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del pianoforte
Metodologia dell’insegnamento Strumentale
di Oriana Celesti
1
Indice
Introduzione
Bartok - Il Mikrokosmos
Bastien - Metodo per lo studio del pianoforte
Beyer - Scuola preparatoria del pianoforte op. 101
Metodo Russo
Brugnoli - Dinamica pianistica
Cesi - Metodo per lo studio del pianoforte
Clementi - Il metodo completo per pianoforte
Cortot - I principi razionali della tecnica pianistica
Czerny - Metodo per pianoforte
Dalcroze - Il metodo
Emonts - Metodo Europeo per pianoforte
Hall - Piano Time
Lebert & Stark - Metodo per pianoforte
Mugellini - Metodo d'esercizi tecnici per pianoforte
Rossomandi - Antologia pianistica
Rossomandi - Guida tecnica per lo studio del pianoforte
Ruocco & Ghezzi - Metodo per pianoforte
Montanari Dardi - Mani sull’avorio
Suzuki - Il metodo
Thompson - Easiest Piano Course
Trombone - Il primo libro per lo studio del pianoforte
Yamaha - Il metodo
Conclusione
2
Introduzione
3
Nella storia del pianoforte ci sono stati moltissimi grandi didatti che
hanno scritto importanti metodi. In questa mia tesi ne analizzerò alcuni tra i
più celebrati, omettendone però degli altri ad esmpio i metodi di Adam,
Zinnermann, Marmontel, Fétis con Moscheles, Kohler, Breithaupt,
sono stati visionati o comunque sono state raccolte delle informazioni al
riguardo: si tratta però di metodi in alcuni casi molto specifici, oppure
eccessivamente datati, nel senso che oggi si può giudicarli difficilmente
applicabili. I metodi di Leimer/Gieseking, di Casella, di Sandor, di
Neuhaus più che dei metodi sono dei trattati, nel senso che in essi non
troviamo praticamente degli esercizi o degli studi progressivi da suonare,
ma delle analisi sui vari aspetti che concernono l'esecuzione e
l'interpretazione pianistica. A metà strada si trova il lavoro sui princìpi
della tecnica pianistica di Cortot, nel quale vengono sviscerati i problemi
tecnici inerenti l'esecuzione pianistica, in un senso progressivo e con il fine
dello studio giornaliero. Il suo è un trattato/metodo/studio: un'opera, non a
caso, unica e dall'alto valore didattico-musicale.
In questa carrellata, oltre ai metodi di tipo 'classico', ho cercato di
considerare anche quelli più originali, tra cui Metodo Russso, il
"Mikrokosmos" di Bartok e alcuni dei metodi più recenti, ma interessanti: è
il caso del metodo Yamaha e di quelli di Bastien, Thompson, Emonts,
Hall, Ruocco e Ghezzi. Ho voluto poi aggiungere dei metodi
d'insegnamento della musica che riguardano anche il pianoforte: i metodi
Dalcroze e Suzuki.
La speranza è di aver fornito una sufficiente analisi su alcuni
fondamentali metodi d'insegnamento del pianoforte e di aver stimolato
l'interesse e la curiosità per l'argomento.
4
Il "Mikrokosmos" di Béla Bartòk
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L'incentivo alla composizione dell'opera fu il desiderio di creare un
ciclo didattico, con un valore pedagogico. Inoltre Bartòk fu spinto anche
dall'esigenza di insegnare il pianoforte al proprio figliolo. L'autore
dichiarò: "Iprimi quattro volumi di questo ciclo di brani pianistici sono
stati composti con l'intenzione di offrire ai principianti uno strumento di
lavoro che comprenda nei limiti del possibile tutti i problemi che il futuro
pianista incontra al suo debutto. Iprimi tre volumi sono destinati al primo
oppure ai primi due anni di pianoforte... Infondo a questi quattro volumi si
trovano degli esercizi ... raccomandiamo di affrontarli prima dello studio
dei pezzi. E' necessario aggiungere che gli esercizi più comuni (esercizi
ordinari per le cinque dita, passaggio del pollice, arpeggi, ecc.) non sono
contemplati in questa pubblicazione contrariamente ai metodi abituali.
Pezzi ed esercizi sono raggruppati per ordine progressivo secondo la loro
difficoltà tecnica o musicale. Le indicazioni di metronomo, soprattutto nei
primi tre volumi, non devono essere osservate che in modo approssimativo.
I pezzi iniziali posso essere suonati più lenti o più veloci. Nel quinto e nel
sesto volume in particolare le indicazioni di tempo devono essere
strettamente osservate". Al di là delle indicazioni di prefazione, è ogni
singolo brano a racchiudere in sé i presupposti dell'educazione creativa
proprio nel suo essere regola grammaticale e di coordinazione linguistica,
l'opera insomma "esemplifica la filosofia della teoria attraverso la pratica".
