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PIETRO ROSATI
Da un confronto diretto e quotidiano, a volte non facile, con gli ambienti della scuola
dell’obbligo – un confronto che include l’invenzione di spazi per la musica d’insieme laddove
non ne esistono, la costruzione di strumenti musicali poveri in assenza di veri strumentari,
nonché la costruzione lenta e paziente di un dialogo con i ragazzi difficili – da tutto ciò nasce
il desiderio di elaborare strategie operative originali e concrete, progetti in grado di ambire a
un consenso esteso.
A mio avviso, è necessario saper costruire quel ‘consenso esteso’, nella pratica musicale
d’insieme della scuola e dell’extra scuola, che sappia accogliere tutti, ma soprattutto che sappia
‘toccare’ gli elementi più periferici del gruppo: quelli più lontani, i più problematici, gli assenti.
Un percorso non semplice. Un montaggio che avviene già in fase di prescrittura, partendo
da un lavoro di ricognizione e di ascolto dei nostri interlocutori, cogliendone bisogni,
aspirazioni, aspettative: anamnesi che prelude alla redazione vera e propria di una partitura
quasi personalizzata. Una cosa è chiedere infatti a tutti gli alunni la loro diretta ed ‘entusiastica’
partecipazione alle nostre attività musicali di gruppo (l’arte affabulatoria non manca ai bravi
insegnanti... e in assenza di ciò si può sempre contare sulla lusinga, sul ricatto del compito in
classe o del saggio di fine anno); altra cosa è tentar di offrire un repertorio di musica d’insieme
che nelle sue proprie strutture portanti, cioè programmaticamente, sappia includere.
Personalmente, più per ragioni caratteriali che per formazione professionale, non essendo
quasi mai riuscito ad attingere ai repertori più frequentati dalla didattica musicale, mi sono
spesso servito del mio naturale bisogno di inventare per realizzare di volta in volta occasioni
per far musica insieme.
Ecco l’ensemble di percussioni.
L’idea di fondo è che una partitura per ensemble didattico debba essere la stratificazione di piani
funzionali diversificati, riconducibili pertanto alla natura del gruppo con cui si sta lavorando.
Una partitura di questo tipo dovrebbe saper accogliere istanze e cimenti di varia natura. Vi può
trovar posto la linea del canto, sebbene non molti alunni nella scuola dell’obbligo chiedano di
poter cantare o abbiano mai sperimentato il canto d’insieme. Si possono inserire pentagrammi
con bordoni, pedali, accordalità fisse e tappeti sonori affidati ad esempio alle tastiere, agli
xilofoni o ai tuboing, confidando in quei bambini o ragazzi che già frequentano corsi di
musica e che sono in grado di eseguire semplici melodie sulla tastiera anche con un solo dito.
E ancora le chitarre in accordatura aperta e tutto ciò che abbiamo a portata di mano e che
produca suoni intonati. In tale contesto, naturalmente, le percussioni giocano un ruolo
fondamentale e sono quasi sempre le più ambite, sia per l’aura di entusiasmo che propagano,
sia per la loro rapidità d’impiego almeno in ambito didattico/pedagogico.
Esistono naturalmente tante forme di scrittura musicale o di elaborazione per la musica
d’insieme. E penso sia interessante presentarne subito almeno un paio, che personalmente non
1
frequento molto, sebbene ne riconosca l’alto valore estetico, ma che esemplificano con
evidenza cosa non dovrebbe essere a mio modo di vedere una scrittura inclusiva.
Il primo dei due esempi si risolve nell’invenzione di semplici e deliziose monodie, dunque
quasi sempre musica vocale, spesso sostenute da accordalità pianistiche ardite, complesse, se
non complicate, in aperto contrasto con la semplicità del testo, dei contenuti e dell’andamento
melodico. In tale contesto la partitura originale non ammette interventi estranei: difficile
dunque aggiungere linee personalizzate, e men che meno percussioni di ogni genere.
