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STORIA ECONOMICA IN ITALIA

Disciplina che nasce durante la seconda metà del Settecento, legato allo sviluppo
economico. Il principale iniziatore fu Adam Smith con “La ricchezza delle Nazioni” (1776):
Adam Smith assegna uno spazio all'evoluzione storica dei temi che considerava nella sua
opera. Può essere considerato il fondatore della storia economica.

Ci occupiamo di un particolare percorso di studi. Qualcosa che non è presente da sempre


come ricorda De Rosa: “la storia economica era ben lontana dall'essere una disciplina
autonoma chiaramente codificata”. Non erano discipline comprese nelle facoltà di storia,
ma si insegnava solo negli istituti superiori di commercio che diventeranno facoltà di
economia e commercio.

Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, era stata riconosciuta solo a Harvard (1893) e a
Manchester (1910) come interesse storico. L'interesse storico nell'economia c'era ma non
era considerata una branca della storiografia. Storia ed economia rimangono unite in un
modo che si nota nell'Ottocento, periodo in cui appaiono al pubblico due teorici che
daranno vita ad alcune delle principali correnti economiche:
- Friedrich List (1789-1849)
Autore perseguitato che darà vita ad un filone di studi che porteranno alla
VerfassungsGeschichte (storia Costituzionale: univa la storia economica e sociale alla
storia)
- Karl Marx (1818-1883)
diede il via al materialismo storico e al marxismo. Storia come manifestazione della
lotta di classe.

Dopo i precursori ottocenteschi, la teoria economica si allontana dalla ricerca storica


(Novecento) perché gli economisti cercavano di indagare le leggi e i rapporti costanti
che consentano di intervenire sull'economia. Viceversa gli storici economici indagano
i fatti che appartengono al passato che non sono generalizzabili, anche per questo la
storia economica tarda a definirsi come disciplina autonoma. Si autoimpone come disciplina
per lo più nei Paesi Anglosassoni. L'Italia, al tempo, non era influenzata dal mondo
anglofono ma dalla Francia e dalla Germania.

Come ad esempio da Werner Sombart, in contatto con Max Weber: egli scrive "il
capitalismo moderno" che solo venti anni dopo trasportò in italia (1925) come “La genesi del
Capitalismo": All'uscita suscitò notevoli discussioni anche in Italia (anche Gioacchino Volpe
commenta). Secondo Sombart non è la struttura economica a produrre il capitalismo
(Marxismo) ma lo spirito capitalistico a generare le trasformazioni economiche

In Italia, la scuola economico giuridica si distingue nella ricerca di fonti, di dati e nella
spiegazione di istituzioni giuridiche ma fu "inadeguatamente economica".

In questo periodo vengono scritte delle riviste storico-economiche come nel 1917,
Corrado Barbagallo fonda la "Nuova Rivista Storica" che pubblica articoli di storia
economica, qui Gino Luzzatto pubblica due rassegne sull'economia, in cui prende in
esame tutto ciò che è stato scritto su un argomento e ne passa in rassegna e fa il
punto della situazione su quella tematica, in caso della storia queste sono Rassegne
storiografiche): Studi italiani di storia economica e Studi italiani e stranieri di storia
economica.

Nel 1922, la storia economica diventa cattedra universitaria, fino a quel momento solo
sintesi della storia del commercio, ma dopo qualche tempo divennero necessari nuovi
manuali, ad esempio Luzzatto scrisse "storia economica moderna".

Ma ci furono anche studi specifici


- Torino: Giuseppe Prato sull'Ottocento
- Firenze: Armando Sapori sul Tardo Medioevo Toscano
- Napoli: Corrado Barbagallo su industria contemporanea

Dal 1928 aumentò il numero di saggi anche per merito di autori più giovani:
- Luigi dal Pane (che si occupava dell'Ottocento),
- Amintore Fanfani (origini dello stato capitalistico, si era occupato anche del
medioevo)
- Roberto Sabatino Lopez (medioevo)

Nel 1929 nasce in Francia “Les Annales d'histoire économique et sociale", nel Regno
unito “Economic History review”: dibattito metodologico.
Nel 1930 “Comitato internazionale per la storia dei prezzi”

LUIGI EINAUDI
Anche gli italiani prendono parte alle riviste specializzate sulle storie economiche: Einaudi in
particolare fonderà la "Rivista di storia economica", interventi di tipo metodologico
sull'identità della disciplina, ma secondo lui la storia economica può essere fatta solo da
economisti perché allo storico manca il "senso economico", che secondo lui era
necessario per capire l'economia e i singoli problemi.

GINO LUZZATTO
Nel 1936 interviene Luzzatto (laureato in lettere e giurisprudenza) socialista e
antifascista (problemi col regime e in particolare anche dopo il 1938 poiche era ebreo,
quando abbandonò l'insegnamento). Continuò a dirigere la nuova rivista storica sotto
pseudonimo. Lo storico si pone quale sia la mentalità dei tempi su cui si focalizza, lo
storico economista perciò supera il semplice economista perché trova la mentalità,
egli privilegia lo studio di certi soggetti attivi.

Un dibattito era secondo lui prematuro perché il lavoro era ancora molto e la disciplina
era ancora agli inizi e non si era pronti a divisioni. In particolare le ricerche erano ancora
molte (inizialmente si studiava solo il medioevo), mancava il cinque, seicento (periodi bui
poiché l'italia iniziò ad essere sotto il giogo straniero).
Il dibattito non produsse dei cambiamenti né in una che nell'altra ideale. La rivista di
storia economica rimase dominata da Einaudi. E i contributi di Luzzatto rimasero nell'ombra.

Fanfani pubblica nel 1935 un mercante del trecento e nel 1941 Introduzione allo studio della
storia economica (sintomo della consapevolezza della disciplina storica economica)
Discussione con Barbagallo

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