II suo inestimabile valore sta infatti nell'introdurre gradualmente a tutti gli
aspetti della teoria poiché è un tesoro inesauribile che contiene nello spazio
ristretto di un 'microcosmo' tutti i caratteri dell'opera di Bartòk nonché
tutti i problemi della musica contemporanea: la soluzione tecnica dei
problemi esposti corrisponde alla soluzione di quelli musicali e dunque alla
loro acquisizione da parte dell'allievo. Oltre a costituire un importantissimo
primo contatto con la musica moderna, la raccolta tende a sviluppare fin
dall'inizio l'indipendenza fra le due mani e il ritmo. L'autore consiglia di
non usare solo il suo metodo, ma di affiancarlo ad esercizi provenienti dalla
tradizione occidentale. L'opera è basata sulla matura concezione del
'folklore inventato', al contrario della raccolta "Per i bambini": in esso i
temi sono dell'autore, ma dappertutto sono evidenti gli elementi
grammaticali dell'est europeo. Vi sono pezzi con una parte aggiunta per un
secondo pianoforte, oltre a pezzi doppiabili all'ottava superiore e questo
per sollecitare la pratica educativa dell'esecuzione in coppia.
6
Il "Mikrokosmos", più che un metodo, è un tesoro di musica
straordinaria e unica, che solo la mente di Béla Bartòk poteva concepire. In
esso vi troviamo tutto. L'allievo che avrà la costanza e le capacità per
studiarlo ne riceverà degli enormi benefici, sviluppando una cultura
musicale e un approccio alla musica originale e multiforme. Anche la sua
tecnica pianistica diventerà solida, forte, disponibile alle novità e aperta ai
più diversi tipi di scrittura musicale.
7
Il "Metodo per lo studio del pianoforte" di James Bastien
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La "Scuola preparatoria del pianoforte", op. 101, di Ferdinand Beyer
9
man mano nei numeri seguenti. Solamente dal numero sessant'uno la
chiave di basso trova spazio in modo definitivo.
I numeri sessantatre e sessantaquattro sono in Sol maggiore con
accompagnamento per il maestro. Prima del numero sessantacinque
vengono spiegati il passaggio del pollice e la scala di Do maggiore. I brani
dal sessantacinque al sessantasette sono in Do e presentano le 'doppie
note', con intervalli armonici di terza e sesta. Dal sessant'otto si passa alla
scala di Sol maggiore con l'indicazione del Fa# in chiave: il settantaquattro
è un bel brano in Sol con l'introduzione delle terzine di crome. Quindi si
arriva alla scala di Re maggiore e a un solo esercizio in questa nuova
tonalità. Si ritorna poi a tre brani in Sol e Do. Vengono presentate le scale
di La e Mi maggiore con dei brani relativi. I successivi brani fino al
novanta spaziano attraverso le tonalità di Do e Sol, proponendo esercizi per
l'agilità, per le successioni di terze, sulla diversa durata dei suoni. Si arriva
alla scala di La minore, ma solamente melodica, con un relativo esercizio.
Finalmente si trova la scala di Fa maggiore, con alcuni brani carini in
questa tonalità. L'ultima scala maggiore a venire proposta è quella di Si
bemolle, con un solo brano per applicarla. Gli ultimi pezzi del metodo sono
tutti in Do e Fa maggiore, con un leggero intensificarsi delle difficoltà, con
la comparsa dell'acciaccatura, della semiminima con due punti, della croma
puntata in 3/8. Dopo una pagina dedicata alla scala cromatica, troviamo gli
ultimi due brani basati su figure di crome e semicrome e molti passaggi
cromatici.
È interessante l'Appendice, dove vi sono molti esercizi per le due
mani, prima separate e poi unite, che affrontano varie figure ritmiche e
melodiche e diverse diteggiature, arrivando anche alle doppie terze. Alla
fine ci sono due pagine dedicate a tutte le scale maggiori e relative minori
armoniche.
Il metodo di Beyer è senza dubbio un metodo valido e il suo grande
successo nella storia della didattica pianistica ne è la conferma. Oggi, però,
con la notevole varietà d'opere a disposizione, esso appare datato e
insufficiente. È necessario affiancargli altri testi per approfondimenti
ulteriori e per una maggiore varietà. Soprattutto la conoscenza della chiave
di basso e la lettura per la mano sinistra devono essere incentivate con altre
opere e altri strumenti didattici.
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Metodo Russo
Il Metodo russo per pianoforte, realizzato da una equipe di noti insegnanti, pianisti e
compositori sovietici fu pubblicato a Mosca nel 1969. Esso è il metodo per lo studio
del pianoforte diffuso ufficialmente nelle scuole primarie di musica dell'Unione
Sovietica.
