la loro educazione sentimentale anche
attraverso i canti popolari. E quindi, qui c’è questo tema del desiderio, e poi, visto
che dice “dov’è l’acqua che mi hai portato?”, forse c’è il tema di un desiderio che
viene poi deluso. Per cui questo, non sappiamo perché, almeno, io purtroppo mi
ricordo due strofe, per cui non so se poi c’è una terza strofa che ci spiega come
mai, se abbiamo un innamorato infedele oppure se ha dovuto andarsene, come
spesso capitava. Sappiamo che questa arsura data dalla mancanza e questa
promessa di ristoro viene delusa.
(Grazie. Tu l’hai imparato da tua mamma e a chi l’hai insegnato? Perché l’hai
insegnato?)
Poi devo dire che è anche perché nel tempo ho sempre sviluppato più un amore
per quel dialetto che da piccola non parlavo e che invece mi risulta avere un
sapore particolare, con parole che non si ritrovano in italiano.
(Hai qualche racconto specifico della tua vita legato a questo canto?)
(Conosci l’origine?)
No, mi spiace
Allora, mia mamma Laura è psicologa, il mio papi… il mio papà Giuseppe fa
l’informatico.
Allora, il canto che ho scelto… Che abbiamo scelto si chiama “Tutte le funtanelle
se so’ seccate”, è un canto abruzzese in quanto mia mamma ha origini abruzzesi,
è nata in Abruzzo e anche mia nonna. Io ci sono entrata in contatto più da mia
nonna che da mia mamma, nonostante quello che ritiene mia mamma. Da piccole
ogni tanto in cucina, ma anche la sera la nonna in camera ci cantava svariate
canzoni, tra cui questa; mentre per quanto riguarda la mia mamma me le… ce le
cantava prima di andare a dormire.
(Grazie. Te lo chiedo anche se mi ha già risposto Laura: per caso sai che origini
ha questo canto?)
Assolutamente no.
(Va bene, l’hai imparato dalla famiglia… Tu l’hai mai cantato a qualcuno?)
No, però l’avevo eseguito in classe, suonandolo sulla pianola mi sa… O col flauto
Quando vedo il sapone penso a…? No, però ogni tanto quando passiamo dietro
Piazza Vecchia, a Bergamo, in Città Alta, penso alla canzoncina.
(Va benissimo… Ora se vuoi puoi introdurre ciò che stai per cantare)
Canterò solo la prima parte, cioè la prima strofa su tre perché non ho ricordo delle
altre e, va bhe, il ritornello. Il canto in sé parla dell’acqua, ma parla anche,
appunto dell’amore, ed è un’unione delle due cose e penso che fosse un canto-
storia, nel senso che lo usavano per passare il tempo mentre - nella mia
immagine - mentre lavavano i panni. E niente, ora canterò la prima strofa e il
ritornello.
[Canta (vedi 001_A2)]
(Io ho fatto questa cosa di chiedere alle donne della generazione: è un caso sia
un canto legato al lavare i panni e io l’abbia chiesto un canto e abbiate scelto
questo? Cioè, lo conoscono anche gli uomini o è un canto femminile,
effettivamente?)
(Grazie mille)
Eravamo 8 figli, tutti mio padre ci teneva a farci studiare, anche comodamente,
perché a me, per non farmi andare con un taxì tutti i giorni a Pescara dov’era la
scuola magistrale mi ha fatto frequentare il collegio Ravasco, dove risiedevo,
naturalmente. Quindi sono diventata maestra, ho fatto un po’ di gavetta come al
solito, cioè i primi anni facevo la scuola popolare, spesso andavo nelle campagne
nei dintorni. I corsi erano verso sera, i mesi invernali perché i contadini dovevano
lavorare, quindi facevo, risiedevo nelle loro case a volte, cioè, con tante cose
diverse, per esempio c’era il fiume di Penne che è il Tavo, adesso hanno fatto un
lago e su questo fiume c’era soltanto una passerella di legno larga, quanto può
essere, 30-35 centimentri. E a quei tempi le invernate erano sempre brutte, piene
di nevicate, insomma. Quindi quando passavo il pomeriggio per fare due tappe,
una prima, prima del fiume dove facevo il primo gruppo di anziani a scuola
popolare, al secondo gruppo era dopo il fiume, passavo su questo fiume che
ribolliva sempre, e io guardavo dritta davanti a me perché avevo il terrore di
cadere dentro al fiume. E così passavo la serata, facevo lezione, poi tornavo a
casa di mattina, e così per tutti i 6 mesi che durava il corso della scuola popolare.
Questo per alcuni anni, poi ho vinto il concorso, son diventata di ruolo e ho
insegnato in alcune zone di campagna, poi son rientrata prima a Pescara, dove
abitavo, poi son tornata a Penne, dove siamo tornati a vivere, e lì ho avuto la
scuola vicino casa, a pochi passi da casa.
