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• Dalla metà anni ‘70 e per tu_ gli anni ‘80: CRISI
2. La questione meridionale: vi era un profondo divario tra Nord e Sud del paese,
economico, ma anche sociale e culturale, connesso a una secolare diversificazione
della storia del Mezzogiorno rispetto al resto dell’Italia.
4. La questione scolastica: connessa con le altre tre questioni e al tempo stesso dotata
di specificità. Cosa s’intende? In primo luogo la questione dell’analfabetismo, una piaga
che dà al Regno d’Italia un triste primato con punte particolarmente allarmanti al Sud e
tra le donne. L’analfabeta è un vero e proprio invalido civile, non può votare, è
condannato ai lavori più umili, è colui che sta ai margini
Differenze regionali
Importante ruolo delle donne lombarde, più alfabe>zzate. Il 17 giugno 1850 viene
inaugurato il primo Pio Ricovero per bambini laBan. e slaBa.. Vengono u.lizza. alcuni
locali al piano terreno della stessa casa di Laura Solera Mantegazza, con l'ingresso dalla
contrada di Santa Cris.na 2136 (poi via Mantegazza 7). Collaborano all'inizia.va, oltre al
Sacchi, i doBori Rizzi e Cas.glioni, il parroco di San Simpliciano, Enrico Mylius e Ismenia
Sormani Castelli, che diventerà da questo momento un'inseparabile amica e
collaboratrice della Mantegazza.
Al ricovero erano ammessi bambini da 15 giorni a due anni e mezzo, divisi tra la7an8 e sla7a8. C'era
una veranda sul giardino, due camerate con un grande le7o e una serie di culle, cucina e bagni.
L'inizia8va prevedeva anche elargizioni per le madri che lavoravano a domicilio e quindi potevano
tenere i bambini con sé, ma limitatamente alle famiglie che abitavano nelle parrocchie di San
Simpliciano, San Marco e del Carmine. Il conta7o dire7o con tante madri povere del quar8ere spinge la
Mantegazza ad interessarsi anche della loro formazione e ben presto vengono organizza8 negli stessi
locali dei corsi di alfabe8zzazione e di taglio e cucito. Il grande successo dell'inizia8va spinge Laura ad
aprire l'anno dopo (1851) un secondo asilo a Porta Ticinese (prima in borgo S. Croce, poi in Molino delle
Armi, dal 1880 in via Sambuco). In totale i bambini assis88 sono ormai 200. I fondi provengono da
donatori "perseguita8" con instancabile energia da Laura, che inventa per l'occasione la Fiera di Natale,
un'asta di oggeO dona8 alla quale vengono invitate ogni anno le principali famiglie milanesi. Queste
le7ere di invito, raccolte e pubblicate nella biografia postuma di Laura scri7a dal figlio Paolo
Mantegazza, ci danno un saggio molto interessante dell'eloquenza e della passione della Mantegazza.
• I problemi sociali si pongono anche in termini politico-economici, con una progressiva presa
di coscienza da parte dei lavoratori(questione sociale).Si affermano nuove
idee:marxismo,socialismo,dottrina sociale cristiana)
• Lo Stato assicurare un intervento assistenziale minimo agli indigenti che reggerà fino a
quando le masse popolari acquistano maggiore consapevolezza dei loro diritti arrivando,
anche attraverso il diritto di voto, a rivendicare migliori garanzie e tutele.