Gli insegnanti che lo esamineranno coglieranno facilmente le caratteristiche
dell'impianto metodologico e l'attenzione che vi è riservata alla gradualità dei
processi didattici.
Gli esercizi e gli studi destinati alla tecnica manuale si intrecciano con le nozioni
della teoria musicale, e si realizzano nei brani proposti per l'esecuzione degli allievi,
da soli o con la partecipazione dell'insegnante.
Lo scopo dichiarato dell'opera non è di fornire una robusta tecnica, a scapito della
formazione e dello sviluppo delle componenti più propriamente musicali; assai presto
difatti, fin dai brani che rientrano nell'ambito delle cinque dita , si affrontano i
problemi del tocco, del fraseggio, dell'espressione. La caratteristica di fondo o, se si
vuole, la novità -per noi- di questo "Metodo russo per pianoforte" consiste nel
privilegiare l'acquisizione del gusto musicale, la formazione del senso artistico. I
brani "dilettevoli" -tratti da motivi popolari o di autori, del passato e di oggi- sono in
numero notevolmente superiore a quello degli esercizi e degli studi, ma non bisogna
dimenticare che tali brani sono essi stessi occasione e stimolo concreti allo sviluppo
di aspetti specifici della tecnica manuale. L'attenzione che si presterà alle avvertenze
date dagli autori, sia nei Criteri metodologici ed editoriali e nei Suggerimenti didattici
dell'Introduzione, sia nelle brevi note che precedono o seguono singoli brani
dell'opera, consentiranno di conseguire, nel tempo dedicato allo studio (che gli autori
ritengono di individuare nel primo anno, o poco più, di "corso") una formazione
pianistica o musicale strettamente integrate.
11
La "Dinamica pianistica" di Attilio Brugnoli
15
12
Nel quinto capitolo ritorna ad aspetti generali e analizza l'anatomia del
corpo umano: lo scheletro e i muscoli, gli aspetti nervosi e i movimenti che
si possono imprimere agli arti toracici.
Nel sesto capitolo parla dei muscoli interessati al movimento delle
braccia e delle mani e il loro rapporto con la dinamica, l'agilità, la velocità.
Approfondisce poi aspetti inerenti l'indipendenza, la volontà, il rapporto tra
agilità e intelligente allenamento, l'agilità contrattile, le funzioni muscolari
in rapporto alla memoria.
Nel settimo capitolo spiega come l'intensità sonora sia dipendente
alle varie cause che possono produrla. Quindi azione muscolare, peso,
inerzia, immobilità; inerzia e agilità; azione alternativa d'attività e riposo
muscolare; l'azione del peso considerata in rapporto ai vari elementi
costituenti il braccio e alla velocità con cui il peso si fa agire sulla tastiera;
il rilassamento muscolare; il suono naturale; l'impiego razionale
dell'energia; inerzia e uguaglianza; conseguenze degli sforzi muscolari.
Nell'ottavo capitolo approfondisce aspetti di tipo psicologico e di
sensibilità connessi all'esecuzione; cosa significa "capire la musica"; la
sensibilità tattile, muscolare e articolare; gli automatismi; la sensibilità e
l'arte. A questo proposito Brugnoli dice: "La grandezza di un artista è in
rapporto diretto alla sua sensibilità; gli esseri poco sensibili rinunzino
quindi a studiare musica”!
Nel nono capitolo egli insiste ancora su aspetti fisiologici in relazioni
all'atto del suonare: statica del braccio e della mano; contrazioni muscolari;
come si scompone l'azione del peso del braccio; equilibrio della mano sulla
tastiera e rendimento delle varie dita.
Nel decimo capitolo ancora la funzione istintiva e normale della
mano; l'analisi del gesto prensile; la flessione articolare; dove si
manifestano le resistenze da vincere per suonare il pianoforte; l'importanza
e l'influenza del peso sul piano in rapporto alla direzione in cui lo si fa
agire; scomposizione e composizione delle forze; come il perfetto
funzionamento muscolare influisca sul suono; la posizione naturale della
mano sulla tastiera; rapporto fra l'azione prensile e l'intelligenza; come
debbano essere concepiti gli esercizi tecnici, intesi come "cura fisica che
mira a sviluppare o a creare qualità essenziali e di carattere generale".
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Nell'undicesimo capitolo passa in rassegna il timbro, l'altezza e
l'intensità dei suoni; il tocco; la bellezza del suono; corrispondenza tra
fenomeno meccanico e fonico; differenze tra mano magra e grassa;
influenza dell'azione del peso; differenze strutturali tra il braccio dell'uomo
e della donna; azione delle dita combinata con quella del braccio; il suonar
piano che richiede maggiore attività muscolare che il suonar forte; suoni
staccati e legati; gli accenti; l'artificio nell'arte; in arte tutto è relatività,
proporzioni, armonia.