Altro esempio sta nel semplice utilizzo, e non nella rielaborazione, di brani della tradizione
colta o popolare e che appartengono oramai a un ‘orecchiato’ comune in quanto già
ampiamente triturati dai medium di massa e dunque immediatamente riconoscibili a molti, ma
non ai ragazzi. Tra tutti vedi la Primavera di Vivaldi. Brani spesso eseguiti con molti flauti a
becco suonati all’unisono, spesso con non poche difficoltà tecniche non ancora risolte, brani
quasi sempre spogliati delle loro parti più ardue e dunque a volte quasi irriconoscibili.
Credo invece di aver individuato in determinate forme musicali, da me maggiormente
frequentate, e in poche coordinate sintattico – grammaticali, alcuni elementi utili alla messa in
atto di quella partitura per tutti, o di tutti, cui accennavo poco sopra. Sono:
nella pratica vocale
• lo stile sillabico, presente tanto nelle epoche passate (nelle forme più arcaiche
contrapposto allo stile melismatico, così come il recitativo all’aria, il balletto al
madrigale ecc) quanto nelle multiformi espressioni della musica leggera;
• le melodie pentafoniche o esafoniche che hanno nell’intervallo di quinta giusta un
riferimento centrale, spesso utilizzato come climax espressivo;
• l’uso della sottotonica o meglio il mascheramento, l’ambiguità o l’elusione della
sensibile. Il settimo grado minore della scala non si trova soltanto nel modo dorico,
nella pratica trovadorica o nelle messe di Machaut ma in tanta musica rock e pop, dai
Beatles ai Deep Purple e via discendendo… epoche lontanissime tra loro, ma
curiosamente riunite nelle preferenze musicali di molti ragazzi;
Le indicazioni esposte qui di seguito per una corretta esecuzione dei due brani che
proponiamo vogliono essere in realtà suggerimenti o, meglio, suggestioni. Tali brani infatti
dovrebbero essere «(mal)trattati con personale e irriverente libertà poiché, a partire dalla loro
propria struttura lineare, suggeriscono ogni sorta di manipolazione.» 2
Un approccio ritmico/verbale alla partitura per percussioni non vuole essere un’altra
grammatica musicale, non vuole sostituire quella ordinaria, è semplicemente una delle molte
strategie operative che consentono di aggirare problemi esecutivi altrimenti insuperabili con la
lettura ordinaria. Del resto tale tecnica (parola = figura) viene adottata da molti musicisti
professionisti per risolvere passaggi di particolare difficoltà (Frank Zappa, i Percussionisti di
Strasburgo, Les Tambours du Bronx ecc).
Ma veniamo ora alla ricognizione della prima delle due partiture proposte. I pentagrammi A
e B dei due Dialoghi Ritmici rappresentano maschere, figure, attori antagonisti o complementari,
gruppi di musicisti/danzatori; rappresentano insomma le parti in dialogo sempre
coreograficamente in contrasto tra di loro, così da definire con maggior nettezza, sia agli
esecutori che al pubblico, i giochi timbrici e le linee di appartenenza.
Nel dialogo ritmico 1 (Su e Giù) se il musicista – attore A vuole salire, B chiederà di scendere;
se il primo dice «Su!» il secondo risponderà «Giù!». Il primo ha fretta, il secondo è lento; A
suona in piedi e con le braccia bene alzate, B è chino in avanti e con un ginocchio a terra. A
può essere vestito di arancione e suonare percussioni leggere e maneggevoli, brillanti e acute,
B veste di nero e può suonare strumenti pesanti, posati a terra, dal registro grave.