• Per rispondere a tali rivendicazioni gli Stati cercheranno di affrontare i problemi dei lavoratori
non più in maniera solo assistenziale, ma con la nascita della previdenza sociale (forma di
risparmio sul salario al fine di conseguire prestazioni certe al verificarsi degli eventi assicurati,
mediante la sostituzione o l’integrazione dei redditi dei lavoratori
Francesco Crispi
• Si tra'a del periodo che
va dalla morte di Depre2s
(1887) sino al 1896
• Le poli2che crispine sono
legate alla sua
personalità, per questo ha
mol2 nemici
• i risulta2 sul piano
poli2co, sociale ed
economico delle sue
poli2che durarono a
lungo (100 anni circa)
Chi era Crispi
• Crispi era stato un • Ques2 aspeL cara'eriali
mazziniano repubblicano si rispecchiano nella sua
• Ebbe ruoli importanti poli2ca interna ed estera
nell’impresa dei 1000 • Accanto agli aspeL più
• Fu eletto in Parlamento autoritari vi sono però
con la Sinistra elemen2 di
• Era un uomo forte, controtendenza più
autoritario, contrario ad democra2ci
ogni opposizione e ad
ogni sciopero
An=-clericale, ma …
• Si manifestò in diverse • 1888: il diritto di voto per
direzioni approfittando le Amministrative viene
dell’assenza politica dei esteso a:
cattolici » tutti i maschi con
più di 20 anni
• Crispi fece erigere in » che non siano
Campo de’ Fiori una analfabeti
» che paghino almeno
statua a Giordano Bruno £.5 di tasse annue
• Fece poi dimettere il » inoltre i consigli
comunali delle città
sindaco di Roma, Torlonia, con più di 10 mila
perché era andato dal ab. eleggono il loro
sindaco
Papa autonomamente
Il codice Zanardelli
• 1889: primo Codice Penale unificato
• Molto moderno e avanzato
• Aboliva la pena di morte
• Riduceva le pene sui fur;
• Cancellava le norme an;sciopero
• Introduceva i rea; di “Abusi del clero”
• Durò fino al 1930
La riforma sanitaria
• Nasce con essa l’idea di stato sociale
• Nasce la Direzione generale di Sanità
• Ora lo Stato si fa carico della salute dei
cittadini bisognosi
• Si sostituisce il concetto di “carità legale”
LA LEGGE CRISPI DEL 1890
• LEGGE CRISPI n. 6972/1890: riordina il sistema della beneficienza, secondo il principio di obbligo e
controllo per il soggeQo pubblico e di autonomia vigilata verso i soggeR privaS. I comuni devono
assistere gli indigenS che vi hanno residenza (domicilio di soccorso). Opere pie e altri enS morali,
religiosi e laici confluiscono nelle IsStuzioni pubbliche di beneficenza (IPB). Vengono isStuiS (1904)
a livello provinciale i COMITATI PREFETTIZI di assistenza e beneficenza e alla provincia passano
competenze più ampie per il traQamento di “disgrazie rare”, ovvero disabili, minori illegiRmi,
malaS mentali
• Realizza una parziale laicizzazione delle opere pie aGribuendo loro personalità giuridica
trasformandole in IsStuS pubblici di assistenza e beneficenza (IPAB) che dovevano dimostrare di
avere mezzi economici adeguaS per le finalità isStuzionali, predisponendo bilanci prevenSvi e
consunSvi. Ogni aQo amministraSvo doveva essere soQoposto a controllo
• Introduce anche il domicilio di soccorso prevedendo che il soccorso del ciQadino indigente
speQasse al Comune dove quesS avesse dimorato, in modo abbastanza conSnuaSvo, negli ulSmi 5
anni
• Gli agrari e gli industriali avevano appoggiato sin dai primi anni il fascismo, che con la violenza delle sue milizie aveva
riportato l’organizzazione nelle fabbriche e nelle campagne e aveva soffocato il movimento sindacale e le organizzazioni
socialiste. Per sdebitarsi di questo appoggio, nei primi anni del suo governo Mussolini aAuò una poliCca economica di Cpo
liberista, che permise agli industriali e agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profiE, a scapito dei salari degli
operai.
• InfaE Mussolini fece approvare una riforma fiscale favorevole ai grossi capitali, la privaCzzazione dei servizi telefonici e delle
Assicurazioni, il salvataggio da parte dello Stato di industrie e banche in crisi, il contenimento dei salari e l’allungamento
dell’orario di lavoro a nove ore.
• Grazie a questa poliCca di liberismo economico, nella prima metà degli anni VenC si verificò un forte sviluppo industriale e le
maggiori imprese, come la FIAT, la MontecaCni (che produceva ferClizzanC) o la Snia (produArice di fibre arCficiali)
aumentarono notevolmente le loro esportazioni.
• Nel seAore dell’agricoltura , la poliCca economica del fascismo seguì due indirizzi fondamentali: aumentare la produzione del
grano, anche aAraverso una bonifica di zone incolte, e accrescere il numero di mezzadri e piccoli colCvatori direE, frenando
l’esodo verso le ciAà.
• hAp://www.raistoria.rai.it/arCcoli/fascismo-economia-e-lavoro/7149/default.aspx
Crisi economica e statalizzazione
• Ma alla fine degli anni Venti l’economia italiana fu scossa da una grave crisi provocata da cause
interne e internazionali. Mussolini, per frenare la continua svalutazione della lira, aveva imposto
una rivalutazione forzata, che aveva provocato una forte riduzione delle esportazioni.