Nel dodicesimo capitolo inizia con delle osservazioni preliminari
circa le azioni muscolari dell'allievo principiante; con degli esercizi per il
rilassamento del braccio nel suo insieme; con la pratica della 'caduta' ed
esercizi specifici con note singole, terze, salti, ecc.; mostra i movimenti del
polso e della mano; indica l'importanza degli esercizi a note tenute.
Nel tredicesimo capitolo parla del suono legato, del portamento,
dell'influenza del pedale destro sul suono legato, del quarto dito,
dell'uguaglianza e come ottenerla, dell'inutilità di estendere le dita per
lasciare i tasti; scrive poi degli esercizi per la dissociazione tra muscoli
flessori ed estensori; esercizi su due, tre, quattro suoni consecutivi in tutte
le combinazioni; il moto divergente e parallelo; esercizi su cinque suoni;
combinazioni per l'azione indipendente delle due mani; l'importanza delle
azioni lente per il controllo delle azioni muscolari; l'opportunità di
immaginare raggruppamenti di note per poterle eseguire con sicurezza;
l'influenza di simili discipline sulla memoria.
Nel quattordicesimo capitolo parla del tempo e del ritmo e dei
rapporti tra la musica e la matematica; dell'orecchio in rapporto alle leggi
dell'acustica; dei valori e delle figurazioni musicali; della notazione dei
greci e di quella mensurale; dell'origine del battere il tempo e delle misure;
del metronomo; del tempo 'rubato'; del ritmo e degli accenti.
Nel quindicesimo capitolo scrive degli esercizi per il moto
alternativo degli avambracci, combinato con l'azione delle dita sulla
tastiera, a gruppi di due, tre o quattro suoni. Alterazioni ritmiche di uno
stesso disegno musicale; esercizi per i contrasti ritmici.
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Nel diciassettesimo capitolo affronta i movimenti di rotazione, la
loro origine funzionale e quale uso ne fecero i pianisti del passato; la
rotazione volontaria e involontaria; riferimenti ai lavori di Matthay,
Breithaupt, Mugellini; il trillo, sua origine ed essenza con esercizi; gli
abbellimenti e la loro esecuzione; il tremolo; i trilli a mani alternate, in note
semplici e doppie.
Nel diciottesimo capitolo approfondisce l'uso del pollice
nell'esecuzione delle scale; esercizi per l'allenamento dei flessori del
pollice; movimenti circolari del polso ed esercizi per svilupparli;
allenamento all'esecuzione delle scale simmetriche; esercizi vari sulle scale
e considerazioni sulle diteggiature; applicazione alle scale di vari
raggruppamenti ritmici; scale in ritmi misti e per moto irregolare; scala
cromatica; scale nelle modalità greche; scale cinesi; scale nei modi
ecclesiastici e plagali; tecnicismo degli arpeggi lunghi in tutte le
combinazioni.
Nel capitolo diciannovesimo parla di quanto e perché sia necessaria
la varietà di tocco nella polifonia; di come essa nacque e quale importanza
essa abbia; la polifonia in Frescobaldi, Bach; esame di una sua invenzione a
tre voci; esercizi per la polifonia; esercizi polifonici sugli accordi di tre e
quattro suoni; poi su cinque suoni; sulle doppie terze; esercizi a tre parti per
ciascuna mano, su quattro suoni; esercizi a cinque parti, su cinque suoni;
contrasti ritmici fra due parti eseguite dalla stessa mano; esercizi per lo
scavalcamento delle dita; scale legate da eseguire con un solo dito; scale in
doppie terze, doppie seste e doppie ottave; scale cromatiche in doppie note
(in tutti gli intervalli); trillo in doppie note e in ottave; l'uso e la segnatura
del pedale.
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Nelle note finali, Brugnoli raccomanda di mirare alla qualità del
lavoro e non alla quantità: la prima è questione di mezzi, la seconda
riguarda soltanto il tempo. "Chi riesce a suonare bene un pezzo è in
condizione di suonare bene qualunque numero di pezzi, perché riuscendo
ad eseguirne uno ha implicitamente conquistata la possibilità di eseguirne
quanti ne vuole". Conclude dicendo: "L'arte musicale è godimento sublime
per chi ascolta e godimento ma, al tempo stesso, tormento perenne per chi
la produce".
35
"Metodo per lo studio del pianoforte" di B. Cesi
36
Il "Metodo completo del Piano-Forte" di Clementi
37
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Va osservato che fin dal primo brano s'inizia a suonare con tutte e
due le mani, con le due chiavi e che i pezzi sono abbastanza impegnativi,
per un principiante.
