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3_6 Gli anni Venti e la Crisi del ’29 e il New Deal

Gran Bretagna. Alle elezioni del 1918 vincono conservatori e liberali: David Lloyd George (1863-1945,
liberale), primo ministro dal 1916, rimane in carica fino al 1922. I conservatori resteranno al governo
fino al 1929, con una pausa liberal-laburista nel 1923.
Nel 1922, durante la Conferenza di Washington, il governo britannico firma con quello statunitense un
trattato che prevede una pari grandezza per la flotta britannica e americana: la Gran Bretagna non è più la
padrona incontrastata dei mari. In questo quadro assistiamo a una progressiva perdita dell’egemonia
economica e commerciale inglese su scala mondiale: già nel 1921 la produzione era calata del 55%
rispetto al 1913 e la disoccupazione tocca i 2 milioni e mezzo di lavoratori. Negli anni Venti e Trenta la
disoccupazione non scenderà mai sotto il 10%.
Nel 1925 viene ripristinato il Gold Standard (sistema monetario basato sulla piena convertibilità della
valuta in oro), nel tentativo di ridare lustro alla sterlina facendone di nuovo la moneta degli scambi
industriali. Ma la reintroduzione del Gold Standard fa aumentare il valore della sterlina, rendendo più
complicata l’esportazione delle merci e la riconquista dei mercati mondiali. Ne deriva una frenata della
produzione industriale in un contesto di numerose proteste dei lavoratori.
Negli anni 1919-1921 assistiamo a grandi lotte nel settore minerario, dei ferrovieri e dei trasporti, che
restano però circoscritte al piano sindacale; anche il grande sciopero generale del maggio del 1926 per
la nazionalizzazione delle miniere, con una mobilitazione lunga sette mesi e il coinvolgimento di 4
milioni di lavoratori, rimarrà isolato e, dunque, verrà sconfitto.
Francia. Nel novembre del 1919 i moderati guidati da Georges Clemenceau (1841-1929) vanno al governo.
Nel biennio 1919-1920 assistiamo a un’ondata di lotte, scioperi e rivendicazioni che portano
all’introduzione della giornata lavorativa a 8 ore (1919); nel 1920 il governo stronca la mobilitazione
dei ferrovieri che chiedono la nazionalizzazione delle ferrovie e, nel dicembre dello stesso anno, nasce il
Partito comunista francese da una scissione del Partito socialista.
Nelle elezioni del 1924 il cartello delle sinistre (radicali e socialisti) riesce a vincere, mantenendo il
potere soltanto due anni. Alle elezioni del 1926, infatti, il conservatore Raymond Poincaré (1860-1934)
torna al potere con un governo di unità nazionale: l’economia registra una netta ripresa, ottenuta anche
attraverso una pesante pressione fiscale.
Austria. Il 12 novembre 1918 l’Austria diventa una repubblica; i socialdemocratici rimangono alla guida
del governo, insieme ai cristiano-sociali, fino alle elezioni dell’ottobre 1920, che danno la maggioranza a
questi ultimi. Si registra un tentativo insurrezionale comunista nel 1919 che non ha successo.
L’Austria viene organizzata in una repubblica federale.
Ungheria. Nel marzo/agosto del 1919 prendono il potere i comunisti di Béla Kun (1886-1939) in seguito
a una rivoluzione; gli si contrappongono i nazionalisti, sostenuti da francesi e inglesi, che abbattono la
repubblica. L’ex-ammiraglio Miklos Horthy (1868-1957) instaura un regime autoritario (marzo 1920).
Italia. Verso il totalitarismo fascista (vedi schede 3_5 e 3_9).
Germania. Verso il totalitarismo nazista (vedi scheda 3_7).
Russia. Dalla Rivoluzione russa (vedi scheda 3_4) al totalitarismo stalinista (vedi scheda 3_8).
Turchia. Nell’aprile del 1920, il movimento nazionalista guidato da Mustafà Kemal (1881-1938) convoca
ad Ankara un’assemblea nazionale che si rifiuta di ratificare il Trattato di Sèvres; vengono stretti subito
rapporti diplomatici con la Russia. La Turchia invade l’Armenia indipendente; italiani e francesi ritirano i
propri contingenti dall’Anatolia meridionale. Nel 1922 i turchi riprendono Smirne e la Tracia dalla
Grecia (ovvero il controllo sullo Stretto dei Dardanelli); oltre 1 milione di rifugiati greci abbandona la
Turchia e 400 mila turchi vengono espulsi dalla Grecia del nord («scambio di popolazione»). Abolito il
sultanato, il 29 ottobre 1923 viene proclamata la Repubblica turca; Kemal è il capo del nuovo stato. Per
la sua opera, Kemal si guadagnerà l’appellativo di Atatürk («Padre dei Turchi»).