• La situazione precipitò quando anche in Italia si fecero sentire gli effetti della crisi internazionale del
1929: molte fabbriche fallirono, la disoccupazione aumentò sensibilmente (nel giro di pochi anni i
disoccupati passarono da 300.000 a un milione) e i salari dei lavoratori furono diminuiti.
• Per combattere la crisi, nel 1933 il fascismo diede vita all’IRI (Istituto per la Ricostruzione
Industriale) un ente statale che, attraverso il controllo delle banche, finanziava le industrie
siderurgiche, cantieristiche e meccaniche. A partire dal 1935 la ripresa industriale fu favorita dalla
politica di riarmo del fascismo e dalla guerra d’Etiopia.
• Complessivamente l’intervento dello stato nell’economia fu così ampio che alla vigilia della seconda
guerra mondiale nessun paese al mondo, ad eccezione dell’URSS, aveva, proporzionalmente, un
numero di aziende statizzate maggiore dell’Italia; ma con questa caratteristica, e cioè che nello
stato fascista la mano pubblica interveniva in difesa di interessi privati e addirittura settoriali. Il
sistema, in altri termini, sanciva sia l’intervento dello stato nelle industrie e nelle banche del paese,
sia per converso l’influenza dei più potenti gruppi industriali e finanziari sulla politica economica
del governo. Con ciò esso legava più strettamente fra loro, in un rapporto di reciproco controllo e di
interessi solidali, il regime fascista, la grande industria e l’alta finanza.
• Corporativismo come politica economica
La ba+aglia del grano
• Meno massicci, ma pur assai rilevan,, furono gli interven, dello
Stato nel campo dell’agricoltura. La ba#aglia del grano, iniziata sin
dal 1925, era rivolta a diminuire l’importazione di grano, che
incideva pesantemente sulla nostra bilancia commerciale.
Ampiamente propagandata e sostenuta con incen,vi, essa conseguì
notevoli risulta,, culmina, nel 1933 con una produzione copriva
quasi per intero il fabbisogno nazionale (mentre nel 1922 si erano
dovu, importare oltre 22 milioni di frumento). Da un punto di vista
globale essa determinò peraltro la conversione alla cerealicoltura
anche di terreni poco adaJ, sicché il grano raggiunse sul mercato
interno prezzi di molto superiori a quelli del mercato internazionale,
con ovvio svantaggio immediato delle classi meno abbien,,
costre1e a comprimere i consumi, e con svantaggio indire1o dello
sviluppo generale della produzione.
Le bonifiche
• Nel 1928 fu anche iniziato un ambizioso programma di bonifiche integrali, per il
quale lo Stato avrebbe provveduto alle opere fondamentali (risanamento di terreni
paludosi, rimboschimenti, drenaggio e controllo delle acque, rete centrale
d’irrigazione) lasciando ai privati il compito di completare a proprie spese le
bonifiche, con piantagioni, dissodamenti, costruzioni rurali, allacciamento ai canali
d’irrigazione, eccetera. Sennonché, per l’inadempienza dei proprietari, il progetto
rimase in parte inattuato o si risolse in una serie di finanziamenti a fondo perduto
a vantaggio di grandi agrari.
• Esito nettamente positivo ebbe invece la bonifica dell’Agro Pontino, che fra Roma e
Terracina trasformò radicalmente oltre 60.000 ettari di terre incolte, malariche e
scarsamente popolate, facendovi sorgere circa 3000 poderi, adeguatamente
sistemati e attrezzati. I lavori ebbero inizio nel novembre del 1931, furono portati
avanti alacremente secondo progetti razionali e contribuirono fra l’altro ad
alleviare la disoccupazione, che a causa della crisi era enormemente incrementata.
• Allo stesso scopo, fra il 1929 e il 1934 il fascismo diede un particolare impulso ai
lavori pubblici, sviluppando la rete stradale, autostradale e ferroviaria (come del
resto avveniva in tutti i paesi industrializzati) e incrementando l’edilizia pubblica
(municipi, poste, palazzi di giustizia, scuole) con opere di proporzioni talvolta
grandiose, ma di dubbia funzionalità e di gusto monumentale e retorico.