Dopo la lezione 53 c'è una sezione dedicata agli esercizi: note
ribattute, per terze, terzine, semicrome, arpeggi, terze e seste.
Troviamo poi una pagina dedicata a tutte le sette chiavi e alla loro
scrittura sul pentagramma.
Da questo punto del metodo Clementi propone dapprima cinque suoi
preludi in Do maggiore e poi delle variazioni sul tema "Dio salvi la
regina", quindi un’”Aria" e la "Marcia funebre" di Haendel. Poi presenta lo
"Studio giornaliero del pianoforte", con le scale in tutti i toni maggiori e
minori. Si tratta di vari esercizi scritti da Clementi stesso partendo dalle
diverse scale. Poi riprende con brani, intervallati da esercizi, suoi e di altri
autori basati sulle scale di Do magg. e Do min. Troviamo pezzi di Corelli,
Haendel, Mozart, Couperin, Scarlatti, Bach, Dussek, Pleyel, Haydn che
spaziano tra le varie tonalità, similmente a quanto proposto nella sezione
precedente del metodo. Clementi propone, tra i vari brani, scale ed esercizi
nelle varie tonalità, arrivando a brani di una certa difficoltà e rilevanza
pianistica. Arriva a 'toccare' tutte le tonalità, anche le meno frequentate: Si
magg. e Sol# min., Fa# magg. e Mib min.
44
Concludendo, si tratta sicuramente di un metodo completo e
abbastanza impegnativo per il pianista principiante, che si trova a dover
affrontare certe difficoltà fin dai primi brani, quindi con poca
'preparazione'. Ma forse era questo il modo d'imparare il pianoforte ai
tempi dell'autore, quando l'impegno dello studente e la sua dedizione allo
studio erano sicuramente superiori rispetto ai giorni nostri.
45
I "Princìpi razionali della tecnica pianistica" di Cortot
46
Ciascun capitolo è suddiviso in tre serie: A, B, C, che vanno studiate
in tempi diversi e consequenziali. Ogni serie è suddivisa in paragrafi che
affrontano le varie difficoltà. Ogni esercizio di ciascun paragrafo va
suonato ogni giorno in una diversa tonalità (maggiore e minore). Al
termine di un primo periodo in cui si devono suonare tutti gli esercizi in
ordine, si può mescolare lo studio delle difficoltà, sia concatenando
quotidianamente le serie contenute in ciascun capitolo, sia spezzandone la
regolare successione. Al termine di quest'altro periodo, l'allievo, con
l'aiuto dell'insegnante, può annotare alla fine d'ogni capitolo degli altri
esercizi per approfondire e sviluppare particolari aspetti o problemi
riscontrati nello studio.
47
Il "Metodo per pianoforte" di Czerny
48
Il "Metodo per pianoforte" di Lebert & Stark
49
Il "Metodo Jacques-Dalcroze"
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Con i bambini o con gli adulti principianti questi tre aspetti del lavoro
vengono integrati in singole classi nelle quali gli allievi utilizzano il
movimento, la voce e gli strumenti in una varietà di attività che coinvolge
l'ascolto, la capacità elaborativa e inventiva.
Gli obiettivi educativi sono molteplici: trovare il piacere di esprimersi
con il corpo in sintonia con la musica; sviluppare l'orecchio e acquisire una
comprensione musicale globale e profonda; sviluppare la consapevolezza
corporea (coordinazione, reazione, dosaggio dell'energia, equilibrio, uso
del peso ecc.); sviluppare la personalità nella sua interezza (sfera cognitiva,
affettiva, psico-motoria); e-ducare le capacità creative ed artistiche;
collaborare e adeguarsi al gruppo, nel rispetto di sé e degli altri.
58
Il "Metodo Europeo per Pianoforte" di F. Emonts
59
Il secondo volume offre un approfondimento sul piano tecnico e
musicale. Inizia con alcuni brani per approfondire gli aspetti del fraseggio e
dell'articolazione. Dopodiché si passa allo studio delle scale maggiori e
quindi allo studio del passaggio del pollice, alle scale minori armoniche e
melodiche. A questo punto si apre un'importante parte del metodo dedicata
alle tonalità maggiori e relative minori, con aggiunte le rispettive cadenze
IV-V-I (riprendendo, forse, l'idea presente nell'Hanon). Ogni sezione è
accompagnata da composizioni tratte dal repertorio dei paesi dell'Europa:
Paesi Bassi, Italia, Grecia, Inghilterra, Ungheria, Germania, Svezia,
Spagna, Russia, Francia, Estonia e in più gli Stati Uniti (con il blues).
Troviamo, dalla pagina 54, degli esercizi per la velocit à e
l'uguaglianza e dei pezzi di vari compositori che sviluppano dei problemi
tecnici.