I primi anni facevo le pluriclassi, con 4 o 5 classi, fino alla quarta, oppure anche la
quinta, quindi dovevo gestire cinque programmi diversi, 5 gruppi diversi. E poi
hanno eliminato queste pluriclassi, portando tutti gli alunni nei paesi vicini, e da
allora ho insegnato sempre in paese, avendo una classe sola, naturalmente.
Con i miei ragazzi ho sempre cercato di fare ricerche della nostra storia, dei nostri
luoghi anche, per cui uscivamo spesso in giro per il paese a ritrovare i posti
Per cui hanno [erano] l’unico paese che ha combattuto contro Roma, forse, si
dice.
E quindi, questo paese però era antico, aveva tante, si parla di una cosa come
170-180 chiese, c’erano tutti gli ordini, i Francescani tutti e tre, sia i minimi, i
cappuccini, insomma, tutti gli ordini Francescani avevano ognuno un diverso
convento. Avevamo il convento dei Celestini, c’era la chiesa dei Cavalieri di
Malta, con i cavalieri riesiedenti, c’erano tutte le [chiese?], c’era Santa Chiara,
San Francesco, tutte le chiese, San Domenico, ognuno aveva il suo ordine,
quindi il suo…
Mi ricordo, quando ero ragazzina, che questi giovani che studiavano in questi
seminari, secondo se erano da fare preti o frati, eccetera, erano delle file
lunghissime che passavano per il lungo Viale di San Francesco da cui si accede
a Penne, passavano in lunghissime file tutti questi ragazzi che studiavano in quei
posti. Molto spesso studiavano perché altrimenti non avrebbero potuto studiare
perché poveri; studiavano in questi collegi, questi conventi, poi non è che si
facevano tutti frati o preti, pochi restavano a fare questo, però a quei tempi era
pieno di queste cose.
Noi quindi, [con] questi ragazzi abbiamo cercato tutte le fontane, le abbiamo
riguardate, abbiamo fatto una ricerca delle usanze, delle… Tipo, come veniva
svolto il matrimonio, tutto quello che poteva interessare, poi l’abbiamo raccolto in
un libro così, stampato, scritto da noi a macchina, e poi l’abbiamo stampato e
avuto una copia per ciascuno, l’abbiamo offerta anche al sindaco, che questa qui
io ce l’ho, però oggi non l’ho portata qui, purtroppo. Lì c’erano più notizie, che
adesso non ricordo neanche.
Una signora che veniva da noi, che faceva il bucato in casa, però, e aveva un
tinozzo enorme di legno perché eravamo una famiglia di 13 persone, quindi
(questo tinozzo in legno…) il bucato si faceva in 3 giorni: il primo giorno si lavava
[al]la fontana che stava nel nostro giardino, quindi con acqua gelida d’inverno,
tutto con l’acqua fredda, il primo lavaggio, con i saponi fatti in casa, con i resti dei
grassi ci si faceva il sapone da bucato, poi il secondo giorno si insaponavano tutti
i panni sempre a mano, sulla mattonella di legno dove la lavandaia strofinava,
questo con l’acqua tiepida e l’ultimo giorno si [...] buttava via quest’acqua e si
rimetteva l’ultimo giorno con acqua bollente, passata attraverso un telo grezzo,
perché in questo telo grezzo si metteva la cenere, la quale faceva da lisciva:
buttando l’acqua bollente si prendeva questa lisciva che andava nei panni e poi
questa cenere veniva buttata, e quindi questo bucato al terzo giorno, tolto di qui
dal terzo lavaggio i panni erano candidi, venivano sciacquati all’aperto, dove c’era
un fiume, in un fiume, oppure a una fontana, come a casa nostra, che era
all’aperto, sempre, anche in tempi di gelo diciamo.
E questo è uno degli esempi. Poi, per esempio nelle famiglie si usava ammazzare
un maiale ogni invernata. Quando iniziava l’inverno, ogni famiglia ammazzava il
suo maiale e ci si faceva di tutto: salsicce, prosciutto, lonza, tutto quello che
serviva, che [così] tutta l’invernata si aveva carne sicuramente. Naturalmente le
famiglie che avevano possibilità.
Non so che cos’altro possa interessare: delle scuole ho detto, delle famiglie, degli
ordini religiosi… Le chiese che ci sono sono numerose quelle rimaste: è rimasta
la chiesa, il Duomo, che sorge su un tempio dedicato alla Dea Vesta, su cui poi
[...] Alcuni sono anche più antichi, per esempio San Giovanni, dove c’era quella
dei Cavalieri di Malta, come ti ho detto prima, è più piccola ma era molto
caratteristica, ora è chiusa. Io mi sono sposata lì, ma poi l’hanno chiusa. Poi c’è
quell’altro Giovanni, invece, Giovanni Evangelista, che è molto bella, è più antica
e conservata intatta. La Chiesa di San Domenico è un po’ meno… La parte poi è
stata, come al solito, spesso nel Seicento, ci sono stati messi sempre quelle parti
del (Chiede aiuto a Marta) Barocco, ci sono messe tante sovrastrutture in
Barocco, quindi non tutte sono rimaste (?).