Giornali e radio al servizio del fascismo
• Durante l’epoca fascista, dopo la soppressione dei giornali contrari al
regime come l’Avan/, l’Unità o la Voce Repubblicana, tuH gli altri giornali
furono pos/ so8o il controllo delle autorità fasciste che li u/lizzavano per
fare una con/nua propaganda e di esaltazione del regime. Oltre ad
esaltare con/nuatamene il DUX e le opere del fascio, i giornalis/ dovevano
assolutamente evitare di riportare no/zie che me8essero in luce i
problemi della società italiana.
• Il fascismo si servì per fini propagandis/ci anche della radio, che proprio
negli anni Ven/ compiva i suoi primi passi in Italia. Nel 1927 fu is/tuito
l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) l’antenato dell’a8uale RAI, un
ente di monopolio statale u/lizzato in modo sempre più esplicito come
uno strumento di propaganda del regime. Ma, poiché erano poche le
famiglie che potevano acquistare un apparecchio radio e pagare il canone
di abbonamento, il governo fece distribuire apparecchi nelle scuole rurali,
nei Municipi, nei dopolavori e fece installare altoparlan/ nelle piazze e nei
luoghi di ritrovo, cosicché nessuno potesse sfuggire all’azione di
indo8rinamento del regime.
Il cinema
• Il fascismo diede una grande importanza anche al cinema, che negli anni Trenta era
diventato la principale forma di divertimento e di passatempo della popolazione
italiana, soprattutto dopo l’avvento del sonoro, nel 1930. Nel 1924 fu istituito il
LUCE (L’Unione Cinematografica Educativa), principale strumento della
propaganda fascista, e nel 1937 fu inaugurata a Roma Cinecittà. Anche la
produzione cinematografica, come quella radiofonica, era sotto lo stretto controllo
politico del regime.
• La propaganda diretta era affidata ai Cinegiornali LUCE, che erano proiettati
obbligatoriamente nelle sale cinematografiche prima dei film. I principali filoni dei
film del ventennio erano quello storico, e quello dei cosiddetti “telefoni bianchi”.
Le autorità del regime incoraggiavano la produzione di pellicole a carattere storico
come Scipione l’Africano o Ettore Fieramosca, che dovevano servire per
riaffermare agli occhi del popolo le radici storiche del fascismo. I film dei cosiddetti
“telefoni bianchi” erano invece ambientati nel mondo della borghesia, dove
appunto il telefono bianco era un simbolo di agiatezza economica. Si trattava di
storie intricate e incredibili, senza alcun riscontro con la realtà; ambientate in
improbabili Paesi stranieri; infarcite di uno zuccheroso ottimismo con protagonisti
spensierati, privi di problemi, se non quelli amorosi.
Lo sport
• Le autorità fasciste profusero grandi energie e finanziamen. per lo sviluppo delle
abvità spor.ve in Italia, dal momento che nulla più dello sport rispondeva alle
esigenze fondamentali del regime. Inoltre lo sport inteso come compe.zione
agonis.ca altro non era per il fascismo che una preparazione alla guerra e
quindi “quanto più profonda è la disciplina impar=ta nelle libere manifestazioni
spor=ve, tanto più facile l’alles=mento di quella militare”.
• Inoltre il fascismo si serviva delle viBorie italiane in campo spor.vo per rafforzare
lo spirito nazionalis.co degli italiani e come forma di propaganda del fascismo.
Alcuni dei maggiori campioni u.lizza. a scopi propagandis.ci dal regime furono il
pugile Primo Carnera, campione dei pesi massimi nel 1933, i ciclis. Binda e Guerra,
i campioni automobilis.ci Nuvolari e Ascari.
• Per obbedire all’impera.vo mussoliniano “sport per tub”, l’educazione fisica
diventò obbligatoria in ogni ordine di scuola; le associazioni e gli en. del par.to
organizzavano abvità di educazione fisica e di sport per tub i ciBadini dai bambini
più piccoli alle donne, dai gerarchi ai lavoratori nelle fabbriche; inoltre ogni anno si
tenevano rassegne ginnico-militari come i “LiBoriali dello Sport” e i “Campi Dux”.
• Fonda il CONI
Libro e mosche+o fascista perfe+o
• Mussolini era consapevole che il regime per perpetuarsi doveva educare le nuove generazioni ai
principi del fascismo. Il processo di fascistizzazione della gioventù fu realizzato attraverso due
strumenti fondamentali: la scuola e le istituzioni giovanili, create appositamente dal regime, l’Opera
Nazionale Balilla e la Gioventù Italiana del Littorio (GIL) ei Gruppi Universitari Fascisti (GUF).