Un capitolo viene dedicato al pedale di risonanza, con varie
indicazioni sul suo uso. A pagina 70 è spiegato il termine "cantabile", con
la "Piccola canzone" di Schumann. Da pagina 76 ritornano esercizi per la
velocità e uguaglianza, con pezzi di Czerny, Kuhlau, Bertini, Bach e altri
importanti autori. Il secondo volume si chiude con degli esempi di
accompagnamenti per canzoni e danza, con le cadenze e gli accordi
costruiti sulla scala maggiore e minore, su come accompagnare una
canzone con due o tre accordi, con una danza con armonie cadenzanti.
Il terzo libro si propone, più che come metodo per pianoforte in
senso tradizionale, come raccolta di materiale e stimolo per le lezioni di
livello avanzato, per degli allievi ormai cresciuti e abbastanza esperti. Fritz
Emonts ha individuato alcuni brani del vasto repertorio per pianoforte e li
ha ordinati secondo precisi criteri metodologici. Aspetti tecnici come terze,
seste vanno di pari passo con tematiche musicali come il tocco espressivo,
la consapevolezza ritmica, l'uso del pedale. Questi due processi di sviluppo
interagiscono costantemente: il lavoro tecnico deve procedere di pari passo
con lo sviluppo delle capacità espressive. Troviamo quindi molte
composizioni dei grandi della musica affiancate a motivi dei vari paesi
europei che contengono e affrontano varie difficoltà tecniche.
60
Ci sono anche studi ritmici, con pezzi che usano cambi di tempo, misure
irregolari e tempi composti. Si arriva addirittura a pezzi moderni con autori
come Lutoslawski. Il libro si conclude con moltissime composizioni di
varia difficoltà e diverso periodo storico. Il capitolo finale s'intitola: "Pezzi
da concerto di tre secoli diversi".
Molto utile, interessante e stimolante è l'Appendice, dedicata a
suggerimenti per l'improvvisazione: su un basso ostinato, in forma di
ciaccona, con ritmo asimmetrico. Vengono presentate poi diverse soluzioni
di accompagnamento usando gli accordi, per imparare le loro funzioni. Ci
sono anche brani dove bisogna completare la melodia e sui quali si può
improvvisare. Troviamo le cadenze attraverso le dominanti secondarie e gli
accordi di settima, nelle diverse specie. Si conclude con l'introduzione
all'armonia jazz e con un paio di famosi 'standard': "Autumn leaves" e Tea
for two ".
61
"Piano Time" di Pauline Hall
62
Il "Metodo d'esercizi tecnici per pianoforte" di Bruno Mugellini
63
Il quarto libro è diviso anch'esso in tre parti. La prima presenta esercizi
per le note doppie legate e staccate, le scale di doppie terze, per moto
retto, in tutte le tonalità. La seconda parte i trilli di doppie note; le scale,
in doppie terze, per moto contrario; esercizi di quarte legate; la scala
cromatica per doppie note. La terza parte le scale di doppie note a mani
alternate; esercizi vari legati e staccati; esercizi di scivolamento; le scale
maggiori in doppie terze.
Il quinto libro, nella prima parte affronta le seste legate e le scale di
doppie seste per moto retto in tutte le tonalità; le scale cromatiche in moto
retto e contrario per doppie seste maggiori e minori. Nella seconda parte
esercizi per le ottave staccate e legate, con le relative scale; scale
cromatiche per ottave; ottave interrotte; ottave disgiunte; doppie seste a
mani alternate. Nella terza parte si affrontano gli accordi: doppie note a
accordi con note da rilevarsi; scale per accordi di terza e sesta; scale per
ottave con terza; ottave framezzate da accordi; ottave e accordi a mani
alternate; scale in doppie note scivolate; arpeggi per ottave. Il sesto volume
affronta varie problematiche nella prima parte: esercizi con mano ferma,
con vario accento e ritmo; scale con vario tocco e colorito; arpeggi con
diversità di tocco; scivolamento delle dita; accavallamento delle dita;
sostituzione delle dita; contrasto di ritmi; esercizi polifonici facili a
mani unite. Nella seconda parte le doppie note con un suono da porsi in
rilievo; doppie note di valore diverso; esercizi polifonici uguali per ambo
le mani con 'fraseggiature'; esercizi con contrasto d'accento e di ritmo
fra le due mani; arpeggi disposti a due voci in vario modo; passaggi in
forma di progressione tratti dalle opere di J. S. Bach. Il settimo volume
affronta il tema del legato-cantabile e dell'uso del pedale. Ecco che
troviamo vari esercizi per la mano destra sola, sinistra sola, sull'uso del
pedale con vari esempi e consigli. Finisce con alcuni brani di autori
celebri pedalizzati.
