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Tutte le fontanelle si sono seccate

Viaggio generazionale di un canto

"Era un pianòro dove le ginestre fiorivano con tal densità da formare  alla vista un sol manto giallo,


d'un colore sulfureo, splendidissimo. Le cinque fanciulle  coglievano il fiore per riempirne le ceste,
e cantavano. Cantavano un canto spiegato, con accordi di terza e di quinta perfetti.
Quando giungevano ad una cadenza, sollevavano la persona di sul cespuglio perché
la nota sgorgasse più libera dal petto aperto; e tenevano la nota, a lungo, a lungo, guardandosi 
negli occhi, protendendo le mani piene di fiori."

Gabriele D'Annunzio: Il trionfo della morte (1894)

Etnomusicologia

Docente: Anna Menichetti


Studente: Petra Valtellina

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 1


1. Introduzione

1.1. Premessa

Durante il corso di Etnomusicologia tenuto dalla Prof.ssa Anna Menichetti è sorta


in me la curiosità di sperimentare il metodo di ricerca studiato svolgendo una
ricerca sul campo. Mi incuriosiva la libertà assoluta di scegliere l’oggetto di studio,
e l’ampio ventaglio di possibilità di approfondimento e di presentazione dei
risultati della ricerca.

Ho scelto di intervistare le ultime tre generazioni femminili di una famiglia di


origine abruzzese di una mia grande amica, Marta. La nonna, Fernanda, nata e
cresciuta in Abruzzo; la mamma, Laura, nata a Penne, in provincia di Pescara, e
trasferitasi a Bergamo per lavoro; e la figlia, Marta, bergamasca dalla nascita.
L’idea iniziale era quella di chiedere loro informazioni relative a uno stesso canto
popolare della tradizione abruzzese tramandato nella loro famiglia, in modo da
tracciarne i mutamenti musicali, storici e geografici.

Verso la fine dell’estate 2020 sono riuscita a intervistare le tre donne, che hannno
scelto di raccontarmi il brano “Tutte le fontanelle”.

1.2. Penne

La città natale di Fernanda e Laura è Penne, in provincia di Pescara. È un borgo


ricco di storia e di cultura, di cui Fernanda ha parlato molto durante l’intervista.

Penne è collocata nell’area collinare che separa il mare adriatico dal Parco
Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, offre quindi paesaggi molto vari e
ricchi dal punto di vista naturalistico. Dal fiume Tavo, che nasce sul Gran Sasso, è
stato ricavato anche un bacino artificiale, il “Lago di Penne”, che dal 1987 è area
naturale protetta. (vedi 004)

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2. Metodo di lavoro

2.1. Interviste
Le interviste sono state registrate separatamente, con videocamera fissa e
registratore.

Ho cercato di fare domande aperte, lasciando alle intervistate la possibilità di


spaziare e raccontare quello che preferivano nel modo che preferivano.

Il percorso tematico proposto consisteva in una presentazione personale, nella


presentazione del canto scelto e nell’esecuzione del canto.

Durante lo svolgimento delle interviste prima di tutto ho chiesto a Marta, Laura e


Fernanda di presentarsi, includendo i dati anagrafici, il contesto familiare da cui
provengono, una breve “biografia geografica” che includesse i loro spostamenti,
la professione, il percorso educativo e l’eventuale educazione musicale. Nella
presentazione del canto volevo che emergessero come e da chi era stato
appreso, l’eventuale insegnamento ad altre persone, una contestualizzazione del
canto, l’origine (se conosciuta), l’occasione di esecuzione, la funzione, eventuali
racconti personali legati al canto e eventuali canti simili. Conoscendo i dati che
mi interessava raccogliere, durante l’intervista chiedevo approfondimenti solo nel
caso in cui le intervistate non avessero toccato il tema.

Al termine delle interviste ho chiesto a Fernanda, Marta e Laura di scrivere il


testo del canto, anche se se lo ricordavano solo parzialmente o se non
conoscevano il dialetto. I testi che hanno scritto si trovano in fondo a questo file,
e sono stati utilizzati per trascrivere i canti di ognuna.

Nessuna di loro si ricordava la terza strofa, che però è presente in altre versioni e
che ho quindi riportato nel paragrafo [5.3].

Alle interviste è seguito il lavoro di sbobinatura, in cui ho cercato di rendere al


meglio tutto ciò che è stato raccontato. Il risultato ottenuto in questa fase è stato
fondamentale per la selezione del materiale da inserire nel video finale, in cui
volevo confrontare le tre visioni differenti sullo stesso canto. In particolare, ho
dovuto tagliare moltissime parti dell’intervista di Fernanda, non perché non
fossero interessanti (lo erano, molto!), ma perché volevo ridurre all’essenziale il
prodotto della ricerca sul canto.

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Ho creato diversi prodotti audiovisuali: uno complessivo, in cui ho cercato di
riportare e mettere a confronto le tre versioni dello stesso canto scelto; altri con i
singoli canti, per semplificare la fruizione delle fonti.

2.2. Trascrizioni
Il problema della trascrizione mi era noto ancora prima di iniziare le interviste: ero
consapevole della difficoltà di tradurre con un sistema di notazione limitato un
canto che per definizione gli sfugge.

Nonostante sia facile trovare gli spartiti di alcune versioni del canto “Tutte le
fontanelle” (vedi 003_A1), ho deciso di provare a fissare nella notazione corrente
le esecuzioni di Fernanda, Laura e Marta nel modo più fedele possibile alla
registrazione.

Il metro è stata il primo parametro da definire: ho cercato una suddivisione più o


meno coerente con i tempi e con gli accenti del canto e mi sono lasciata la
libertà di modificarli nel corso del brano per rendere meglio i tempi
dell’esecuzione.