• Nel 1923 fu approvata la riforma della scuola chiamata “Riforma Gentile”, dal nome del filosofo
Giovanni Gentile che fu incaricato da Mussolini di elaborarla. Questa riforma prevedeva, tra le
altre innovazioni, l’esame di stato, l’insegnamento religioso obbligatorio nella scuola elementare,
l’estensione del latino ai licei e agli istituti magistrali. Si trattava quindi di una riforma che tendeva
a privilegiare le materie umanistiche rispetto a quelle scientifiche e differenziare nettamente una
scuola superiore destinata a formare la futura classe dirigente e una destinata alla massa dei
cittadini.
• Ma il processo di fascistizzazione della scuola fu realizzato soprattutto attraverso l’adozione del libro
di testo unico per la scuola elementare, che naturalmente doveva rispondere alle esigenze politico-
culturali del regime.
• Nel 1926 fu fondata l’Opera Nazionale Balilla, che raccoglieva tutti i giovani dagli otto ai diciotto
anni e impartiva loro un’educazione soprattutto fisica e paramilitare; infatti i giovani indossavano
una divisa e imparavano a usare il moschetto, che nel caso dei ragazzi più piccoli era di legno.
• Dal 1937 l’ONB fu trasformata nella Gioventù Italiana del Littorio, che raccoglieva tutti i giovani da
sei ai ventun anni: dai sei agli otto anni i bambini erano “figli della lupa” e indossavano la prima
camicia nera; a otto anni diventavano “balilla” o “piccole italiane”, poi a quattordici “avanguardisti”
e “giovani italiane” e infine “giovani fascisti”
La donna e la famiglia
• La “poliSca demografica” del fascismo era stata lanciata da Mussolini con un discorso nel 1927, nel
quale il Duce aveva deQo: “TuR gli Imperi hanno senSto il morso della loro decadenza quando
hanno visto diminuire il numero delle loro nascite”. Perciò il popolo italiano se voleva fare senSre la
sua potenza e la sua “forza nella storia nel mondo” doveva crescere di almeno dieci milioni di
persone. L’obieRvo fondamentale della poliSca demografica fascista era quello di “combaQere la
denatalità” incoraggiando le coppie a meQere al modo molS figli e a non spostarsi dalle campagne
alle ciQà, dove si verificava una diminuzione delle nascite.
• Così nel 1928 era stata approvata una legge che concedeva agevolazioni fiscali e facilitazioni nelle
assunzioni ai coniugi con molS figli; inoltre le autorità distribuivano ogni anno migliaia di “premi di
nuzialità” e premi per la prole numerosa”. per favorire lo sviluppo demografico il fascismo cercava
di scoraggiare le donne a intraprendere gli studi o un lavoro.
• Così con alcune leggi erano staR dimezzaR i salari delle donne rispeGo a quelli degli uomini, erano
state raddoppiate le tasse nelle scuole e nelle università, era stato proibito alle donne di insegnare
leQere e filosofia nei Licei e di essere assunte nelle Amministrazioni dello Stato. Per giusSficare
queste discriminazioni il fascismo sosteneva apertamente l’inferiorità della donna rispeQo
all’uomo: “la cui cultura della donna non può in nessun modo essere pari alla cultura maschile”; “il
cervello femminile non è per natura preparato alle scienze, alla matemaSca, alla filosofia,
all’architeQura”. In conclusione il compito della donna fascista era quello di essere una “madre
prolifica”.
• hQps://www.youtube.com/watch?reload=9&v=udOy7EvupVc
• hQps://patrimonio.archivioluce.com/luce-
web/search/result.html?temi=%22poliSca%20demografica%20del%20fascismo%22&acSveFilter=te
mi
L’ONMI, l’Opera Nazionale Maternità
Infanzia
• L’Onmi è stati uno dei grandi enti pubblici sorti negli anni Venti, ma che è diventato
celebre negli anni trenta, quando la propaganda del regime fascista lo ha
trasformato in uno dei pilastri della campagna demografica del regime.
• L’ONMI ha poi proseguito la sua esistenza fino alla vigilia della creazione del
sistema sanitario nazionale. La legge la istituisce il 10 dicembre 1925.