Gli Stati Uniti d’America


Dal 1912 è presidente degli Stati uniti il democratico Woodrow Wilson (1856-1924); nelle elezioni
presidenziali del novembre del 1920 vince il Partito repubblicano, fautore dell’isolazionismo, e gli Stati
Uniti non aderiscono alla Società delle Nazioni.
Dopo la Prima Guerra Mondiale (vedi scheda 3_2) assistiamo a una dipendenza dall’economia
americana da parte di tutti i Paesi, vincitori e vinti, che ricorrono all’aiuto statunitense per riavviare i
propri sistemi produttivi e per pareggiare i bilanci.
1921-1923, presidente Warren G. Harding (1865-1923), repubblicano: 1) promozione dello sviluppo
economico interno senza interferenze statali per le imprese e i monopoli; 2) difesa del mercato interno
con alte tariffe doganali; 3) disimpegno dello stato dalle provvidenze sociali (tagli ai sussidi di
disoccupazione), collegato al contenimento della spesa pubblica; 4) ricorso massiccio alla tassazione
indiretta, cioè sui consumi; 5) limitazione dell’immigrazione (quota 358 mila nel 1921, che scende a
150 mila nel 1929); 6) abbandono dell’Europa ai suoi problemi.
1923-1928, presidente Calvin Coolidge (1872-1933), repubblicano; 1928-1932, presidente Herbert C.
Hoover (1874-1964), repubblicano: si muovo in continuità unendo all’isolazionismo economico
l’isolazionismo politico. Cresce un’ondata di nazionalismo conformista.
Il caso. Emigrati dall’Italia negli Stati uniti nel 1908, gli anarchici Nicola Sacco (1891-1927) e
Bartolomeo Vanzetti (1888-1927) nel 1920 vengono accusati di rapina a mano armata e
omicidio e quindi arrestati. Più volte processati, nonostante l’inconsistenza delle prove vengono
condannati alla sedia elettrica il 14 luglio 1921, in un clima di montante ostilità xenofoba. La
condanna suscita sgomento e un’ampia mobilitazione in loro favore, che dagli Usa si estende in
tutto il mondo. La sentenza del 1921, tuttavia, non viene rivista dalle autorità giudiziarie e la
condanna viene eseguita il 23 agosto 1927. La loro innocenza sarà riconosciuta mezzo secolo
più tardi, nel 1977, quando il caso verrà riaperto.
1919-1933, in vigore la legge che proibisce la fabbricazione e lo smercio di alcolici («proibizionismo»),
principalmente diretta contro gli immigrati e i neri, accusati di favorire la degradazione fisica e morale
attraverso l’abuso di bevande.
Si afferma la mafia americana, dominata da boss di origine italiana: è un’associazione potente e inattaccabile.
1924, aprile, Piano Dawes (Charles Gate Dawes, capo dell’Ufficio del bilancio Usa), primo accordo sul
rimborso dei debiti tedeschi: una annualità di pagamento crescente per quattro anni, destinata poi a
innalzarsi o abbassarsi secondo lo stato dell’economia tedesca. Al fine di sovvenzionare la Germania, il
piano prevede prestiti a lunga scadenza per un ammontare di 800 milioni di marchi-oro (quasi tutti
statunitensi) che vengono poi collocati nelle capitali finanziarie dell’Occidente.
Gli Anni Venti, sono definiti «anni folli» o «ruggenti anni Venti» (Roaring Twenties). La ripresa economica
dell’Europa, seguita alla crisi del 1920-1921, e dovuta anche ai prestiti americani e all’applicazione del
Piano Dawes, consente l’espansione dell’industria americana, che comincia a recuperare i crediti
concessi all’Europa durante la guerra e ad esportare nel Vecchio continente merci e capitali eccedenti. Si
avvia, così, un vero e proprio boom economico (1925-1926) con un aumento vertiginoso della
produzione industriale – automobili, radio, elettrodomestici – legato anche alla razionalizzazione del
lavoro, al taylorismo, alla catena di montaggio e accompagnato, nel clima generale di euforia, dalla più
sfrenata speculazione finanziaria.
Alla produzione di massa si accompagna un mercato vastissimo, grazie anche alla diffusione della vendita
a rate, con il pagamento a credito, in cambiali, che permette potenzialmente a tutti, agli operai come ai
ceti medi, di comprare gli stessi beni, gli elettrodomestici, il telefono, la radio. Si afferma la civiltà di
massa.
Tra il 1922 e il 1929 la produzione industriale cresce del 50% e il reddito nazionale del 42%.
Nel 1925 gli Stati Uniti producono il 44% del carbone mondiale, il 43% del ferro, il 70% del petrolio, il
57% delle macchine industriali, il 48% dei manufatti elettronici.
Nel 1929, negli Usa, circolano 4 milioni e 800 mila auto (erano 1 milione mezzo nel 1921); gli Stati Uniti
sono i produttori dell’88,4% dei veicoli a motore di tutto il mondo. Una vettura Ford che nel 1908
costava 825 dollari, nel 1929 ne costa 250.
La produzione del petrolio passa da 76 milioni di tonnellate nel 1919 a 191 milioni di tonnellate nel 1929.
Tra il 1921 e il 1928 gli Stati Uniti prestano al resto del pianeta oltre 8 miliardi di dollari.
Nonostante l’impetuoso sviluppo industriale statunitense, non assistiamo a una generalizzazione del
benessere: varie fasce di popolazione (fra il 50 e il 60% della popolazione), in seguito all’abbandono di
forme di assistenza da parte dello Stato, al basso livello della spesa pubblica, alla pesante tassazione
indiretta, soprattutto al basso reddito dei ceti rurali in un periodo di grande diminuzione dei prezzi, si
trovano penalizzate: si allarga il divario fra ricchi e poveri.
Dal 1924-1925, nelle aree periferiche del pianeta (per es. America Latina) i prezzi di frumento, cotone,
seta, zucchero, tè, gomma, stagno scendono gradualmente mentre aumentano le scorte invendute; questo
dato è in controtendenza rispetto alla crescita economica mondiale.
1929, giugno, Piano Young (Owen D. Young, finanziere americano): le riparazioni tedesche vengono
scaglionate per un periodo di 59 anni, per importi annuali complessivamente decrescenti, fino alla
copertura dei 132 miliardi di marchi-oro previsti. Il piano, però, vede la luce in una fase di depressione
economica causata dal crollo della Borsa di Wall Street del ’29 e non verrà applicato. Gli Stati Uniti
concedono alla Germania prima un rinvio e poi una sospensione dei pagamenti; la diatriba delle
riparazioni tedesche verrà chiusa definitivamente con la Conferenza internazionale di Losanna (1932).