Il secondo passo è stato individuare l’altezza delle note. Per fare ciò mi sono
servita del mio flauto, con cui riuscivo facilmente a capire quali note fossero
cantate dalle esecutrici, senza includere variazioni di intonazione inferiori al
semitono. Ho deciso di non seguire la mia “intuizione tonale”, ma di ascoltare
l’intonazione effettiva di ogni parte del brano, assecondando le modulazioni
tipiche del canto a cappella non professionale. Non ho tenuto conto delle
oscillazioni inferiori al semitono perché non sono molto ferrata nella notazione
digitale, ma confido nel fatto che la fonte primaria sia il video, e che la
trascrizione non sia che un supporto ad esso.

(vedi 003_A2; 003_A3; 003_A4; 003_A5)

2.3. Diario
30/08/2020

Ho intervistato Marta, Laura e Fernanda, figlia, madre e nonna: ho chiesto loro di


raccontarmi uno o più canti che le legassero alle origini abruzzesi della loro
famiglia.

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Marta, mia grande amica, è piuttosto timida, ma ama profondamente la ricerca e
la cultura tradizionale. Probabilmente per lei è stato molto difficile sciogliersi e
parlare di sé (e addirittura cantare) davanti a una videocamera. Apprezzo che si
sia sforzata e che sia riuscita a rispondere serenamente.

Laura è psicologa, credo che raccontare storie e canti personali l’abbia divertita
e che essere obiettivo del mio interesse l’abbia fatta sentire bene. Non ha avuto
particolari problemi davanti alla telecamera, anzi ho notato che la cercasse e che
apprezzasse essere ascoltata. Forse per deformazione professionale, forse per
semplice e sana abitudine alla rielaborazione e all’interpretazione, durante
l’intervista ha fornito un dettagliato contorno narrativo al canto presentato.

Mi incuriosiva l’idea di chiedere a tre rappresentanti di momenti profondamente


diversi, provenienti da contesti storico-geografici e socio-culturali molto vari,
anche se legate da una stretta linea generazionale, informazioni e racconti legati
a uno stesso canto, per avere modo di confrontare tre personalissime versioni
diverse di un prodotto culturale familiare.

31/08/2020

In un giorno successivo, per motivi logistici, ho intervistato Fernanda. La sua


risposta all’interesse da me dimostrato è stata molto positiva, appena ho avviato
la registrazione ha parlato con rarissime interruzioni.

Ha raccontato il suo Abruzzo, dalla giovinezza all’età adulta, intervallando alla


narrazione autobiografica dettagliate digressioni sulle tradizioni locali e numerosi
arricchimenti sulla sua città e sul territorio da cui proviene.

Alcuni interventi potrebbero essere ricondotti, ancora una volta, al lavoro che
svolgeva in passato: l’insegnante. I suoi racconti insegnano, rendono partecipi gli
ascoltatori nello stesso modo in cui una brava maestra sa incuriosire gli studenti.
Forse si è concentrata di più sui suoi luoghi e le loro usanze che sull’aspetto
musicale intrinsecamente connesso ad essi. Probabilmente avrei dovuto
indagare e approfondire questi temi con domande più mirate, cercando di fare
emergere gli elementi musicali connessi alle scene descritte, ma avendo
limitazioni di tempo e mezzi ho preferito ascoltare quello che Fernanda si sentiva
di raccontare, cercando di indirizzarla ma senza interromperla, evitando il rischio
di frenare la sua facilità di condivisione.

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Ho apprezzato la semplicità e la voglia di ricordare nelle sue storie, credo che il
momento dell’intervista sia stato piacevole da entrambe le parti.

Quando ha eseguito il canto, ha miscelato in maniera simpatica il testo del brano


scelto alla melodia di un altro canto, “Vola vola”, di cui aveva parlato e di cui ha
scritto il testo.

A tutte le tre protagoniste della mia piccola ricerca ho chiesto di scrivere il testo
del canto proposto, purtroppo, tuttavia, ho documentato solo Fernanda nell’atto
di farlo. Sono rimasta affascinata dal metodo calmo e paziente, minuzioso, con
cui ha riportato ogni strofa, e in seguito corretto con il supporto di Laura le
piccole porzioni di testo dimenticate con il tempo.

Una scena molto divertente è stata quandi ho chiesto a Marta, Laura e Fernanda
di cantare insieme. Oltre ad essere uno splendido quadretto (le tre si
assomigliano molto!) il momento è stato coronato dall’ingresso di uno dei gatti
con cui vivono, Che, che evidentemente ama sentirsi al centro dell’attenzione.

Provando a trarre alcune conclusioni sul lavoro di raccolta delle informazioni sul
canto e sulla sua trasmissione generazionale, di madre in figlia, e geografica, da
Penne a Bergamo, siano emersi molti spunti su cui poter riflettere e molti temi da
approfondire.

Ritengo, inoltre, che la ricerca sia stata un mezzo insolito per approfondire
legami: tra Marta e me, grandi amiche da anni, tra Laura e Fernanda e me, che,
fino ad ora erano state “Mamma di Marta” e “Nonna di Marta”, e forse anche tra
loro tre, avvicinate da un’attività e una conoscenza comune.

Conclusione oggettivamente positiva e che spero possa essere rappresentativa


della percezione dalle intervistate rispetto a questo lavoro è stato il commiato:
oltre a farmi assaggiare le neole riportate a Bergamo dall’ultimo recente viaggio
in Abruzzo, mi è stato regalato un CD di canti abruzzesi contemporanei, dono
graditissimo che ascolterò il prima possibile.

19/08/2021

Al ritorno da una breve vacanza insieme a Marta e ad altri amici, decidiamo di


spezzare il viaggio sostando a Penne per una notte, ospitati da Fernanda. Colgo

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l’occasione per fare qualche foto e alcuni video, e per rivedere il borgo di cui
tanto ho sentito parlare durante le interviste.