• L'ONMI ha cessato di esistere con la legge 23 dicembre 1975, n. 698. Tale legge ha
anticipato il d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 sul trasferimento di poteri dallo stato alle
regioni e la soppressione di enti tra i quali gli ECA e il loro passaggio ai comuni.
A decorrere dal 1 gennaio 1976 sono state infatti trasferite alle regioni a statuto
ordinario e speciale le funzioni amministrative esercitate dall'ONMI previste
dall'art. 4 punto 4 del R.D. 24 dicembre 1934, n. 2316, e successive modificazioni,
nonché le funzioni di programmazione e d'indirizzo. Sono ugualmente trasferiti alle
regioni i poteri di vigilanza e di controllo su tutte le istituzioni pubbliche e private
per l'assistenza e protezione della maternità e dell'infanzia. Tali funzioni di
controllo erano previste dall'articolo 5 del R.D. 24 dicembre 1934, n. 2316,
comprese le funzioni che tale articolo riservava alla tutela e alla vigilanza
governativa a norma della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e del R.D. 30 dicembre
1923, n. 2841; nonché quelle derivanti dal R.D.L. 8 maggio 1927, n. 798, convertito
nella legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e relativo regolamento di esecuzione.
OMNI – Mortalità infan=le
L’Opera nazionale maternità infanzia, ente parastatale creato dal
fascismo con un ambizioso programma assistenziale a favore di
madri e bambini, si rivelato un osservatorio par/colarmente
sensibile da cui guardare all’intervento del regime nella lo8a ad
uno dei più gravi problemi sociali che affliggevano il nostro
paese, cioè l’elevata mortalità infan/le.
Ancora a metà OBocento, ad esempio, non esisteva la pediatria come disciplina autonoma,
né esistevano is.tuzioni pediatriche significa.ve. I primi ospedali pediatrici a nascere furono
l’Ospedale Bambino Gesù di Roma nel 1869 e successivamente l’Ospedale dei Bambini di
Palermo nel 1882 e il Meyer di Firenze nel 1884
Mortalità infan=le
Nel corso del secolo e mezzo osservato, gli italiani hanno guadagnato mediamente
quaEro mesi di vita l’anno. Al momento dell’unificazione le condizioni di vita medie
erano fortemente arretrate. Il dato per il 1861 evidenzia progressi modes.ssimi rispeBo
al passato, anche remoto: se, per esempio, consideriamo il caso dell’an.ca Roma, le
s.me della speranza di vita indicano valori che oscillano intorno ai 25 anni, ed
esprimono bene l’idea di quanto le condizioni di vita a metà OBocento fossero più simili
a quelle prevalen. due millenni addietro che non a quelle rilevate oggi, a distanza di
«appena» centocinquant’anni.
Se il confronto avviene con i paesi coevi, emerge come in Italia nel 1861 si vivesse in
media 10 anni di meno rispeEo alla vicina Francia e 16-17 anni di meno rispeEo alla
Svezia
Nel 1881 si moriva sopraBuBo a causa delle malaRe infeRve, responsabili di circa il 30
per cento delle mor.. Seguivano, in ordine di importanza, le malabe dell’apparato
respiratorio (bronchi., polmoni. e influenza), le malabe gastroenteriche, responsabili di
un altro 25 per cento del totale dei decessi.
Nel 1863 il tasso di mortalità infantile in Italia era pari a 232 (ossia, di mille bambini nati
vivi, 232 morivano entro il primo anno di vita), un valore inferiore a quello registrato nello
stesso periodo in Germania, ma superiore di quasi il 50 per cento a quello riscontrato in
Francia, e del 100 per cento a quello di Inghilterra e Galles. L’arretratezza economica
dell’Italia all’indomani dell’Unità aveva dunque un chiaro riflesso nell’elevato tasso di
mortalità infantile registrato alla metà dell’Ottocento. Nei decenni successivi all’unificazione
la mortalità infantile in Italia si riduce e prima del finire del secolo l’Italia raggiunge i livelli
della Francia.
Oltre questi aspetti è opportuno tenere in considerazione che non tutte le regioni hanno
partecipato al miglioramento allo stesso modo. Dall’Unità d’Italia, gli abitanti delle regioni
centro-settentrionali registrano – nel loro insieme – una speranza di vita sistematicamente
maggiore di quelle meridionali. L’immagine romantica del Meridione come terra
relativamente meno ricca delle contrade settentrionali, ma più accogliente e salubre
richiede, alla luce dei dati presentati, un ripensamento.