Gold Standard: voluta dalla Gran Bretagna (1815), è la base aurea delle monete
(cartamoneta totalmente convertibile in oro, dal momento che il valore in oro della moneta
complessivamente emessa è pari alla quantità di oro conservata nella banca centrale di quel
paese: in Gran Bretagna 1 sterlina = 31,1 grammi di oro fino).
Gold Standard Exchange (raccomandato ai paesi nella Conferenza di Genova del 1922): le
riserve poste a garanzia di convertibilità non sono soltanto costituite dall’oro, ma anche da
monete di particolare importanza che in questo periodo sono la sterlina e il dollaro.

Il crollo della Borsa di Wall Street


Il vertiginoso aumento delle azioni alla Borsa di New York avviene nel biennio 1927-1928:
raddoppiano le quotazione dei titoli industriali; si scatena una frenetica corsa al gioco di Borsa sia da parte di
speculatori di professione, sia da parte di piccoli risparmiatori. Milioni di azioni smarriscono ogni
rapporto con l’ammontare dei dividendi distribuiti effettivamente dai bilanci aziendali (ovvero con i
redditi legati alla vera situazione dell’azienda di cui si posseggono le azioni) diventando un bene
commerciabile in sé: si crea così una bolla speculativa. Il prezzo d’acquisto delle azioni non è deciso in
base allo stato di salute dell’azienda (o in base all’andamento della produzione), ma esclusivamente e
interamente sulla previsione degli aumenti azionari. I titoli azionari scambiati, in questo senso, assumono un
valore puramente virtuale, quasi si trattasse di fiches del gioco del poker: si comprano e si vendono azioni
senza che l’aumento delle quotazioni in Borsa rispecchi un effettivo incremento del capitale reale. I 4/5 delle
transazioni avviene non in contanti, ma a credito.
Come avviene la speculazione? «Il piccolo speculatore (cliente) chiedeva un prestito al
proprio mediatore in Borsa, e per ottenerlo depositava in garanzia titoli per una somma
equivalente al 30-50% dell’ammontare del prestito. Il mediatore a sua volta contraeva prestiti
a breve termine presso banche o altri istituti a un interesse che variava secondo la domanda e di
cui naturalmente egli chiedeva al suo cliente l’1 o il 2% in più. Il cliente calcolava di poter
rivendere le azioni acquistate a credito a un corso che avrebbe largamente coperto le spese del
prestito» (Henri Morsel)
Giovedì 24 ottobre 1929 assistiamo al crollo della Borsa di Wall Street («giovedì nero»): 12,9 milioni
di azioni vengono messe all’asta, con la conseguente caduta vertiginosa dei prezzi. Prima di quella data
abbiamo una situazione di rialzi continui, adesso ribasso chiama ribasso: il mediatore, per conservarsi il
credito presso le banche, getta sul mercato spasmodicamente i titoli dei clienti, per evitare di vendere a
prezzi sempre più stracciati. Circolo vizioso tra crollo delle quotazioni e vendita forsennata per liquidare i
propri portafogli azionari per far fronte ai creditori.
Il «giovedì nero» è seguito dal panic selling («vendita da panico») che culmina nel «martedì nero», il
29 ottobre 1929 quando vengono ceduti al prezzo di carta straccia ben 16,4 milioni di azioni.