Fernanda conferma ancora una volta il senso di ospitalità della famiglia, offrendo
a tutti noi un letto, cibo delizioso e accompagnandoci per qualche tempo nella
città, raccontandoci aneddoti e curiosità.

In una sola sera ho avuto modo di vedere paesaggi e scorci stupendi,


interagendo anche con alcuni abitanti di Penne, tutti vivacissimi e desiderosi di
rendere piacevole la nostra visita.

3. Interviste complete

3.1. Laura Colangelo

Mi chiamo Laura, ho 57 anni quasi. Sono di origine abruzzese, sono nata a


Penne, un paese in provincia di Pescara che non è tanto piccolo, ha 10000
abitanti, è medievale, viene chiamata “La Città del mattone”. Io ho studiato fino al
liceo lì, poi ho fatto l’università fuori, a Roma in particolare, e mi son spostata al
nord, in particolare a Bergamo, per lavoro dai 24 anni, e poi ho sempre vissuto là.

(Che cosa hai studiato?)

Ho studiato psicologia, e lavoro come psicologa e psicoterapeuta nell’ospedale


della città

(Puoi descrivere brevemente la famiglia da cui provieni e la famiglia che hai


creato)

Allora, la famiglia da cui provengo era formata da una maestra di scuola


elementare e da un insegnante del liceo artistico di Ornato, modellato e figura
disegnata.Mio padre inoltre faceva ceramica e scolpiva.

I miei genitori, però, parlavano rigorosamente l’italiano e non volevano parlare il


dialetto, per cui il dialetto l’ho imparato di ritorno, verso diciamo circa alle medie,
perché mi sentivo tagliata fuori dai miei compagni che mi prendevano in giro in
quanto non sapevo parlarlo.

A loro volta loro venivano da famiglie di commercianti, il nonno materno aveva il


caffè del paese e invece il nonno paterno aveva una macelleria. E invece loro

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venivano a loro volta da famiglie di contadini, un po’ come credo la maggior parte
delle persone in Italia. Poi io sono la prima di due sorelle.

La mia famiglia invece è formata da me, da mio marito che ha studiato


matematica, è un informatico, e due figli. Il più grande, Matteo, ha 22 anni e
studia musica al Conservatorio, e la più piccola ha due anni di meno, Marta, ha
20 anni e studia linguistica a Parigi.

(Grazie. Hai qualche tipo di educazione musicale?)

Durante gli anni delle elementari, le medie e il liceo ho studiato un pochino


pianoforte, non al conservatorio ma con lezioni private, per cui ho un’educazione
musicale un po’ di autodidatta, nel senso che ho preso lezioni, ma poi ho
frequentato concerti o mi sono interessata più da grande. Però amo molto la
musica e in casa tutti la amiamo.

(Grazie, possiamo passare alla presentazione del canto: parla pure del canto che
hai scelto)

Allora, il canto che ho scelto è un canto della tradizione, appunto, abruzzese,


“Tutte le funtanelle se so’ seccate”, perché è un canto che mia madre cantava fin
da quando eravamo piccolissimi per addormentarci. In realtà lei, quando voleva
addormentarci ricorreva a tutte le canzoni possibili, per cui ninna nanne vere e
proprie, reminiscenze in latino dei suoi anni di collegio, canzoni di quando era
giovane lei e anche canzoni tradizionali. Questa è una canzone tradizionale e
parla delle… Penne aveva molte fontane tradizionali, sia perché, chiaramente,
non esisteva l’acqua corrente in passato e sia perché molte avevano dei lavatoi,
dei lavatoi dove le donne andavano a fare il bucato, spesso in giorni fissi del
mese, e quindi queste fontane sono molto importanti nel paese, sono molto
importanti nella vita di una volta perché le fontane erano naturalmente fonte
dell’acqua per bere, per cucinare, per lavare i panni, ma anche luogo d’incontro
delle donne che tendevano a fare il bucato insieme e intanto, spesso, cantavano,
e poi anche perché spesso e volentieri c’erano sempre dei giovani che ronzavano
intorno a queste fontane per guardare la persona amata, così, per avere un
minimo di contatto. E infatti questo canto popolare fa una specie di gioco tra
l’acqua e il desiderio, perché dice: “Tutte le fontanelle si so’ seccate, povero
amore mio, muore di sete”. Quindi, naturalmente, l’acqua è questo bene primario
su cui tutta la vita si fonda, ma è anche i desiderio. Perché poi dice: “Povero
amore mio, muore di sete” e poi dice… Tutto ciò diventa scoperto nel ritornello

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che dice: “Trumballarillerà l'amore è bello, Trumballarillerà viva l’amor”. E poi, va
bhe, continua con il lamento della innamorata che dice “Amore mio, ho sete, ho
tanta sete, dov’è l’acqua che mi hai portato?”. E quindi si continua con questo
gioco, però diventa abbastanza trasparente.

Quindi ho scelto questa canzone perché spesso credo che nelle canzoni popolari
il tema sia l’amore, e quindi penso che sia abbastanza significativa.

(Hai detto che te l’ha insegnato tua mamma e lo usava per addormentarvi, quindi
la funzione è di una ninna nanna?)

No, la funzione non è questa, mia madre la usava così perché usava tutto quello
che aveva a portata di mano per farci star buoni, e farci dormire. Però la funzione
credo che sia uno stornello, credo che siano quelle canzoni che, appunto, io
penso fossero cantate anche mentre lavavano i panni e parlano, così, dell’amore
e quindi servono a tematizzare, un po’ come sono i romanzi. Allora, che spesso,
penso, non sapevano leggere, avevano la loro educazione sentimentale anche
attraverso i canti popolari. E quindi, qui c’è questo tema del desiderio, e poi, visto
che dice “dov’è l’acqua che mi hai portato?”, forse c’è il tema di un desiderio che
viene poi deluso. Per cui questo, non sappiamo perché, almeno, io purtroppo mi
ricordo due strofe, per cui non so se poi c’è una terza strofa che ci spiega come
mai, se abbiamo un innamorato infedele oppure se ha dovuto andarsene, come
spesso capitava. Sappiamo che questa arsura data dalla mancanza e questa
promessa di ristoro viene delusa.