C’è pure la chiesa legata all’ospedale, c’è un grande ospedale, dove c’è vicina la
Chiesa di Santa Chiara. C’è la Chiesa di Sant’Antonio Piccolo(?), che è una
chiesina piccola molto carina, è chiusa... Quando facevo le medie io era ancora
aperta, poi è chiusa. Insomma, quelle rimaste sono 10, 12, non di più, anche
quelle di campagna, mentre di quelle andate non tutto ci è rimasto. Quindi,
quando andavo con (que)sti ragazzi, a volte sentivamo queste donne che
cantavano, e qualche canto l’abbiamo anche imparato a scuola, naturalmente.
Adesso, quello che mi ricordo, che può essere [interessante?]... Facevamo fare
anche delle sceneggiate, noi, delle recite sia coi canti, sia con le danze che
usavano in campagna, molto rustiche, tipo una tarantella, no? Quelle così si
facevano. E poi [...] Quindi, questi canti, alcuni che mi ricordo, quello più noto in
Abruzzo era “Vulesse’ fa’ venì pe’ n'ora sola”, se volete prima la traduzione, forse
è più facile da capire. Significa: Vorrei far tornare per un’ora sola i tempi belli della
fanciullezza, quando giocavamo a vola vola e io chiedevo un bacio e una
carezza, (allora poi dice) vola vola vola lu cardille, che sarebbe un uccellino
piccolo chiamato così, un po’ con le ali gialle, non so come si chiami in italiano, e
nu vasce a pizzichille niu mi li può nigà, ciè un bacio a pizzichelli che si usava, i
bambini si davano, facendosi due pizzicotti sulle labbra [guance?] si scambiavano
un bacio. E quindi questo fidanzato, aspirante, diceva: un bacio a pizzichelli, con
questi pizzicotti, non me lo puoi negare. E quindi poi diceva, vola vola vola lu
[Canta “tutte le fontanelle” con la melodia di vola vola vola (vedi 001_A5)]
Si, può darsi, prima la cantavo, poi adesso un sacco di cose non ricordo,
specialmente questi ultimi anni… C’è il vuoto, aumenta.
[...]
Mah, io questo non è che lo ricordi molto perché ho passato diversi anni in
collegio, come ho detto, quindi mi son persa una parte delle tradizioni, le feste
che si facevano, … Poi ho ritrovato, quando facevo scuola, c’era un’insegnante
che veniva dalla campagna e poi si era diplomata, e che conosceva tantissime
usanze, proprio le più lontane. È [con?] lei che, per esempio, abbiamo fatto
vedere ai ragazzi come si faceva un matrimonio, cioè: lo sposo partiva da casa
sua, andava a casa della sposa e non lo facevano entrare, lo sposo, i suoi, finché
non veniva svolta tutta una parte, dice “Che cosa porta in dote questa figliola”, e
quelli diceva(no) una cosa. “Eh, no, è troppo poco”, allora aggiungeva(no),
eccetera. Tutta questa trattativa, insomma, quindi ormai era più una cosa
ripetitiva che vero, mentre all’inizio dev’essere stato vero, perché si cercava
anche la dote dalla moglie, no? E quindi poi alla fine si accontentavano e allora
prendevano quello che gli veniva dato e (prendevano) finalmente la sposa poteva
essere presa e accompagnata in chiesa per il matrimonio, (...) poi si faceva festa,
e festa vuol dire che si ballava, si cantava tutti i canti tradizionali, suonando lo “du
bott” si chiama, una specie di piccola fisarmonica con poche note, sempre un po’
trumba larillerà
l’amore è belle
trumba larillerà
viva l’amor.
mi ci purtate
Trumba larillerà
l’amore è belle
nu vasce a pizzichille
nu vasce a pizzichille
mò si ti guarde in facce
mi sembre di sognà
mò si mi guarde in facce
mi pare di sognà
5.1. Mappe
https://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Penne-Abruzzo.aspx
https://www.geoplan.it/mappa/6486
https://youtu.be/bTUPnp5F8T4
https://www.youtube.com/watch?v=TzGomFu7utY
https://www.youtube.com/watch?v=LvuuPmvrowA&ab_channel=TerreDelSud-
Topic
https://www.youtube.com/watch?v=9l_-M7ATA-o&ab_channel=VincenzoCoccione
https://www.youtube.com/watch?
v=1dE8nUWRXFs&ab_channel=BANDAPIAZZOLLA
https://www.youtube.com/watch?v=WBVytMcyD2Q&ab_channel=jmotionVideo
https://www.youtube.com/watch?
v=uszZff369B4&ab_channel=ONESHOOTLIVEAngeloD%27AloisioPhoto
https://www.youtube.com/watch?v=y-
gdf48C4Zw&ab_channel=SALVATOREAMBROSIO
(Fonte: http://spazioinwind.libero.it/palermo21/canti/alpini/tutte_li_fundanelle.htm)
Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,
Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!
Dovèlle l'acque che mme si purtàte? Dov'è l'acqua che m'hai portata?
Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,
Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!
Nghe ddu' catène d'óre 'ngatenate. incatenata con una catena d’oro.
Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,
Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!