L'ultimo volume è dedicato ad esercizi di perfezionamento ed è una
sorta di riepilogo. Troviamo esercizi per acquistare una maggiore
estensione ed elasticità della mano; il perfezionamento delle scale; le scale
cromatiche; i salti; le note doppie scivolate; le note ribattute; il contrasto di
ritmi; esercizi in forma di preludi.
65
La "Guida per lo studio tecnico del pianoforte" di F. Rossomandi
66
Il "Metodo per pianoforte" di Ruggero Ruocco ed Emilio Ghezzi
67
Il "Metodo Suzuki"
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Inoltre, attraverso l'inserimento nei gruppi di ritmica prima e
d'orchestra poi, il bambino (con i suoi genitori) si potr à confrontare
costantemente con i suoi compagni, imparando a capire in modo concreto il
proprio ruolo all'interno di un gruppo, il proprio stile particolarissimo, la
propria capacità di stare e di fare con gli altri senza rinunciare ad essere,
come direbbe Suzuki, "profondamente se stesso". Elevato obiettivo questo,
ma come dicono gli orientali: "Bisogna mirare alla luna per colpire
l'aquila".
In queste poche e significative parole ritroviamo tutto lo spirito delle
scuole Suzuki: massimo impegno di tutti (allievi, genitori, insegnanti) per
perseguire i livelli di studio e preparazione e l'ingresso nell'orchestra, che è
la grande ambizione di tutti i bambini.
83
"Easiest Piano Course" di John Thompson
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Dal quinto volume si ha un cambiamento: il libro non è più in
formato orizzontale come i precedenti, ma in formato verticale. Esso inizia
con una breve spiegazione delle semicrome e un relativo brano. Vengono
presentati i tagli addizionali delle note estreme, verso il grave e verso
l'acuto, ma solo fino a tre linee addizionali. Viene poi mostrata
l'acciaccatura e lo studio del pedale di risonanza. Vi sono vari brani per
93
affrontare i vari usi del pedale. Le semicrome vengono presentate in brani
con diverso tempo: 4/4, 3/4, 2/4, 6/8. Gli studi successivi affrontano invece
il problema del passaggio del pollice, dopo il secondo e il terzo dito. I brani
seguenti, quasi tutti originali tranne qualche adattamento di composizioni
d'altri autori, sviluppano in maniera graduale e progressiva le varie
difficoltà, arrivando a un livello discreto, che potrebbe coincidere con un
secondo anno di pianoforte classico.
Anche i seguenti volumi continuano sulla stessa strada, presentando
brani di diverso genere e carattere, in vari tempi e tonalità. Troviamo anche
brani adattati da Chopin, Thomè, Rimsky-Korsakoff e molti altri.
In generale, si tratta senza dubbio di un buon metodo,
sufficientemente articolato. Forse non approfondisce particolarmente alcuni
aspetti (scale minori, arpeggi, esercizi, ecc.) e i brani proposti hanno spesso
la mano sinistra usata a sostegno della destra, ma questo è un problema
generale dei metodi moderni, che cercano di portare nel più breve tempo
possibile lo studente a poter suonare. Il rischio è però quello di non
potenziare a sufficienza la mano sinistra e non sfruttare appieno tutte le
risorse possibili.
94
"Il primo libro per lo studio del pianoforte" di Antonio Trombone
95
Il "Metodo Yamaha"
96
In sintesi, lo schema è il seguente:
ASCOLTARE » CANTARE » SUONARE » LEGGERE
Il metodo tradizionale fa esattamente il contrario: si comincia dalla lettura
delle note e poi si passa a suonare, con la conseguenza di scoraggiare la
maggior parte degli allievi.
Il corso è articolato in sei volumi, ciascuno corrispondente ad un
livello progressivo. Ogni volume è suddiviso in unità e le materie di
ciascuna di esse sono le seguenti:
1. Brani di repertorio di difficoltà progressiva
2. Esercizi tecnici per l'agilità delle dita.
3. Esercizi per imparare ad armonizzare ed arrangiare melodie di vario tipo.
4. Esercizi per la musica d'insieme.
Ogni brano è dotato di base musicale su dischetto. Oltre a imparare un
notevole numero di brani di repertorio, l'allievo impara anche ad
armonizzare le melodie in svariate tonalità e ad arrangiarle con stili diversi
di accompagnamento. Il corso propone una formazione musicale completa,
in grado di abbracciare tutti i generi musicali, dalla musica classica a quella
popolare, al jazz, al rock.
Il corso ha una durata media di quattro anni, dal primo passaggio al
completamento di ogni volume, con il rilascio di certificati di studio con
validità internazionale. E' stato progettato per rendere l'apprendimento non
solo facile ed immediato, ma anche divertente. Si impara in modo naturale,
soprattutto sviluppando prima l'orecchio musicale e affrontando man mano
vari brani di difficoltà progressiva. Questi ultimi sono stati concepiti non
soltanto per la loro validità, ma anche per l'attrattiva che esercitano su tutti.