(Grazie. Tu l’hai imparato da tua mamma e a chi l’hai insegnato? Perché l’hai
insegnato?)

Io l’ho insegnato a mia figlia, perché anch’io da piccoli li addormentavo cantando


canzoni, specialmente mio figlio devo dire che aveva la dermatite atopica, quindi
si svegliava frequentemente di notte, ricorrevo, veramente, siccome io ho fatto
parte di un coro folkloristico internazionale, ricorrevo a canzoni della mia terra, ma
anche a altre canzoni, e questa si presta perché, come spesso le canzoni
popolari, è abbastanza ripetitiva ed è abbastanza dolce.

Poi devo dire che è anche perché nel tempo ho sempre sviluppato più un amore
per quel dialetto che da piccola non parlavo e che invece mi risulta avere un
sapore particolare, con parole che non si ritrovano in italiano.
(Hai qualche racconto specifico della tua vita legato a questo canto?)

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Più che un racconto ho ricordi, ricordi di mia madre che mi raccontava i giorni del
bucato, quindi quando arrivavano queste donne a casa dei miei nonni, che erano
abbastanza benestanti, quindi avevano delle donne che li aiutavano, e venivano
un primo giorno per mettere questi panni nella cenere, e quindi farli candeggiare,
perché la cenere a delle proprietà candeggianti, poi arrivavano un altro giorno e
col sapone fatto col grasso di maiale strofinavano questi panni, e poi li portavano
al fiume o alla fontana per sciacquarli. Infine, con i loro canestri sulla testa,
andavano a stenderli nei prati. E questa canzone l’ho sempre un po’ associata a
questi racconti di questo bucato che per me diventava favoloso, perché mi
immaginavo queste donne che andavano alla casa di mia nonna, che aveva un
cortile perché era un chiostro delle monache, prima. E in questo cortile c’è una
fontana e lì facevano una buona parte di questo lavoro.

Anche perché penso che i canti popolari servissero spesso ad accompagnare la


fatica, che fosse nei campi o in altri posti.

(E solo canto o ci sono gesti?)

No, è solo canto.

[Canta (vedi 001_A1)]

(Conosci l’origine?)

No, mi spiace

3.2. Marta Naldi

Ciao, io sono Marta, ho 20 anni, studio scienze del linguaggio in Francia e…


basta

(dove sei nata?)


Sono nata a Bergamo il 23 luglio del 2000 e… basta

(parla della tua famiglia)

Allora, mia mamma Laura è psicologa, il mio papi… il mio papà Giuseppe fa
l’informatico.

Ho un fratello di 22 anni non ancora compiuti che studia presso il Conservatorio di


Bergamo.
(grazie. Aspettiamo il tram…)

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(Passiamo alla storia del canto: descrivi che canto hai scelto)

Allora, il canto che ho scelto… Che abbiamo scelto si chiama “Tutte le funtanelle
se so’ seccate”, è un canto abruzzese in quanto mia mamma ha origini abruzzesi,
è nata in Abruzzo e anche mia nonna. Io ci sono entrata in contatto più da mia
nonna che da mia mamma, nonostante quello che ritiene mia mamma. Da piccole
ogni tanto in cucina, ma anche la sera la nonna in camera ci cantava svariate
canzoni, tra cui questa; mentre per quanto riguarda la mia mamma me le… ce le
cantava prima di andare a dormire.

Il canto è definibile “canto popolare” e… e boh.

(Perché è definibile canto popolare?)

Perché appartiene alla tradizione abruzzese e è un canto folkloristico.

(Grazie. Te lo chiedo anche se mi ha già risposto Laura: per caso sai che origini
ha questo canto?)

Assolutamente no.

(Va bene, l’hai imparato dalla famiglia… Tu l’hai mai cantato a qualcuno?)

Io avevo fatto una ricerca in terza media e l’avevo riscoperto anche in


quell’occasione perché mi avevano chiesto di portare, avevano chiesto in classe
di portare un canto, un brano che appartenesse alla nostra storia e io avevo
scelto questo, e in particolare l’avevo scoperto un po’ meglio, nel senso che di
solito era uno dei brani del repertorio, in quell’occasione è emerso un po’ di più
tra gli altri.

(In che senso emerso un po’ di più tra gli altri?)

Avevo ricercato qualche informazione… Non avevo trovato praticamente nulla,


ma avevo cercato qualche informazione in più e avevo chiesto, l’avevo ascoltato
con più attenzione, avevo imparato tutto il brano, mentre adesso mi ricordo
soltanto la prima strofa e il ritornello

(Grazie. Hai mai insegnato questo canto a qualcuno?)

No, però l’avevo eseguito in classe, suonandolo sulla pianola mi sa… O col flauto

(Il tipo di educazione musicale che hai?)

Ho suonato in modo amatoriale per qualche anno pianoforte e poi l’oboe, ma


nulla di più.
(Hai qualche racconto legato a questo canto? Ricordo, qualcosa…?)

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Lo associo molto a mia nonna e all’Abruzzo in sé. Penso che siccome sia... da
parte di mia nonna e da parte di mia mamma io l’abbia sentito molto legato alla
sfera del fare il bucato, ogni volta che lo si canta spesso sento l’odore del sapone.

(Succede anche il contrario?)

Quando vedo il sapone penso a…? No, però ogni tanto quando passiamo dietro
Piazza Vecchia, a Bergamo, in Città Alta, penso alla canzoncina.

