Dedico questo testo a tutti gli studenti con i quali ho avuto il
piacere di condividere la musica in tanti anni di didattica.
Oggi è talmente grande e vario il panorama dell’offerta editoriale ,che scrivere un ennesimo libro riguardante l’improvvisazione jazzistica, mi sembrava superfluo. Ma nel tentativo di rispondere ad alcune vostre esigenze che ho pensato di pubblicarlo ; altrimenti non avrei mai realizzato questa raccolta di linee riguardanti il linguaggio della tradizione. Dedico altresì questo libro agli appassionati di Jazz ,musicisti di tutte le età che a vari livelli suonano questa musica apprezzando lo swing,la pronuncia ,il blues feel e la bellezza delle melodie. La mia intenzione in origine consisteva nel coniugare ear training, perizia strumentale e interesse nel fraseggio, ho pertanto realizzato questa collezione prevalentemente in un ordine di idee diatonico: indipendentemente dalle griglie armoniche ,le linee contenute sono utilizzabili in una ampia serie di possibilità armoniche II V I , Turnarounds, Cicli diatonici ,accordi statici etc. Possono altresì essere praticate su strutture standard della Forma canzone, Blues, Rhythm changes. Naturalmente questo testo può essere considerato solo un integrazione alla pratica strumentale dell’improvvisatore, è innegabile che la parte più consistente del lavoro sia per tutti da svolgere sulle possibilità di sviluppo melodico provenienti dall’approfondimento delle strutture intervallistiche , scalari ed armoniche proposte dalle scale e soprattutto lo studio della ritmica. Tuttavia lo sviluppo e la storia del jazz ha dimostrato sempre una continuità nell’ambito dell ‘evoluzione del fraseggio. I grandi solisti che hanno modificato innovando il linguaggio, hanno studiato ed approfondito la musica a loro precedente e nell’ apportare cambiamenti ed innovazione , non hanno mai rinnegato la tradizione… Il limite di questo tipo di studio potrebbe essere ovviamente quello di utilizzare il materiale in maniera accademica, stereotipata e sistematica , senza un adeguato spirito critico e con la attitudine creativa del copia –incolla…, in questo senso la creatività ne uscirebbe mortificata. Sono ovviamente il primo a dissentire con questa idea, anche se talvolta , specie nelle fasi di formazione questo approccio possa risultare molto efficace. Osserviamo anche il concetto opposto , assolutamente estremo e radicale… In alcune scuole di jazz, si afferma che al fine di ottenere dei risultati estetici “personali” , il risultato migliore possa essere quello di evitare strade “personali a tutti i costi” bensì cercare un processo identificativo nell’ambito della tradizione stessa: quello che tu scegli ,e lo scegli perché lo ami, in qualche modo corrisponde a te. Ed in qualche modo stai cercando la tua voce ma nell’ ambito della ortodossia del linguaggio. In realtà, non me la sento di esprimere alcun tipo di valutazione, ritengo che siano tutte barriere dogmatiche in un senso o nell’altro. I musicisti non stanno a razionalizzare a proposito della provenienza delle idee musicali, piuttosto suonano quello che sentono, di qualsiasi origine sia… Le nostre sensazioni e valutazioni in genere riguardano non tanto il cosa, ma il feeling e l’intenzione adoperata dal solista! Credo sia esemplare la affermazione di Parker dell’imparare tutto poi , dimenticare e lasciare scorrere la musica fluidamente. Illuminante è , a questo proposito, il celebre “effortless mastery” di Kenny Werner che mi permetto di citare “ …Un annosa controversia vede la tecnica contrapposta alla creatività. Alcuni proclamano : Non voglio assimilare troppa tecnica, troppo linguaggio, altrimenti la mia creatività verrà compromessa…Altri temono di imparare troppo temendo di perdere il proprio feeling. Tali argomentazioni non reggono, come potrebbe un poeta o un drammaturgo, scrivere senza conoscere a fondo la lingua ? “ Nella stessa opera nel primo capitolo Werner ricorda il suo periodo di apprendistato presso il Berklee : “Alla maggior parte dei miei amici interessava apprendere il linguaggio del Jazz senza sacrificare l’individualità, ciò impediva ad alcuni di loro di ottenere risultati soddisfacenti.”