Gli abitanti di Basilicata e Campania registravano i valori minimi della speranza di vita
(rispettivamente 23,6 e 24,2 anni), mentre quelli di Liguria e Puglia i valori massimi
(rispettivamente 35,4 e 36,1 anni).
Sebbene la convergenza della speranza di vita fra le diverse regioni del paese abbia
richiesto un tempo considerevole per compiersi, alla fine convergenza c’è stata: lenta e
discontinua, ma c’è stata. I dati più recenti mostrano che la massima longevità è raggiunta
nelle Marche (82,7 anni), mentre quella minima è in Campania (80,3 anni): 2,4 anni di
differenza rappresentano ancora una distanza significativa per gli standard di oggi, ma
incomparabilmente inferiore ai livelli storici registrati nel passato.
Neona> a rischio
il processo d’industrializzazione e il conseguente aumento dell’occupazione femminile
nel seBore, non faceva che incrementare i livelli di mortalità infan.le poiché, a causa
dei ritmi estenuan. di lavoro e la mancanza di tutele, molte donne erano costreBe ad
abbandonare i neona. nei brefotrofi – dove la mortalità toccava livelli molto al. – o a
interrompere troppo precocemente l’allaBamento al seno, faBori che aumentavano la
vulnerabilità della salute dei neona.. Anche la pra>ca diffusa del balia>co meBeva a
rischio la vita dei bambini, specie quando essi venivano allontana. dalle mura
domes.che e dunque dalla protezione della famiglia.
A Milano, alle soglie dell’Unità, quasi un terzo di tuR i neona> era affidato al
brefotrofio che ospitava i bambini abbandona.. A Torino e a Napoli, alla vigilia della
presa di Roma, i bambini abbandona. erano oltre duemila. Di questo esercito di piccoli
disereda., oltre il 60% non sopravviveva.
La mortalità entro il primo mese di vita era eleva.ssima, associata a basso peso,
infezioni e mancanza di assistenza qualificata al parto. Dopo il primo mese di vita, le
principali cause di morte dei bambini erano rappresentate, con il morbillo e la per-
tosse, dalle infezioni gastroenteriche e da quelle a carico di bronchi e polmoni.
Quando i bambini superavano il primo anno di vita, le malabe infebve con.nuavano a
essere le principali cause di mortalità rappresentate in gran parte da tubercolosi e
di]erite. E la malnutrizione contribuiva e aggravava il decorso di quasi tuEe le malaRe
infeRve.
Nel Sud e in Sardegna, nelle zone paludose e nelle risaie, la malaria mieteva le sue vibme
in tuBe le fasce d’età e cos.tuiva un faBore di indebolimento fisico e psichico che apriva la
strada a molte altre malabe, oltre a spopolare intere regioni
Oggi la malaria è la terza causa di mortalità soEo i 5 anni a livello globale e uccide un
bambino ogni 45 secondi. La gran parte delle mor> si verifica nell’Africa subsahariana e i
più espos> sono i bambini soBo i 5 anni perché hanno una bassissima immunità. Durante
la gravidanza la malaria provoca quasi il 20% delle nascite soBopeso nelle aree endemiche,
oltre ad anemia, morte intrauterina e decesso materno. La malaria si può ridurre
sostenendo azioni preven.ve, come dormire soBo zanzariere traBate con insebcida di
lunga durata per evitare le punture dell’inseBo
Nel 1895 la mortalità soBo i 5 anni in Italia era pari a 326 per mille na. vivi e dovuta
quasi per il 50% dei casi a malabe infebve: tra queste influenza, bronchite e
polmonite (23%), pertosse (3%), morbillo (3%) e malaria (2%). (cfr. Tabelle 1 e 2, p.8).
Quasi un decesso su tre era dovuto a gastroenteri., febbri .foidi e para.foidi. Un 27%
moriva di altre cause, gruppo eterogeneo che include le malabe non deBagliate nelle
tabelle 1 e 2 tra le quali si annoverano altre infebve (come il colera), cause di morte
connesse alla malnutrizione (come rachi.smo e pellagra), dissenteria e cause di
origine perinatale e malformazioni congenite.
Il tasso di mortalità complessivo si dimezza nel periodo tra le due guerre, nel 1931 era
di 170 per mille na. vivi mentre scende soBo il 50 negli anni Sessanta fino a
raggiungere ai giorni nostri il 4 per mille.