(Il tuo rapporto con l’Abruzzo?)

Il mio rapporto con l’Abruzzo è prevalentemente affettivo. Ci sono molto legata,


perché la sento più vicina rispetto alla Lombardia, forse perché è una terra di cui,
no, non conosco più le tradizioni, ma la sento con più tradizioni, con più storia
personale rispetto a qui, e inoltre, penso che sia così anche perché la gran parte
delle vacanze da piccoli, delle festività da piccoli la passavamo lì, ed era un
momento in cui ritrovavamo tutta la famiglia dal lato di mia madre, quindi ci sono
associati molti bei ricordi. Infatti anche adesso è un luogo a cui sono
particolarmente legata, ma è anche un luogo di cui sono anche gelosa, infatti ci
ho portato alcune persone che credo che per me abbiano un significato e che
credo restino nella mia vita, diciamo così.

(Va benissimo… Ora se vuoi puoi introdurre ciò che stai per cantare)

Canterò solo la prima parte, cioè la prima strofa su tre perché non ho ricordo delle
altre e, va bhe, il ritornello. Il canto in sé parla dell’acqua, ma parla anche,
appunto dell’amore, ed è un’unione delle due cose e penso che fosse un canto-
storia, nel senso che lo usavano per passare il tempo mentre - nella mia
immagine - mentre lavavano i panni. E niente, ora canterò la prima strofa e il
ritornello.
[Canta (vedi 001_A2)]

(Io ho fatto questa cosa di chiedere alle donne della generazione: è un caso sia
un canto legato al lavare i panni e io l’abbia chiesto un canto e abbiate scelto
questo? Cioè, lo conoscono anche gli uomini o è un canto femminile,
effettivamente?)

Bisogna separare la conoscenza e chi lo canta effettivamente, nel senso che


come conoscenza credo sia conosciuto anche nel mondo maschile, infatti
banalmente anche mio fratello lo conosce. Per quanto riguarda invece l’ambito in
cui viene cantato e l’ambiente che ci sta intorno, probabilmente è più prettamente

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femminile, proprio perché l’attività di lavare i panni eccetera era, appunto,
femminile.

(Grazie mille)

3.3. Fernanda Marcotullio

Mi chiamo Fernanda Marcotullio, sono nata a Penne, in provincia di Pescara, nel


1935, quindi ho compiuto 85 anni l’altro giorno, il 23 [agosto 2020].

Eravamo 8 figli, tutti mio padre ci teneva a farci studiare, anche comodamente,
perché a me, per non farmi andare con un taxì tutti i giorni a Pescara dov’era la
scuola magistrale mi ha fatto frequentare il collegio Ravasco, dove risiedevo,
naturalmente. Quindi sono diventata maestra, ho fatto un po’ di gavetta come al
solito, cioè i primi anni facevo la scuola popolare, spesso andavo nelle campagne
nei dintorni. I corsi erano verso sera, i mesi invernali perché i contadini dovevano
lavorare, quindi facevo, risiedevo nelle loro case a volte, cioè, con tante cose
diverse, per esempio c’era il fiume di Penne che è il Tavo, adesso hanno fatto un
lago e su questo fiume c’era soltanto una passerella di legno larga, quanto può
essere, 30-35 centimentri. E a quei tempi le invernate erano sempre brutte, piene
di nevicate, insomma. Quindi quando passavo il pomeriggio per fare due tappe,
una prima, prima del fiume dove facevo il primo gruppo di anziani a scuola
popolare, al secondo gruppo era dopo il fiume, passavo su questo fiume che
ribolliva sempre, e io guardavo dritta davanti a me perché avevo il terrore di
cadere dentro al fiume. E così passavo la serata, facevo lezione, poi tornavo a
casa di mattina, e così per tutti i 6 mesi che durava il corso della scuola popolare.

Questo per alcuni anni, poi ho vinto il concorso, son diventata di ruolo e ho
insegnato in alcune zone di campagna, poi son rientrata prima a Pescara, dove
abitavo, poi son tornata a Penne, dove siamo tornati a vivere, e lì ho avuto la
scuola vicino casa, a pochi passi da casa.

I primi anni facevo le pluriclassi, con 4 o 5 classi, fino alla quarta, oppure anche la
quinta, quindi dovevo gestire cinque programmi diversi, 5 gruppi diversi. E poi
hanno eliminato queste pluriclassi, portando tutti gli alunni nei paesi vicini, e da
allora ho insegnato sempre in paese, avendo una classe sola, naturalmente.

Con i miei ragazzi ho sempre cercato di fare ricerche della nostra storia, dei nostri
luoghi anche, per cui uscivamo spesso in giro per il paese a ritrovare i posti

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antichi, a cercare tutte l fontane che ce n’erano tante, quando ancora le donne
lavoravano, lavavano i panni alle fontane, allora ci sono diverse fontane, di cui
adesso alcune s’è persa pure la traccia, coperta dalle piante, così. A quei tempi
invece erano molto curate, c’era un gruppo di ragazzi che seguiva, che liberava le
fontane dall’erba, le teneva pulite, quindi le abbiamo visitate tutte.

Poi abbiamo visitato, naturalmente, le chiese: Penne era chiamata “caput


vestinorum”, perché era capitale dei Vestini, un popolo vestino molto guerriero,
ma soprattutto, come si può dire, che non amava, che non sopportava neanche i
romani, perché li riteneva troppo invasivi, troppo che, insomma, conquistava gli
altri paesi.

Per cui hanno [erano] l’unico paese che ha combattuto contro Roma, forse, si
dice.