La Crisi del ’29 è dovuta a vari fattori:


1. Una gigantesca crisi di sovrapproduzione investe gli Stati Uniti d’America con conseguente
crollo dei prezzi e dei titoli azionari, la cui quotazione, cresciuta in maniera anomala, non
corrisponde ai valori reali.
2. Saturazione di beni durevoli del mercato interno e calo progressivo anche della domanda
di beni consumo (conseguente all’impoverimento di parte della popolazione).
3. Diminuzione della domanda anche da parte dei paesi europei data sia dalle pesanti tariffe
doganali USA che impediscono le esportazioni dal Vecchio continente, sia dal ritiro di capitali
dall’Europa, da parte di molti finanzieri statunitensi, per investirli in speculazioni borsistiche.
Conseguenze della crisi (1929-1932) negli USA:
1. Vengono colpiti circa 1 milione di investitori americani e 5.000 banche falliscono.
2. Chiudono 100.000 aziende grandi e piccole.
3. Caduta verticale degli investimenti da parte delle aziende e conseguente calo della
produzione industriale (-45%).
4. Crollo dei consumi e caduta dei prezzi.
5. Contrazione dei prestiti per i mutui edilizi o per acquisti a rate (gli stessi prestiti che
avevano alimentato la crescita euforica degli Anni Venti).
6. Disoccupazione USA: da 2 milioni (1929) a 8 mln (1931) a 12 mln (1932) a 17 mln (1933).
7. Gli USA sospendono l’erogazione dei prestiti all’estero e inaspriscono ulteriormente le
tariffe doganali, seguiti dagli altri Paesi, con contrazione degli scambi fino al 60%.
8. Disoccupazione in Europa: 15 milioni (1932).
9. Produzione mondiale di manufatti nel 1932: -30% rispetto a tre anni prima.
10. Produzione mondiale di materie prime nel 1932: -26% rispetto al 1929.
Le ricette economiche del presidente repubblicano Hoover risultano inefficaci: per esempio, la scelta di
sostenere finanziariamente soltanto le grandi banche ha come un risultato quello di abbandonare al
proprio destino quelle piccole e medie, che costituiscono la base del complesso sistema creditizio
statunitense (nel 1932 le banche risultano chiuse in ben 38 Stati). Gli aiuti statali vengono indirizzati
soltanto alle imprese in difficoltà, lasciando la tutela di milioni di famiglie esclusivamente a istituzioni
filantropiche e alla carità municipale. Nuove tariffe protettive, volte a scoraggiare le importazioni,
provocano una raffica di ritorsioni da parte dei pesi danneggiati.
Cresce il conflitto sociale: crescita degli scioperanti che salgono dal 25% del 1930 al 50% del 1932.
Diminuzione dell’indice di natalità: -10% nel 1932 rispetto al 1926.
Crescita del numero di suicidi: 133 per ogni milione di abitanti (1932).
Nel novembre del 1932 viene eletto presidente degli Stati Uniti il democratico Franklin Delano
Roosevelt (1882-1945); verrà confermato nel 1936, nel 1940 e nel 1944. Promuove un «nuovo corso»
dell’economia statunitense, basato sulla centralità dello Stato, sull’intervento economico interno e
sull’isolamento, nonché sulla pianificazione economica parziale, ovvero il New Deal :
1. Svalutazione del dollaro del 40%, per dare impulso alle esportazioni (del 60% nel 1934);
2. Reconstruction Finance Corporation: riduzione degli aiuti alle banche attraverso un rigido
controllo statale delle banche stesse.
3. Emergence Banking Act (1933): la Federal Reserve Bank diventa un istituto di garanzia con il
compito di gestire la politica monetaria e di tutelare soprattutto i piccoli risparmiatori.
4. Securities and Exchange Commission: rigido controllo del mercato borsistico.
5. Adozione del deficit spending («spesa in deficit», deficit di bilancio): è il disavanzo che si
verifica quando le spese sostenute da uno Stato superano le entrate
6. Riforma fiscale che aumenta la progressività dell’imposta sul reddito.
7. Agricultural Adjustment Act (1933): riduzione del deficit agricolo attraverso sussidi
governativi elargiti ai coltivatori che s’impegnano a limitare la produzione delle principali
derrate (riso, zucchero, grano, cotone, tabacco) per non inflazionare il mercato; nel contempo
vengono agevolati i pagamenti di ipoteche.
8. National Industrial Recovery Act (NIRA, 1933): vasto programma di opere pubbliche (3,3
miliardi di dollari), che riguarderà 122.000 edifici, oltre 1 milione di km di strade e 285
aeroporti, volto alla creazione di posti di lavoro (2,5 milioni di posti di lavoro fra il 1933 e il
1935), dando impulso al mercato interno.
9. Tennessee Velley Authority (TVA): impresa governativa con il compito di sfruttare le risorse
idriche del bacino del Tennessee fornendo, in concorrenza con gli impianti privati, energia a
basso prezzo.
10. Social Security Act (1935): un sistema di assicurazioni per la vecchiaia, assistenza medica e
forme di sussidio di disoccupazione.
11. Wagner Act (1935): tutela e rafforzamento delle organizzazioni sindacali e dei diritti sindacali
dei lavoratori.
12. Promozione di accordi di concertazione fra imprenditori e sindacati volti al miglioramento
delle condizioni di vita delle classi povere: contrattazione collettiva, rispetto dei minimi salariali,
orari di lavoro a 8 ore giornaliere, assicurazioni per disoccupati, anziani e invalidi. Nascono i
primi elementi di Welfare State («Stato del benessere» o «Stato sociale»).