Alla riduzione della mortalità nel tempo si va progressivamente accompagnando
un’evoluzione del quadro della mortalità, che vede la progressiva scomparsa delle
malabe infebve e l’emergere in termini rela.vi del peso delle altre cause di morte,
gruppo che passa dal 27% nel 1895 al 55% nel 1961 al 92% nel 2008. Questo grande
gruppo oggi include prevalente- mente le malformazioni congenite e le condizioni di
origine perinatale.
La peste bianca: lo;a alla tubercolosi
sebbene le tracce della tubercolosi siano state riscontrate dall'an2chità – Ippocrate descriveva
de=agliatamente la 2si come causa di distruzione del polmone – solo nel 1882 Robert Koch iden2ficò e
descrisse il bacillo responsabile della mala[a. Una scoperta straordinaria che gli valse il premio Nobel
per la medicina nel 1905. Koch cercò anche di preparare una sostanza da u2lizzare a scopi cura2vi: la
tubercolina, che non riuscì però ad avere l'effe=o terapeu2co sperato.
Nel corso della prima guerra mondiale la mala[a assunse le proporzioni di una piaga endemica tra
solda2 e popolazione civile, ma solo al termine del confli=o i governi predisposero una prima
organizzazione an2tubercolare preven2va e terapeu2ca centrata sulla creazione di ospedali specializza2
(sanatori), sui dispensari, sui consorzi an2tubercolari e sulle colonie es2ve per i bambini. Ques2
interven2 contribuirono a contrastare gli effe[ della patologia e iniziarono a ridurre l’incidenza della
mortalità, anche se non a debellarla
Durante la seconda guerra mondiale e nel periodo successivo l’incidenza delle mala[e era aumentata
ver2ginosamente nelle popolazioni debilitate. In par2colare, una forma di tubercolosi, la “peste bianca”,
aveva assunto proporzioni epidemiche. e anche in italia in quegli anni si registra un nuovo aumento del
livello di mortalità so=o i 5 anni a causa dei questa mala[a.
Intanto grazie alla scoperta della penicillina da parte dello scienziato Alexander Fleming, e
successivamente degli an2bio2ci, furono avvia2 tra=amen2 più efficaci per l’eliminazione di questa
terribile infezione.
Nel 1947, le società scandinave della croce Rossa avevano chiesto aiuto all’UNICEF per una campagna
internazionale contro la tubercolosi per immunizzare tu[ i bambini europei che non erano sta2 ancora
infe=a2. Fu la più grande campagna di vaccinazione mai organizzata e anche la prima a impiegare il
vaccino di calme=e-Guérin (BcG) fuori delle condizioni controllate degli ospedali. La campagna
internazionale contro la tubercolosi rappresentò il punto di partenza dell’impegno dell’UNICEF
nell’assistenza sanitaria, dopo la prima fase di sostegno nutrizionale durante l’emergenza.
ONMI
• L’OMNI è una macchina clientelare anche se si disKngue da
altre organizzazioni assistenziali perché ha una chiarezza di
missione e una specificità che altri organismi non hanno: si
traOa infaP della prima esperienza di assistenza a caraOere
universalisKco, rivolta a tuOe le madri e alla prima infanzia,
cui dovevano essere offerK servizi dalle visite mediche in
gravidanza ai refeOori, cui dovevano essere servizi dalle
visite mediche in gravidanza ai refeOori materni, agli asili
nido. La sua azione poteva esplicarsi sia con intervenK
direP, che mediante un coordinamento di struOure
sanitarie e assistenziali esistenK, fino alle tradizionali forme
di sussidio monetario. La principale e spesso unica risorsa
era il contributo statale.
OMNI
Nel dicembre 1924 il ministro dell’Interno Federzoni decideva di esumare
dagli archivi un progetto di legge elaborato nel 1922 riguardante
l’organizzazione e regolamentazione delle forme di protezione per la
maternità e l’infanzia, provvidenze che si trovavano all’epoca disperse in un
insieme di norme incompleto e frammentario, non in grado di assicurare, di
fatto, la benché minima tutela della donna e del bambino, visto anche che
risultava per la maggior parte inapplicato
La Cassa nazionale delle assicurazioni sociali diventa all’inizio degli anni ’30
Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, poi INPS con l’avvento
della Repubblica.