E quindi, questo paese però era antico, aveva tante, si parla di una cosa come
170-180 chiese, c’erano tutti gli ordini, i Francescani tutti e tre, sia i minimi, i
cappuccini, insomma, tutti gli ordini Francescani avevano ognuno un diverso
convento. Avevamo il convento dei Celestini, c’era la chiesa dei Cavalieri di
Malta, con i cavalieri riesiedenti, c’erano tutte le [chiese?], c’era Santa Chiara,
San Francesco, tutte le chiese, San Domenico, ognuno aveva il suo ordine,
quindi il suo…

Mi ricordo, quando ero ragazzina, che questi giovani che studiavano in questi
seminari, secondo se erano da fare preti o frati, eccetera, erano delle file
lunghissime che passavano per il lungo Viale di San Francesco da cui si accede
a Penne, passavano in lunghissime file tutti questi ragazzi che studiavano in quei
posti. Molto spesso studiavano perché altrimenti non avrebbero potuto studiare
perché poveri; studiavano in questi collegi, questi conventi, poi non è che si
facevano tutti frati o preti, pochi restavano a fare questo, però a quei tempi era
pieno di queste cose.

Noi quindi, [con] questi ragazzi abbiamo cercato tutte le fontane, le abbiamo
riguardate, abbiamo fatto una ricerca delle usanze, delle… Tipo, come veniva
svolto il matrimonio, tutto quello che poteva interessare, poi l’abbiamo raccolto in
un libro così, stampato, scritto da noi a macchina, e poi l’abbiamo stampato e
avuto una copia per ciascuno, l’abbiamo offerta anche al sindaco, che questa qui
io ce l’ho, però oggi non l’ho portata qui, purtroppo. Lì c’erano più notizie, che
adesso non ricordo neanche.

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 14


Comunque a quei tempi si lavava, appunto, nelle fontane. E quindi quando
queste donne facevano questo faticosissimo lavoro, che poi veniva fatto, certe
famiglie ricche facevano una volta ogni 6 mesi il bucato. Andavano al fiume,
mandavano le donne loro a fare il bucato, e questo bucato veniva lavato tutto a
mano, poi steso sui prati che erano bellissimi, quindi queste donne, mentre
facevano questi lavori lunghi e si riposavano durante l’intervallo, cantavano
sempre tante canzoni.

Una signora che veniva da noi, che faceva il bucato in casa, però, e aveva un
tinozzo enorme di legno perché eravamo una famiglia di 13 persone, quindi
(questo tinozzo in legno…) il bucato si faceva in 3 giorni: il primo giorno si lavava
[al]la fontana che stava nel nostro giardino, quindi con acqua gelida d’inverno,
tutto con l’acqua fredda, il primo lavaggio, con i saponi fatti in casa, con i resti dei
grassi ci si faceva il sapone da bucato, poi il secondo giorno si insaponavano tutti
i panni sempre a mano, sulla mattonella di legno dove la lavandaia strofinava,
questo con l’acqua tiepida e l’ultimo giorno si [...] buttava via quest’acqua e si
rimetteva l’ultimo giorno con acqua bollente, passata attraverso un telo grezzo,
perché in questo telo grezzo si metteva la cenere, la quale faceva da lisciva:
buttando l’acqua bollente si prendeva questa lisciva che andava nei panni e poi
questa cenere veniva buttata, e quindi questo bucato al terzo giorno, tolto di qui
dal terzo lavaggio i panni erano candidi, venivano sciacquati all’aperto, dove c’era
un fiume, in un fiume, oppure a una fontana, come a casa nostra, che era
all’aperto, sempre, anche in tempi di gelo diciamo.

Venivano sciacquati e poi si stendevano. E poi, in questo modo non si stirava,


perché i panni le donne ogni tanto li sbattevano un po’, le lenzuola per esempio, li
lisciavano a mano, le ripiegavano un po’, poi li riaprivano per farli finire di
asciugare… Insomma, per fare un bucato ci vogliono tutti questi giorni, ecco.

E questo è uno degli esempi. Poi, per esempio nelle famiglie si usava ammazzare
un maiale ogni invernata. Quando iniziava l’inverno, ogni famiglia ammazzava il
suo maiale e ci si faceva di tutto: salsicce, prosciutto, lonza, tutto quello che
serviva, che [così] tutta l’invernata si aveva carne sicuramente. Naturalmente le
famiglie che avevano possibilità.

Non so che cos’altro possa interessare: delle scuole ho detto, delle famiglie, degli
ordini religiosi… Le chiese che ci sono sono numerose quelle rimaste: è rimasta
la chiesa, il Duomo, che sorge su un tempio dedicato alla Dea Vesta, su cui poi

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 15


hanno costruito i cristiani, appunto. Il primo vescovo pare sia stato San Patroclo,
che era uno dei 72 discepoli mandati da Cristi, da Gesù per per la prima
conoscenza (?) della sua fede. E quindi dopo di quello c’è una chiesa ancora in
buono stato, quella del Duomo era stata riparata dal bombardamento aveva
perso il campanile, così l’altra chiesa di Colle Romano, dove risedevano i frati,
che aveva perso tutto il campanile è stata [ristrutturata?].

[...] Alcuni sono anche più antichi, per esempio San Giovanni, dove c’era quella
dei Cavalieri di Malta, come ti ho detto prima, è più piccola ma era molto
caratteristica, ora è chiusa. Io mi sono sposata lì, ma poi l’hanno chiusa. Poi c’è
quell’altro Giovanni, invece, Giovanni Evangelista, che è molto bella, è più antica
e conservata intatta. La Chiesa di San Domenico è un po’ meno… La parte poi è
stata, come al solito, spesso nel Seicento, ci sono stati messi sempre quelle parti
del (Chiede aiuto a Marta) Barocco, ci sono messe tante sovrastrutture in
Barocco, quindi non tutte sono rimaste (?).