Conseguenze della crisi in Europa e nel Mondo:


◦ Politica monetaria: 1) in Inghilterra assistiamo alla svalutazione della sterlina (21 settembre
1931 e fine del Gold Standard Exchange per i paesi agganciati a questo sistema; i prodotti
nazionali vengono a costare meno e ne beneficia l’esportazione); 2) in Francia e Italia si ricorre
alla deflazione, ovvero alla riduzione della moneta circolante (restrizione del credito e tagli alla
spesa pubblica), con conseguente rivalutazione e difesa del potere d’acquisto della moneta
stessa, ma con un’incidenza negativa sulle esportazioni.
◦ Protezionismo: 1) in Inghilterra viene creata una Unione doganale imperiale (1932) con i
dominions e le colonie (con applicazione di tariffe preferenziali rispetto al resto del mondo); 2)
in Germania e Italia si promuovono politiche autarchiche, ovvero uno sforzo da parte degli
Stati per diventare autosufficienti (uso di surrogati per sostituire le materi prime d’importazione,
per es. gomme e benzine sintetiche in Germania).

In questa fase, l’economista di riferimento è John Maynard Keynes (1883-1946) con il suo testo
Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta (1936). Keynes confuta alcune posizioni
fondamentali della teoria economica classica, in particolare quella secondo cui il mercato tenderebbe a
produrre l’equilibrio fra domanda e offerta e a raggiungere la piena occupazione delle unità di lavoro
disponibili. Keynes, al contrario, ritiene che i meccanismi spontanei del capitalismo non sono in grado di
consentire da soli un’utilizzazione ottimale delle risorse, per cui attribuisce allo Stato il compito di
accrescere il volume della domanda effettiva manovrando in senso espansivo la spesa pubblica. Questa può
essere finanziata anche con il ricorso al deficit di bilancio (deficit spending) e con l’aumento della quantità
di moneta in circolazione. Gli effetti inflazionistici di queste procedure verrebbero compensati dai benefici
che le spese statali porterebbero al reddito e alla produzione.
Le linee di intervento proposte da Keynes in sede di teoria economica rispecchiano molto da vicino
quelle che Roosevelt è impegnato ad attuare negli Stati Uniti d’America con il New Deal.

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