Partecipando alla lezione con altre persone, c'è più motivazione e si trae
giovamento dall'ascolto reciproco. L'atmosfera è più simpatica ed è priva
di tensione. La musica favorisce la socialità. Si diventa tutti amici e si
impara a fare musica d'insieme, ed è questa un'esperienza di valore
straordinario. Fin dalla prima lezione, si impara a suonare il primo brano
musicale, con l'accompagnamento dell'insegnante e della base registrata
sul compact disc. I brani successivi sono molto attraenti e vari, studiati per
incontrare i gusti e le esigenze degli allievi nelle varie fasce d'età.
97
Conclusione
98
Discorso a parte merita il lavoro di Bartok, anche se molto è già stato
detto nel capitolo specifico. Più che un metodo è un cammino progressivo
attraverso le numerose difficoltà che un pianista è chiamato ad affrontare,
stimolando lo studio e la fantasia dello studente con un ricchezza di
contenuti e una freschezza compositiva davvero straordinarie.
Molto interessanti sono anche le due opere di Rossomandi, che
costituiscono insieme un imponente lavoro, degno dei più grandi didatti.
Dei metodi moderni, quello che forse merita un'attenzione particolare è
quello di Fritz Emonts: è un lavoro estremamente stimolante e vario, che
parte dai rudimenti per arrivare a dei brani belli e anche impegnativi;
inoltre è accompagnato da ricche spiegazioni e aperture a musiche diverse,
come il jazz. Questo è un aspetto da mettere in rilievo, in quanto manca a
molti metodi moderni.
Dal punto di vista meramente tecnico, molte sarebbero le cose da
sottolineare. La più evidente è forse il cambiamento che si è avuto nel
corso del tempo al riguardo dell'inizio degli studi da parte di un
principiante. Nei metodi storici l'alunno veniva subissato di informazioni e
tenuto 'fermo' per molto tempo su aspetti come la lettura, il solfeggio, gli
esercizi; oggi si tende a farlo suonare subito, per non correre il rischio di
fargli 'odiare' la musica. Molti sono, infatti, coloro che hanno abbandonato
la musica per il troppo tempo passato a solfeggiare! Nei metodi moderni si
suona subito, anche con i pugni, sui tasti neri, con due note: tutto è utile per
prendere subito confidenza con la tastiera e partire senza esitazioni. Il
rischio è quello di trascurare aspetti importanti come, appunto, il solfeggio
e costruire castelli sulla sabbia: dipende dalle capacità del maestro riuscire
a insegnare anche le cose 'noiose', rendendole chiare e comprensibili.
Altro aspetto che può essere evidenziato è quello della differenza di
impostazione per i pezzi più facili. Nei metodi storici si iniziava, spesso,
dalla chiave di violino con tutt'e due le mani a distanza di ottava, oppure
con la sinistra in chiave di basso, ma sempre partendo con il mignolo dal
Do. Oggi la tendenza è invece quella di partire con la sinistra speculare alla
destra dal Do centrale, e quindi subito con la chiave di basso, per non
complicare le cose con il mignolo della sinistra, sempre 'indisciplinato' e
difficile da gestire nel primo periodo di studi.
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Quello che rimane in comune a tutti i metodi è la parte iniziale
dedicata alle principali nozioni di teoria musicale: le note, le chiavi, la
notazione, il tempo musicale, le alterazioni, ecc. Diverso è poi il modo di
mettere in pratica le cose e il 'come' far iniziare l'allievo. Un particolare
metodo preferisce insistere sull'aspetto ritmico, uno sul suonare subito
qualcosa, anche partendo dai tasti neri, un altro da esercizi su tre note,
oppure su cinque, e via dicendo. Tutti i metodi sono validi; la responsabilità
è dell'insegnante che deve valutare con attenzione l'allievo che ha davanti
e 'calibrare' il metodo in base alle esigenze. L'ideale è, quindi, adottare un
metodo come guida principale cercando quello che più si adatta al singolo
studente e nello stesso tempo allargare l'orizzonte 'pescando' da altri
metodi o altri testi che possono essere complementari a quello principale.
Probabilmente il metodo ideale non esiste: la soluzione si può quindi
trovare prendendo le cose che più interessano da vari testi, riunendole in
modo omogeneo, senza creare degli sbilanciamenti e senza concentrarsi
troppo su un aspetto a discapito di un altro. Ecco che la programmazione
personale per ciascun allievo può risultare uno strumento utile, se non
addirittura indispensabile, per tenere sempre sotto controllo la situazione,
calibrando le azioni dell'oggi in base agli obiettivi e ai risultati da
perseguire.
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