C’è pure la chiesa legata all’ospedale, c’è un grande ospedale, dove c’è vicina la
Chiesa di Santa Chiara. C’è la Chiesa di Sant’Antonio Piccolo(?), che è una
chiesina piccola molto carina, è chiusa... Quando facevo le medie io era ancora
aperta, poi è chiusa. Insomma, quelle rimaste sono 10, 12, non di più, anche
quelle di campagna, mentre di quelle andate non tutto ci è rimasto. Quindi,
quando andavo con (que)sti ragazzi, a volte sentivamo queste donne che
cantavano, e qualche canto l’abbiamo anche imparato a scuola, naturalmente.
Adesso, quello che mi ricordo, che può essere [interessante?]... Facevamo fare
anche delle sceneggiate, noi, delle recite sia coi canti, sia con le danze che
usavano in campagna, molto rustiche, tipo una tarantella, no? Quelle così si
facevano. E poi [...] Quindi, questi canti, alcuni che mi ricordo, quello più noto in
Abruzzo era “Vulesse’ fa’ venì pe’ n'ora sola”, se volete prima la traduzione, forse
è più facile da capire. Significa: Vorrei far tornare per un’ora sola i tempi belli della
fanciullezza, quando giocavamo a vola vola e io chiedevo un bacio e una
carezza, (allora poi dice) vola vola vola lu cardille, che sarebbe un uccellino
piccolo chiamato così, un po’ con le ali gialle, non so come si chiami in italiano, e
nu vasce a pizzichille niu mi li può nigà, ciè un bacio a pizzichelli che si usava, i
bambini si davano, facendosi due pizzicotti sulle labbra [guance?] si scambiavano
un bacio. E quindi questo fidanzato, aspirante, diceva: un bacio a pizzichelli, con
questi pizzicotti, non me lo puoi negare. E quindi poi diceva, vola vola vola lu

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 16


cardille, cioè questo uccellino, nu vasce a pizzichille niu mi li può dà [nigà?]. Poi
c’era vola vola vola il pavone, se tieni il cuore buono, un bacio me lo devi dare. E
l’ultimo, per quel che mi ricordo, vola vola vola lu gallinaccio, che sarebbe un
tacchino, lo chiamavano in dialetto gallianccio, mo’ si te guarde ‘n facce mi par di
murì: se ti guardo in viso, ora mi sembra di morire per quello che è stato quel
tempo.

Adesso ve lo dico in dialetto, ve lo canto, se interessa.

[…] (vedi 001_A3)

Un’altra nota era “I vai all’ora a coi la mentuccia…”

[canta (vedi 001_A4)]

Quelle che sapete voi pure un pezzetto? Vogliamo cantare insieme?

Vabbè io ne so un pezzetto però.

[Canta “tutte le fontanelle” con la melodia di vola vola vola (vedi 001_A5)]

Finito, non mi ricordo altro

Si, può darsi, prima la cantavo, poi adesso un sacco di cose non ricordo,
specialmente questi ultimi anni… C’è il vuoto, aumenta.

[...]

Mah, io questo non è che lo ricordi molto perché ho passato diversi anni in
collegio, come ho detto, quindi mi son persa una parte delle tradizioni, le feste
che si facevano, … Poi ho ritrovato, quando facevo scuola, c’era un’insegnante
che veniva dalla campagna e poi si era diplomata, e che conosceva tantissime
usanze, proprio le più lontane. È [con?] lei che, per esempio, abbiamo fatto
vedere ai ragazzi come si faceva un matrimonio, cioè: lo sposo partiva da casa
sua, andava a casa della sposa e non lo facevano entrare, lo sposo, i suoi, finché
non veniva svolta tutta una parte, dice “Che cosa porta in dote questa figliola”, e
quelli diceva(no) una cosa. “Eh, no, è troppo poco”, allora aggiungeva(no),
eccetera. Tutta questa trattativa, insomma, quindi ormai era più una cosa
ripetitiva che vero, mentre all’inizio dev’essere stato vero, perché si cercava
anche la dote dalla moglie, no? E quindi poi alla fine si accontentavano e allora
prendevano quello che gli veniva dato e (prendevano) finalmente la sposa poteva
essere presa e accompagnata in chiesa per il matrimonio, (...) poi si faceva festa,
e festa vuol dire che si ballava, si cantava tutti i canti tradizionali, suonando lo “du
bott” si chiama, una specie di piccola fisarmonica con poche note, sempre un po’

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 17


ripetitivi i suoni, lo sapevano suonare quasi tutti, con questo accompagnamento si
cantavano questi canti tradizionali, poi lo ripeto, io me li sono ricordata poco, non
ne ricordo altri.

4. Testi scritti (Vedi 002_A0)

4.1. Testo scritto da Laura (Vedi 002_A1)

Tutt'le funtanell se so' seccat_

Pover'amore me' more de sete

Trumballarillerà l'amore è belle

Trumballarillerà viva l'amor

Amore mi te' sete, mite' sete

Dove ti scite l'acque mi si purtate

Trumballarillerà l'amore è belle

Trumballarillerà viva l’amor.

4.2. Testo scritto da Marta (Vedi 002_A2)

Tutte le fontanelle se so' seccate

Pover'amore mi che more de sete

Trummalalilarà l'amore è bello

Trummalalilarà viva l’amor

4.3. Testi scritti da Frenanda

Le funtanelle (Vedi 002_A3)


Tutte le funtanelle si so’ seccate

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 18


povero amore me’, more de sete

trumba larillerà

l’amore è belle

trumba larillerà

viva l’amor.

Amore, mi tè sete, mi tè sete

dove si sciti l’acqua

mi ci purtate

Trumba larillerà

l’amore è belle

trumba larillerà, viva l’amor.