Dunque l’approccio al brano non potrà che essere verbale e attoriale poiché, soprattutto
nelle fasi iniziali, si chiederà agli alunni esecutori di dare espressione alla propria figura
leggendo il testo ritmico con enfasi e vigore. L’appropriazione del testo ritmico eseguito con
tale modalità può risultare assai efficace nelle fasi seguenti, quando occorrerà essere molto
sicuri della propria parte per risolvere i vari passaggi che dalla parola conducono al gesto
sonoro. Le prove di ‘dialogo’ dovranno essere ripetute varie volte (almeno cinque) e svolte
dapprima all’italiana, cioè seduti ai banchi o attorno a un tavolo, senza simulare l’esecuzione o
eseguire un clap, cercando anzi di sospendere ogni attività motoria fonte di sicuro disturbo
all’attenzione. Dopo queste prime fasi di lavoro si potrà passare al clapping sulle sillabe,
recitando sempre con convincimento la propria parte. E quando tutto ciò sarà risolto, si
arriverà finalmente allo strumento prescelto, senza abbandonare il testo guida, conservandolo
anzi nella forma labiale ben accentuata (effetto pesce).
Prima di tutto disporre gli esecutori. La disposizione di un grande organico, che sia una classe
di 20 alunni o un ensemble didattico di 200 esecutori, dipende da una serie di fattori anche
esterni, o soprattutto esterni, che indubbiamente potranno condizionare in un senso o
nell’altro il risultato del nostro lavoro.
La natura stessa dell’organico e le nostre reali capacità direttoriali dovrebbero saperci
1
Cfr. i brani dell'autore inclusi nella raccolta GiroGiroCanto. Raccolta di brani coali per bambini e ragazzi, Udine,
Feniarco – Pizzicato, 2002
2
Cfr. PIETRO ROSATI, Sette canoni per fare musica insieme, Roma, Erreffe, 2007
3
ispirare repertori adatti, set adeguati, linguaggi e scritture funzionali. Ma anche la scelta del
luogo e i relativi problemi di acustica ambientale - legati essenzialmente al fenomeno della
riflessione sonora - dovrebbero essere ben ponderati e comunque non sempre subiti o lasciati
al caso.
Naturalmente, le scuole spesso ci offrono spazi non pensati per il suono: palestre, corridoi,
androni, cortili ecc. (anche se c’è da dire che negli edifici scolastici di nuova generazione si
trovano a volte auditori o cavee per i saggi scolastici; forse tiepido segnale di una rinnovata
sensibilità nei confronti delle discipline artistiche?). Nel caso specifico, il grande organico di
percussioni dovrebbe essere pensato, come l’orchestra, per famiglie e colori, tessiture e volumi:
metalli, legni, membrane, plastiche, crepitacoli ecc. Sarà dunque compito del conduttore
disporre e dar giusto peso alle varie famiglie di strumenti, ricordandosi di dare a tutti gli
esecutori la possibilità di vedere e udire con chiarezza i propri segnali. A tale proposito sarà
bene ricordare che un direttore di ensemble di percussioni dovrebbe essere egli stesso un
esecutore: sappiamo tenere in mano un battente, uno djembè, avere davanti a noi un piccolo
set di strumenti e, insieme, guidare?
Al contrario di un’orchestra di percussioni per così dire statica, l’ensemble di tipo
coreografico o processionale si deve munire di percussioni più leggere e maneggevoli, in grado
cioè di far muovere agevolmente gli esecutori, farli camminare, correre, saltare, voltarsi,
spostare interi gruppi di percussionisti/danzatori/attori. In questo caso gli strumenti
dovranno essere claves, bastoni, bottiglie di plastica, tamburini, pendagli sonori appesi al
corpo, pettorali o schienali o gambali di cartone o di plastica fissati con cordicelle o con nastri
adesivi per una body-percussion più colorata e gioiosa.
Dialogo Ritmico I
Pietro Rosati
2012
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testo:
Il brano viene dapprima recitato (lettura ritmica) aiutandosi con una gestualità appropriata
ma sempre ampia ed evidente (come gli attori del cinema muto).
Dopo aver memorizzato testo e articolazione ritmica si può passare all'esecuzione musicale
continuando a ripetersi mentalmente le frasi ma con labiale ben accentuato (effetto pesce).