Vola, vola, vola (Vedi 002_A4)

Vuless' far veinì pe' n'ora sola

lu tempe belle de la citilanza

quanno pazzijavamo a vola, vola

e ti cupré di vasce e di carezze (cantato diversamente)

E vola, vola, vola e vola lu cardille

nu vasce a pizzichille

niu mi li pu’ nigà


E vola, vola, vola e vola lu cardille

nu vasce a pizzichille

niu mi li pu’ nigà

Vuless' far veinì pe' n'ora sola

lu tempe belle de la citilanza

quanno pazzijavamo a vola, vola


e ti cupré di vasce e di carezze (cantato diversamente, finendo con “speranza”)

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 19


E vola, vola, vola e vola lu pavone

si tì lu core bone mò fammice arpruva

E vola, vola, vola e vola lu pavone

si tì lu core bone mò fammice arpruva

Vuless' far veinì pe' n'ora sola

lu tempe belle de la citilanza

quanno pazzijavamo a vola, vola

e ti cupré di vasce e di carezze (cantato diversamente, finendo con “speranza”)

E vola, vola, vola e vola lu gallinacce

mò si ti guarde in facce

mi sembre di sognà

E vola, vola, vola e vola lu gallinacce

mò si mi guarde in facce

mi pare di sognà

4.4. Traduzione di Tutte le fontanelle

Tutte le fontanelle si sono seccate,

povero amore mio, muore di sete.


Trumba larillerà L’amore è bello

trumba larillerà Viva l’amore

Amore, ho sete, ho sete

Dov’è l’acqua che mi hai portato?

Trumba larillerà L’amore è bello

trumba larillerà Viva l’amore

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 20


5. Materiali utili

5.1. Mappe

Mappa delle fontane di Penne

https://www.fontanelle.org/Mappa-Fontanelle-Penne-Abruzzo.aspx

Mappa centro storico di Penne (vedi 004)

https://www.geoplan.it/mappa/6486

5.2. Altre versioni del brano:

Tutte le fundanelle - Adriano Tarullo

https://youtu.be/bTUPnp5F8T4

Tutte le funtanelle - Terre del Sud (live)

https://www.youtube.com/watch?v=TzGomFu7utY

Tutte le funtanelle - Terre del Sud

https://www.youtube.com/watch?v=LvuuPmvrowA&ab_channel=TerreDelSud-
Topic

Tutte le funtanelle - Corale Giuseppe Verdi

https://www.youtube.com/watch?v=9l_-M7ATA-o&ab_channel=VincenzoCoccione

Tutte le funtanelle - Folk Remix Banda Piazzolla

https://www.youtube.com/watch?
v=1dE8nUWRXFs&ab_channel=BANDAPIAZZOLLA

Tutte le funtanelle - Coro Polifonica Lupacchino dal Vasto (strofa1+Rit.)


https://www.youtube.com/watch?
v=SqPrQAHVKso&ab_channel=SalvatoreGenovese54

Tutte le funtanelle - Gruppo Transumante (con introduzione parlata)

https://www.youtube.com/watch?v=WBVytMcyD2Q&ab_channel=jmotionVideo

Tutte le funtanelle - Musicantour (“la vita è bella” invece di “l’amore è bello”)

https://www.youtube.com/watch?
v=uszZff369B4&ab_channel=ONESHOOTLIVEAngeloD%27AloisioPhoto

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 21


Versione romana, con testo diverso: probabile contaminazione

Tutte le funtanelle - Claudio Villa

https://www.youtube.com/watch?v=y-
gdf48C4Zw&ab_channel=SALVATOREAMBROSIO

5.3. Altre versioni del testo completo:

Tutte li fundanelle (Molise!)

(Fonte: http://spazioinwind.libero.it/palermo21/canti/alpini/tutte_li_fundanelle.htm)

Dialetto abruzzese Lingua italiana


Tutte li fundanelle se so' seccate Tutte le fontanelle si sono seccate
pover'amore mè more de sete. povero amore mio muore di sete.

Trummalaririlà, l'amor'è bbelle, Trummalaririlà, l'amore è bello,


trummalaririlà, 'vviva 'll'amor! Trummalaririlà, evviva l’amor!

Amore, mi te' sete, mi te' sete. Amore, ho sete, ho sete.


Dov'elle l'acque che mi si purtate? Dov'è l'acqua che mi hai portato?

Trummalaririlà, l'amor'è bbelle, Trummalaririlà, l'amore è bello,


trummalaririlà, 'vviva 'll'amor! Trummalaririlà, evviva l’amor!

T'aje purtate 'na giara de crete Ti ho portato una giara di creta


'nghe ddu' catene d'ore 'ngatenate. con due catene d'oro incatenate.

Trummalaririlà, l'amor'è bbelle, Trummalaririlà, l'amore è bello,


trummalaririlà, 'vviva 'll'amor! Trummalaririlà, evviva l'amor!

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 22


D’Annunzio cita Tutte le funtanelle nel romanzo “Il trionfo della morte”, del 1894; il
testo e la traduzione che seguono sono quelli riportati nella sua opera:

Dialetto abruzzese Lingua italiana

Tutte le funtanelle se sò sseccàte. Tutte le fontane sono secche.

Pover'Amore mi'! More de séte. Povero amor mio! Muore di sete.

Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,

Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!

Amóre mi té' sét'e mmi té' sète. O amore, ho sete, ho sete.

Dovèlle l'acque che mme si purtàte? Dov'è l'acqua che m'hai portata?

Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,

Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!

T'àjje purtàte 'na ggiàrre de créte, Ti ho portata una giara di creta,

Nghe ddu' catène d'óre 'ngatenate. incatenata con una catena d’oro.

Tromma larì lirà llarì llallerà Tromma larì lirà llarì llallera,

Tromma larì, lirà, vvivà ll'amóre! Tromma larì lirà, viva l’amore!

Etnomusicologia - Tutte le fontanelle 23

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